La Clio

50 sonnets about the poet's family members

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            <title>Alessandro Adimari's La Clio (1638): A Basic TEI Edition</title>
            <author>Galileo’s Library Digitization Project</author>
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                <orgName>the TEI Archiving, Publishing, and Access Service (TAPAS)</orgName>
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              <addrLine>360 Huntington Avenue</addrLine>
              <addrLine>Northeastern University</addrLine>
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            <note>Based on the copy held by the Biblioteca Nazionale Centrale di Roma in partnership with Google Books.</note>
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               <title>LA CLIO Ouero Cinquante sonetti, sopra piu persone della Famiglia o Casata degli Adimari Che da che s’ha notizia del suo Principio in Firenze Fino all' Anno. M.D.L. Sono stati per qualche Virtu’ o Dignita Meriteuoli di Memoria Opera D’ALESSANDRO ADIMARI Fondata su’l Testimonio d’ Istorici, o di scrittori degni de Fede.</title>
               <author>Adimari, Alessandro</author>
               <pubPlace>Florence</pubPlace>
               <publisher>Cecconcelli, Pietro</publisher>
               <date>1628</date>. 
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            <p>This TEI edition is part of a project to create accurate, machine-readable versions of books known to have been in the library of Galileo Galilei (1563-1642).</p>
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         <samplingDecl>
            <p>This work was chosen to maintain a balance in the corpus of works by Galileo, his opponents, and authors not usually studied in the history of science.</p>
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         <editorialDecl>
            <correction>
               <p>Lists of errata have not been incorporated into the text. Typos have not been corrected.</p>
            </correction>
            <normalization>
               <p>The letters u and v, often interchangeable in early Italian books, are reproduced as found or as interpreted by the OCR algorithm. Punctuation has been maintained. The goal is an unedited late Renaissance text for study.</p>
            </normalization>
            <quotation>
               <p></p>
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               <p>Hyphenation has been maintained unless it pertains to a line break (see "segmentation").</p>
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               <p>Word breaks across lines have not been maintained. The word appears in the line in which the first letters were printed. Words broken across pages appear on the page on which the first letters appear. Catch words are not included.</p>
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        <lb/>LA CLIO
        <lb/>Ouero Cinquante sonetti, sopra piu
        <lb/>persone della Famiglia o Casata degli Adimari
        <lb/>Che da che s’ha notitia del suo Principio
        <lb/>in Firenze Fino all Anno. M.D.L.
        <lb/>Sono stati per qualche Virtu’ o
        <lb/>Dignita
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        <lb/>D’ALESSANDRO ADIMARI
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<pb n="5"/>
<lb/>All’Illustriss. Signora Contessa
<lb/>CATERINA ADIMARI
<lb/>PICCOLOMINI ARAGONA.
<lb/>FV generoso costume, Illustriss. Signora, 
<lb/>tanto de’Magnanimi Greci, quanto 
<lb/>degl’inuitti Romani, i1 proccurar
<lb/>con diuerse maniere di conseruar la
<lb/>memoria de’ loro gloriosi antenati,
<lb/>ma le più frequenti e dureuoli stimarono 
<lb/>le Statue di marmo, quasi che le
<lb/>volanti, e lieui penne della Fama, a guisa del nido dell’Aquile 
<lb/>con le pietre fortificar si potessero, e che al morso
<lb/>dell’edace Tempo si douesse opporre vna durezza dificilissima 
<lb/>a consumarsi. Perciò non solamente negl’Ingressi 
<lb/>delle proprie case le riponeuano, ma ne’ pubblici Teatri
<lb/>ancora le collocauano, come quelle di Diagora, di Dorico, 
<lb/>di Lisandro, di Damageto, ed altri; alzando in testimonio 
<pb n= "6"/> 
<lb/>delle Vittorie da loro conseguite,  a chi pìù , &amp; a chi
<lb/>meno le basi, secondo la qualità del dimostrato Valore , e
<lb/>non solamente ne’ Teatri, ma fin sopra i sepolcri l’inalzauano, 
<lb/>come la statua d’Affareo Padre di Linceo ed’Ida, al
<lb/>tempo di Castore, e di Polluce.
<lb/>Chi sà che gli esempi muouno più che le parole, &amp; che 
<lb/>i nobili son costretti da una certa quasi necessità, non
<lb/>degenerare dalla Virtù de’ loro predecessori,  anzi chi sà,
<lb/>che Giulio Cesare si accinse in ad operegrandi, dopo ch’ei 
<lb/>vide nel Tempio d’Ercole in Gade la statua d’Alessandro 
<lb/>Magno, non mi negherà l’vtile d’vna si lo deuol vsanza. 
<lb/>Queste cose considerate da me tal volta, e rimembrando 
<lb/>l’obbligo, che si deue all’onorate fatiche de’ Progenitori, 
<lb/>&amp; l’affetto, che naturalmente habbiamo di giouare
<lb/>a’ figliuoli, harei volsuto ancor io, non per ambizione, ma
<lb/>per gratitudine, esporre nel Teatro della mia patria, e sopra 
<lb/>il sepolcro degli estinti nomi de’miei maggiori le figure 
<lb/>di quei nostri Aui, che virtuosamente viuendo, hanno 
<lb/>meritato, che la memoria loro non perisca nell’istesso tempo, 
<lb/>che il suono della vita: acciò che specchiandosi in esse 
<lb/>quelli che viuono di presente, e quei che verranno, s’ingegnino 
<lb/>con la virtù di aggiunger qualcosa di giorno in giorno 
<lb/>al manto della nobilità loro, difendendolo dalle forbici 
<lb/>dell’irreparabil Veglio, che del continuo l’accorcia. 
<lb/>Ma ben che assai copioso e fertile, per diuina mercè,
<lb/>vedessi il Campo schierato, di quei ch’erano bastanti a somministrarmi 
<lb/>la desiderata materia,  trovano nondimeno 
<lb/>nell’esseguire il pensiero impedimenti non piccoli: cio è. 
<lb/>La mia poca sofficienza nell’operare, l’Inuidia ch’amaramente 
<pb n= "7"/> 
<lb/>si risente contro a’ migliori : la nota che mi potrebbe 
<lb/>essere data d’Ambizioso, d’Interessato, e di parziale:
<lb/>e finalmente l’istessa antichità, che sempre è sepolta nell’oscuro : 
<lb/>Perche in vero son pur troppo consapeuole del
<lb/>mio poco talento, estenuato dall’angustie della mia debol 
<lb/>fortuna, e dalle molte mie noiose occupazioni: sò che
<lb/>l’Inuidia è fra gl’eguali, &amp; è madre del biasimo: conosco 
<lb/>che il celebrare le cose proprie è vna lode, che vitupera
<lb/>tal volta se stessa, e che bene spesso riconosce i suoi natali,
<lb/>dall’amibizione; e dall’interesse, pessimo veleno degli animi 
<lb/>nostri, e finalmente non mi si asconde, che si come il
<lb/>futuro non si preuede, così le cose passate perfettamente
<lb/>non si ritrouano. Pur nondimeno Pindaro, il maggior
<lb/>Lirico de’ Greci, intorno al quale s’è tanto affaticata l’ignoranza 
<lb/>mia, come amoreuolissimio mio precettore,
<lb/>e scorta m’insegna, che nel celebrare i meriteuoli non si può
<lb/>allegare debbezza di talento, nè dificultà d’incontri, e mi 
<lb/>ricorda, che l’invidia già mai non perseguita i morti, si doma 
<lb/>col nostro supremo fine, e si vince con la pacienza. In 
<lb/>oltre mi avvertisce, che non adùla, chi dice la verità, perche
<lb/>Lingua che snoda il vero 
<lb/>In ogni grado è bella
<lb/>E che non s’offende per copia d’Encomij l’altrui valore, 
<lb/>affermandomi, che quei non può dirsi, nè ambizioso, nè 
<lb/>parziale, nè interessato, che paga vn debito: anzi che, non 
<lb/>poco restano i figliuoli onorati e contenti, mentre sentono 
<lb/>lodare il valor de’ Padri: e che qui che può narrar 
<lb/>gl’esempi de’suoi, e tessere al proprio sangue vna veridica 
<pb n= "8"/> 
<lb/>lode, non deue ingolfarsi, per crescere il pregio a quel degli 
<lb/>esterni: e per compendio m’assicura, che l‘oscuro
<lb/>dell’antichità non deue spauentarmi, perche se bene Dorme 
<lb/>antico onore, cagionatogli il sonno, perche 
<lb/>I mortali d’obblio cinto hanno il core
<lb/>immediatamente soggiugne.
<lb/>Dorme s’il fior d’un grazioso canto 
<lb/>Non l’ alza  in cima al suo fondoso stelo.
<lb/>Da tante, e si gagliai de ragioni auualorato, mi dispose 
<lb/>(benche il mio canto sia priùo d’ogni grazia) a tentare 
<lb/>di suegliare l’obblio, che tiene sepolta la ricordanza d’alcuni 
<lb/>più segnalati di casa nostra, sapendo, che anco lo
<lb/>strepito delle rauche voci, forse più che l’armonia delle
<lb/>delicate ne rompe il sonno; Mi facilitò l’opera, l’hauere
<lb/>molti anni fa ridotto in serie d’albero tutta la descendenza 
<lb/>degli Adimari, in quel miglior modo, e con quei manco 
<lb/>errori, che il mancamento del tempo, e delle scritture
<lb/>mi hanno permesso, &amp; mi accreditò nello scriuere, &amp; mi
<lb/>assicurò dalla temerità, e dall’ostentazione la testimonianza 
<lb/>di molti Istorici, ed altri, che delle cose della nostra
<lb/>Patria trattando, (come dalle attestazioni riposte dietro
<lb/>a ciascun Sonetto potrà vedersi) non disdegnarono della
<lb/>nostra famiglia far qualche ricordo: chi non le stimerà tutte 
<lb/>agguagliate di peso, non farà torto a me, ma a gli Autori
<lb/>che l’hanno scritte. Pregherò ben V. S. a far fede a se stessa, 
<lb/>&amp; a chi legge, che ne’laberinti ciechi e tortuosi, anco
<lb/>vn debil filo conduce tal volta alla desiderata riuscita: e
<lb/>sopra tutto a proseguire l’incominciata fatica mi diede
<lb/>forza l’irrefragabile autorità delle sacre carte, nelle quali, 
<pb n= "9"/>
<lb/>non solamente son registrate tante descendenze, e
<lb/>prosa pie, quante ne descriue il Cronista Mosè, ma vien
<lb/>lodato il farne memoria, &amp; il pregiarsi di quegli antenati
<lb/>illustri, e delle generazioni di quei mortali, che nobilmente 
<lb/>viuendo mantennero la natia chiarezza del sangue, e
<lb/>grata a gli occhi di Dio, e degli Huomini, a loro posteri la
<lb/>trasmessero, e sclamando la diuina sapienza
<lb/>,,  Quam pulchra est casta generatio cum claritate: immortalis 
<lb/>est enim memoria illus: quoniam &amp; apud Deum 
<lb/>nota ,,est, &amp; apud homines.
<lb/>Però, scelto fra vna assai numerosa copia, poco più che
<lb/>cinquanta persone, in cinquanta sonetti ho ristretto la
<lb/>ricordanza loro, adattandola sotto al nome della Musa
<lb/>CLIO, si per dare à ciascuna delle Pieridi (se piacerà a Dio
<lb/>ch’io possa seguire l’ordine incominciato) il tributo di simil 
<lb/>numero di componimenti, quella guisa che hò di
<lb/>già fatto alla POLINNIA, alla TERSICORE, &amp; alla
<lb/>MELPOMENE ch’è sotto il Torcolo,  come perche l’etimologia 
<lb/>del suo nome, (deriuante s’io non m’inganno da
<lb/>υλυω, idest celebro vel cano) il suo proprio è di cantare i fatti 
<lb/>nobili, che perciò Callimaco di lei disse 
<lb/>Heroum Clio Citharam clarissima tractat, &amp; c. 
<lb/>Et altri 
<lb/>Clio gesta canens transacti tempora reddit, &amp; c.
<lb/>Ben haurei volsuto potere anch’io di pario marmo effigiare 
<lb/>i volti de’miei maggiori, ma poi che 
<lb/>Io non solo Scultor che marmo incida.
<lb/>E che quando bene io fosse vn Praxitele, &amp; vn Parrasio, anco 
<lb/>l’opere loro si restano bene spesso dal tempo atterrate,
<pb n= "10"/>
<lb/>dissi fra mè, Chi sa, che pigliando in vece di  scarpello in
<lb/>questo punto la penna, io non potessi dire vn  giorno col
<lb/>Venusino 
<lb/> Exegi monumentum aere perrennius?
<lb/>Perche in vero più perfetta delle statue è quell’arte , che
<lb/>lontana dall’ingiurie del tempo può dimostrare più che la
<lb/>grandezza del corpo, la bellezza dell’animo: che perciò
<lb/>Agesilao non permesse a veruno artefice, che il suo volto
<lb/>effigiasse, ma si bene a Xenofonte che le sue virtù descriuesse. 
<lb/>Arriuato dunque col discorso fino a questo segno, e
<lb/>terminata l’opera, non mi restaua altro che trouar persona
<lb/>di confidenza, e bene affetta, presso alla quale depositar la
<lb/>potesse. A Padroni, e Personaggi grandi, Apollo non
<lb/>consente (secondo il Politico Traiano) che si scriuino Storie 
<lb/>d’huomini priuati e particulari, A gli Amici, amandogl’
<lb/>io tutti egualmente, non sapeuo chi più eleggere a tralasciar 
<lb/>douesse, solo a qualche Parente pareua conueniente 
<lb/>il darne la cura, ma il piccol numero che me ne resta, 
<lb/>e la mia trista sorte, che fin qui già mai con essi non mi 
<lb/>hà lasciato incontrar ventura (oltre al non ci essere alcuno 
<lb/>di loro, che habbia ancor prole) mi hà tenuto sospeso. Però 
<lb/>considerato non hauer conosciuto la più affezionata alla 
<lb/>nostra famiglia, che V.S. Illustriss. ne chi più si sia pregiata 
<lb/>di deriuare dagli Adimari, lei sola hò volsuto eleggere 
<lb/>per teatro di queste immagini, anzi per Archiuio sicuro
<lb/>di queste carte. 
<lb/>Ella che fu degna erede della prudenza, &amp; valore del S.
<lb/>Vberto Adimari suo Auolo, a cui toccò la custodia della
<lb/>sua infanzia soprauissuto al S. Raffaello vnico di lui figliolo,
<pb n= "11"/>
<lb/>e padre di lei: Ella che restò possessora delle ricchezze
<lb/>d’ambi due loro, e de’ generosi costumi della Sig. Oretta
<lb/>Acciaioli sua Madre: Ella che meritò fanciulletta con la
<lb/>protezione, &amp; auspici del Sereniss. FERDINANDO. I. e
<lb/>della Sereniss. CRISTINA di Loreno Gran Duchi di Toscana,  
<lb/>veder trattrare,  e concludere  le sue Nozze col generoso 
<lb/>Sig. Enea Piccolomini Aragona Cau. di S. Stefano 
<lb/>&amp; esser Nuora del valorosissimo Sig. Siluio i cui pregi furono 
<lb/>in parte l’esser nella medesima Illustrisss. e Sacra Religione 
<lb/>Priore di Pisa, Maestro di Camera della prefata
<lb/>Altezza, e suo Generale in più d’vna impresa: Ella che in 
<lb/>giouentù fú lo splendore dell’ororata Bellezza, nel Matrimonio 
<lb/>della pudica Bontà nello stato vedouile dell’accorta
<lb/>Economia: Ella che hà saputo tanto bene educare
<lb/>i figliuoli, mantenere le paterne sustanze, sopportare con
<lb/>animo intrepido gli auuersi colpi della fortuna, che, a guisa 
<lb/>de’ fulmini Celesti (toccando l’eccelse cime) l’hanno più
<lb/>volte percossa: Ella che si pregia a ragione con tanti raggi 
<lb/>d’onori di hauer per Cognati Monsig. Ascanio Arciuesc: 
<lb/>di Siena, &amp; il S. Marescial Conte Fra Ottauio Piccolomini, 
<lb/>la virtù de’ quali rendendo più che mai dubbiosa la
<lb/>precedenza fra l’armi, e fra le lettere è di già consacrata 
<lb/>all’eternità, per figliuoli il Sig. Conte Siluio &amp; il S. Conte,
<lb/>e Caualiere Euandro, ben che questi per la fè negli eserciti Imperiali 
<lb/>combattendo habbino incontrato i trionfi nell’altra, 
<lb/>vita; &amp;  oggi per vnico rampollo (accompagnato dal
<lb/>merito della Sig. Violante, nobilmente maritata al gentilissimo 
<lb/>Sig. Franc. Maria Malegonnelle) il Sig. Conte Francesco, 
<lb/>ornato della Croce di S. Iacopo, e del titolo di Cameriero
<pb n= "12"/>
<lb/>di S. Maestà Cesarea, nel quale, come in compendio, 
<lb/>si riducono tutte le perfezioni de’ suoi maggiori: &amp;
<lb/>per Nuora la Sig. Emilia dell’Illustrissimo Sig. Lorenzo Strozzi, 
<lb/>che per l’alta chiarezza de’ suoi natali, ma più per il numero 
<lb/>delle sue virtù, e per l’infinite sue grazie, e bellezze 
<lb/>è epilogo delle marauiglie; Ella dico, adorna di tante 
<lb/>prerogatiue, saprà e potrà meglio d'ogni altro, gradire e
<lb/>custodire l’abbozzo di queste mie mal delineate figure;
<lb/>A lei dunque le raccomando, &amp; il venirle auante oggi in 
<lb/>tempo di feste, e di nozze, (onorate e regalate fin dalla sacra 
<lb/>Maestà dell’Imperatore, e del Sereniss. Arciduca Leopoldo, 
<lb/>che si son degnati di farci interuenire a loro nome
<lb/>l’Illustriss. Sig. Marchese Fabbrizio Coloreto, e l’Illustriss.
<lb/>Monsig. Lorenzo Corsi, vna schiera de’ nostri Antenati,
<lb/>che può numerar fin quì (a gloria di Dio più) di ottocento
<lb/>anni d’antichità, sia di felice augurio alla prosapia de’ suoi
<lb/>nipoti, &amp; alla conservazione dell’antichissima, &amp; Illustriss.
<lb/>Casa Piccolomini, con quell’aumento di prosperitadi, e di
<lb/>grandezze, che dal Cielo diuotamente prego a ciascuno
<lb/>di loro, mentre a V. S. Illustriss. con particulare affetto fo
<lb/>riuerenza. 
<lb/>Di Firenze il dì 7. di Marzo 1638. ab incarnatione. 
<lb/>Di V.S. Illustriss.
<lb/>Obbligatiss. Seru. e Parente ossequentiss.
<lb/>Alessandro Adimari.
<pb n= "13"/>
<lb/>TAVOLA DE’ NOMI
<lb/>DELLE PERSONE LODATE
<lb/>in quest’ Opera, posti per ordine
<lb/>d’ Alfabeto.
<lb/>A
<lb/>A Dimaro Primo che da principio all’Albero degli
<lb/>Adimari a carte						18.
<lb/>Adimaro Benefattore del Duomo di Firenze			20.
<lb/>Adimaro Consolo di Firenze				26.
<lb/>Adimaro Vescouo di Volterra				22.
<lb/>All’Albero degli Adimari					17.
<lb/>All’Arme degli Adimari					118.
<lb/>Alamanno Adimari Cauicciuli				72.
<lb/>Alamanno Cardinale					98.
<lb/>Alamanno di Giovanni					96.
<lb/>Alamanno Vicario di Prato, e altri				56.
<lb/>Aldobrando Consolo di Firenze				28.
<lb/>Andrea di Gio: Commessario				112.
<lb/>P. Angelo Domenicano					94.
<lb/>Antonio di Baldinaccio 					76.
<lb/>B
<lb/>BAldiaccio di Boccaccio					50.
<lb/>Bellincione Berti						24.
<lb/>Bernardo Cavaliere Ierosolimitano				92.
<lb/>Bernardo di Guglielmo					104.
<pb n= "14"/>
<lb/>Bernardo di Duccio. 					86.
<lb/>Boccaccio Cavicciuli	 				72.
<lb/>Buonaccorso Ambasciadore. 				42.
<lb/>C
<lb/>CAntino Regio Ministro. 					60.
<lb/>Carlo di Messer Guerra. 					44.
<lb/>F 
<lb/>FIlippo di Messer Alamanno 				88.
<lb/>Filippo Argenti.						32.
<lb/>Filippo di Ruberto Alamanneschi Adimari.	 		66.
<lb/>Filippo Caualiere Ierosolimitano 				92.
<lb/>Filippo Regio Ministro 					66.
<lb/>Filippo Vescovo di Nazzaret. 				114.
<lb/>Forese Capitano de’ Guelfi. 				40.
<lb/>Francesco Capitano di Bitonto 				84.
<lb/>P. Francesco dell’Ordine di S. Domenico 			82.
<lb/>Francesco eletto Cardinale.				110.
<lb/>Francesco di Lapo. 					70.
<lb/>G
<lb/>GIovanni Commessario a Monte Murla.			59.
<lb/>Gualdrada Contessa. 					30.
<lb/>Guidantonio Canonico. 					116.
<pb n= "15"/>
<lb/>I
<lb/>IAcopo di Giouonni. 					72.
<lb/>L
<lb/>LOdovico Arciprete, e Vicario. 				106.
<lb/>Lotto Regia Ministro. 					64.
<lb/>M
<lb/>MAnfredi Cognoto della B. Humiliana. 			36.
<lb/>Manno, ouero Alamanno de’ 12. Ambasciadori.
<lb/>a carte 							46.
<lb/>Matteo Caualiere Aureato Familiare di PP. Lione X. 		108.
<lb/>N
<lb/>NIccolo Adimari capo dello famiglia de Trotti. 		44.
<lb/>O
<lb/>OTtauiano di Baldinaccio.					80.
<lb/>P
<lb/>PAgno Dottore di Legge. 					38.
<lb/>Pepo di Boccaccio. 					72.
<lb/>Pepo Regio Ministro.
<lb/>Pepo Vicario di Prato. 					56.
<lb/>Piero di Carlo. 						70.
<pb n= "16"/>
<lb/>R
<lb/>RVberto Regio Ministro Governatore di Puglia 		48.
<lb/>Ruberto Vescouo di Volterra				102.
<lb/>Ruggiero Vicario di Prato					62.
<lb/>S
<lb/>Simone di Messer Pepo Ambasciatore 			90.
<lb/>T
<lb/>P. Taddeo Servita						100.
<lb/>Talano 							74.
<lb/>Teghiaio prima detto Aldobrandi 				34.
<lb/>Teghiaio secondo Capitano 				54.
<lb/>Trotti consorti, e descendenti dagli Adimari			28. e 88.
<lb/>V
<lb/>B. VBaldo dell’Ordine de' Servi 				52.
<lb/>Ugolino Commessario 					68.
<lb/>Vieri di M. Pepo Ambasciatore 				90.
<lb/>Vberto di Benedetto Adimari.				48.
<pb n= "17"/>
<lb/>DELLA CLIO
<lb/>D’ALESSANDRO
<lb/>ADMIRARI
<lb/>PROEMIO.
<lb/>All’Albero della sua Famiglia.
<lb/>O Pianta di quegli Aui , ond’io rimiro
<lb/>In bell’ordine accolto i primi fiori,
<lb/>E qual tronco mi die l’aura, ch’io spiro,
<lb/>E qual ramo apportò frutti migliori:
<lb/>Mentre offesa dal tempo io ti rimiro
<lb/>Pouera di fortuna, e di tesori,
<lb/>E con pena maggior, dolente io miro
<lb/>Aridi farsi i tuoi già verdi Onori:
<lb/>Rimanti in queste carte, immago almeno
<lb/>Di quel che fosti, ond’ altri habbia desio
<lb/>Il suo nome illustar nel tuo sereno:
<lb/>Ma se pur crudo il Tempo, e questa CLIO
<lb/>Non manterran le tue memorie in seno,
<lb/>Mortal nascesti, e solo eterno è DIO.
<pb n= "18"/>
<lb/>SONETTO I.
<lb/>Per Adimaro Primo oue comincia l’Albero,
<lb/>viueua nel 800.
<lb/>O Di questi Aui miei Primo sorgente
<lb/>Nel campo di mia stirpe Alfa, &amp; Alfiere,
<lb/>Base fatal di molte immagin vere,
<lb/>Che gia fioriro al mondo hor sono spente:
<lb/>Deh, pregoti ADIMAR, s’in Ciel si sente
<lb/>Compiacenza già mai d'human piacere, 
<lb/>Che de’ Posteri tuoi le glorie altere, 
<lb/>Solo a Gloria di DIO, mi torni in mente:
<lb/>Tu da Fiesol disceso, e di Guascogna,
<lb/>Quando il Pipinio Eroe Flora compose,
<lb/>Sai quel che air, quel che tacer bisogna.
<lb/>Che, se frali son quì l’umane cose:
<lb/>Il pregiar si de’ suoi, non è vergogna,
<lb/>Pur che si gioui alle Virtudi ascose.
<pb n= "19"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto.
<lb/>NArra Orlando Maleuolti nelle sue Historie, che gli Adimari discendono
<lb/>di Francia, e si legge in vna dedicatoria d’vn libro d' Agricoltura a Bernardo 
<lb/>Trotti, che discesero di Guascogna: di doue poi il Tasso nomina originano 
<lb/>Adimaro Vescouo d’Anicio, che visse altempo di Vrbano II. circa
<lb/>l'anno 1095. Benedetto Accolti nel primo.
<lb/>Il Verino nel 3. libro de illustratione Vrbis Flor. dice che si posarono in
<lb/>Fiesole.
<lb/>Quin &amp; vicini Fesulano e vertice montis
<lb/>Venit sanguineis notus bellator in Armis
<lb/>Adimir, &amp; c.
<lb/>Ma Fra Filippo Bergamasco nel supplimento delle Croniche vniuersali, e
<lb/>nel libro 11. a carte 200. Che s’accosta più al Maleuolti, e ad altri, dice che
<lb/>Adimaro Conte Franzese, e familiarissimo di Carlo Magno, e di Pipino suo figliolo, 
<lb/>per le sue eccellenti virtù essendo da loro molto amato , fu fatto l’anno 811.
<lb/>Duca di Genoua. Fu huomo magnanimo, e nell’armi molto eccellente, per mare, e 
<lb/>per terra; perche sendo uessata quella Città da Rotario Rè de’ Longobardi, e da
<lb/>gli altri suoi successori, fu difesa, e presa da Carlo, dal quale fu retta, e gouernata
<lb/>con humanità grandissima, e similmente da gli altri suoi successori, da quali su
<lb/>rettacento anni, e da loro furono concesse alla prefata Città, tutte le Terre e Città
<lb/>di Liguria; E sentendo detto Adimaro la predetta Isola esser molestata da’ Turchi, 
<lb/>congregò un gran numero di genti, &amp; andò loro incontro , e combattendo con
<lb/>loro in breui giorni prese 14. naui delle loro, &amp; annegolle, di poi ne fece morire
<lb/>infiniti, intanto che liberò quell’Isola, &amp; c.
<lb/>Però si tiene che questo Adimaro venisse con Carlo Magno, e con l'Oste
<lb/>de’ Romani, quando si trattò di crescer Firenze, e di liberarla da' Fiesolani,
<lb/>che fù l’anno 801. come scriue Gio. Villani lib. 3. cap. I. e con il medesimo
<lb/>Imperatore poi fusse à Genoua (lasciato in Firenze i suoi descendenti) fra
<lb/>quali nell’Alberto si legge vn B.rnardo d’Adimaro, secondo l’antiche memorie
<lb/>di casa nostra.
<pb n= "20"/>
<lb/>SONETTO II.
<lb/>Per Adimaro di Bernardo Adimari Benefattore
<lb/>del Duomo di Firenze
<lb/>viueua nel 1077.
<lb/>TRar la fama dal Centro, oue l’obblio
<lb/>Nel fiume dell’orror Virtute allaga;
<lb/>E cosa così bella, e così vaga,
<lb/>Ch’è grata al Mondo, e non dispiace
<lb/>a Dio:
<lb/>Quindi Mosè nel sacro libro e pio.
<lb/>Scriver de’ primi Padri anch’ei s’appaga,
<lb/>La Penna incontro al Tempo è quella Maga,
<lb/>Che raffrena il suo dente edace e rio,
<lb/>Varcaron gli anni, e niun di noi fu chiaro,
<lb/>Fin ch’a Dio campi in Rouezzan non diede 
<lb/>Al tempo di Matelda uno ADIMARO.
<lb/>O spirto liberal d’oro, e di fede,
<lb/>Il gran Banco del Ciel, non punto avaro,
<lb/>Te ne rese di poi doppia mercede.
<pb n= "21"/>
<lb/>Attestazione del passato Sonetto.
<lb/>L Anno 1015. Curradino Primo di Soauia, eletto Imperatore,
<lb/>dopo leuatto l’assedio di Milano, si compiacque d’abitare in
<lb/>Firenze, onde molto l’auanzò, e molti Cittadini si fecero Cavalieri
<lb/>di sua mano, e furono al suo seruigio, così scriue Gio.Vill. l.4.c.8.
<lb/>Et in questi tempi erano fra’ nobili di Por S. Piero gli Adimari,
<lb/>e fra i Caualieri creati, come sopra, si tiene fosse questo Adimaro
<lb/>allora giouinetto, e v’aderisce Gio. Vill.l.4. cap. 10. Poiche vecchio
<lb/>di 80. anni in circa fa donazione al Capitolo Fiorentino, come per
<lb/>la seguente scrittura.
<lb/>Adimarus Filius Bernardi Adimari, &amp; Gasdia filia bone memoriӕ
<lb/>Cisi, que fuit Coniux Vbaldi, in presentia duorum Castaldiorum
<lb/>D. Matilde Comitisse, dederunt Canonicæ bona posita a Rouezzano
<lb/>A. D. 1072. Ex Archivio Canoniæ Metropolitane Ecclesiæ Flor.
<lb/>lib. Pag.  Il Duomo di Firenze era allora intitolato Santa
<lb/>Reparata . 
<lb/>E Bernardo suo Padre , fù di quelli che fecero edificare Santa
<lb/>Maria Hipotecosa al Canto del Giglio, e ce n’è memoria nel
<lb/>1010. secondo Giuliano de’ Ricci : del che parla ancora Gio. Villani
<lb/>l. 4. cap. 10. con queste parole . 
<lb/>Erano il Legnaggio degli Adimari , quali furono estratti di Casa
<lb/>Cosi, e Santa Maria Hipotecosa fecero eglino , &amp; erano maggior
<lb/>Legnaggio di quel Sesto, e quasi di Firenze, &amp; c.
<lb/>Non è marauiglia che dal 801. fino al 1015. non ci sieno memorie
<lb/>di huomini di casa Adimari, poiche Gio. Villani ancora , fa
<lb/>pochissimi ricordi da quel tempo in qua, fuor della Guerra, che
<lb/>hebbero i Fiorentini co’ Fiesolani, e ne hebbero vittoria, come al
<lb/>Cap. 5. del 4. libro.
<pb n= "22"/>
<lb/>SONETTO III.
<lb/>Per Adimaro Adimari Vescouo di Volterra,
<lb/>viueua nel 1138.
<lb/>Se niun Lucerna accesa asconde in terra;
<lb/>Ma soura al Candellier l’alza , e l’affetta ,
<lb/>E se meglio dal monte occhio saetta,
<lb/>ADIMARO, à ragion gisti à Volterra:
<lb/>Tu Speculator giusto in pace, e in guerra,
<lb/>Tu luce sacrosanta, e benedetta ,
<lb/>Per far la Gregge tua sana, e perfetta,
<lb/>T’eleggesti un’albergo alto da terra.
<lb/>Anzi per ampliar Pascolo, e Prato ,
<lb/>Quanto è fra l’Elsa, e fra la Fuscia in dono
<lb/>Desti all’Episcopal tuo seggio amato :
<lb/>Hor, se chi pon la vita è Pastor buono ,
<lb/>Tu che l’oro, e la vita in vn gli hai dato,
<lb/>Merti, a giudizio mio, d’ottimo il suono.
<pb n= "23"/>
<lb/>Attestazione del passato Sonetto. 
<lb/>REuerendus D. Adimarus de Adimaribus nobilis
<lb/>Florentinus, Dei, &amp; Apostolicæ Sedis gratia Episcopus 
<lb/>Volaterranus, sacri Imperij Princeps, &amp; Comes Palatinus,
<lb/>anno Domini 1138. sedit annos sex:
<lb/>Hic emit a D. Rainerio Pannochia Comite , &amp; a D. Sibilia
<lb/>eius vxore, illam partem Episcopatus Volaterrani in
<lb/>spiritualibus, &amp; temporalibus, videlicet, a Castro Pignani
<lb/>vsque ad Flumen Fuscij, &amp; sicut Flumen Fuscij mittit in
<lb/>Cecina, &amp; Cecina mittit in mare, &amp; postea redeundo a dictum 
<lb/>Castrum Pignani, vsque ad Flumen Elsæ, &amp; sicut Elsa
<lb/>mittit in Arnum, &amp; Arnum mittit in Mare. Instrumentum
<lb/>factum fuit anno Domini 1139. in Castro Traualis tunc
<lb/>Comitatus Volaterrarum, hodie Senarum :
<lb/>Dono etiam habuit idem Reuerendus D. Adimarus
<lb/>Castrum vetus in curia Sancti Geminiani ab Alberto Goto, 
<lb/>&amp; Talia eius vxore cum tota curte dicti Castri, anno
<lb/>vltimo dicti eius Episcopatus. Ex quibus omnibus plurimum 
<lb/>eidem debet Ecclesia Volaterrana, &amp;c. Ex Archivio
<lb/>Volaterrano.
<lb/> <pb n= "24"/>
<lb/>SONETTO IV.
<lb/>Per M. Bellincione d’Vberto Rauignani
<lb/>Adimari detto Berti, viueua nel 1180.
<lb/>DEgno è di lode alto guerrier, ch’ha vinto
<lb/>Tra le pugne di Marte, e tra’l furore:
<lb/>E degno n’è colui, ch’al senno accinto,
<lb/>Sudò tra’libri, e concquistò l’onore.
<lb/>Ma, qual tu, contentarsi andar sol cinto
<lb/>Di cuoio, e d’osso, ou’è ricchezza in fiore,
<lb/>E vietare alla moglie il sen dipinto,
<lb/>Non è, BELLINCION mio, vanto minore.
<lb/>Con questa gran modestia, al tempo andato ,
<lb/>Che rimprouera a noi nostra vergogna,
<lb/>Crebbe Fiorenza in facultadi, e stato.
<lb/>Hor fren di legge al Fasto impor bisogna, 
<lb/>Et al ben ( già ricerco) andar forzato,
<lb/>TANTO il giudizio human vaneggia, e sogna. 
<pb n= "25"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto.
<lb/>CHE i Rauignani fossero Consorti degli Adimari, oltre all’autorità, che si diranno a
<lb/>basso, si comprende dall’esser stare le case loro in Por San Piero come racconta
<lb/>Gio. Villani lib. 3. cap. 2. così dicendo .
<lb/>La nuoua Città di Firenze si cominciò a reedificare per li Romani, e di piccolo sito , cominciossi
<lb/>dalla parte di Leuante alla Porta di S. Piero, la quale fu oue furono le Case di M. Bellincione
<lb/>Berti nobile, e possente Cittadino, che per retaggio della Contessa Gualdrada sua figliola,
<lb/>e moglie del Conte Guido detto sangue rimasero a’ Conti Guidi . Come Guido Besangue
<lb/>discendesse da’ Conti Guidi di Modigliana . Si legge nel detto Villani lib. 5. cap. 32.
<lb/>Che M. Bellincione fosse de’ primi della Città si raccoglie dal medesimo Gio. Villani
<lb/>lib. 4. cap 1. oue di lui dice così
<lb/>Il Buono M. Bellincioue Berti de’Ravignani onoreuolmente, e Cittadinescamente portò sua
<lb/>Caualleria, &amp;c.
<lb/>Lodandolo dimodestia, come ricco, e grande ch’egli era, Disse Danto nal 16. del Paradiso.
<lb/>Bel lincion Berti vid’io andar cinto
<lb/>Di cuoio, e d’osso , e venir dalla specchio
<lb/>La Moglie sua senz’il uiso dipinto . 
<lb/>E per confermazione, che I Rauignani, e li Adimari erano vna medesima cosa , Cristofano
<lb/>Landini comentando il sudetto canto 16. del Paradiso, e trattando di Gualdrada sua
<lb/>figliola dice,
<lb/>Fu questa Fanciulla bellissma, e figliola di M. Ballincione Berti de’ Ravignani mi antichissima
<lb/>famiglia Fiorentina, &amp; uno de’Rami degli Adimari, &amp;c.
<lb/>Il che vien di nuouo confermato da Gio. Villani l. 8. c. 48. perche il nome di Bellincione 
<lb/>passò in vn ramo degli Adimari, cioè
<lb/>Quando la Parte Bianca fù cacciata di Firenze sen’andorno fuoruseiti Baldinaccio e
<lb/>Corso Adimari, con quasi tutto il lato de’ Bellincioni, &amp;c.
<lb/>Aggiugneremo che il Titolo di Messere si daua a’ Caualieri, come si dirà auanti a carte
<lb/>39. dunque i Rauignani erano nobili, &amp; abitando nel sesto di San Piero, come si è
<lb/>detto di sopra, si trouano registrati fra le famiglie nobili, come narra Gio. Villani lib. 4. c.
<lb/>10. insieme con li Adimari . 
<lb/>Et fra i Caualieri, che l’anno 786. fece Carlo Magno in Firenze fu Apardino Rauignani.
<lb/>Ammirato lib. 1. a car. 19. 
<lb/>Et il cognome di Berti, e caso Genitiuo, che vuol dire Filius Vberti: resto nondimeno
<lb/>spenta la linea loro piú tempo fa, che però non si troua nel Priorista , &amp; il ramo
<lb/>degli Adimari, che restò loro puì prossimo, si dissero i Bellincioni Gio. Vill  lib. 8 c. 48.
<lb/>ne per Bellincioni nominati da Gio. Villani si possano intendere quelli, che appariscono
<lb/>nel Priorista, poi che vn Lionardo di Bellincione fu de’ Priori nel 1378. per Quartiere
<lb/>S. Gio. &amp; era Saponaio, &amp; vn’altro Celidonio di Andrea di Bellincione fù de’ Priori nel
<lb/>1442. per Quartiere S. Spirito, nel quale mai veruno degli Adimari, è stato descritto. E
<lb/>forse questi non erano in rerum natura al tempo del Villani.
<pb n= "26"/>
<lb/>SONETTO V. 
<lb/>Per Adimaro di Gianni Adimari Consolo
<lb/>di Firenze, viueua nel 1196. 
<lb/>BEN sarei come Talpa, o come nato
<lb/>La tra le Catadupi, e cieco, e sordo ,
<lb/>S’immobile, ADIMAR, folsi a quel fiato,
<lb/>Ond’hà per te la Fama alto ricordo ;
<lb/>Ma l’hauer di tua Patria il fren guidato,
<lb/>Posto fra’l senso, e la ragione accordo ,
<lb/>M’è nella mente omai così stampato ,
<lb/>Che nol cancella obblio, ne’l tempo ingordo.
<lb/>Figlia Fiorenza mia di Roma antica, 
<lb/>Ch’hebbe il Consol da Bruto infino a’ Goti,
<lb/>Fu d’un simil gouerno un tempo amica.
<lb/>O sommo onor de gli Aui miei remoti ,
<lb/>Fosti a ragione eletto a tal fatica,
<lb/>Perche doue è Virtù, li sono i Voti .
<pb n= "27"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto . 
<lb/>GIo: Villani lib. 3. cap 3. e lib 4. cap. 6. dice che l’anno 1010. i Fiorentini si
<lb/>accomunorno co Fiesolani, e fecero l’arme rossa, e bianca, il Rosso de Fiorentini,
<lb/>e'l Bianco de’ Fiesolani , e cominciaro a reggersi per due Consoli,  e consiglio
<lb/>di 100. de’ migliori Cittadini, &amp;c.
<lb/>Il medesimo Gio: Villani lib. 5. cap. 32. soggiunge .
<lb/>Nelli anni di Cristo 1207. i Fiorentini hebbero da prima Signoria forestiera,
<lb/>che fino allora si era retta la Città per Signoria di Consoli Cittadini de' maggiori,
<lb/>e migliori della Terra, &amp;c.
<lb/>Quattro surono i Consoli mentre che la Città fu a Quartieri , e poi furono
<lb/>sei, quando la Città si partì a sesti, &amp;c.
<lb/>Non si nominauano tutti ma il più degno di loro, dicendo al tempo di cotal
<lb/>Consolo, e compagni. Gio.Villani lib. 5. cap. 32 &amp; più luoghi.
<lb/>Matteo Palmieri trattando de’ Consoli nella sua Cronicha dice
<lb/>Anno 1196. Fiorentini Consulem elegerunt, qui ius diceret , &amp; cum publica
<lb/>potestate Rempublicam gubernaret, quod per singulos annos usque ad Friderici
<lb/>II. mortem obseruatum est, videlicet usque ad annum 1250. Et post Friderici mortem
<lb/>Rempublicam reformantes duodecim Antianos creauere, &amp;c.
<lb/>Coluccio Salutati in un suo libro intitolato, Contra Luscum Vicentinum scriue.
<lb/>Accedit ad hæc quod urbs nostra summo Magistratu, sicut olim Roma per Consules
<lb/>regebatur usque ad exactos annos incarnationis diuinæ sapientiæ 1282. 
<lb/>Da alcune scritture de’ Monaci della Badia di Firenze .
<lb/>Adimaro Adimari fù Consolo di Firenze nel 1196. Et Bernardo Adimari nel
<lb/>1201. e duraua il loro offizio vn’anno, e rendeuano ragione, e faceuano giustizia,
<lb/>&amp; al modo di Roma tutto guidauano, e gouernauano, &amp;c.
<pb n= "28"/>
<lb/>SONETTO Vl. 
<lb/>Per Aldobrando di Bernardo Adimari Consolo
<lb/>di Firenze nel 1201. e nel 1210.
<lb/>RAro interuien, ch’a traccheggiar l’onore
<lb/>Per la selua del mondo huom non lo prede , 
<lb/>Che quanto ha nel cercar campo maggiore ,
<lb/>Se non lo troua qui, colà lo vede
<lb/>Ma senz’uscir della sua patria fuore ,
<lb/>A pochi il conquistarlo oggi succede ,
<lb/>ALDOBRANDO, tu sol senza sudore
<lb/>Ti sapesti acquistar tanta mercede.
<lb/>E fin due volte a’ tuoi paterni lari
<lb/>Del regio Consolato i fregi imponi,
<lb/>Quanto sperati men tanto più cari .
<lb/>Ah ben conosco hor io per più cagioni, 
<lb/>Ch’il gouerno Ciuil, ben che tra’ pari
<lb/>Sol bello, e fortunato è presso a’ Buoni. 
<pb n= "29"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto.
<lb/>IN vn Contratto rogato a dì 13. di Aprile 1210. esistente
<lb/>fra le scritture delle Monache di S. Felicita di Firenze, 
<lb/>come per vista , e copia datami da M. Filippo Morelli
<lb/>iui Priore, si legge . 
<lb/>Al tempo di Aldobrando Adimari Consolo Fiorentino, Pepo di
<lb/>Spinello da Montegrossoli, vendè una mezza casa alle Monache
<lb/>di S. Felicita fra’suoi confini, &amp;c. come per rogo di Buonamico.
<lb/>Imperatori Henrici Iudex, &amp; Notarius &amp;c.
<lb/>Veggasi adietro nella passata attestazione, come egli è
<lb/>vero , che i Consoli non si nominauano tutti nelle pubbliche 
<lb/>scritture, ma il più degno di loro, veggasi Gio. Villani
<lb/>lib. 4. c. 6. lib. 5. c. 26. c. 30. 32. e 34.
<lb/>A questa attestazione par che si potesse opporre, che
<lb/>l’anno 1210. non viueua l’Imperatore Arrigo VI. di questo
<lb/>nome poi che egli morì l’anno 1198. ma si ben l’Imperatore 
<lb/>Ottone, per conciliar questa scrittura con l’istorie 
<lb/>si può dire, ò che i Notai nominauano quell’Imperatore, 
<lb/>sotto l’autorità del quale si erano messi alla professione,
<lb/>o che detto Buonomico hauesse l’autorità da Henrico
<lb/>fratello di Baldouino, che fu Imperatore di Costantinopoli 
<lb/>nel 1201. e visse fino al 1214. Egnatia lib. 2. Consm. Manse: lib. 4.
<pb n= "30"/>
<lb/>SONETTO VII. 
<lb/>Per Gualdrada di Bellincione Adimari
<lb/>detto Berti , viueua nel 1210.
<lb/>CHI fa, ch’il valor d’altri al Ciel sen
<lb/>vada,
<lb/>E la Gloria de’ suoi tace, e non mira,
<lb/>O ch’ei defrauda il giusto , o non v’aspira,
<lb/>O che, mirando a gli altri, a se non bada.
<lb/>Grande vn huomo è col senno, e con la spada,
<lb/>Ma non minore in Donna anco s’ammira
<lb/>Quel casto amor, che l’honestà le spira,
<lb/>Come si vide in tè, bella GVALDRADA.
<lb/>Dirò dunque di te, ch’ alto Signore 
<lb/>Posponesti, e i suoi baci, e sua grandezza
<lb/>Di pudiciza, e d’innocenza al fiore.
<lb/>O figlia al Padre ad obbedire auuezza,
<lb/>Non l’obbedisti, e non facesti errore ,
<lb/>Donna ch'onor non ha, non ha bellezza .
<pb n= "31"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto.
<lb/>DI questa nobilissima Donna, degna a guisa d’Astipatira di esser ammessa
<lb/>nel Teatro de’suoi, fanno menzione Batt. fulgoso, &amp; il Cont. p. 365. benche
<lb/>con error del nome, e molti autori, ma in particolare Gio. Villani lib. 4.
<lb/>cap. I. oue trattando del primo Conte Guido, dice così 
<lb/>Guido sopranominato sangue, per li suoi, che furono tutti in sangue morti, fu
<lb/>per l’ Imperatore Otto quarto fatto Signore in Casentino , e questi fu quegli, che
<lb/>tolse moglie in Firenze la Contessa Gualdrada figliuolache fu del buono M. Bellincione
<lb/>Berti de’ Rauignani, che  ouorevolmente, e Cittadinescamente portò sua Cavalleria.
<lb/>E parlando più diffusamente di questo parentado soggiugne nel 5. lib. al
<lb/>cap. 37.
<lb/>Questo Conte Guido vecchio prese per moglie la figliuola di M. Bellincione Berti
<lb/>de’ Rauignani, che era il maggiore, e più onorato Caualiere di Firenze, e le sue case
<lb/>succedettono poi per retaggio a’ Conti, le quali furono a Porta San Piero su la
<lb/>porta vecchia -- Questa Donna hebbe nome Gualdrada, e per bellezza, e bel
<lb/>parlare di lei , la tolse il detto Conte, vedendola in Santa Reparata con altre donne, 
<lb/>e donzelle di Fir. quando vi era l’Imperatore Otto Quarto a cui piacque, &amp; il
<lb/>Padre di lei dicendo che egli haueua potere di fargliela baciare , la Donzella rispose,
<lb/>che mai huomo viuente la bacierebbe, se non fusse suo marito: per la quale
<lb/>parola l’Imperatore la commendò, e per consiglio di lui, detto Guido la si prese in
<lb/>moglie, &amp;c.
<lb/>Della nobiltà de’ Rauignani, e come erano vn ramo degli Adimari, si è
<lb/>trattato adietro nel Sonetto di M. Bellincione , veggasi il medesimo Gio.
<lb/>Villani lib. 3.cap. &amp; lib. 4. c. I. e 10. e lib. 5. cap. 37.
<lb/>Di Gualdrada fa menzione ancora Dante nel 16. dell’Inferno, oue parlando 
<lb/>di Guido Guerra, dice
<lb/>Nipote fù della buona Gualdrada
<lb/>Guido Guerra hebbe nome, &amp; in sua vita 
<lb/>Fece col senno assai, e con la spada .
<lb/>E Christofano Landini, comentando questo luogo , dice che Gualdrada sù
<lb/>figliola di M. Bellincione Berti de’ Rauignani antichissima famiglia, &amp; vno de’
<lb/>rami degli Adimari , raccontandone l’istesso che di sopra ha scritto Gio.Villani.
<pb n= "32"/>
<lb/>SONETTO VIII.
<lb/>Per M. Filippo Adimari Cauicciuli, detto
<lb/>Argenti, viueua nel 1250.
<lb/>NON sò, Spirito altier, mentre io fauello
<lb/>Per dare esempio a’ postieri nascenti,
<lb/>Se de’ tuoi detti, o de’ suoi fatti ardenti
<lb/>Il parlare, o’l tacer mi sia più bello:
<lb/>Che se già vide un Vate aspro flagello 
<lb/>Farsi di tè fra le fangose genti,
<lb/>A che più rammentar FILIPPO Argenti,
<lb/>Ch’è sepolto in inferno à Dio ribello? 
<lb/>Pur tacer non vogl’io, non sempre il vero 
<lb/>Cantan le Muse, e forse sdegno accese
<lb/>Quel Poeta, co’ nostri ogn’or seuero;
<lb/>Nel resto assai d’onor ci rende, e rese,
<lb/>(Più ch’il ferrar d’Argento il tuo destriero) 
<lb/>Che di tè scriua Dante, e’l Certaldese.
<pb n= "33"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto.
<lb/>TRatta di questo Caualiere , come di persona nobile , e ricca,
<lb/>ma iraconda Gio. Bocc. nella nouella 8. di Ciacco,  e Biondello 
<lb/>gior. 9. oue nomina ancora la loggia degli Adimari , e de’ Cauicciuli 
<lb/>con queste parole .
<lb/>Il menò vicino alla loggia de’ Cauicciuli, e mostrogli in quella un
<lb/>Caualiere chiamato M. Filippo Argenti, &amp;c.
<lb/>E Dante nel canto 8. dell’Inferno lo ripone fra’ superbi , &amp; iracondi , 
<lb/>dicendo. 
<lb/>Tutti gridauan, a Filippo Argenti,
<lb/>Il Fiorentino spirito Bizzarro
<lb/>In se medesmo si rodea co’ denti . 
<lb/>Oue gli espositori concorrono, che questo Cogniome d’Argenti
<lb/>gli fosse imposto , perche era così ricco , che vsaua ferrate i suoi
<lb/>Caualli d‘Argento: eccesso in quei tempi, si come sarebbe ancora,
<lb/>di superba grandezza .
<lb/>Cristofano Landini nell’espositione del suddetto canto 8. dice così.
<lb/>Filippo Argenti, secondo che il Boccaccio dice di hauer inteso da
<lb/>Coppo di Borghese Domenici , fu Caualiere della nobile famiglia de’
<lb/>Cauicciuli, i quali sono un ramo degli Adimari, tanto ricco, che usaua
<lb/>ferrare i suoi Cauelli d’Argento, il medesimo afferma il Contrario
<lb/>pag. 196. 
<lb/>Nel resto s’accenna, che Dante forse non fu bene affetto verso
<lb/>la nostra famiglia , e per ciò ripose alcun de’nostri nell’Inferno,
<lb/>perche Boccaccio Adimari fu sempre contrario al suo ritorno in
<lb/>Patria, mosso dallo sdegno che Baldinaccio suo sigliuolo, fosse
<lb/>stato vn di quegli, che furon mandati in esilio, quando il Porta persuase 
<lb/>al Senato, ch’abbassar si douesse la potenza de’ Grandi , come
<lb/>si dirà auanti nelle attestazioni del sonetto 38. a car. 93. nondimeno 
<lb/>douiamo stimar assai l’essere stati nominati dalla Penna di si
<lb/>celebrati Scrittori. 
<pb n= "34"/>
<lb/>SONETTO IX.
<lb/>Per M. Tegghiaio di Aldobrando Adimari
<lb/>Primo Rettor d’Arezzo, viueua nel 1256.
<lb/>O Di lingua, e di man saggio, e guerriero,
<lb/>Hor con l’una Orator, con l’altra Ardito,
<lb/>Testimon ne sia l’ Arbia, e lo Spedito,
<lb/>Che ti giouò l’hauer predetto il 'vero!
<lb/>Ahi, che l’ huomo al suo ben ciceo , e seuero ,
<lb/>Spesso, quando il peccar fassi infinito,
<lb/>Anco dalle Cassandre il vero udito, 
<lb/>Riconoscer non sà dal bianco il nero.
<lb/>Tanto auuenne, o TEGGHIAIO, à nostre squadre,
<lb/>Ma le stille del sangue in tante Stelle, 
<lb/>Si cangiaron per tè, d’opre leggiadre: 
<lb/>O saggie voci alla Virtude ancelle ,
<lb/>Mentre vi profferì d’Arezzo un Padre
<lb/>Quel che vi disprezzò, vi fe più belle.
<pb n= "35"/>
<lb/>Attestazione del passato Sonetto. 
<lb/>DAnte nel canto 6. dell’Inferno onoratamente nomina questo
<lb/>M. Tegghiaio dicendo
<lb/>Farinata, e Tegghiaio che fur si degni
<lb/>E nel canto 16. 
<lb/>L’altro che presso a me la terra trita
<lb/>E Tegghiaio Aldobrandi la cui voce
<lb/>Nel mondo su dourebbe esser udita.
<lb/>Oue Cristofano Landini espositore, nel primo luogo dice , che
<lb/>Tegghiaio fu degli Adimari, e nel secondo.
<lb/>Tegghiaio Aldobrandi fu degli Adimari molto stimato, &amp; a casa,
<lb/>e neglieserciti, per molte marauigliose opere, e consigli, Costui sconfortò
<lb/>l'impresa contro a’ Sanesi, dimostranado che non si poteua in quella
<lb/>hauer vettoria, ma non fù accettato il suo consiglio, onde ne riuscì
<lb/>la infelicissima rotta d’Arbia 
<lb/>Ne fa menzione ancora Gio. Villani lib. 6. cap. 79. mentre narra
<lb/>come egli orò in Senato, opponendosi al parere dello Spedito. 
<lb/>Il dicitore per tutti, fu M. Tegghiaio Aldobrandi delli Adimari
<lb/>Caualier sauio, e prode in arme, e di grande autorità , e di largo consigliaua
<lb/>il migliore.
<lb/>La voce Aldobrandi è posta per Patronomico, cioè filius Aldobrandi 
<lb/>eques ille non ignobilis, de quo onori fica mentio apud Borghin:
<lb/>in Eccl. Et Episc. Flor.
<lb/>Fu nel 1255. eletto Rettore di Arezzo, e fu il primo de’ Fiorentini.
<lb/>Vedi Bionardo d’Arezzo lib. 2. Ammirato nelle Istorie lib. secondo
<lb/>a car. 82. Ricordano Malespini a car. 56. Il Razzi, &amp; il Giouio nella
<lb/>Vita di Farinata, Il Sig. Iacopo Gaddi negli Elogij historici Elogio
<lb/>3. E Gio. Vill. lib. 6. cap 83.
<pb n= "36"/>
<lb/>SONETTO IV.
<lb/>Per M. Manfredi Adimari, Cognato della B. Vmiliana
<lb/>Cerchi, e Padre del Primo de’ nostrí , che godesse 
<lb/>il Priorato ,viueua nel 1256.
<lb/>MANFREDI, o Guida, o Scorta, o Fede, 
<lb/>o Mano, 
<lb/>Onde alzasti il tuo sangue, e te reggesti,
<lb/>Quai furoi pregi tuoi, ch’al mondo hauesti,
<lb/>Perch’io li conti, e non li canti in vano!
<lb/>Ahi, non si solca appien l’ampio Oceano , 
<lb/>Conuien che qualche parte intatta resti,
<lb/>Di tanti fregi tuoi dirò sol questi ,
<lb/>Che fosti una delizia al germe umano.
<lb/>Ciò fù, perche tua fù sposa REGALE 
<lb/>Sorella gia d’VMILIANA Diua ,
<lb/>Ch’è fra’ Cerchi del Ciel Cerchio immortale. 
<lb/>Quindi BERNARDO tuo dell’Arno in riua
<lb/>Primo de’ nostri al Priorato sale,
<lb/>Che doue Vmiltà Regno alto s'arriua .
<pb n= "37"/>
<lb/>Attestazione del passato Sonetto. 
<lb/>M. Manfredi Adimari Caualiere Fiorentino viueua nel 1256. e si
<lb/>troua descritto ne’ libri , che si conseruano nell’Archiuio
<lb/>delle Riformagioni, oue nel lib. 3. delli statuti della nostra Città sotto
<lb/>la Rubrica 32. De securitatibus præstandis a magnatibus appariscono
<lb/>li Adimari fra le famiglie de’grandi, e de’ magnate. Et il Priorista
<lb/>originale che iui si mantiene, dimostra, che per Sestiere di Por S.
<lb/>Piero, e Quartiere S. Gio. e S. Maria Nouella, sono stati più Príori
<lb/>degli Adimari, &amp; il primo nel 1286. Bernatdo Figliuolo di questo
<lb/>M. Manfredi , con queste parole
<lb/>Bernardus D. Manfredi de Adimaribus a die 15. Octobris usque
<lb/>a die 15. Decembris 1286.
<lb/>Il Sig. Vieri Cerchi, Gentílhuomo per costumi, e litteratura insigne,
<lb/>mi diede la seguente memoria estratta da’ libri, e ricordi antichi
<lb/>di Casa sua . 
<lb/>M. Vieri Cerchi diede per moglie Regale sua figliuola sorella che fù
<lb/>della B. Vmiliana, a M. Manfredi Adimari l’anno 1256.
<lb/>Questo M. Vieri su Caualiere principalissimo , Capitano de’
<lb/>Fiorentini, capo di parte Bianca sollecito , e diligente : come nelle
<lb/>Croniche Gio. Villani lib. 7, cap. 130. &amp; 148. e lib. 8. cap. 38.
<lb/>Qual sia poi stata la famiglia de’ Cerchi in Firenze, si legge nel
<lb/>medesimo Gio. Villani, oue nel lib. 3. Cap. 2. dice che la Porta di S.
<lb/>Pietro, quando l’anno 801. si riedificò la Città di Firenze fu posta,
<lb/>oue poi furono le case di M. Bellincione Berti, nobile, e possente
<lb/>Cittadino , che per retaggio della Contessa Gualdrada sua figliuola,
<lb/>e moglie del Conte Guido primo, rimasero a’ Conti Guidi, che
<lb/>poscia le venderono a’ Cerchi, &amp;c. soggiungendo nell lib. 8. cap. 38.
<lb/>che i Cerchi, casa di grand’affare, l’anno 1300. furono in Firenze
<lb/>capo della parte Bianca, e che con loro tennero quasi tutti li Adimari,
<lb/>se non se il lato de’Cauicciùli .
<pb n= "38"/>
<lb/>SONETTO XI. 
<lb/>Per M. Pagno di Gherardo Adimari Dottor
<lb/>di Legge, viueua nel 1257.
<lb/>POscia che l’huom, quasi Destriero errante,
<lb/>Correa questa del Mondo ampia
<lb/>contrada ,
<lb/>Acciò non più trabalzi, e più non cada,
<lb/>Pensar conuenne a raffrenar sue piante .
<lb/>Quindi nacquer le leggi eterne, e sante, 
<lb/>Che mostrarono altrui la vera strada,
<lb/>E l’Imperio col senno, e con la spada ,
<lb/>Ch’era allora un Pigmeo, si fe Gigante.
<lb/>Tu, PAGNO, a maneggiar così bel freno
<lb/>Fosti in un così dotto, e così pio ,
<lb/>Che saluasti infiniti, e te non meno .
<lb/>Deh fostu viuo a questi tempi, oh Dio,
<lb/>Che saria vinto, o cederebbe almeno
<lb/>Chiunque offusca oggi il vero, e m’intend'io
<pb n= "39"/>
<lb/>Attestazione del passato Sonetto. 
<lb/>IL titolo di Messere si daua , o a Dottori di legge , o a
<lb/>Caualieri, l’ordine de’ quali nella nostra Città, è stato
<lb/>sempre eminente; e per Caualieri s’intendeuano tutti
<lb/>quelli, a’ quali dopo esserli stata conferita la dignità, veniua
<lb/>dato titolo di Miles , come attesta l’Eruditissimo Sig.
<lb/>Iacopo Gaddi negli Elogi Istorici
<lb/>Questo M. Pagno fu Dottore di Legge assai chiaro a’
<lb/>suoi tempi, ma perche i suoi scritti non furono pubblicati 
<lb/>non è registraro fra i legisti , nel Catalogo del Poccianzio, 
<lb/>ne del Mautoua . 
<lb/>Habbiamo nondimeno sufficiente notizia delle sue
<lb/>virtù dagli scritti di M. Guidant’Adimari Canonico Fiorentino, 
<lb/>che fiorì nel 1550. &amp; è passato per antica tradizione 
<lb/>in casa nostra, come per il nostro discorso sopra la
<lb/>famiglia degli Adimari a carte 9.
<pb n= "40"/>
<lb/>SONETTO XII. 
<lb/>Per M. Buonaccorso di M. Bellincione Adimari
<lb/>Ambasciadore nel 1262. e 1270.
<lb/>COnuien, che tenga un Messaggiero eletto
<lb/>I negozi a trattar del suo Signore ,
<lb/>Senno, Eloquenza, e Fè , Ricchezza, Onore.
<lb/>Per il segno arriuar d’esser perfetto.
<lb/>Senno, e lingua, ch’a tempo apra il concetto,
<lb/>Fede, da conseruar sincero il core,
<lb/>Ricchezza, che mantenga il suo splendore, 
<lb/>Nobilità, che nol renda altrui negletto . 
<lb/>Con questi arredi, o BVONACCORSO, armato 
<lb/>Più che non san cantare oggi i miei carmi,
<lb/>Seruisti Flora, e sua ragion di stato.
<lb/>Quindi, emulando eternità co’ marmi ,
<lb/>In vari luoghi Ambasciator mandato,
<lb/>Hor concludesti paci, hor mouest’ armi.
<pb n= "41"/>
<lb/>Attestazione del passato Sonetto.
<lb/>QVando i Guelfi Fiorentini vsciti di Firenze si viddero
<lb/>aspramente perseguitati da Manfredi Re di Puglia,
<lb/>e da’ Ghibellini , mandarono M. Buonaccorso di M.
<lb/>Bellincione Adimari in compagnia di M. Simone Donati
<lb/>Ambasciadore in Alamagna a Curradino di Currado di
<lb/>Federigo Imperadore , per sommuouerlo a passare in Italia
<lb/>in fauor loro; ma la Madre, figliola del Duca d’Osterich
<lb/>cioè di Bauiera, parendoli di troppo tenera età, non volle.
<lb/>E licenziatili con amoreuoli parole , e speranze , acconsentì,
<lb/>che portassero con loro la mantellina del medesimo
<lb/>Curradino soppannata di vaio, &amp;c.
<lb/>Gio. Vill. lib. 6. cap. 44. 81. e 85 . Lionardo Aretino lib. 2.
<lb/>Cristofano Landini nel comento di Dante . Scipione Ammirato
<lb/>lib. 2. a car. 99. Piet. Mess. in vita Currad.
<lb/>I parentadi che fece M. Buonaccorso , quando i Guelfi, 
<lb/>&amp; i Ghibellini si pacificarono insieme, si sono raccontati
<lb/>nelle attestazioni del sonetto di M. Forese a 40. 
<lb/>Il medesimo M. Buonaccorso fu mandato Ambasciadore
<lb/>à Carlo primo Rè di Napoli l’anno 1270. quando fece
<lb/>l’accordocol Rè di Tunisi, Gio. Vill. lib. 7. cap. 39.
<pb n= "42"/>
<lb/>SONETTO XIII.
<lb/>Per M. Forese di M. Buonaccorso Adimari
<lb/>Capitani de’ Guelfi, &amp;c viueua nel 1263.
<lb/>IO canterei, fra le più belle imprese
<lb/>Di quei, ch’hanno de’ miei pugnato, e
<lb/>vinto, 
<lb/>I tuoi fatti magnanimi (o FORESE)
<lb/>S’io ne sentissi il gran rimbombo estinto.
<lb/>E per farlo auuiuar, direi cortese,
<lb/>Che fosti a’ Guelfi a comandare accinto, 
<lb/>Che la tua mano un Cacco suol distese, 
<lb/>Che per te sembrò Reggio un Terebinto.
<lb/>Ma quel, ch’in mille carte è già descritto,
<lb/>Quel ch’ognun vide, &amp; hà nel cuore impresso,
<lb/>Il tornarlo a narrar non forse è dritto . 
<lb/>Basti dir, che di Guido al sangue annesso,
<lb/>Fosti si chiaro in pace, in guerra inuitto,
<lb/>Che ne stupì con Manlio, il mondo stesso.
<pb n= "43"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto.
<lb/>DI M. Forese Adimari scriuono molti autori molte cose , e fra l’altre
<lb/>ch’egli fu co’ Guelfi, quando hebbero l’insegna da PP. Clemente V. ch’era
<lb/>l’Aquila rossa, col drago negli Artigli, Gio. Vill lib. 7. c 2. ritenuta fin’ora
<lb/>da’ Capitani di Parte Guelfa, Magistrato di grand’aurorità in Firenze, e de’
<lb/>medesimi Guelfi fu Capitano. e perche de’ suoi fatti principali tratta Gio. Villani
<lb/>lib. 6. cap. 88. registreremo qui le sue proprie parole.
<lb/>L’anno 1263. per simile modo, come fece in Modona così si cominciò battaglia
<lb/>Cittadina in Reggio tra’ Guelfi, e Ghibellini; e mandato per li Guelfi di Reggio per
<lb/>soccorso alli usciti di Firenze, che erano in Modona, incontinente vi andarono , e
<lb/>fecero Capitano di loro M. Forese degli Adimari , e entrati in’ Reggio furono su
<lb/>la piazza alla battaglia, la quale molto durò però che i Ghibellini di Reggio erano 
<lb/>molto possenti, e fra li altri vi haueua un chiamato il Cacca da Reggio quest’
<lb/>era grande come Gigante, e di marauigliosa forza, con una mazza di ferro in mano,
<lb/>nullo gli s’ardia appressare, che non l’abbattesse in terra, o morto, o guasto: veggendo
<lb/>ciò i Gentilhuomini di Firenze se li strinsero addosso , il quale fu doppo
<lb/>molto gran difesa atterrato, e morto . 
<lb/>Questa vittoria fu ascritta al proprio valore di Forese il quale secondo il
<lb/>medesimo Villani nel cap. 15. del lib. 7.
<lb/>L’anno 1265. prese per moglie una figliuola del Conte Guido Novello, e Bindo
<lb/>suo Zio una delli Vbaldini, per far pare tra’ Guelfi, e Ghibellini .
<lb/>Il medesimo M. Forese fu l’anno 1283. Gouernatore d’Imola, Nel 1295.
<lb/>capo d’vn tumulto , Nel 1296. Ambasciatore in Lombardia per la pace,
<lb/>veggasi in somma 
<lb/>Gio. Villani lib. 6. cap. 88. a car. 179. e lib. 7. cap. 15. a car. 99. Lionardo
<lb/>Aretino lib. 2 dell’Istorie Cristof. Landini nell’ Apologia, il Mini ne’ discorsi, il
<lb/>Verini nell’illustrazione di Firenze, il Volaterrano, il Borghini ne’ trattati l’Amirato,
<lb/>&amp; altri Scrittori delle cose Fiorentine , &amp; ultimamente il Sig. Iacopo
<lb/>Gaddi negli Elogi Istorici .
<lb/>Manlio atterrò ancora lui vn Gigante . Vedi Tito Liuio.
<pb n= "44"/>
<lb/>SONETTO XIV.
<lb/>Per Carlo di M. Guerra Adimari Capitano d’Amalfi , &amp;c.
<lb/>Viueua nel 1272.
<lb/>E per Niccola Adimari autore della Famiglia de’ Trotti.
<lb/> QVei, che cantò del’auree Muse al Trono
<lb/>Irato Achille, e peregrino Vlisse, 
<lb/>E quei, che degli Dei lacuna scrisse,
<lb/>Perch’andaron vagando, hebber gran
<lb/>suono.
<lb/>Quindi al buon CARLO, &amp; a NICCOLA in dono
<lb/>Trouar gloria esulando il Ciel permisse,
<lb/>In Napol quegli, e questi in Milan visse ,
<lb/>Ch’i Vati accetti in Patria unqua non sono.
<lb/>Così Iasone in Colco, in Misia Alcide,
<lb/>Per conquistar virtù sen’giron solo ,
<lb/>CHE sol quei molto sà, che molto vide:
<lb/>O’ quanto è bene alzar dal nido il volo ,
<lb/>PER tutto al valoroso il Cielo arride,
<lb/>E marcisce Virtù nel proprio suolo .
<pb n= "45"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto.
<lb/>NElle discordie fra’Guelfi, e Ghibellini, molti degli Adimari andarono
<lb/>in diuerse parti, &amp; incontrarono felice ventura. Le attestazioni, che qui
<lb/>&amp; altroue si noteranno, circa i progressi d’alcani de’ nostri nel Regno, l’hauiamo
<lb/>haute da scritture mandateci autentiche da vn ministro dell’Archiuio di
<lb/>Napoli, le quali di mano in mano, che ci se ne porgerà l’occasione s’andranno
<lb/>copiando . E per questo Carlo di M. Guerra, così viene scritto.
<lb/>Ex scripturis Archiuij Siclæ Regni Neapolis positis in Registris
<lb/>Ex registro Caroli primi 1272. XV. Indit. litera E.
<lb/>Carolus Domini Guerra de Adimaris Capitaneus Ducatus Amalfi fol. 231.
<lb/>In Lombardia passò vn Niccolò Adimari dal quale i Trotti . Cristofano
<lb/>Landini nell’Apologia in difesa di Dante così ne ragiona.
<lb/>Sono in Alessandra della Paglia i Trotti, famiglia molto numerosa, &amp; ornatissima
<lb/>in arme, disciplina militare. e nella ragione Ciuile per molti Iurisconsulti
<lb/>eccellenti, e già gran parte del Monferrato soggiogo, i quali sono de’ Fiorentini
<lb/>Adimari.
<lb/>Capo di questa Illustrissima famiglia, che crebbe ancora in Milano, fu come
<lb/>si è detto vn Niccolò Adimari , che partitosi di Firenze più centinaia di 
<lb/>anni sono, sen’andò ad abitare in Lombardia , come da certe scritture mandatemi
<lb/>da Monsig. Francesco Trotti. L’etimologia del qual cognome, alcuni
<lb/>vogliono, che deriui dal verbo Spagnolo Troccar, cioè scambiare , o mutare,
<lb/>hauendo scambiato casato, benche ritenghino la medesima Arme , cioè
<lb/>lo scudo diuiso per trauerso in due Campi eguali, turchino sotto , e d’oro sopra,
<lb/>e mutato luogo , e cangiato Patria .
<lb/>Altri dal Verbo Trottare, cioè camminar gagliardo : che per ciò il Trotto,
<lb/>è vna specie dell’andar de’ Caualli, fra il passo comune, &amp; il galoppo, hauendo
<lb/>forse riguardo, che Niccolò si partì velocemente di Tolcar
<pb n= "46"/>
<lb/>SONETTO XV.
<lb/>Per Alamanno, o vero Manno Adimari
<lb/>vno de’ XII. Ambasciadori Fiorentini a 
<lb/>PP. Bonifazio VII. viueua nel 1294.
<lb/>SPira il Cigno Dirceo canto sicuro,
<lb/>Ch’il gran sangue Corintio in Licia sorse
<lb/>Fecondo sì, ch’in un sol dì soccorse
<lb/>De’ Greci il Campo, e de’ Troiani il Muro.
<lb/>Ma sempre Antichità giace in oscuro,
<lb/>Questa è ben verità non posta in forse,
<lb/>Che Dodici in vn dì Flora ci porse
<lb/>Nunzi, ch’a tanti Regi aita furo.
<lb/>Dillo tu Bonifazio allor ch’intento
<lb/>A riceuer di Pietro i sommi onori
<lb/>Chiamasti i Fiorentin Quinto ELEMENTO,
<lb/>E dillo o MANNO tu, che tra’ migliori
<lb/>Allano in Puglia hauesti, in Cuma argento,
<lb/>Quand’hebbe più che Muse, Arno Oratori.
<pb n= "47"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto.
<lb/>GLI Adimari furono si numerosi, che diuisi in più consorterie, parte di loro furono
<lb/>bon parte Nora come i Cauicciuli, e parte con parte Bianca come gl’Adimari
<lb/>Gio. Vill. lib. 8. cap. 38. &amp; in varie parti secondo gl’accidenti delle cose moderne
<lb/>andarono ad abitare; Questo Manno, ouero Alamanno passo nel regno, e fu familiare
<lb/>di Carlo Primo, e di Carlo Secondo Re di Puglia da loro beneficato, &amp; onorato,
<lb/>come si legge nell’ Archiuio di Napoli con queste memorie. 
<lb/>Ex Archiuio siel e Regni Neapolis ex registro 1291. &amp; 1292. Indit. 5. lit. C. fol. 52.
<lb/>Mannus de Adimaris de Florentia Miles, &amp; familiaris habet in donum pro seruitijs Carolo
<lb/>Primo, &amp; nobis prestitis Casale Allani in prouincia terra Hidronti quad fuit comitis Assarani,
<lb/>&amp; domum ipsius comitis in eadem terra.
<lb/>E nota che i Caualieri a quei tempi , Milites appellabantur, come attesta il Sig. Iacopo
<lb/>Gaddi nella Note all Elogio di M. Vieri Cerchi.
<lb/>Ex registro 301. Indit. 14. lit. D. fol. 233.
<lb/>Mannus de Adimaris de flor. miles, &amp; familiaris habet in donum uncias quadraginta in feudis assignandis.
<lb/>Ex registro 302. prima Indit. lit. G. fol. 175.
<lb/>Mannus de Adimaris de Flor. &amp; Bartholomeus de Tocho de Capua, familiares, habent in
<lb/>donum medietatem Fiscalis terræ Cumarum pro redditu Vnciarum 20. in feudum.
<lb/>Molti autori tanno menzione del mirabil caso interuenuto l’anno 1294. intorno alla
<lb/>stima della Fiorentina Eloquenza, Io nondimeno tralasciatone molte, addurrò qui solamente
<lb/>quel che ne dice Christofano Landini nelle sue apologie in difesa di Dante, e de’ Fiorent.
<lb/>Fu naturale nella Fiorentina nazione l’Elogenza, di che, oltre alla esperienza molti esempi
<lb/>posso indurre, che molti Principi vsarono l’opera de’ Fiorentini nelle loro legationi , ma cosa
<lb/>mirabile fu, a chi senza inuidia giudica, che nella Coranzione di Bonifacio VIII. e nel tempo
<lb/>che per congratulazione della nuoua assunzione sempre huomini eloquenti si scegliono , dodici
<lb/>Oratori Fiorentini da dodici Principi furono onorificentissimamente mandato, &amp;c. fra’
<lb/>quali per il Re di Puglia vi andò Manno Adimari . 
<lb/>Il Sig. Gaddi negli Elogi historici, accostandosi ad altra oppinione dice, che questo
<lb/>Manno vi andò per il Re d’Aragona, ma io tengo vi andasse peril sudetto Re di Puglia,
<lb/>mosso dalle disopra registrare scritture , che lo dimostrano essere stato familiare di quei
<lb/>Re, &amp;c. Le Casate , e Consorterie vscite dagli Adimari sono state , Rauignani, Cosi,
<lb/>Fraschi, Trotti, Cauicciuli, &amp; Alamanneschi. 
<pb n= "48"/>
<lb/>SONETTO XVI.
<lb/>Per Ruberto Adimari Caualiere, e Gouernatore di Puglia,
<lb/>Vicario di Raimondo Berengario nel 1296. e 1304.
<lb/>E per Vberto di Benedetto Adimari Auolo
<lb/>della Signora Caterina Piccolomini.
<lb/>TVtti corriamo al Palío, e qual Destriero
<lb/>Nell’Arena del mondo ognun discende,
<lb/>Son le mosse alla Cuna, e’l premio
<lb/>prende, 
<lb/>Chi ben termina in morte il corso altero.
<lb/>Ma quei ben corre in questo stadio in vero ,
<lb/>Che senz’ offender altri al suo fin tende ,
<lb/>Tal fù ROBERTO in Puglia, e tal s’intende,
<lb/>Fossi vn moderno VBERTO huom sempre intero
<lb/>Quei palma hebbe da Carlo, e nello stato
<lb/>Del Berengario Sir, Questi vicina
<lb/>Costante la trouò di figli orbato .
<lb/>Per che, Nipote sua, tu CATERINA,
<lb/>Desti, Gran Donna a PICCOLHVOMO allato ,
<lb/>Prole ad un nuouo Enea quasi diuina .
<pb n= "49"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto.
<lb/>PER le Cause, accennate nella passata attestazione, e per la Cacciata
<lb/>de’ Guelfi di Firenze, molti de’ nostri si sparsero in varie
<lb/>parti; onde fino in Inghilterra, mi disse l’Illustriss. Sig. Balì Cioli primo
<lb/>Secretario del Sereniss. di Toscana hauer trouato un Marcantonio
<lb/>Adimari in buonissimo stato, che discendeua dagli Adimari
<lb/>di Firenze ma i più si posarono nel Regno di Napoli, e però
<lb/>non solamente questo Roberto, ma molti altri visi trouano hauer
<lb/>profittato, come dimostrano le seguenti note.
<lb/>Ex Archiuio Siclæ Regni Neapolis, ex Arca lit. B.
<lb/>Robertus de Adimaris Iustitiarius Apulie, &amp; Vicarius terrarumis
<lb/>Apulia Domini Raimundi Berengharia filij Regis Caroli II. 1296.
<lb/>Sappiasi quì, &amp; altroue, che nelle memorie haute di Napoli vien
<lb/>detto, che il titolo di Iustitiarius Idem est quod Vicerex.
<lb/>Ex scripturis eiusdem Archiuij positis in fasciculis
<lb/>Ex fasciculo 24.
<lb/>Robertus de Adimaris fuit Iustitiarius terrarum Raimundi Berengarij
<lb/>filij Regis Caroli II, 1296.
<lb/>Con l’occasione di questo Roberto ci è parso di far menzione d’vn
<lb/>moderno Vberto, figliolo di Benedetto Adimari, si perche fu gentilhuomo 
<lb/>dotato di grandissima prudenza, e fedeltà , &amp; impiegato
<lb/>in vani Carichi, come per hauer lasciato abbondanti facultà , e tollerato
<lb/>con fortezza indicibile la morte di Raffaello suo vnico figliolo,
<lb/>consolandosi in alleuare la Sig. Caterina Adimari sua nipote, che
<lb/>erede non meno, dellevirtù de’sudetti suoi antenati, che delle ricchezze,
<lb/>fu maritara al Sig. Cau. Enea fratello del S. Conte Marescial Fra
<lb/>Ottauio Piccolomini Generale di sua Maestà Cesarea, Gentildonna,
<lb/>che, feconda di figliuoli, e più di virtù, hà saputo anch’ella mostrare,
<lb/>e nell’educazione loro, e nel perderne alcuni, e nel gouernar la Casa,
<lb/>e nel passar vna lunga vedouanza, non dissimil fortezza , e valore.
<pb n= "50"/>
<lb/>SONETTO XVII.
<lb/>Per Baldinaccio di Boccaccio Adimari,
<lb/>viueua nel 1315.
<lb/>ANimo generoso oppresso a torto, 
<lb/>Come chiuso talor sotterra il foco
<lb/>Non sa fermarsi, o ritrouar mai loco,
<lb/>Fin che non giunge al suo natìo conforto.
<lb/>Così tu BALDINACCIO Esule accorto ,
<lb/>(Cerreto in occupar) vincesti il gioco,
<lb/>Onde l’onor per te non fù già poco,
<lb/>Ma bene il biasmo altrui non fù già corto.
<lb/>Ritornasti alla Patria, e ben douea 
<lb/>Nelle Paterne mura esser rimesso,
<lb/>Quel che tant’altri a mantener u’hauea , 
<lb/>Fù Baldinaccio con figlio a tè concesso,
<lb/>Che discacciò Gualtier, che l’opprimea,
<lb/>Però chi gioua altrui, gioua a se stesso.
<pb n= "51"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto.
<lb/>REgnando le Parti Bianche, e Nere. si adunarono molti di parte Nera
<lb/>in Santa Trinita ; Capo de’ quali era M.Corso Donati, insieme co’ Cauicciùli,
<lb/>e consultarono primieratmente di mandare a Bonifazio VIII. che
<lb/>spingesse qualche signore della Casa di Francia, a che li rimettesse in stato , e
<lb/>cacciassine i Bianchi . Dispiacque simil trattato alla Signoria, &amp; a persuasione
<lb/>di Dante Alighieri, allora de’ Priori, furono mandati in esilio, molti di parte
<lb/>Nera , fra’ quali alcuni de’ Cauicciùli , &amp; ancora andarono in esilio alcuni
<lb/>di Parte Bianca fra’ quali Baldinaccio Adimari; ma questa parte , poco appresso
<lb/>fu reuocata . Veggasi Gio. Villani lib. 8. cap. 41. Cristof. Landini nell’apologia, 
<lb/>e vita, e costami di Dante. 
<lb/>Intanto venne a Firenze Carlo de’ Valois, &amp; il Cardinal d’Acquasparta, 
<lb/>quali fecero far molte paci, fra i Bianchi, e Neri, e la principale fra gli Adimari, 
<lb/>ma per maligna instigazione de’ Neri, Carlo de Valois cacciò di Firenze
<lb/>quelli di Parte Bianca, fra’ quali fù Baldinaccio, e Corso Adimari , con
<lb/>quasi tutto il lato de’ Bellincioni, Gio. Villani lib. 8. cap. 40. &amp; 48. Don Vincenzio 
<lb/>Borghini, e Francesco Petrarca in vita Bonif. VIII.
<lb/>Tentarono li Adimari esiliati di tornar in Firenze, e l’anno 1304. il detto
<lb/>Baldinaccio, e Corso suo fratello, entrarono nel Palazzo delli Potestà per
<lb/>forza, e ne trassero Talano di M. Boccaccio Cauicciuli, che vi era stato messo
<lb/>prigione . Gio. Vill. lib. 8. cap. 73 . 
<lb/>E nel 1315. Baldinaccio di Boccaccio Adimari Cauicciùli fece ribellare
<lb/>Cerreto Guidi, e lo tenne tanto, che il Comune lo rimesse nella Città, senza
<lb/>il qual patto non volle mai renderlo . Gio. Villani lib. 9. cap. 71. oue soggiunge
<lb/>queste parole 
<lb/>Alla fine per patti, e per danari, essendo tratto di bando Balinaccio con
<lb/>vergogna del Comune di Firenze, renderno detto Castello, &amp;c. Oue sino a questi
<lb/>tempi gli Adimari hanno hauto delle possessioni, e credo sia denominato
<lb/>Cerreto Guidi, per dipendenza della Contessa Gualdrada moglie del Conte
<lb/>Guido come a 31.
<pb n= "52"/>
<lb/>SONETTO XVIII.
<lb/>Per il B. Vbaldo Adimari dell’Ordine de’
<lb/>Serui, fioriua nel 1315.
<lb/>VBALDO, alto rampollo, ond’hanno i
<lb/>rami 
<lb/>Del vecchio Ceppo mio vita, e sostegno,
<lb/>Non disdegnar, ch’io del tuo sangue, hor ami
<lb/>Te di mia nobiltà mostrar per segno ;
<lb/>Che s’ egli auuien, ch’in terra Onor si brami,
<lb/>Gloriarsene in Ciel certo è più degno,
<lb/>Perche qua giù non è chi maggior chiami
<lb/>D’vn Cotrigian di Dio, ne Re, ne Regno.
<lb/>O seruo di MARIA, per quel gran vanto,
<lb/>Ch’hauesti in portar via, conforme a i voti,
<lb/>(Qual già Tucia nel vaglio, onda nel manto.
<lb/>Soccorri a’ miei trauagli oggi a te noti,
<lb/>Porta anca via da me l’acqua del pianto ,
<lb/>Suol pure ogni Auo amar sempre i Nepoti .
<pb n= "53"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto. 
<lb/>EX Processu B. Philippi Florentini Confessoris, &amp;c
<lb/>Ex Authographo originali per Notarios Tudertinos olim
<lb/>constato: vide Centuriam Annalium Ordinis seruorum, editam , lib.
<lb/>5. cap. 1. &amp; 2. Compendium æditum apud Ioannem Antonium
<lb/>Caneum anno 1616. pagina 4. 
<lb/>B. Philippus Florent. seditiones, &amp; odia simul cum Card. Latino in
<lb/>summan pacem conuertens, Vbaldum Adimarium, alterius factionis
<lb/>Princeps, Religioni seruoram adiunxit: qui tandem optimo fine quieuit,
<lb/>quod &amp; præstitit Bononiæ cum eodem Cardinali.
<lb/>Nella vita del medesimo Beato, scritta dal Sig. Pandolfo Ricasoli 
<lb/>Baroni Canonico Fiorentino a carte 123. &amp; 124. si legge .
<lb/>Singalare fu la conuersione d’Vbaldo della nobiliss. famiglia degli
<lb/>Adimari, capo della frazione Ghibelllina, contro la parte Guelfa; Imperoche
<lb/>mentre, a guisa di un’altro Saulo, minaccioso, e crudele andaua
<lb/>con l’armi contro a gli auuasarj , mosso dalla esortazione di Filippo,
<lb/>lasciata la diuisa militare del mondo, prese quella di Maria Vergine,
<lb/>per mano del Generale; che poi veduto i progressi del nouello discepolo
<lb/>lo volle per compagno, e frequentemente per Confessore; anzi raccontano
<lb/>le storie de’ Serui, che auuertito da Diuina inspirazione, però che
<lb/>era lontano di Todi, che oramai staua per passare di questa vita il B.
<lb/>Filippo suo caro Maestro, colà si conducesse, e che dalla sua uista ricreato
<lb/>il B. Generale, nelle sue braccia rendesse l’anima a Dio. Morto
<lb/>il Maestro se ne ritirò nel Monte Senario, doue con asprissima penitenza
<lb/>visse fino a gli anni del Signore 1315. Molti singulari e sempi della
<lb/>simplicità, che in lui fu maruigliosa raccontar si potrebbero . Ma
<lb/>dirò solo, che hauendo carica dal superiore, di portar l’acqua per la
<lb/>refezione de' Padri dal fonte del B. Filippo, auuenne, che si roppe il ua
<lb/>_____ste la portò a’ Padri senza versarla, benche aspra
<pb n= "54"/>
<lb/>SONETTO XIX.
<lb/>Per Tegghiaio secondo Capitano de’ Fiorentini 
<lb/>contro Galeazzo Visconti,
<lb/>viueua nel 1321.
<lb/> ERcole allor, ch’a debellare i Mostri
<lb/>A prò dell’uniuerso armato andaua,
<lb/>Più del ferro, e del foco, oprò la Claua,
<lb/>Sensi, che sono occulti a gli occhi nostri.
<lb/>Non pone al Crin le Diademe, e gli Ostri
<lb/>Il taglio sol di spada eletta, e caua,
<lb/>In man de’ Generali un legno staua,
<lb/>Che somma autorità par che dimostri.
<lb/>Di questa dunque, e di prudenza armato
<lb/>TEGGHIAIO s’inuiò contro al Visconti,
<lb/>Ma trouò Marte al dubbio euento ingrato,
<lb/>S’i Nemici in quel punto alzar la fronte,
<lb/>Se non trouar gli Amici un lieto stato , 
<lb/>Ch’ei pugnò valoroso almen si conti.
<pb n= "55"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto. 
<lb/>NEl tempo che Papa Gio. vigesimosecondo, &amp; il Rè
<lb/>Roberto, per soccorrere il Piemonte , &amp; i loro nimici 
<lb/>di Lombardia, sbigottiti per la parte di Filippo de
<lb/>Valois, rifecero lega co’ Fiorentini, e con altri : hebbero
<lb/>dalla nostra Città molti pedoni, e Caualieri , Capitano
<lb/>de’ quali fu Tegghiaio secondo degli Adimari .
<lb/>Ma l’impresa non hebbe felice fine, perche il Marchese
<lb/>di Caualcabò di Cremona, Generale della legha, mal
<lb/>prouueduto contro le forze di Galeazzo Visconti, che
<lb/>haueua di già radunati molti aiuti dal Padre , da’ Pisani , e
<lb/>da’ Lucchesi, fu sconfitto in val di taro l’anno 1321.
<lb/>Vedi Gio. Vill. l. 9. cap. 128. Et alle Riformagioni , Ancora
<lb/>Gio. del Garbo , che fu diligente inuestigatore delle nostre 
<lb/>antichità ne lasciò scritto qualcosa, ma i suoi fogli , come 
<lb/>quegli del Segaloni son peruenuti in mano di persona ,
<lb/>che tenendoli ben cari, oggi m’è difficile il vederli.
<pb n= "56"/>
<lb/>SONETTO XX. 
<lb/>Per Alamanno, e Pepo Adimari Vicari di
<lb/>Prato per il Rè Roberto 1326. e 1334.
<lb/>LA doue abbonda ognor prudenza, e fede,
<lb/>Come acqua all’Ocean corre l’onore,
<lb/>E riuolga ora in uoi, chi non lo crede,
<lb/>O PEPO, &amp; ALAMANNO, il
<lb/>guardo, e’l core . 
<lb/>Fu di quel Prato oue ha l’Etruria il fiore
<lb/>Del Duca di Calauria opra, e mercede ,
<lb/>In vari tempi ognun di voi Rettore,
<lb/>Tanto è Virtù d'ogni grandezza erede.
<lb/>Perdonatemi hor voi, s’in vn sol giro
<lb/>Di tutti e due ristringo il pregio e’l merto,
<lb/>Troppo è lo suol ch’à celebrare aspiro .
<lb/>Basti il dir, che seruiste al Re Roberto ,
<lb/>Che nelle uostre lodi, oue oggi io miro ,
<lb/>Con questo solo io colpirò del certo.
<pb n= "57"/>
<lb/>Attestazione del passato Sonetto. 
<lb/>ALamanno, e Pepo Adimari furono Vicarj della nobil Terra di Prato in Toscana,
<lb/>per il Rè Ruberto, e per Carlo Duca di Calauria suo figliuolo, in quei tempi, che
<lb/>quella Corona ne teneua il goueruo, per conuenzione fatta. G. Vill. l. 9. c. 55. l. 10. c. 1 e c. 13.
<lb/>E si proua con l’appresso memorie esistenti in Napoli.
<lb/>Ex Regristro Caroli Illustris filij Reglis Roberti ex Registro 1326. 10. in d. litera B. fol. 194.
<lb/>Pepus de Adimarijæ de Florentia Vicarius Terræ Prati.
<lb/>Il che vien confermato da vna inscrizione, che nel medesimo palazzo di Prato apparrisce, 
<lb/>di questo tenore . 
<lb/>Nobilis miles aureatus Dominus Pepus de Adimaris Vicarius Terræ Prati pro D. Principe
<lb/>D. Carolo Regis Roberti primogenito anno 1327.
<lb/>Nel qual Palazzo vi e ancora vn’altra inscrizione , che tratta di Alamanno con queste
<lb/>parole.
<lb/>Nobilis miles aureatus Dominus Alamannus de Adimariorum Prole Potestas anno 1334.
<lb/>Pepo fu fratello di quel Talano, che fu cauato di carcere a forza da’suoi consorti, come
<lb/>nel sonetto 17. &amp; auanti nel sonetto 29. che fu poi de’ 12. a riformar lo stato, e fu di
<lb/>quegli , che per la sentenza , che diedero gli Agenti dell’Imperatore Arrigo contro a’
<lb/>Fiorentini in Genoua l’anno 1312. andò in esilio : perciò ridottosi in Napoli, hebbe il
<lb/>medesimo offizio .
<lb/>Alamanno lo potette hauer per il medesimo modo, e facilmente crederrei, che potesse
<lb/>esser quel Manno, che fu de’ 12. Ambasciatori, come nel sonetto XV.
<lb/>E la memoria, che se n’è hauta di Napoli soggiugne .
<lb/>Hoc nomen Vicarij dabatur Gubernatoribus terrarum Dominorum de stripe Regia.
<lb/>E vi erano mandati di sei mesi in sei mesi, come appresso Gio. Villani nel sudetto lib. 9
<lb/>al cap. 55. 
<pb n= "58"/>
<lb/>SONETTO XXI.
<lb/>Per M. Giouanni di M. Tedice Adimari Commessario
<lb/>contro Castruccio Castracani a Montemurlo
<lb/>l’anno 1325. 
<lb/>DOue ti lascio hor io, GIOVANNI
<lb/>amato , 
<lb/>Al cui Senno, al cui Braccio, alla cui Fede
<lb/>Commesse l’Armi, e la difesa diede
<lb/>Fiorenza mia, contro Castruccio armato?
<lb/>Ahi, per me non sarai d’obblío cerchiato,
<lb/>Degno ancor tù di singular mercede,
<lb/>Ma delle lodi tue trattiemmi il piede
<lb/>Il vederti si prode, e sfortunato.
<lb/>Stò dubbio se cantar la tua brauura
<lb/>Si deue in Montemurlo, o lacrimare
<lb/>Del non soccorso hauer la tua suentura:
<lb/>Ma se l’opere illustri ogn’or son chiare,
<lb/>Ma se l’opere illustri ogn’or son chiare,
<lb/>Se chi non manca a sè mai non s’oscura,
<lb/>O vinca, o perda il Forte, hassi a lodare.
<pb n= "59"/>
<lb/>Attestazione del passato Sonetto.
<lb/>QVando Castruccio Castracani l’anno 1325. assediaua
<lb/>Montemurlo, era iui entro Commessario pe’ Fiorentini 
<lb/>Giouanni di M. Tedice Adimari , con 150. buonfanti 
<lb/>di Masnade. Ma perche il Castello era mal fornito
<lb/>di vettouaglie, e quelli, che erano all’offizio della Condotta 
<lb/>de’soldati in Firenze, o per auarizia, o per negligenza 
<lb/>già mai, ben che richiesti , non vi mandarono soccorso
<lb/>alcuno . 
<lb/>Il Commssario , dopo hauer coraggiosamente combattuto, 
<lb/>e sostenuto infiniti disagi, vistosi abbandonato , e
<lb/>che le mura percosse da molte machine d’ogni intorno cominciauano 
<lb/>a cadere, cercò suoi patti co’ nemici, e con le 
<lb/>migloiri , e più onorare condizioni , che impetrarne possette, 
<lb/>rese il Castello. Gio. Vill. lib. 9. cap. 325.
<pb n= "60"/>
<lb/>SONETTO XXII.
<lb/>Per Cantino di Filippo Adimari Caualiere , e familiare del
<lb/>Rè Ruberto Gouernatore di Provincia , e Gentilhuomo 
<lb/>di Seggio in Napoli nel 1325.
<lb/>SE nel contrasto Eleo pure Ghirlande
<lb/>Rendeano il vincitor qua si diuino,
<lb/>E per cerchio d’Oliua huom pellegrino
<lb/>Vi correa voluntario, e da più bande,
<lb/>Per tutto, oue la Fama il suono spande , 
<lb/>Di tè la Musa Clio canti, o CANTINO,
<lb/>Che la delle Sirene al mar vicino 
<lb/>Gito à forza, aquistasti onor più grande: 
<lb/>Tu reggesti la Vice, e le Corone
<lb/>Dell’Aquila, e d’Abruzzo alto, e felice ,
<lb/>Possente hora con l’opre, hor col sermone ,
<lb/>Quindi Napoli al fin quasi Notrice
<lb/>Te figlio ne’ suoi Seggi, e i tuoi ripone,
<lb/>Sallo quel tempo, e Porta Nuoua il dice.
<pb n= "61"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto.
<lb/>ARigo Imperatore per vna sentenza data da’ suoi Agenti in Genoua
<lb/>l’anno 1312. condannò 11. huomini di casa Adimari, fra’ quali furono
<lb/>Cantina, Carlo, Pepo, e Talano: parte de’ quali sen’andarono a Napoli,
<lb/>oue fi trouano l’appresso memorie,
<lb/>Ex Archiuio Siclæ Regni Neapolis
<lb/>Ex Arca signate litera A.
<lb/>Cantinus Domini Philippi de Adimaris de Florentia Miles, &amp; familiaris Regis
<lb/>Roberti 1326. fasciculo 47.
<lb/>Cantinus de Adimaris Domini Philippi de Adimaris de Florentia Iustritiarius
<lb/>Prouincie Aprutij citra 1327. fasciculo 24. &amp; fasciculo 41.
<lb/>Ex Arca segnata litera. C.
<lb/>Cantinus de Adimaris de Florentia Iustritiarius Apruntij citra 1326. fasciculo 
<lb/>39. &amp; fasciculo 47.
<lb/>Ex Arca signata litera D.
<lb/>Cantinus Domini Philippi de Adimaris de Florentia Iustriarius Aprutij citra
<lb/>1327. fasciculo 15.
<lb/>Ex Arch signata litera F.
<lb/>Cantinus Dom. Philippi de Adimaris de Florentia miles Capitaneus Civitatis
<lb/>Aquilæ 1325. fasciculo 31.
<lb/>Ex Registris Regis Roberti, ex Regestro 1326. &amp; in d.lit.C. fol. 347
<lb/>Cantinus Philippi de Adimaris de Florentia Iustitiarius Aprutij citra, &amp;c.
<lb/>Ex Registro 1327. II. in d. litera D. folio 234.
<lb/>Cantinus de Adimaris de Florentia miles Lustitiarius Capitanatæ.
<lb/>Ex Registro 1327. &amp; 1328. i II. in d. litera B. folio 202.
<lb/>Cantinus Philippi de Adimaris de Florentia Iustitiarius Apruntij citra.
<lb/>Ex Registro Caroli Illustris filij Regi Roberti, ex Regestro 1326.
<lb/>1327. 10. in d. litera A. folio 8.
<lb/>Cantinus Dom. Philippi de Adimari de Florentia Iustitiarius Aprutij citra.
<lb/>Ex scripturis solutis, &amp; positis in fasciculis, ex fasciculo signato G. GG.
<lb/>Cantinus Dom. Philippi de Adimaris Iustitiarius Aprutij citra subrege Ruberto.
<lb/>Al tempo di questi gli Adimari furono fatti Gentihuomini Napoletani
<lb/>per seggio di Porta nuoua. Vedi Gio. Villani lib. 9. cap. 48.
<pb n= "62"/>
<lb/>SONETTO XXIII.
<lb/>Per Ruggieri Adimari Vicario di Prato in 
<lb/>Toscana per il Re Roberto, l’anno 1325.
<lb/>POI che l’empia sementa, a Flora in seno,
<lb/>De’ Guelfi, e Ghibellin crebbe sicura,
<lb/>RVGGIERI, in tralasciar le Patri mura 
<lb/>Ritrouò scampo à quel mortal veleno : 
<lb/>Certo, ch'al pondo suo, Virtù non meno
<lb/>Della Palma Idumea, resiste, e dura,
<lb/>Quinci i danni a costui tornar ventura,
<lb/>E le tenebre stesse un dì sereno.
<lb/>Anzi fù si felice, e fortunato,
<lb/>Che su gli occhi medesmi a’ suoi nemici,
<lb/>D’autorità Real mostrossi armato.
<lb/>E ben fu di ragion, ch’i Cieli amici
<lb/>Trapiantasser quel Fiore in quel bel Prato
<lb/>Ch’hà d’Onor foglie, e di Virtù radici.
<pb n= "63"/>
<lb/>Attestazione del passato Sonetto .
<lb/>HAbbiamo detto altroue, e nel sonetto 16. e nel sonetto
<lb/>22. che di Adimari fuorusciti di Firenze
<lb/>per la cacciata de Guelfi, si recourarono in diuersi luoghi,
<lb/>&amp; incontrarono diuerse fortune. Però di questo Ruggieri, 
<lb/>che fu vno di quegli, che si posarono in Napoli , ouero
<lb/>figliuolo d’vno di quelli, che vi presero il domicilio, non trouò
<lb/>altro, se non che quando la Terra di Prato in Toscana
<lb/>fu sotto il dominio del Rè Roberto, e di Carlo di Calauria
<lb/>suo primogentio, fecondo Gio. Vill. l. 10. c. 13. anch’egli fù mandato
<lb/>vna volta Potestà di quel luogo, come si legge in vno
<lb/>Epitaffio posto sotto la sua Arme in quel Palazzo; Dal
<lb/>che si può argumentare, ch’ei fosse persona di valore, e
<lb/>che hauesse fortuna di farsi vedere huomo di comando vicino
<lb/>alla Città di Firenze a 10. miglia, quasi fu gli occhi
<lb/>della fazione contraria, e l’Epitaffio dice così
<lb/>Strenuus Eques Aureatus Dominus Ruggerius ex Antiquissima,
<lb/>ac Nobilissima Adimariorum Prole Potestas anno Christi 1325.
<pb n= "64"/>
<lb/>SONETTO XXIV.
<lb/>Per Lotto Adimari, Regio Ministro in
<lb/>Napoli, viueua nel 1327.
<lb/>LOTTO, io non sò fra questa immensa mole
<lb/>Di tanti ofizi tuoi muouere i passi,
<lb/>Andria, Salerno, Abruzzo, e’l Re ti 
<lb/>vuole, 
<lb/>E tu, seruendo al Rè, te non abbassi.
<lb/>Di Partenope bella il viuo Sole
<lb/>Lungi da Flora a vagheggiar te’n passi,
<lb/>E fatto esempio, a chi mirar ti vuole,
<lb/>Mostri, che tra i sudor la gloria stassi.
<lb/>E ben insegni altrui, come egli è vero ,
<lb/>Che, s’il porto lasciar non hà diletto,
<lb/>Non profitta già mai naue, o Nocchiero,
<lb/>Fu pellegrino Vlisse, e fu perfetto,
<lb/>Se viue in casa propria un Cavaliero,
<lb/>Sembra Gallo, che pugni entro al suo tetto!
<pb n= "65"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto.
<lb/>FRA quei che se n’andarono ad habitare nel Regno di Napoli,
<lb/>come si è detto auanti, fu questo Lotto , huomo insigne per
<lb/>l’appresso memorie .
<lb/>Ex Archivio Siclæ Regni Neapolis. Ex Arca signata lit. A.
<lb/>Lottus de Adimaris de Florentia Iustitiarius Prouvinciæ Aprutij
<lb/>citra 1327. fasciculo siue mazzo 19. &amp; fasciculo 41. Idem Lottus
<lb/>nominatur de Adimaris de Florentia cum eodem officio.
<lb/>Ex Arca signata litera H. 
<lb/>Lottus de Adimaris de Floreutia miles, &amp; familiaris Iustritiarius
<lb/>Aprutij citra 1327. fasciculo 59.
<lb/>Ex Registro 1328. ind. 12. litera B. fol. 212.
<lb/>Lottus de Adimaris de Florentia miles, &amp; familiaris cum comitiua
<lb/>Armigerorum Equitum suorum seruiebat suprascripto Regi Ruberto.
<lb/>Ex Registro 1336. 3. in d. litera A. fol. 89.
<lb/>Lottus de Adimari de Florentia Stratigotus Ciuitatis Salerni.
<lb/>Ex Regictro 1336. &amp; 1337. 2. in d. litera B. fol. 295. Stratigotus
<lb/>idem est quod Gubernator.
<lb/>Lottus de Adimaris de Fioeentia miles, &amp; Stratigotus Salerni.
<lb/>Ex Registro 1337. &amp; 1338. in. d. 6. litera B. fol. 231.
<lb/>Lottus de Adimaris de Florentia miles, &amp; familiaris, Capitaneus
<lb/>Civitatis Bitoni.
<lb/>Ma questi Adimari non continuarono ad abitar pel Regno (ben
<lb/>che fin oggi se ne troui in Rossano) perche l’anno 1347. furon costretti
<lb/>a rimpatriarsi . Gio. Villani lib. 12. cap. 33.
<lb/>Nel resto questo sonetto finisce col prouerbio Domi pugnas more
<lb/>Galli , vsato in simil proposito da Pindaro nel fine dell’ Ode 12.
<lb/>dell’Olimpia.
<pb n= "66"/>
<lb/>SONETTO XXV.
<lb/>Per Filippo Adimari Cau. e Gou. d’Abruzzo,
<lb/>nel 1327 e per Filippo di Ruberto
<lb/>Alamanneschi Adimari viueua
<lb/>nel 1594.
<lb/>CAro nome gentil, che porti il suono,
<lb/>Di generoso Amante, e Caualiero ,
<lb/>In tè tanto gioisco, e tanto spero, 
<lb/>Ch’oggi per due FILIPPI accordo
<lb/>il tuono : 
<lb/>L’ Abruzzo il primo à gouernar fu buono,
<lb/>E di Capitanata ebbe anco impero,
<lb/>Più moderno il secondo andò sincero
<lb/>Oue atti a guerreggiar gli Vngheri sono.
<lb/>Quegli in Partenopea trouò la sede,
<lb/>Questi l’hebbe in Vienna, ambi oggi ammiro,
<lb/>Ma dal secondo aspetto altra mercede:
<lb/>Per che qual figlio, all’vltimo sospiro
<lb/>Del Patrimonio suo mi scrisse Erede,
<lb/>Se lite mi fa lato al fin ch’aspiro.
<pb n= "67"/>
<lb/>Attestazione del passato Sonetto. 
<lb/>DI Filippo Regio Ministro in Napoli possiamo dare l’appie
<lb/>notizie.
<lb/>Ex Archiuio Siclæ Regni Neapolìs. Ex Arca signata litera B.
<lb/>Philippus de Adimaris de Flor. Iustitiarius Aprutij citra 1327.
<lb/>fasciculo 90. Ex Area signata litera C. 
<lb/>Philippus de Adimaris de Fiorentia Iustitiarius Aprutij citra
<lb/>1327. fasciculo 69. Ex Arca signata litera D. 
<lb/>Philippus de Adimaris de Florentia miles Iustritiarius Aprutij citra
<lb/>1326. fasciculo 10. &amp; 1337. fasciculo 50.
<lb/>Ex Registris Regis Roberti.
<lb/>Ex Registro 1326. &amp; 1327. in d. 10. litera A. fol. 2.
<lb/>Philippus de Adimaris de Florentia miles Iustitiarius Prouinciæ
<lb/>Capitantæ.
<lb/>Fù la Capitanata Prouincia da sè, e non parte dell’ Abruzzo, vedi
<lb/>Franc. Guicciardini Hist. lib. 5. 
<lb/>E di Filippo Alamanneschi ci conuien dare quest’altre 
<lb/>Filippo di Ruberto di Boccaccio Alamanneschi Adimari, huomo
<lb/>degno d’ogni onorata mem. per molte qualità lodeuoli, che
<lb/>concorreuano in lui, nel suo vltimo testamento rogato M. Orazio
<lb/>Maccanti adi 4. di Giugno 1594. sostituì suo erede vniuersale dopo
<lb/>la Caterina sua vnica figliola, quando ella mancasse senza figlioli
<lb/>masti, o femmine Alessandro di Bernardo di Tommaso Adimari
<lb/>con ordine di primogeitura, e maiorasco.
<lb/>Morì detto Filippo in Vienna Commessario, e Pagatore di vn
<lb/>terzo di fanteria , che in quei tempi vi mandò il Ser. Ferdinando I.
<lb/>G. Duca III. di Toscana, come per lettera della prefata Altezza.
<lb/>Morì detta Caterina a’ 23. di Dicembre 1634. senza figliuoli, onde
<lb/>restò purificato il fideicommisso in persona di detto Alessandro,
<lb/>il quale tanto si loda del testatore, quanto si conduole d’vna lite, mossa
<lb/>allora intorno à detta eredità, non anco spedita .
<pb n= "68"/>
<lb/>SONETTO XXVI. 
<lb/>Per Vgolino Adimari Comess. dell’Esercito
<lb/>Fiorentino contro Lodouico Bauaro
<lb/>l’anno 1328.
<lb/>GIà non doueui tu, non guisto erede,
<lb/>Bramar l’Imperio, e Federigo vcciso,
<lb/>Ne disprezzar la Chiesa, e la sua sede,
<lb/>O Bauaro, da lei membro reciso:
<lb/>Ma ben Flora douea mantener fede
<lb/>A chi ci apre di terra il Paradiso ,
<lb/>Per ammorzar discordie, onde succede ,
<lb/>Ch’ogni Regno si perda in se diuiso.
<lb/>Non fu l’hauertino dunque,VGOLINO,
<lb/>Contro quell’armi in Commessario eletto
<lb/>Vn’euento del Caso, ò del Destino.
<lb/>Fù della Patria tua pietoso affetto,
<lb/>Fù desio di saluar l’Onor diuino,
<lb/>Fù, ch’ei ci volle un Caualier perfetto!
<pb n= "69"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto.
<lb/>LOdouico Duca di Bauiera, dopo la morte di Arrigo VII. 
<lb/>Imperadore nella discordia fra gli Elettori, alcuni de’ quali voleuano
<lb/>Federigo figliuolo dell’Imperador Alberto d’Austria, fu proposto
<lb/>per competitore, onde in vn tempo stesso , egli, e Federigo
<lb/>furono eletti l‘anno 1314.
<lb/>Vennero perciò fra di loro all’armi . Combatterono più volte
<lb/>con diuersa fortuna, finalmente l‘anno ottauo , Lodouico restato
<lb/>vincitore , preso Federigo , ottenne l’Imperio .  Poscia con arti
<lb/>ingiuste volle in Roma farsi coronate, e contro Giouanni XXII.
<lb/>creò vn’ Antipapa , che fu fra Pietro da Coruara de’Frati Minori,
<lb/>per il che fu scomunicato, e dopo hauer tenuto con molti trauagli
<lb/>ingiustamente l’Imperio anni 33. morì di morte subitanea Emil. l. 
<lb/>8. Ignatio l. 3. Pietro Messia in sua vita Gio. Villani lib. 10. 
<lb/>Ora mentre tumultauano queste cose , trouandosi Lodouico a
<lb/>Todi, con animo di venir sopra la Città di Firenze , a riquisizione
<lb/>de’Fuorusciti Ghibellini, che lo persuadeuano a soggiogar la Toscana, 
<lb/>per di li passare al conquisto del Regno di Puglia , i Fiorentini
<lb/>per fuggir tanto pericolo, e liberar lor medesimi, e santa Chiesa, fecero 
<lb/>diuersi prouuedimenti, facendo rinforzare le Castella di Valdarno, 
<lb/>mandando in ciascuna terra due Capitani , e Commessarj,
<lb/>de’ migliori Cittadini, vno de’Grandi, &amp; vno de’ Popolani: &amp; allora 
<lb/>per Grande fu spedito questo Vgolino , come particolarmente
<lb/>apparisce ne’libri delle Riformagioni, &amp; il resto appresso Gia: Villani 
<lb/>lib. 10. cap. 100. 
<pb n= "70"/>
<lb/>SONETTO XXVII. 
<lb/>Per Piero di Carlo Adimari Ambasciatore
<lb/>a diuersi l’anno 1328. e 1329.
<lb/>DEll’Arca di Noè su l’hore estreme
<lb/>La Repubblica è tipo in mar d’affanni,
<lb/>Oue il Lupo si stà con l’Agno insieme
<lb/>Questi senza timor, quei senza inganni
<lb/>Ma quando degli esterni ancor si teme ,
<lb/>Si fa spiegare alla Colomba i uanni,
<lb/>Non al Destrier, non al Leon , che freme,
<lb/>Che ci vuol flemma a superare i danni.
<lb/>Così tu (PIERO) ancor mandato solo
<lb/>Ambasciator di verde Oliuo inserto,
<lb/>Ritornasti più volte al patrio suolo .
<lb/>E Nunzio d’aurea Pace, e di Concerto ,
<lb/>Riportasti il piacer , fugasti il duolo ,
<lb/>Siena, e Perugia il seppe, e’l Rè Roberto.
<pb n= "71"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto . 
<lb/>QVandoi Fiorentini, per timore dell’Armi di Lodouico
<lb/>Bauaro Imperatore, faceuano diuersi prouedimenti, 
<lb/>come si è notato nell’attestazioni del passato sonetto, 
<lb/>fra le altre diligenze, fu il mandare Ambasciatori al
<lb/>Rè Roberto, &amp; al Duca suo figliuolo : accioche rimossa
<lb/>ogni cagione , venissero personalmente alla difesa loro,
<lb/>protestandosi , che se non veniuano , resterebbono di pagare 
<lb/>li fiorini 200. che annualmente li dauano , &amp;c. Per
<lb/>queste occasioni fu spedito Ambasciatore al sudetto Rè,
<lb/>&amp; alle altre amistadi de’ Fiorentini , come erano allora i
<lb/>Sanesi, &amp; i Perugini, fra li altri Piero di Carlo Adimari.
<lb/>Il quale, può dirsi , che tornasse col Ramo d’Oliuo di
<lb/>pace in mano, perche, morto Castruccio, e dannato il Bauaro, 
<lb/>Iddio addirizzò la Città di Firenze in vittorie , prosperità, 
<lb/>ricchezze, e buono stato. Gio. Villani lib. 10. c. 100.
<lb/>Et alle Riformagioni.
<lb/> 
<pb n= "72"/>
<lb/>SONETTO XXVIII.
<lb/>Per M. Pepo di Boccaccio Ambasciatore.
<lb/>Per Boccaccio suo Padre, e per M. Alamanno
<lb/>Adimari Cauicc. viu. nel 1329. 
<lb/>SE del Padre il Candor fà bianco il Figlio,
<lb/>Deuoio (Boccaccio) addur quel ch’il fà nero?
<lb/>E narrar, che morì Dante in esiglio,
<lb/>Per la tua pertinacia ? Ahi non fia uero.
<lb/>Dirò di PEPO tuo con più consiglio ,
<lb/>Che Nunzio ito in Romagna, e Caualiero,
<lb/>Ci sottrasse dall’ante, e dal periglio 
<lb/>Di Castruccio, di Pisa, e dell’ Impero,
<lb/>Oh secolo pe’ nostri allor beato ,
<lb/>In quei tempi uiuea quell’Alamanno,
<lb/>Che lo chiama in fin l’urna vn gran soldato.
<lb/>IACOPO oggi co suoi giunge a tal danno ,
<lb/>Che d’un sommo Pastor parente allato
<lb/>Quasi andò nudo, e fu si largo il panno.
<pb n= "73"/>
<lb/> Attestazione del passato Sonetto .
<lb/>L‘Anno, 1301. Dante Alighieri fu cacciato di Firenze, perche
<lb/>trouandosi di Gennaio 1300. del supremo Magistr. persuase
<lb/>il Senato, che douesse punire, &amp; abbassare la superbia de’ Grandi, per
<lb/>il che furono esiliati molti nobili, fra’ quali Baldinaccio di Boccaccio
<lb/>Adimari Cauicciuli, come narra Cristof. Land. nella vita del detto
<lb/>Poeta, &amp; altri.
<lb/>Tentò Dante più volte di ritornare in Patria, ma sempre in vano,
<lb/>ostandoli molti, e fra li altri, come è fama, Bocc. Padre dell’esiliato Baldinaccio,
<lb/>come è detto addietro nell’attestaz. del sonetto 8. a car. 33.
<lb/>e del son. 17. a car. 51. e racconta Gio. Vill. l. 9. c. 135. e 1. 12. c. 43.
<lb/>Quando poi la Città di Bologna corse pericolo per trattato del
<lb/>Bauaro, d’esser tolta al Legato Eccl. Fior. vi mandarono soccorso, &amp;
<lb/>allora su spedito Ambasciadore M. Pepo Gio. Vill. c. 149. de lib. 10.
<lb/>Il medes. fu impiegato in occasione della Pace fra’Pistol. &amp; i Fiorentini, 
<lb/>fatta l’anno 1329. Gio. Vill. lib. 10. c. 132. E nelle cose di M.
<lb/>Marco Visconti, di cui fa menzione il medesimo Vill. lib. 10. c. 136.
<lb/>Il I. terzetto Allude ad Alamanno Cauicciuli, attestato per valoroso 
<lb/>Cau. dal suo sepolcro, posto in faccia del I. Chiostro di S. Croce 
<lb/>vicino alla porta del fianco in vn’arca di marmo sostenuta da 4.
<lb/>figure con questo Epitaffio . 
<lb/>Hic iacet egregius miles. D. Alamannus de Cauicc. qui obijt anno 1337
<lb/>Il 2. terzetto allude a Iacopo di Gio: Adimari , huomo di tanta
<lb/>poca fortuna, che l’essere stato fratello cugino di Gio: Francesco Aldobrandini 
<lb/>Generale di S. Chiesa, e perciò parente di Clemente VlII. 
<lb/>non li fu d’alcun profitto. Fa menzione di lui Gioseffe Castalione, in 
<lb/>vna sua Orazione da lui recitata ne’funerali dal medesimo Gio: Francesco,
<lb/>stampata in Roma l’anno 1602. con queste parole.
<lb/>Huc accedit affinitatius splendor Margaritam enim Georgij Aldobrandini
<lb/>sororem Ioannes Adimarius Iacobi huius pater uxorem
<lb/>duxerat, &amp;c.
<pb n= "74"/>
<lb/>SONETTO XXIX. 
<lb/>Per Talano di Boccaccio Adimari Commessario
<lb/>dell’Esercito nel 1341. e de’ 14. 
<lb/>a riformar lo stato nel 1343. 
<lb/>IN due tomi, e non più, si legge espresso
<lb/>Della legge di Dio tutta la salma,
<lb/>In amare il Signor con tutta l’alma,
<lb/>E’l suo prossimo ancor come se stesso.
<lb/>Glorioso Campion, conosco adesso , 
<lb/>Ch’hauesti d’ambedue corona e palma,
<lb/>Ritornasti, o TALAN, tua Patria in calma,
<lb/>Et all’onor di Dio seruisti appresso .
<lb/>Ciò fu, quando a compor l’antico stato
<lb/>Fra i Quattordici elettto, oprasti tanto ,
<lb/>Ch’il seruizio di Dio crebbe onorato .
<lb/>E quando, amando i tuoi pure altrettanto
<lb/>Capo del nostro Esercito chiamato ,
<lb/>A te l’Onor crescesti, a Flora il Vanto :
<pb n= "75"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto .
<lb/>DElla stima , e potenza di Talano di M. Boccaccio Cauicciuli
<lb/>degli Adimari, e quale ei fosse in sua vita, si può far cogniettura 
<lb/>da quello, che ne scriue Gio. Villani lib. 8. cap. 73. oue racconta,
<lb/>che l’anno 1304. essendo egli carcerato , e tornando la Podestà da
<lb/>Casa i Priori, i suoi Consorti, e parenti assalirono la Corte , &amp; assai
<lb/>ne ferirono, &amp; ammazzarono , &amp; fugato la Podestà , che si chiamaua 
<lb/>M. Giulio Pazzaglia da Parma, entrarono in Palazzo , e rotta la
<lb/>Carcere liberarono il Prigione , ne sene fece dimostrazione alcuna.
<lb/>E quando l’Imperatore Arrigo, l’anno 1328. partito dall’assedio di
<lb/>Firenze se ne tornò a Pisa , e fabbricò molti processi contro a’ Fiorentini, 
<lb/>fra i Grandi Cittadini, che egli condannò, fu quello Talano,
<lb/>e Pepo suo fratello, per hauer dalla Città 100. marche d’oro. Giovanni 
<lb/>Villani lib. 9. cap. 48.
<lb/>Nel 1341. i Fiorentini, compiuto il mercato della Città di Lucca 
<lb/>con M. Mastino, ne presero la protezione , essendo assediata , facendo 
<lb/>muouere l’oste ch’era in Valdarno , e col Capitano aggiunsero 
<lb/>due Cittadini per sesto , per Commessari della Guerra , e andarono 
<lb/>in arme con compagnia nobilmente a’ gaggi del Comune,
<lb/>&amp; allora , per sesto di Por San Pietro, vi su Talano Adimari. Gio. Villani 
<lb/>lib. 11. cap. 132.
<lb/>Dopo la Cacciata del Duca d Atene, congregato il Popolo Fiorentino
<lb/>in Santa Reparata, furono eletti 14. huomini con piena Balìa di
<lb/>riformare la Terra fare vsici leggi, e statuti sette Grandi , e sette
<lb/>Popolani, e fra’ Grandi per Porta S. Piero, fu Talano Adimari. Gio.
<lb/>Villani lib. 12. cap. 16. a carte 822.
<pb n= "76"/>
<lb/>SONETTO XXX.
<lb/>Per Antonio di Baldinaccio, Capo contro al
<lb/>Duca d’Atene, &amp; Ambasciador a diuersi
<lb/>Principi dal 1343. al 1355.
<lb/>MAgnanima virtù tra i più lodati
<lb/>Di quanti fosser mai ricchi d’onore,
<lb/>Fu d’Aristogiton l’alto valore,
<lb/>Che discacciò d’Atene i Pisistrati,
<lb/>Pari (ANTONIO) ancor tu di quei passati,
<lb/>Della Patria, e de’ tuoi luce, e splendore,
<lb/>Fatto pria Caualier, poscia Oratore, 
<lb/>Sembrasti un Bruto a Fiorentini amati:
<lb/>Discacciasti Gualtieri empio tiranno ,
<lb/>Col Mediceo valor, col tuo periglio,
<lb/>Tanto intrepido al ben , quanto al tuo danno,
<lb/>Onde al fin poi, con la Corona, e’l Giglio 
<lb/>Diuenne a prò di noi (spento ogni affanno)
<lb/>Padre alla Patria sua, chi ne fu Figlio .
<pb n= "77"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto .
<lb/>COrreua l’anno 1343. quando Gualtieri Conte di Brenna cognominato Duca di Atene,
<lb/>eletto inconsideratamente da’Fiorentini per loro Signore a vita, tiranneggiaua
<lb/>la Città si aspramente, che in meno di 10. mesi molte congiure, per deporlo , se li scoprirono
<lb/>contro; Della prima fu capo il Vescouo Acciaioli co’Bardi , Rossi Frescobaldi,
<lb/>Scali, Altouiti, e Magalotti, Della seconda Donati Pazzi, alcuni degli Alberti , Niccolò 
<lb/>di M. Alamamno, e Tile Benzi de’ Cauicciuli; Della terza, che fu la più potente , fu
<lb/>capo Antonio di Baldinaccio degli Adimari, co’Medici , Bordoni , Rucellai , e Aldobrandini.
<lb/>Questa congiura fú scoperta al Duca, e manifestato , che il principale era Antonio
<lb/>di Baldinaccio : il Duca lo fece richiedere , &amp; egli richiesto , per sicurtà di sua persona
<lb/>comparì . Il Duca, per la grandezza de’congiurati , non ardì di fame alcuna resoluzione,
<lb/>con l’indugio in lui crebbe il timore, e negli auuersari l’ardere , si sollieuano gli
<lb/>aderenti degl’Ademari capi de’cinque Sesti, affaliscono il Palazzo del Podestà, fanno scappare
<lb/>i prigioni, Il Duca per lo meglio, risolue di far Caualiere in pubblica ringhiera Antonio,
<lb/> che molto lo recusaua, e diedegli liberta: non dimeno crescendo il furore , fù constretto
<lb/>a deporre il Dominio , e partisi della Città, e di Toscana il dì di Santa Anna. Gio:
<lb/>Villani lib. 12. ca.15. 16. 20. 21. e 22.
<lb/>Et al Capitolo 8. del detto libro dice , che il detto Antonio , ben che fosse de’grandi,
<lb/>haueua in odio i termini scortesi d’alcuni verso il Popolo scontento , di hauerli ammessi
<lb/>agli offizi , per il che alcuni Priori de’Grandi , furono forzati a renunziare l’offizio .
<lb/>Et al Capitolo 22. del medesimo libro dice , che il medesimo Antonio , insieme co fratelli, 
<lb/>e Nipoti, er grazia e gratitudine fu fatto di popolo l’anno 1345. 
<lb/>Il medesimo fu impiegato in diuerse Ambascierie , cioè 
<lb/>L'anno 1344. alli Aretini. Gio. Villani lib. 12. cap. 31. 32.
<lb/>L’anno 1346. sendo la Città interdetta per vna differenza tra l’Inquisitore &amp; i Priori ,
<lb/>per conto d’vna Cattura in causa Ciuile, fu mandato Ambasciatore a Papa Clemente
<lb/>VI. &amp; a Senesi . 
<lb/>L'anno 1347. a Lodouico Rè d’Vngheria.
<lb/>L’anno 1355. a Carlo IV. Imperatore. 
<lb/>Veggasi Gio: Villani lib. 12. cap. 57. e cap. 107. &amp; alle Riformagioni . E considerisi, che
<lb/>lo scacciare vn forestiero tiranno , ci hà dato luogo, oh singular benignità di Dio, di
<lb/>hauere vn Principe benignissimo, e nato del più chiaro sangue, ch’abbino l’istesse viscere
<lb/>della istessa sua Patria, e che per memoria di sì grata impresa, fù ordinato corrersi vn
<lb/>Palio di scarlatto il dì 26. di Luglio .
<lb/>Onde si può ben paragonare ad Aristogitone, che in compagnia di Armodio discacciò
<lb/>d’Atene Ippia &amp; Hipparco Tiranni della stirpe de’ Pisistrati, secondo Pacis. in Att
<lb/>lib. I. et in com. lib. 2.
<pb n= "78"/>
<lb/>SONETTO XXXI.
<lb/>Per Francesco di Lapo del Tritta Ambas. e
<lb/>de SS. il Primo pergrande, e per Ant.
<lb/>di Guido del Tritta Amb. a Clem.
<lb/>VI. nel 1346.
<lb/>NOn è, chi molto vidde, e molto visse,
<lb/>Inesperto già mai d’opre, o pensiero,
<lb/>E però finse in quei suoi versi Omero,
<lb/>Nestore Antico, e Pellegrino Vlisse.
<lb/>L’istesso a te FRANCESCO, il Ciel permisse,
<lb/>Ch’un secol quasi hauesti in terra intero,
<lb/>Mentre, Nunzio, il calcar piu d’vn sentiero
<lb/>Al tuo senno, al tuo piè Flora commisse,
<lb/>Quindi uari apprendesti, e moti, e modi, 
<lb/>Col tuo cugino ANTONIO, ito al superno
<lb/>Pastore, a stringer fedi, a fugar frodi.
<lb/>Dopo l’Empio Gualiter primo il gouerno
<lb/>Per Grande hauesti, Io stringo hor le tue lodi,
<lb/>Che fosti della Patria, e Padre, e Perno:
<pb n= "79"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto. 
<lb/>NEll’anno 1341. nel quale i Fiorentini mal consigliati trattauano di comprar Lucca
<lb/>da M. Mastino de la Scala, e che i Pisani posero l’assedio intorno a quell a Città, furono 
<lb/>spediti diuersi Ambasciatori per adunar forze da’Collegati &amp; amici; allora M. Francesco 
<lb/>di lapo del Tritta Adimari fu mandato al Re Ruberto di Napoli, il quale, perche
<lb/>al tutto biasimaua quella Impresa, con insolita rigidezza, non volle dar loro aiuto alcuno , 
<lb/>onde ne resultò gran danno, contuttociò i Fiorentini fecero vna grande , e nobile
<lb/>oste, per leuare i Pisani da quello assedio. Gia. Villani lib. 11. cap. 137. e 138.
<lb/>Nel 1343. dopo la cacciata del Duca d’Atene, parendo a’ Grandi cosa ragioneuole di
<lb/>ritornare a godere gli offizi , sendo stati cagione di ridurre il comune in libertà , fu fatto
<lb/>vno squittino, per il quale furono ammessi al Gouerno . E per il primo Priore de’grandi
<lb/>fu allora eletto il detto Francesco di Iapo . 
<lb/>Era la nostra Casa , stata senza godere del Priorato anni 51. cioè dall’anno 1592. che
<lb/>fu Bernardo di M. Manfredi fino al 1343. che fu il sudetto Francesco , &amp; altri anni
<lb/>53. stette doppo , cioè da questo Priore , fino all’anno 1396. che fù M Filippo di Alamanno 
<lb/>Alamanneschi; talche la Casa nostra in 113. anni , come troppo grande , e potente, 
<lb/>non hebbe se non vn Prior solo: Tanto erano le famiglie de’magnati, da’popolani
<lb/>ingelositi, tenute lontane dal gouerno. 
<lb/>La sepoltura di questo M. Francesco è in Santa Croce, nella nauata da manmanca fra
<lb/>l’organo e la Cappella de’ Biffoli con queste parole .
<lb/>Hic iacet Corpus D. Francisci lapi de Adimaribus obijt anno 1351. Die 11. Februarij cuius
<lb/>anima requiescat in pace . 
<lb/>Nel medesimo sepolcro l’anno 1632. fu posto Girolamo di Donato Adimari, che morì
<lb/>in Firenze venuto di Roma , oue al tempo di Clemente VIII., come nato per Madre
<lb/>Aldobrandina, fù Capitano d’infanteria, vissuto gran tempo appresso al Card. Ipolito
<lb/>Aldobrandino .
<lb/>Antonio di Guido del Trista cugino del sudetto Francesco, fù l'anno 1346. Ambasciatore 
<lb/>in Avignone a Papa Clemente VI. o per rallegrarsi della Coronazione di Carlo Re
<lb/>di Boemia , o per ottener vettouaglia per la gran Carestia di quei tempi. 
<lb/>Gia. Villani lib. 12. cap. 59. 72. e 77.
<pb n= "80"/>
<lb/>SONETTO XXXII.
<lb/>Per Ottauiano di Baldinaccio Cau: insigne
<lb/>fratello d’Antonio, sepolto in Santa
<lb/>Reparata, oue è oggi S. Maria del
<lb/>Fiore l’anno 1352.
<lb/>OTTAVIANO, ancor tu forse in obblio
<lb/>Sarestiomai tra le memorie spente ,
<lb/>S’il tuo Sepolcro in queste età cadente,
<lb/>Di sotterra alterar non vedeu’io .
<lb/>Oue a MARIA DEL FIOR, ch’allegò Dio,
<lb/>Pauimento si fea di Marmo algente ,
<lb/>Celata l’Vrna tua rupper giacente,
<lb/>Generoso Guerrier del sangue mio:
<lb/>O quanto piansi allor l’iniqua sorte,
<lb/>Che del Tempo al ferir non sia sicuro
<lb/>L’huom dal sasso couerto, e della morte!
<lb/>Di nuouo hor giaci ignudo, ignoto, oscuro
<lb/>Nella arena inornato infra due porte,
<lb/>O nuouo, senz’ Enea, mio Palinuro.
<pb n= "81"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto.
<lb/>FAcendosi l’anno 1622. in Santa Maria del Fiore il pauimento
<lb/>di marmo, dalla nauata verso il Campanile, fra la porta piccola,
<lb/>e la porta del fianco, quasi a riscontro della statua di Giotto , fu
<lb/>trouata, nello scauar sotterra , vna lapida di marmo coperta dal
<lb/>vecchio pauimento, lunga braccia tre e mezzo, e larga braccia dua
<lb/>e dua terzi: intorno alla quale erano intagliate le seguenti parole .
<lb/>Hic iacet strenuæ nobilitatis vir. Actauianus Domini Baldinacci
<lb/>de Adimaribus , qui obijt anno Domini 1352. de Mense Februarij
<lb/>&amp; hoc sepulcrum est Fratruum &amp; suorum descendentium, 
<lb/>cuius anima requiescat in pace.
<lb/>Mi trouauo in quel tempo Consolo di Mare per la seconda volta
<lb/>a Pisa, onde Guido di Marcantonio Adimari (fratello dell’onoratissima,
<lb/>e prudentiss. Signora Maddalena viuente, vedoua del già
<lb/>Cau. Pierantonio de Nobili) che poco prima era stato fatto Senatore , 
<lb/>Fiorentino comparse auanti al Magistrato dell’Opera, e fece
<lb/>instanza, che questa memoria si mantenesse . Perciò quei SS. fecero 
<lb/>vn partito, notato a’ libri di detto Offizio a carte 100. sotto di
<lb/>19. di Febraio 1622. per il quale ci diedero facultà di poter riporre
<lb/>questa notizia in altro marmo piccolo nella parte di detta Chiesa ,
<lb/>al dirimpetto doue la lapida s’era trouata , stante l’esser ad ogn’vn
<lb/>proibito , il poter far sepolture nel pauimento del duomo . Ma fin
<lb/>qui, non sendosene fatta altra instanza, non è seguito altro. Ma ben
<lb/>questo huomo è degno d’onorata ricordanza , almeno perche fù
<lb/>fratello di quell’Antonio , che scacciò di Firenze il Duca d'Atene,
<lb/>e per i titoli, che 300. anni adietro si dauano alla nostra famiglia.
<pb n= "82"/>
<lb/>SONETTO XXXIII. 
<lb/>Per il Padre Francesco Adimari dell’ordine 
<lb/>di S. Domenico, Huomo d’insigne
<lb/>bontà, fiorì nel 1360.
<lb/>QVal di Balsamo eccelso, o d’aureo fiore,
<lb/>Ch’in bel giardin trapianti industre mano,
<lb/>Sembrò,  FRANCESCO, il grazioso
<lb/>odore,
<lb/>Che la tua Santita spirò lontano :
<lb/>Questo fu, perche posto in suol migliore,
<lb/>Di DOMENICO fosti Alber sourano ,
<lb/>Di DOMENICO il Grande, ond’è maggiore
<lb/>Ch’esser oggi Monarca , esser Gusmano.
<lb/>Ma se lasciasti e gli Adimari, e Flora,
<lb/>Per fruttar meglio in altra terra, almeno,
<lb/>Al tuo Ceppo natia pensa talora :
<lb/>Non disprezza il suo Prun Rosa in bel seno,
<lb/>DIO stesso, oue ei già nacque, ama oggi ancora
<lb/>L’humil Capanna, il uil Presepio, e’l Fieno .
<pb n= "83"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto.
<lb/>LE memorie di questo buon seruo di Dio si sono Cauate. 
<lb/>Ex libro Fratruum mortuorum in Bibliotheca Sanctæ Mariæ
<lb/>Nouellæ ciuitatis Florentiæ asseruato. Pag. 40.
<lb/>Frater Franciscus de Adimaris, Filius olim Lippi, existens in sæculo
<lb/>tanta deuotionis &amp; santitatis morumque religionis præferebat insignia,
<lb/>vt non sæculo sed Deo iam totus deditus videretur. Hic tandem
<lb/>timens Mundi fallacias, ne posset a recto deuotionis tramite deuiare,
<lb/>ordinem est ingressus, in quò de virtute in virtute proficiscens, 
<lb/>nec a cœpta sanctitate deficiens, seu legisset logicalia, seu in sacerdotio
<lb/>fungeretur, &amp; verbum Dei feruide predicaret, ad extremum
<lb/>veniens vitæ suæ Te Deum deuote cantare explicit, securus iam 
<lb/>de cantico cælesti curiæ, ad quod de Saluatoris gratis, post paululum
<lb/>beato fine transiens, creditur peruenisse: maxime ut nollet transire ex
<lb/>hoc mundo ad Patrem, nisi prius nasceretur filius, qui eum deduceret
<lb/>secundum viam, post cuius natiuitatem eadem nocte, modico post
<lb/>transiuit, Anno Domini 1360. ab ingresso utero ordinis anno 6.
<lb/>La bontà di questo Padre viene ancora attestata dal Padre frà
<lb/>Gio: Carlo Fiorentino Domenicano, nel suo libro della vita del
<lb/>B. Alesso Strozzi, come al sonetto 39. a carte 95.
<pb n= "84"/>
<lb/>SONETTO XXXIV.
<lb/>Per Francesco Adimari Capitano di Bitonto,
<lb/>e Cameriero della Regina Giovanna
<lb/>Prima, e Gouernatore d’Abruzzo
<lb/>1361. e 1363.
<lb/>REstate in pace omai Secolispenti:
<lb/>Resta, o FRANCESCO, hor fortunato
<lb/>hor forte,
<lb/>Ch’io non iniudio te, ne i di redenti.
<lb/>Ma piango a tempo mio l’empia mia sorte,
<lb/>Tu prouasti viuendo alti contenti
<lb/>Della Real Giouanna accolto in Corte,
<lb/>Io fra le liti inuolto, e fra i lamenti,
<lb/>Prouo nel viuer mio sempre la morte.
<lb/>Comandasti in Bitonto, Abruzzo ancora
<lb/>Qual Vicerèti vide, hauesti il vanto
<lb/>Di seruir Cameriero alta Signora ;
<lb/>Ma, s’ogni riso al fin si volge in pianto,
<lb/>Dourebbe il pianto mio rider talora ,
<lb/>Conquesta speme io mi consolo e canta.
<pb n= "85"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto.
<lb/>LA Regina Giouanna Prima, fù figliuola primogenita di
<lb/>Carlo Duca di Calauria figliuolo di Ruberto Re di Puglia, 
<lb/>Moglie nel primo luogo d’Andrea di Carlo vmberto Rè
<lb/>d’Vngheria , e nel secondo di Luigi figliolo del Principe
<lb/>di Taranto: &amp; essendo dopo molte fortune diuenuta Erede
<lb/>del Regno di Napoli, hebbe fra gli altri suoi familiari
<lb/>Giouanni Boccaccio, come è notissimo, e Francesco Adimari , 
<lb/>gratissimo, e fedelissimo Cameriere, e Gouernator
<lb/>di Prouincia , mentre al tempo del Rè Luigi guidaua
<lb/>ogni cosa il gran Siniscalcho Nic. Acciaiuoli; Veggasi, Gio.
<lb/>Vill. lib. 12. cap. 50. 51. e 114. Matt. Vill. lib. I. cap. 9. 18.
<lb/>19. Et lib. 3. cap. 8. Et notinsi le seguenti scritture. 
<lb/>Ex Archivio siclæ Regni Neapolis, ex Area Sig. Lit. A.
<lb/>Franciscus de Adimaris de Florentia Capitaneus Bitonti
<lb/>1363. fasciculo 34. 
<lb/>Idem Familiaris &amp; Ciambellanus Reginæ Ionnæ Primæ
<lb/>1363. fas. 54. Et 1364. fas. 54.
<lb/>Ciambellanus idem est quod vulgo dicitur, Cameriero.
<lb/>Ex Arca Sig. Lit.
<lb/>Franciscus de Adimaris de Florentia Iustitarius Apruntij 
<lb/>citra, sub Regina Iounna prima fasc. 12 &amp; 27.
<lb/>Ex scrip: eiusdem Archiuij positis in fasciculis ex fasciculo 7.
<lb/>Franciscus de Adimari de Florentia Capitaneus Bitonti
<lb/>1361. fol. 78.
<pb n= "86"/>
<lb/>SONETTO XXXV.
<lb/>Per Bernardo di Duccio Adimari, che
<lb/>Comprò il Castello di Strozzagolpe
<lb/>l’anno 1381.
<lb/>PEr tè, BERNARDO, vn tempo, e fu
<lb/> pur vero
<lb/>Godemmo in terra, vn fortunato Ostello,
<lb/>Che fu ricco di frutti, e fu guerriero,
<lb/>Ben munito di Campi e di Castello.
<lb/>Ma che prò, se de’posteri il pensiero
<lb/>Non seppe custodir questi ne quello? 
<lb/>Certo, ch’il mantener Dominio, e Impero,
<lb/>Del saperlo acquistar sempre è piu bello. 
<lb/>Ma, se qual nebbia al sol sen fuggi via,
<lb/>Non è, che Strozza golpe in quei confini, 
<lb/>Di tua potenza indizio oggi non sia.
<lb/>Ditel voi’, ch’il godete, o Rinuccini,
<lb/>Dichinlo, i Templi eretti iuta MARIA,
<lb/>Che non posson mentir segni diuini.
<pb n= "87"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto.
<lb/>BErnardo di Duccio Adimari nel 1381., comprò il Castello di
<lb/>Strozzagolpe, vicino a PoggiBonzi, la metà come beni confiscati ,
<lb/>che furono di M. Luca di Totto da Panzano, del popolo di San
<lb/>Niccolò, i Carta per ser Niccolò di ser Tegna Bonsi da Castel Fiorentino. 
<lb/>E nel detto anno Gio: ant’, e Matteo fratelli, e figliuoli di
<lb/>detto M. Luca, fecero fine, e quietanza a detto M. Bernardo di Duccio , 
<lb/>e per lui a Duccio di M. Donato Adimari, della vendita che
<lb/>fecero , Bernardo di Matteo Velluti, e’ Compagni, offiziali de’beni
<lb/>de’ribelli , della metà di detto Castello di Strozzagolpe, da loro
<lb/>venduto a detto Bernardo di Duccio Adimari , E l’altra metà era
<lb/>d’Orlando de’ Maleuolti da Siena, e delli instrumenti fu rogato Ser
<lb/>Lapo di Gio. da Artimino, così in vn ricordo che hò in casa.
<lb/>Intorno a questo Castello , &amp; in PoggiBonzi, gli Adimari haueuan 
<lb/>gran quantità di Poderi , e di Case , passati la maggior parte
<lb/>con detta Posesione in Casa i Rinuccini, oue fù maritata vna figliola
<lb/>la di Gio: Batista Adimari vnica Erede , e da’ medesimi Adimari furono 
<lb/>edificate, e dotare più Chiese in quei contorni, &amp; in particulare 
<lb/>la Madonna fuori di PoggiBonzi, detta del Romituzzo, le ragioni 
<lb/>delle quali cose sono oggi appresso al Sig. Arrigo del Sig. Gio:
<lb/>Paolo Rinuccini. 
<pb n= "88"/>
<lb/>SONETTO XXXVI.
<lb/>Per Filippo di M. Alamanno, Padre del
<lb/>Cardnale Alamanno, &amp; Ambasciatore,
<lb/>viueua nel 1387.
<lb/>FILIPPO in colmo ad aggrandir l’onore
<lb/>Della Prosapia tua ben deui andare,
<lb/>Perche, Nunzio felice, &amp; Oratore,
<lb/>L’Arbiati vide, e fin dell Adria il Mare.
<lb/>Raccogliesti a Milan di Pace il fiore,
<lb/>E Padoua, e Bologna vdirti orare,
<lb/>Evidero i Pisani il tuo valore, 
<lb/>Qui seder fra le mense, e consultare:
<lb/>Ne forse minor vanto è, che sposasti
<lb/>Del sangue Forteguerri eccelsa Dama,
<lb/>Onde agli Ostri di poi Figli creasti.
<lb/>Ma, s’il Sol solamente i suoi raggi ama,
<lb/>Ache uen’aggiungo altri? ah tanta basti,
<lb/>Da se senza altro suon cresce la Fama,
<pb n= "89"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto. 
<lb/>GIouanni di Pagolo Morelli, in alcune sue memorie, trattando
<lb/>di questo Filippo, dice.
<lb/>M Filippo era stato sempre buono, e leale Cittadino.
<lb/>Da alcuni ricordi di M. Rinaldo degli Albizzi , ch’erano appresso
<lb/>al diligente professor di Storie Giouanni del Garbo , e da alcuni
<lb/>scritti di M. Giuliano de’Ricci, ho cauato la seguente notizia.
<lb/>Fù M, Filippo di M. Alammno di Boccaccio Adimari ne’suoi tempi
<lb/>Gentil’huomo di non piccola stima, poiche come si legge fù
<lb/>impiegato l'anno per imbasciatore a Sienain in Compagnia di M.
<lb/>Rinaldo Gianfigliazzi, e di Leonardo Frescobaldi - fù ancora Ambasciatore
<lb/>in più luoghi per la nostra Città, Hebbe per moglie una de
<lb/>Forteguerri.
<lb/>Da vn Memoriale o Diario di Sasseti a. 144. si caua, 
<lb/>M. Filippo di M. Alemanno Cauicciuli Adimari desinò con la Signoria 
<lb/>in Compagnia di tre Ambasciatori Pisani a di 14. di Luglio
<lb/>1398:
<lb/>Hebbe sei figlioli masti. Vliuieri , Bindo, Cantino, Alamanno,
<lb/>Saluestro, de’quali Alamanno fù Cardinale l’anno 1411. come si
<lb/>dirà auanti a. 98. 
<pb n= "90"/>
<lb/>SONETTO XXXVII.
<lb/>Per Vieri di M. Pepo Adimari Ambasciator
<lb/>a diuersi l’anno 1393. e per Simone
<lb/>suo fratello , anch’egli Ambasc.
<lb/>nell’istesso anno.
<lb/>GRande è rotar sul primo albor degli anni
<lb/>Nelle scuole di Marte armi, e cimieri,
<lb/>E mescendo al sudor nobili affanni, 
<lb/>Hor vibrar Aste, hor maneggiar Destrieri,
<lb/>Ma non mentesse al tempo illustri inganni 
<lb/>Colui, che dell’Orar calca i sentieri,
<lb/>Che l’vno, e l’altro studio alzai suoi uanni,
<lb/>Vn ci conquista, vn ci mantien gl’Imperi,
<lb/>Hor, s’i figli di Leda hebber corone
<lb/>Col Pugnio, e col Destrier, voi degni in terra,
<lb/>Ne foste col parlar, VIERI, e SIMONE.
<lb/>Anzi, senza già mai sparir sotterra
<lb/>Nel Mar degli Adimar fosti a ragione
<lb/>I Didimi d’Italia, e d’Inghilterra.
<pb n= "91"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto.
<lb/>GRandi , &amp; Vniuersali disturbi furono per il mondo dall’anno
<lb/>1380. al 1397. si per il calamitoso scisma, che durò poi gran
<lb/>tempo , di Papa Vrbano VII. Benedetto XIII. in Francia gia
<lb/>detto Pietro di Luna, e di Bonifazio IX. in Roma , e d’altri, come
<lb/>per la debole virtù di Vincislao Imperatore, e per la cupidigia
<lb/>di Gio: Galeazzo Visconte, che affettò il titolo di Duca di Milano, e
<lb/>l’ottenne. onde in Italia in particolare furono molte discordie, e
<lb/>guerre. Però fù necessario ancora alla nostra Città mandar fuori
<lb/>diuersi Ambasciatori à diuersi Principi, fra quali fu M. Vieri di M.
<lb/>Pepo Adimari Cauicciuli , che l’anno 1393. fù mandato Ambasciatore 
<lb/>à Bolognesi , &amp; al Rè d’Inghilterra , e nel medesimo anno
<lb/>M. Simone suo fratello fù spedito Ambasciatore al Conte di
<lb/>Sticciano; In tanta stima erano cresciuti questi due fratelli presso
<lb/>al popolo Fiorentino, non ostante che pochi anni auanti leuatasi a
<lb/>romore nel 1378 la plebe, fosse stato dichiarato M. Vieri de sopra 
<lb/>grandi , &amp; confinato a Faenza. Veggasi il nostro discorso sopra la
<lb/>nostra famiglia, appresso di noi manoscritto , e le memorie lasciate
<lb/>da M. Guidantonio Adimari Canonico Fiorentino, &amp; i Registri
<lb/>delle Riformagioni, a quali &amp;c.
<pb n= "92"/>
<lb/>SONETTO XXXVIII.
<lb/>Per fra Filippo di Filigno, Cau. Ierosolimitano
<lb/>nel 1321. e frà Ber. d’Andrea, Cau.
<lb/>dell’Istessa relig. nel 1398. 
<lb/>BIanchi Guerrier, che nel mortale agone
<lb/>Armati il Cor d’una infrangibil fede
<lb/>Col segno, che salute al mondo diede
<lb/>Portaste di Virtù Palme, e Corone,
<lb/>Se, perch’ei vinse Anteo, fugò Tifone,
<lb/>Finser, ch’Alcide in Ciel mouesse il piede,
<lb/>Ben, lungi alla menzogna, oggi si crede,
<lb/>Che voi salisse all’immortal Magione.
<lb/>Quanti cadder per voi Busiri, e Nessi ?
<lb/>Quanti sorser Tesei dal cieco inferno,
<lb/>Dalle catene, e dall’ingiurie oppressi?
<lb/>Spieghin questo bel vero al ciel superno,
<lb/>Ospiti Caualier , gli Ospiti stessi,
<lb/>E ui basti sol questo al nome eterno.
<pb n= "93"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto.
<lb/>PIcchino di Simone di M. Pepo Cauicciùli Adimari, per vn trattato
<lb/>praticato in Bologna di far nouità in Firenze, fù l’anno
<lb/>1398. condannato con molti altri Gentilhuomini: Alcuni hebbero
<lb/>bando della testa, Alcuni furono mandatia confini . come si legge
<lb/>nell’istorie di Lionardo d'Arezzo lib. Pag.
<lb/>Frà i confinati fù Bernardo di Andrea di Pacchio Adimari , Giouane
<lb/>valoroso , e di cuore; finito il confino , per allontanarsi da’
<lb/>tumulti della Patria, applicò l’animo alla Religione de’ Caualieri
<lb/>dello spedale di San Giouanni, allora dimoranti in Rodi.
<lb/>Il simile fece l’anno 1321. Filippo di Filigno, oue nell’occorrenze
<lb/>militari , a guisa di nuoui Tesei, liberando schiaui , solleuando
<lb/>oppressi, accarezzando Pellegrini, secondo il solito di quella Illustrssima
<lb/>Religione , si portarono come conuiene a chi veste quel
<lb/>nobilissimo segno d’onore . E se ne’Catalogi di quei tempi, mi
<lb/>riuscirà trouare di loro altra cosa particolare, si noterà quì abbasso
<lb/>Intanto non tralascerò di dire, che in Rossano Città del Regno rimasero 
<lb/>di quegli Adimari, che nella cacciata de’Guelfi, si ricouerarono 
<lb/>in Napoli . oue pochi anni sono viueua vn N. Adimari
<lb/>Cau. di Malta con due altri fratelli Padroni della Chiesa parrocchiale
<lb/>di detto luogo, dedicata a Santo Andrea .
<pb n= "94"/>
<lb/>SONETTO XXXIX.
<lb/>Per il P. fra Angelo Adimari dell’ Ordine
<lb/>de’ Predicatori, Persona di gran Reuerenza 
<lb/>fiorì nel 1400. 
<lb/>VAntisi pur chi vuol di sangue antico,
<lb/>D’ora immenso, alte forze, Aui onorati,
<lb/>Ch’io terrrò frà più chiari, e più beati
<lb/>Quei, ch’anno il Mondo a vile, e’l
<lb/>Cielo amico .
<lb/>O, quanto illustre , e glorioso io dico
<lb/>Te della stirpe mia frà maggior nati?
<lb/>Perch’amasti, lontan dagli agi amati,
<lb/>Tra pouera famiglia esser mendico.
<lb/>Stimasti il pregio human come una veste ,
<lb/>Che se non vi s’aggiunge , il Tempo solo
<lb/>Fà, che più corta, e men durabil reste.
<lb/>Sapesti, che chi cerca onor dal Polo,
<lb/>Come tu, di mortal si fà celeste ,
<lb/>ANGELO a gli atti, all’opre, al nome, al volo .
<pb n= "95"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto .
<lb/>LO Scrittore, che ha registrato molti Padri, che son morti nel
<lb/>conuento di Santa Maria Nouella di Firenze , tocca la memoria 
<lb/>di Frate Angelo Adimari , con queste breui, ma sustanziose parole : 
<lb/>come in vn libro coperto d’asse , e cuoio, a carte 68. che si
<lb/>conserua in quella libreria, cioè.
<lb/>Frater Angelus de Adimaris Magister Teologia, vir Magnæ Reverentiæ:
<lb/>obijt 1400.
<lb/>Ma frà Gio: Carlo Fiorentino dell’ordine de’ Predicatori In vita
<lb/>Fratris Alexi Strozze 226. mentre commemora le sante conuersazioni 
<lb/>di quello spirito Beato, dice così.
<lb/>Erat illius conuersatio cum Francisco , &amp; Angelo de Adimari, viri
<lb/>profectò iustissimi , quorum corpora , ob santitatis oppinione, vna in
<lb/>sacello D. Hieronimi infra testudines ( ciò si crede oue è ora la Cappella 
<lb/>de’ Gaddi ) cum quandam Beatitudinis significatione iacent
<lb/>humata .
<lb/>Onde i Padri moderni , diligenti inuestigatori delle loro antichità , 
<lb/>scoperta la bontà della vita sua, e del sudetto frà Francesco , conseruano 
<lb/>il ritratto d’ambidue questi Frati, fra gli altri beati figliuoli
<lb/>di quel Conuento.
<pb n= "96"/>
<lb/>SONETTO XXXX.
<lb/>Per Alamanno di Gio: Adimari, interuenuto
<lb/>a pigliare la tenuta di Pisa
<lb/>l’anno 1406.
<lb/>IN qual parte d’acquisto, in qual fortuna
<lb/>Vn contento souranti fù concesso?
<lb/>Non l’hauesti, o Fiorenza, in cosa alcuna,
<lb/>Fuor che di Pisa in quel fatal posesso.
<lb/>Così Pelope, il forte, Alfea raduna
<lb/>Come sua dote ad Ippodamia appresso ;
<lb/>Stati, e Regni ottener sotto la Luna
<lb/>A quei, ch’il Cielo amò solo è permesso.
<lb/>E tu fosti, se ben fuggì come angue,
<lb/>ALAMANNO, ministro a tant’onore,
<lb/>Che la fama del ver già mai non langue .
<lb/>E così Pisa alla Città del Fiore 
<lb/>S’vnì, prima con l’oro, e poi col sangue,
<lb/>Ch’il prezzo è grande, ou’è maggior l’onore.
<pb n= "97"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto.
<lb/>LA Città di Pisa si ridusse alla totale obbedienza de’
<lb/>Fiorentini l’anno 1406. essendo Generale dell’Esercito
<lb/>Sforza da Cotignuola, e Commessario Gino di Ne.
<lb/>ri Capponi, Bartolomeo Corbinelli, e Bernardo Caualcanti,
<lb/>tutti e tre de’ Dieci di Guerra, che ne presero il possesso
<lb/>a di 9. d’Ottobre. V’interuenne con questi,
<lb/>Alamanno di Gio: Adimari, e v’hebbe notabil
<lb/>parte: come per alcune memorie esistenti
<lb/>appresso di me scrittore, lascia
<lb/>te dal diligentissimo indagatore
<lb/>delle nostre antichità
<lb/>M. Guid’Antonio
<lb/>Adimari.
<lb/>Can. Fior. nominato nel Sonetto 50. a. 116.
<pb n= "98"/>
<lb/>SONETTO XXXXI. 
<lb/>Per Alamanno di M. Filippo Adimari Arciuescouo
<lb/>di Taranto, poi di Pisa, e Cardinale
<lb/>nel 1411. Apostrofe al suo
<lb/>sepolcro in Roma. 
<lb/>SAcre ceneri Illustri, onde souente
<lb/>Sotto il vostro di Morte egro pallore,
<lb/>A noi tardi Nepoti accese il core 
<lb/>L’ascoso di virtù foco lucente.
<lb/>Se de gli Aui il Tesor gito repente
<lb/>Non fosse, oime, delle nostre arche fuore,
<lb/>Altri contro all’oblio fregi d’onore ,
<lb/>Hauria la Tomba vostra oggi cadente.
<lb/>Ma non vi dolghin nò queste ruine,
<lb/>Trofei del Tempo, oue han mill’altri ancora
<lb/>Memorande reliquie entro alle spine,
<lb/>Quel ch’in terra è negletto in Ciel s’onora,
<lb/>Il chiaro Sol delle bell’opre al fine
<lb/>Non troua Occaso, e mai non perde Aurora.
<pb n= "99"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto.
<lb/>LA Vita di Alamanno di M. Filippo Adimari, che l’anno 1411
<lb/>a di 6. di Giugno fù creato Cardinale del titolo di S. Eusebio
<lb/>da PP. Giouanni 22. ancorche 23. si chiamasse, è stata da noi raccolta
<lb/>da più memorie di Rinaldo degli Albizzi , come nel discorso
<lb/>sopra la nostra famiglia . Ne trattano ancora , Platina nella vita
<lb/>di Martino V. e d’Aless. VI. Ciacc. de Ponteficie Card. D. Valentino
<lb/>nel Catalogo de’ Card. Fior. Fra Leandro Alberti nell’Italia: Raffaello
<lb/>Volaterrano ne Comentari Vrbani, il S. Iacopo Gaddi nell’ode, lib. 2.
<lb/>Pag. 135. Eurota Misoscolo nelle note sopra detto libro, e molti altri.
<lb/>Però sendo il concetto del di contro Sonetto solamente il deplorare , 
<lb/>la presente infelice condizione di casa nostra, che non ci permette 
<lb/>il restaurare la cadente , e tramutata sepoltura d’vn tanto
<lb/>Prelato , per attestare ancora in queste carte il suo merito , basterà
<lb/>qui trascriuere l’Epitaffio, che intagliato in vn marmo si legge a
<lb/>piè della sua tomba in Santa Maria nuoua di Roma, oue oggi abitano 
<lb/>i Padri Oliuetani, all’entrare in Chiesa a mano manca, di questo 
<lb/>tenore. Corpus Alamanni Card. Pisani .
<lb/>Hic Florentiæex Adimariorum antiquæ nobilique familia ortus utriusque
<lb/>iuris Doctor , &amp; omni litterarum genere eruditus, Primum Protonotarium
<lb/>deinde Tarentinus Postea Pisannus Archipresul, ad Cardinalatus
<lb/>apicem prouectus est, dum pro Romana Ecclesia legationem
<lb/>fungeretur in Gallis, Doctorum virorum amator &amp; cultor vir ipse
<lb/>doctissimus, Zelator Iustitiæ &amp; Communis Reipublice boni, Qui pro
<lb/>Ecclesia apud Pisanum Constantiemque Concilium usque adopatam
<lb/>conclusionem nemine veritus labor avit intrepide. Obijt ex peste
<lb/>anno æatis sue LX. mensis Septembris xvij. Die MCCCCXXII.
<lb/>Lo dissero Card. Pisano, perche fù Arciues. di quella Città , onde:
<lb/>per onorata gratitudine portò nell’Arme la Croce bianca , e fin ad
<lb/>oggi n’è vna in vn Architraue dietro alla nostra Chiesa di S. Cristofano
<lb/>in Fir. ne tratta D.Vinc. Borghini, nel libro delle fam. a. 123.
<pb n= "100"/>
<lb/>SONETTO XXXXII. 
<lb/>Per Taddeo Adimari Eremita nel Monte
<lb/>Senario, Teologo, Istorico, e Poeta
<lb/>fiori nel 1440.
<lb/>GIA’ mi credea, TADDEO, beato il core
<lb/>Soura piume d’onor sott’auero tetto;
<lb/>E che la copia immensa, e lo splendore
<lb/>Beasse l’alma, e serenasse il petto.
<lb/>Ma poi ch’entrasti in questo amato Orrore, 
<lb/>Conosco esser nel Mondo ogni difetto,
<lb/>Quì si nasce al piacer, colà si more,
<lb/>Quello è tutto martir, questo è diletto.
<lb/>Quì Virtú con le Muse ogn’ora è bella, 
<lb/>Quì lieta Pouertà paga il desio,
<lb/>Quì, se tace la lingua, il Cor fauella.
<lb/>O solingo abitar, che dir poss’io?
<lb/>Tu guidasti TADDEO, qual Naue, e Stella,
<lb/>Dal Mar del Mondo, all’ Ocean di Dio, 
<pb n= "101"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto. 
<lb/>NELLA Libreria de PP. de’Serui, che copiosissma
<lb/>si conserua nel Conuento della Santissima Annunziata 
<lb/>di Firenze , è fatto ricordo del P. Taddeo Adimari,
<lb/>e da vn Padre di quella Religione me ne fù data la susseguente 
<lb/>memoria .
<lb/>Thadeus Adimarius seruita Sacræ Teologiæ Professor insignis, 
<lb/>Historiæ cultor, &amp; Poeta Venustus, reliquit plura ingenij
<lb/>sui monimenta, quarum nonnulle usque adhuc extant in Bibliotheca
<lb/>Cœnobij Sanctissimæ Annunciatæ, &amp; præsertim Historia
<lb/>de origine Religionis Seruitarum , nec non Carmina, &amp;
<lb/>Ode eleganttissime conscriptas, licet manu exaratas .
<lb/>Visse gran tempo nella solitudine del Monte Senario ,
<lb/>e lontano da ogni ambizione morì nel Signore l’anno
<lb/>1440.
<lb/>Io volentieri l’hò riposto in questo catalogo , si perche
<lb/>me ne par degno, come per la particular affezione , ch’io
<lb/>porto a’Padri de Serui , per l’antico merito loro , e per
<lb/>l’insigne virtù , di Mons. Dionisio Bussotti , già stato Generale
<lb/>di quella Religione, &amp; oggi Vescovo del Borgo
<lb/>San Sepolcro , mio singularissimo Patrone . 
<pb n= "102"/>
<lb/>SONETTO XXXXIII.
<lb/>Per Ruberto Adimari Vescono di Volterra
<lb/>nel 1434.
<lb/>E Tu pur anco, o d’aurea Mitra ornato,
<lb/>Di Volterra Pastore , hai tanto merto,
<lb/>Che fra questi Aui miei deui, o RVBERTO,
<lb/>Tra’ più chiari, e felici esser lodato .
<lb/>Ma, qual fior prima in quest’immenso prato.
<lb/>Di tanti pregi tuoi corrò più certo, 
<lb/>O la Castità chiusa, o il Zelo aperto,
<lb/>O il Senno , o’l Giusto, o’l tuo valore innato?
<lb/>Quel ch’è comune a molti, a me non piace ,
<lb/>Vò scerre in sì gran campo un fior più bello,
<lb/>Che quant’unico è più, fia più viuace.
<lb/>E dirò, che dotasti vn Sacro Ostello,
<lb/>Oue han Ricorso, Onor , Vita , Ora, e Pace
<lb/>L’Egro, il Pupillo, il Mesto, e’l Pouerello:
<pb n= "103"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto.
<lb/>NEL Catalogo de’Vescoui della Città di Volterra apparisce
<lb/>la seguente memoria .
<lb/>Reuerendissmus Dominus Robertus de Adimaribus nobilis Florentinus
<lb/>Dei, &amp; Apostoliæ sedis gratis Episcopus Volaterranus Sacri
<lb/>Imperij Princeps, &amp; Comes Palatinus Anno D. MCCCCXXXIII.
<lb/>sedit Annos Quinque.
<lb/>E l’anno 1621. , trouandomi io Alessandro Adimari , Comimessario 
<lb/>per il Serenissimo Gran Duca di Toscana in quella Città,
<lb/>lessi negli statuti dello Spedale di Santa Maria Maddalena
<lb/>di detto luogo , come questo Vescouo fece donazione
<lb/>di detta Chiesa, e Spedale da lui dotato a SS.
<lb/>Priori di quella Comunità , acciò ne tenghino 
<lb/>in perpetuo la debita cura . come
<lb/>per vno instrumento rogato
<lb/>per mano di Ser Accettante
<lb/>di Giusto a di 31.
<lb/>di Marzo
<lb/>1437.
<pb n= "104"/>
<lb/>SONETTO XXXXIV.
<lb/>Per Bernardo di Guglielmo Adimari , familiare , 
<lb/>e fauorito di Francesco Sforza
<lb/>Duca di Milano nel 1449.
<lb/>NON tu chiedi, o BERNARDO,
<lb/>oggi il mio canto, 
<lb/>Che la modestia tua non te’l concede,
<lb/>Ma poscia che t’amò l’Insubria tanto,
<lb/>La mia lira il domanda, e la tua Fede.
<lb/>Francesco Sforza alle sue mense accanto
<lb/>Ti fauorì di sì real mercede,
<lb/>Che dal Diploma suo ueggo il tuo vanto ,
<lb/>E quanto egli t’amò, quanto ti diede.
<lb/>Fù scala forse a questo, essere i TROTTI
<lb/>Ramo de’nostri rami iui già grandi,
<lb/>Dalla fortuna, e dal valor condotti .
<lb/>Ma che val, ch’io di ciò parli, e domandi ?
<lb/>Per le bocche ad ognor degli huomin dotti,
<lb/>Quei che bene operar, son memorandi. 
<pb n= "105"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto .
<lb/>FRancesco Sforza figliuolo di Sforza da Cotigniola , celebrato
<lb/>a’suoi giorni per huomo di singular valore, e di prospera fortuna,
<lb/>per tutti i gradi salito al supremo della Milizia, e peruenuto al
<lb/>Principato di Milano , amò sempre frà l’altre sue virtù gli huomini
<lb/>di valore : fra quali fù Bernardo di Guglielmo Adimari suo gradito
<lb/>familiare, come per vn suo priuilegio originale, esistente in
<lb/>mano di me scrittore in Carta pergamena , che comincia .
<lb/>Franciscus Sfortia Vicecomes.
<lb/>Marchio Cremonæ Placentiæ Nouaræ Parmæ Terdonæ &amp;c.
<lb/>Decet nos iuuat, &amp; magnopere delectat fauore ope obsequio officio
<lb/>&amp; gratia eos insequi, qui virtute fulgent &amp;c.
<lb/>Spectata indoles , &amp; probata fides, &amp; in agendo solertia, &amp; diligentia
<lb/>prudentis viri &amp; nobilis Bernardi Guglielmi Adimaris de Florentia &amp;c.
<lb/>Monerunt nos, ac ìnduxere pariter ut ipsum Bernardum , nobis dilectum
<lb/>carumque merito nostris aggregemus, &amp; ut gaudeat gratijs &amp;c.
<lb/>illis omnibus, quibus Familiares Domestici, Commensales &amp; Aulicì 
<lb/>alij omnes nostri gaudent &amp;c. Nostrum &amp; Domus nostræ Aulicum
<lb/>Familiarem, Domesticum, &amp; Commensalem delegimus, deputamus,
<lb/>&amp; ordinamus &amp;c. Et ideo &amp;c. Sine aliqua solutione Datij, Duanæ, Gabellæ, &amp;c.
<lb/>E finisce .
<lb/>Nostris uero mandamus ea omnia obseruari districtius, sub gratia &amp;
<lb/>indignatione nostra – Datum in felicibus Castris nostris apud ex legninum 
<lb/>tertio die Maij. M.CCCCXLV.
<lb/>La grazia ch’acquistò questo Ber: Adimari, deriuò dall’essere i Trotti, ramo degli Adimari , 
<lb/>di gia grande in Milano: come per memorie mandatemi da Mons. Franc. Trotti,
<lb/>che se l’hauesse viste D. Vinc. Borghini men liberamente harebbe tassato il Verini de
<lb/>Illust. urb. lib. 3. di quel che fa, in questo proposito, nel suo lib. dell’Armi Fiorentine. 
<pb n= "106"/>
<lb/>SONETTO XXXXV.
<lb/>Per M. Lodouico Adimari Canonico, et
<lb/>Arciprete, Vic. di Mons. Arciues. e fondatore
<lb/>del Canonicato nel 1494.
<lb/>CHI non può come Rodi, o come Nino
<lb/>Fondar Cittadi , e far Colossi al Sole,
<lb/>Poco non è s’almen s’ingegna, e vuole
<lb/>Aprire , a qualche oprar qualche
<lb/>cammino .
<lb/>Ma , chi cerca ampliar l’onor diuino ,
<lb/>Trapassa , o LODOVICO , ogni alta mole,
<lb/>Qual tu, ch’i fatti unisti, e le parole,
<lb/>Mentre seruisti à gran Prelato Orsino.
<lb/>Tu la sacrata Legge, e la Ciuile 
<lb/>Dotto intendesti, e del Pastore al pare
<lb/>Vegliasti in vece sua nel Sacro Ouile.
<lb/>Onde, per darci pregio , e Dio lodare , 
<lb/>Ergesti in Duomo , o fondator gentile ,
<lb/>Al Canonico nostro Esca , &amp; Altare. 
<pb n= "107"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto. 
<lb/>IL Canonicato con Prebenda nella Metropolitana Chiesa Fiorentina
<lb/>di Patronato della famiglia degli Adimari, fù eretto l’anno
<lb/>in vigore di lettere Apostoliche bollate sotto di 15. di Giugno,
<lb/>1494. in Arch. Archiepiscopali Flor. in filza Processuum beneficiorum
<lb/>sub n. 30. 1494. date in Roma appresso S. Pietro il secondo
<lb/>Anno del Pontificato d’Alessandro sesto , a richiesta, e supplicazio
<lb/>ne del Capitolo di Firenze , e di M. Lodouico di Giouanni Adimari,
<lb/>Rettore allora della Chiesa di San Cristofano di Firenze, &amp;
<lb/>a detto Canonicato furono vnite, la Chiesa di San Cristofano
<lb/>predetto , e la Chiesa di San Iacopo a Montacutolo della Diocesi
<lb/>Fiorentina, e ne fù subito prouuisto in vigore di dette lettere il
<lb/>medesimo M. Lodouico Arciprete, e Vicario Generale di Monsig.
<lb/>Rinaldo Orsini Arciuescouo di Firenze, come dimostrano molte
<lb/>sue sottoscrizioni in questa forma.
<lb/>Ego Ludovicus de Adimaris Canonicus, Reuerendissimi in Christo
<lb/>Patris &amp; Domini D. Rainerij de Vrsinis, Dei &amp; Apostolicæ sedis
<lb/>gratia Archiepiscopi Florentini Vicarius Generalis &amp;c. Et ideo in
<lb/>prædictorum, &amp; singulorum fidem, &amp; testimonium nos subscripsimus
<lb/>propia manu dicta die &amp;c.
<lb/>Qui non tralascerò di dar lode di pietà, e di religione a molti
<lb/>altri de’nostri antenati , che ci han lasciato il Iuspatronato di 24.
<lb/>titoli di benefizi Ecclesiastici:  Fondato , e dotato 3. Chiese parrochiali
<lb/>in Firenze, e molte altre Chiese, e Conuenti per il contado,
<lb/>come distintamente si narra nel nostro discorso della famiglia. 
<pb n= "108"/>
<lb/>SONETTO XXXXVI.
<lb/>Per M. Matteo Adimari Cau. Aureato familiare 
<lb/>di Leone X. viueua nel 1502.
<lb/> FVOR del Gange odorato i raggi d’oro
<lb/>Su Rote di Piropi il Sol rimena,
<lb/>Pur talor Nube eclissa, e disserena
<lb/>L’amata luce, e l’immortal tesoro. 
<lb/>Ma dentro a’suoi natali, il suo decoro
<lb/>Questo nobil MATTEO conobbe appena,
<lb/>Che su’l Carro degli Aui eterno mena
<lb/>Lampo, che non l’offusca Austro ne Coro.
<lb/>Non per obliqua via riuolse l’ore,
<lb/>Ma per l’Auge toccar, fù dritto ogn’ora 
<lb/>A sostener del gran Leon l’ardore, 
<lb/>Febo s’alluma il Dì, l’oscura ancora,
<lb/>Ma questi, col suo fermo alto splendore,
<lb/>Dentro a gli Esperi suoi trouò l’Aurora.
<pb n= "109"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto.
<lb/>CHE M. Matteo d’Antonio Adimari fosse a suoi
<lb/>giorni grato familiare della Santità di Papa Leone
<lb/>Decimo, è passato per antica tradizione fin a dì nostri,
<lb/>e si raccoglie dall’Epitaffio posto sopra il pauimento della
<lb/>sua sepoltura, esistente nella Chiesa di San Francesco
<lb/>dal Monte fuori della porta a San Miniato, oue è ancora
<lb/>vna Cappella della nostra famiglia , il quale dice così.
<lb/>Matheo Adimario Leonis Decimi Pontificis Maximi Beneficiò
<lb/>Equiti Aureato.
<lb/>Pia Coniux Gineura Posuit A. 1512.
<lb/>E sopra il medesimo tumulo .
<lb/>Sepulcrum Mathei Antonij de Adimaris.
<lb/>Questa Gineura era de’Monaldi , molte altre memorie di questo
<lb/>Cau. si sono smarrite in casa nostra, ma che marauiglia è perdersi
<lb/>la notitia di qualche azione d’vn huomo , se d’vna contrada
<lb/>intera s’è quasi perduto a’nostri tempi il nome! poiche la via detta
<lb/>il Corso degli Adimari , che s’escendeua da Or San Michele a
<lb/>San Giouanni come si raccoglie dal Boccaccio nella nouvella di Guido
<lb/>Caualcanti Giorn. 6. e dal Villani lib. 6. cap. 34. lib. 8 cap. 96
<lb/>lib. 11. cap. 36. lib. 12. cap. 20. oggi si richiama per lo più la via
<lb/>de’Calzaiuoli! E pure vi haueuano 3. torri , e la loggia. Ricord.
<lb/>Malespini cap. 58. e cap. 137. 
<pb n= "110"/>
<lb/>SONETTO XXXXVII.
<lb/>Per Francesco Adimari morto in quello
<lb/>che staua per esser publicato Cardinale
<lb/>da Papa Giulio II. nel 1503.
<lb/>CHI non piange al tuo fato, o Lume spento
<lb/>Nel punto, ch’in gran Sol per te s’accese,
<lb/>O non vidde, o non visse, o non intese
<lb/>Come è nostro sperar poluere al vento:
<lb/>Piango ben, FRANCESCO, io, che veggio,  e sento
<lb/>Con quale scherno empio destin t’offese,
<lb/>E ch’il tuo Dì, qual bolla in alto ascese,
<lb/>Per risoluersi in nulla, in un momento.
<lb/>Sol ridi in Cielo hor tù, perche saluasti
<lb/>Quel tuo Signor, benche moristi pria,
<lb/>Ch’ei desse alla tua fé Porpore, e fasti.
<lb/>Che non perde grandezza, e non l’oblia,
<lb/>Chi nel corso d’onor vuol, che gli basti
<lb/>Mostrar, ch’ei ne fú degno, e passó via .
<pb n= "111"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto . 
<lb/>SCriue Giorgio Pagliari dal Bosco nel primo libro delle sue osseruazioni ,
<lb/>sopra i Cinque libri degli Annali di Cornelio Tacito , 
<lb/>stampato in Milano l’anno 1612. all’osseruazione 45. (sopra
<lb/>le parole. 
<lb/>At Patres quibus unus metus &amp;c.
<lb/>one discorre, che per schiuare l’Insidie de’ Superiori , è talora
<lb/>lecito il dissmulare). Che singolare esempio di sfuggire simili pericoli,
<lb/>fù quello di L. Ramirio appresso Tito Liuio , &amp; appresso al
<lb/>Garimberto quello di Francesco Adimari, Che sforzato da Alessandro 
<lb/>VI. a machinare contro a Giuliano della Rouere Cardinale 
<lb/>di San Piero Vincula, di cui era Secretario fermatosi in Firenze, 
<lb/>e dissimulando, ne auuisò il Patrone, Il quale, assunto al
<lb/>Pontificato, che fù Giulio Secondo, in vna promozione lo di segnò 
<lb/>Cardinale: ma noi hauiamo per tradizione, che nell’istesso
<lb/>giorno , che publicar si doueua , giunse a Morte.
<lb/>Veggasi ancora il Garimberto &amp; il Guic. lib. I. e 6.
<pb n= "112"/>
<lb/>SONETTO XXXXVIII.
<lb/>Per Andrea di Gio Adimari Commessaro
<lb/>in occasione della Guerra di Pisa
<lb/>l’anno 1503.
<lb/>O Cara Alfea, ben doppiamente cara,
<lb/>Se tanto prezzo in te Fiorenza spese,
<lb/>Ch’vn secol quasi a consumare attese,
<lb/>Oro, e sangue, del suo non punto auara.
<lb/>Questo obbligo a tenerti almen s’impara, 
<lb/>Ch’affinasti infiniti ad alte imprese, 
<lb/>Ond’anco ardito in quella Arena scese,
<lb/>Vn della stirpe mia nato Adimara,
<lb/>E questi fù quel Commessario ANDREA,
<lb/>Che col proprio valore, e col comando,
<lb/>Lucca impedì, ch’offender ci volea.
<lb/>Ahi , Vincer non si può se non pugnando,
<lb/>Non và senza sudor la palma Elea,
<lb/>Ne l’huom senza fatica, è memorando.
<pb n= "113"/>
<lb/>Attestationi del passato Sonetto. 
<lb/>ANdrea di Giouanni Adimari , fù spedito Commessario di
<lb/>guerra da quei nostri Cittadini , che s’intitolauano .
<lb/>Decem viri libertatis
<lb/>L’anno 1503. e mandato nella montagna di Pistoia per ouuiare
<lb/>che mentre l’esercito Fiorentino passasse in Val di Serchio a 
<lb/>danni de’Pisani, i Lucchesi non vscissero a darli impedimento , 
<lb/>con piena autorità di comandar Soldati , 
<lb/>e dar dentro secondo il bisogno , come
<lb/>per loro deliberazione, fatta sotto
<lb/>di 18. di Maggio 1503.
<lb/>e per vna instruzione che li dettero: l’originale della quale
<lb/>è appresso di me Autore, e comincia
<lb/>Andrai subito nella montagna di Pistoia .
<lb/>è finisce
<lb/>Che a detta Commessione tua fussero necessari .
<lb/>a Registro 52.
<lb/>Il medesimo fù eletto fra gli vfiziali , e prouueditori della Sanità
<lb/>in tempo di Peste, in compagnia di 
<lb/>Gio: di Benedetto Couoni
<lb/>Gio: di Matteo Canigiani
<lb/>Girolamo di Benedetto Galilei
<lb/>A di 18. di Maggio 1526. per mesi 4. e dipoi a di 28. di Settembre
<lb/>fù cenfermato pcr altri mesi 4. in compagnia de’medesimi , con la
<lb/>medesima autorità, che haueuano i SS. Priori, come alle Riformagioni,
<lb/>ne’ partiti di quei tempi.
<pb n= "114"/>
<lb/>SONETTO XXXXIX.
<lb/>Per Filippo di Mainardo Adimari Vescouo
<lb/>di Nazzaret nel 1536. 
<lb/>NAue non andò mai senza Nocchiero,
<lb/>E Nocchier non fù mai senza la Naue,
<lb/>E pur veggio, o FILIPPO hor
<lb/>esser vero ,
<lb/>Che solchi senza legno, e non t’è graue.
<lb/>Dou’è piu Nazzaret? o quale in vero
<lb/>Bisogno hà di gouerno hor quella Traue ?
<lb/>Ah, basta il nome sol senz’altro Impero ,
<lb/>Doue già Gabbriel per noi disse AVE.
<lb/>Con questa nome sol , dentro alla barca
<lb/>Di Pietro il nome tuo così si spande,
<lb/>Ch’il Tifi d’Argo al par di tè non varca.
<lb/>L’alte memorie tue son da più bande ,
<lb/>Palazzi in Roma , in Sant’Onofrio hai l’arca,
<lb/>L’Anima in Cielo, e quì la Fama hai grande.
<pb n= "115"/>
<lb/>Attestazioni del passato Sonetto. 
<lb/>DI Monsig. Filippo Adimari figliolo di Mainardo
<lb/>trouiamo questa memoria. 
<lb/>Fù Mons. Filippo Adimari Vescouo di Nazzaret fece Testamento
<lb/>sotto di 8. di Nouembre 1536. Rogatio Ser Francisco
<lb/>Micheletti notaio Apostolico in Roma lib. E
<lb/>a carte 45.
<lb/>E fù sepolto in Santo Onofrio di detta Città; oue prima
<lb/>haueua fabbricato vn bel Palazzo , che
<lb/>peruenne poi nel Sig. Marchese
<lb/>Saluiati .
<lb/>Il Vescouado di Nazzaret , e titolare come sono molti in Partibus
<lb/>Però si dice che Monsig. Filippo fù vn Nocchiero senza naue , e
<lb/>che la Naue del suo Vescouado non hà bisono di Nocchicro.
<lb/>Compiacendosi sua Diuina Maestà, che per ancora sia bastante a
<lb/>quella Città , l’onore di hauer dato Albergo alla Santissima Vergine
<lb/>sua Madre, e che vi sia stato dentro l’Angelo Gabbriello ad
<lb/>Annunziarla. 
<lb/> 
<pb n= "116"/>
<lb/>SONETTO L. 
<lb/>Per M. Guidantonio Adimari Canonico
<lb/>gran letterato, e deuotiss. Sacerdote
<lb/>viueua nel 1550. 
<lb/> BEato quel, che de’negozi a lunge,
<lb/>Come già far soleua ogni mortale , 
<lb/>Sotto al suo proprio Aratro i buoi congiunge,
<lb/>E cerca da’suoi campi esca vitale.
<lb/>Più Beato colui, che si disgiunge
<lb/>Dal volgo, e dal commerzio vmano, e frale,
<lb/>E solo in Ermo loco il cor li punge
<lb/>Desio d’amare il ben , d’odiare il male:
<lb/>Beatissimo poi, chi Sacerdote
<lb/>Viue a Dio , viue a sè lieto, e giocondo, 
<lb/>Di più scienze a maneggiar le note.
<lb/>Tal fostu GVIDANTONIO, ognor fecondo
<lb/>Di Senno, di Virtù, d’Opre deuote,
<lb/>Vicino al Ciel , quanto lontan dal Mondo.
<lb/>IL FINE LD.
<pb n= "117"/>
<lb/>Attestazione del passato Sonetto.
<lb/>IL Padre Maestro Michele Poccantio seruita, in quel suo libro
<lb/>intitolato Catalogus scriptorum Florentinorum.
<lb/>fa menzione di M. Guidantonio Adimari con queste parole .
<lb/>Guido Antonius Adimarius Ecclesie Florentinæ Canonicus uenerabilis,
<lb/>vir in diuinis scripturis eruditus, Aristotelicæ Philosophiæ
<lb/>non ignarus, ac Politioris litteraturæ valde peritus, inter
<lb/>multa ingenij sui opera edidit tractatum de Ieiunio, 
<lb/>quem habuit apud moniales Sacras Sancti
<lb/>Iuliani, quarum custos &amp; tutor extiterat
<lb/>&amp; Exordum est.
<lb/>Se del gouerno Temporale del Monistero &amp;c.
<lb/>Obijt Florentiæ 1568. Et in Cathedrali Florentina eius
<lb/>ossa Conquiescunt.
<lb/>Scrisse ancora vn trattaro sopra il Pater noster dedicato alla
<lb/>Sig. Elena del Conte Cornelio . . . . . che comincia.
<lb/>Elena Carissima &amp;c.
<lb/>Et vn discorso de’ Rimedi da mantener basso il letto del fiume
<lb/>d’Arno, dedicato al Sereniss. Gran Duca Cosimo I.
<lb/>che principia .
<lb/>Quante volte io considero.
<lb/>Come per gli originali manuscritti ch’apresso di me
<lb/>Alessandro Adimari si ritrouano.
<lb/>L. D. 
<pb n= "118"/>
<lb/>All’Arme degli Adimari.
<lb/>Diuisa per trauerso in due Campi eguali,
<lb/>vno d’Oro di sopra, &amp; vno Turchino
<lb/>di sotto come di contro .
<lb/>ARME, degli Aui miei scudo fatale,
<lb/>Ben ti fece conforme al mio destino
<lb/>In fucina d’Amor Fabro indouino,
<lb/>Perch’io speri il mio ben , tema il mio
<lb/>male:
<lb/>Ti diuise in due Campi il Campo eguale,
<lb/>E l’Oro alto locò, basso il Turchino,
<lb/>Perche l’Oro giamai non m’è vicino ,
<lb/>Ma si ben di Penìa l’onda mortale :
<lb/>O pur dall’acque de’trauagli astretto , 
<lb/>Mi volle dimostrar, ch’il Mondo è Mare,
<lb/>A cui sourasta il Ciel , ch’hà d’Oro il tetto:
<lb/>Se quì dunque per me son l'Acque amare,
<lb/>E l’Oro puro è in Cielo, Alma in effetto
<lb/>Quì soffrir ti bisogna, e là sperare.
<pb n= "119"/>
<lb/>ARME DEGLI ADIMARl
<lb/>Ex libro III. Vgolini Verini Poëtæ Florentini
<lb/>de Illustrat. Vrbis Florentiæ.
<lb/>QVIN &amp; vicini Fesulano e vertice montis
<lb/>Venit sanguineis notus bellator in armis
<lb/>Adimar, vnde genus clari duxere nepotes;
<lb/>Cum longobardos victor Pipinius heros
<lb/>Diruit, &amp; nostram maiorem reddidit vrbem:
<lb/>In multos ramos , mutato nomine , proles
<lb/>Scinditur, &amp; plures complessa nepotibus vrbes.
<lb/>Ex hac illustris profluxit Trotta propago
<lb/>Qua nunc attollit se se Alexandria pubes
<lb/>Armipotens genus , &amp; sacris memorabile chartis,
<lb/>Veggasi D. Vinc. Borghini nel libro delle fasc. a. 44. 54. 87. 123. e 124.
<pb n= "120"/>
<lb/>Il Sig. Canon. Lanfredini si compiaccia di vedere, se nelle presenti
<lb/>poesie si contengo cosa, che repugni alla Cristiana Pietà, e buoni
<lb/>Costumi, e riferisca appresso; nel di 30. di ottobre 1638.
<lb/>Vincenzio Rabatta Vic. di Fir.
<lb/>Le retroscritte Poesie del Sig. Alessandro Adimari, le quali rauuiuano 
<lb/>la virtù, e valore de’suoi Antenati, sono degne della stampa,
<lb/>acciò resti ancora immortale la virtù, e canto di questo Cigno;
<lb/>non essendo in esse cosa, che repugni alla Pietà Cristiana, e 
<lb/>buoni costumi: di che riferisco questo di 16. nouembre 1638.
<lb/>Io Girolamo Lanfredini Can. Fior. 
<lb/>Attesa la presente relazione si stampi, osseruanti li soliti ordini il dì
<lb/>2. di Marzo 1638. 
<lb/>Vincenzio Rabatta Vic. di Fir.
<lb/>Adi 7. Marzo 1639. D‘ordine del Reuerendissimo P. M. Gio.
<lb/>Fanano Inq. Gen. in tutto’l Dominio Fior. ho letto la Clio del
<lb/>Sig. Alessandro Adimari, e non hò trouato cosa che repugni alla
<lb/>Religione ò buoni costumi , anzi parto degno d’vn tanto ingegno,
<lb/>e perciò da bramarsi fuora alle stampe: però con autorita
<lb/>del detto Reuerend. Inq. concedo, che per il Santo Offizio
<lb/>si possa stampare. 
<lb/>Io Girolamo Rosati Proton. Ap.e Consult. della Santa Inq.
<lb/>Alessandro Vettori Aud. di S. A.
<lb/>Gli errori dalla stampa, si rimettono alla discrezione dell’amoreuole , 
<lb/>e prudente lettore .
</body>
</text>
</TEI>
Alessandro Adimari's La Clio (1638): A Basic TEI Edition Galileo’s Library Digitization Project Galileo’s Library Digitization Project Ingrid Horton OCR Cleaning Crystal Hall XML Creation the TEI Archiving, Publishing, and Access Service (TAPAS)
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Based on the copy held by the Biblioteca Nazionale Centrale di Roma in partnership with Google Books. LA CLIO Ouero Cinquante sonetti, sopra piu persone della Famiglia o Casata degli Adimari Che da che s’ha notizia del suo Principio in Firenze Fino all' Anno. M.D.L. Sono stati per qualche Virtu’ o Dignita Meriteuoli di Memoria Opera D’ALESSANDRO ADIMARI Fondata su’l Testimonio d’ Istorici, o di scrittori degni de Fede. Adimari, Alessandro Florence Cecconcelli, Pietro 1628.

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This work was chosen to maintain a balance in the corpus of works by Galileo, his opponents, and authors not usually studied in the history of science.

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LA CLIO Ouero Cinquante sonetti, sopra piu persone della Famiglia o Casata degli Adimari Che da che s’ha notitia del suo Principio in Firenze Fino all Anno. M.D.L. Sono stati per qualche Virtu’ o Dignita Meriteuoli di Memoria Opera D’ALESSANDRO ADIMARI Fondata su’l Testimonio d’ Istorici, o di scrittori degni de Fede. All’Illustriss. Signora Contessa CATERINA ADIMARI PICCOLOMINI ARAGONA. FV generoso costume, Illustriss. Signora, tanto de’Magnanimi Greci, quanto degl’inuitti Romani, i1 proccurar con diuerse maniere di conseruar la memoria de’ loro gloriosi antenati, ma le più frequenti e dureuoli stimarono le Statue di marmo, quasi che le volanti, e lieui penne della Fama, a guisa del nido dell’Aquile con le pietre fortificar si potessero, e che al morso dell’edace Tempo si douesse opporre vna durezza dificilissima a consumarsi. Perciò non solamente negl’Ingressi delle proprie case le riponeuano, ma ne’ pubblici Teatri ancora le collocauano, come quelle di Diagora, di Dorico, di Lisandro, di Damageto, ed altri; alzando in testimonio delle Vittorie da loro conseguite, a chi pìù , & a chi meno le basi, secondo la qualità del dimostrato Valore , e non solamente ne’ Teatri, ma fin sopra i sepolcri l’inalzauano, come la statua d’Affareo Padre di Linceo ed’Ida, al tempo di Castore, e di Polluce. Chi sà che gli esempi muouno più che le parole, & che i nobili son costretti da una certa quasi necessità, non degenerare dalla Virtù de’ loro predecessori, anzi chi sà, che Giulio Cesare si accinse in ad operegrandi, dopo ch’ei vide nel Tempio d’Ercole in Gade la statua d’Alessandro Magno, non mi negherà l’vtile d’vna si lo deuol vsanza. Queste cose considerate da me tal volta, e rimembrando l’obbligo, che si deue all’onorate fatiche de’ Progenitori, & l’affetto, che naturalmente habbiamo di giouare a’ figliuoli, harei volsuto ancor io, non per ambizione, ma per gratitudine, esporre nel Teatro della mia patria, e sopra il sepolcro degli estinti nomi de’miei maggiori le figure di quei nostri Aui, che virtuosamente viuendo, hanno meritato, che la memoria loro non perisca nell’istesso tempo, che il suono della vita: acciò che specchiandosi in esse quelli che viuono di presente, e quei che verranno, s’ingegnino con la virtù di aggiunger qualcosa di giorno in giorno al manto della nobilità loro, difendendolo dalle forbici dell’irreparabil Veglio, che del continuo l’accorcia. Ma ben che assai copioso e fertile, per diuina mercè, vedessi il Campo schierato, di quei ch’erano bastanti a somministrarmi la desiderata materia, trovano nondimeno nell’esseguire il pensiero impedimenti non piccoli: cio è. La mia poca sofficienza nell’operare, l’Inuidia ch’amaramente si risente contro a’ migliori : la nota che mi potrebbe essere data d’Ambizioso, d’Interessato, e di parziale: e finalmente l’istessa antichità, che sempre è sepolta nell’oscuro : Perche in vero son pur troppo consapeuole del mio poco talento, estenuato dall’angustie della mia debol fortuna, e dalle molte mie noiose occupazioni: sò che l’Inuidia è fra gl’eguali, & è madre del biasimo: conosco che il celebrare le cose proprie è vna lode, che vitupera tal volta se stessa, e che bene spesso riconosce i suoi natali, dall’amibizione; e dall’interesse, pessimo veleno degli animi nostri, e finalmente non mi si asconde, che si come il futuro non si preuede, così le cose passate perfettamente non si ritrouano. Pur nondimeno Pindaro, il maggior Lirico de’ Greci, intorno al quale s’è tanto affaticata l’ignoranza mia, come amoreuolissimio mio precettore, e scorta m’insegna, che nel celebrare i meriteuoli non si può allegare debbezza di talento, nè dificultà d’incontri, e mi ricorda, che l’invidia già mai non perseguita i morti, si doma col nostro supremo fine, e si vince con la pacienza. In oltre mi avvertisce, che non adùla, chi dice la verità, perche Lingua che snoda il vero In ogni grado è bella E che non s’offende per copia d’Encomij l’altrui valore, affermandomi, che quei non può dirsi, nè ambizioso, nè parziale, nè interessato, che paga vn debito: anzi che, non poco restano i figliuoli onorati e contenti, mentre sentono lodare il valor de’ Padri: e che qui che può narrar gl’esempi de’suoi, e tessere al proprio sangue vna veridica lode, non deue ingolfarsi, per crescere il pregio a quel degli esterni: e per compendio m’assicura, che l‘oscuro dell’antichità non deue spauentarmi, perche se bene Dorme antico onore, cagionatogli il sonno, perche I mortali d’obblio cinto hanno il core immediatamente soggiugne. Dorme s’il fior d’un grazioso canto Non l’ alza in cima al suo fondoso stelo. Da tante, e si gagliai de ragioni auualorato, mi dispose (benche il mio canto sia priùo d’ogni grazia) a tentare di suegliare l’obblio, che tiene sepolta la ricordanza d’alcuni più segnalati di casa nostra, sapendo, che anco lo strepito delle rauche voci, forse più che l’armonia delle delicate ne rompe il sonno; Mi facilitò l’opera, l’hauere molti anni fa ridotto in serie d’albero tutta la descendenza degli Adimari, in quel miglior modo, e con quei manco errori, che il mancamento del tempo, e delle scritture mi hanno permesso, & mi accreditò nello scriuere, & mi assicurò dalla temerità, e dall’ostentazione la testimonianza di molti Istorici, ed altri, che delle cose della nostra Patria trattando, (come dalle attestazioni riposte dietro a ciascun Sonetto potrà vedersi) non disdegnarono della nostra famiglia far qualche ricordo: chi non le stimerà tutte agguagliate di peso, non farà torto a me, ma a gli Autori che l’hanno scritte. Pregherò ben V. S. a far fede a se stessa, & a chi legge, che ne’laberinti ciechi e tortuosi, anco vn debil filo conduce tal volta alla desiderata riuscita: e sopra tutto a proseguire l’incominciata fatica mi diede forza l’irrefragabile autorità delle sacre carte, nelle quali, non solamente son registrate tante descendenze, e prosa pie, quante ne descriue il Cronista Mosè, ma vien lodato il farne memoria, & il pregiarsi di quegli antenati illustri, e delle generazioni di quei mortali, che nobilmente viuendo mantennero la natia chiarezza del sangue, e grata a gli occhi di Dio, e degli Huomini, a loro posteri la trasmessero, e sclamando la diuina sapienza ,, Quam pulchra est casta generatio cum claritate: immortalis est enim memoria illus: quoniam & apud Deum nota ,,est, & apud homines. Però, scelto fra vna assai numerosa copia, poco più che cinquanta persone, in cinquanta sonetti ho ristretto la ricordanza loro, adattandola sotto al nome della Musa CLIO, si per dare à ciascuna delle Pieridi (se piacerà a Dio ch’io possa seguire l’ordine incominciato) il tributo di simil numero di componimenti, quella guisa che hò di già fatto alla POLINNIA, alla TERSICORE, & alla MELPOMENE ch’è sotto il Torcolo, come perche l’etimologia del suo nome, (deriuante s’io non m’inganno da υλυω, idest celebro vel cano) il suo proprio è di cantare i fatti nobili, che perciò Callimaco di lei disse Heroum Clio Citharam clarissima tractat, & c. Et altri Clio gesta canens transacti tempora reddit, & c. Ben haurei volsuto potere anch’io di pario marmo effigiare i volti de’miei maggiori, ma poi che Io non solo Scultor che marmo incida. E che quando bene io fosse vn Praxitele, & vn Parrasio, anco l’opere loro si restano bene spesso dal tempo atterrate, dissi fra mè, Chi sa, che pigliando in vece di scarpello in questo punto la penna, io non potessi dire vn giorno col Venusino Exegi monumentum aere perrennius? Perche in vero più perfetta delle statue è quell’arte , che lontana dall’ingiurie del tempo può dimostrare più che la grandezza del corpo, la bellezza dell’animo: che perciò Agesilao non permesse a veruno artefice, che il suo volto effigiasse, ma si bene a Xenofonte che le sue virtù descriuesse. Arriuato dunque col discorso fino a questo segno, e terminata l’opera, non mi restaua altro che trouar persona di confidenza, e bene affetta, presso alla quale depositar la potesse. A Padroni, e Personaggi grandi, Apollo non consente (secondo il Politico Traiano) che si scriuino Storie d’huomini priuati e particulari, A gli Amici, amandogl’ io tutti egualmente, non sapeuo chi più eleggere a tralasciar douesse, solo a qualche Parente pareua conueniente il darne la cura, ma il piccol numero che me ne resta, e la mia trista sorte, che fin qui già mai con essi non mi hà lasciato incontrar ventura (oltre al non ci essere alcuno di loro, che habbia ancor prole) mi hà tenuto sospeso. Però considerato non hauer conosciuto la più affezionata alla nostra famiglia, che V.S. Illustriss. ne chi più si sia pregiata di deriuare dagli Adimari, lei sola hò volsuto eleggere per teatro di queste immagini, anzi per Archiuio sicuro di queste carte. Ella che fu degna erede della prudenza, & valore del S. Vberto Adimari suo Auolo, a cui toccò la custodia della sua infanzia soprauissuto al S. Raffaello vnico di lui figliolo, e padre di lei: Ella che restò possessora delle ricchezze d’ambi due loro, e de’ generosi costumi della Sig. Oretta Acciaioli sua Madre: Ella che meritò fanciulletta con la protezione, & auspici del Sereniss. FERDINANDO. I. e della Sereniss. CRISTINA di Loreno Gran Duchi di Toscana, veder trattrare, e concludere le sue Nozze col generoso Sig. Enea Piccolomini Aragona Cau. di S. Stefano & esser Nuora del valorosissimo Sig. Siluio i cui pregi furono in parte l’esser nella medesima Illustrisss. e Sacra Religione Priore di Pisa, Maestro di Camera della prefata Altezza, e suo Generale in più d’vna impresa: Ella che in giouentù fú lo splendore dell’ororata Bellezza, nel Matrimonio della pudica Bontà nello stato vedouile dell’accorta Economia: Ella che hà saputo tanto bene educare i figliuoli, mantenere le paterne sustanze, sopportare con animo intrepido gli auuersi colpi della fortuna, che, a guisa de’ fulmini Celesti (toccando l’eccelse cime) l’hanno più volte percossa: Ella che si pregia a ragione con tanti raggi d’onori di hauer per Cognati Monsig. Ascanio Arciuesc: di Siena, & il S. Marescial Conte Fra Ottauio Piccolomini, la virtù de’ quali rendendo più che mai dubbiosa la precedenza fra l’armi, e fra le lettere è di già consacrata all’eternità, per figliuoli il Sig. Conte Siluio & il S. Conte, e Caualiere Euandro, ben che questi per la fè negli eserciti Imperiali combattendo habbino incontrato i trionfi nell’altra, vita; & oggi per vnico rampollo (accompagnato dal merito della Sig. Violante, nobilmente maritata al gentilissimo Sig. Franc. Maria Malegonnelle) il Sig. Conte Francesco, ornato della Croce di S. Iacopo, e del titolo di Cameriero di S. Maestà Cesarea, nel quale, come in compendio, si riducono tutte le perfezioni de’ suoi maggiori: & per Nuora la Sig. Emilia dell’Illustrissimo Sig. Lorenzo Strozzi, che per l’alta chiarezza de’ suoi natali, ma più per il numero delle sue virtù, e per l’infinite sue grazie, e bellezze è epilogo delle marauiglie; Ella dico, adorna di tante prerogatiue, saprà e potrà meglio d'ogni altro, gradire e custodire l’abbozzo di queste mie mal delineate figure; A lei dunque le raccomando, & il venirle auante oggi in tempo di feste, e di nozze, (onorate e regalate fin dalla sacra Maestà dell’Imperatore, e del Sereniss. Arciduca Leopoldo, che si son degnati di farci interuenire a loro nome l’Illustriss. Sig. Marchese Fabbrizio Coloreto, e l’Illustriss. Monsig. Lorenzo Corsi, vna schiera de’ nostri Antenati, che può numerar fin quì (a gloria di Dio più) di ottocento anni d’antichità, sia di felice augurio alla prosapia de’ suoi nipoti, & alla conservazione dell’antichissima, & Illustriss. Casa Piccolomini, con quell’aumento di prosperitadi, e di grandezze, che dal Cielo diuotamente prego a ciascuno di loro, mentre a V. S. Illustriss. con particulare affetto fo riuerenza. Di Firenze il dì 7. di Marzo 1638. ab incarnatione. Di V.S. Illustriss. Obbligatiss. Seru. e Parente ossequentiss. Alessandro Adimari. TAVOLA DE’ NOMI DELLE PERSONE LODATE in quest’ Opera, posti per ordine d’ Alfabeto. A A Dimaro Primo che da principio all’Albero degli Adimari a carte 18. Adimaro Benefattore del Duomo di Firenze 20. Adimaro Consolo di Firenze 26. Adimaro Vescouo di Volterra 22. All’Albero degli Adimari 17. All’Arme degli Adimari 118. Alamanno Adimari Cauicciuli 72. Alamanno Cardinale 98. Alamanno di Giovanni 96. Alamanno Vicario di Prato, e altri 56. Aldobrando Consolo di Firenze 28. Andrea di Gio: Commessario 112. P. Angelo Domenicano 94. Antonio di Baldinaccio 76. B BAldiaccio di Boccaccio 50. Bellincione Berti 24. Bernardo Cavaliere Ierosolimitano 92. Bernardo di Guglielmo 104. Bernardo di Duccio. 86. Boccaccio Cavicciuli 72. Buonaccorso Ambasciadore. 42. C CAntino Regio Ministro. 60. Carlo di Messer Guerra. 44. F FIlippo di Messer Alamanno 88. Filippo Argenti. 32. Filippo di Ruberto Alamanneschi Adimari. 66. Filippo Caualiere Ierosolimitano 92. Filippo Regio Ministro 66. Filippo Vescovo di Nazzaret. 114. Forese Capitano de’ Guelfi. 40. Francesco Capitano di Bitonto 84. P. Francesco dell’Ordine di S. Domenico 82. Francesco eletto Cardinale. 110. Francesco di Lapo. 70. G GIovanni Commessario a Monte Murla. 59. Gualdrada Contessa. 30. Guidantonio Canonico. 116. I IAcopo di Giouonni. 72. L LOdovico Arciprete, e Vicario. 106. Lotto Regia Ministro. 64. M MAnfredi Cognoto della B. Humiliana. 36. Manno, ouero Alamanno de’ 12. Ambasciadori. a carte 46. Matteo Caualiere Aureato Familiare di PP. Lione X. 108. N NIccolo Adimari capo dello famiglia de Trotti. 44. O OTtauiano di Baldinaccio. 80. P PAgno Dottore di Legge. 38. Pepo di Boccaccio. 72. Pepo Regio Ministro. Pepo Vicario di Prato. 56. Piero di Carlo. 70. R RVberto Regio Ministro Governatore di Puglia 48. Ruberto Vescouo di Volterra 102. Ruggiero Vicario di Prato 62. S Simone di Messer Pepo Ambasciatore 90. T P. Taddeo Servita 100. Talano 74. Teghiaio prima detto Aldobrandi 34. Teghiaio secondo Capitano 54. Trotti consorti, e descendenti dagli Adimari 28. e 88. V B. VBaldo dell’Ordine de' Servi 52. Ugolino Commessario 68. Vieri di M. Pepo Ambasciatore 90. Vberto di Benedetto Adimari. 48. DELLA CLIO D’ALESSANDRO ADMIRARI PROEMIO. All’Albero della sua Famiglia. O Pianta di quegli Aui , ond’io rimiro In bell’ordine accolto i primi fiori, E qual tronco mi die l’aura, ch’io spiro, E qual ramo apportò frutti migliori: Mentre offesa dal tempo io ti rimiro Pouera di fortuna, e di tesori, E con pena maggior, dolente io miro Aridi farsi i tuoi già verdi Onori: Rimanti in queste carte, immago almeno Di quel che fosti, ond’ altri habbia desio Il suo nome illustar nel tuo sereno: Ma se pur crudo il Tempo, e questa CLIO Non manterran le tue memorie in seno, Mortal nascesti, e solo eterno è DIO. SONETTO I. Per Adimaro Primo oue comincia l’Albero, viueua nel 800. O Di questi Aui miei Primo sorgente Nel campo di mia stirpe Alfa, & Alfiere, Base fatal di molte immagin vere, Che gia fioriro al mondo hor sono spente: Deh, pregoti ADIMAR, s’in Ciel si sente Compiacenza già mai d'human piacere, Che de’ Posteri tuoi le glorie altere, Solo a Gloria di DIO, mi torni in mente: Tu da Fiesol disceso, e di Guascogna, Quando il Pipinio Eroe Flora compose, Sai quel che air, quel che tacer bisogna. Che, se frali son quì l’umane cose: Il pregiar si de’ suoi, non è vergogna, Pur che si gioui alle Virtudi ascose. Attestazioni del passato Sonetto. NArra Orlando Maleuolti nelle sue Historie, che gli Adimari discendono di Francia, e si legge in vna dedicatoria d’vn libro d' Agricoltura a Bernardo Trotti, che discesero di Guascogna: di doue poi il Tasso nomina originano Adimaro Vescouo d’Anicio, che visse altempo di Vrbano II. circa l'anno 1095. Benedetto Accolti nel primo. Il Verino nel 3. libro de illustratione Vrbis Flor. dice che si posarono in Fiesole. Quin & vicini Fesulano e vertice montis Venit sanguineis notus bellator in Armis Adimir, & c. Ma Fra Filippo Bergamasco nel supplimento delle Croniche vniuersali, e nel libro 11. a carte 200. Che s’accosta più al Maleuolti, e ad altri, dice che Adimaro Conte Franzese, e familiarissimo di Carlo Magno, e di Pipino suo figliolo, per le sue eccellenti virtù essendo da loro molto amato , fu fatto l’anno 811. Duca di Genoua. Fu huomo magnanimo, e nell’armi molto eccellente, per mare, e per terra; perche sendo uessata quella Città da Rotario Rè de’ Longobardi, e da gli altri suoi successori, fu difesa, e presa da Carlo, dal quale fu retta, e gouernata con humanità grandissima, e similmente da gli altri suoi successori, da quali su rettacento anni, e da loro furono concesse alla prefata Città, tutte le Terre e Città di Liguria; E sentendo detto Adimaro la predetta Isola esser molestata da’ Turchi, congregò un gran numero di genti, & andò loro incontro , e combattendo con loro in breui giorni prese 14. naui delle loro, & annegolle, di poi ne fece morire infiniti, intanto che liberò quell’Isola, & c. Però si tiene che questo Adimaro venisse con Carlo Magno, e con l'Oste de’ Romani, quando si trattò di crescer Firenze, e di liberarla da' Fiesolani, che fù l’anno 801. come scriue Gio. Villani lib. 3. cap. I. e con il medesimo Imperatore poi fusse à Genoua (lasciato in Firenze i suoi descendenti) fra quali nell’Alberto si legge vn B.rnardo d’Adimaro, secondo l’antiche memorie di casa nostra. SONETTO II. Per Adimaro di Bernardo Adimari Benefattore del Duomo di Firenze viueua nel 1077. TRar la fama dal Centro, oue l’obblio Nel fiume dell’orror Virtute allaga; E cosa così bella, e così vaga, Ch’è grata al Mondo, e non dispiace a Dio: Quindi Mosè nel sacro libro e pio. Scriver de’ primi Padri anch’ei s’appaga, La Penna incontro al Tempo è quella Maga, Che raffrena il suo dente edace e rio, Varcaron gli anni, e niun di noi fu chiaro, Fin ch’a Dio campi in Rouezzan non diede Al tempo di Matelda uno ADIMARO. O spirto liberal d’oro, e di fede, Il gran Banco del Ciel, non punto avaro, Te ne rese di poi doppia mercede. Attestazione del passato Sonetto. L Anno 1015. Curradino Primo di Soauia, eletto Imperatore, dopo leuatto l’assedio di Milano, si compiacque d’abitare in Firenze, onde molto l’auanzò, e molti Cittadini si fecero Cavalieri di sua mano, e furono al suo seruigio, così scriue Gio.Vill. l.4.c.8. Et in questi tempi erano fra’ nobili di Por S. Piero gli Adimari, e fra i Caualieri creati, come sopra, si tiene fosse questo Adimaro allora giouinetto, e v’aderisce Gio. Vill.l.4. cap. 10. Poiche vecchio di 80. anni in circa fa donazione al Capitolo Fiorentino, come per la seguente scrittura. Adimarus Filius Bernardi Adimari, & Gasdia filia bone memoriӕ Cisi, que fuit Coniux Vbaldi, in presentia duorum Castaldiorum D. Matilde Comitisse, dederunt Canonicæ bona posita a Rouezzano A. D. 1072. Ex Archivio Canoniæ Metropolitane Ecclesiæ Flor. lib. Pag. Il Duomo di Firenze era allora intitolato Santa Reparata . E Bernardo suo Padre , fù di quelli che fecero edificare Santa Maria Hipotecosa al Canto del Giglio, e ce n’è memoria nel 1010. secondo Giuliano de’ Ricci : del che parla ancora Gio. Villani l. 4. cap. 10. con queste parole . Erano il Legnaggio degli Adimari , quali furono estratti di Casa Cosi, e Santa Maria Hipotecosa fecero eglino , & erano maggior Legnaggio di quel Sesto, e quasi di Firenze, & c. Non è marauiglia che dal 801. fino al 1015. non ci sieno memorie di huomini di casa Adimari, poiche Gio. Villani ancora , fa pochissimi ricordi da quel tempo in qua, fuor della Guerra, che hebbero i Fiorentini co’ Fiesolani, e ne hebbero vittoria, come al Cap. 5. del 4. libro. SONETTO III. Per Adimaro Adimari Vescouo di Volterra, viueua nel 1138. Se niun Lucerna accesa asconde in terra; Ma soura al Candellier l’alza , e l’affetta , E se meglio dal monte occhio saetta, ADIMARO, à ragion gisti à Volterra: Tu Speculator giusto in pace, e in guerra, Tu luce sacrosanta, e benedetta , Per far la Gregge tua sana, e perfetta, T’eleggesti un’albergo alto da terra. Anzi per ampliar Pascolo, e Prato , Quanto è fra l’Elsa, e fra la Fuscia in dono Desti all’Episcopal tuo seggio amato : Hor, se chi pon la vita è Pastor buono , Tu che l’oro, e la vita in vn gli hai dato, Merti, a giudizio mio, d’ottimo il suono. Attestazione del passato Sonetto. REuerendus D. Adimarus de Adimaribus nobilis Florentinus, Dei, & Apostolicæ Sedis gratia Episcopus Volaterranus, sacri Imperij Princeps, & Comes Palatinus, anno Domini 1138. sedit annos sex: Hic emit a D. Rainerio Pannochia Comite , & a D. Sibilia eius vxore, illam partem Episcopatus Volaterrani in spiritualibus, & temporalibus, videlicet, a Castro Pignani vsque ad Flumen Fuscij, & sicut Flumen Fuscij mittit in Cecina, & Cecina mittit in mare, & postea redeundo a dictum Castrum Pignani, vsque ad Flumen Elsæ, & sicut Elsa mittit in Arnum, & Arnum mittit in Mare. Instrumentum factum fuit anno Domini 1139. in Castro Traualis tunc Comitatus Volaterrarum, hodie Senarum : Dono etiam habuit idem Reuerendus D. Adimarus Castrum vetus in curia Sancti Geminiani ab Alberto Goto, & Talia eius vxore cum tota curte dicti Castri, anno vltimo dicti eius Episcopatus. Ex quibus omnibus plurimum eidem debet Ecclesia Volaterrana, &c. Ex Archivio Volaterrano. SONETTO IV. Per M. Bellincione d’Vberto Rauignani Adimari detto Berti, viueua nel 1180. DEgno è di lode alto guerrier, ch’ha vinto Tra le pugne di Marte, e tra’l furore: E degno n’è colui, ch’al senno accinto, Sudò tra’libri, e concquistò l’onore. Ma, qual tu, contentarsi andar sol cinto Di cuoio, e d’osso, ou’è ricchezza in fiore, E vietare alla moglie il sen dipinto, Non è, BELLINCION mio, vanto minore. Con questa gran modestia, al tempo andato , Che rimprouera a noi nostra vergogna, Crebbe Fiorenza in facultadi, e stato. Hor fren di legge al Fasto impor bisogna, Et al ben ( già ricerco) andar forzato, TANTO il giudizio human vaneggia, e sogna. Attestazioni del passato Sonetto. CHE i Rauignani fossero Consorti degli Adimari, oltre all’autorità, che si diranno a basso, si comprende dall’esser stare le case loro in Por San Piero come racconta Gio. Villani lib. 3. cap. 2. così dicendo . La nuoua Città di Firenze si cominciò a reedificare per li Romani, e di piccolo sito , cominciossi dalla parte di Leuante alla Porta di S. Piero, la quale fu oue furono le Case di M. Bellincione Berti nobile, e possente Cittadino, che per retaggio della Contessa Gualdrada sua figliola, e moglie del Conte Guido detto sangue rimasero a’ Conti Guidi . Come Guido Besangue discendesse da’ Conti Guidi di Modigliana . Si legge nel detto Villani lib. 5. cap. 32. Che M. Bellincione fosse de’ primi della Città si raccoglie dal medesimo Gio. Villani lib. 4. cap 1. oue di lui dice così Il Buono M. Bellincioue Berti de’Ravignani onoreuolmente, e Cittadinescamente portò sua Caualleria, &c. Lodandolo dimodestia, come ricco, e grande ch’egli era, Disse Danto nal 16. del Paradiso. Bel lincion Berti vid’io andar cinto Di cuoio, e d’osso , e venir dalla specchio La Moglie sua senz’il uiso dipinto . E per confermazione, che I Rauignani, e li Adimari erano vna medesima cosa , Cristofano Landini comentando il sudetto canto 16. del Paradiso, e trattando di Gualdrada sua figliola dice, Fu questa Fanciulla bellissma, e figliola di M. Ballincione Berti de’ Ravignani mi antichissima famiglia Fiorentina, & uno de’Rami degli Adimari, &c. Il che vien di nuouo confermato da Gio. Villani l. 8. c. 48. perche il nome di Bellincione passò in vn ramo degli Adimari, cioè Quando la Parte Bianca fù cacciata di Firenze sen’andorno fuoruseiti Baldinaccio e Corso Adimari, con quasi tutto il lato de’ Bellincioni, &c. Aggiugneremo che il Titolo di Messere si daua a’ Caualieri, come si dirà auanti a carte 39. dunque i Rauignani erano nobili, & abitando nel sesto di San Piero, come si è detto di sopra, si trouano registrati fra le famiglie nobili, come narra Gio. Villani lib. 4. c. 10. insieme con li Adimari . Et fra i Caualieri, che l’anno 786. fece Carlo Magno in Firenze fu Apardino Rauignani. Ammirato lib. 1. a car. 19. Et il cognome di Berti, e caso Genitiuo, che vuol dire Filius Vberti: resto nondimeno spenta la linea loro piú tempo fa, che però non si troua nel Priorista , & il ramo degli Adimari, che restò loro puì prossimo, si dissero i Bellincioni Gio. Vill lib. 8 c. 48. ne per Bellincioni nominati da Gio. Villani si possano intendere quelli, che appariscono nel Priorista, poi che vn Lionardo di Bellincione fu de’ Priori nel 1378. per Quartiere S. Gio. & era Saponaio, & vn’altro Celidonio di Andrea di Bellincione fù de’ Priori nel 1442. per Quartiere S. Spirito, nel quale mai veruno degli Adimari, è stato descritto. E forse questi non erano in rerum natura al tempo del Villani. SONETTO V. Per Adimaro di Gianni Adimari Consolo di Firenze, viueua nel 1196. BEN sarei come Talpa, o come nato La tra le Catadupi, e cieco, e sordo , S’immobile, ADIMAR, folsi a quel fiato, Ond’hà per te la Fama alto ricordo ; Ma l’hauer di tua Patria il fren guidato, Posto fra’l senso, e la ragione accordo , M’è nella mente omai così stampato , Che nol cancella obblio, ne’l tempo ingordo. Figlia Fiorenza mia di Roma antica, Ch’hebbe il Consol da Bruto infino a’ Goti, Fu d’un simil gouerno un tempo amica. O sommo onor de gli Aui miei remoti , Fosti a ragione eletto a tal fatica, Perche doue è Virtù, li sono i Voti . Attestazioni del passato Sonetto . GIo: Villani lib. 3. cap 3. e lib 4. cap. 6. dice che l’anno 1010. i Fiorentini si accomunorno co Fiesolani, e fecero l’arme rossa, e bianca, il Rosso de Fiorentini, e'l Bianco de’ Fiesolani , e cominciaro a reggersi per due Consoli, e consiglio di 100. de’ migliori Cittadini, &c. Il medesimo Gio: Villani lib. 5. cap. 32. soggiunge . Nelli anni di Cristo 1207. i Fiorentini hebbero da prima Signoria forestiera, che fino allora si era retta la Città per Signoria di Consoli Cittadini de' maggiori, e migliori della Terra, &c. Quattro surono i Consoli mentre che la Città fu a Quartieri , e poi furono sei, quando la Città si partì a sesti, &c. Non si nominauano tutti ma il più degno di loro, dicendo al tempo di cotal Consolo, e compagni. Gio.Villani lib. 5. cap. 32 & più luoghi. Matteo Palmieri trattando de’ Consoli nella sua Cronicha dice Anno 1196. Fiorentini Consulem elegerunt, qui ius diceret , & cum publica potestate Rempublicam gubernaret, quod per singulos annos usque ad Friderici II. mortem obseruatum est, videlicet usque ad annum 1250. Et post Friderici mortem Rempublicam reformantes duodecim Antianos creauere, &c. Coluccio Salutati in un suo libro intitolato, Contra Luscum Vicentinum scriue. Accedit ad hæc quod urbs nostra summo Magistratu, sicut olim Roma per Consules regebatur usque ad exactos annos incarnationis diuinæ sapientiæ 1282. Da alcune scritture de’ Monaci della Badia di Firenze . Adimaro Adimari fù Consolo di Firenze nel 1196. Et Bernardo Adimari nel 1201. e duraua il loro offizio vn’anno, e rendeuano ragione, e faceuano giustizia, & al modo di Roma tutto guidauano, e gouernauano, &c. SONETTO Vl. Per Aldobrando di Bernardo Adimari Consolo di Firenze nel 1201. e nel 1210. RAro interuien, ch’a traccheggiar l’onore Per la selua del mondo huom non lo prede , Che quanto ha nel cercar campo maggiore , Se non lo troua qui, colà lo vede Ma senz’uscir della sua patria fuore , A pochi il conquistarlo oggi succede , ALDOBRANDO, tu sol senza sudore Ti sapesti acquistar tanta mercede. E fin due volte a’ tuoi paterni lari Del regio Consolato i fregi imponi, Quanto sperati men tanto più cari . Ah ben conosco hor io per più cagioni, Ch’il gouerno Ciuil, ben che tra’ pari Sol bello, e fortunato è presso a’ Buoni. Attestazioni del passato Sonetto. IN vn Contratto rogato a dì 13. di Aprile 1210. esistente fra le scritture delle Monache di S. Felicita di Firenze, come per vista , e copia datami da M. Filippo Morelli iui Priore, si legge . Al tempo di Aldobrando Adimari Consolo Fiorentino, Pepo di Spinello da Montegrossoli, vendè una mezza casa alle Monache di S. Felicita fra’suoi confini, &c. come per rogo di Buonamico. Imperatori Henrici Iudex, & Notarius &c. Veggasi adietro nella passata attestazione, come egli è vero , che i Consoli non si nominauano tutti nelle pubbliche scritture, ma il più degno di loro, veggasi Gio. Villani lib. 4. c. 6. lib. 5. c. 26. c. 30. 32. e 34. A questa attestazione par che si potesse opporre, che l’anno 1210. non viueua l’Imperatore Arrigo VI. di questo nome poi che egli morì l’anno 1198. ma si ben l’Imperatore Ottone, per conciliar questa scrittura con l’istorie si può dire, ò che i Notai nominauano quell’Imperatore, sotto l’autorità del quale si erano messi alla professione, o che detto Buonomico hauesse l’autorità da Henrico fratello di Baldouino, che fu Imperatore di Costantinopoli nel 1201. e visse fino al 1214. Egnatia lib. 2. Consm. Manse: lib. 4. SONETTO VII. Per Gualdrada di Bellincione Adimari detto Berti , viueua nel 1210. CHI fa, ch’il valor d’altri al Ciel sen vada, E la Gloria de’ suoi tace, e non mira, O ch’ei defrauda il giusto , o non v’aspira, O che, mirando a gli altri, a se non bada. Grande vn huomo è col senno, e con la spada, Ma non minore in Donna anco s’ammira Quel casto amor, che l’honestà le spira, Come si vide in tè, bella GVALDRADA. Dirò dunque di te, ch’ alto Signore Posponesti, e i suoi baci, e sua grandezza Di pudiciza, e d’innocenza al fiore. O figlia al Padre ad obbedire auuezza, Non l’obbedisti, e non facesti errore , Donna ch'onor non ha, non ha bellezza . Attestazioni del passato Sonetto. DI questa nobilissima Donna, degna a guisa d’Astipatira di esser ammessa nel Teatro de’suoi, fanno menzione Batt. fulgoso, & il Cont. p. 365. benche con error del nome, e molti autori, ma in particolare Gio. Villani lib. 4. cap. I. oue trattando del primo Conte Guido, dice così Guido sopranominato sangue, per li suoi, che furono tutti in sangue morti, fu per l’ Imperatore Otto quarto fatto Signore in Casentino , e questi fu quegli, che tolse moglie in Firenze la Contessa Gualdrada figliuolache fu del buono M. Bellincione Berti de’ Rauignani, che ouorevolmente, e Cittadinescamente portò sua Cavalleria. E parlando più diffusamente di questo parentado soggiugne nel 5. lib. al cap. 37. Questo Conte Guido vecchio prese per moglie la figliuola di M. Bellincione Berti de’ Rauignani, che era il maggiore, e più onorato Caualiere di Firenze, e le sue case succedettono poi per retaggio a’ Conti, le quali furono a Porta San Piero su la porta vecchia -- Questa Donna hebbe nome Gualdrada, e per bellezza, e bel parlare di lei , la tolse il detto Conte, vedendola in Santa Reparata con altre donne, e donzelle di Fir. quando vi era l’Imperatore Otto Quarto a cui piacque, & il Padre di lei dicendo che egli haueua potere di fargliela baciare , la Donzella rispose, che mai huomo viuente la bacierebbe, se non fusse suo marito: per la quale parola l’Imperatore la commendò, e per consiglio di lui, detto Guido la si prese in moglie, &c. Della nobiltà de’ Rauignani, e come erano vn ramo degli Adimari, si è trattato adietro nel Sonetto di M. Bellincione , veggasi il medesimo Gio. Villani lib. 3.cap. & lib. 4. c. I. e 10. e lib. 5. cap. 37. Di Gualdrada fa menzione ancora Dante nel 16. dell’Inferno, oue parlando di Guido Guerra, dice Nipote fù della buona Gualdrada Guido Guerra hebbe nome, & in sua vita Fece col senno assai, e con la spada . E Christofano Landini, comentando questo luogo , dice che Gualdrada sù figliola di M. Bellincione Berti de’ Rauignani antichissima famiglia, & vno de’ rami degli Adimari , raccontandone l’istesso che di sopra ha scritto Gio.Villani. SONETTO VIII. Per M. Filippo Adimari Cauicciuli, detto Argenti, viueua nel 1250. NON sò, Spirito altier, mentre io fauello Per dare esempio a’ postieri nascenti, Se de’ tuoi detti, o de’ suoi fatti ardenti Il parlare, o’l tacer mi sia più bello: Che se già vide un Vate aspro flagello Farsi di tè fra le fangose genti, A che più rammentar FILIPPO Argenti, Ch’è sepolto in inferno à Dio ribello? Pur tacer non vogl’io, non sempre il vero Cantan le Muse, e forse sdegno accese Quel Poeta, co’ nostri ogn’or seuero; Nel resto assai d’onor ci rende, e rese, (Più ch’il ferrar d’Argento il tuo destriero) Che di tè scriua Dante, e’l Certaldese. Attestazioni del passato Sonetto. TRatta di questo Caualiere , come di persona nobile , e ricca, ma iraconda Gio. Bocc. nella nouella 8. di Ciacco, e Biondello gior. 9. oue nomina ancora la loggia degli Adimari , e de’ Cauicciuli con queste parole . Il menò vicino alla loggia de’ Cauicciuli, e mostrogli in quella un Caualiere chiamato M. Filippo Argenti, &c. E Dante nel canto 8. dell’Inferno lo ripone fra’ superbi , & iracondi , dicendo. Tutti gridauan, a Filippo Argenti, Il Fiorentino spirito Bizzarro In se medesmo si rodea co’ denti . Oue gli espositori concorrono, che questo Cogniome d’Argenti gli fosse imposto , perche era così ricco , che vsaua ferrate i suoi Caualli d‘Argento: eccesso in quei tempi, si come sarebbe ancora, di superba grandezza . Cristofano Landini nell’espositione del suddetto canto 8. dice così. Filippo Argenti, secondo che il Boccaccio dice di hauer inteso da Coppo di Borghese Domenici , fu Caualiere della nobile famiglia de’ Cauicciuli, i quali sono un ramo degli Adimari, tanto ricco, che usaua ferrare i suoi Cauelli d’Argento, il medesimo afferma il Contrario pag. 196. Nel resto s’accenna, che Dante forse non fu bene affetto verso la nostra famiglia , e per ciò ripose alcun de’nostri nell’Inferno, perche Boccaccio Adimari fu sempre contrario al suo ritorno in Patria, mosso dallo sdegno che Baldinaccio suo sigliuolo, fosse stato vn di quegli, che furon mandati in esilio, quando il Porta persuase al Senato, ch’abbassar si douesse la potenza de’ Grandi , come si dirà auanti nelle attestazioni del sonetto 38. a car. 93. nondimeno douiamo stimar assai l’essere stati nominati dalla Penna di si celebrati Scrittori. SONETTO IX. Per M. Tegghiaio di Aldobrando Adimari Primo Rettor d’Arezzo, viueua nel 1256. O Di lingua, e di man saggio, e guerriero, Hor con l’una Orator, con l’altra Ardito, Testimon ne sia l’ Arbia, e lo Spedito, Che ti giouò l’hauer predetto il 'vero! Ahi, che l’ huomo al suo ben ciceo , e seuero , Spesso, quando il peccar fassi infinito, Anco dalle Cassandre il vero udito, Riconoscer non sà dal bianco il nero. Tanto auuenne, o TEGGHIAIO, à nostre squadre, Ma le stille del sangue in tante Stelle, Si cangiaron per tè, d’opre leggiadre: O saggie voci alla Virtude ancelle , Mentre vi profferì d’Arezzo un Padre Quel che vi disprezzò, vi fe più belle. Attestazione del passato Sonetto. DAnte nel canto 6. dell’Inferno onoratamente nomina questo M. Tegghiaio dicendo Farinata, e Tegghiaio che fur si degni E nel canto 16. L’altro che presso a me la terra trita E Tegghiaio Aldobrandi la cui voce Nel mondo su dourebbe esser udita. Oue Cristofano Landini espositore, nel primo luogo dice , che Tegghiaio fu degli Adimari, e nel secondo. Tegghiaio Aldobrandi fu degli Adimari molto stimato, & a casa, e neglieserciti, per molte marauigliose opere, e consigli, Costui sconfortò l'impresa contro a’ Sanesi, dimostranado che non si poteua in quella hauer vettoria, ma non fù accettato il suo consiglio, onde ne riuscì la infelicissima rotta d’Arbia Ne fa menzione ancora Gio. Villani lib. 6. cap. 79. mentre narra come egli orò in Senato, opponendosi al parere dello Spedito. Il dicitore per tutti, fu M. Tegghiaio Aldobrandi delli Adimari Caualier sauio, e prode in arme, e di grande autorità , e di largo consigliaua il migliore. La voce Aldobrandi è posta per Patronomico, cioè filius Aldobrandi eques ille non ignobilis, de quo onori fica mentio apud Borghin: in Eccl. Et Episc. Flor. Fu nel 1255. eletto Rettore di Arezzo, e fu il primo de’ Fiorentini. Vedi Bionardo d’Arezzo lib. 2. Ammirato nelle Istorie lib. secondo a car. 82. Ricordano Malespini a car. 56. Il Razzi, & il Giouio nella Vita di Farinata, Il Sig. Iacopo Gaddi negli Elogij historici Elogio 3. E Gio. Vill. lib. 6. cap 83. SONETTO IV. Per M. Manfredi Adimari, Cognato della B. Vmiliana Cerchi, e Padre del Primo de’ nostrí , che godesse il Priorato ,viueua nel 1256. MANFREDI, o Guida, o Scorta, o Fede, o Mano, Onde alzasti il tuo sangue, e te reggesti, Quai furoi pregi tuoi, ch’al mondo hauesti, Perch’io li conti, e non li canti in vano! Ahi, non si solca appien l’ampio Oceano , Conuien che qualche parte intatta resti, Di tanti fregi tuoi dirò sol questi , Che fosti una delizia al germe umano. Ciò fù, perche tua fù sposa REGALE Sorella gia d’VMILIANA Diua , Ch’è fra’ Cerchi del Ciel Cerchio immortale. Quindi BERNARDO tuo dell’Arno in riua Primo de’ nostri al Priorato sale, Che doue Vmiltà Regno alto s'arriua . Attestazione del passato Sonetto. M. Manfredi Adimari Caualiere Fiorentino viueua nel 1256. e si troua descritto ne’ libri , che si conseruano nell’Archiuio delle Riformagioni, oue nel lib. 3. delli statuti della nostra Città sotto la Rubrica 32. De securitatibus præstandis a magnatibus appariscono li Adimari fra le famiglie de’grandi, e de’ magnate. Et il Priorista originale che iui si mantiene, dimostra, che per Sestiere di Por S. Piero, e Quartiere S. Gio. e S. Maria Nouella, sono stati più Príori degli Adimari, & il primo nel 1286. Bernatdo Figliuolo di questo M. Manfredi , con queste parole Bernardus D. Manfredi de Adimaribus a die 15. Octobris usque a die 15. Decembris 1286. Il Sig. Vieri Cerchi, Gentílhuomo per costumi, e litteratura insigne, mi diede la seguente memoria estratta da’ libri, e ricordi antichi di Casa sua . M. Vieri Cerchi diede per moglie Regale sua figliuola sorella che fù della B. Vmiliana, a M. Manfredi Adimari l’anno 1256. Questo M. Vieri su Caualiere principalissimo , Capitano de’ Fiorentini, capo di parte Bianca sollecito , e diligente : come nelle Croniche Gio. Villani lib. 7, cap. 130. & 148. e lib. 8. cap. 38. Qual sia poi stata la famiglia de’ Cerchi in Firenze, si legge nel medesimo Gio. Villani, oue nel lib. 3. Cap. 2. dice che la Porta di S. Pietro, quando l’anno 801. si riedificò la Città di Firenze fu posta, oue poi furono le case di M. Bellincione Berti, nobile, e possente Cittadino , che per retaggio della Contessa Gualdrada sua figliuola, e moglie del Conte Guido primo, rimasero a’ Conti Guidi, che poscia le venderono a’ Cerchi, &c. soggiungendo nell lib. 8. cap. 38. che i Cerchi, casa di grand’affare, l’anno 1300. furono in Firenze capo della parte Bianca, e che con loro tennero quasi tutti li Adimari, se non se il lato de’Cauicciùli . SONETTO XI. Per M. Pagno di Gherardo Adimari Dottor di Legge, viueua nel 1257. POscia che l’huom, quasi Destriero errante, Correa questa del Mondo ampia contrada , Acciò non più trabalzi, e più non cada, Pensar conuenne a raffrenar sue piante . Quindi nacquer le leggi eterne, e sante, Che mostrarono altrui la vera strada, E l’Imperio col senno, e con la spada , Ch’era allora un Pigmeo, si fe Gigante. Tu, PAGNO, a maneggiar così bel freno Fosti in un così dotto, e così pio , Che saluasti infiniti, e te non meno . Deh fostu viuo a questi tempi, oh Dio, Che saria vinto, o cederebbe almeno Chiunque offusca oggi il vero, e m’intend'io Attestazione del passato Sonetto. IL titolo di Messere si daua , o a Dottori di legge , o a Caualieri, l’ordine de’ quali nella nostra Città, è stato sempre eminente; e per Caualieri s’intendeuano tutti quelli, a’ quali dopo esserli stata conferita la dignità, veniua dato titolo di Miles , come attesta l’Eruditissimo Sig. Iacopo Gaddi negli Elogi Istorici Questo M. Pagno fu Dottore di Legge assai chiaro a’ suoi tempi, ma perche i suoi scritti non furono pubblicati non è registraro fra i legisti , nel Catalogo del Poccianzio, ne del Mautoua . Habbiamo nondimeno sufficiente notizia delle sue virtù dagli scritti di M. Guidant’Adimari Canonico Fiorentino, che fiorì nel 1550. & è passato per antica tradizione in casa nostra, come per il nostro discorso sopra la famiglia degli Adimari a carte 9. SONETTO XII. Per M. Buonaccorso di M. Bellincione Adimari Ambasciadore nel 1262. e 1270. COnuien, che tenga un Messaggiero eletto I negozi a trattar del suo Signore , Senno, Eloquenza, e Fè , Ricchezza, Onore. Per il segno arriuar d’esser perfetto. Senno, e lingua, ch’a tempo apra il concetto, Fede, da conseruar sincero il core, Ricchezza, che mantenga il suo splendore, Nobilità, che nol renda altrui negletto . Con questi arredi, o BVONACCORSO, armato Più che non san cantare oggi i miei carmi, Seruisti Flora, e sua ragion di stato. Quindi, emulando eternità co’ marmi , In vari luoghi Ambasciator mandato, Hor concludesti paci, hor mouest’ armi. Attestazione del passato Sonetto. QVando i Guelfi Fiorentini vsciti di Firenze si viddero aspramente perseguitati da Manfredi Re di Puglia, e da’ Ghibellini , mandarono M. Buonaccorso di M. Bellincione Adimari in compagnia di M. Simone Donati Ambasciadore in Alamagna a Curradino di Currado di Federigo Imperadore , per sommuouerlo a passare in Italia in fauor loro; ma la Madre, figliola del Duca d’Osterich cioè di Bauiera, parendoli di troppo tenera età, non volle. E licenziatili con amoreuoli parole , e speranze , acconsentì, che portassero con loro la mantellina del medesimo Curradino soppannata di vaio, &c. Gio. Vill. lib. 6. cap. 44. 81. e 85 . Lionardo Aretino lib. 2. Cristofano Landini nel comento di Dante . Scipione Ammirato lib. 2. a car. 99. Piet. Mess. in vita Currad. I parentadi che fece M. Buonaccorso , quando i Guelfi, & i Ghibellini si pacificarono insieme, si sono raccontati nelle attestazioni del sonetto di M. Forese a 40. Il medesimo M. Buonaccorso fu mandato Ambasciadore à Carlo primo Rè di Napoli l’anno 1270. quando fece l’accordocol Rè di Tunisi, Gio. Vill. lib. 7. cap. 39. SONETTO XIII. Per M. Forese di M. Buonaccorso Adimari Capitani de’ Guelfi, &c viueua nel 1263. IO canterei, fra le più belle imprese Di quei, ch’hanno de’ miei pugnato, e vinto, I tuoi fatti magnanimi (o FORESE) S’io ne sentissi il gran rimbombo estinto. E per farlo auuiuar, direi cortese, Che fosti a’ Guelfi a comandare accinto, Che la tua mano un Cacco suol distese, Che per te sembrò Reggio un Terebinto. Ma quel, ch’in mille carte è già descritto, Quel ch’ognun vide, & hà nel cuore impresso, Il tornarlo a narrar non forse è dritto . Basti dir, che di Guido al sangue annesso, Fosti si chiaro in pace, in guerra inuitto, Che ne stupì con Manlio, il mondo stesso. Attestazioni del passato Sonetto. DI M. Forese Adimari scriuono molti autori molte cose , e fra l’altre ch’egli fu co’ Guelfi, quando hebbero l’insegna da PP. Clemente V. ch’era l’Aquila rossa, col drago negli Artigli, Gio. Vill lib. 7. c 2. ritenuta fin’ora da’ Capitani di Parte Guelfa, Magistrato di grand’aurorità in Firenze, e de’ medesimi Guelfi fu Capitano. e perche de’ suoi fatti principali tratta Gio. Villani lib. 6. cap. 88. registreremo qui le sue proprie parole. L’anno 1263. per simile modo, come fece in Modona così si cominciò battaglia Cittadina in Reggio tra’ Guelfi, e Ghibellini; e mandato per li Guelfi di Reggio per soccorso alli usciti di Firenze, che erano in Modona, incontinente vi andarono , e fecero Capitano di loro M. Forese degli Adimari , e entrati in’ Reggio furono su la piazza alla battaglia, la quale molto durò però che i Ghibellini di Reggio erano molto possenti, e fra li altri vi haueua un chiamato il Cacca da Reggio quest’ era grande come Gigante, e di marauigliosa forza, con una mazza di ferro in mano, nullo gli s’ardia appressare, che non l’abbattesse in terra, o morto, o guasto: veggendo ciò i Gentilhuomini di Firenze se li strinsero addosso , il quale fu doppo molto gran difesa atterrato, e morto . Questa vittoria fu ascritta al proprio valore di Forese il quale secondo il medesimo Villani nel cap. 15. del lib. 7. L’anno 1265. prese per moglie una figliuola del Conte Guido Novello, e Bindo suo Zio una delli Vbaldini, per far pare tra’ Guelfi, e Ghibellini . Il medesimo M. Forese fu l’anno 1283. Gouernatore d’Imola, Nel 1295. capo d’vn tumulto , Nel 1296. Ambasciatore in Lombardia per la pace, veggasi in somma Gio. Villani lib. 6. cap. 88. a car. 179. e lib. 7. cap. 15. a car. 99. Lionardo Aretino lib. 2 dell’Istorie Cristof. Landini nell’ Apologia, il Mini ne’ discorsi, il Verini nell’illustrazione di Firenze, il Volaterrano, il Borghini ne’ trattati l’Amirato, & altri Scrittori delle cose Fiorentine , & ultimamente il Sig. Iacopo Gaddi negli Elogi Istorici . Manlio atterrò ancora lui vn Gigante . Vedi Tito Liuio. SONETTO XIV. Per Carlo di M. Guerra Adimari Capitano d’Amalfi , &c. Viueua nel 1272. E per Niccola Adimari autore della Famiglia de’ Trotti. QVei, che cantò del’auree Muse al Trono Irato Achille, e peregrino Vlisse, E quei, che degli Dei lacuna scrisse, Perch’andaron vagando, hebber gran suono. Quindi al buon CARLO, & a NICCOLA in dono Trouar gloria esulando il Ciel permisse, In Napol quegli, e questi in Milan visse , Ch’i Vati accetti in Patria unqua non sono. Così Iasone in Colco, in Misia Alcide, Per conquistar virtù sen’giron solo , CHE sol quei molto sà, che molto vide: O’ quanto è bene alzar dal nido il volo , PER tutto al valoroso il Cielo arride, E marcisce Virtù nel proprio suolo . Attestazioni del passato Sonetto. NElle discordie fra’Guelfi, e Ghibellini, molti degli Adimari andarono in diuerse parti, & incontrarono felice ventura. Le attestazioni, che qui & altroue si noteranno, circa i progressi d’alcani de’ nostri nel Regno, l’hauiamo haute da scritture mandateci autentiche da vn ministro dell’Archiuio di Napoli, le quali di mano in mano, che ci se ne porgerà l’occasione s’andranno copiando . E per questo Carlo di M. Guerra, così viene scritto. Ex scripturis Archiuij Siclæ Regni Neapolis positis in Registris Ex registro Caroli primi 1272. XV. Indit. litera E. Carolus Domini Guerra de Adimaris Capitaneus Ducatus Amalfi fol. 231. In Lombardia passò vn Niccolò Adimari dal quale i Trotti . Cristofano Landini nell’Apologia in difesa di Dante così ne ragiona. Sono in Alessandra della Paglia i Trotti, famiglia molto numerosa, & ornatissima in arme, disciplina militare. e nella ragione Ciuile per molti Iurisconsulti eccellenti, e già gran parte del Monferrato soggiogo, i quali sono de’ Fiorentini Adimari. Capo di questa Illustrissima famiglia, che crebbe ancora in Milano, fu come si è detto vn Niccolò Adimari , che partitosi di Firenze più centinaia di anni sono, sen’andò ad abitare in Lombardia , come da certe scritture mandatemi da Monsig. Francesco Trotti. L’etimologia del qual cognome, alcuni vogliono, che deriui dal verbo Spagnolo Troccar, cioè scambiare , o mutare, hauendo scambiato casato, benche ritenghino la medesima Arme , cioè lo scudo diuiso per trauerso in due Campi eguali, turchino sotto , e d’oro sopra, e mutato luogo , e cangiato Patria . Altri dal Verbo Trottare, cioè camminar gagliardo : che per ciò il Trotto, è vna specie dell’andar de’ Caualli, fra il passo comune, & il galoppo, hauendo forse riguardo, che Niccolò si partì velocemente di Tolcar SONETTO XV. Per Alamanno, o vero Manno Adimari vno de’ XII. Ambasciadori Fiorentini a PP. Bonifazio VII. viueua nel 1294. SPira il Cigno Dirceo canto sicuro, Ch’il gran sangue Corintio in Licia sorse Fecondo sì, ch’in un sol dì soccorse De’ Greci il Campo, e de’ Troiani il Muro. Ma sempre Antichità giace in oscuro, Questa è ben verità non posta in forse, Che Dodici in vn dì Flora ci porse Nunzi, ch’a tanti Regi aita furo. Dillo tu Bonifazio allor ch’intento A riceuer di Pietro i sommi onori Chiamasti i Fiorentin Quinto ELEMENTO, E dillo o MANNO tu, che tra’ migliori Allano in Puglia hauesti, in Cuma argento, Quand’hebbe più che Muse, Arno Oratori. Attestazioni del passato Sonetto. GLI Adimari furono si numerosi, che diuisi in più consorterie, parte di loro furono bon parte Nora come i Cauicciuli, e parte con parte Bianca come gl’Adimari Gio. Vill. lib. 8. cap. 38. & in varie parti secondo gl’accidenti delle cose moderne andarono ad abitare; Questo Manno, ouero Alamanno passo nel regno, e fu familiare di Carlo Primo, e di Carlo Secondo Re di Puglia da loro beneficato, & onorato, come si legge nell’ Archiuio di Napoli con queste memorie. Ex Archiuio siel e Regni Neapolis ex registro 1291. & 1292. Indit. 5. lit. C. fol. 52. Mannus de Adimaris de Florentia Miles, & familiaris habet in donum pro seruitijs Carolo Primo, & nobis prestitis Casale Allani in prouincia terra Hidronti quad fuit comitis Assarani, & domum ipsius comitis in eadem terra. E nota che i Caualieri a quei tempi , Milites appellabantur, come attesta il Sig. Iacopo Gaddi nella Note all Elogio di M. Vieri Cerchi. Ex registro 301. Indit. 14. lit. D. fol. 233. Mannus de Adimaris de flor. miles, & familiaris habet in donum uncias quadraginta in feudis assignandis. Ex registro 302. prima Indit. lit. G. fol. 175. Mannus de Adimaris de Flor. & Bartholomeus de Tocho de Capua, familiares, habent in donum medietatem Fiscalis terræ Cumarum pro redditu Vnciarum 20. in feudum. Molti autori tanno menzione del mirabil caso interuenuto l’anno 1294. intorno alla stima della Fiorentina Eloquenza, Io nondimeno tralasciatone molte, addurrò qui solamente quel che ne dice Christofano Landini nelle sue apologie in difesa di Dante, e de’ Fiorent. Fu naturale nella Fiorentina nazione l’Elogenza, di che, oltre alla esperienza molti esempi posso indurre, che molti Principi vsarono l’opera de’ Fiorentini nelle loro legationi , ma cosa mirabile fu, a chi senza inuidia giudica, che nella Coranzione di Bonifacio VIII. e nel tempo che per congratulazione della nuoua assunzione sempre huomini eloquenti si scegliono , dodici Oratori Fiorentini da dodici Principi furono onorificentissimamente mandato, &c. fra’ quali per il Re di Puglia vi andò Manno Adimari . Il Sig. Gaddi negli Elogi historici, accostandosi ad altra oppinione dice, che questo Manno vi andò per il Re d’Aragona, ma io tengo vi andasse peril sudetto Re di Puglia, mosso dalle disopra registrare scritture , che lo dimostrano essere stato familiare di quei Re, &c. Le Casate , e Consorterie vscite dagli Adimari sono state , Rauignani, Cosi, Fraschi, Trotti, Cauicciuli, & Alamanneschi. SONETTO XVI. Per Ruberto Adimari Caualiere, e Gouernatore di Puglia, Vicario di Raimondo Berengario nel 1296. e 1304. E per Vberto di Benedetto Adimari Auolo della Signora Caterina Piccolomini. TVtti corriamo al Palío, e qual Destriero Nell’Arena del mondo ognun discende, Son le mosse alla Cuna, e’l premio prende, Chi ben termina in morte il corso altero. Ma quei ben corre in questo stadio in vero , Che senz’ offender altri al suo fin tende , Tal fù ROBERTO in Puglia, e tal s’intende, Fossi vn moderno VBERTO huom sempre intero Quei palma hebbe da Carlo, e nello stato Del Berengario Sir, Questi vicina Costante la trouò di figli orbato . Per che, Nipote sua, tu CATERINA, Desti, Gran Donna a PICCOLHVOMO allato , Prole ad un nuouo Enea quasi diuina . Attestazioni del passato Sonetto. PER le Cause, accennate nella passata attestazione, e per la Cacciata de’ Guelfi di Firenze, molti de’ nostri si sparsero in varie parti; onde fino in Inghilterra, mi disse l’Illustriss. Sig. Balì Cioli primo Secretario del Sereniss. di Toscana hauer trouato un Marcantonio Adimari in buonissimo stato, che discendeua dagli Adimari di Firenze ma i più si posarono nel Regno di Napoli, e però non solamente questo Roberto, ma molti altri visi trouano hauer profittato, come dimostrano le seguenti note. Ex Archiuio Siclæ Regni Neapolis, ex Arca lit. B. Robertus de Adimaris Iustitiarius Apulie, & Vicarius terrarumis Apulia Domini Raimundi Berengharia filij Regis Caroli II. 1296. Sappiasi quì, & altroue, che nelle memorie haute di Napoli vien detto, che il titolo di Iustitiarius Idem est quod Vicerex. Ex scripturis eiusdem Archiuij positis in fasciculis Ex fasciculo 24. Robertus de Adimaris fuit Iustitiarius terrarum Raimundi Berengarij filij Regis Caroli II, 1296. Con l’occasione di questo Roberto ci è parso di far menzione d’vn moderno Vberto, figliolo di Benedetto Adimari, si perche fu gentilhuomo dotato di grandissima prudenza, e fedeltà , & impiegato in vani Carichi, come per hauer lasciato abbondanti facultà , e tollerato con fortezza indicibile la morte di Raffaello suo vnico figliolo, consolandosi in alleuare la Sig. Caterina Adimari sua nipote, che erede non meno, dellevirtù de’sudetti suoi antenati, che delle ricchezze, fu maritara al Sig. Cau. Enea fratello del S. Conte Marescial Fra Ottauio Piccolomini Generale di sua Maestà Cesarea, Gentildonna, che, feconda di figliuoli, e più di virtù, hà saputo anch’ella mostrare, e nell’educazione loro, e nel perderne alcuni, e nel gouernar la Casa, e nel passar vna lunga vedouanza, non dissimil fortezza , e valore. SONETTO XVII. Per Baldinaccio di Boccaccio Adimari, viueua nel 1315. ANimo generoso oppresso a torto, Come chiuso talor sotterra il foco Non sa fermarsi, o ritrouar mai loco, Fin che non giunge al suo natìo conforto. Così tu BALDINACCIO Esule accorto , (Cerreto in occupar) vincesti il gioco, Onde l’onor per te non fù già poco, Ma bene il biasmo altrui non fù già corto. Ritornasti alla Patria, e ben douea Nelle Paterne mura esser rimesso, Quel che tant’altri a mantener u’hauea , Fù Baldinaccio con figlio a tè concesso, Che discacciò Gualtier, che l’opprimea, Però chi gioua altrui, gioua a se stesso. Attestazioni del passato Sonetto. REgnando le Parti Bianche, e Nere. si adunarono molti di parte Nera in Santa Trinita ; Capo de’ quali era M.Corso Donati, insieme co’ Cauicciùli, e consultarono primieratmente di mandare a Bonifazio VIII. che spingesse qualche signore della Casa di Francia, a che li rimettesse in stato , e cacciassine i Bianchi . Dispiacque simil trattato alla Signoria, & a persuasione di Dante Alighieri, allora de’ Priori, furono mandati in esilio, molti di parte Nera , fra’ quali alcuni de’ Cauicciùli , & ancora andarono in esilio alcuni di Parte Bianca fra’ quali Baldinaccio Adimari; ma questa parte , poco appresso fu reuocata . Veggasi Gio. Villani lib. 8. cap. 41. Cristof. Landini nell’apologia, e vita, e costami di Dante. Intanto venne a Firenze Carlo de’ Valois, & il Cardinal d’Acquasparta, quali fecero far molte paci, fra i Bianchi, e Neri, e la principale fra gli Adimari, ma per maligna instigazione de’ Neri, Carlo de Valois cacciò di Firenze quelli di Parte Bianca, fra’ quali fù Baldinaccio, e Corso Adimari , con quasi tutto il lato de’ Bellincioni, Gio. Villani lib. 8. cap. 40. & 48. Don Vincenzio Borghini, e Francesco Petrarca in vita Bonif. VIII. Tentarono li Adimari esiliati di tornar in Firenze, e l’anno 1304. il detto Baldinaccio, e Corso suo fratello, entrarono nel Palazzo delli Potestà per forza, e ne trassero Talano di M. Boccaccio Cauicciuli, che vi era stato messo prigione . Gio. Vill. lib. 8. cap. 73 . E nel 1315. Baldinaccio di Boccaccio Adimari Cauicciùli fece ribellare Cerreto Guidi, e lo tenne tanto, che il Comune lo rimesse nella Città, senza il qual patto non volle mai renderlo . Gio. Villani lib. 9. cap. 71. oue soggiunge queste parole Alla fine per patti, e per danari, essendo tratto di bando Balinaccio con vergogna del Comune di Firenze, renderno detto Castello, &c. Oue sino a questi tempi gli Adimari hanno hauto delle possessioni, e credo sia denominato Cerreto Guidi, per dipendenza della Contessa Gualdrada moglie del Conte Guido come a 31. SONETTO XVIII. Per il B. Vbaldo Adimari dell’Ordine de’ Serui, fioriua nel 1315. VBALDO, alto rampollo, ond’hanno i rami Del vecchio Ceppo mio vita, e sostegno, Non disdegnar, ch’io del tuo sangue, hor ami Te di mia nobiltà mostrar per segno ; Che s’ egli auuien, ch’in terra Onor si brami, Gloriarsene in Ciel certo è più degno, Perche qua giù non è chi maggior chiami D’vn Cotrigian di Dio, ne Re, ne Regno. O seruo di MARIA, per quel gran vanto, Ch’hauesti in portar via, conforme a i voti, (Qual già Tucia nel vaglio, onda nel manto. Soccorri a’ miei trauagli oggi a te noti, Porta anca via da me l’acqua del pianto , Suol pure ogni Auo amar sempre i Nepoti . Attestazioni del passato Sonetto. EX Processu B. Philippi Florentini Confessoris, &c Ex Authographo originali per Notarios Tudertinos olim constato: vide Centuriam Annalium Ordinis seruorum, editam , lib. 5. cap. 1. & 2. Compendium æditum apud Ioannem Antonium Caneum anno 1616. pagina 4. B. Philippus Florent. seditiones, & odia simul cum Card. Latino in summan pacem conuertens, Vbaldum Adimarium, alterius factionis Princeps, Religioni seruoram adiunxit: qui tandem optimo fine quieuit, quod & præstitit Bononiæ cum eodem Cardinali. Nella vita del medesimo Beato, scritta dal Sig. Pandolfo Ricasoli Baroni Canonico Fiorentino a carte 123. & 124. si legge . Singalare fu la conuersione d’Vbaldo della nobiliss. famiglia degli Adimari, capo della frazione Ghibelllina, contro la parte Guelfa; Imperoche mentre, a guisa di un’altro Saulo, minaccioso, e crudele andaua con l’armi contro a gli auuasarj , mosso dalla esortazione di Filippo, lasciata la diuisa militare del mondo, prese quella di Maria Vergine, per mano del Generale; che poi veduto i progressi del nouello discepolo lo volle per compagno, e frequentemente per Confessore; anzi raccontano le storie de’ Serui, che auuertito da Diuina inspirazione, però che era lontano di Todi, che oramai staua per passare di questa vita il B. Filippo suo caro Maestro, colà si conducesse, e che dalla sua uista ricreato il B. Generale, nelle sue braccia rendesse l’anima a Dio. Morto il Maestro se ne ritirò nel Monte Senario, doue con asprissima penitenza visse fino a gli anni del Signore 1315. Molti singulari e sempi della simplicità, che in lui fu maruigliosa raccontar si potrebbero . Ma dirò solo, che hauendo carica dal superiore, di portar l’acqua per la refezione de' Padri dal fonte del B. Filippo, auuenne, che si roppe il ua _____ste la portò a’ Padri senza versarla, benche aspra SONETTO XIX. Per Tegghiaio secondo Capitano de’ Fiorentini contro Galeazzo Visconti, viueua nel 1321. ERcole allor, ch’a debellare i Mostri A prò dell’uniuerso armato andaua, Più del ferro, e del foco, oprò la Claua, Sensi, che sono occulti a gli occhi nostri. Non pone al Crin le Diademe, e gli Ostri Il taglio sol di spada eletta, e caua, In man de’ Generali un legno staua, Che somma autorità par che dimostri. Di questa dunque, e di prudenza armato TEGGHIAIO s’inuiò contro al Visconti, Ma trouò Marte al dubbio euento ingrato, S’i Nemici in quel punto alzar la fronte, Se non trouar gli Amici un lieto stato , Ch’ei pugnò valoroso almen si conti. Attestazioni del passato Sonetto. NEl tempo che Papa Gio. vigesimosecondo, & il Rè Roberto, per soccorrere il Piemonte , & i loro nimici di Lombardia, sbigottiti per la parte di Filippo de Valois, rifecero lega co’ Fiorentini, e con altri : hebbero dalla nostra Città molti pedoni, e Caualieri , Capitano de’ quali fu Tegghiaio secondo degli Adimari . Ma l’impresa non hebbe felice fine, perche il Marchese di Caualcabò di Cremona, Generale della legha, mal prouueduto contro le forze di Galeazzo Visconti, che haueua di già radunati molti aiuti dal Padre , da’ Pisani , e da’ Lucchesi, fu sconfitto in val di taro l’anno 1321. Vedi Gio. Vill. l. 9. cap. 128. Et alle Riformagioni , Ancora Gio. del Garbo , che fu diligente inuestigatore delle nostre antichità ne lasciò scritto qualcosa, ma i suoi fogli , come quegli del Segaloni son peruenuti in mano di persona , che tenendoli ben cari, oggi m’è difficile il vederli. SONETTO XX. Per Alamanno, e Pepo Adimari Vicari di Prato per il Rè Roberto 1326. e 1334. LA doue abbonda ognor prudenza, e fede, Come acqua all’Ocean corre l’onore, E riuolga ora in uoi, chi non lo crede, O PEPO, & ALAMANNO, il guardo, e’l core . Fu di quel Prato oue ha l’Etruria il fiore Del Duca di Calauria opra, e mercede , In vari tempi ognun di voi Rettore, Tanto è Virtù d'ogni grandezza erede. Perdonatemi hor voi, s’in vn sol giro Di tutti e due ristringo il pregio e’l merto, Troppo è lo suol ch’à celebrare aspiro . Basti il dir, che seruiste al Re Roberto , Che nelle uostre lodi, oue oggi io miro , Con questo solo io colpirò del certo. Attestazione del passato Sonetto. ALamanno, e Pepo Adimari furono Vicarj della nobil Terra di Prato in Toscana, per il Rè Ruberto, e per Carlo Duca di Calauria suo figliuolo, in quei tempi, che quella Corona ne teneua il goueruo, per conuenzione fatta. G. Vill. l. 9. c. 55. l. 10. c. 1 e c. 13. E si proua con l’appresso memorie esistenti in Napoli. Ex Regristro Caroli Illustris filij Reglis Roberti ex Registro 1326. 10. in d. litera B. fol. 194. Pepus de Adimarijæ de Florentia Vicarius Terræ Prati. Il che vien confermato da vna inscrizione, che nel medesimo palazzo di Prato apparrisce, di questo tenore . Nobilis miles aureatus Dominus Pepus de Adimaris Vicarius Terræ Prati pro D. Principe D. Carolo Regis Roberti primogenito anno 1327. Nel qual Palazzo vi e ancora vn’altra inscrizione , che tratta di Alamanno con queste parole. Nobilis miles aureatus Dominus Alamannus de Adimariorum Prole Potestas anno 1334. Pepo fu fratello di quel Talano, che fu cauato di carcere a forza da’suoi consorti, come nel sonetto 17. & auanti nel sonetto 29. che fu poi de’ 12. a riformar lo stato, e fu di quegli , che per la sentenza , che diedero gli Agenti dell’Imperatore Arrigo contro a’ Fiorentini in Genoua l’anno 1312. andò in esilio : perciò ridottosi in Napoli, hebbe il medesimo offizio . Alamanno lo potette hauer per il medesimo modo, e facilmente crederrei, che potesse esser quel Manno, che fu de’ 12. Ambasciatori, come nel sonetto XV. E la memoria, che se n’è hauta di Napoli soggiugne . Hoc nomen Vicarij dabatur Gubernatoribus terrarum Dominorum de stripe Regia. E vi erano mandati di sei mesi in sei mesi, come appresso Gio. Villani nel sudetto lib. 9 al cap. 55. SONETTO XXI. Per M. Giouanni di M. Tedice Adimari Commessario contro Castruccio Castracani a Montemurlo l’anno 1325. DOue ti lascio hor io, GIOVANNI amato , Al cui Senno, al cui Braccio, alla cui Fede Commesse l’Armi, e la difesa diede Fiorenza mia, contro Castruccio armato? Ahi, per me non sarai d’obblío cerchiato, Degno ancor tù di singular mercede, Ma delle lodi tue trattiemmi il piede Il vederti si prode, e sfortunato. Stò dubbio se cantar la tua brauura Si deue in Montemurlo, o lacrimare Del non soccorso hauer la tua suentura: Ma se l’opere illustri ogn’or son chiare, Ma se l’opere illustri ogn’or son chiare, Se chi non manca a sè mai non s’oscura, O vinca, o perda il Forte, hassi a lodare. Attestazione del passato Sonetto. QVando Castruccio Castracani l’anno 1325. assediaua Montemurlo, era iui entro Commessario pe’ Fiorentini Giouanni di M. Tedice Adimari , con 150. buonfanti di Masnade. Ma perche il Castello era mal fornito di vettouaglie, e quelli, che erano all’offizio della Condotta de’soldati in Firenze, o per auarizia, o per negligenza già mai, ben che richiesti , non vi mandarono soccorso alcuno . Il Commssario , dopo hauer coraggiosamente combattuto, e sostenuto infiniti disagi, vistosi abbandonato , e che le mura percosse da molte machine d’ogni intorno cominciauano a cadere, cercò suoi patti co’ nemici, e con le migloiri , e più onorare condizioni , che impetrarne possette, rese il Castello. Gio. Vill. lib. 9. cap. 325. SONETTO XXII. Per Cantino di Filippo Adimari Caualiere , e familiare del Rè Ruberto Gouernatore di Provincia , e Gentilhuomo di Seggio in Napoli nel 1325. SE nel contrasto Eleo pure Ghirlande Rendeano il vincitor qua si diuino, E per cerchio d’Oliua huom pellegrino Vi correa voluntario, e da più bande, Per tutto, oue la Fama il suono spande , Di tè la Musa Clio canti, o CANTINO, Che la delle Sirene al mar vicino Gito à forza, aquistasti onor più grande: Tu reggesti la Vice, e le Corone Dell’Aquila, e d’Abruzzo alto, e felice , Possente hora con l’opre, hor col sermone , Quindi Napoli al fin quasi Notrice Te figlio ne’ suoi Seggi, e i tuoi ripone, Sallo quel tempo, e Porta Nuoua il dice. Attestazioni del passato Sonetto. ARigo Imperatore per vna sentenza data da’ suoi Agenti in Genoua l’anno 1312. condannò 11. huomini di casa Adimari, fra’ quali furono Cantina, Carlo, Pepo, e Talano: parte de’ quali sen’andarono a Napoli, oue fi trouano l’appresso memorie, Ex Archiuio Siclæ Regni Neapolis Ex Arca signate litera A. Cantinus Domini Philippi de Adimaris de Florentia Miles, & familiaris Regis Roberti 1326. fasciculo 47. Cantinus de Adimaris Domini Philippi de Adimaris de Florentia Iustritiarius Prouincie Aprutij citra 1327. fasciculo 24. & fasciculo 41. Ex Arca segnata litera. C. Cantinus de Adimaris de Florentia Iustritiarius Apruntij citra 1326. fasciculo 39. & fasciculo 47. Ex Arca signata litera D. Cantinus Domini Philippi de Adimaris de Florentia Iustriarius Aprutij citra 1327. fasciculo 15. Ex Arch signata litera F. Cantinus Dom. Philippi de Adimaris de Florentia miles Capitaneus Civitatis Aquilæ 1325. fasciculo 31. Ex Registris Regis Roberti, ex Regestro 1326. & in d.lit.C. fol. 347 Cantinus Philippi de Adimaris de Florentia Iustitiarius Aprutij citra, &c. Ex Registro 1327. II. in d. litera D. folio 234. Cantinus de Adimaris de Florentia miles Lustitiarius Capitanatæ. Ex Registro 1327. & 1328. i II. in d. litera B. folio 202. Cantinus Philippi de Adimaris de Florentia Iustitiarius Apruntij citra. Ex Registro Caroli Illustris filij Regi Roberti, ex Regestro 1326. 1327. 10. in d. litera A. folio 8. Cantinus Dom. Philippi de Adimari de Florentia Iustitiarius Aprutij citra. Ex scripturis solutis, & positis in fasciculis, ex fasciculo signato G. GG. Cantinus Dom. Philippi de Adimaris Iustitiarius Aprutij citra subrege Ruberto. Al tempo di questi gli Adimari furono fatti Gentihuomini Napoletani per seggio di Porta nuoua. Vedi Gio. Villani lib. 9. cap. 48. SONETTO XXIII. Per Ruggieri Adimari Vicario di Prato in Toscana per il Re Roberto, l’anno 1325. POI che l’empia sementa, a Flora in seno, De’ Guelfi, e Ghibellin crebbe sicura, RVGGIERI, in tralasciar le Patri mura Ritrouò scampo à quel mortal veleno : Certo, ch'al pondo suo, Virtù non meno Della Palma Idumea, resiste, e dura, Quinci i danni a costui tornar ventura, E le tenebre stesse un dì sereno. Anzi fù si felice, e fortunato, Che su gli occhi medesmi a’ suoi nemici, D’autorità Real mostrossi armato. E ben fu di ragion, ch’i Cieli amici Trapiantasser quel Fiore in quel bel Prato Ch’hà d’Onor foglie, e di Virtù radici. Attestazione del passato Sonetto . HAbbiamo detto altroue, e nel sonetto 16. e nel sonetto 22. che di Adimari fuorusciti di Firenze per la cacciata de Guelfi, si recourarono in diuersi luoghi, & incontrarono diuerse fortune. Però di questo Ruggieri, che fu vno di quegli, che si posarono in Napoli , ouero figliuolo d’vno di quelli, che vi presero il domicilio, non trouò altro, se non che quando la Terra di Prato in Toscana fu sotto il dominio del Rè Roberto, e di Carlo di Calauria suo primogentio, fecondo Gio. Vill. l. 10. c. 13. anch’egli fù mandato vna volta Potestà di quel luogo, come si legge in vno Epitaffio posto sotto la sua Arme in quel Palazzo; Dal che si può argumentare, ch’ei fosse persona di valore, e che hauesse fortuna di farsi vedere huomo di comando vicino alla Città di Firenze a 10. miglia, quasi fu gli occhi della fazione contraria, e l’Epitaffio dice così Strenuus Eques Aureatus Dominus Ruggerius ex Antiquissima, ac Nobilissima Adimariorum Prole Potestas anno Christi 1325. SONETTO XXIV. Per Lotto Adimari, Regio Ministro in Napoli, viueua nel 1327. LOTTO, io non sò fra questa immensa mole Di tanti ofizi tuoi muouere i passi, Andria, Salerno, Abruzzo, e’l Re ti vuole, E tu, seruendo al Rè, te non abbassi. Di Partenope bella il viuo Sole Lungi da Flora a vagheggiar te’n passi, E fatto esempio, a chi mirar ti vuole, Mostri, che tra i sudor la gloria stassi. E ben insegni altrui, come egli è vero , Che, s’il porto lasciar non hà diletto, Non profitta già mai naue, o Nocchiero, Fu pellegrino Vlisse, e fu perfetto, Se viue in casa propria un Cavaliero, Sembra Gallo, che pugni entro al suo tetto! Attestazioni del passato Sonetto. FRA quei che se n’andarono ad habitare nel Regno di Napoli, come si è detto auanti, fu questo Lotto , huomo insigne per l’appresso memorie . Ex Archivio Siclæ Regni Neapolis. Ex Arca signata lit. A. Lottus de Adimaris de Florentia Iustitiarius Prouvinciæ Aprutij citra 1327. fasciculo siue mazzo 19. & fasciculo 41. Idem Lottus nominatur de Adimaris de Florentia cum eodem officio. Ex Arca signata litera H. Lottus de Adimaris de Floreutia miles, & familiaris Iustritiarius Aprutij citra 1327. fasciculo 59. Ex Registro 1328. ind. 12. litera B. fol. 212. Lottus de Adimaris de Florentia miles, & familiaris cum comitiua Armigerorum Equitum suorum seruiebat suprascripto Regi Ruberto. Ex Registro 1336. 3. in d. litera A. fol. 89. Lottus de Adimari de Florentia Stratigotus Ciuitatis Salerni. Ex Regictro 1336. & 1337. 2. in d. litera B. fol. 295. Stratigotus idem est quod Gubernator. Lottus de Adimaris de Fioeentia miles, & Stratigotus Salerni. Ex Registro 1337. & 1338. in. d. 6. litera B. fol. 231. Lottus de Adimaris de Florentia miles, & familiaris, Capitaneus Civitatis Bitoni. Ma questi Adimari non continuarono ad abitar pel Regno (ben che fin oggi se ne troui in Rossano) perche l’anno 1347. furon costretti a rimpatriarsi . Gio. Villani lib. 12. cap. 33. Nel resto questo sonetto finisce col prouerbio Domi pugnas more Galli , vsato in simil proposito da Pindaro nel fine dell’ Ode 12. dell’Olimpia. SONETTO XXV. Per Filippo Adimari Cau. e Gou. d’Abruzzo, nel 1327 e per Filippo di Ruberto Alamanneschi Adimari viueua nel 1594. CAro nome gentil, che porti il suono, Di generoso Amante, e Caualiero , In tè tanto gioisco, e tanto spero, Ch’oggi per due FILIPPI accordo il tuono : L’ Abruzzo il primo à gouernar fu buono, E di Capitanata ebbe anco impero, Più moderno il secondo andò sincero Oue atti a guerreggiar gli Vngheri sono. Quegli in Partenopea trouò la sede, Questi l’hebbe in Vienna, ambi oggi ammiro, Ma dal secondo aspetto altra mercede: Per che qual figlio, all’vltimo sospiro Del Patrimonio suo mi scrisse Erede, Se lite mi fa lato al fin ch’aspiro. Attestazione del passato Sonetto. DI Filippo Regio Ministro in Napoli possiamo dare l’appie notizie. Ex Archiuio Siclæ Regni Neapolìs. Ex Arca signata litera B. Philippus de Adimaris de Flor. Iustitiarius Aprutij citra 1327. fasciculo 90. Ex Area signata litera C. Philippus de Adimaris de Fiorentia Iustitiarius Aprutij citra 1327. fasciculo 69. Ex Arca signata litera D. Philippus de Adimaris de Florentia miles Iustritiarius Aprutij citra 1326. fasciculo 10. & 1337. fasciculo 50. Ex Registris Regis Roberti. Ex Registro 1326. & 1327. in d. 10. litera A. fol. 2. Philippus de Adimaris de Florentia miles Iustitiarius Prouinciæ Capitantæ. Fù la Capitanata Prouincia da sè, e non parte dell’ Abruzzo, vedi Franc. Guicciardini Hist. lib. 5. E di Filippo Alamanneschi ci conuien dare quest’altre Filippo di Ruberto di Boccaccio Alamanneschi Adimari, huomo degno d’ogni onorata mem. per molte qualità lodeuoli, che concorreuano in lui, nel suo vltimo testamento rogato M. Orazio Maccanti adi 4. di Giugno 1594. sostituì suo erede vniuersale dopo la Caterina sua vnica figliola, quando ella mancasse senza figlioli masti, o femmine Alessandro di Bernardo di Tommaso Adimari con ordine di primogeitura, e maiorasco. Morì detto Filippo in Vienna Commessario, e Pagatore di vn terzo di fanteria , che in quei tempi vi mandò il Ser. Ferdinando I. G. Duca III. di Toscana, come per lettera della prefata Altezza. Morì detta Caterina a’ 23. di Dicembre 1634. senza figliuoli, onde restò purificato il fideicommisso in persona di detto Alessandro, il quale tanto si loda del testatore, quanto si conduole d’vna lite, mossa allora intorno à detta eredità, non anco spedita . SONETTO XXVI. Per Vgolino Adimari Comess. dell’Esercito Fiorentino contro Lodouico Bauaro l’anno 1328. GIà non doueui tu, non guisto erede, Bramar l’Imperio, e Federigo vcciso, Ne disprezzar la Chiesa, e la sua sede, O Bauaro, da lei membro reciso: Ma ben Flora douea mantener fede A chi ci apre di terra il Paradiso , Per ammorzar discordie, onde succede , Ch’ogni Regno si perda in se diuiso. Non fu l’hauertino dunque,VGOLINO, Contro quell’armi in Commessario eletto Vn’euento del Caso, ò del Destino. Fù della Patria tua pietoso affetto, Fù desio di saluar l’Onor diuino, Fù, ch’ei ci volle un Caualier perfetto! Attestazioni del passato Sonetto. LOdouico Duca di Bauiera, dopo la morte di Arrigo VII. Imperadore nella discordia fra gli Elettori, alcuni de’ quali voleuano Federigo figliuolo dell’Imperador Alberto d’Austria, fu proposto per competitore, onde in vn tempo stesso , egli, e Federigo furono eletti l‘anno 1314. Vennero perciò fra di loro all’armi . Combatterono più volte con diuersa fortuna, finalmente l‘anno ottauo , Lodouico restato vincitore , preso Federigo , ottenne l’Imperio . Poscia con arti ingiuste volle in Roma farsi coronate, e contro Giouanni XXII. creò vn’ Antipapa , che fu fra Pietro da Coruara de’Frati Minori, per il che fu scomunicato, e dopo hauer tenuto con molti trauagli ingiustamente l’Imperio anni 33. morì di morte subitanea Emil. l. 8. Ignatio l. 3. Pietro Messia in sua vita Gio. Villani lib. 10. Ora mentre tumultauano queste cose , trouandosi Lodouico a Todi, con animo di venir sopra la Città di Firenze , a riquisizione de’Fuorusciti Ghibellini, che lo persuadeuano a soggiogar la Toscana, per di li passare al conquisto del Regno di Puglia , i Fiorentini per fuggir tanto pericolo, e liberar lor medesimi, e santa Chiesa, fecero diuersi prouuedimenti, facendo rinforzare le Castella di Valdarno, mandando in ciascuna terra due Capitani , e Commessarj, de’ migliori Cittadini, vno de’Grandi, & vno de’ Popolani: & allora per Grande fu spedito questo Vgolino , come particolarmente apparisce ne’libri delle Riformagioni, & il resto appresso Gia: Villani lib. 10. cap. 100. SONETTO XXVII. Per Piero di Carlo Adimari Ambasciatore a diuersi l’anno 1328. e 1329. DEll’Arca di Noè su l’hore estreme La Repubblica è tipo in mar d’affanni, Oue il Lupo si stà con l’Agno insieme Questi senza timor, quei senza inganni Ma quando degli esterni ancor si teme , Si fa spiegare alla Colomba i uanni, Non al Destrier, non al Leon , che freme, Che ci vuol flemma a superare i danni. Così tu (PIERO) ancor mandato solo Ambasciator di verde Oliuo inserto, Ritornasti più volte al patrio suolo . E Nunzio d’aurea Pace, e di Concerto , Riportasti il piacer , fugasti il duolo , Siena, e Perugia il seppe, e’l Rè Roberto. Attestazioni del passato Sonetto . QVandoi Fiorentini, per timore dell’Armi di Lodouico Bauaro Imperatore, faceuano diuersi prouedimenti, come si è notato nell’attestazioni del passato sonetto, fra le altre diligenze, fu il mandare Ambasciatori al Rè Roberto, & al Duca suo figliuolo : accioche rimossa ogni cagione , venissero personalmente alla difesa loro, protestandosi , che se non veniuano , resterebbono di pagare li fiorini 200. che annualmente li dauano , &c. Per queste occasioni fu spedito Ambasciatore al sudetto Rè, & alle altre amistadi de’ Fiorentini , come erano allora i Sanesi, & i Perugini, fra li altri Piero di Carlo Adimari. Il quale, può dirsi , che tornasse col Ramo d’Oliuo di pace in mano, perche, morto Castruccio, e dannato il Bauaro, Iddio addirizzò la Città di Firenze in vittorie , prosperità, ricchezze, e buono stato. Gio. Villani lib. 10. c. 100. Et alle Riformagioni. SONETTO XXVIII. Per M. Pepo di Boccaccio Ambasciatore. Per Boccaccio suo Padre, e per M. Alamanno Adimari Cauicc. viu. nel 1329. SE del Padre il Candor fà bianco il Figlio, Deuoio (Boccaccio) addur quel ch’il fà nero? E narrar, che morì Dante in esiglio, Per la tua pertinacia ? Ahi non fia uero. Dirò di PEPO tuo con più consiglio , Che Nunzio ito in Romagna, e Caualiero, Ci sottrasse dall’ante, e dal periglio Di Castruccio, di Pisa, e dell’ Impero, Oh secolo pe’ nostri allor beato , In quei tempi uiuea quell’Alamanno, Che lo chiama in fin l’urna vn gran soldato. IACOPO oggi co suoi giunge a tal danno , Che d’un sommo Pastor parente allato Quasi andò nudo, e fu si largo il panno. Attestazione del passato Sonetto . L‘Anno, 1301. Dante Alighieri fu cacciato di Firenze, perche trouandosi di Gennaio 1300. del supremo Magistr. persuase il Senato, che douesse punire, & abbassare la superbia de’ Grandi, per il che furono esiliati molti nobili, fra’ quali Baldinaccio di Boccaccio Adimari Cauicciuli, come narra Cristof. Land. nella vita del detto Poeta, & altri. Tentò Dante più volte di ritornare in Patria, ma sempre in vano, ostandoli molti, e fra li altri, come è fama, Bocc. Padre dell’esiliato Baldinaccio, come è detto addietro nell’attestaz. del sonetto 8. a car. 33. e del son. 17. a car. 51. e racconta Gio. Vill. l. 9. c. 135. e 1. 12. c. 43. Quando poi la Città di Bologna corse pericolo per trattato del Bauaro, d’esser tolta al Legato Eccl. Fior. vi mandarono soccorso, & allora su spedito Ambasciadore M. Pepo Gio. Vill. c. 149. de lib. 10. Il medes. fu impiegato in occasione della Pace fra’Pistol. & i Fiorentini, fatta l’anno 1329. Gio. Vill. lib. 10. c. 132. E nelle cose di M. Marco Visconti, di cui fa menzione il medesimo Vill. lib. 10. c. 136. Il I. terzetto Allude ad Alamanno Cauicciuli, attestato per valoroso Cau. dal suo sepolcro, posto in faccia del I. Chiostro di S. Croce vicino alla porta del fianco in vn’arca di marmo sostenuta da 4. figure con questo Epitaffio . Hic iacet egregius miles. D. Alamannus de Cauicc. qui obijt anno 1337 Il 2. terzetto allude a Iacopo di Gio: Adimari , huomo di tanta poca fortuna, che l’essere stato fratello cugino di Gio: Francesco Aldobrandini Generale di S. Chiesa, e perciò parente di Clemente VlII. non li fu d’alcun profitto. Fa menzione di lui Gioseffe Castalione, in vna sua Orazione da lui recitata ne’funerali dal medesimo Gio: Francesco, stampata in Roma l’anno 1602. con queste parole. Huc accedit affinitatius splendor Margaritam enim Georgij Aldobrandini sororem Ioannes Adimarius Iacobi huius pater uxorem duxerat, &c. SONETTO XXIX. Per Talano di Boccaccio Adimari Commessario dell’Esercito nel 1341. e de’ 14. a riformar lo stato nel 1343. IN due tomi, e non più, si legge espresso Della legge di Dio tutta la salma, In amare il Signor con tutta l’alma, E’l suo prossimo ancor come se stesso. Glorioso Campion, conosco adesso , Ch’hauesti d’ambedue corona e palma, Ritornasti, o TALAN, tua Patria in calma, Et all’onor di Dio seruisti appresso . Ciò fu, quando a compor l’antico stato Fra i Quattordici elettto, oprasti tanto , Ch’il seruizio di Dio crebbe onorato . E quando, amando i tuoi pure altrettanto Capo del nostro Esercito chiamato , A te l’Onor crescesti, a Flora il Vanto : Attestazioni del passato Sonetto . DElla stima , e potenza di Talano di M. Boccaccio Cauicciuli degli Adimari, e quale ei fosse in sua vita, si può far cogniettura da quello, che ne scriue Gio. Villani lib. 8. cap. 73. oue racconta, che l’anno 1304. essendo egli carcerato , e tornando la Podestà da Casa i Priori, i suoi Consorti, e parenti assalirono la Corte , & assai ne ferirono, & ammazzarono , & fugato la Podestà , che si chiamaua M. Giulio Pazzaglia da Parma, entrarono in Palazzo , e rotta la Carcere liberarono il Prigione , ne sene fece dimostrazione alcuna. E quando l’Imperatore Arrigo, l’anno 1328. partito dall’assedio di Firenze se ne tornò a Pisa , e fabbricò molti processi contro a’ Fiorentini, fra i Grandi Cittadini, che egli condannò, fu quello Talano, e Pepo suo fratello, per hauer dalla Città 100. marche d’oro. Giovanni Villani lib. 9. cap. 48. Nel 1341. i Fiorentini, compiuto il mercato della Città di Lucca con M. Mastino, ne presero la protezione , essendo assediata , facendo muouere l’oste ch’era in Valdarno , e col Capitano aggiunsero due Cittadini per sesto , per Commessari della Guerra , e andarono in arme con compagnia nobilmente a’ gaggi del Comune, & allora , per sesto di Por San Pietro, vi su Talano Adimari. Gio. Villani lib. 11. cap. 132. Dopo la Cacciata del Duca d Atene, congregato il Popolo Fiorentino in Santa Reparata, furono eletti 14. huomini con piena Balìa di riformare la Terra fare vsici leggi, e statuti sette Grandi , e sette Popolani, e fra’ Grandi per Porta S. Piero, fu Talano Adimari. Gio. Villani lib. 12. cap. 16. a carte 822. SONETTO XXX. Per Antonio di Baldinaccio, Capo contro al Duca d’Atene, & Ambasciador a diuersi Principi dal 1343. al 1355. MAgnanima virtù tra i più lodati Di quanti fosser mai ricchi d’onore, Fu d’Aristogiton l’alto valore, Che discacciò d’Atene i Pisistrati, Pari (ANTONIO) ancor tu di quei passati, Della Patria, e de’ tuoi luce, e splendore, Fatto pria Caualier, poscia Oratore, Sembrasti un Bruto a Fiorentini amati: Discacciasti Gualtieri empio tiranno , Col Mediceo valor, col tuo periglio, Tanto intrepido al ben , quanto al tuo danno, Onde al fin poi, con la Corona, e’l Giglio Diuenne a prò di noi (spento ogni affanno) Padre alla Patria sua, chi ne fu Figlio . Attestazioni del passato Sonetto . COrreua l’anno 1343. quando Gualtieri Conte di Brenna cognominato Duca di Atene, eletto inconsideratamente da’Fiorentini per loro Signore a vita, tiranneggiaua la Città si aspramente, che in meno di 10. mesi molte congiure, per deporlo , se li scoprirono contro; Della prima fu capo il Vescouo Acciaioli co’Bardi , Rossi Frescobaldi, Scali, Altouiti, e Magalotti, Della seconda Donati Pazzi, alcuni degli Alberti , Niccolò di M. Alamamno, e Tile Benzi de’ Cauicciuli; Della terza, che fu la più potente , fu capo Antonio di Baldinaccio degli Adimari, co’Medici , Bordoni , Rucellai , e Aldobrandini. Questa congiura fú scoperta al Duca, e manifestato , che il principale era Antonio di Baldinaccio : il Duca lo fece richiedere , & egli richiesto , per sicurtà di sua persona comparì . Il Duca, per la grandezza de’congiurati , non ardì di fame alcuna resoluzione, con l’indugio in lui crebbe il timore, e negli auuersari l’ardere , si sollieuano gli aderenti degl’Ademari capi de’cinque Sesti, affaliscono il Palazzo del Podestà, fanno scappare i prigioni, Il Duca per lo meglio, risolue di far Caualiere in pubblica ringhiera Antonio, che molto lo recusaua, e diedegli liberta: non dimeno crescendo il furore , fù constretto a deporre il Dominio , e partisi della Città, e di Toscana il dì di Santa Anna. Gio: Villani lib. 12. ca.15. 16. 20. 21. e 22. Et al Capitolo 8. del detto libro dice , che il detto Antonio , ben che fosse de’grandi, haueua in odio i termini scortesi d’alcuni verso il Popolo scontento , di hauerli ammessi agli offizi , per il che alcuni Priori de’Grandi , furono forzati a renunziare l’offizio . Et al Capitolo 22. del medesimo libro dice , che il medesimo Antonio , insieme co fratelli, e Nipoti, er grazia e gratitudine fu fatto di popolo l’anno 1345. Il medesimo fu impiegato in diuerse Ambascierie , cioè L'anno 1344. alli Aretini. Gio. Villani lib. 12. cap. 31. 32. L’anno 1346. sendo la Città interdetta per vna differenza tra l’Inquisitore & i Priori , per conto d’vna Cattura in causa Ciuile, fu mandato Ambasciatore a Papa Clemente VI. & a Senesi . L'anno 1347. a Lodouico Rè d’Vngheria. L’anno 1355. a Carlo IV. Imperatore. Veggasi Gio: Villani lib. 12. cap. 57. e cap. 107. & alle Riformagioni . E considerisi, che lo scacciare vn forestiero tiranno , ci hà dato luogo, oh singular benignità di Dio, di hauere vn Principe benignissimo, e nato del più chiaro sangue, ch’abbino l’istesse viscere della istessa sua Patria, e che per memoria di sì grata impresa, fù ordinato corrersi vn Palio di scarlatto il dì 26. di Luglio . Onde si può ben paragonare ad Aristogitone, che in compagnia di Armodio discacciò d’Atene Ippia & Hipparco Tiranni della stirpe de’ Pisistrati, secondo Pacis. in Att lib. I. et in com. lib. 2. SONETTO XXXI. Per Francesco di Lapo del Tritta Ambas. e de SS. il Primo pergrande, e per Ant. di Guido del Tritta Amb. a Clem. VI. nel 1346. NOn è, chi molto vidde, e molto visse, Inesperto già mai d’opre, o pensiero, E però finse in quei suoi versi Omero, Nestore Antico, e Pellegrino Vlisse. L’istesso a te FRANCESCO, il Ciel permisse, Ch’un secol quasi hauesti in terra intero, Mentre, Nunzio, il calcar piu d’vn sentiero Al tuo senno, al tuo piè Flora commisse, Quindi uari apprendesti, e moti, e modi, Col tuo cugino ANTONIO, ito al superno Pastore, a stringer fedi, a fugar frodi. Dopo l’Empio Gualiter primo il gouerno Per Grande hauesti, Io stringo hor le tue lodi, Che fosti della Patria, e Padre, e Perno: Attestazioni del passato Sonetto. NEll’anno 1341. nel quale i Fiorentini mal consigliati trattauano di comprar Lucca da M. Mastino de la Scala, e che i Pisani posero l’assedio intorno a quell a Città, furono spediti diuersi Ambasciatori per adunar forze da’Collegati & amici; allora M. Francesco di lapo del Tritta Adimari fu mandato al Re Ruberto di Napoli, il quale, perche al tutto biasimaua quella Impresa, con insolita rigidezza, non volle dar loro aiuto alcuno , onde ne resultò gran danno, contuttociò i Fiorentini fecero vna grande , e nobile oste, per leuare i Pisani da quello assedio. Gia. Villani lib. 11. cap. 137. e 138. Nel 1343. dopo la cacciata del Duca d’Atene, parendo a’ Grandi cosa ragioneuole di ritornare a godere gli offizi , sendo stati cagione di ridurre il comune in libertà , fu fatto vno squittino, per il quale furono ammessi al Gouerno . E per il primo Priore de’grandi fu allora eletto il detto Francesco di Iapo . Era la nostra Casa , stata senza godere del Priorato anni 51. cioè dall’anno 1592. che fu Bernardo di M. Manfredi fino al 1343. che fu il sudetto Francesco , & altri anni 53. stette doppo , cioè da questo Priore , fino all’anno 1396. che fù M Filippo di Alamanno Alamanneschi; talche la Casa nostra in 113. anni , come troppo grande , e potente, non hebbe se non vn Prior solo: Tanto erano le famiglie de’magnati, da’popolani ingelositi, tenute lontane dal gouerno. La sepoltura di questo M. Francesco è in Santa Croce, nella nauata da manmanca fra l’organo e la Cappella de’ Biffoli con queste parole . Hic iacet Corpus D. Francisci lapi de Adimaribus obijt anno 1351. Die 11. Februarij cuius anima requiescat in pace . Nel medesimo sepolcro l’anno 1632. fu posto Girolamo di Donato Adimari, che morì in Firenze venuto di Roma , oue al tempo di Clemente VIII., come nato per Madre Aldobrandina, fù Capitano d’infanteria, vissuto gran tempo appresso al Card. Ipolito Aldobrandino . Antonio di Guido del Trista cugino del sudetto Francesco, fù l'anno 1346. Ambasciatore in Avignone a Papa Clemente VI. o per rallegrarsi della Coronazione di Carlo Re di Boemia , o per ottener vettouaglia per la gran Carestia di quei tempi. Gia. Villani lib. 12. cap. 59. 72. e 77. SONETTO XXXII. Per Ottauiano di Baldinaccio Cau: insigne fratello d’Antonio, sepolto in Santa Reparata, oue è oggi S. Maria del Fiore l’anno 1352. OTTAVIANO, ancor tu forse in obblio Sarestiomai tra le memorie spente , S’il tuo Sepolcro in queste età cadente, Di sotterra alterar non vedeu’io . Oue a MARIA DEL FIOR, ch’allegò Dio, Pauimento si fea di Marmo algente , Celata l’Vrna tua rupper giacente, Generoso Guerrier del sangue mio: O quanto piansi allor l’iniqua sorte, Che del Tempo al ferir non sia sicuro L’huom dal sasso couerto, e della morte! Di nuouo hor giaci ignudo, ignoto, oscuro Nella arena inornato infra due porte, O nuouo, senz’ Enea, mio Palinuro. Attestazioni del passato Sonetto. FAcendosi l’anno 1622. in Santa Maria del Fiore il pauimento di marmo, dalla nauata verso il Campanile, fra la porta piccola, e la porta del fianco, quasi a riscontro della statua di Giotto , fu trouata, nello scauar sotterra , vna lapida di marmo coperta dal vecchio pauimento, lunga braccia tre e mezzo, e larga braccia dua e dua terzi: intorno alla quale erano intagliate le seguenti parole . Hic iacet strenuæ nobilitatis vir. Actauianus Domini Baldinacci de Adimaribus , qui obijt anno Domini 1352. de Mense Februarij & hoc sepulcrum est Fratruum & suorum descendentium, cuius anima requiescat in pace. Mi trouauo in quel tempo Consolo di Mare per la seconda volta a Pisa, onde Guido di Marcantonio Adimari (fratello dell’onoratissima, e prudentiss. Signora Maddalena viuente, vedoua del già Cau. Pierantonio de Nobili) che poco prima era stato fatto Senatore , Fiorentino comparse auanti al Magistrato dell’Opera, e fece instanza, che questa memoria si mantenesse . Perciò quei SS. fecero vn partito, notato a’ libri di detto Offizio a carte 100. sotto di 19. di Febraio 1622. per il quale ci diedero facultà di poter riporre questa notizia in altro marmo piccolo nella parte di detta Chiesa , al dirimpetto doue la lapida s’era trouata , stante l’esser ad ogn’vn proibito , il poter far sepolture nel pauimento del duomo . Ma fin qui, non sendosene fatta altra instanza, non è seguito altro. Ma ben questo huomo è degno d’onorata ricordanza , almeno perche fù fratello di quell’Antonio , che scacciò di Firenze il Duca d'Atene, e per i titoli, che 300. anni adietro si dauano alla nostra famiglia. SONETTO XXXIII. Per il Padre Francesco Adimari dell’ordine di S. Domenico, Huomo d’insigne bontà, fiorì nel 1360. QVal di Balsamo eccelso, o d’aureo fiore, Ch’in bel giardin trapianti industre mano, Sembrò, FRANCESCO, il grazioso odore, Che la tua Santita spirò lontano : Questo fu, perche posto in suol migliore, Di DOMENICO fosti Alber sourano , Di DOMENICO il Grande, ond’è maggiore Ch’esser oggi Monarca , esser Gusmano. Ma se lasciasti e gli Adimari, e Flora, Per fruttar meglio in altra terra, almeno, Al tuo Ceppo natia pensa talora : Non disprezza il suo Prun Rosa in bel seno, DIO stesso, oue ei già nacque, ama oggi ancora L’humil Capanna, il uil Presepio, e’l Fieno . Attestazioni del passato Sonetto. LE memorie di questo buon seruo di Dio si sono Cauate. Ex libro Fratruum mortuorum in Bibliotheca Sanctæ Mariæ Nouellæ ciuitatis Florentiæ asseruato. Pag. 40. Frater Franciscus de Adimaris, Filius olim Lippi, existens in sæculo tanta deuotionis & santitatis morumque religionis præferebat insignia, vt non sæculo sed Deo iam totus deditus videretur. Hic tandem timens Mundi fallacias, ne posset a recto deuotionis tramite deuiare, ordinem est ingressus, in quò de virtute in virtute proficiscens, nec a cœpta sanctitate deficiens, seu legisset logicalia, seu in sacerdotio fungeretur, & verbum Dei feruide predicaret, ad extremum veniens vitæ suæ Te Deum deuote cantare explicit, securus iam de cantico cælesti curiæ, ad quod de Saluatoris gratis, post paululum beato fine transiens, creditur peruenisse: maxime ut nollet transire ex hoc mundo ad Patrem, nisi prius nasceretur filius, qui eum deduceret secundum viam, post cuius natiuitatem eadem nocte, modico post transiuit, Anno Domini 1360. ab ingresso utero ordinis anno 6. La bontà di questo Padre viene ancora attestata dal Padre frà Gio: Carlo Fiorentino Domenicano, nel suo libro della vita del B. Alesso Strozzi, come al sonetto 39. a carte 95. SONETTO XXXIV. Per Francesco Adimari Capitano di Bitonto, e Cameriero della Regina Giovanna Prima, e Gouernatore d’Abruzzo 1361. e 1363. REstate in pace omai Secolispenti: Resta, o FRANCESCO, hor fortunato hor forte, Ch’io non iniudio te, ne i di redenti. Ma piango a tempo mio l’empia mia sorte, Tu prouasti viuendo alti contenti Della Real Giouanna accolto in Corte, Io fra le liti inuolto, e fra i lamenti, Prouo nel viuer mio sempre la morte. Comandasti in Bitonto, Abruzzo ancora Qual Vicerèti vide, hauesti il vanto Di seruir Cameriero alta Signora ; Ma, s’ogni riso al fin si volge in pianto, Dourebbe il pianto mio rider talora , Conquesta speme io mi consolo e canta. Attestazioni del passato Sonetto. LA Regina Giouanna Prima, fù figliuola primogenita di Carlo Duca di Calauria figliuolo di Ruberto Re di Puglia, Moglie nel primo luogo d’Andrea di Carlo vmberto Rè d’Vngheria , e nel secondo di Luigi figliolo del Principe di Taranto: & essendo dopo molte fortune diuenuta Erede del Regno di Napoli, hebbe fra gli altri suoi familiari Giouanni Boccaccio, come è notissimo, e Francesco Adimari , gratissimo, e fedelissimo Cameriere, e Gouernator di Prouincia , mentre al tempo del Rè Luigi guidaua ogni cosa il gran Siniscalcho Nic. Acciaiuoli; Veggasi, Gio. Vill. lib. 12. cap. 50. 51. e 114. Matt. Vill. lib. I. cap. 9. 18. 19. Et lib. 3. cap. 8. Et notinsi le seguenti scritture. Ex Archivio siclæ Regni Neapolis, ex Area Sig. Lit. A. Franciscus de Adimaris de Florentia Capitaneus Bitonti 1363. fasciculo 34. Idem Familiaris & Ciambellanus Reginæ Ionnæ Primæ 1363. fas. 54. Et 1364. fas. 54. Ciambellanus idem est quod vulgo dicitur, Cameriero. Ex Arca Sig. Lit. Franciscus de Adimaris de Florentia Iustitarius Apruntij citra, sub Regina Iounna prima fasc. 12 & 27. Ex scrip: eiusdem Archiuij positis in fasciculis ex fasciculo 7. Franciscus de Adimari de Florentia Capitaneus Bitonti 1361. fol. 78. SONETTO XXXV. Per Bernardo di Duccio Adimari, che Comprò il Castello di Strozzagolpe l’anno 1381. PEr tè, BERNARDO, vn tempo, e fu pur vero Godemmo in terra, vn fortunato Ostello, Che fu ricco di frutti, e fu guerriero, Ben munito di Campi e di Castello. Ma che prò, se de’posteri il pensiero Non seppe custodir questi ne quello? Certo, ch’il mantener Dominio, e Impero, Del saperlo acquistar sempre è piu bello. Ma, se qual nebbia al sol sen fuggi via, Non è, che Strozza golpe in quei confini, Di tua potenza indizio oggi non sia. Ditel voi’, ch’il godete, o Rinuccini, Dichinlo, i Templi eretti iuta MARIA, Che non posson mentir segni diuini. Attestazioni del passato Sonetto. BErnardo di Duccio Adimari nel 1381., comprò il Castello di Strozzagolpe, vicino a PoggiBonzi, la metà come beni confiscati , che furono di M. Luca di Totto da Panzano, del popolo di San Niccolò, i Carta per ser Niccolò di ser Tegna Bonsi da Castel Fiorentino. E nel detto anno Gio: ant’, e Matteo fratelli, e figliuoli di detto M. Luca, fecero fine, e quietanza a detto M. Bernardo di Duccio , e per lui a Duccio di M. Donato Adimari, della vendita che fecero , Bernardo di Matteo Velluti, e’ Compagni, offiziali de’beni de’ribelli , della metà di detto Castello di Strozzagolpe, da loro venduto a detto Bernardo di Duccio Adimari , E l’altra metà era d’Orlando de’ Maleuolti da Siena, e delli instrumenti fu rogato Ser Lapo di Gio. da Artimino, così in vn ricordo che hò in casa. Intorno a questo Castello , & in PoggiBonzi, gli Adimari haueuan gran quantità di Poderi , e di Case , passati la maggior parte con detta Posesione in Casa i Rinuccini, oue fù maritata vna figliola la di Gio: Batista Adimari vnica Erede , e da’ medesimi Adimari furono edificate, e dotare più Chiese in quei contorni, & in particulare la Madonna fuori di PoggiBonzi, detta del Romituzzo, le ragioni delle quali cose sono oggi appresso al Sig. Arrigo del Sig. Gio: Paolo Rinuccini. SONETTO XXXVI. Per Filippo di M. Alamanno, Padre del Cardnale Alamanno, & Ambasciatore, viueua nel 1387. FILIPPO in colmo ad aggrandir l’onore Della Prosapia tua ben deui andare, Perche, Nunzio felice, & Oratore, L’Arbiati vide, e fin dell Adria il Mare. Raccogliesti a Milan di Pace il fiore, E Padoua, e Bologna vdirti orare, Evidero i Pisani il tuo valore, Qui seder fra le mense, e consultare: Ne forse minor vanto è, che sposasti Del sangue Forteguerri eccelsa Dama, Onde agli Ostri di poi Figli creasti. Ma, s’il Sol solamente i suoi raggi ama, Ache uen’aggiungo altri? ah tanta basti, Da se senza altro suon cresce la Fama, Attestazioni del passato Sonetto. GIouanni di Pagolo Morelli, in alcune sue memorie, trattando di questo Filippo, dice. M Filippo era stato sempre buono, e leale Cittadino. Da alcuni ricordi di M. Rinaldo degli Albizzi , ch’erano appresso al diligente professor di Storie Giouanni del Garbo , e da alcuni scritti di M. Giuliano de’Ricci, ho cauato la seguente notizia. Fù M, Filippo di M. Alammno di Boccaccio Adimari ne’suoi tempi Gentil’huomo di non piccola stima, poiche come si legge fù impiegato l'anno per imbasciatore a Sienain in Compagnia di M. Rinaldo Gianfigliazzi, e di Leonardo Frescobaldi - fù ancora Ambasciatore in più luoghi per la nostra Città, Hebbe per moglie una de Forteguerri. Da vn Memoriale o Diario di Sasseti a. 144. si caua, M. Filippo di M. Alemanno Cauicciuli Adimari desinò con la Signoria in Compagnia di tre Ambasciatori Pisani a di 14. di Luglio 1398: Hebbe sei figlioli masti. Vliuieri , Bindo, Cantino, Alamanno, Saluestro, de’quali Alamanno fù Cardinale l’anno 1411. come si dirà auanti a. 98. SONETTO XXXVII. Per Vieri di M. Pepo Adimari Ambasciator a diuersi l’anno 1393. e per Simone suo fratello , anch’egli Ambasc. nell’istesso anno. GRande è rotar sul primo albor degli anni Nelle scuole di Marte armi, e cimieri, E mescendo al sudor nobili affanni, Hor vibrar Aste, hor maneggiar Destrieri, Ma non mentesse al tempo illustri inganni Colui, che dell’Orar calca i sentieri, Che l’vno, e l’altro studio alzai suoi uanni, Vn ci conquista, vn ci mantien gl’Imperi, Hor, s’i figli di Leda hebber corone Col Pugnio, e col Destrier, voi degni in terra, Ne foste col parlar, VIERI, e SIMONE. Anzi, senza già mai sparir sotterra Nel Mar degli Adimar fosti a ragione I Didimi d’Italia, e d’Inghilterra. Attestazioni del passato Sonetto. GRandi , & Vniuersali disturbi furono per il mondo dall’anno 1380. al 1397. si per il calamitoso scisma, che durò poi gran tempo , di Papa Vrbano VII. Benedetto XIII. in Francia gia detto Pietro di Luna, e di Bonifazio IX. in Roma , e d’altri, come per la debole virtù di Vincislao Imperatore, e per la cupidigia di Gio: Galeazzo Visconte, che affettò il titolo di Duca di Milano, e l’ottenne. onde in Italia in particolare furono molte discordie, e guerre. Però fù necessario ancora alla nostra Città mandar fuori diuersi Ambasciatori à diuersi Principi, fra quali fu M. Vieri di M. Pepo Adimari Cauicciuli , che l’anno 1393. fù mandato Ambasciatore à Bolognesi , & al Rè d’Inghilterra , e nel medesimo anno M. Simone suo fratello fù spedito Ambasciatore al Conte di Sticciano; In tanta stima erano cresciuti questi due fratelli presso al popolo Fiorentino, non ostante che pochi anni auanti leuatasi a romore nel 1378 la plebe, fosse stato dichiarato M. Vieri de sopra grandi , & confinato a Faenza. Veggasi il nostro discorso sopra la nostra famiglia, appresso di noi manoscritto , e le memorie lasciate da M. Guidantonio Adimari Canonico Fiorentino, & i Registri delle Riformagioni, a quali &c. SONETTO XXXVIII. Per fra Filippo di Filigno, Cau. Ierosolimitano nel 1321. e frà Ber. d’Andrea, Cau. dell’Istessa relig. nel 1398. BIanchi Guerrier, che nel mortale agone Armati il Cor d’una infrangibil fede Col segno, che salute al mondo diede Portaste di Virtù Palme, e Corone, Se, perch’ei vinse Anteo, fugò Tifone, Finser, ch’Alcide in Ciel mouesse il piede, Ben, lungi alla menzogna, oggi si crede, Che voi salisse all’immortal Magione. Quanti cadder per voi Busiri, e Nessi ? Quanti sorser Tesei dal cieco inferno, Dalle catene, e dall’ingiurie oppressi? Spieghin questo bel vero al ciel superno, Ospiti Caualier , gli Ospiti stessi, E ui basti sol questo al nome eterno. Attestazioni del passato Sonetto. PIcchino di Simone di M. Pepo Cauicciùli Adimari, per vn trattato praticato in Bologna di far nouità in Firenze, fù l’anno 1398. condannato con molti altri Gentilhuomini: Alcuni hebbero bando della testa, Alcuni furono mandatia confini . come si legge nell’istorie di Lionardo d'Arezzo lib. Pag. Frà i confinati fù Bernardo di Andrea di Pacchio Adimari , Giouane valoroso , e di cuore; finito il confino , per allontanarsi da’ tumulti della Patria, applicò l’animo alla Religione de’ Caualieri dello spedale di San Giouanni, allora dimoranti in Rodi. Il simile fece l’anno 1321. Filippo di Filigno, oue nell’occorrenze militari , a guisa di nuoui Tesei, liberando schiaui , solleuando oppressi, accarezzando Pellegrini, secondo il solito di quella Illustrssima Religione , si portarono come conuiene a chi veste quel nobilissimo segno d’onore . E se ne’Catalogi di quei tempi, mi riuscirà trouare di loro altra cosa particolare, si noterà quì abbasso Intanto non tralascerò di dire, che in Rossano Città del Regno rimasero di quegli Adimari, che nella cacciata de’Guelfi, si ricouerarono in Napoli . oue pochi anni sono viueua vn N. Adimari Cau. di Malta con due altri fratelli Padroni della Chiesa parrocchiale di detto luogo, dedicata a Santo Andrea . SONETTO XXXIX. Per il P. fra Angelo Adimari dell’ Ordine de’ Predicatori, Persona di gran Reuerenza fiorì nel 1400. VAntisi pur chi vuol di sangue antico, D’ora immenso, alte forze, Aui onorati, Ch’io terrrò frà più chiari, e più beati Quei, ch’anno il Mondo a vile, e’l Cielo amico . O, quanto illustre , e glorioso io dico Te della stirpe mia frà maggior nati? Perch’amasti, lontan dagli agi amati, Tra pouera famiglia esser mendico. Stimasti il pregio human come una veste , Che se non vi s’aggiunge , il Tempo solo Fà, che più corta, e men durabil reste. Sapesti, che chi cerca onor dal Polo, Come tu, di mortal si fà celeste , ANGELO a gli atti, all’opre, al nome, al volo . Attestazioni del passato Sonetto . LO Scrittore, che ha registrato molti Padri, che son morti nel conuento di Santa Maria Nouella di Firenze , tocca la memoria di Frate Angelo Adimari , con queste breui, ma sustanziose parole : come in vn libro coperto d’asse , e cuoio, a carte 68. che si conserua in quella libreria, cioè. Frater Angelus de Adimaris Magister Teologia, vir Magnæ Reverentiæ: obijt 1400. Ma frà Gio: Carlo Fiorentino dell’ordine de’ Predicatori In vita Fratris Alexi Strozze 226. mentre commemora le sante conuersazioni di quello spirito Beato, dice così. Erat illius conuersatio cum Francisco , & Angelo de Adimari, viri profectò iustissimi , quorum corpora , ob santitatis oppinione, vna in sacello D. Hieronimi infra testudines ( ciò si crede oue è ora la Cappella de’ Gaddi ) cum quandam Beatitudinis significatione iacent humata . Onde i Padri moderni , diligenti inuestigatori delle loro antichità , scoperta la bontà della vita sua, e del sudetto frà Francesco , conseruano il ritratto d’ambidue questi Frati, fra gli altri beati figliuoli di quel Conuento. SONETTO XXXX. Per Alamanno di Gio: Adimari, interuenuto a pigliare la tenuta di Pisa l’anno 1406. IN qual parte d’acquisto, in qual fortuna Vn contento souranti fù concesso? Non l’hauesti, o Fiorenza, in cosa alcuna, Fuor che di Pisa in quel fatal posesso. Così Pelope, il forte, Alfea raduna Come sua dote ad Ippodamia appresso ; Stati, e Regni ottener sotto la Luna A quei, ch’il Cielo amò solo è permesso. E tu fosti, se ben fuggì come angue, ALAMANNO, ministro a tant’onore, Che la fama del ver già mai non langue . E così Pisa alla Città del Fiore S’vnì, prima con l’oro, e poi col sangue, Ch’il prezzo è grande, ou’è maggior l’onore. Attestazioni del passato Sonetto. LA Città di Pisa si ridusse alla totale obbedienza de’ Fiorentini l’anno 1406. essendo Generale dell’Esercito Sforza da Cotignuola, e Commessario Gino di Ne. ri Capponi, Bartolomeo Corbinelli, e Bernardo Caualcanti, tutti e tre de’ Dieci di Guerra, che ne presero il possesso a di 9. d’Ottobre. V’interuenne con questi, Alamanno di Gio: Adimari, e v’hebbe notabil parte: come per alcune memorie esistenti appresso di me scrittore, lascia te dal diligentissimo indagatore delle nostre antichità M. Guid’Antonio Adimari. Can. Fior. nominato nel Sonetto 50. a. 116. SONETTO XXXXI. Per Alamanno di M. Filippo Adimari Arciuescouo di Taranto, poi di Pisa, e Cardinale nel 1411. Apostrofe al suo sepolcro in Roma. SAcre ceneri Illustri, onde souente Sotto il vostro di Morte egro pallore, A noi tardi Nepoti accese il core L’ascoso di virtù foco lucente. Se de gli Aui il Tesor gito repente Non fosse, oime, delle nostre arche fuore, Altri contro all’oblio fregi d’onore , Hauria la Tomba vostra oggi cadente. Ma non vi dolghin nò queste ruine, Trofei del Tempo, oue han mill’altri ancora Memorande reliquie entro alle spine, Quel ch’in terra è negletto in Ciel s’onora, Il chiaro Sol delle bell’opre al fine Non troua Occaso, e mai non perde Aurora. Attestazioni del passato Sonetto. LA Vita di Alamanno di M. Filippo Adimari, che l’anno 1411 a di 6. di Giugno fù creato Cardinale del titolo di S. Eusebio da PP. Giouanni 22. ancorche 23. si chiamasse, è stata da noi raccolta da più memorie di Rinaldo degli Albizzi , come nel discorso sopra la nostra famiglia . Ne trattano ancora , Platina nella vita di Martino V. e d’Aless. VI. Ciacc. de Ponteficie Card. D. Valentino nel Catalogo de’ Card. Fior. Fra Leandro Alberti nell’Italia: Raffaello Volaterrano ne Comentari Vrbani, il S. Iacopo Gaddi nell’ode, lib. 2. Pag. 135. Eurota Misoscolo nelle note sopra detto libro, e molti altri. Però sendo il concetto del di contro Sonetto solamente il deplorare , la presente infelice condizione di casa nostra, che non ci permette il restaurare la cadente , e tramutata sepoltura d’vn tanto Prelato , per attestare ancora in queste carte il suo merito , basterà qui trascriuere l’Epitaffio, che intagliato in vn marmo si legge a piè della sua tomba in Santa Maria nuoua di Roma, oue oggi abitano i Padri Oliuetani, all’entrare in Chiesa a mano manca, di questo tenore. Corpus Alamanni Card. Pisani . Hic Florentiæex Adimariorum antiquæ nobilique familia ortus utriusque iuris Doctor , & omni litterarum genere eruditus, Primum Protonotarium deinde Tarentinus Postea Pisannus Archipresul, ad Cardinalatus apicem prouectus est, dum pro Romana Ecclesia legationem fungeretur in Gallis, Doctorum virorum amator & cultor vir ipse doctissimus, Zelator Iustitiæ & Communis Reipublice boni, Qui pro Ecclesia apud Pisanum Constantiemque Concilium usque adopatam conclusionem nemine veritus labor avit intrepide. Obijt ex peste anno æatis sue LX. mensis Septembris xvij. Die MCCCCXXII. Lo dissero Card. Pisano, perche fù Arciues. di quella Città , onde: per onorata gratitudine portò nell’Arme la Croce bianca , e fin ad oggi n’è vna in vn Architraue dietro alla nostra Chiesa di S. Cristofano in Fir. ne tratta D.Vinc. Borghini, nel libro delle fam. a. 123. SONETTO XXXXII. Per Taddeo Adimari Eremita nel Monte Senario, Teologo, Istorico, e Poeta fiori nel 1440. GIA’ mi credea, TADDEO, beato il core Soura piume d’onor sott’auero tetto; E che la copia immensa, e lo splendore Beasse l’alma, e serenasse il petto. Ma poi ch’entrasti in questo amato Orrore, Conosco esser nel Mondo ogni difetto, Quì si nasce al piacer, colà si more, Quello è tutto martir, questo è diletto. Quì Virtú con le Muse ogn’ora è bella, Quì lieta Pouertà paga il desio, Quì, se tace la lingua, il Cor fauella. O solingo abitar, che dir poss’io? Tu guidasti TADDEO, qual Naue, e Stella, Dal Mar del Mondo, all’ Ocean di Dio, Attestazioni del passato Sonetto. NELLA Libreria de PP. de’Serui, che copiosissma si conserua nel Conuento della Santissima Annunziata di Firenze , è fatto ricordo del P. Taddeo Adimari, e da vn Padre di quella Religione me ne fù data la susseguente memoria . Thadeus Adimarius seruita Sacræ Teologiæ Professor insignis, Historiæ cultor, & Poeta Venustus, reliquit plura ingenij sui monimenta, quarum nonnulle usque adhuc extant in Bibliotheca Cœnobij Sanctissimæ Annunciatæ, & præsertim Historia de origine Religionis Seruitarum , nec non Carmina, & Ode eleganttissime conscriptas, licet manu exaratas . Visse gran tempo nella solitudine del Monte Senario , e lontano da ogni ambizione morì nel Signore l’anno 1440. Io volentieri l’hò riposto in questo catalogo , si perche me ne par degno, come per la particular affezione , ch’io porto a’Padri de Serui , per l’antico merito loro , e per l’insigne virtù , di Mons. Dionisio Bussotti , già stato Generale di quella Religione, & oggi Vescovo del Borgo San Sepolcro , mio singularissimo Patrone . SONETTO XXXXIII. Per Ruberto Adimari Vescono di Volterra nel 1434. E Tu pur anco, o d’aurea Mitra ornato, Di Volterra Pastore , hai tanto merto, Che fra questi Aui miei deui, o RVBERTO, Tra’ più chiari, e felici esser lodato . Ma, qual fior prima in quest’immenso prato. Di tanti pregi tuoi corrò più certo, O la Castità chiusa, o il Zelo aperto, O il Senno , o’l Giusto, o’l tuo valore innato? Quel ch’è comune a molti, a me non piace , Vò scerre in sì gran campo un fior più bello, Che quant’unico è più, fia più viuace. E dirò, che dotasti vn Sacro Ostello, Oue han Ricorso, Onor , Vita , Ora, e Pace L’Egro, il Pupillo, il Mesto, e’l Pouerello: Attestazioni del passato Sonetto. NEL Catalogo de’Vescoui della Città di Volterra apparisce la seguente memoria . Reuerendissmus Dominus Robertus de Adimaribus nobilis Florentinus Dei, & Apostoliæ sedis gratis Episcopus Volaterranus Sacri Imperij Princeps, & Comes Palatinus Anno D. MCCCCXXXIII. sedit Annos Quinque. E l’anno 1621. , trouandomi io Alessandro Adimari , Comimessario per il Serenissimo Gran Duca di Toscana in quella Città, lessi negli statuti dello Spedale di Santa Maria Maddalena di detto luogo , come questo Vescouo fece donazione di detta Chiesa, e Spedale da lui dotato a SS. Priori di quella Comunità , acciò ne tenghino in perpetuo la debita cura . come per vno instrumento rogato per mano di Ser Accettante di Giusto a di 31. di Marzo 1437. SONETTO XXXXIV. Per Bernardo di Guglielmo Adimari , familiare , e fauorito di Francesco Sforza Duca di Milano nel 1449. NON tu chiedi, o BERNARDO, oggi il mio canto, Che la modestia tua non te’l concede, Ma poscia che t’amò l’Insubria tanto, La mia lira il domanda, e la tua Fede. Francesco Sforza alle sue mense accanto Ti fauorì di sì real mercede, Che dal Diploma suo ueggo il tuo vanto , E quanto egli t’amò, quanto ti diede. Fù scala forse a questo, essere i TROTTI Ramo de’nostri rami iui già grandi, Dalla fortuna, e dal valor condotti . Ma che val, ch’io di ciò parli, e domandi ? Per le bocche ad ognor degli huomin dotti, Quei che bene operar, son memorandi. Attestazioni del passato Sonetto . FRancesco Sforza figliuolo di Sforza da Cotigniola , celebrato a’suoi giorni per huomo di singular valore, e di prospera fortuna, per tutti i gradi salito al supremo della Milizia, e peruenuto al Principato di Milano , amò sempre frà l’altre sue virtù gli huomini di valore : fra quali fù Bernardo di Guglielmo Adimari suo gradito familiare, come per vn suo priuilegio originale, esistente in mano di me scrittore in Carta pergamena , che comincia . Franciscus Sfortia Vicecomes. Marchio Cremonæ Placentiæ Nouaræ Parmæ Terdonæ &c. Decet nos iuuat, & magnopere delectat fauore ope obsequio officio & gratia eos insequi, qui virtute fulgent &c. Spectata indoles , & probata fides, & in agendo solertia, & diligentia prudentis viri & nobilis Bernardi Guglielmi Adimaris de Florentia &c. Monerunt nos, ac ìnduxere pariter ut ipsum Bernardum , nobis dilectum carumque merito nostris aggregemus, & ut gaudeat gratijs &c. illis omnibus, quibus Familiares Domestici, Commensales & Aulicì alij omnes nostri gaudent &c. Nostrum & Domus nostræ Aulicum Familiarem, Domesticum, & Commensalem delegimus, deputamus, & ordinamus &c. Et ideo &c. Sine aliqua solutione Datij, Duanæ, Gabellæ, &c. E finisce . Nostris uero mandamus ea omnia obseruari districtius, sub gratia & indignatione nostra – Datum in felicibus Castris nostris apud ex legninum tertio die Maij. M.CCCCXLV. La grazia ch’acquistò questo Ber: Adimari, deriuò dall’essere i Trotti, ramo degli Adimari , di gia grande in Milano: come per memorie mandatemi da Mons. Franc. Trotti, che se l’hauesse viste D. Vinc. Borghini men liberamente harebbe tassato il Verini de Illust. urb. lib. 3. di quel che fa, in questo proposito, nel suo lib. dell’Armi Fiorentine. SONETTO XXXXV. Per M. Lodouico Adimari Canonico, et Arciprete, Vic. di Mons. Arciues. e fondatore del Canonicato nel 1494. CHI non può come Rodi, o come Nino Fondar Cittadi , e far Colossi al Sole, Poco non è s’almen s’ingegna, e vuole Aprire , a qualche oprar qualche cammino . Ma , chi cerca ampliar l’onor diuino , Trapassa , o LODOVICO , ogni alta mole, Qual tu, ch’i fatti unisti, e le parole, Mentre seruisti à gran Prelato Orsino. Tu la sacrata Legge, e la Ciuile Dotto intendesti, e del Pastore al pare Vegliasti in vece sua nel Sacro Ouile. Onde, per darci pregio , e Dio lodare , Ergesti in Duomo , o fondator gentile , Al Canonico nostro Esca , & Altare. Attestazioni del passato Sonetto. IL Canonicato con Prebenda nella Metropolitana Chiesa Fiorentina di Patronato della famiglia degli Adimari, fù eretto l’anno in vigore di lettere Apostoliche bollate sotto di 15. di Giugno, 1494. in Arch. Archiepiscopali Flor. in filza Processuum beneficiorum sub n. 30. 1494. date in Roma appresso S. Pietro il secondo Anno del Pontificato d’Alessandro sesto , a richiesta, e supplicazio ne del Capitolo di Firenze , e di M. Lodouico di Giouanni Adimari, Rettore allora della Chiesa di San Cristofano di Firenze, & a detto Canonicato furono vnite, la Chiesa di San Cristofano predetto , e la Chiesa di San Iacopo a Montacutolo della Diocesi Fiorentina, e ne fù subito prouuisto in vigore di dette lettere il medesimo M. Lodouico Arciprete, e Vicario Generale di Monsig. Rinaldo Orsini Arciuescouo di Firenze, come dimostrano molte sue sottoscrizioni in questa forma. Ego Ludovicus de Adimaris Canonicus, Reuerendissimi in Christo Patris & Domini D. Rainerij de Vrsinis, Dei & Apostolicæ sedis gratia Archiepiscopi Florentini Vicarius Generalis &c. Et ideo in prædictorum, & singulorum fidem, & testimonium nos subscripsimus propia manu dicta die &c. Qui non tralascerò di dar lode di pietà, e di religione a molti altri de’nostri antenati , che ci han lasciato il Iuspatronato di 24. titoli di benefizi Ecclesiastici: Fondato , e dotato 3. Chiese parrochiali in Firenze, e molte altre Chiese, e Conuenti per il contado, come distintamente si narra nel nostro discorso della famiglia. SONETTO XXXXVI. Per M. Matteo Adimari Cau. Aureato familiare di Leone X. viueua nel 1502. FVOR del Gange odorato i raggi d’oro Su Rote di Piropi il Sol rimena, Pur talor Nube eclissa, e disserena L’amata luce, e l’immortal tesoro. Ma dentro a’suoi natali, il suo decoro Questo nobil MATTEO conobbe appena, Che su’l Carro degli Aui eterno mena Lampo, che non l’offusca Austro ne Coro. Non per obliqua via riuolse l’ore, Ma per l’Auge toccar, fù dritto ogn’ora A sostener del gran Leon l’ardore, Febo s’alluma il Dì, l’oscura ancora, Ma questi, col suo fermo alto splendore, Dentro a gli Esperi suoi trouò l’Aurora. Attestazioni del passato Sonetto. CHE M. Matteo d’Antonio Adimari fosse a suoi giorni grato familiare della Santità di Papa Leone Decimo, è passato per antica tradizione fin a dì nostri, e si raccoglie dall’Epitaffio posto sopra il pauimento della sua sepoltura, esistente nella Chiesa di San Francesco dal Monte fuori della porta a San Miniato, oue è ancora vna Cappella della nostra famiglia , il quale dice così. Matheo Adimario Leonis Decimi Pontificis Maximi Beneficiò Equiti Aureato. Pia Coniux Gineura Posuit A. 1512. E sopra il medesimo tumulo . Sepulcrum Mathei Antonij de Adimaris. Questa Gineura era de’Monaldi , molte altre memorie di questo Cau. si sono smarrite in casa nostra, ma che marauiglia è perdersi la notitia di qualche azione d’vn huomo , se d’vna contrada intera s’è quasi perduto a’nostri tempi il nome! poiche la via detta il Corso degli Adimari , che s’escendeua da Or San Michele a San Giouanni come si raccoglie dal Boccaccio nella nouvella di Guido Caualcanti Giorn. 6. e dal Villani lib. 6. cap. 34. lib. 8 cap. 96 lib. 11. cap. 36. lib. 12. cap. 20. oggi si richiama per lo più la via de’Calzaiuoli! E pure vi haueuano 3. torri , e la loggia. Ricord. Malespini cap. 58. e cap. 137. SONETTO XXXXVII. Per Francesco Adimari morto in quello che staua per esser publicato Cardinale da Papa Giulio II. nel 1503. CHI non piange al tuo fato, o Lume spento Nel punto, ch’in gran Sol per te s’accese, O non vidde, o non visse, o non intese Come è nostro sperar poluere al vento: Piango ben, FRANCESCO, io, che veggio, e sento Con quale scherno empio destin t’offese, E ch’il tuo Dì, qual bolla in alto ascese, Per risoluersi in nulla, in un momento. Sol ridi in Cielo hor tù, perche saluasti Quel tuo Signor, benche moristi pria, Ch’ei desse alla tua fé Porpore, e fasti. Che non perde grandezza, e non l’oblia, Chi nel corso d’onor vuol, che gli basti Mostrar, ch’ei ne fú degno, e passó via . Attestazioni del passato Sonetto . SCriue Giorgio Pagliari dal Bosco nel primo libro delle sue osseruazioni , sopra i Cinque libri degli Annali di Cornelio Tacito , stampato in Milano l’anno 1612. all’osseruazione 45. (sopra le parole. At Patres quibus unus metus &c. one discorre, che per schiuare l’Insidie de’ Superiori , è talora lecito il dissmulare). Che singolare esempio di sfuggire simili pericoli, fù quello di L. Ramirio appresso Tito Liuio , & appresso al Garimberto quello di Francesco Adimari, Che sforzato da Alessandro VI. a machinare contro a Giuliano della Rouere Cardinale di San Piero Vincula, di cui era Secretario fermatosi in Firenze, e dissimulando, ne auuisò il Patrone, Il quale, assunto al Pontificato, che fù Giulio Secondo, in vna promozione lo di segnò Cardinale: ma noi hauiamo per tradizione, che nell’istesso giorno , che publicar si doueua , giunse a Morte. Veggasi ancora il Garimberto & il Guic. lib. I. e 6. SONETTO XXXXVIII. Per Andrea di Gio Adimari Commessaro in occasione della Guerra di Pisa l’anno 1503. O Cara Alfea, ben doppiamente cara, Se tanto prezzo in te Fiorenza spese, Ch’vn secol quasi a consumare attese, Oro, e sangue, del suo non punto auara. Questo obbligo a tenerti almen s’impara, Ch’affinasti infiniti ad alte imprese, Ond’anco ardito in quella Arena scese, Vn della stirpe mia nato Adimara, E questi fù quel Commessario ANDREA, Che col proprio valore, e col comando, Lucca impedì, ch’offender ci volea. Ahi , Vincer non si può se non pugnando, Non và senza sudor la palma Elea, Ne l’huom senza fatica, è memorando. Attestationi del passato Sonetto. ANdrea di Giouanni Adimari , fù spedito Commessario di guerra da quei nostri Cittadini , che s’intitolauano . Decem viri libertatis L’anno 1503. e mandato nella montagna di Pistoia per ouuiare che mentre l’esercito Fiorentino passasse in Val di Serchio a danni de’Pisani, i Lucchesi non vscissero a darli impedimento , con piena autorità di comandar Soldati , e dar dentro secondo il bisogno , come per loro deliberazione, fatta sotto di 18. di Maggio 1503. e per vna instruzione che li dettero: l’originale della quale è appresso di me Autore, e comincia Andrai subito nella montagna di Pistoia . è finisce Che a detta Commessione tua fussero necessari . a Registro 52. Il medesimo fù eletto fra gli vfiziali , e prouueditori della Sanità in tempo di Peste, in compagnia di Gio: di Benedetto Couoni Gio: di Matteo Canigiani Girolamo di Benedetto Galilei A di 18. di Maggio 1526. per mesi 4. e dipoi a di 28. di Settembre fù cenfermato pcr altri mesi 4. in compagnia de’medesimi , con la medesima autorità, che haueuano i SS. Priori, come alle Riformagioni, ne’ partiti di quei tempi. SONETTO XXXXIX. Per Filippo di Mainardo Adimari Vescouo di Nazzaret nel 1536. NAue non andò mai senza Nocchiero, E Nocchier non fù mai senza la Naue, E pur veggio, o FILIPPO hor esser vero , Che solchi senza legno, e non t’è graue. Dou’è piu Nazzaret? o quale in vero Bisogno hà di gouerno hor quella Traue ? Ah, basta il nome sol senz’altro Impero , Doue già Gabbriel per noi disse AVE. Con questa nome sol , dentro alla barca Di Pietro il nome tuo così si spande, Ch’il Tifi d’Argo al par di tè non varca. L’alte memorie tue son da più bande , Palazzi in Roma , in Sant’Onofrio hai l’arca, L’Anima in Cielo, e quì la Fama hai grande. Attestazioni del passato Sonetto. DI Monsig. Filippo Adimari figliolo di Mainardo trouiamo questa memoria. Fù Mons. Filippo Adimari Vescouo di Nazzaret fece Testamento sotto di 8. di Nouembre 1536. Rogatio Ser Francisco Micheletti notaio Apostolico in Roma lib. E a carte 45. E fù sepolto in Santo Onofrio di detta Città; oue prima haueua fabbricato vn bel Palazzo , che peruenne poi nel Sig. Marchese Saluiati . Il Vescouado di Nazzaret , e titolare come sono molti in Partibus Però si dice che Monsig. Filippo fù vn Nocchiero senza naue , e che la Naue del suo Vescouado non hà bisono di Nocchicro. Compiacendosi sua Diuina Maestà, che per ancora sia bastante a quella Città , l’onore di hauer dato Albergo alla Santissima Vergine sua Madre, e che vi sia stato dentro l’Angelo Gabbriello ad Annunziarla. SONETTO L. Per M. Guidantonio Adimari Canonico gran letterato, e deuotiss. Sacerdote viueua nel 1550. BEato quel, che de’negozi a lunge, Come già far soleua ogni mortale , Sotto al suo proprio Aratro i buoi congiunge, E cerca da’suoi campi esca vitale. Più Beato colui, che si disgiunge Dal volgo, e dal commerzio vmano, e frale, E solo in Ermo loco il cor li punge Desio d’amare il ben , d’odiare il male: Beatissimo poi, chi Sacerdote Viue a Dio , viue a sè lieto, e giocondo, Di più scienze a maneggiar le note. Tal fostu GVIDANTONIO, ognor fecondo Di Senno, di Virtù, d’Opre deuote, Vicino al Ciel , quanto lontan dal Mondo. IL FINE LD. Attestazione del passato Sonetto. IL Padre Maestro Michele Poccantio seruita, in quel suo libro intitolato Catalogus scriptorum Florentinorum. fa menzione di M. Guidantonio Adimari con queste parole . Guido Antonius Adimarius Ecclesie Florentinæ Canonicus uenerabilis, vir in diuinis scripturis eruditus, Aristotelicæ Philosophiæ non ignarus, ac Politioris litteraturæ valde peritus, inter multa ingenij sui opera edidit tractatum de Ieiunio, quem habuit apud moniales Sacras Sancti Iuliani, quarum custos & tutor extiterat & Exordum est. Se del gouerno Temporale del Monistero &c. Obijt Florentiæ 1568. Et in Cathedrali Florentina eius ossa Conquiescunt. Scrisse ancora vn trattaro sopra il Pater noster dedicato alla Sig. Elena del Conte Cornelio . . . . . che comincia. Elena Carissima &c. Et vn discorso de’ Rimedi da mantener basso il letto del fiume d’Arno, dedicato al Sereniss. Gran Duca Cosimo I. che principia . Quante volte io considero. Come per gli originali manuscritti ch’apresso di me Alessandro Adimari si ritrouano. L. D. All’Arme degli Adimari. Diuisa per trauerso in due Campi eguali, vno d’Oro di sopra, & vno Turchino di sotto come di contro . ARME, degli Aui miei scudo fatale, Ben ti fece conforme al mio destino In fucina d’Amor Fabro indouino, Perch’io speri il mio ben , tema il mio male: Ti diuise in due Campi il Campo eguale, E l’Oro alto locò, basso il Turchino, Perche l’Oro giamai non m’è vicino , Ma si ben di Penìa l’onda mortale : O pur dall’acque de’trauagli astretto , Mi volle dimostrar, ch’il Mondo è Mare, A cui sourasta il Ciel , ch’hà d’Oro il tetto: Se quì dunque per me son l'Acque amare, E l’Oro puro è in Cielo, Alma in effetto Quì soffrir ti bisogna, e là sperare. ARME DEGLI ADIMARl Ex libro III. Vgolini Verini Poëtæ Florentini de Illustrat. Vrbis Florentiæ. QVIN & vicini Fesulano e vertice montis Venit sanguineis notus bellator in armis Adimar, vnde genus clari duxere nepotes; Cum longobardos victor Pipinius heros Diruit, & nostram maiorem reddidit vrbem: In multos ramos , mutato nomine , proles Scinditur, & plures complessa nepotibus vrbes. Ex hac illustris profluxit Trotta propago Qua nunc attollit se se Alexandria pubes Armipotens genus , & sacris memorabile chartis, Veggasi D. Vinc. Borghini nel libro delle fasc. a. 44. 54. 87. 123. e 124. Il Sig. Canon. Lanfredini si compiaccia di vedere, se nelle presenti poesie si contengo cosa, che repugni alla Cristiana Pietà, e buoni Costumi, e riferisca appresso; nel di 30. di ottobre 1638. Vincenzio Rabatta Vic. di Fir. Le retroscritte Poesie del Sig. Alessandro Adimari, le quali rauuiuano la virtù, e valore de’suoi Antenati, sono degne della stampa, acciò resti ancora immortale la virtù, e canto di questo Cigno; non essendo in esse cosa, che repugni alla Pietà Cristiana, e buoni costumi: di che riferisco questo di 16. nouembre 1638. Io Girolamo Lanfredini Can. Fior. Attesa la presente relazione si stampi, osseruanti li soliti ordini il dì 2. di Marzo 1638. Vincenzio Rabatta Vic. di Fir. Adi 7. Marzo 1639. D‘ordine del Reuerendissimo P. M. Gio. Fanano Inq. Gen. in tutto’l Dominio Fior. ho letto la Clio del Sig. Alessandro Adimari, e non hò trouato cosa che repugni alla Religione ò buoni costumi , anzi parto degno d’vn tanto ingegno, e perciò da bramarsi fuora alle stampe: però con autorita del detto Reuerend. Inq. concedo, che per il Santo Offizio si possa stampare. Io Girolamo Rosati Proton. Ap.e Consult. della Santa Inq. Alessandro Vettori Aud. di S. A. Gli errori dalla stampa, si rimettono alla discrezione dell’amoreuole , e prudente lettore .

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Based on the copy held by the Biblioteca Nazionale Centrale di Roma in partnership with Google Books. LA CLIO Ouero Cinquante sonetti, sopra piu persone della Famiglia o Casata degli Adimari Che da che s’ha notizia del suo Principio in Firenze Fino all' Anno. M.D.L. Sono stati per qualche Virtu’ o Dignita Meriteuoli di Memoria Opera D’ALESSANDRO ADIMARI Fondata su’l Testimonio d’ Istorici, o di scrittori degni de Fede. Adimari, Alessandro Florence Cecconcelli, Pietro 1628.

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LA CLIO Ouero Cinquante sonetti, sopra piu persone della Famiglia o Casata degli Adimari Che da che s’ha notitia del suo Principio in Firenze Fino all Anno. M.D.L. Sono stati per qualche Virtu’ o Dignita Meriteuoli di Memoria Opera D’ALESSANDRO ADIMARI Fondata su’l Testimonio d’ Istorici, o di scrittori degni de Fede. All’Illustriss. Signora Contessa CATERINA ADIMARI PICCOLOMINI ARAGONA. FV generoso costume, Illustriss. Signora, tanto de’Magnanimi Greci, quanto degl’inuitti Romani, i1 proccurar con diuerse maniere di conseruar la memoria de’ loro gloriosi antenati, ma le più frequenti e dureuoli stimarono le Statue di marmo, quasi che le volanti, e lieui penne della Fama, a guisa del nido dell’Aquile con le pietre fortificar si potessero, e che al morso dell’edace Tempo si douesse opporre vna durezza dificilissima a consumarsi. Perciò non solamente negl’Ingressi delle proprie case le riponeuano, ma ne’ pubblici Teatri ancora le collocauano, come quelle di Diagora, di Dorico, di Lisandro, di Damageto, ed altri; alzando in testimonio delle Vittorie da loro conseguite, a chi pìù , & a chi meno le basi, secondo la qualità del dimostrato Valore , e non solamente ne’ Teatri, ma fin sopra i sepolcri l’inalzauano, come la statua d’Affareo Padre di Linceo ed’Ida, al tempo di Castore, e di Polluce. Chi sà che gli esempi muouno più che le parole, & che i nobili son costretti da una certa quasi necessità, non degenerare dalla Virtù de’ loro predecessori, anzi chi sà, che Giulio Cesare si accinse in ad operegrandi, dopo ch’ei vide nel Tempio d’Ercole in Gade la statua d’Alessandro Magno, non mi negherà l’vtile d’vna si lo deuol vsanza. Queste cose considerate da me tal volta, e rimembrando l’obbligo, che si deue all’onorate fatiche de’ Progenitori, & l’affetto, che naturalmente habbiamo di giouare a’ figliuoli, harei volsuto ancor io, non per ambizione, ma per gratitudine, esporre nel Teatro della mia patria, e sopra il sepolcro degli estinti nomi de’miei maggiori le figure di quei nostri Aui, che virtuosamente viuendo, hanno meritato, che la memoria loro non perisca nell’istesso tempo, che il suono della vita: acciò che specchiandosi in esse quelli che viuono di presente, e quei che verranno, s’ingegnino con la virtù di aggiunger qualcosa di giorno in giorno al manto della nobilità loro, difendendolo dalle forbici dell’irreparabil Veglio, che del continuo l’accorcia. Ma ben che assai copioso e fertile, per diuina mercè, vedessi il Campo schierato, di quei ch’erano bastanti a somministrarmi la desiderata materia, trovano nondimeno nell’esseguire il pensiero impedimenti non piccoli: cio è. La mia poca sofficienza nell’operare, l’Inuidia ch’amaramente si risente contro a’ migliori : la nota che mi potrebbe essere data d’Ambizioso, d’Interessato, e di parziale: e finalmente l’istessa antichità, che sempre è sepolta nell’oscuro : Perche in vero son pur troppo consapeuole del mio poco talento, estenuato dall’angustie della mia debol fortuna, e dalle molte mie noiose occupazioni: sò che l’Inuidia è fra gl’eguali, & è madre del biasimo: conosco che il celebrare le cose proprie è vna lode, che vitupera tal volta se stessa, e che bene spesso riconosce i suoi natali, dall’amibizione; e dall’interesse, pessimo veleno degli animi nostri, e finalmente non mi si asconde, che si come il futuro non si preuede, così le cose passate perfettamente non si ritrouano. Pur nondimeno Pindaro, il maggior Lirico de’ Greci, intorno al quale s’è tanto affaticata l’ignoranza mia, come amoreuolissimio mio precettore, e scorta m’insegna, che nel celebrare i meriteuoli non si può allegare debbezza di talento, nè dificultà d’incontri, e mi ricorda, che l’invidia già mai non perseguita i morti, si doma col nostro supremo fine, e si vince con la pacienza. In oltre mi avvertisce, che non adùla, chi dice la verità, perche Lingua che snoda il vero In ogni grado è bella E che non s’offende per copia d’Encomij l’altrui valore, affermandomi, che quei non può dirsi, nè ambizioso, nè parziale, nè interessato, che paga vn debito: anzi che, non poco restano i figliuoli onorati e contenti, mentre sentono lodare il valor de’ Padri: e che qui che può narrar gl’esempi de’suoi, e tessere al proprio sangue vna veridica lode, non deue ingolfarsi, per crescere il pregio a quel degli esterni: e per compendio m’assicura, che l‘oscuro dell’antichità non deue spauentarmi, perche se bene Dorme antico onore, cagionatogli il sonno, perche I mortali d’obblio cinto hanno il core immediatamente soggiugne. Dorme s’il fior d’un grazioso canto Non l’ alza in cima al suo fondoso stelo. Da tante, e si gagliai de ragioni auualorato, mi dispose (benche il mio canto sia priùo d’ogni grazia) a tentare di suegliare l’obblio, che tiene sepolta la ricordanza d’alcuni più segnalati di casa nostra, sapendo, che anco lo strepito delle rauche voci, forse più che l’armonia delle delicate ne rompe il sonno; Mi facilitò l’opera, l’hauere molti anni fa ridotto in serie d’albero tutta la descendenza degli Adimari, in quel miglior modo, e con quei manco errori, che il mancamento del tempo, e delle scritture mi hanno permesso, & mi accreditò nello scriuere, & mi assicurò dalla temerità, e dall’ostentazione la testimonianza di molti Istorici, ed altri, che delle cose della nostra Patria trattando, (come dalle attestazioni riposte dietro a ciascun Sonetto potrà vedersi) non disdegnarono della nostra famiglia far qualche ricordo: chi non le stimerà tutte agguagliate di peso, non farà torto a me, ma a gli Autori che l’hanno scritte. Pregherò ben V. S. a far fede a se stessa, & a chi legge, che ne’laberinti ciechi e tortuosi, anco vn debil filo conduce tal volta alla desiderata riuscita: e sopra tutto a proseguire l’incominciata fatica mi diede forza l’irrefragabile autorità delle sacre carte, nelle quali, non solamente son registrate tante descendenze, e prosa pie, quante ne descriue il Cronista Mosè, ma vien lodato il farne memoria, & il pregiarsi di quegli antenati illustri, e delle generazioni di quei mortali, che nobilmente viuendo mantennero la natia chiarezza del sangue, e grata a gli occhi di Dio, e degli Huomini, a loro posteri la trasmessero, e sclamando la diuina sapienza ,, Quam pulchra est casta generatio cum claritate: immortalis est enim memoria illus: quoniam & apud Deum nota ,,est, & apud homines. Però, scelto fra vna assai numerosa copia, poco più che cinquanta persone, in cinquanta sonetti ho ristretto la ricordanza loro, adattandola sotto al nome della Musa CLIO, si per dare à ciascuna delle Pieridi (se piacerà a Dio ch’io possa seguire l’ordine incominciato) il tributo di simil numero di componimenti, quella guisa che hò di già fatto alla POLINNIA, alla TERSICORE, & alla MELPOMENE ch’è sotto il Torcolo, come perche l’etimologia del suo nome, (deriuante s’io non m’inganno da υλυω, idest celebro vel cano) il suo proprio è di cantare i fatti nobili, che perciò Callimaco di lei disse Heroum Clio Citharam clarissima tractat, & c. Et altri Clio gesta canens transacti tempora reddit, & c. Ben haurei volsuto potere anch’io di pario marmo effigiare i volti de’miei maggiori, ma poi che Io non solo Scultor che marmo incida. E che quando bene io fosse vn Praxitele, & vn Parrasio, anco l’opere loro si restano bene spesso dal tempo atterrate, dissi fra mè, Chi sa, che pigliando in vece di scarpello in questo punto la penna, io non potessi dire vn giorno col Venusino Exegi monumentum aere perrennius? Perche in vero più perfetta delle statue è quell’arte , che lontana dall’ingiurie del tempo può dimostrare più che la grandezza del corpo, la bellezza dell’animo: che perciò Agesilao non permesse a veruno artefice, che il suo volto effigiasse, ma si bene a Xenofonte che le sue virtù descriuesse. Arriuato dunque col discorso fino a questo segno, e terminata l’opera, non mi restaua altro che trouar persona di confidenza, e bene affetta, presso alla quale depositar la potesse. A Padroni, e Personaggi grandi, Apollo non consente (secondo il Politico Traiano) che si scriuino Storie d’huomini priuati e particulari, A gli Amici, amandogl’ io tutti egualmente, non sapeuo chi più eleggere a tralasciar douesse, solo a qualche Parente pareua conueniente il darne la cura, ma il piccol numero che me ne resta, e la mia trista sorte, che fin qui già mai con essi non mi hà lasciato incontrar ventura (oltre al non ci essere alcuno di loro, che habbia ancor prole) mi hà tenuto sospeso. Però considerato non hauer conosciuto la più affezionata alla nostra famiglia, che V.S. Illustriss. ne chi più si sia pregiata di deriuare dagli Adimari, lei sola hò volsuto eleggere per teatro di queste immagini, anzi per Archiuio sicuro di queste carte. Ella che fu degna erede della prudenza, & valore del S. Vberto Adimari suo Auolo, a cui toccò la custodia della sua infanzia soprauissuto al S. Raffaello vnico di lui figliolo, e padre di lei: Ella che restò possessora delle ricchezze d’ambi due loro, e de’ generosi costumi della Sig. Oretta Acciaioli sua Madre: Ella che meritò fanciulletta con la protezione, & auspici del Sereniss. FERDINANDO. I. e della Sereniss. CRISTINA di Loreno Gran Duchi di Toscana, veder trattrare, e concludere le sue Nozze col generoso Sig. Enea Piccolomini Aragona Cau. di S. Stefano & esser Nuora del valorosissimo Sig. Siluio i cui pregi furono in parte l’esser nella medesima Illustrisss. e Sacra Religione Priore di Pisa, Maestro di Camera della prefata Altezza, e suo Generale in più d’vna impresa: Ella che in giouentù fú lo splendore dell’ororata Bellezza, nel Matrimonio della pudica Bontà nello stato vedouile dell’accorta Economia: Ella che hà saputo tanto bene educare i figliuoli, mantenere le paterne sustanze, sopportare con animo intrepido gli auuersi colpi della fortuna, che, a guisa de’ fulmini Celesti (toccando l’eccelse cime) l’hanno più volte percossa: Ella che si pregia a ragione con tanti raggi d’onori di hauer per Cognati Monsig. Ascanio Arciuesc: di Siena, & il S. Marescial Conte Fra Ottauio Piccolomini, la virtù de’ quali rendendo più che mai dubbiosa la precedenza fra l’armi, e fra le lettere è di già consacrata all’eternità, per figliuoli il Sig. Conte Siluio & il S. Conte, e Caualiere Euandro, ben che questi per la fè negli eserciti Imperiali combattendo habbino incontrato i trionfi nell’altra, vita; & oggi per vnico rampollo (accompagnato dal merito della Sig. Violante, nobilmente maritata al gentilissimo Sig. Franc. Maria Malegonnelle) il Sig. Conte Francesco, ornato della Croce di S. Iacopo, e del titolo di Cameriero di S. Maestà Cesarea, nel quale, come in compendio, si riducono tutte le perfezioni de’ suoi maggiori: & per Nuora la Sig. Emilia dell’Illustrissimo Sig. Lorenzo Strozzi, che per l’alta chiarezza de’ suoi natali, ma più per il numero delle sue virtù, e per l’infinite sue grazie, e bellezze è epilogo delle marauiglie; Ella dico, adorna di tante prerogatiue, saprà e potrà meglio d'ogni altro, gradire e custodire l’abbozzo di queste mie mal delineate figure; A lei dunque le raccomando, & il venirle auante oggi in tempo di feste, e di nozze, (onorate e regalate fin dalla sacra Maestà dell’Imperatore, e del Sereniss. Arciduca Leopoldo, che si son degnati di farci interuenire a loro nome l’Illustriss. Sig. Marchese Fabbrizio Coloreto, e l’Illustriss. Monsig. Lorenzo Corsi, vna schiera de’ nostri Antenati, che può numerar fin quì (a gloria di Dio più) di ottocento anni d’antichità, sia di felice augurio alla prosapia de’ suoi nipoti, & alla conservazione dell’antichissima, & Illustriss. Casa Piccolomini, con quell’aumento di prosperitadi, e di grandezze, che dal Cielo diuotamente prego a ciascuno di loro, mentre a V. S. Illustriss. con particulare affetto fo riuerenza. Di Firenze il dì 7. di Marzo 1638. ab incarnatione. Di V.S. Illustriss. Obbligatiss. Seru. e Parente ossequentiss. Alessandro Adimari. TAVOLA DE’ NOMI DELLE PERSONE LODATE in quest’ Opera, posti per ordine d’ Alfabeto. A A Dimaro Primo che da principio all’Albero degli Adimari a carte 18. Adimaro Benefattore del Duomo di Firenze 20. Adimaro Consolo di Firenze 26. Adimaro Vescouo di Volterra 22. All’Albero degli Adimari 17. All’Arme degli Adimari 118. Alamanno Adimari Cauicciuli 72. Alamanno Cardinale 98. Alamanno di Giovanni 96. Alamanno Vicario di Prato, e altri 56. Aldobrando Consolo di Firenze 28. Andrea di Gio: Commessario 112. P. Angelo Domenicano 94. Antonio di Baldinaccio 76. B BAldiaccio di Boccaccio 50. Bellincione Berti 24. Bernardo Cavaliere Ierosolimitano 92. Bernardo di Guglielmo 104. Bernardo di Duccio. 86. Boccaccio Cavicciuli 72. Buonaccorso Ambasciadore. 42. C CAntino Regio Ministro. 60. Carlo di Messer Guerra. 44. F FIlippo di Messer Alamanno 88. Filippo Argenti. 32. Filippo di Ruberto Alamanneschi Adimari. 66. Filippo Caualiere Ierosolimitano 92. Filippo Regio Ministro 66. Filippo Vescovo di Nazzaret. 114. Forese Capitano de’ Guelfi. 40. Francesco Capitano di Bitonto 84. P. Francesco dell’Ordine di S. Domenico 82. Francesco eletto Cardinale. 110. Francesco di Lapo. 70. G GIovanni Commessario a Monte Murla. 59. Gualdrada Contessa. 30. Guidantonio Canonico. 116. I IAcopo di Giouonni. 72. L LOdovico Arciprete, e Vicario. 106. Lotto Regia Ministro. 64. M MAnfredi Cognoto della B. Humiliana. 36. Manno, ouero Alamanno de’ 12. Ambasciadori. a carte 46. Matteo Caualiere Aureato Familiare di PP. Lione X. 108. N NIccolo Adimari capo dello famiglia de Trotti. 44. O OTtauiano di Baldinaccio. 80. P PAgno Dottore di Legge. 38. Pepo di Boccaccio. 72. Pepo Regio Ministro. Pepo Vicario di Prato. 56. Piero di Carlo. 70. R RVberto Regio Ministro Governatore di Puglia 48. Ruberto Vescouo di Volterra 102. Ruggiero Vicario di Prato 62. S Simone di Messer Pepo Ambasciatore 90. T P. Taddeo Servita 100. Talano 74. Teghiaio prima detto Aldobrandi 34. Teghiaio secondo Capitano 54. Trotti consorti, e descendenti dagli Adimari 28. e 88. V B. VBaldo dell’Ordine de' Servi 52. Ugolino Commessario 68. Vieri di M. Pepo Ambasciatore 90. Vberto di Benedetto Adimari. 48. DELLA CLIO D’ALESSANDRO ADMIRARI PROEMIO. All’Albero della sua Famiglia. O Pianta di quegli Aui , ond’io rimiro In bell’ordine accolto i primi fiori, E qual tronco mi die l’aura, ch’io spiro, E qual ramo apportò frutti migliori: Mentre offesa dal tempo io ti rimiro Pouera di fortuna, e di tesori, E con pena maggior, dolente io miro Aridi farsi i tuoi già verdi Onori: Rimanti in queste carte, immago almeno Di quel che fosti, ond’ altri habbia desio Il suo nome illustar nel tuo sereno: Ma se pur crudo il Tempo, e questa CLIO Non manterran le tue memorie in seno, Mortal nascesti, e solo eterno è DIO. SONETTO I. Per Adimaro Primo oue comincia l’Albero, viueua nel 800. O Di questi Aui miei Primo sorgente Nel campo di mia stirpe Alfa, & Alfiere, Base fatal di molte immagin vere, Che gia fioriro al mondo hor sono spente: Deh, pregoti ADIMAR, s’in Ciel si sente Compiacenza già mai d'human piacere, Che de’ Posteri tuoi le glorie altere, Solo a Gloria di DIO, mi torni in mente: Tu da Fiesol disceso, e di Guascogna, Quando il Pipinio Eroe Flora compose, Sai quel che air, quel che tacer bisogna. Che, se frali son quì l’umane cose: Il pregiar si de’ suoi, non è vergogna, Pur che si gioui alle Virtudi ascose. Attestazioni del passato Sonetto. NArra Orlando Maleuolti nelle sue Historie, che gli Adimari discendono di Francia, e si legge in vna dedicatoria d’vn libro d' Agricoltura a Bernardo Trotti, che discesero di Guascogna: di doue poi il Tasso nomina originano Adimaro Vescouo d’Anicio, che visse altempo di Vrbano II. circa l'anno 1095. Benedetto Accolti nel primo. Il Verino nel 3. libro de illustratione Vrbis Flor. dice che si posarono in Fiesole. Quin & vicini Fesulano e vertice montis Venit sanguineis notus bellator in Armis Adimir, & c. Ma Fra Filippo Bergamasco nel supplimento delle Croniche vniuersali, e nel libro 11. a carte 200. Che s’accosta più al Maleuolti, e ad altri, dice che Adimaro Conte Franzese, e familiarissimo di Carlo Magno, e di Pipino suo figliolo, per le sue eccellenti virtù essendo da loro molto amato , fu fatto l’anno 811. Duca di Genoua. Fu huomo magnanimo, e nell’armi molto eccellente, per mare, e per terra; perche sendo uessata quella Città da Rotario Rè de’ Longobardi, e da gli altri suoi successori, fu difesa, e presa da Carlo, dal quale fu retta, e gouernata con humanità grandissima, e similmente da gli altri suoi successori, da quali su rettacento anni, e da loro furono concesse alla prefata Città, tutte le Terre e Città di Liguria; E sentendo detto Adimaro la predetta Isola esser molestata da’ Turchi, congregò un gran numero di genti, & andò loro incontro , e combattendo con loro in breui giorni prese 14. naui delle loro, & annegolle, di poi ne fece morire infiniti, intanto che liberò quell’Isola, & c. Però si tiene che questo Adimaro venisse con Carlo Magno, e con l'Oste de’ Romani, quando si trattò di crescer Firenze, e di liberarla da' Fiesolani, che fù l’anno 801. come scriue Gio. Villani lib. 3. cap. I. e con il medesimo Imperatore poi fusse à Genoua (lasciato in Firenze i suoi descendenti) fra quali nell’Alberto si legge vn B.rnardo d’Adimaro, secondo l’antiche memorie di casa nostra. SONETTO II. Per Adimaro di Bernardo Adimari Benefattore del Duomo di Firenze viueua nel 1077. TRar la fama dal Centro, oue l’obblio Nel fiume dell’orror Virtute allaga; E cosa così bella, e così vaga, Ch’è grata al Mondo, e non dispiace a Dio: Quindi Mosè nel sacro libro e pio. Scriver de’ primi Padri anch’ei s’appaga, La Penna incontro al Tempo è quella Maga, Che raffrena il suo dente edace e rio, Varcaron gli anni, e niun di noi fu chiaro, Fin ch’a Dio campi in Rouezzan non diede Al tempo di Matelda uno ADIMARO. O spirto liberal d’oro, e di fede, Il gran Banco del Ciel, non punto avaro, Te ne rese di poi doppia mercede. Attestazione del passato Sonetto. L Anno 1015. Curradino Primo di Soauia, eletto Imperatore, dopo leuatto l’assedio di Milano, si compiacque d’abitare in Firenze, onde molto l’auanzò, e molti Cittadini si fecero Cavalieri di sua mano, e furono al suo seruigio, così scriue Gio.Vill. l.4.c.8. Et in questi tempi erano fra’ nobili di Por S. Piero gli Adimari, e fra i Caualieri creati, come sopra, si tiene fosse questo Adimaro allora giouinetto, e v’aderisce Gio. Vill.l.4. cap. 10. Poiche vecchio di 80. anni in circa fa donazione al Capitolo Fiorentino, come per la seguente scrittura. Adimarus Filius Bernardi Adimari, & Gasdia filia bone memoriӕ Cisi, que fuit Coniux Vbaldi, in presentia duorum Castaldiorum D. Matilde Comitisse, dederunt Canonicæ bona posita a Rouezzano A. D. 1072. Ex Archivio Canoniæ Metropolitane Ecclesiæ Flor. lib. Pag. Il Duomo di Firenze era allora intitolato Santa Reparata . E Bernardo suo Padre , fù di quelli che fecero edificare Santa Maria Hipotecosa al Canto del Giglio, e ce n’è memoria nel 1010. secondo Giuliano de’ Ricci : del che parla ancora Gio. Villani l. 4. cap. 10. con queste parole . Erano il Legnaggio degli Adimari , quali furono estratti di Casa Cosi, e Santa Maria Hipotecosa fecero eglino , & erano maggior Legnaggio di quel Sesto, e quasi di Firenze, & c. Non è marauiglia che dal 801. fino al 1015. non ci sieno memorie di huomini di casa Adimari, poiche Gio. Villani ancora , fa pochissimi ricordi da quel tempo in qua, fuor della Guerra, che hebbero i Fiorentini co’ Fiesolani, e ne hebbero vittoria, come al Cap. 5. del 4. libro. SONETTO III. Per Adimaro Adimari Vescouo di Volterra, viueua nel 1138. Se niun Lucerna accesa asconde in terra; Ma soura al Candellier l’alza , e l’affetta , E se meglio dal monte occhio saetta, ADIMARO, à ragion gisti à Volterra: Tu Speculator giusto in pace, e in guerra, Tu luce sacrosanta, e benedetta , Per far la Gregge tua sana, e perfetta, T’eleggesti un’albergo alto da terra. Anzi per ampliar Pascolo, e Prato , Quanto è fra l’Elsa, e fra la Fuscia in dono Desti all’Episcopal tuo seggio amato : Hor, se chi pon la vita è Pastor buono , Tu che l’oro, e la vita in vn gli hai dato, Merti, a giudizio mio, d’ottimo il suono. Attestazione del passato Sonetto. REuerendus D. Adimarus de Adimaribus nobilis Florentinus, Dei, & Apostolicæ Sedis gratia Episcopus Volaterranus, sacri Imperij Princeps, & Comes Palatinus, anno Domini 1138. sedit annos sex: Hic emit a D. Rainerio Pannochia Comite , & a D. Sibilia eius vxore, illam partem Episcopatus Volaterrani in spiritualibus, & temporalibus, videlicet, a Castro Pignani vsque ad Flumen Fuscij, & sicut Flumen Fuscij mittit in Cecina, & Cecina mittit in mare, & postea redeundo a dictum Castrum Pignani, vsque ad Flumen Elsæ, & sicut Elsa mittit in Arnum, & Arnum mittit in Mare. Instrumentum factum fuit anno Domini 1139. in Castro Traualis tunc Comitatus Volaterrarum, hodie Senarum : Dono etiam habuit idem Reuerendus D. Adimarus Castrum vetus in curia Sancti Geminiani ab Alberto Goto, & Talia eius vxore cum tota curte dicti Castri, anno vltimo dicti eius Episcopatus. Ex quibus omnibus plurimum eidem debet Ecclesia Volaterrana, &c. Ex Archivio Volaterrano. SONETTO IV. Per M. Bellincione d’Vberto Rauignani Adimari detto Berti, viueua nel 1180. DEgno è di lode alto guerrier, ch’ha vinto Tra le pugne di Marte, e tra’l furore: E degno n’è colui, ch’al senno accinto, Sudò tra’libri, e concquistò l’onore. Ma, qual tu, contentarsi andar sol cinto Di cuoio, e d’osso, ou’è ricchezza in fiore, E vietare alla moglie il sen dipinto, Non è, BELLINCION mio, vanto minore. Con questa gran modestia, al tempo andato , Che rimprouera a noi nostra vergogna, Crebbe Fiorenza in facultadi, e stato. Hor fren di legge al Fasto impor bisogna, Et al ben ( già ricerco) andar forzato, TANTO il giudizio human vaneggia, e sogna. Attestazioni del passato Sonetto. CHE i Rauignani fossero Consorti degli Adimari, oltre all’autorità, che si diranno a basso, si comprende dall’esser stare le case loro in Por San Piero come racconta Gio. Villani lib. 3. cap. 2. così dicendo . La nuoua Città di Firenze si cominciò a reedificare per li Romani, e di piccolo sito , cominciossi dalla parte di Leuante alla Porta di S. Piero, la quale fu oue furono le Case di M. Bellincione Berti nobile, e possente Cittadino, che per retaggio della Contessa Gualdrada sua figliola, e moglie del Conte Guido detto sangue rimasero a’ Conti Guidi . Come Guido Besangue discendesse da’ Conti Guidi di Modigliana . Si legge nel detto Villani lib. 5. cap. 32. Che M. Bellincione fosse de’ primi della Città si raccoglie dal medesimo Gio. Villani lib. 4. cap 1. oue di lui dice così Il Buono M. Bellincioue Berti de’Ravignani onoreuolmente, e Cittadinescamente portò sua Caualleria, &c. Lodandolo dimodestia, come ricco, e grande ch’egli era, Disse Danto nal 16. del Paradiso. Bel lincion Berti vid’io andar cinto Di cuoio, e d’osso , e venir dalla specchio La Moglie sua senz’il uiso dipinto . E per confermazione, che I Rauignani, e li Adimari erano vna medesima cosa , Cristofano Landini comentando il sudetto canto 16. del Paradiso, e trattando di Gualdrada sua figliola dice, Fu questa Fanciulla bellissma, e figliola di M. Ballincione Berti de’ Ravignani mi antichissima famiglia Fiorentina, & uno de’Rami degli Adimari, &c. Il che vien di nuouo confermato da Gio. Villani l. 8. c. 48. perche il nome di Bellincione passò in vn ramo degli Adimari, cioè Quando la Parte Bianca fù cacciata di Firenze sen’andorno fuoruseiti Baldinaccio e Corso Adimari, con quasi tutto il lato de’ Bellincioni, &c. Aggiugneremo che il Titolo di Messere si daua a’ Caualieri, come si dirà auanti a carte 39. dunque i Rauignani erano nobili, & abitando nel sesto di San Piero, come si è detto di sopra, si trouano registrati fra le famiglie nobili, come narra Gio. Villani lib. 4. c. 10. insieme con li Adimari . Et fra i Caualieri, che l’anno 786. fece Carlo Magno in Firenze fu Apardino Rauignani. Ammirato lib. 1. a car. 19. Et il cognome di Berti, e caso Genitiuo, che vuol dire Filius Vberti: resto nondimeno spenta la linea loro piú tempo fa, che però non si troua nel Priorista , & il ramo degli Adimari, che restò loro puì prossimo, si dissero i Bellincioni Gio. Vill lib. 8 c. 48. ne per Bellincioni nominati da Gio. Villani si possano intendere quelli, che appariscono nel Priorista, poi che vn Lionardo di Bellincione fu de’ Priori nel 1378. per Quartiere S. Gio. & era Saponaio, & vn’altro Celidonio di Andrea di Bellincione fù de’ Priori nel 1442. per Quartiere S. Spirito, nel quale mai veruno degli Adimari, è stato descritto. E forse questi non erano in rerum natura al tempo del Villani. SONETTO V. Per Adimaro di Gianni Adimari Consolo di Firenze, viueua nel 1196. BEN sarei come Talpa, o come nato La tra le Catadupi, e cieco, e sordo , S’immobile, ADIMAR, folsi a quel fiato, Ond’hà per te la Fama alto ricordo ; Ma l’hauer di tua Patria il fren guidato, Posto fra’l senso, e la ragione accordo , M’è nella mente omai così stampato , Che nol cancella obblio, ne’l tempo ingordo. Figlia Fiorenza mia di Roma antica, Ch’hebbe il Consol da Bruto infino a’ Goti, Fu d’un simil gouerno un tempo amica. O sommo onor de gli Aui miei remoti , Fosti a ragione eletto a tal fatica, Perche doue è Virtù, li sono i Voti . Attestazioni del passato Sonetto . GIo: Villani lib. 3. cap 3. e lib 4. cap. 6. dice che l’anno 1010. i Fiorentini si accomunorno co Fiesolani, e fecero l’arme rossa, e bianca, il Rosso de Fiorentini, e'l Bianco de’ Fiesolani , e cominciaro a reggersi per due Consoli, e consiglio di 100. de’ migliori Cittadini, &c. Il medesimo Gio: Villani lib. 5. cap. 32. soggiunge . Nelli anni di Cristo 1207. i Fiorentini hebbero da prima Signoria forestiera, che fino allora si era retta la Città per Signoria di Consoli Cittadini de' maggiori, e migliori della Terra, &c. Quattro surono i Consoli mentre che la Città fu a Quartieri , e poi furono sei, quando la Città si partì a sesti, &c. Non si nominauano tutti ma il più degno di loro, dicendo al tempo di cotal Consolo, e compagni. Gio.Villani lib. 5. cap. 32 & più luoghi. Matteo Palmieri trattando de’ Consoli nella sua Cronicha dice Anno 1196. Fiorentini Consulem elegerunt, qui ius diceret , & cum publica potestate Rempublicam gubernaret, quod per singulos annos usque ad Friderici II. mortem obseruatum est, videlicet usque ad annum 1250. Et post Friderici mortem Rempublicam reformantes duodecim Antianos creauere, &c. Coluccio Salutati in un suo libro intitolato, Contra Luscum Vicentinum scriue. Accedit ad hæc quod urbs nostra summo Magistratu, sicut olim Roma per Consules regebatur usque ad exactos annos incarnationis diuinæ sapientiæ 1282. Da alcune scritture de’ Monaci della Badia di Firenze . Adimaro Adimari fù Consolo di Firenze nel 1196. Et Bernardo Adimari nel 1201. e duraua il loro offizio vn’anno, e rendeuano ragione, e faceuano giustizia, & al modo di Roma tutto guidauano, e gouernauano, &c. SONETTO Vl. Per Aldobrando di Bernardo Adimari Consolo di Firenze nel 1201. e nel 1210. RAro interuien, ch’a traccheggiar l’onore Per la selua del mondo huom non lo prede , Che quanto ha nel cercar campo maggiore , Se non lo troua qui, colà lo vede Ma senz’uscir della sua patria fuore , A pochi il conquistarlo oggi succede , ALDOBRANDO, tu sol senza sudore Ti sapesti acquistar tanta mercede. E fin due volte a’ tuoi paterni lari Del regio Consolato i fregi imponi, Quanto sperati men tanto più cari . Ah ben conosco hor io per più cagioni, Ch’il gouerno Ciuil, ben che tra’ pari Sol bello, e fortunato è presso a’ Buoni. Attestazioni del passato Sonetto. IN vn Contratto rogato a dì 13. di Aprile 1210. esistente fra le scritture delle Monache di S. Felicita di Firenze, come per vista , e copia datami da M. Filippo Morelli iui Priore, si legge . Al tempo di Aldobrando Adimari Consolo Fiorentino, Pepo di Spinello da Montegrossoli, vendè una mezza casa alle Monache di S. Felicita fra’suoi confini, &c. come per rogo di Buonamico. Imperatori Henrici Iudex, & Notarius &c. Veggasi adietro nella passata attestazione, come egli è vero , che i Consoli non si nominauano tutti nelle pubbliche scritture, ma il più degno di loro, veggasi Gio. Villani lib. 4. c. 6. lib. 5. c. 26. c. 30. 32. e 34. A questa attestazione par che si potesse opporre, che l’anno 1210. non viueua l’Imperatore Arrigo VI. di questo nome poi che egli morì l’anno 1198. ma si ben l’Imperatore Ottone, per conciliar questa scrittura con l’istorie si può dire, ò che i Notai nominauano quell’Imperatore, sotto l’autorità del quale si erano messi alla professione, o che detto Buonomico hauesse l’autorità da Henrico fratello di Baldouino, che fu Imperatore di Costantinopoli nel 1201. e visse fino al 1214. Egnatia lib. 2. Consm. Manse: lib. 4. SONETTO VII. Per Gualdrada di Bellincione Adimari detto Berti , viueua nel 1210. CHI fa, ch’il valor d’altri al Ciel sen vada, E la Gloria de’ suoi tace, e non mira, O ch’ei defrauda il giusto , o non v’aspira, O che, mirando a gli altri, a se non bada. Grande vn huomo è col senno, e con la spada, Ma non minore in Donna anco s’ammira Quel casto amor, che l’honestà le spira, Come si vide in tè, bella GVALDRADA. Dirò dunque di te, ch’ alto Signore Posponesti, e i suoi baci, e sua grandezza Di pudiciza, e d’innocenza al fiore. O figlia al Padre ad obbedire auuezza, Non l’obbedisti, e non facesti errore , Donna ch'onor non ha, non ha bellezza . Attestazioni del passato Sonetto. DI questa nobilissima Donna, degna a guisa d’Astipatira di esser ammessa nel Teatro de’suoi, fanno menzione Batt. fulgoso, & il Cont. p. 365. benche con error del nome, e molti autori, ma in particolare Gio. Villani lib. 4. cap. I. oue trattando del primo Conte Guido, dice così Guido sopranominato sangue, per li suoi, che furono tutti in sangue morti, fu per l’ Imperatore Otto quarto fatto Signore in Casentino , e questi fu quegli, che tolse moglie in Firenze la Contessa Gualdrada figliuolache fu del buono M. Bellincione Berti de’ Rauignani, che ouorevolmente, e Cittadinescamente portò sua Cavalleria. E parlando più diffusamente di questo parentado soggiugne nel 5. lib. al cap. 37. Questo Conte Guido vecchio prese per moglie la figliuola di M. Bellincione Berti de’ Rauignani, che era il maggiore, e più onorato Caualiere di Firenze, e le sue case succedettono poi per retaggio a’ Conti, le quali furono a Porta San Piero su la porta vecchia -- Questa Donna hebbe nome Gualdrada, e per bellezza, e bel parlare di lei , la tolse il detto Conte, vedendola in Santa Reparata con altre donne, e donzelle di Fir. quando vi era l’Imperatore Otto Quarto a cui piacque, & il Padre di lei dicendo che egli haueua potere di fargliela baciare , la Donzella rispose, che mai huomo viuente la bacierebbe, se non fusse suo marito: per la quale parola l’Imperatore la commendò, e per consiglio di lui, detto Guido la si prese in moglie, &c. Della nobiltà de’ Rauignani, e come erano vn ramo degli Adimari, si è trattato adietro nel Sonetto di M. Bellincione , veggasi il medesimo Gio. Villani lib. 3.cap. & lib. 4. c. I. e 10. e lib. 5. cap. 37. Di Gualdrada fa menzione ancora Dante nel 16. dell’Inferno, oue parlando di Guido Guerra, dice Nipote fù della buona Gualdrada Guido Guerra hebbe nome, & in sua vita Fece col senno assai, e con la spada . E Christofano Landini, comentando questo luogo , dice che Gualdrada sù figliola di M. Bellincione Berti de’ Rauignani antichissima famiglia, & vno de’ rami degli Adimari , raccontandone l’istesso che di sopra ha scritto Gio.Villani. SONETTO VIII. Per M. Filippo Adimari Cauicciuli, detto Argenti, viueua nel 1250. NON sò, Spirito altier, mentre io fauello Per dare esempio a’ postieri nascenti, Se de’ tuoi detti, o de’ suoi fatti ardenti Il parlare, o’l tacer mi sia più bello: Che se già vide un Vate aspro flagello Farsi di tè fra le fangose genti, A che più rammentar FILIPPO Argenti, Ch’è sepolto in inferno à Dio ribello? Pur tacer non vogl’io, non sempre il vero Cantan le Muse, e forse sdegno accese Quel Poeta, co’ nostri ogn’or seuero; Nel resto assai d’onor ci rende, e rese, (Più ch’il ferrar d’Argento il tuo destriero) Che di tè scriua Dante, e’l Certaldese. Attestazioni del passato Sonetto. TRatta di questo Caualiere , come di persona nobile , e ricca, ma iraconda Gio. Bocc. nella nouella 8. di Ciacco, e Biondello gior. 9. oue nomina ancora la loggia degli Adimari , e de’ Cauicciuli con queste parole . Il menò vicino alla loggia de’ Cauicciuli, e mostrogli in quella un Caualiere chiamato M. Filippo Argenti, &c. E Dante nel canto 8. dell’Inferno lo ripone fra’ superbi , & iracondi , dicendo. Tutti gridauan, a Filippo Argenti, Il Fiorentino spirito Bizzarro In se medesmo si rodea co’ denti . Oue gli espositori concorrono, che questo Cogniome d’Argenti gli fosse imposto , perche era così ricco , che vsaua ferrate i suoi Caualli d‘Argento: eccesso in quei tempi, si come sarebbe ancora, di superba grandezza . Cristofano Landini nell’espositione del suddetto canto 8. dice così. Filippo Argenti, secondo che il Boccaccio dice di hauer inteso da Coppo di Borghese Domenici , fu Caualiere della nobile famiglia de’ Cauicciuli, i quali sono un ramo degli Adimari, tanto ricco, che usaua ferrare i suoi Cauelli d’Argento, il medesimo afferma il Contrario pag. 196. Nel resto s’accenna, che Dante forse non fu bene affetto verso la nostra famiglia , e per ciò ripose alcun de’nostri nell’Inferno, perche Boccaccio Adimari fu sempre contrario al suo ritorno in Patria, mosso dallo sdegno che Baldinaccio suo sigliuolo, fosse stato vn di quegli, che furon mandati in esilio, quando il Porta persuase al Senato, ch’abbassar si douesse la potenza de’ Grandi , come si dirà auanti nelle attestazioni del sonetto 38. a car. 93. nondimeno douiamo stimar assai l’essere stati nominati dalla Penna di si celebrati Scrittori. SONETTO IX. Per M. Tegghiaio di Aldobrando Adimari Primo Rettor d’Arezzo, viueua nel 1256. O Di lingua, e di man saggio, e guerriero, Hor con l’una Orator, con l’altra Ardito, Testimon ne sia l’ Arbia, e lo Spedito, Che ti giouò l’hauer predetto il 'vero! Ahi, che l’ huomo al suo ben ciceo , e seuero , Spesso, quando il peccar fassi infinito, Anco dalle Cassandre il vero udito, Riconoscer non sà dal bianco il nero. Tanto auuenne, o TEGGHIAIO, à nostre squadre, Ma le stille del sangue in tante Stelle, Si cangiaron per tè, d’opre leggiadre: O saggie voci alla Virtude ancelle , Mentre vi profferì d’Arezzo un Padre Quel che vi disprezzò, vi fe più belle. Attestazione del passato Sonetto. DAnte nel canto 6. dell’Inferno onoratamente nomina questo M. Tegghiaio dicendo Farinata, e Tegghiaio che fur si degni E nel canto 16. L’altro che presso a me la terra trita E Tegghiaio Aldobrandi la cui voce Nel mondo su dourebbe esser udita. Oue Cristofano Landini espositore, nel primo luogo dice , che Tegghiaio fu degli Adimari, e nel secondo. Tegghiaio Aldobrandi fu degli Adimari molto stimato, & a casa, e neglieserciti, per molte marauigliose opere, e consigli, Costui sconfortò l'impresa contro a’ Sanesi, dimostranado che non si poteua in quella hauer vettoria, ma non fù accettato il suo consiglio, onde ne riuscì la infelicissima rotta d’Arbia Ne fa menzione ancora Gio. Villani lib. 6. cap. 79. mentre narra come egli orò in Senato, opponendosi al parere dello Spedito. Il dicitore per tutti, fu M. Tegghiaio Aldobrandi delli Adimari Caualier sauio, e prode in arme, e di grande autorità , e di largo consigliaua il migliore. La voce Aldobrandi è posta per Patronomico, cioè filius Aldobrandi eques ille non ignobilis, de quo onori fica mentio apud Borghin: in Eccl. Et Episc. Flor. Fu nel 1255. eletto Rettore di Arezzo, e fu il primo de’ Fiorentini. Vedi Bionardo d’Arezzo lib. 2. Ammirato nelle Istorie lib. secondo a car. 82. Ricordano Malespini a car. 56. Il Razzi, & il Giouio nella Vita di Farinata, Il Sig. Iacopo Gaddi negli Elogij historici Elogio 3. E Gio. Vill. lib. 6. cap 83. SONETTO IV. Per M. Manfredi Adimari, Cognato della B. Vmiliana Cerchi, e Padre del Primo de’ nostrí , che godesse il Priorato ,viueua nel 1256. MANFREDI, o Guida, o Scorta, o Fede, o Mano, Onde alzasti il tuo sangue, e te reggesti, Quai furoi pregi tuoi, ch’al mondo hauesti, Perch’io li conti, e non li canti in vano! Ahi, non si solca appien l’ampio Oceano , Conuien che qualche parte intatta resti, Di tanti fregi tuoi dirò sol questi , Che fosti una delizia al germe umano. Ciò fù, perche tua fù sposa REGALE Sorella gia d’VMILIANA Diua , Ch’è fra’ Cerchi del Ciel Cerchio immortale. Quindi BERNARDO tuo dell’Arno in riua Primo de’ nostri al Priorato sale, Che doue Vmiltà Regno alto s'arriua . Attestazione del passato Sonetto. M. Manfredi Adimari Caualiere Fiorentino viueua nel 1256. e si troua descritto ne’ libri , che si conseruano nell’Archiuio delle Riformagioni, oue nel lib. 3. delli statuti della nostra Città sotto la Rubrica 32. De securitatibus præstandis a magnatibus appariscono li Adimari fra le famiglie de’grandi, e de’ magnate. Et il Priorista originale che iui si mantiene, dimostra, che per Sestiere di Por S. Piero, e Quartiere S. Gio. e S. Maria Nouella, sono stati più Príori degli Adimari, & il primo nel 1286. Bernatdo Figliuolo di questo M. Manfredi , con queste parole Bernardus D. Manfredi de Adimaribus a die 15. Octobris usque a die 15. Decembris 1286. Il Sig. Vieri Cerchi, Gentílhuomo per costumi, e litteratura insigne, mi diede la seguente memoria estratta da’ libri, e ricordi antichi di Casa sua . M. Vieri Cerchi diede per moglie Regale sua figliuola sorella che fù della B. Vmiliana, a M. Manfredi Adimari l’anno 1256. Questo M. Vieri su Caualiere principalissimo , Capitano de’ Fiorentini, capo di parte Bianca sollecito , e diligente : come nelle Croniche Gio. Villani lib. 7, cap. 130. & 148. e lib. 8. cap. 38. Qual sia poi stata la famiglia de’ Cerchi in Firenze, si legge nel medesimo Gio. Villani, oue nel lib. 3. Cap. 2. dice che la Porta di S. Pietro, quando l’anno 801. si riedificò la Città di Firenze fu posta, oue poi furono le case di M. Bellincione Berti, nobile, e possente Cittadino , che per retaggio della Contessa Gualdrada sua figliuola, e moglie del Conte Guido primo, rimasero a’ Conti Guidi, che poscia le venderono a’ Cerchi, &c. soggiungendo nell lib. 8. cap. 38. che i Cerchi, casa di grand’affare, l’anno 1300. furono in Firenze capo della parte Bianca, e che con loro tennero quasi tutti li Adimari, se non se il lato de’Cauicciùli . SONETTO XI. Per M. Pagno di Gherardo Adimari Dottor di Legge, viueua nel 1257. POscia che l’huom, quasi Destriero errante, Correa questa del Mondo ampia contrada , Acciò non più trabalzi, e più non cada, Pensar conuenne a raffrenar sue piante . Quindi nacquer le leggi eterne, e sante, Che mostrarono altrui la vera strada, E l’Imperio col senno, e con la spada , Ch’era allora un Pigmeo, si fe Gigante. Tu, PAGNO, a maneggiar così bel freno Fosti in un così dotto, e così pio , Che saluasti infiniti, e te non meno . Deh fostu viuo a questi tempi, oh Dio, Che saria vinto, o cederebbe almeno Chiunque offusca oggi il vero, e m’intend'io Attestazione del passato Sonetto. IL titolo di Messere si daua , o a Dottori di legge , o a Caualieri, l’ordine de’ quali nella nostra Città, è stato sempre eminente; e per Caualieri s’intendeuano tutti quelli, a’ quali dopo esserli stata conferita la dignità, veniua dato titolo di Miles , come attesta l’Eruditissimo Sig. Iacopo Gaddi negli Elogi Istorici Questo M. Pagno fu Dottore di Legge assai chiaro a’ suoi tempi, ma perche i suoi scritti non furono pubblicati non è registraro fra i legisti , nel Catalogo del Poccianzio, ne del Mautoua . Habbiamo nondimeno sufficiente notizia delle sue virtù dagli scritti di M. Guidant’Adimari Canonico Fiorentino, che fiorì nel 1550. & è passato per antica tradizione in casa nostra, come per il nostro discorso sopra la famiglia degli Adimari a carte 9. SONETTO XII. Per M. Buonaccorso di M. Bellincione Adimari Ambasciadore nel 1262. e 1270. COnuien, che tenga un Messaggiero eletto I negozi a trattar del suo Signore , Senno, Eloquenza, e Fè , Ricchezza, Onore. Per il segno arriuar d’esser perfetto. Senno, e lingua, ch’a tempo apra il concetto, Fede, da conseruar sincero il core, Ricchezza, che mantenga il suo splendore, Nobilità, che nol renda altrui negletto . Con questi arredi, o BVONACCORSO, armato Più che non san cantare oggi i miei carmi, Seruisti Flora, e sua ragion di stato. Quindi, emulando eternità co’ marmi , In vari luoghi Ambasciator mandato, Hor concludesti paci, hor mouest’ armi. Attestazione del passato Sonetto. QVando i Guelfi Fiorentini vsciti di Firenze si viddero aspramente perseguitati da Manfredi Re di Puglia, e da’ Ghibellini , mandarono M. Buonaccorso di M. Bellincione Adimari in compagnia di M. Simone Donati Ambasciadore in Alamagna a Curradino di Currado di Federigo Imperadore , per sommuouerlo a passare in Italia in fauor loro; ma la Madre, figliola del Duca d’Osterich cioè di Bauiera, parendoli di troppo tenera età, non volle. E licenziatili con amoreuoli parole , e speranze , acconsentì, che portassero con loro la mantellina del medesimo Curradino soppannata di vaio, &c. Gio. Vill. lib. 6. cap. 44. 81. e 85 . Lionardo Aretino lib. 2. Cristofano Landini nel comento di Dante . Scipione Ammirato lib. 2. a car. 99. Piet. Mess. in vita Currad. I parentadi che fece M. Buonaccorso , quando i Guelfi, & i Ghibellini si pacificarono insieme, si sono raccontati nelle attestazioni del sonetto di M. Forese a 40. Il medesimo M. Buonaccorso fu mandato Ambasciadore à Carlo primo Rè di Napoli l’anno 1270. quando fece l’accordocol Rè di Tunisi, Gio. Vill. lib. 7. cap. 39. SONETTO XIII. Per M. Forese di M. Buonaccorso Adimari Capitani de’ Guelfi, &c viueua nel 1263. IO canterei, fra le più belle imprese Di quei, ch’hanno de’ miei pugnato, e vinto, I tuoi fatti magnanimi (o FORESE) S’io ne sentissi il gran rimbombo estinto. E per farlo auuiuar, direi cortese, Che fosti a’ Guelfi a comandare accinto, Che la tua mano un Cacco suol distese, Che per te sembrò Reggio un Terebinto. Ma quel, ch’in mille carte è già descritto, Quel ch’ognun vide, & hà nel cuore impresso, Il tornarlo a narrar non forse è dritto . Basti dir, che di Guido al sangue annesso, Fosti si chiaro in pace, in guerra inuitto, Che ne stupì con Manlio, il mondo stesso. Attestazioni del passato Sonetto. DI M. Forese Adimari scriuono molti autori molte cose , e fra l’altre ch’egli fu co’ Guelfi, quando hebbero l’insegna da PP. Clemente V. ch’era l’Aquila rossa, col drago negli Artigli, Gio. Vill lib. 7. c 2. ritenuta fin’ora da’ Capitani di Parte Guelfa, Magistrato di grand’aurorità in Firenze, e de’ medesimi Guelfi fu Capitano. e perche de’ suoi fatti principali tratta Gio. Villani lib. 6. cap. 88. registreremo qui le sue proprie parole. L’anno 1263. per simile modo, come fece in Modona così si cominciò battaglia Cittadina in Reggio tra’ Guelfi, e Ghibellini; e mandato per li Guelfi di Reggio per soccorso alli usciti di Firenze, che erano in Modona, incontinente vi andarono , e fecero Capitano di loro M. Forese degli Adimari , e entrati in’ Reggio furono su la piazza alla battaglia, la quale molto durò però che i Ghibellini di Reggio erano molto possenti, e fra li altri vi haueua un chiamato il Cacca da Reggio quest’ era grande come Gigante, e di marauigliosa forza, con una mazza di ferro in mano, nullo gli s’ardia appressare, che non l’abbattesse in terra, o morto, o guasto: veggendo ciò i Gentilhuomini di Firenze se li strinsero addosso , il quale fu doppo molto gran difesa atterrato, e morto . Questa vittoria fu ascritta al proprio valore di Forese il quale secondo il medesimo Villani nel cap. 15. del lib. 7. L’anno 1265. prese per moglie una figliuola del Conte Guido Novello, e Bindo suo Zio una delli Vbaldini, per far pare tra’ Guelfi, e Ghibellini . Il medesimo M. Forese fu l’anno 1283. Gouernatore d’Imola, Nel 1295. capo d’vn tumulto , Nel 1296. Ambasciatore in Lombardia per la pace, veggasi in somma Gio. Villani lib. 6. cap. 88. a car. 179. e lib. 7. cap. 15. a car. 99. Lionardo Aretino lib. 2 dell’Istorie Cristof. Landini nell’ Apologia, il Mini ne’ discorsi, il Verini nell’illustrazione di Firenze, il Volaterrano, il Borghini ne’ trattati l’Amirato, & altri Scrittori delle cose Fiorentine , & ultimamente il Sig. Iacopo Gaddi negli Elogi Istorici . Manlio atterrò ancora lui vn Gigante . Vedi Tito Liuio. SONETTO XIV. Per Carlo di M. Guerra Adimari Capitano d’Amalfi , &c. Viueua nel 1272. E per Niccola Adimari autore della Famiglia de’ Trotti. QVei, che cantò del’auree Muse al Trono Irato Achille, e peregrino Vlisse, E quei, che degli Dei lacuna scrisse, Perch’andaron vagando, hebber gran suono. Quindi al buon CARLO, & a NICCOLA in dono Trouar gloria esulando il Ciel permisse, In Napol quegli, e questi in Milan visse , Ch’i Vati accetti in Patria unqua non sono. Così Iasone in Colco, in Misia Alcide, Per conquistar virtù sen’giron solo , CHE sol quei molto sà, che molto vide: O’ quanto è bene alzar dal nido il volo , PER tutto al valoroso il Cielo arride, E marcisce Virtù nel proprio suolo . Attestazioni del passato Sonetto. NElle discordie fra’Guelfi, e Ghibellini, molti degli Adimari andarono in diuerse parti, & incontrarono felice ventura. Le attestazioni, che qui & altroue si noteranno, circa i progressi d’alcani de’ nostri nel Regno, l’hauiamo haute da scritture mandateci autentiche da vn ministro dell’Archiuio di Napoli, le quali di mano in mano, che ci se ne porgerà l’occasione s’andranno copiando . E per questo Carlo di M. Guerra, così viene scritto. Ex scripturis Archiuij Siclæ Regni Neapolis positis in Registris Ex registro Caroli primi 1272. XV. Indit. litera E. Carolus Domini Guerra de Adimaris Capitaneus Ducatus Amalfi fol. 231. In Lombardia passò vn Niccolò Adimari dal quale i Trotti . Cristofano Landini nell’Apologia in difesa di Dante così ne ragiona. Sono in Alessandra della Paglia i Trotti, famiglia molto numerosa, & ornatissima in arme, disciplina militare. e nella ragione Ciuile per molti Iurisconsulti eccellenti, e già gran parte del Monferrato soggiogo, i quali sono de’ Fiorentini Adimari. Capo di questa Illustrissima famiglia, che crebbe ancora in Milano, fu come si è detto vn Niccolò Adimari , che partitosi di Firenze più centinaia di anni sono, sen’andò ad abitare in Lombardia , come da certe scritture mandatemi da Monsig. Francesco Trotti. L’etimologia del qual cognome, alcuni vogliono, che deriui dal verbo Spagnolo Troccar, cioè scambiare , o mutare, hauendo scambiato casato, benche ritenghino la medesima Arme , cioè lo scudo diuiso per trauerso in due Campi eguali, turchino sotto , e d’oro sopra, e mutato luogo , e cangiato Patria . Altri dal Verbo Trottare, cioè camminar gagliardo : che per ciò il Trotto, è vna specie dell’andar de’ Caualli, fra il passo comune, & il galoppo, hauendo forse riguardo, che Niccolò si partì velocemente di Tolcar SONETTO XV. Per Alamanno, o vero Manno Adimari vno de’ XII. Ambasciadori Fiorentini a PP. Bonifazio VII. viueua nel 1294. SPira il Cigno Dirceo canto sicuro, Ch’il gran sangue Corintio in Licia sorse Fecondo sì, ch’in un sol dì soccorse De’ Greci il Campo, e de’ Troiani il Muro. Ma sempre Antichità giace in oscuro, Questa è ben verità non posta in forse, Che Dodici in vn dì Flora ci porse Nunzi, ch’a tanti Regi aita furo. Dillo tu Bonifazio allor ch’intento A riceuer di Pietro i sommi onori Chiamasti i Fiorentin Quinto ELEMENTO, E dillo o MANNO tu, che tra’ migliori Allano in Puglia hauesti, in Cuma argento, Quand’hebbe più che Muse, Arno Oratori. Attestazioni del passato Sonetto. GLI Adimari furono si numerosi, che diuisi in più consorterie, parte di loro furono bon parte Nora come i Cauicciuli, e parte con parte Bianca come gl’Adimari Gio. Vill. lib. 8. cap. 38. & in varie parti secondo gl’accidenti delle cose moderne andarono ad abitare; Questo Manno, ouero Alamanno passo nel regno, e fu familiare di Carlo Primo, e di Carlo Secondo Re di Puglia da loro beneficato, & onorato, come si legge nell’ Archiuio di Napoli con queste memorie. Ex Archiuio siel e Regni Neapolis ex registro 1291. & 1292. Indit. 5. lit. C. fol. 52. Mannus de Adimaris de Florentia Miles, & familiaris habet in donum pro seruitijs Carolo Primo, & nobis prestitis Casale Allani in prouincia terra Hidronti quad fuit comitis Assarani, & domum ipsius comitis in eadem terra. E nota che i Caualieri a quei tempi , Milites appellabantur, come attesta il Sig. Iacopo Gaddi nella Note all Elogio di M. Vieri Cerchi. Ex registro 301. Indit. 14. lit. D. fol. 233. Mannus de Adimaris de flor. miles, & familiaris habet in donum uncias quadraginta in feudis assignandis. Ex registro 302. prima Indit. lit. G. fol. 175. Mannus de Adimaris de Flor. & Bartholomeus de Tocho de Capua, familiares, habent in donum medietatem Fiscalis terræ Cumarum pro redditu Vnciarum 20. in feudum. Molti autori tanno menzione del mirabil caso interuenuto l’anno 1294. intorno alla stima della Fiorentina Eloquenza, Io nondimeno tralasciatone molte, addurrò qui solamente quel che ne dice Christofano Landini nelle sue apologie in difesa di Dante, e de’ Fiorent. Fu naturale nella Fiorentina nazione l’Elogenza, di che, oltre alla esperienza molti esempi posso indurre, che molti Principi vsarono l’opera de’ Fiorentini nelle loro legationi , ma cosa mirabile fu, a chi senza inuidia giudica, che nella Coranzione di Bonifacio VIII. e nel tempo che per congratulazione della nuoua assunzione sempre huomini eloquenti si scegliono , dodici Oratori Fiorentini da dodici Principi furono onorificentissimamente mandato, &c. fra’ quali per il Re di Puglia vi andò Manno Adimari . Il Sig. Gaddi negli Elogi historici, accostandosi ad altra oppinione dice, che questo Manno vi andò per il Re d’Aragona, ma io tengo vi andasse peril sudetto Re di Puglia, mosso dalle disopra registrare scritture , che lo dimostrano essere stato familiare di quei Re, &c. Le Casate , e Consorterie vscite dagli Adimari sono state , Rauignani, Cosi, Fraschi, Trotti, Cauicciuli, & Alamanneschi. SONETTO XVI. Per Ruberto Adimari Caualiere, e Gouernatore di Puglia, Vicario di Raimondo Berengario nel 1296. e 1304. E per Vberto di Benedetto Adimari Auolo della Signora Caterina Piccolomini. TVtti corriamo al Palío, e qual Destriero Nell’Arena del mondo ognun discende, Son le mosse alla Cuna, e’l premio prende, Chi ben termina in morte il corso altero. Ma quei ben corre in questo stadio in vero , Che senz’ offender altri al suo fin tende , Tal fù ROBERTO in Puglia, e tal s’intende, Fossi vn moderno VBERTO huom sempre intero Quei palma hebbe da Carlo, e nello stato Del Berengario Sir, Questi vicina Costante la trouò di figli orbato . Per che, Nipote sua, tu CATERINA, Desti, Gran Donna a PICCOLHVOMO allato , Prole ad un nuouo Enea quasi diuina . Attestazioni del passato Sonetto. PER le Cause, accennate nella passata attestazione, e per la Cacciata de’ Guelfi di Firenze, molti de’ nostri si sparsero in varie parti; onde fino in Inghilterra, mi disse l’Illustriss. Sig. Balì Cioli primo Secretario del Sereniss. di Toscana hauer trouato un Marcantonio Adimari in buonissimo stato, che discendeua dagli Adimari di Firenze ma i più si posarono nel Regno di Napoli, e però non solamente questo Roberto, ma molti altri visi trouano hauer profittato, come dimostrano le seguenti note. Ex Archiuio Siclæ Regni Neapolis, ex Arca lit. B. Robertus de Adimaris Iustitiarius Apulie, & Vicarius terrarumis Apulia Domini Raimundi Berengharia filij Regis Caroli II. 1296. Sappiasi quì, & altroue, che nelle memorie haute di Napoli vien detto, che il titolo di Iustitiarius Idem est quod Vicerex. Ex scripturis eiusdem Archiuij positis in fasciculis Ex fasciculo 24. Robertus de Adimaris fuit Iustitiarius terrarum Raimundi Berengarij filij Regis Caroli II, 1296. Con l’occasione di questo Roberto ci è parso di far menzione d’vn moderno Vberto, figliolo di Benedetto Adimari, si perche fu gentilhuomo dotato di grandissima prudenza, e fedeltà , & impiegato in vani Carichi, come per hauer lasciato abbondanti facultà , e tollerato con fortezza indicibile la morte di Raffaello suo vnico figliolo, consolandosi in alleuare la Sig. Caterina Adimari sua nipote, che erede non meno, dellevirtù de’sudetti suoi antenati, che delle ricchezze, fu maritara al Sig. Cau. Enea fratello del S. Conte Marescial Fra Ottauio Piccolomini Generale di sua Maestà Cesarea, Gentildonna, che, feconda di figliuoli, e più di virtù, hà saputo anch’ella mostrare, e nell’educazione loro, e nel perderne alcuni, e nel gouernar la Casa, e nel passar vna lunga vedouanza, non dissimil fortezza , e valore. SONETTO XVII. Per Baldinaccio di Boccaccio Adimari, viueua nel 1315. ANimo generoso oppresso a torto, Come chiuso talor sotterra il foco Non sa fermarsi, o ritrouar mai loco, Fin che non giunge al suo natìo conforto. Così tu BALDINACCIO Esule accorto , (Cerreto in occupar) vincesti il gioco, Onde l’onor per te non fù già poco, Ma bene il biasmo altrui non fù già corto. Ritornasti alla Patria, e ben douea Nelle Paterne mura esser rimesso, Quel che tant’altri a mantener u’hauea , Fù Baldinaccio con figlio a tè concesso, Che discacciò Gualtier, che l’opprimea, Però chi gioua altrui, gioua a se stesso. Attestazioni del passato Sonetto. REgnando le Parti Bianche, e Nere. si adunarono molti di parte Nera in Santa Trinita ; Capo de’ quali era M.Corso Donati, insieme co’ Cauicciùli, e consultarono primieratmente di mandare a Bonifazio VIII. che spingesse qualche signore della Casa di Francia, a che li rimettesse in stato , e cacciassine i Bianchi . Dispiacque simil trattato alla Signoria, & a persuasione di Dante Alighieri, allora de’ Priori, furono mandati in esilio, molti di parte Nera , fra’ quali alcuni de’ Cauicciùli , & ancora andarono in esilio alcuni di Parte Bianca fra’ quali Baldinaccio Adimari; ma questa parte , poco appresso fu reuocata . Veggasi Gio. Villani lib. 8. cap. 41. Cristof. Landini nell’apologia, e vita, e costami di Dante. Intanto venne a Firenze Carlo de’ Valois, & il Cardinal d’Acquasparta, quali fecero far molte paci, fra i Bianchi, e Neri, e la principale fra gli Adimari, ma per maligna instigazione de’ Neri, Carlo de Valois cacciò di Firenze quelli di Parte Bianca, fra’ quali fù Baldinaccio, e Corso Adimari , con quasi tutto il lato de’ Bellincioni, Gio. Villani lib. 8. cap. 40. & 48. Don Vincenzio Borghini, e Francesco Petrarca in vita Bonif. VIII. Tentarono li Adimari esiliati di tornar in Firenze, e l’anno 1304. il detto Baldinaccio, e Corso suo fratello, entrarono nel Palazzo delli Potestà per forza, e ne trassero Talano di M. Boccaccio Cauicciuli, che vi era stato messo prigione . Gio. Vill. lib. 8. cap. 73 . E nel 1315. Baldinaccio di Boccaccio Adimari Cauicciùli fece ribellare Cerreto Guidi, e lo tenne tanto, che il Comune lo rimesse nella Città, senza il qual patto non volle mai renderlo . Gio. Villani lib. 9. cap. 71. oue soggiunge queste parole Alla fine per patti, e per danari, essendo tratto di bando Balinaccio con vergogna del Comune di Firenze, renderno detto Castello, &c. Oue sino a questi tempi gli Adimari hanno hauto delle possessioni, e credo sia denominato Cerreto Guidi, per dipendenza della Contessa Gualdrada moglie del Conte Guido come a 31. SONETTO XVIII. Per il B. Vbaldo Adimari dell’Ordine de’ Serui, fioriua nel 1315. VBALDO, alto rampollo, ond’hanno i rami Del vecchio Ceppo mio vita, e sostegno, Non disdegnar, ch’io del tuo sangue, hor ami Te di mia nobiltà mostrar per segno ; Che s’ egli auuien, ch’in terra Onor si brami, Gloriarsene in Ciel certo è più degno, Perche qua giù non è chi maggior chiami D’vn Cotrigian di Dio, ne Re, ne Regno. O seruo di MARIA, per quel gran vanto, Ch’hauesti in portar via, conforme a i voti, (Qual già Tucia nel vaglio, onda nel manto. Soccorri a’ miei trauagli oggi a te noti, Porta anca via da me l’acqua del pianto , Suol pure ogni Auo amar sempre i Nepoti . Attestazioni del passato Sonetto. EX Processu B. Philippi Florentini Confessoris, &c Ex Authographo originali per Notarios Tudertinos olim constato: vide Centuriam Annalium Ordinis seruorum, editam , lib. 5. cap. 1. & 2. Compendium æditum apud Ioannem Antonium Caneum anno 1616. pagina 4. B. Philippus Florent. seditiones, & odia simul cum Card. Latino in summan pacem conuertens, Vbaldum Adimarium, alterius factionis Princeps, Religioni seruoram adiunxit: qui tandem optimo fine quieuit, quod & præstitit Bononiæ cum eodem Cardinali. Nella vita del medesimo Beato, scritta dal Sig. Pandolfo Ricasoli Baroni Canonico Fiorentino a carte 123. & 124. si legge . Singalare fu la conuersione d’Vbaldo della nobiliss. famiglia degli Adimari, capo della frazione Ghibelllina, contro la parte Guelfa; Imperoche mentre, a guisa di un’altro Saulo, minaccioso, e crudele andaua con l’armi contro a gli auuasarj , mosso dalla esortazione di Filippo, lasciata la diuisa militare del mondo, prese quella di Maria Vergine, per mano del Generale; che poi veduto i progressi del nouello discepolo lo volle per compagno, e frequentemente per Confessore; anzi raccontano le storie de’ Serui, che auuertito da Diuina inspirazione, però che era lontano di Todi, che oramai staua per passare di questa vita il B. Filippo suo caro Maestro, colà si conducesse, e che dalla sua uista ricreato il B. Generale, nelle sue braccia rendesse l’anima a Dio. Morto il Maestro se ne ritirò nel Monte Senario, doue con asprissima penitenza visse fino a gli anni del Signore 1315. Molti singulari e sempi della simplicità, che in lui fu maruigliosa raccontar si potrebbero . Ma dirò solo, che hauendo carica dal superiore, di portar l’acqua per la refezione de' Padri dal fonte del B. Filippo, auuenne, che si roppe il ua _____ste la portò a’ Padri senza versarla, benche aspra SONETTO XIX. Per Tegghiaio secondo Capitano de’ Fiorentini contro Galeazzo Visconti, viueua nel 1321. ERcole allor, ch’a debellare i Mostri A prò dell’uniuerso armato andaua, Più del ferro, e del foco, oprò la Claua, Sensi, che sono occulti a gli occhi nostri. Non pone al Crin le Diademe, e gli Ostri Il taglio sol di spada eletta, e caua, In man de’ Generali un legno staua, Che somma autorità par che dimostri. Di questa dunque, e di prudenza armato TEGGHIAIO s’inuiò contro al Visconti, Ma trouò Marte al dubbio euento ingrato, S’i Nemici in quel punto alzar la fronte, Se non trouar gli Amici un lieto stato , Ch’ei pugnò valoroso almen si conti. Attestazioni del passato Sonetto. NEl tempo che Papa Gio. vigesimosecondo, & il Rè Roberto, per soccorrere il Piemonte , & i loro nimici di Lombardia, sbigottiti per la parte di Filippo de Valois, rifecero lega co’ Fiorentini, e con altri : hebbero dalla nostra Città molti pedoni, e Caualieri , Capitano de’ quali fu Tegghiaio secondo degli Adimari . Ma l’impresa non hebbe felice fine, perche il Marchese di Caualcabò di Cremona, Generale della legha, mal prouueduto contro le forze di Galeazzo Visconti, che haueua di già radunati molti aiuti dal Padre , da’ Pisani , e da’ Lucchesi, fu sconfitto in val di taro l’anno 1321. Vedi Gio. Vill. l. 9. cap. 128. Et alle Riformagioni , Ancora Gio. del Garbo , che fu diligente inuestigatore delle nostre antichità ne lasciò scritto qualcosa, ma i suoi fogli , come quegli del Segaloni son peruenuti in mano di persona , che tenendoli ben cari, oggi m’è difficile il vederli. SONETTO XX. Per Alamanno, e Pepo Adimari Vicari di Prato per il Rè Roberto 1326. e 1334. LA doue abbonda ognor prudenza, e fede, Come acqua all’Ocean corre l’onore, E riuolga ora in uoi, chi non lo crede, O PEPO, & ALAMANNO, il guardo, e’l core . Fu di quel Prato oue ha l’Etruria il fiore Del Duca di Calauria opra, e mercede , In vari tempi ognun di voi Rettore, Tanto è Virtù d'ogni grandezza erede. Perdonatemi hor voi, s’in vn sol giro Di tutti e due ristringo il pregio e’l merto, Troppo è lo suol ch’à celebrare aspiro . Basti il dir, che seruiste al Re Roberto , Che nelle uostre lodi, oue oggi io miro , Con questo solo io colpirò del certo. Attestazione del passato Sonetto. ALamanno, e Pepo Adimari furono Vicarj della nobil Terra di Prato in Toscana, per il Rè Ruberto, e per Carlo Duca di Calauria suo figliuolo, in quei tempi, che quella Corona ne teneua il goueruo, per conuenzione fatta. G. Vill. l. 9. c. 55. l. 10. c. 1 e c. 13. E si proua con l’appresso memorie esistenti in Napoli. Ex Regristro Caroli Illustris filij Reglis Roberti ex Registro 1326. 10. in d. litera B. fol. 194. Pepus de Adimarijæ de Florentia Vicarius Terræ Prati. Il che vien confermato da vna inscrizione, che nel medesimo palazzo di Prato apparrisce, di questo tenore . Nobilis miles aureatus Dominus Pepus de Adimaris Vicarius Terræ Prati pro D. Principe D. Carolo Regis Roberti primogenito anno 1327. Nel qual Palazzo vi e ancora vn’altra inscrizione , che tratta di Alamanno con queste parole. Nobilis miles aureatus Dominus Alamannus de Adimariorum Prole Potestas anno 1334. Pepo fu fratello di quel Talano, che fu cauato di carcere a forza da’suoi consorti, come nel sonetto 17. & auanti nel sonetto 29. che fu poi de’ 12. a riformar lo stato, e fu di quegli , che per la sentenza , che diedero gli Agenti dell’Imperatore Arrigo contro a’ Fiorentini in Genoua l’anno 1312. andò in esilio : perciò ridottosi in Napoli, hebbe il medesimo offizio . Alamanno lo potette hauer per il medesimo modo, e facilmente crederrei, che potesse esser quel Manno, che fu de’ 12. Ambasciatori, come nel sonetto XV. E la memoria, che se n’è hauta di Napoli soggiugne . Hoc nomen Vicarij dabatur Gubernatoribus terrarum Dominorum de stripe Regia. E vi erano mandati di sei mesi in sei mesi, come appresso Gio. Villani nel sudetto lib. 9 al cap. 55. SONETTO XXI. Per M. Giouanni di M. Tedice Adimari Commessario contro Castruccio Castracani a Montemurlo l’anno 1325. DOue ti lascio hor io, GIOVANNI amato , Al cui Senno, al cui Braccio, alla cui Fede Commesse l’Armi, e la difesa diede Fiorenza mia, contro Castruccio armato? Ahi, per me non sarai d’obblío cerchiato, Degno ancor tù di singular mercede, Ma delle lodi tue trattiemmi il piede Il vederti si prode, e sfortunato. Stò dubbio se cantar la tua brauura Si deue in Montemurlo, o lacrimare Del non soccorso hauer la tua suentura: Ma se l’opere illustri ogn’or son chiare, Ma se l’opere illustri ogn’or son chiare, Se chi non manca a sè mai non s’oscura, O vinca, o perda il Forte, hassi a lodare. Attestazione del passato Sonetto. QVando Castruccio Castracani l’anno 1325. assediaua Montemurlo, era iui entro Commessario pe’ Fiorentini Giouanni di M. Tedice Adimari , con 150. buonfanti di Masnade. Ma perche il Castello era mal fornito di vettouaglie, e quelli, che erano all’offizio della Condotta de’soldati in Firenze, o per auarizia, o per negligenza già mai, ben che richiesti , non vi mandarono soccorso alcuno . Il Commssario , dopo hauer coraggiosamente combattuto, e sostenuto infiniti disagi, vistosi abbandonato , e che le mura percosse da molte machine d’ogni intorno cominciauano a cadere, cercò suoi patti co’ nemici, e con le migloiri , e più onorare condizioni , che impetrarne possette, rese il Castello. Gio. Vill. lib. 9. cap. 325. SONETTO XXII. Per Cantino di Filippo Adimari Caualiere , e familiare del Rè Ruberto Gouernatore di Provincia , e Gentilhuomo di Seggio in Napoli nel 1325. SE nel contrasto Eleo pure Ghirlande Rendeano il vincitor qua si diuino, E per cerchio d’Oliua huom pellegrino Vi correa voluntario, e da più bande, Per tutto, oue la Fama il suono spande , Di tè la Musa Clio canti, o CANTINO, Che la delle Sirene al mar vicino Gito à forza, aquistasti onor più grande: Tu reggesti la Vice, e le Corone Dell’Aquila, e d’Abruzzo alto, e felice , Possente hora con l’opre, hor col sermone , Quindi Napoli al fin quasi Notrice Te figlio ne’ suoi Seggi, e i tuoi ripone, Sallo quel tempo, e Porta Nuoua il dice. Attestazioni del passato Sonetto. ARigo Imperatore per vna sentenza data da’ suoi Agenti in Genoua l’anno 1312. condannò 11. huomini di casa Adimari, fra’ quali furono Cantina, Carlo, Pepo, e Talano: parte de’ quali sen’andarono a Napoli, oue fi trouano l’appresso memorie, Ex Archiuio Siclæ Regni Neapolis Ex Arca signate litera A. Cantinus Domini Philippi de Adimaris de Florentia Miles, & familiaris Regis Roberti 1326. fasciculo 47. Cantinus de Adimaris Domini Philippi de Adimaris de Florentia Iustritiarius Prouincie Aprutij citra 1327. fasciculo 24. & fasciculo 41. Ex Arca segnata litera. C. Cantinus de Adimaris de Florentia Iustritiarius Apruntij citra 1326. fasciculo 39. & fasciculo 47. Ex Arca signata litera D. Cantinus Domini Philippi de Adimaris de Florentia Iustriarius Aprutij citra 1327. fasciculo 15. Ex Arch signata litera F. Cantinus Dom. Philippi de Adimaris de Florentia miles Capitaneus Civitatis Aquilæ 1325. fasciculo 31. Ex Registris Regis Roberti, ex Regestro 1326. & in d.lit.C. fol. 347 Cantinus Philippi de Adimaris de Florentia Iustitiarius Aprutij citra, &c. Ex Registro 1327. II. in d. litera D. folio 234. Cantinus de Adimaris de Florentia miles Lustitiarius Capitanatæ. Ex Registro 1327. & 1328. i II. in d. litera B. folio 202. Cantinus Philippi de Adimaris de Florentia Iustitiarius Apruntij citra. Ex Registro Caroli Illustris filij Regi Roberti, ex Regestro 1326. 1327. 10. in d. litera A. folio 8. Cantinus Dom. Philippi de Adimari de Florentia Iustitiarius Aprutij citra. Ex scripturis solutis, & positis in fasciculis, ex fasciculo signato G. GG. Cantinus Dom. Philippi de Adimaris Iustitiarius Aprutij citra subrege Ruberto. Al tempo di questi gli Adimari furono fatti Gentihuomini Napoletani per seggio di Porta nuoua. Vedi Gio. Villani lib. 9. cap. 48. SONETTO XXIII. Per Ruggieri Adimari Vicario di Prato in Toscana per il Re Roberto, l’anno 1325. POI che l’empia sementa, a Flora in seno, De’ Guelfi, e Ghibellin crebbe sicura, RVGGIERI, in tralasciar le Patri mura Ritrouò scampo à quel mortal veleno : Certo, ch'al pondo suo, Virtù non meno Della Palma Idumea, resiste, e dura, Quinci i danni a costui tornar ventura, E le tenebre stesse un dì sereno. Anzi fù si felice, e fortunato, Che su gli occhi medesmi a’ suoi nemici, D’autorità Real mostrossi armato. E ben fu di ragion, ch’i Cieli amici Trapiantasser quel Fiore in quel bel Prato Ch’hà d’Onor foglie, e di Virtù radici. Attestazione del passato Sonetto . HAbbiamo detto altroue, e nel sonetto 16. e nel sonetto 22. che di Adimari fuorusciti di Firenze per la cacciata de Guelfi, si recourarono in diuersi luoghi, & incontrarono diuerse fortune. Però di questo Ruggieri, che fu vno di quegli, che si posarono in Napoli , ouero figliuolo d’vno di quelli, che vi presero il domicilio, non trouò altro, se non che quando la Terra di Prato in Toscana fu sotto il dominio del Rè Roberto, e di Carlo di Calauria suo primogentio, fecondo Gio. Vill. l. 10. c. 13. anch’egli fù mandato vna volta Potestà di quel luogo, come si legge in vno Epitaffio posto sotto la sua Arme in quel Palazzo; Dal che si può argumentare, ch’ei fosse persona di valore, e che hauesse fortuna di farsi vedere huomo di comando vicino alla Città di Firenze a 10. miglia, quasi fu gli occhi della fazione contraria, e l’Epitaffio dice così Strenuus Eques Aureatus Dominus Ruggerius ex Antiquissima, ac Nobilissima Adimariorum Prole Potestas anno Christi 1325. SONETTO XXIV. Per Lotto Adimari, Regio Ministro in Napoli, viueua nel 1327. LOTTO, io non sò fra questa immensa mole Di tanti ofizi tuoi muouere i passi, Andria, Salerno, Abruzzo, e’l Re ti vuole, E tu, seruendo al Rè, te non abbassi. Di Partenope bella il viuo Sole Lungi da Flora a vagheggiar te’n passi, E fatto esempio, a chi mirar ti vuole, Mostri, che tra i sudor la gloria stassi. E ben insegni altrui, come egli è vero , Che, s’il porto lasciar non hà diletto, Non profitta già mai naue, o Nocchiero, Fu pellegrino Vlisse, e fu perfetto, Se viue in casa propria un Cavaliero, Sembra Gallo, che pugni entro al suo tetto! Attestazioni del passato Sonetto. FRA quei che se n’andarono ad habitare nel Regno di Napoli, come si è detto auanti, fu questo Lotto , huomo insigne per l’appresso memorie . Ex Archivio Siclæ Regni Neapolis. Ex Arca signata lit. A. Lottus de Adimaris de Florentia Iustitiarius Prouvinciæ Aprutij citra 1327. fasciculo siue mazzo 19. & fasciculo 41. Idem Lottus nominatur de Adimaris de Florentia cum eodem officio. Ex Arca signata litera H. Lottus de Adimaris de Floreutia miles, & familiaris Iustritiarius Aprutij citra 1327. fasciculo 59. Ex Registro 1328. ind. 12. litera B. fol. 212. Lottus de Adimaris de Florentia miles, & familiaris cum comitiua Armigerorum Equitum suorum seruiebat suprascripto Regi Ruberto. Ex Registro 1336. 3. in d. litera A. fol. 89. Lottus de Adimari de Florentia Stratigotus Ciuitatis Salerni. Ex Regictro 1336. & 1337. 2. in d. litera B. fol. 295. Stratigotus idem est quod Gubernator. Lottus de Adimaris de Fioeentia miles, & Stratigotus Salerni. Ex Registro 1337. & 1338. in. d. 6. litera B. fol. 231. Lottus de Adimaris de Florentia miles, & familiaris, Capitaneus Civitatis Bitoni. Ma questi Adimari non continuarono ad abitar pel Regno (ben che fin oggi se ne troui in Rossano) perche l’anno 1347. furon costretti a rimpatriarsi . Gio. Villani lib. 12. cap. 33. Nel resto questo sonetto finisce col prouerbio Domi pugnas more Galli , vsato in simil proposito da Pindaro nel fine dell’ Ode 12. dell’Olimpia. SONETTO XXV. Per Filippo Adimari Cau. e Gou. d’Abruzzo, nel 1327 e per Filippo di Ruberto Alamanneschi Adimari viueua nel 1594. CAro nome gentil, che porti il suono, Di generoso Amante, e Caualiero , In tè tanto gioisco, e tanto spero, Ch’oggi per due FILIPPI accordo il tuono : L’ Abruzzo il primo à gouernar fu buono, E di Capitanata ebbe anco impero, Più moderno il secondo andò sincero Oue atti a guerreggiar gli Vngheri sono. Quegli in Partenopea trouò la sede, Questi l’hebbe in Vienna, ambi oggi ammiro, Ma dal secondo aspetto altra mercede: Per che qual figlio, all’vltimo sospiro Del Patrimonio suo mi scrisse Erede, Se lite mi fa lato al fin ch’aspiro. Attestazione del passato Sonetto. DI Filippo Regio Ministro in Napoli possiamo dare l’appie notizie. Ex Archiuio Siclæ Regni Neapolìs. Ex Arca signata litera B. Philippus de Adimaris de Flor. Iustitiarius Aprutij citra 1327. fasciculo 90. Ex Area signata litera C. Philippus de Adimaris de Fiorentia Iustitiarius Aprutij citra 1327. fasciculo 69. Ex Arca signata litera D. Philippus de Adimaris de Florentia miles Iustritiarius Aprutij citra 1326. fasciculo 10. & 1337. fasciculo 50. Ex Registris Regis Roberti. Ex Registro 1326. & 1327. in d. 10. litera A. fol. 2. Philippus de Adimaris de Florentia miles Iustitiarius Prouinciæ Capitantæ. Fù la Capitanata Prouincia da sè, e non parte dell’ Abruzzo, vedi Franc. Guicciardini Hist. lib. 5. E di Filippo Alamanneschi ci conuien dare quest’altre Filippo di Ruberto di Boccaccio Alamanneschi Adimari, huomo degno d’ogni onorata mem. per molte qualità lodeuoli, che concorreuano in lui, nel suo vltimo testamento rogato M. Orazio Maccanti adi 4. di Giugno 1594. sostituì suo erede vniuersale dopo la Caterina sua vnica figliola, quando ella mancasse senza figlioli masti, o femmine Alessandro di Bernardo di Tommaso Adimari con ordine di primogeitura, e maiorasco. Morì detto Filippo in Vienna Commessario, e Pagatore di vn terzo di fanteria , che in quei tempi vi mandò il Ser. Ferdinando I. G. Duca III. di Toscana, come per lettera della prefata Altezza. Morì detta Caterina a’ 23. di Dicembre 1634. senza figliuoli, onde restò purificato il fideicommisso in persona di detto Alessandro, il quale tanto si loda del testatore, quanto si conduole d’vna lite, mossa allora intorno à detta eredità, non anco spedita . SONETTO XXVI. Per Vgolino Adimari Comess. dell’Esercito Fiorentino contro Lodouico Bauaro l’anno 1328. GIà non doueui tu, non guisto erede, Bramar l’Imperio, e Federigo vcciso, Ne disprezzar la Chiesa, e la sua sede, O Bauaro, da lei membro reciso: Ma ben Flora douea mantener fede A chi ci apre di terra il Paradiso , Per ammorzar discordie, onde succede , Ch’ogni Regno si perda in se diuiso. Non fu l’hauertino dunque,VGOLINO, Contro quell’armi in Commessario eletto Vn’euento del Caso, ò del Destino. Fù della Patria tua pietoso affetto, Fù desio di saluar l’Onor diuino, Fù, ch’ei ci volle un Caualier perfetto! Attestazioni del passato Sonetto. LOdouico Duca di Bauiera, dopo la morte di Arrigo VII. Imperadore nella discordia fra gli Elettori, alcuni de’ quali voleuano Federigo figliuolo dell’Imperador Alberto d’Austria, fu proposto per competitore, onde in vn tempo stesso , egli, e Federigo furono eletti l‘anno 1314. Vennero perciò fra di loro all’armi . Combatterono più volte con diuersa fortuna, finalmente l‘anno ottauo , Lodouico restato vincitore , preso Federigo , ottenne l’Imperio . Poscia con arti ingiuste volle in Roma farsi coronate, e contro Giouanni XXII. creò vn’ Antipapa , che fu fra Pietro da Coruara de’Frati Minori, per il che fu scomunicato, e dopo hauer tenuto con molti trauagli ingiustamente l’Imperio anni 33. morì di morte subitanea Emil. l. 8. Ignatio l. 3. Pietro Messia in sua vita Gio. Villani lib. 10. Ora mentre tumultauano queste cose , trouandosi Lodouico a Todi, con animo di venir sopra la Città di Firenze , a riquisizione de’Fuorusciti Ghibellini, che lo persuadeuano a soggiogar la Toscana, per di li passare al conquisto del Regno di Puglia , i Fiorentini per fuggir tanto pericolo, e liberar lor medesimi, e santa Chiesa, fecero diuersi prouuedimenti, facendo rinforzare le Castella di Valdarno, mandando in ciascuna terra due Capitani , e Commessarj, de’ migliori Cittadini, vno de’Grandi, & vno de’ Popolani: & allora per Grande fu spedito questo Vgolino , come particolarmente apparisce ne’libri delle Riformagioni, & il resto appresso Gia: Villani lib. 10. cap. 100. SONETTO XXVII. Per Piero di Carlo Adimari Ambasciatore a diuersi l’anno 1328. e 1329. DEll’Arca di Noè su l’hore estreme La Repubblica è tipo in mar d’affanni, Oue il Lupo si stà con l’Agno insieme Questi senza timor, quei senza inganni Ma quando degli esterni ancor si teme , Si fa spiegare alla Colomba i uanni, Non al Destrier, non al Leon , che freme, Che ci vuol flemma a superare i danni. Così tu (PIERO) ancor mandato solo Ambasciator di verde Oliuo inserto, Ritornasti più volte al patrio suolo . E Nunzio d’aurea Pace, e di Concerto , Riportasti il piacer , fugasti il duolo , Siena, e Perugia il seppe, e’l Rè Roberto. Attestazioni del passato Sonetto . QVandoi Fiorentini, per timore dell’Armi di Lodouico Bauaro Imperatore, faceuano diuersi prouedimenti, come si è notato nell’attestazioni del passato sonetto, fra le altre diligenze, fu il mandare Ambasciatori al Rè Roberto, & al Duca suo figliuolo : accioche rimossa ogni cagione , venissero personalmente alla difesa loro, protestandosi , che se non veniuano , resterebbono di pagare li fiorini 200. che annualmente li dauano , &c. Per queste occasioni fu spedito Ambasciatore al sudetto Rè, & alle altre amistadi de’ Fiorentini , come erano allora i Sanesi, & i Perugini, fra li altri Piero di Carlo Adimari. Il quale, può dirsi , che tornasse col Ramo d’Oliuo di pace in mano, perche, morto Castruccio, e dannato il Bauaro, Iddio addirizzò la Città di Firenze in vittorie , prosperità, ricchezze, e buono stato. Gio. Villani lib. 10. c. 100. Et alle Riformagioni. SONETTO XXVIII. Per M. Pepo di Boccaccio Ambasciatore. Per Boccaccio suo Padre, e per M. Alamanno Adimari Cauicc. viu. nel 1329. SE del Padre il Candor fà bianco il Figlio, Deuoio (Boccaccio) addur quel ch’il fà nero? E narrar, che morì Dante in esiglio, Per la tua pertinacia ? Ahi non fia uero. Dirò di PEPO tuo con più consiglio , Che Nunzio ito in Romagna, e Caualiero, Ci sottrasse dall’ante, e dal periglio Di Castruccio, di Pisa, e dell’ Impero, Oh secolo pe’ nostri allor beato , In quei tempi uiuea quell’Alamanno, Che lo chiama in fin l’urna vn gran soldato. IACOPO oggi co suoi giunge a tal danno , Che d’un sommo Pastor parente allato Quasi andò nudo, e fu si largo il panno. Attestazione del passato Sonetto . L‘Anno, 1301. Dante Alighieri fu cacciato di Firenze, perche trouandosi di Gennaio 1300. del supremo Magistr. persuase il Senato, che douesse punire, & abbassare la superbia de’ Grandi, per il che furono esiliati molti nobili, fra’ quali Baldinaccio di Boccaccio Adimari Cauicciuli, come narra Cristof. Land. nella vita del detto Poeta, & altri. Tentò Dante più volte di ritornare in Patria, ma sempre in vano, ostandoli molti, e fra li altri, come è fama, Bocc. Padre dell’esiliato Baldinaccio, come è detto addietro nell’attestaz. del sonetto 8. a car. 33. e del son. 17. a car. 51. e racconta Gio. Vill. l. 9. c. 135. e 1. 12. c. 43. Quando poi la Città di Bologna corse pericolo per trattato del Bauaro, d’esser tolta al Legato Eccl. Fior. vi mandarono soccorso, & allora su spedito Ambasciadore M. Pepo Gio. Vill. c. 149. de lib. 10. Il medes. fu impiegato in occasione della Pace fra’Pistol. & i Fiorentini, fatta l’anno 1329. Gio. Vill. lib. 10. c. 132. E nelle cose di M. Marco Visconti, di cui fa menzione il medesimo Vill. lib. 10. c. 136. Il I. terzetto Allude ad Alamanno Cauicciuli, attestato per valoroso Cau. dal suo sepolcro, posto in faccia del I. Chiostro di S. Croce vicino alla porta del fianco in vn’arca di marmo sostenuta da 4. figure con questo Epitaffio . Hic iacet egregius miles. D. Alamannus de Cauicc. qui obijt anno 1337 Il 2. terzetto allude a Iacopo di Gio: Adimari , huomo di tanta poca fortuna, che l’essere stato fratello cugino di Gio: Francesco Aldobrandini Generale di S. Chiesa, e perciò parente di Clemente VlII. non li fu d’alcun profitto. Fa menzione di lui Gioseffe Castalione, in vna sua Orazione da lui recitata ne’funerali dal medesimo Gio: Francesco, stampata in Roma l’anno 1602. con queste parole. Huc accedit affinitatius splendor Margaritam enim Georgij Aldobrandini sororem Ioannes Adimarius Iacobi huius pater uxorem duxerat, &c. SONETTO XXIX. Per Talano di Boccaccio Adimari Commessario dell’Esercito nel 1341. e de’ 14. a riformar lo stato nel 1343. IN due tomi, e non più, si legge espresso Della legge di Dio tutta la salma, In amare il Signor con tutta l’alma, E’l suo prossimo ancor come se stesso. Glorioso Campion, conosco adesso , Ch’hauesti d’ambedue corona e palma, Ritornasti, o TALAN, tua Patria in calma, Et all’onor di Dio seruisti appresso . Ciò fu, quando a compor l’antico stato Fra i Quattordici elettto, oprasti tanto , Ch’il seruizio di Dio crebbe onorato . E quando, amando i tuoi pure altrettanto Capo del nostro Esercito chiamato , A te l’Onor crescesti, a Flora il Vanto : Attestazioni del passato Sonetto . DElla stima , e potenza di Talano di M. Boccaccio Cauicciuli degli Adimari, e quale ei fosse in sua vita, si può far cogniettura da quello, che ne scriue Gio. Villani lib. 8. cap. 73. oue racconta, che l’anno 1304. essendo egli carcerato , e tornando la Podestà da Casa i Priori, i suoi Consorti, e parenti assalirono la Corte , & assai ne ferirono, & ammazzarono , & fugato la Podestà , che si chiamaua M. Giulio Pazzaglia da Parma, entrarono in Palazzo , e rotta la Carcere liberarono il Prigione , ne sene fece dimostrazione alcuna. E quando l’Imperatore Arrigo, l’anno 1328. partito dall’assedio di Firenze se ne tornò a Pisa , e fabbricò molti processi contro a’ Fiorentini, fra i Grandi Cittadini, che egli condannò, fu quello Talano, e Pepo suo fratello, per hauer dalla Città 100. marche d’oro. Giovanni Villani lib. 9. cap. 48. Nel 1341. i Fiorentini, compiuto il mercato della Città di Lucca con M. Mastino, ne presero la protezione , essendo assediata , facendo muouere l’oste ch’era in Valdarno , e col Capitano aggiunsero due Cittadini per sesto , per Commessari della Guerra , e andarono in arme con compagnia nobilmente a’ gaggi del Comune, & allora , per sesto di Por San Pietro, vi su Talano Adimari. Gio. Villani lib. 11. cap. 132. Dopo la Cacciata del Duca d Atene, congregato il Popolo Fiorentino in Santa Reparata, furono eletti 14. huomini con piena Balìa di riformare la Terra fare vsici leggi, e statuti sette Grandi , e sette Popolani, e fra’ Grandi per Porta S. Piero, fu Talano Adimari. Gio. Villani lib. 12. cap. 16. a carte 822. SONETTO XXX. Per Antonio di Baldinaccio, Capo contro al Duca d’Atene, & Ambasciador a diuersi Principi dal 1343. al 1355. MAgnanima virtù tra i più lodati Di quanti fosser mai ricchi d’onore, Fu d’Aristogiton l’alto valore, Che discacciò d’Atene i Pisistrati, Pari (ANTONIO) ancor tu di quei passati, Della Patria, e de’ tuoi luce, e splendore, Fatto pria Caualier, poscia Oratore, Sembrasti un Bruto a Fiorentini amati: Discacciasti Gualtieri empio tiranno , Col Mediceo valor, col tuo periglio, Tanto intrepido al ben , quanto al tuo danno, Onde al fin poi, con la Corona, e’l Giglio Diuenne a prò di noi (spento ogni affanno) Padre alla Patria sua, chi ne fu Figlio . Attestazioni del passato Sonetto . COrreua l’anno 1343. quando Gualtieri Conte di Brenna cognominato Duca di Atene, eletto inconsideratamente da’Fiorentini per loro Signore a vita, tiranneggiaua la Città si aspramente, che in meno di 10. mesi molte congiure, per deporlo , se li scoprirono contro; Della prima fu capo il Vescouo Acciaioli co’Bardi , Rossi Frescobaldi, Scali, Altouiti, e Magalotti, Della seconda Donati Pazzi, alcuni degli Alberti , Niccolò di M. Alamamno, e Tile Benzi de’ Cauicciuli; Della terza, che fu la più potente , fu capo Antonio di Baldinaccio degli Adimari, co’Medici , Bordoni , Rucellai , e Aldobrandini. Questa congiura fú scoperta al Duca, e manifestato , che il principale era Antonio di Baldinaccio : il Duca lo fece richiedere , & egli richiesto , per sicurtà di sua persona comparì . Il Duca, per la grandezza de’congiurati , non ardì di fame alcuna resoluzione, con l’indugio in lui crebbe il timore, e negli auuersari l’ardere , si sollieuano gli aderenti degl’Ademari capi de’cinque Sesti, affaliscono il Palazzo del Podestà, fanno scappare i prigioni, Il Duca per lo meglio, risolue di far Caualiere in pubblica ringhiera Antonio, che molto lo recusaua, e diedegli liberta: non dimeno crescendo il furore , fù constretto a deporre il Dominio , e partisi della Città, e di Toscana il dì di Santa Anna. Gio: Villani lib. 12. ca.15. 16. 20. 21. e 22. Et al Capitolo 8. del detto libro dice , che il detto Antonio , ben che fosse de’grandi, haueua in odio i termini scortesi d’alcuni verso il Popolo scontento , di hauerli ammessi agli offizi , per il che alcuni Priori de’Grandi , furono forzati a renunziare l’offizio . Et al Capitolo 22. del medesimo libro dice , che il medesimo Antonio , insieme co fratelli, e Nipoti, er grazia e gratitudine fu fatto di popolo l’anno 1345. Il medesimo fu impiegato in diuerse Ambascierie , cioè L'anno 1344. alli Aretini. Gio. Villani lib. 12. cap. 31. 32. L’anno 1346. sendo la Città interdetta per vna differenza tra l’Inquisitore & i Priori , per conto d’vna Cattura in causa Ciuile, fu mandato Ambasciatore a Papa Clemente VI. & a Senesi . L'anno 1347. a Lodouico Rè d’Vngheria. L’anno 1355. a Carlo IV. Imperatore. Veggasi Gio: Villani lib. 12. cap. 57. e cap. 107. & alle Riformagioni . E considerisi, che lo scacciare vn forestiero tiranno , ci hà dato luogo, oh singular benignità di Dio, di hauere vn Principe benignissimo, e nato del più chiaro sangue, ch’abbino l’istesse viscere della istessa sua Patria, e che per memoria di sì grata impresa, fù ordinato corrersi vn Palio di scarlatto il dì 26. di Luglio . Onde si può ben paragonare ad Aristogitone, che in compagnia di Armodio discacciò d’Atene Ippia & Hipparco Tiranni della stirpe de’ Pisistrati, secondo Pacis. in Att lib. I. et in com. lib. 2. SONETTO XXXI. Per Francesco di Lapo del Tritta Ambas. e de SS. il Primo pergrande, e per Ant. di Guido del Tritta Amb. a Clem. VI. nel 1346. NOn è, chi molto vidde, e molto visse, Inesperto già mai d’opre, o pensiero, E però finse in quei suoi versi Omero, Nestore Antico, e Pellegrino Vlisse. L’istesso a te FRANCESCO, il Ciel permisse, Ch’un secol quasi hauesti in terra intero, Mentre, Nunzio, il calcar piu d’vn sentiero Al tuo senno, al tuo piè Flora commisse, Quindi uari apprendesti, e moti, e modi, Col tuo cugino ANTONIO, ito al superno Pastore, a stringer fedi, a fugar frodi. Dopo l’Empio Gualiter primo il gouerno Per Grande hauesti, Io stringo hor le tue lodi, Che fosti della Patria, e Padre, e Perno: Attestazioni del passato Sonetto. NEll’anno 1341. nel quale i Fiorentini mal consigliati trattauano di comprar Lucca da M. Mastino de la Scala, e che i Pisani posero l’assedio intorno a quell a Città, furono spediti diuersi Ambasciatori per adunar forze da’Collegati & amici; allora M. Francesco di lapo del Tritta Adimari fu mandato al Re Ruberto di Napoli, il quale, perche al tutto biasimaua quella Impresa, con insolita rigidezza, non volle dar loro aiuto alcuno , onde ne resultò gran danno, contuttociò i Fiorentini fecero vna grande , e nobile oste, per leuare i Pisani da quello assedio. Gia. Villani lib. 11. cap. 137. e 138. Nel 1343. dopo la cacciata del Duca d’Atene, parendo a’ Grandi cosa ragioneuole di ritornare a godere gli offizi , sendo stati cagione di ridurre il comune in libertà , fu fatto vno squittino, per il quale furono ammessi al Gouerno . E per il primo Priore de’grandi fu allora eletto il detto Francesco di Iapo . Era la nostra Casa , stata senza godere del Priorato anni 51. cioè dall’anno 1592. che fu Bernardo di M. Manfredi fino al 1343. che fu il sudetto Francesco , & altri anni 53. stette doppo , cioè da questo Priore , fino all’anno 1396. che fù M Filippo di Alamanno Alamanneschi; talche la Casa nostra in 113. anni , come troppo grande , e potente, non hebbe se non vn Prior solo: Tanto erano le famiglie de’magnati, da’popolani ingelositi, tenute lontane dal gouerno. La sepoltura di questo M. Francesco è in Santa Croce, nella nauata da manmanca fra l’organo e la Cappella de’ Biffoli con queste parole . Hic iacet Corpus D. Francisci lapi de Adimaribus obijt anno 1351. Die 11. Februarij cuius anima requiescat in pace . Nel medesimo sepolcro l’anno 1632. fu posto Girolamo di Donato Adimari, che morì in Firenze venuto di Roma , oue al tempo di Clemente VIII., come nato per Madre Aldobrandina, fù Capitano d’infanteria, vissuto gran tempo appresso al Card. Ipolito Aldobrandino . Antonio di Guido del Trista cugino del sudetto Francesco, fù l'anno 1346. Ambasciatore in Avignone a Papa Clemente VI. o per rallegrarsi della Coronazione di Carlo Re di Boemia , o per ottener vettouaglia per la gran Carestia di quei tempi. Gia. Villani lib. 12. cap. 59. 72. e 77. SONETTO XXXII. Per Ottauiano di Baldinaccio Cau: insigne fratello d’Antonio, sepolto in Santa Reparata, oue è oggi S. Maria del Fiore l’anno 1352. OTTAVIANO, ancor tu forse in obblio Sarestiomai tra le memorie spente , S’il tuo Sepolcro in queste età cadente, Di sotterra alterar non vedeu’io . Oue a MARIA DEL FIOR, ch’allegò Dio, Pauimento si fea di Marmo algente , Celata l’Vrna tua rupper giacente, Generoso Guerrier del sangue mio: O quanto piansi allor l’iniqua sorte, Che del Tempo al ferir non sia sicuro L’huom dal sasso couerto, e della morte! Di nuouo hor giaci ignudo, ignoto, oscuro Nella arena inornato infra due porte, O nuouo, senz’ Enea, mio Palinuro. Attestazioni del passato Sonetto. FAcendosi l’anno 1622. in Santa Maria del Fiore il pauimento di marmo, dalla nauata verso il Campanile, fra la porta piccola, e la porta del fianco, quasi a riscontro della statua di Giotto , fu trouata, nello scauar sotterra , vna lapida di marmo coperta dal vecchio pauimento, lunga braccia tre e mezzo, e larga braccia dua e dua terzi: intorno alla quale erano intagliate le seguenti parole . Hic iacet strenuæ nobilitatis vir. Actauianus Domini Baldinacci de Adimaribus , qui obijt anno Domini 1352. de Mense Februarij & hoc sepulcrum est Fratruum & suorum descendentium, cuius anima requiescat in pace. Mi trouauo in quel tempo Consolo di Mare per la seconda volta a Pisa, onde Guido di Marcantonio Adimari (fratello dell’onoratissima, e prudentiss. Signora Maddalena viuente, vedoua del già Cau. Pierantonio de Nobili) che poco prima era stato fatto Senatore , Fiorentino comparse auanti al Magistrato dell’Opera, e fece instanza, che questa memoria si mantenesse . Perciò quei SS. fecero vn partito, notato a’ libri di detto Offizio a carte 100. sotto di 19. di Febraio 1622. per il quale ci diedero facultà di poter riporre questa notizia in altro marmo piccolo nella parte di detta Chiesa , al dirimpetto doue la lapida s’era trouata , stante l’esser ad ogn’vn proibito , il poter far sepolture nel pauimento del duomo . Ma fin qui, non sendosene fatta altra instanza, non è seguito altro. Ma ben questo huomo è degno d’onorata ricordanza , almeno perche fù fratello di quell’Antonio , che scacciò di Firenze il Duca d'Atene, e per i titoli, che 300. anni adietro si dauano alla nostra famiglia. SONETTO XXXIII. Per il Padre Francesco Adimari dell’ordine di S. Domenico, Huomo d’insigne bontà, fiorì nel 1360. QVal di Balsamo eccelso, o d’aureo fiore, Ch’in bel giardin trapianti industre mano, Sembrò, FRANCESCO, il grazioso odore, Che la tua Santita spirò lontano : Questo fu, perche posto in suol migliore, Di DOMENICO fosti Alber sourano , Di DOMENICO il Grande, ond’è maggiore Ch’esser oggi Monarca , esser Gusmano. Ma se lasciasti e gli Adimari, e Flora, Per fruttar meglio in altra terra, almeno, Al tuo Ceppo natia pensa talora : Non disprezza il suo Prun Rosa in bel seno, DIO stesso, oue ei già nacque, ama oggi ancora L’humil Capanna, il uil Presepio, e’l Fieno . Attestazioni del passato Sonetto. LE memorie di questo buon seruo di Dio si sono Cauate. Ex libro Fratruum mortuorum in Bibliotheca Sanctæ Mariæ Nouellæ ciuitatis Florentiæ asseruato. Pag. 40. Frater Franciscus de Adimaris, Filius olim Lippi, existens in sæculo tanta deuotionis & santitatis morumque religionis præferebat insignia, vt non sæculo sed Deo iam totus deditus videretur. Hic tandem timens Mundi fallacias, ne posset a recto deuotionis tramite deuiare, ordinem est ingressus, in quò de virtute in virtute proficiscens, nec a cœpta sanctitate deficiens, seu legisset logicalia, seu in sacerdotio fungeretur, & verbum Dei feruide predicaret, ad extremum veniens vitæ suæ Te Deum deuote cantare explicit, securus iam de cantico cælesti curiæ, ad quod de Saluatoris gratis, post paululum beato fine transiens, creditur peruenisse: maxime ut nollet transire ex hoc mundo ad Patrem, nisi prius nasceretur filius, qui eum deduceret secundum viam, post cuius natiuitatem eadem nocte, modico post transiuit, Anno Domini 1360. ab ingresso utero ordinis anno 6. La bontà di questo Padre viene ancora attestata dal Padre frà Gio: Carlo Fiorentino Domenicano, nel suo libro della vita del B. Alesso Strozzi, come al sonetto 39. a carte 95. SONETTO XXXIV. Per Francesco Adimari Capitano di Bitonto, e Cameriero della Regina Giovanna Prima, e Gouernatore d’Abruzzo 1361. e 1363. REstate in pace omai Secolispenti: Resta, o FRANCESCO, hor fortunato hor forte, Ch’io non iniudio te, ne i di redenti. Ma piango a tempo mio l’empia mia sorte, Tu prouasti viuendo alti contenti Della Real Giouanna accolto in Corte, Io fra le liti inuolto, e fra i lamenti, Prouo nel viuer mio sempre la morte. Comandasti in Bitonto, Abruzzo ancora Qual Vicerèti vide, hauesti il vanto Di seruir Cameriero alta Signora ; Ma, s’ogni riso al fin si volge in pianto, Dourebbe il pianto mio rider talora , Conquesta speme io mi consolo e canta. Attestazioni del passato Sonetto. LA Regina Giouanna Prima, fù figliuola primogenita di Carlo Duca di Calauria figliuolo di Ruberto Re di Puglia, Moglie nel primo luogo d’Andrea di Carlo vmberto Rè d’Vngheria , e nel secondo di Luigi figliolo del Principe di Taranto: & essendo dopo molte fortune diuenuta Erede del Regno di Napoli, hebbe fra gli altri suoi familiari Giouanni Boccaccio, come è notissimo, e Francesco Adimari , gratissimo, e fedelissimo Cameriere, e Gouernator di Prouincia , mentre al tempo del Rè Luigi guidaua ogni cosa il gran Siniscalcho Nic. Acciaiuoli; Veggasi, Gio. Vill. lib. 12. cap. 50. 51. e 114. Matt. Vill. lib. I. cap. 9. 18. 19. Et lib. 3. cap. 8. Et notinsi le seguenti scritture. Ex Archivio siclæ Regni Neapolis, ex Area Sig. Lit. A. Franciscus de Adimaris de Florentia Capitaneus Bitonti 1363. fasciculo 34. Idem Familiaris & Ciambellanus Reginæ Ionnæ Primæ 1363. fas. 54. Et 1364. fas. 54. Ciambellanus idem est quod vulgo dicitur, Cameriero. Ex Arca Sig. Lit. Franciscus de Adimaris de Florentia Iustitarius Apruntij citra, sub Regina Iounna prima fasc. 12 & 27. Ex scrip: eiusdem Archiuij positis in fasciculis ex fasciculo 7. Franciscus de Adimari de Florentia Capitaneus Bitonti 1361. fol. 78. SONETTO XXXV. Per Bernardo di Duccio Adimari, che Comprò il Castello di Strozzagolpe l’anno 1381. PEr tè, BERNARDO, vn tempo, e fu pur vero Godemmo in terra, vn fortunato Ostello, Che fu ricco di frutti, e fu guerriero, Ben munito di Campi e di Castello. Ma che prò, se de’posteri il pensiero Non seppe custodir questi ne quello? Certo, ch’il mantener Dominio, e Impero, Del saperlo acquistar sempre è piu bello. Ma, se qual nebbia al sol sen fuggi via, Non è, che Strozza golpe in quei confini, Di tua potenza indizio oggi non sia. Ditel voi’, ch’il godete, o Rinuccini, Dichinlo, i Templi eretti iuta MARIA, Che non posson mentir segni diuini. Attestazioni del passato Sonetto. BErnardo di Duccio Adimari nel 1381., comprò il Castello di Strozzagolpe, vicino a PoggiBonzi, la metà come beni confiscati , che furono di M. Luca di Totto da Panzano, del popolo di San Niccolò, i Carta per ser Niccolò di ser Tegna Bonsi da Castel Fiorentino. E nel detto anno Gio: ant’, e Matteo fratelli, e figliuoli di detto M. Luca, fecero fine, e quietanza a detto M. Bernardo di Duccio , e per lui a Duccio di M. Donato Adimari, della vendita che fecero , Bernardo di Matteo Velluti, e’ Compagni, offiziali de’beni de’ribelli , della metà di detto Castello di Strozzagolpe, da loro venduto a detto Bernardo di Duccio Adimari , E l’altra metà era d’Orlando de’ Maleuolti da Siena, e delli instrumenti fu rogato Ser Lapo di Gio. da Artimino, così in vn ricordo che hò in casa. Intorno a questo Castello , & in PoggiBonzi, gli Adimari haueuan gran quantità di Poderi , e di Case , passati la maggior parte con detta Posesione in Casa i Rinuccini, oue fù maritata vna figliola la di Gio: Batista Adimari vnica Erede , e da’ medesimi Adimari furono edificate, e dotare più Chiese in quei contorni, & in particulare la Madonna fuori di PoggiBonzi, detta del Romituzzo, le ragioni delle quali cose sono oggi appresso al Sig. Arrigo del Sig. Gio: Paolo Rinuccini. SONETTO XXXVI. Per Filippo di M. Alamanno, Padre del Cardnale Alamanno, & Ambasciatore, viueua nel 1387. FILIPPO in colmo ad aggrandir l’onore Della Prosapia tua ben deui andare, Perche, Nunzio felice, & Oratore, L’Arbiati vide, e fin dell Adria il Mare. Raccogliesti a Milan di Pace il fiore, E Padoua, e Bologna vdirti orare, Evidero i Pisani il tuo valore, Qui seder fra le mense, e consultare: Ne forse minor vanto è, che sposasti Del sangue Forteguerri eccelsa Dama, Onde agli Ostri di poi Figli creasti. Ma, s’il Sol solamente i suoi raggi ama, Ache uen’aggiungo altri? ah tanta basti, Da se senza altro suon cresce la Fama, Attestazioni del passato Sonetto. GIouanni di Pagolo Morelli, in alcune sue memorie, trattando di questo Filippo, dice. M Filippo era stato sempre buono, e leale Cittadino. Da alcuni ricordi di M. Rinaldo degli Albizzi , ch’erano appresso al diligente professor di Storie Giouanni del Garbo , e da alcuni scritti di M. Giuliano de’Ricci, ho cauato la seguente notizia. Fù M, Filippo di M. Alammno di Boccaccio Adimari ne’suoi tempi Gentil’huomo di non piccola stima, poiche come si legge fù impiegato l'anno per imbasciatore a Sienain in Compagnia di M. Rinaldo Gianfigliazzi, e di Leonardo Frescobaldi - fù ancora Ambasciatore in più luoghi per la nostra Città, Hebbe per moglie una de Forteguerri. Da vn Memoriale o Diario di Sasseti a. 144. si caua, M. Filippo di M. Alemanno Cauicciuli Adimari desinò con la Signoria in Compagnia di tre Ambasciatori Pisani a di 14. di Luglio 1398: Hebbe sei figlioli masti. Vliuieri , Bindo, Cantino, Alamanno, Saluestro, de’quali Alamanno fù Cardinale l’anno 1411. come si dirà auanti a. 98. SONETTO XXXVII. Per Vieri di M. Pepo Adimari Ambasciator a diuersi l’anno 1393. e per Simone suo fratello , anch’egli Ambasc. nell’istesso anno. GRande è rotar sul primo albor degli anni Nelle scuole di Marte armi, e cimieri, E mescendo al sudor nobili affanni, Hor vibrar Aste, hor maneggiar Destrieri, Ma non mentesse al tempo illustri inganni Colui, che dell’Orar calca i sentieri, Che l’vno, e l’altro studio alzai suoi uanni, Vn ci conquista, vn ci mantien gl’Imperi, Hor, s’i figli di Leda hebber corone Col Pugnio, e col Destrier, voi degni in terra, Ne foste col parlar, VIERI, e SIMONE. Anzi, senza già mai sparir sotterra Nel Mar degli Adimar fosti a ragione I Didimi d’Italia, e d’Inghilterra. Attestazioni del passato Sonetto. GRandi , & Vniuersali disturbi furono per il mondo dall’anno 1380. al 1397. si per il calamitoso scisma, che durò poi gran tempo , di Papa Vrbano VII. Benedetto XIII. in Francia gia detto Pietro di Luna, e di Bonifazio IX. in Roma , e d’altri, come per la debole virtù di Vincislao Imperatore, e per la cupidigia di Gio: Galeazzo Visconte, che affettò il titolo di Duca di Milano, e l’ottenne. onde in Italia in particolare furono molte discordie, e guerre. Però fù necessario ancora alla nostra Città mandar fuori diuersi Ambasciatori à diuersi Principi, fra quali fu M. Vieri di M. Pepo Adimari Cauicciuli , che l’anno 1393. fù mandato Ambasciatore à Bolognesi , & al Rè d’Inghilterra , e nel medesimo anno M. Simone suo fratello fù spedito Ambasciatore al Conte di Sticciano; In tanta stima erano cresciuti questi due fratelli presso al popolo Fiorentino, non ostante che pochi anni auanti leuatasi a romore nel 1378 la plebe, fosse stato dichiarato M. Vieri de sopra grandi , & confinato a Faenza. Veggasi il nostro discorso sopra la nostra famiglia, appresso di noi manoscritto , e le memorie lasciate da M. Guidantonio Adimari Canonico Fiorentino, & i Registri delle Riformagioni, a quali &c. SONETTO XXXVIII. Per fra Filippo di Filigno, Cau. Ierosolimitano nel 1321. e frà Ber. d’Andrea, Cau. dell’Istessa relig. nel 1398. BIanchi Guerrier, che nel mortale agone Armati il Cor d’una infrangibil fede Col segno, che salute al mondo diede Portaste di Virtù Palme, e Corone, Se, perch’ei vinse Anteo, fugò Tifone, Finser, ch’Alcide in Ciel mouesse il piede, Ben, lungi alla menzogna, oggi si crede, Che voi salisse all’immortal Magione. Quanti cadder per voi Busiri, e Nessi ? Quanti sorser Tesei dal cieco inferno, Dalle catene, e dall’ingiurie oppressi? Spieghin questo bel vero al ciel superno, Ospiti Caualier , gli Ospiti stessi, E ui basti sol questo al nome eterno. Attestazioni del passato Sonetto. PIcchino di Simone di M. Pepo Cauicciùli Adimari, per vn trattato praticato in Bologna di far nouità in Firenze, fù l’anno 1398. condannato con molti altri Gentilhuomini: Alcuni hebbero bando della testa, Alcuni furono mandatia confini . come si legge nell’istorie di Lionardo d'Arezzo lib. Pag. Frà i confinati fù Bernardo di Andrea di Pacchio Adimari , Giouane valoroso , e di cuore; finito il confino , per allontanarsi da’ tumulti della Patria, applicò l’animo alla Religione de’ Caualieri dello spedale di San Giouanni, allora dimoranti in Rodi. Il simile fece l’anno 1321. Filippo di Filigno, oue nell’occorrenze militari , a guisa di nuoui Tesei, liberando schiaui , solleuando oppressi, accarezzando Pellegrini, secondo il solito di quella Illustrssima Religione , si portarono come conuiene a chi veste quel nobilissimo segno d’onore . E se ne’Catalogi di quei tempi, mi riuscirà trouare di loro altra cosa particolare, si noterà quì abbasso Intanto non tralascerò di dire, che in Rossano Città del Regno rimasero di quegli Adimari, che nella cacciata de’Guelfi, si ricouerarono in Napoli . oue pochi anni sono viueua vn N. Adimari Cau. di Malta con due altri fratelli Padroni della Chiesa parrocchiale di detto luogo, dedicata a Santo Andrea . SONETTO XXXIX. Per il P. fra Angelo Adimari dell’ Ordine de’ Predicatori, Persona di gran Reuerenza fiorì nel 1400. VAntisi pur chi vuol di sangue antico, D’ora immenso, alte forze, Aui onorati, Ch’io terrrò frà più chiari, e più beati Quei, ch’anno il Mondo a vile, e’l Cielo amico . O, quanto illustre , e glorioso io dico Te della stirpe mia frà maggior nati? Perch’amasti, lontan dagli agi amati, Tra pouera famiglia esser mendico. Stimasti il pregio human come una veste , Che se non vi s’aggiunge , il Tempo solo Fà, che più corta, e men durabil reste. Sapesti, che chi cerca onor dal Polo, Come tu, di mortal si fà celeste , ANGELO a gli atti, all’opre, al nome, al volo . Attestazioni del passato Sonetto . LO Scrittore, che ha registrato molti Padri, che son morti nel conuento di Santa Maria Nouella di Firenze , tocca la memoria di Frate Angelo Adimari , con queste breui, ma sustanziose parole : come in vn libro coperto d’asse , e cuoio, a carte 68. che si conserua in quella libreria, cioè. Frater Angelus de Adimaris Magister Teologia, vir Magnæ Reverentiæ: obijt 1400. Ma frà Gio: Carlo Fiorentino dell’ordine de’ Predicatori In vita Fratris Alexi Strozze 226. mentre commemora le sante conuersazioni di quello spirito Beato, dice così. Erat illius conuersatio cum Francisco , & Angelo de Adimari, viri profectò iustissimi , quorum corpora , ob santitatis oppinione, vna in sacello D. Hieronimi infra testudines ( ciò si crede oue è ora la Cappella de’ Gaddi ) cum quandam Beatitudinis significatione iacent humata . Onde i Padri moderni , diligenti inuestigatori delle loro antichità , scoperta la bontà della vita sua, e del sudetto frà Francesco , conseruano il ritratto d’ambidue questi Frati, fra gli altri beati figliuoli di quel Conuento. SONETTO XXXX. Per Alamanno di Gio: Adimari, interuenuto a pigliare la tenuta di Pisa l’anno 1406. IN qual parte d’acquisto, in qual fortuna Vn contento souranti fù concesso? Non l’hauesti, o Fiorenza, in cosa alcuna, Fuor che di Pisa in quel fatal posesso. Così Pelope, il forte, Alfea raduna Come sua dote ad Ippodamia appresso ; Stati, e Regni ottener sotto la Luna A quei, ch’il Cielo amò solo è permesso. E tu fosti, se ben fuggì come angue, ALAMANNO, ministro a tant’onore, Che la fama del ver già mai non langue . E così Pisa alla Città del Fiore S’vnì, prima con l’oro, e poi col sangue, Ch’il prezzo è grande, ou’è maggior l’onore. Attestazioni del passato Sonetto. LA Città di Pisa si ridusse alla totale obbedienza de’ Fiorentini l’anno 1406. essendo Generale dell’Esercito Sforza da Cotignuola, e Commessario Gino di Ne. ri Capponi, Bartolomeo Corbinelli, e Bernardo Caualcanti, tutti e tre de’ Dieci di Guerra, che ne presero il possesso a di 9. d’Ottobre. V’interuenne con questi, Alamanno di Gio: Adimari, e v’hebbe notabil parte: come per alcune memorie esistenti appresso di me scrittore, lascia te dal diligentissimo indagatore delle nostre antichità M. Guid’Antonio Adimari. Can. Fior. nominato nel Sonetto 50. a. 116. SONETTO XXXXI. Per Alamanno di M. Filippo Adimari Arciuescouo di Taranto, poi di Pisa, e Cardinale nel 1411. Apostrofe al suo sepolcro in Roma. SAcre ceneri Illustri, onde souente Sotto il vostro di Morte egro pallore, A noi tardi Nepoti accese il core L’ascoso di virtù foco lucente. Se de gli Aui il Tesor gito repente Non fosse, oime, delle nostre arche fuore, Altri contro all’oblio fregi d’onore , Hauria la Tomba vostra oggi cadente. Ma non vi dolghin nò queste ruine, Trofei del Tempo, oue han mill’altri ancora Memorande reliquie entro alle spine, Quel ch’in terra è negletto in Ciel s’onora, Il chiaro Sol delle bell’opre al fine Non troua Occaso, e mai non perde Aurora. Attestazioni del passato Sonetto. LA Vita di Alamanno di M. Filippo Adimari, che l’anno 1411 a di 6. di Giugno fù creato Cardinale del titolo di S. Eusebio da PP. Giouanni 22. ancorche 23. si chiamasse, è stata da noi raccolta da più memorie di Rinaldo degli Albizzi , come nel discorso sopra la nostra famiglia . Ne trattano ancora , Platina nella vita di Martino V. e d’Aless. VI. Ciacc. de Ponteficie Card. D. Valentino nel Catalogo de’ Card. Fior. Fra Leandro Alberti nell’Italia: Raffaello Volaterrano ne Comentari Vrbani, il S. Iacopo Gaddi nell’ode, lib. 2. Pag. 135. Eurota Misoscolo nelle note sopra detto libro, e molti altri. Però sendo il concetto del di contro Sonetto solamente il deplorare , la presente infelice condizione di casa nostra, che non ci permette il restaurare la cadente , e tramutata sepoltura d’vn tanto Prelato , per attestare ancora in queste carte il suo merito , basterà qui trascriuere l’Epitaffio, che intagliato in vn marmo si legge a piè della sua tomba in Santa Maria nuoua di Roma, oue oggi abitano i Padri Oliuetani, all’entrare in Chiesa a mano manca, di questo tenore. Corpus Alamanni Card. Pisani . Hic Florentiæex Adimariorum antiquæ nobilique familia ortus utriusque iuris Doctor , & omni litterarum genere eruditus, Primum Protonotarium deinde Tarentinus Postea Pisannus Archipresul, ad Cardinalatus apicem prouectus est, dum pro Romana Ecclesia legationem fungeretur in Gallis, Doctorum virorum amator & cultor vir ipse doctissimus, Zelator Iustitiæ & Communis Reipublice boni, Qui pro Ecclesia apud Pisanum Constantiemque Concilium usque adopatam conclusionem nemine veritus labor avit intrepide. Obijt ex peste anno æatis sue LX. mensis Septembris xvij. Die MCCCCXXII. Lo dissero Card. Pisano, perche fù Arciues. di quella Città , onde: per onorata gratitudine portò nell’Arme la Croce bianca , e fin ad oggi n’è vna in vn Architraue dietro alla nostra Chiesa di S. Cristofano in Fir. ne tratta D.Vinc. Borghini, nel libro delle fam. a. 123. SONETTO XXXXII. Per Taddeo Adimari Eremita nel Monte Senario, Teologo, Istorico, e Poeta fiori nel 1440. GIA’ mi credea, TADDEO, beato il core Soura piume d’onor sott’auero tetto; E che la copia immensa, e lo splendore Beasse l’alma, e serenasse il petto. Ma poi ch’entrasti in questo amato Orrore, Conosco esser nel Mondo ogni difetto, Quì si nasce al piacer, colà si more, Quello è tutto martir, questo è diletto. Quì Virtú con le Muse ogn’ora è bella, Quì lieta Pouertà paga il desio, Quì, se tace la lingua, il Cor fauella. O solingo abitar, che dir poss’io? Tu guidasti TADDEO, qual Naue, e Stella, Dal Mar del Mondo, all’ Ocean di Dio, Attestazioni del passato Sonetto. NELLA Libreria de PP. de’Serui, che copiosissma si conserua nel Conuento della Santissima Annunziata di Firenze , è fatto ricordo del P. Taddeo Adimari, e da vn Padre di quella Religione me ne fù data la susseguente memoria . Thadeus Adimarius seruita Sacræ Teologiæ Professor insignis, Historiæ cultor, & Poeta Venustus, reliquit plura ingenij sui monimenta, quarum nonnulle usque adhuc extant in Bibliotheca Cœnobij Sanctissimæ Annunciatæ, & præsertim Historia de origine Religionis Seruitarum , nec non Carmina, & Ode eleganttissime conscriptas, licet manu exaratas . Visse gran tempo nella solitudine del Monte Senario , e lontano da ogni ambizione morì nel Signore l’anno 1440. Io volentieri l’hò riposto in questo catalogo , si perche me ne par degno, come per la particular affezione , ch’io porto a’Padri de Serui , per l’antico merito loro , e per l’insigne virtù , di Mons. Dionisio Bussotti , già stato Generale di quella Religione, & oggi Vescovo del Borgo San Sepolcro , mio singularissimo Patrone . SONETTO XXXXIII. Per Ruberto Adimari Vescono di Volterra nel 1434. E Tu pur anco, o d’aurea Mitra ornato, Di Volterra Pastore , hai tanto merto, Che fra questi Aui miei deui, o RVBERTO, Tra’ più chiari, e felici esser lodato . Ma, qual fior prima in quest’immenso prato. Di tanti pregi tuoi corrò più certo, O la Castità chiusa, o il Zelo aperto, O il Senno , o’l Giusto, o’l tuo valore innato? Quel ch’è comune a molti, a me non piace , Vò scerre in sì gran campo un fior più bello, Che quant’unico è più, fia più viuace. E dirò, che dotasti vn Sacro Ostello, Oue han Ricorso, Onor , Vita , Ora, e Pace L’Egro, il Pupillo, il Mesto, e’l Pouerello: Attestazioni del passato Sonetto. NEL Catalogo de’Vescoui della Città di Volterra apparisce la seguente memoria . Reuerendissmus Dominus Robertus de Adimaribus nobilis Florentinus Dei, & Apostoliæ sedis gratis Episcopus Volaterranus Sacri Imperij Princeps, & Comes Palatinus Anno D. MCCCCXXXIII. sedit Annos Quinque. E l’anno 1621. , trouandomi io Alessandro Adimari , Comimessario per il Serenissimo Gran Duca di Toscana in quella Città, lessi negli statuti dello Spedale di Santa Maria Maddalena di detto luogo , come questo Vescouo fece donazione di detta Chiesa, e Spedale da lui dotato a SS. Priori di quella Comunità , acciò ne tenghino in perpetuo la debita cura . come per vno instrumento rogato per mano di Ser Accettante di Giusto a di 31. di Marzo 1437. SONETTO XXXXIV. Per Bernardo di Guglielmo Adimari , familiare , e fauorito di Francesco Sforza Duca di Milano nel 1449. NON tu chiedi, o BERNARDO, oggi il mio canto, Che la modestia tua non te’l concede, Ma poscia che t’amò l’Insubria tanto, La mia lira il domanda, e la tua Fede. Francesco Sforza alle sue mense accanto Ti fauorì di sì real mercede, Che dal Diploma suo ueggo il tuo vanto , E quanto egli t’amò, quanto ti diede. Fù scala forse a questo, essere i TROTTI Ramo de’nostri rami iui già grandi, Dalla fortuna, e dal valor condotti . Ma che val, ch’io di ciò parli, e domandi ? Per le bocche ad ognor degli huomin dotti, Quei che bene operar, son memorandi. Attestazioni del passato Sonetto . FRancesco Sforza figliuolo di Sforza da Cotigniola , celebrato a’suoi giorni per huomo di singular valore, e di prospera fortuna, per tutti i gradi salito al supremo della Milizia, e peruenuto al Principato di Milano , amò sempre frà l’altre sue virtù gli huomini di valore : fra quali fù Bernardo di Guglielmo Adimari suo gradito familiare, come per vn suo priuilegio originale, esistente in mano di me scrittore in Carta pergamena , che comincia . Franciscus Sfortia Vicecomes. Marchio Cremonæ Placentiæ Nouaræ Parmæ Terdonæ &c. Decet nos iuuat, & magnopere delectat fauore ope obsequio officio & gratia eos insequi, qui virtute fulgent &c. Spectata indoles , & probata fides, & in agendo solertia, & diligentia prudentis viri & nobilis Bernardi Guglielmi Adimaris de Florentia &c. Monerunt nos, ac ìnduxere pariter ut ipsum Bernardum , nobis dilectum carumque merito nostris aggregemus, & ut gaudeat gratijs &c. illis omnibus, quibus Familiares Domestici, Commensales & Aulicì alij omnes nostri gaudent &c. Nostrum & Domus nostræ Aulicum Familiarem, Domesticum, & Commensalem delegimus, deputamus, & ordinamus &c. Et ideo &c. Sine aliqua solutione Datij, Duanæ, Gabellæ, &c. E finisce . Nostris uero mandamus ea omnia obseruari districtius, sub gratia & indignatione nostra – Datum in felicibus Castris nostris apud ex legninum tertio die Maij. M.CCCCXLV. La grazia ch’acquistò questo Ber: Adimari, deriuò dall’essere i Trotti, ramo degli Adimari , di gia grande in Milano: come per memorie mandatemi da Mons. Franc. Trotti, che se l’hauesse viste D. Vinc. Borghini men liberamente harebbe tassato il Verini de Illust. urb. lib. 3. di quel che fa, in questo proposito, nel suo lib. dell’Armi Fiorentine. SONETTO XXXXV. Per M. Lodouico Adimari Canonico, et Arciprete, Vic. di Mons. Arciues. e fondatore del Canonicato nel 1494. CHI non può come Rodi, o come Nino Fondar Cittadi , e far Colossi al Sole, Poco non è s’almen s’ingegna, e vuole Aprire , a qualche oprar qualche cammino . Ma , chi cerca ampliar l’onor diuino , Trapassa , o LODOVICO , ogni alta mole, Qual tu, ch’i fatti unisti, e le parole, Mentre seruisti à gran Prelato Orsino. Tu la sacrata Legge, e la Ciuile Dotto intendesti, e del Pastore al pare Vegliasti in vece sua nel Sacro Ouile. Onde, per darci pregio , e Dio lodare , Ergesti in Duomo , o fondator gentile , Al Canonico nostro Esca , & Altare. Attestazioni del passato Sonetto. IL Canonicato con Prebenda nella Metropolitana Chiesa Fiorentina di Patronato della famiglia degli Adimari, fù eretto l’anno in vigore di lettere Apostoliche bollate sotto di 15. di Giugno, 1494. in Arch. Archiepiscopali Flor. in filza Processuum beneficiorum sub n. 30. 1494. date in Roma appresso S. Pietro il secondo Anno del Pontificato d’Alessandro sesto , a richiesta, e supplicazio ne del Capitolo di Firenze , e di M. Lodouico di Giouanni Adimari, Rettore allora della Chiesa di San Cristofano di Firenze, & a detto Canonicato furono vnite, la Chiesa di San Cristofano predetto , e la Chiesa di San Iacopo a Montacutolo della Diocesi Fiorentina, e ne fù subito prouuisto in vigore di dette lettere il medesimo M. Lodouico Arciprete, e Vicario Generale di Monsig. Rinaldo Orsini Arciuescouo di Firenze, come dimostrano molte sue sottoscrizioni in questa forma. Ego Ludovicus de Adimaris Canonicus, Reuerendissimi in Christo Patris & Domini D. Rainerij de Vrsinis, Dei & Apostolicæ sedis gratia Archiepiscopi Florentini Vicarius Generalis &c. Et ideo in prædictorum, & singulorum fidem, & testimonium nos subscripsimus propia manu dicta die &c. Qui non tralascerò di dar lode di pietà, e di religione a molti altri de’nostri antenati , che ci han lasciato il Iuspatronato di 24. titoli di benefizi Ecclesiastici: Fondato , e dotato 3. Chiese parrochiali in Firenze, e molte altre Chiese, e Conuenti per il contado, come distintamente si narra nel nostro discorso della famiglia. SONETTO XXXXVI. Per M. Matteo Adimari Cau. Aureato familiare di Leone X. viueua nel 1502. FVOR del Gange odorato i raggi d’oro Su Rote di Piropi il Sol rimena, Pur talor Nube eclissa, e disserena L’amata luce, e l’immortal tesoro. Ma dentro a’suoi natali, il suo decoro Questo nobil MATTEO conobbe appena, Che su’l Carro degli Aui eterno mena Lampo, che non l’offusca Austro ne Coro. Non per obliqua via riuolse l’ore, Ma per l’Auge toccar, fù dritto ogn’ora A sostener del gran Leon l’ardore, Febo s’alluma il Dì, l’oscura ancora, Ma questi, col suo fermo alto splendore, Dentro a gli Esperi suoi trouò l’Aurora. Attestazioni del passato Sonetto. CHE M. Matteo d’Antonio Adimari fosse a suoi giorni grato familiare della Santità di Papa Leone Decimo, è passato per antica tradizione fin a dì nostri, e si raccoglie dall’Epitaffio posto sopra il pauimento della sua sepoltura, esistente nella Chiesa di San Francesco dal Monte fuori della porta a San Miniato, oue è ancora vna Cappella della nostra famiglia , il quale dice così. Matheo Adimario Leonis Decimi Pontificis Maximi Beneficiò Equiti Aureato. Pia Coniux Gineura Posuit A. 1512. E sopra il medesimo tumulo . Sepulcrum Mathei Antonij de Adimaris. Questa Gineura era de’Monaldi , molte altre memorie di questo Cau. si sono smarrite in casa nostra, ma che marauiglia è perdersi la notitia di qualche azione d’vn huomo , se d’vna contrada intera s’è quasi perduto a’nostri tempi il nome! poiche la via detta il Corso degli Adimari , che s’escendeua da Or San Michele a San Giouanni come si raccoglie dal Boccaccio nella nouvella di Guido Caualcanti Giorn. 6. e dal Villani lib. 6. cap. 34. lib. 8 cap. 96 lib. 11. cap. 36. lib. 12. cap. 20. oggi si richiama per lo più la via de’Calzaiuoli! E pure vi haueuano 3. torri , e la loggia. Ricord. Malespini cap. 58. e cap. 137. SONETTO XXXXVII. Per Francesco Adimari morto in quello che staua per esser publicato Cardinale da Papa Giulio II. nel 1503. CHI non piange al tuo fato, o Lume spento Nel punto, ch’in gran Sol per te s’accese, O non vidde, o non visse, o non intese Come è nostro sperar poluere al vento: Piango ben, FRANCESCO, io, che veggio, e sento Con quale scherno empio destin t’offese, E ch’il tuo Dì, qual bolla in alto ascese, Per risoluersi in nulla, in un momento. Sol ridi in Cielo hor tù, perche saluasti Quel tuo Signor, benche moristi pria, Ch’ei desse alla tua fé Porpore, e fasti. Che non perde grandezza, e non l’oblia, Chi nel corso d’onor vuol, che gli basti Mostrar, ch’ei ne fú degno, e passó via . Attestazioni del passato Sonetto . SCriue Giorgio Pagliari dal Bosco nel primo libro delle sue osseruazioni , sopra i Cinque libri degli Annali di Cornelio Tacito , stampato in Milano l’anno 1612. all’osseruazione 45. (sopra le parole. At Patres quibus unus metus &c. one discorre, che per schiuare l’Insidie de’ Superiori , è talora lecito il dissmulare). Che singolare esempio di sfuggire simili pericoli, fù quello di L. Ramirio appresso Tito Liuio , & appresso al Garimberto quello di Francesco Adimari, Che sforzato da Alessandro VI. a machinare contro a Giuliano della Rouere Cardinale di San Piero Vincula, di cui era Secretario fermatosi in Firenze, e dissimulando, ne auuisò il Patrone, Il quale, assunto al Pontificato, che fù Giulio Secondo, in vna promozione lo di segnò Cardinale: ma noi hauiamo per tradizione, che nell’istesso giorno , che publicar si doueua , giunse a Morte. Veggasi ancora il Garimberto & il Guic. lib. I. e 6. SONETTO XXXXVIII. Per Andrea di Gio Adimari Commessaro in occasione della Guerra di Pisa l’anno 1503. O Cara Alfea, ben doppiamente cara, Se tanto prezzo in te Fiorenza spese, Ch’vn secol quasi a consumare attese, Oro, e sangue, del suo non punto auara. Questo obbligo a tenerti almen s’impara, Ch’affinasti infiniti ad alte imprese, Ond’anco ardito in quella Arena scese, Vn della stirpe mia nato Adimara, E questi fù quel Commessario ANDREA, Che col proprio valore, e col comando, Lucca impedì, ch’offender ci volea. Ahi , Vincer non si può se non pugnando, Non và senza sudor la palma Elea, Ne l’huom senza fatica, è memorando. Attestationi del passato Sonetto. ANdrea di Giouanni Adimari , fù spedito Commessario di guerra da quei nostri Cittadini , che s’intitolauano . Decem viri libertatis L’anno 1503. e mandato nella montagna di Pistoia per ouuiare che mentre l’esercito Fiorentino passasse in Val di Serchio a danni de’Pisani, i Lucchesi non vscissero a darli impedimento , con piena autorità di comandar Soldati , e dar dentro secondo il bisogno , come per loro deliberazione, fatta sotto di 18. di Maggio 1503. e per vna instruzione che li dettero: l’originale della quale è appresso di me Autore, e comincia Andrai subito nella montagna di Pistoia . è finisce Che a detta Commessione tua fussero necessari . a Registro 52. Il medesimo fù eletto fra gli vfiziali , e prouueditori della Sanità in tempo di Peste, in compagnia di Gio: di Benedetto Couoni Gio: di Matteo Canigiani Girolamo di Benedetto Galilei A di 18. di Maggio 1526. per mesi 4. e dipoi a di 28. di Settembre fù cenfermato pcr altri mesi 4. in compagnia de’medesimi , con la medesima autorità, che haueuano i SS. Priori, come alle Riformagioni, ne’ partiti di quei tempi. SONETTO XXXXIX. Per Filippo di Mainardo Adimari Vescouo di Nazzaret nel 1536. NAue non andò mai senza Nocchiero, E Nocchier non fù mai senza la Naue, E pur veggio, o FILIPPO hor esser vero , Che solchi senza legno, e non t’è graue. Dou’è piu Nazzaret? o quale in vero Bisogno hà di gouerno hor quella Traue ? Ah, basta il nome sol senz’altro Impero , Doue già Gabbriel per noi disse AVE. Con questa nome sol , dentro alla barca Di Pietro il nome tuo così si spande, Ch’il Tifi d’Argo al par di tè non varca. L’alte memorie tue son da più bande , Palazzi in Roma , in Sant’Onofrio hai l’arca, L’Anima in Cielo, e quì la Fama hai grande. Attestazioni del passato Sonetto. DI Monsig. Filippo Adimari figliolo di Mainardo trouiamo questa memoria. Fù Mons. Filippo Adimari Vescouo di Nazzaret fece Testamento sotto di 8. di Nouembre 1536. Rogatio Ser Francisco Micheletti notaio Apostolico in Roma lib. E a carte 45. E fù sepolto in Santo Onofrio di detta Città; oue prima haueua fabbricato vn bel Palazzo , che peruenne poi nel Sig. Marchese Saluiati . Il Vescouado di Nazzaret , e titolare come sono molti in Partibus Però si dice che Monsig. Filippo fù vn Nocchiero senza naue , e che la Naue del suo Vescouado non hà bisono di Nocchicro. Compiacendosi sua Diuina Maestà, che per ancora sia bastante a quella Città , l’onore di hauer dato Albergo alla Santissima Vergine sua Madre, e che vi sia stato dentro l’Angelo Gabbriello ad Annunziarla. SONETTO L. Per M. Guidantonio Adimari Canonico gran letterato, e deuotiss. Sacerdote viueua nel 1550. BEato quel, che de’negozi a lunge, Come già far soleua ogni mortale , Sotto al suo proprio Aratro i buoi congiunge, E cerca da’suoi campi esca vitale. Più Beato colui, che si disgiunge Dal volgo, e dal commerzio vmano, e frale, E solo in Ermo loco il cor li punge Desio d’amare il ben , d’odiare il male: Beatissimo poi, chi Sacerdote Viue a Dio , viue a sè lieto, e giocondo, Di più scienze a maneggiar le note. Tal fostu GVIDANTONIO, ognor fecondo Di Senno, di Virtù, d’Opre deuote, Vicino al Ciel , quanto lontan dal Mondo. IL FINE LD. Attestazione del passato Sonetto. IL Padre Maestro Michele Poccantio seruita, in quel suo libro intitolato Catalogus scriptorum Florentinorum. fa menzione di M. Guidantonio Adimari con queste parole . Guido Antonius Adimarius Ecclesie Florentinæ Canonicus uenerabilis, vir in diuinis scripturis eruditus, Aristotelicæ Philosophiæ non ignarus, ac Politioris litteraturæ valde peritus, inter multa ingenij sui opera edidit tractatum de Ieiunio, quem habuit apud moniales Sacras Sancti Iuliani, quarum custos & tutor extiterat & Exordum est. Se del gouerno Temporale del Monistero &c. Obijt Florentiæ 1568. Et in Cathedrali Florentina eius ossa Conquiescunt. Scrisse ancora vn trattaro sopra il Pater noster dedicato alla Sig. Elena del Conte Cornelio . . . . . che comincia. Elena Carissima &c. Et vn discorso de’ Rimedi da mantener basso il letto del fiume d’Arno, dedicato al Sereniss. Gran Duca Cosimo I. che principia . Quante volte io considero. Come per gli originali manuscritti ch’apresso di me Alessandro Adimari si ritrouano. L. D. All’Arme degli Adimari. Diuisa per trauerso in due Campi eguali, vno d’Oro di sopra, & vno Turchino di sotto come di contro . ARME, degli Aui miei scudo fatale, Ben ti fece conforme al mio destino In fucina d’Amor Fabro indouino, Perch’io speri il mio ben , tema il mio male: Ti diuise in due Campi il Campo eguale, E l’Oro alto locò, basso il Turchino, Perche l’Oro giamai non m’è vicino , Ma si ben di Penìa l’onda mortale : O pur dall’acque de’trauagli astretto , Mi volle dimostrar, ch’il Mondo è Mare, A cui sourasta il Ciel , ch’hà d’Oro il tetto: Se quì dunque per me son l'Acque amare, E l’Oro puro è in Cielo, Alma in effetto Quì soffrir ti bisogna, e là sperare. ARME DEGLI ADIMARl Ex libro III. Vgolini Verini Poëtæ Florentini de Illustrat. Vrbis Florentiæ. QVIN & vicini Fesulano e vertice montis Venit sanguineis notus bellator in armis Adimar, vnde genus clari duxere nepotes; Cum longobardos victor Pipinius heros Diruit, & nostram maiorem reddidit vrbem: In multos ramos , mutato nomine , proles Scinditur, & plures complessa nepotibus vrbes. Ex hac illustris profluxit Trotta propago Qua nunc attollit se se Alexandria pubes Armipotens genus , & sacris memorabile chartis, Veggasi D. Vinc. Borghini nel libro delle fasc. a. 44. 54. 87. 123. e 124. Il Sig. Canon. Lanfredini si compiaccia di vedere, se nelle presenti poesie si contengo cosa, che repugni alla Cristiana Pietà, e buoni Costumi, e riferisca appresso; nel di 30. di ottobre 1638. Vincenzio Rabatta Vic. di Fir. Le retroscritte Poesie del Sig. Alessandro Adimari, le quali rauuiuano la virtù, e valore de’suoi Antenati, sono degne della stampa, acciò resti ancora immortale la virtù, e canto di questo Cigno; non essendo in esse cosa, che repugni alla Pietà Cristiana, e buoni costumi: di che riferisco questo di 16. nouembre 1638. Io Girolamo Lanfredini Can. Fior. Attesa la presente relazione si stampi, osseruanti li soliti ordini il dì 2. di Marzo 1638. Vincenzio Rabatta Vic. di Fir. Adi 7. Marzo 1639. D‘ordine del Reuerendissimo P. M. Gio. Fanano Inq. Gen. in tutto’l Dominio Fior. ho letto la Clio del Sig. Alessandro Adimari, e non hò trouato cosa che repugni alla Religione ò buoni costumi , anzi parto degno d’vn tanto ingegno, e perciò da bramarsi fuora alle stampe: però con autorita del detto Reuerend. Inq. concedo, che per il Santo Offizio si possa stampare. Io Girolamo Rosati Proton. Ap.e Consult. della Santa Inq. Alessandro Vettori Aud. di S. A. Gli errori dalla stampa, si rimettono alla discrezione dell’amoreuole , e prudente lettore .