Considerazioni sopra il Discorso del Galilei

Critique of Galileo's treatise on floating bodies

Vertical Tabs

Reader
<?xml version="1.0" encoding="UTF-8"?>
<?xml-model href="http://www.tei-c.org/release/xml/tei/custom/schema/relaxng/tei_all.rng" type="application/xml" schematypens="http://relaxng.org/ns/structure/1.0"?>
<?xml-model href="http://www.tei-c.org/release/xml/tei/custom/schema/relaxng/tei_all.rng" type="application/xml"
	schematypens="http://purl.oclc.org/dsdl/schematron"?>
<TEI xmlns="http://www.tei-c.org/ns/1.0">
   <teiHeader>
      <fileDesc>
         <titleStmt>
            <title>Vincenzo di Grazia's Considerazioni (1613): A Basic TEI Edition</title>
            <author>Galileo’s Library Digitization Project</author>
            <respStmt>
               <name>Crystal Hall</name>
               <resp>OCR cleaning</resp>
            </respStmt>
            <respStmt>
               <name>Jonathan Lerdau</name>
               <resp>XML creation</resp>
            </respStmt>
	   
       <respStmt>
		<name></name>
		<resp></resp>
	    </respStmt>
         </titleStmt>
         <publicationStmt>
            <publisher>
                <orgName>the TEI Archiving, Publishing, and Access Service (TAPAS)</orgName>
            </publisher>
            <address>
              <addrLine>360 Huntington Avenue</addrLine>
              <addrLine>Northeastern University</addrLine>
              <addrLine>Boston, MA 02115</addrLine>
            </address>
            <availability>
                <licence>Creative Commons BY-NC-SA</licence>
            </availability>
         </publicationStmt>
         <notesStmt>
            <note>Based on the national edition corrected to the copy digitized by Google and held by the BNCF</note>
         </notesStmt>
	<sourceDesc>
            <bibl>
               <title>Considerazioni di Vincenzio di Grazia sopra il Discorso del Signor Galileo Galilei intorno alle cose, che stanno sull'acqua, o che in quella si muovono.</title>
               <author>di Grazia, Vincenzo</author>
               <pubPlace>Florence</pubPlace>
               <publisher>Pignoni, Zanobi</publisher>
               <date>1612</date> 
            </bibl>
         </sourceDesc>
      </fileDesc>
      <encodingDesc>
         <projectDesc>
            <p>This TEI edition is part of a project to create accurate, machine-readable versions of books known to have been in the library of Galileo Galilei (1563-1642).</p>
         </projectDesc>
         <samplingDecl>
            <p>This work was chosen to maintain a balance in the corpus of works by Galileo, his opponents, and authors not usually studied in the history of science.</p>
         </samplingDecl>
         <editorialDecl>
            <correction>
               <p>Lists of errata have not been incorporated into the text. Typos have not been corrected.</p>
            </correction>
            <normalization>
               <p>The letters u and v, often interchangeable in early Italian books, are reproduced as found or as interpreted by the OCR algorithm. Punctuation has been maintained. The goal is an unedited late Renaissance text for study.</p>
            </normalization>
            <quotation>
               <p></p>
            </quotation>
            <hyphenation>
               <p>Hyphenation has been maintained unless it pertains to a line break (see "segmentation").</p>
            </hyphenation>
            <segmentation>
               <p>Word breaks across lines have not been maintained. The word appears in the line in which the first letters were printed. Words broken across pages appear on the page on which the first letters appear. Catch words are not included.</p>
            </segmentation>
         </editorialDecl>
      </encodingDesc>
      <profileDesc>
         <textDesc>
            <derivation type="original"></derivation>
         </textDesc>
      </profileDesc>
   </teiHeader>
<titlePage>
 <docTitle>Considerazioni di M. Vincenzio di Grazia sopra 'l Discorso del Signor Galileo Galilei intorno alle cose, che stanno su l'acqua, e che in quella si muovono. All'Illustriss. ed Eccellentiss. Sig. Don Carlo Medici. In Firenze, MDCXIII. Presso Zanobi Pignonj.</docTitle>
 <figure>
  <figDesc></figDesc>
 </figure>
 <docImprint>
  <date>1612</date>
 </docImprint>
</titlePage>
<text>
<body>
<lb/> 
<pb n="1"/>
<lb/>CONSIDERAZIONI
<lb/>DI M. VINCENZIO 
<lb/>DI GRAZIA
<lb/>SOPRA 'L DISCORSO
<lb/>DI GALILEO GALILEI
<lb/>Intorno alle cose che stanno su l'acqua, e che in
<lb/>quella si muouono.
<lb/>All'Illustriss. ed Eccellentiss. Sig.
<lb/>DON CARLO MEDICI.
<lb/>IN FIRENZE, MDCXIII.
<lb/>Presso Zanobi Pignoni.
<pb n="3"/>
<lb/>All' Illustriss. 
<lb/>ED ECELLENTISSIMO  
<lb/>SIGNORE E PATRONE  
<lb/>OSSERVANDISSIMO 
<lb/>IL SIGNOR DON CARLO  
<lb/>DE' MEDICI
<lb/>   
<lb/>SIGNORE Eccellentiss. 
<lb/>Molte sono state le cagioni  
<lb/>che m' hanno indotto a  
<lb/>scrivere e dedicarle queste  
<lb/>mie considerazioni, sopra  
<lb/>il Discorso di G. G. intorno  
<lb/>alle cose che stanno in su 
<lb/>l'acqua o che in quella si muovono. Delle quali è  
<lb/>stata la principale il cognoscere che allei per ragion'  
<lb/>ereditaria si deve la difesa delle buone arti  
<lb/>e della filosofia. Impercioche ella, per la rivoluzion'  
<lb/>de' tempi, e per il mancamento della greca  
<lb/>favella havendo molto oscurato il suo antico  
<lb/>splendore, fu dalla sua Serenis. Casa, non senza 
<lb/>infinita gloria di tanta magnificenza in quello  
<lb/>antico splendore restituita. Cose che per essere note  
<lb/>a ciascuno, con troppa ingiuria della generosità  
<lb/>di sua stirpe verrebbano particularizzate nelle  
<lb/>magnificentissime azioni di Cosimo il Vecchio,  
<pb n="4"/>
<lb/>che con simili mezzi s' aquistò il cognome  
<lb/>di Padre della Patria, del magnifico Lorenzo, di  
<lb/>Leone il decimo, del gran Cosimo primo gran  
<lb/>Duca della Toscana e nella nostra Etade del 
<lb/>suo Serenissimo Padre. Onde si può dire che questo  
<lb/>sia come arredo e pregio dovuto al generosissimo  
<lb/>suo legnaggio. È Adunque lei, per obligo di sua nobiltà  
<lb/>tenuta preservar le scientie, le quali, quasi  
<lb/>fulgentissime gioie , ricevendo la luce dai raggi di  
<lb/>sua Ecc. in guisa tale ne ravviveranno loro splendore 
<lb/>che elleno refletteranno alla vistà di ciascheduno,  
<lb/>quella luce che le tenebre di oscure nebbie  
<lb/>gli avessero potuto offuscare le quali nebbie come esalazioni  
<lb/>nubilose, all' apparir del sole di V. E. saranno  
<lb/>sforzate al tutto dissolversi e svanire.  
<lb/>Prenda dunque questo mio discorso, nel quale  
<lb/>io intendo difender la filosofia. In quella guisa che 
<lb/>l' Immortale Iddio prende i piccoli doni de' mortali 
<lb/>Il qual dono soddisfacendole, tutto attribttuirò a  
<lb/>gratia di V. E., sì come ancora del esser da lei con  
<lb/>tal mezzo annoverato nel numero de suoi affezionati  
<lb/>servitori, del che ne la supplico. Di Fiorenza  
<lb/>questo dì 2 di giugnio 1613.
<lb/>Di V. Ecc. Ill. 
<lb/>Humilis. Servo 
<lb/>Vincenzio di Grazia. 
<pb n="5"/>
<lb/>A' LETTORI
<lb/>Furrono sempre, a presso i saggi, tutte quelle  
<lb/>azioni in pro della verità adoperate non solamente  
<lb/>gradevoli e care, ma ancora degne  
<lb/>di perpetua lode quindi è ch' io in difesa di quella  
<lb/>e d' Aristotile, ne ploblemi naturali autor di  
<lb/>essa, mi son messo a fare queste mie brevi considerazioni  
<lb/>sopra 'l Discorso di G. G. intorno alle cose che stanno in su l'  
<lb/>acqua o che in quella si muovono. Nelle quali io non presumo di difendere  
<lb/>Aristotile (non facendo mestieri a si grand' uomo di mia difesa),  
<lb/>ma si bene in dichiarandolo di mostrare, lui da per se stesso dalle  
<lb/>calunie impostegli esser bastevole a difendersi. Imperciochè tutte  
<lb/>le ragioni che in esse si ritrovano dall' opere aristoteliche sono raccolte,  
<lb/>e se niuna ve ne è mia propia, sarà qualche esperienza, o argomento  
<lb/>particulare, che Agevolmente dai suoi universali si deduce Il che  
<lb/>accio a tutti sia manifesto, mi è paruto conveniente secondo la vulgata  
<lb/>divisione d' Averroe citar i luoghi d' Aristotile di donde si trarranno  
<lb/>gli argomenti. Onde maggiormente apparirà, come diceva  
<lb/>Plutarco, Aristotile niuna cosa senza gran ragione affermare. e i  
<lb/>Peripatetici alle sue ragioni e non alla sua autorità, risguardare. Ancora  
<lb/>vedrà s' il Sig. G., come e dice, per Capriccio, o per non aver letto  
<lb/>o inteso Aristotile, si parte dalla sua opinione. Nello scrivere filosofiche  
<lb/>dubitationi, di propia natura difìcultose nella nostra favella 
<lb/>non diro incapace di esse, ma a quelle per ancora non molto assuefatta,  
<lb/>suole essere non piccolo carico a coloro, che lo mprendano a sostenere 
<lb/>Il che cognoscendo il Sig. G., quasi un' anno intero impiego  
<lb/>finire e publicare il suo doctissimo discorso. Onde non ispero, che 'l  
<lb/>troppo indugio nel mandar fuori queste mie considerazioni, debba  
<lb/>essere occasione ad alcuno di darmi biasimo La quale speranza tanto 
<lb/>più, prende vigore, quanto il mio ritardamento dalla fortuna è stato  
<lb/>favoreggiato. lmperciochè, parendo al Sig. G. essere stato nel suo  
<lb/>discorso alquanto oscuretto, volse per sua cortesia doppo cinque o  
<lb/>sei mesi con nuove aggiunte molto meglio esplicarsi. Il perchè, oltre  
<lb/>all'avermi reso più cauto, mi a maggiormente aperto il campo a  
<lb/>rispondere alle sue ragioni, come che mi abbia ancora dato grand' occasione  
<lb/>di dubitare, che per entro la mia opera molte imperfezioni  
<pb n="6"/>
<lb/>non si ritrovino, e che io non abbia conseguito il mio intento in queste  
<lb/>mie scritture. Onde mi protesto che se in essa scrittura dal S. G. O  
<lb/>da altri, qualche imperfezione mi sara dimostrata, non solo  
<lb/>l'auuro per male, ma ne prometto obligo, e gratitudine  
<lb/>a singular benefitio dovuta. Questo è quello 
<lb/>graziosi lettori, che mi occorre dire, intorno  
<lb/>a queste mie considerazioni, le quali  
<lb/>non spero che a voi, come desiderosi  
<lb/>della verità, non habbino  
<lb/>a essere discare.  
<lb/>Vivete felici.
<pb n="7"/>
<lb/>CONSIDEIRAZIONI
<lb/>DI M. VINCENTIO 
<lb/>DI GRAZIA
<lb/>Sopra Al Discorso di Galileo Galilei:
<lb/>Intorno alle cose che stanno in su l' acqua 
<lb/>o in quella si muovono.
<lb/>Volendo dar principio alle 
<lb/>mia considerazioni Intorno a quello 
<lb/>che scrive il Sig. G. delle cose 
<lb/>che stanno in su l’ acqua o in quella 
<lb/>si muovono, mi è paruto conveniente 
<lb/>prima proporre le parole del 
<lb/>suo trattato, e di poi, discorrendovi 
<lb/>sopra dimostrare, quanto vagliano 
<lb/>contro d'Aristotile. Impercioche 
<lb/>cosi adoperando con più agevolezza il lettore potrà considerare 
<lb/>chi di noi più alla verità s' avvicini. Oltre anche mal 
<lb/>si dubiterà della vera relazione, come, se per altre parole si 
<lb/>referissono, far si potrebbe. Cominciando dunque dalla prima 
<lb/>origine del discorso del Sig. Galileo, alle mia considerazioni 
<lb/>in torno di esso secondo il dato ordine, darò principio.
<lb/>"Dico dunque che, trovandomi ( conchiusi.
<lb/>L'origine del suo discorso fu, secondo che dice un ragionamento 
<lb/>ch’ egli ebbe con alcuni letterati intorno alla condensazione:
<lb/>nel quale un di loro affermò, quella essere proprietà 
<lb/>del freddo, come si vede nel ghiaccio, la quale sperienza benchè
<lb/>paia verissima tutta volta fu negata dal Sig. Gal. veggiamo 
<lb/>ora se à ragione. Egli non è dubbio alcuno, che i semplici 
<lb/>elementi si condensano dal freddo, e dal caldo si rarefanno.
<lb/>Il che nella generazione dell’ acqua e dell’ aria, sensibilmente
<lb/>apparisce. Si potrebbe a ragione dubitare delle saette. 
<lb/>dove pare che il freddo abbia virtù di generare il fuoco, 
<lb/>che è il più sottile degli elementi * la qual cosa non avviene 
<pb n="8"/>
<lb/>per natura del freddo, ma si bene per cagione accidentale.
<lb/>Conciossia che il freddo, condensando le nugole di tal maniera 
<lb/>unisce le esalazioni calde e secche, le quali per entro 
<lb/>le nugole se ritrovano, che elle ne divengono sottilissimo 
<lb/>fuoco. Il contrario effetto apparisce nella gragnuola, nella 
<lb/>quale sembra che ‘l calore abbia virtù di condensare. I quali 
<lb/>accidenti avvengono per lo circondamento de' contrarii da' 
<lb/>Greci chiamata. Adunque se il ghiaccio 
<lb/>è rarefatto, come il S. G. afferma, sarà di necessita rarefatto 
<lb/>dal calore, non potendo questo tale accidente il freddo 
<lb/>di sua natura generare. generandosi il ghiaccio di semplici 
<lb/>Elementi e non potendosi il circondamento de' contrarii in 
<lb/>tal cosa adattare. Non credo sia per essere alcuno, che abbia, 
<lb/>negando il senso, a dire il ghiaccio esser generato dal calore, 
<lb/>essendo egli prodotto ne' più freddi tempi del verno, 
<lb/>nel quale ogni calore nel nostro emisferio quasi è mancato. E
<lb/>se pure si trovasse molto sarebbe lungi dal vero. * Impercioche 
<lb/>uno agente, operando secondo la sua natura, non può 
<lb/>in un medesimo oggetto esser cagion d'effetti contrarii. Adunque 
<lb/>se il calore liquefacendo corrompe il ghiaccio, sarà 
<lb/>impossibile, che egli lo possa generar congelando. Perche 
<lb/>è manifesto il ghiaccio essere dal freddo condensato e non 
<lb/>dal calore rarefatto. Ci resta ora a dimostrare le soluzioni de 
<lb/>gli argomenti del Sig. G. Diceva egli *, che la condensazione 
<lb/>partorisce diminuzion di mole e agumento di gravita, e 
<lb/>la rarefazione maggior leggerezza e agumento di mole al 
<lb/>che s'aggiugne; che le cose condensate maggiormente s' assodano
<lb/>e le rarefatte si rendon più dissipabile, li quali accidenti
<lb/>nell'acqua non appariscono. Adunque il ghiaccio non 
<lb/>condensato, ma rarefatto, doverrai dirsi. Impercioche il 
<lb/>ghiaccio essendo generato d' acqua, doverrebbe essere piu 
<lb/>grave di quella, dove che egli piu leggieri apparisce galleggiando 
<lb/>per essa. ed e ancora secondo il Sig. Galileo molto 
<lb/>maggiore di mole dell' acqua ond' è si produce. E per potere 
<lb/>più agevolmente rispondere a queste ragione. Notisi che
<lb/>l'aria racchiusa nelle materie, che di lor natura nell'acqua hanno 
<lb/>gravità, suole renderle più leggieri che non è l'acqua onde 
<lb/>elleno fuor di natura in essa galleggiano. Segno ne sia la 
<lb/>pomice, che essendo di terra e perciò grave per l’ aria, che dentro 
<lb/>vi si racchiude, nell' acqua galleggia dove riducendola in polvere
<pb n="9"/>
<lb/>l’ aria se ne vola via ed ella perviene al fondo dell' acqua. 
<lb/>Onde diceva Teofrasto, che sono dell'Isolette nel mare 
<lb/>indico, che per questa cagione galleggiano sopra l'acque. 
<lb/>La qual cosa perche non abbia da molti, che non danno fede 
<lb/>alle fatiche de' valent' huomini, a essere riputata favolosa, 
<lb/>mi piace nella nostra Italia non meno dell' altre provincie 
<lb/>di gran maraviglia ripiena, addurne verace esperienza. 
<lb/>E dunque nella Campagnia di Roma vicino a bassanello un 
<lb/>lago, di bassanello appellato l' acqua del quale nell'azzurro 
<lb/>biancheggia, anzi è simile al color verde. Nel quale si veggono 
<lb/>molte isolette coperte di verdeggianti erbette, che nuotano 
<lb/>sopra l' acqua in guisa di navicelle. Questo come afferma 
<lb/>fra leandro nella sua Italia, è quel lago che da Plinio primo 
<lb/>e secondo di Vadimone fu detto che delle medesime isolette 
<lb/>fanno menzione. le quali per altra cagione non si deve 
<lb/>credere galleggiare se non perche di pietra spungnosa sono 
<lb/>composte. Adunque è manifesto che l' aria racchiusa nelle 
<lb/>materie che hanno gravità puo esser cagione che elleno sopra 
<lb/>l' acqua galleggino, quantunque piu gravi di essa. II che
<lb/>essendo verissimo dico che congelandosi il ghiaccio per entro 
<lb/>vi si racchiude alcuna piccola porzione d'aria. Segno 
<lb/>ne sia mlolte bolle e sonagli, li quali si veggono nella superficie 
<lb/>del diaccio, e ancora quantunque molto minori dentro
<lb/>a qual si voglia particella di esso, ancorche benissimo 
<lb/>condensata. laonde a chi diligentemente considera a quella 
<lb/>quantita d'aria, che nel diaccio si racchiude, agevolmente 
<lb/>si accorgera el diaccio non essere piu leggieri della 
<lb/>materia della quale egli si produce. Onde adviene che egli 
<lb/>nell'acqua soprannuoti. Il simile si può dir della mole Impercioche 
<lb/>se si vedesse l’ aria e l’ acqua che concorrono a comporre 
<lb/>il diaccio, ci accorgeremmo, che molto minor luogo 
<lb/>dal diaccio che da quelle, viene occupato. Al che s' aggiugne 
<lb/>* che molto più si uniscono le cose humide che l’aride * 
<lb/>onde il ferro benche sia di più terrestre materia che ‘l pionbo, 
<lb/>e perciò dovrebhe esser piu grave, non dimeno, perche le 
<lb/>particelle del piombo, essendo piu umide e per questo piu 
<lb/>unite, in gravità da quello è superato La qual cosa, nel diaccio 
<lb/>ancora potrebbe seguire. Adunque è manifesto, che 
<lb/>le ragioni del Sig. Galileo non a bastanza dimostrano il 
<lb/>ghiaccio esser acqua rarefatta. E maggiormente perche la 
<pb n="10"/>
<lb/>terza condizione che nel condensare si ricercha, molto gli 
<lb/>contraddice. E questa è, che le cose nel condensarsi molto 
<lb/>piu sode divengano Il che nel diaccio sensibilmente si vede. 
<lb/>Quanto a quello disse quel litterato il ghiaccio galleggiava
<lb/>per la figura, ne lascerò bello e la cura a lui, non mi curando 
<lb/>di tor la brigha a chi molto ben si può da per se difendere. Potrebbe
<lb/>adunque parere, che ‘l Sig. G. alquanto nella primiera 
<lb/>origine del suo discorso, dalla verita s'allontani, affermando 
<lb/>il diaccio essere acqua rarefatta dove egli sensibilmente 
<lb/>si vede esser' acqua condensate.
<lb/>Conchiusi per tanto ( E per procedere.
<lb/>E tanto maggiormente pare sia lontana dal vero l’universale 
<lb/>conclusione fatta dal Sig. G. la figura non essere cagione 
<lb/>in alcun modo di stare a galla o in fondo; Impercioche come 
<lb/>per lo senso apparisce e come dimostrerremo di qual si 
<lb/>voglia materia, ben che gravissima, si può riducendola in figura 
<lb/>piana, comporne una mole che galleggi sopra l’acqua. 
<lb/>E ben vero che tal cosa c'indusse a credere, oltre alla sperienza, 
<lb/>il vedere, che la diversita delle figure altera grandemente 
<lb/>il movimento de'corpi dove ella si ritrova: onde la figura 
<lb/>si riduce a tanta anpiezza e sottigliezza, che non solo ritarda 
<lb/>le cose che nell' acqua discendono, ma ancora le quieta 
<lb/>sopra di quella. Il che quantunque il Sig. G. stimi falso, 
<lb/>si vedrà per ragion vivissime esser vero mentre si considereranno
<lb/>nel suo discorso tutte le ragioni addotte dall'una e 
<lb/>dall'altra parte, e di più quelle, che egli di sua invenzione, 
<lb/>adduce. le quali d'ogni intorno considerate e addottone le 
<lb/>vere dimostrazioni, potrà da esse prender quell'utile ch'egli 
<lb/>desidera cioe di venire in cognizione della verità, la quale sino 
<lb/>ad ora da lui per falsita è tenuta Mentre le sue ragioni 
<lb/>piu apparenti, che vere saranno, riprovate.
<lb/>E per procedere ( cercherò di mostrare. 
<lb/>Molto bene discorre il Sig. G. proponendo di voler dichiarare 
<lb/>la vera e natural cagione dell'ascendere alcuni corpi e 
<lb/>in quella soprannotare, e del discendere in essa e in quella rimaner
<lb/>Impercioche da questo si debbe trarre la soluzion di 
<lb/>questa nostra difficultà. E se quello ha veduto in Aristotile
<lb/>non lo quieta forse dello stesso Aristotile tali ragione e dichiarazioni 
<lb/>gli proporremo, che appieno gli daranno soddisfazione. 
<lb/>E venendo à considerare la cagione del Sig. G. la 
<pb n="11"/>
<lb/>quale è che le cose vanno al fondo per esser più gravi dell' acqua 
<lb/>e in quella all' insu si muovono spinte dalla maggior gravita 
<lb/>di essa; affermo questa sua dimostrazione parere alquanto 
<lb/>manchevole. Impercioche dovendosi dimostrare gli accidenti 
<lb/>del propio e naturale suggetto, nel quale eglino naturalmente 
<lb/>si ritrovano fa di mestiero, volendo assegnar 
<lb/>la cagione del movimento al centro e alla circunferenza, e 
<lb/>della quiete che segue nell' acqua, il considerargli primieramiente 
<lb/>negli elementi dove naturalmente si ritrovano e non
<lb/>insieme in quelli e ne conposti Altrimenti non si farebbe la 
<lb/>dimostrazione universale &amp; erreremmno. si come di gran lunga 
<lb/>errerebbe colui che volesse dimostrar l’adifinzion del 
<lb/>Triangulo in genere, che e aver tre angoli eguali a due retti, 
<lb/>insieme di esso e dell' Equilatero. Adunque alquanto par 
<lb/>che si parta dal vero il Sig. Galileo mentre del movimento 
<lb/>de' semplici e de' corpi comnposti insieme, ne assegna la cagione. 
<lb/>Secondariamente la cagione del Sig. G. non I'ho in 
<lb/>tutto per vera. Impercioche ancorche sia manifesto, che 
<lb/>la gravita sia cagione che i corpi semplici si muovano al centro.
<lb/>non è gia vero che eglino si muovino alla circunferenza 
<lb/>spinti dalla maggior gravità del mezzo. E questo, per molte 
<lb/>ragioni. La prima è che essendo quattro gli elementi, i 
<lb/>quali sono corpi naturali fa di mestieri che abbiano quattro 
<lb/>movimenti naturali distinti fra di loro. E perchè alcun potrebbe 
<lb/>negare, che gli elementi fussero quattro ben che della
<lb/>maggior parte per lo senso apparisca non dimeno per maggiore 
<lb/>evidenza, l’abbiam voluto mostrare. E manifesto per 
<lb/>lo senso, che oltre alle altre qualità quattro parte nel mondo 
<lb/>sullunare se ne ritrovano cioè caldezza e frigidita, siccità 
<lb/>e umidità dalla cognizion delle quali sei accoppiamenti 
<lb/>si producono, cioè caldezza e siccità. caldezza e umidita, 
<lb/>frigidità e siccità, frigidità e umidita, e caldezza e frigidità, 
<lb/>e umidita e siccità. Li due ultimi accoppiamenti solo sono 
<lb/>impossibili, non potendo due contrarii ritrovarsi in un medesimo 
<lb/>suggetto, e percio rimanendo quattro accoppiamenti 
<lb/>di quelli, è necessario costituire quattro corpi naturabli, e 
<lb/>questi sono i quattro elementi. Impercioche la terra fredda 
<lb/>e seccha per lo senso apparisce l'acqua fredda e umida, I'aria 
<lb/>umida e calda. Adunque è necessario che si conceda un' altro 
<lb/>corpo semplice elementare, che il quarto accoppiamento 
<pb n="12"/>
<lb/>delle prime qualità ritengha, e questo  è il fuoco, *  il quale
<lb/>non altrimenti è come il nostro, che è una soprabbondanza
<lb/>di calidità e siccità, ma si bene un corpo semplice di sua 
<lb/>natura caldo e seccho. Se dunque sono quattro gl'Elementi
<lb/>essendo eglino corpi naturali, che per lor natural' propietà 
<lb/>debbono avere il movimento, sarà necessario abbiamo 
<lb/>quattro movimenti naturali distinti, sì come fra di loro sono 
<lb/>distinti nelle qualità. Ma concedendo solo la gravità assoluta
<lb/>come fa il S. G. non quattro ma un solo movimento naturale 
<lb/>ne concederà. A questo s'aggiugne che tutti gli Elementi, 
<lb/>salvo la terra, stieno nel propio luogo per accidente
<lb/>e sforzati; contro la propria natura e contro a quello che dice 
<lb/>il S. G. Impercioche se tutti gli Elementi son gravi, e i men 
<lb/>gravi sono spinti alla circunferenza da quelli, che hanno 
<lb/>maggior gravità, ne adiverrebbe che levando i piu gravi, i
<lb/>men gravi di lor natura al centro scendessero. Adunque 
<lb/>non sono di lor natura nel proprio luogo, ma perche la maggior 
<lb/>gravità ve gli ritiene. Come per esempio aria, che nell'
<lb/>acqua si muove verso la circunferenza, vien mossa dalla 
<lb/>maggior gravità di essa, e quando di poi è sopra di quella doverebbe, 
<lb/>come grave, muoversi al centro, ma la sua maggior 
<lb/>gravita ve la ritiene. Reducesi adunque da' principi del Si. 
<lb/>G. che fuori della terra tutti gli Elementi stieno nel propio 
<lb/>luogo per accidente. Il che apparisce falsissimo. Oltre a 
<lb/>di che si ritroverrebbe un movimento che a tutti i mobili 
<lb/>fusse fuor di natura. La qual cosa pare impossibile. Impercioche
<lb/>se il movimento alla circunferenza à quattro Elementi 
<lb/>è fuor di natura, ne seguirà quello essere fuor di natura 
<lb/>ad ogni corpo naturale, non potendo il quinto Elemento, 
<lb/>cioè il Cielo muoversi di tal maniera. Ma chi direbbe 
<lb/>giammai che un moto fusse contro natura a un mobile, se 
<lb/>non fusse secondo la natura d' un altro? Essendo di necessità 
<lb/>l'essenziale primo dell'accidentale, e il naturale del non 
<lb/>naturale. Di più non solo nel mondo essere la gravità assoluta, 
<lb/>ma ancora la leggerezza, da quello doviamo dire apparirà. 
<lb/>Quelli autori, che in tal particulare sono approvati 
<lb/>dal Sig. G. per due cagioni affermano la terra assolutamente 
<lb/>esser grave l'una si è perche ella sempre si muove verso 
<lb/>il centro e l'altra perche si concentra sotto tutti gli altri Elementi. 
<lb/>Se dunque il Fuoco si moverà sempre verso la circunferenza 
<pb n="13"/>
<lb/>e sovrasterà a gli altri Elementi, per le contrarie 
<lb/>ragioni doverra essere leggieri, come la terra di gravità positiva 
<lb/>è grave. Ma che il fuoco sempre verso la circunferenza 
<lb/>habbia il suo movimento, sensibilmente apparisce veggendolo 
<lb/>noi, non solo per la terra, e per l'acqua, ma ancora 
<lb/>sormontare velocemente per l'aria. E agevole il dimostrare 
<lb/>che il fuoco sovrasti a gli altri Elementi. Impercioche 
<lb/>un' altro corpo, più leggieri e più veloce di esso, per gl' Elementi 
<lb/>sormontare si vedrebbe. Al che si aggiugne esser necessario 
<lb/>il ritrovar nuove qualità e nuovi accoppiamenti di 
<lb/>esse per constituire questo nuovo e quinto Elemento sullunare. 
<lb/>Adunque andando sempre il fuoco verso la circunferenza 
<lb/>e sovrastando a gl' altri elementi ne segue per le contrarie 
<lb/>cagioni che egli sia leggieri di leggierezza positiva, come 
<lb/>la terra di gravità positiva è grave * finalmente, movendosi 
<lb/>la terra, e il fuoco a due luoghi contrari cioè al centro 
<lb/>e alla circunferenza, e percio di movimenti contrarii, fa 
<lb/>di bisognio che questi contrarii movimenti habbino contrarie 
<lb/>cagioni, non potendo una medesima cagione di sua 
<lb/>natura nel medesimo tempo produrre due effetti contrarii. 
<lb/>* Ma il sù, e il giù sono contrarii, non solo secondo la vostra 
<lb/>positione, come afferma il divin Platone, ma di propia natura.
<lb/>Impercioche se i contrarii son quelli che collocati 
<lb/>sotto un medesimo genere sono al possibile lontani. Al 
<lb/>certo, il sù e il giù saranno i primi contrarii, conciossiache 
<lb/>questa diffinizione de' contrarii propriamiente a' contrarii del 
<lb/>luogo s' adatta, e quindi a gli altri si estende. Adunque i contrarii 
<lb/>dell'uno cioè il sù e il giù saranno di lor natura contrarii,
<lb/>e perciò i movimenti a quelli contrarii: onde adiviene
<lb/>essere impossibile che da due contrarie cagioni, non sien 
<lb/>prodotti. Si corrobora maggiormnente questa ragione non 
<lb/>apparendo in che mnaniera il movimento al centro abbia ad 
<lb/>havere una causa positiva e quello alla circunferenza privativa. 
<lb/>Ma chi remirando la natura non vede, che quando fa 
<lb/>un contrario un altro simile, sempre ne produce? zoppica
<lb/>dunque in questo la natura, non facendo il contrario alla 
<lb/>gravità se nell' altre cose così perfettamiente adopra. Dandosi
<lb/>aduque la gravità assoluta, in consequenza seguirà che 
<lb/>diamo ancora la leggierezza assoluta. Ma se fusse vero che 
<lb/>gli Elementi superiori si movessero, spinti dalla maggior 
<pb n="14"/>
<lb/>gravità degli inferiori, ne seguirebbe che piu veloce e piu 
<lb/>agevolmente se moverebbe una picciola quantità di foco 
<lb/>dall’ aria, che una grande. E tutta via segue il contrario, 
<lb/>veggendosi sempre piu velocemente una gran fiamma ch’ una 
<lb/>picciola sormiontare. Il dire come molti fanno che questo 
<lb/>adiviene dalla maggior violenza fattale dall’ aria, che cerca 
<lb/>spignere un suo maggior contrario è una vanità. Impercioche 
<lb/>se l’aria, come corpo finito, è di forze finite è impossibile 
<lb/>ch’ella con più agevolozza alzi un corpo grande, che 
<lb/>un piciolo, avvenga che, come di forze finite ella per esempio
<lb/>può sollevare dugento mila libbre. Adunque quanto 
<lb/>piu ci accostiamo alle 2000 libre tanto piu si affatichera, e 
<lb/>sosterrà con minor forza quel peso, dovendosi arrivare a quel 
<lb/>termine preciso. E per cio piu agevolmente dovrebbe alzare 
<lb/>un peso picciolo, che un grande: il che segue al contrario. 
<lb/>In oltre, noi veggiamo che tutte le cose che si muovono naturalmente
<lb/>si muovono più veloci quanto piu s' avvicinano 
<lb/>al lor centro e al proprio luogo, e quelle che le muovano per 
<lb/>violenzia più si muovano al principio che al fine. Adunque 
<lb/>doverebbe seguire che il fuoco si moverà più velocemlente 
<lb/>vicino a terra, che vicino al suo centro, ma apparisce 
<lb/>il contrario. Di più, se tutti gl' Elementi si movessino all' in 
<lb/>sù spinti dalla maggior gravita, ne seguirebbe che vicino al 
<lb/>concavo della Luna si desse il vacuo. Imperciochè se il fuoco 
<lb/>è spinto dalla maggior gravità dell' aria, ed egli è grave, 
<lb/>ne seguirà che quando egli sarà fuori dell' aria egli piu non si 
<lb/>muova all' insù ma al centro non essendovi la virtù della maggior 
<lb/>gravità dell' aria, ma la sua natural gravità. Adunque 
<lb/>vicino al concavo della luna sarà del vacuo non essendo 
<lb/>chi vi spinga il fuoco. Per le quali cose s' è dimostrato due 
<lb/>essere l’ inclinazioni naturali, che cagionano il movimento 
<lb/>al centro e alla circunferenza, e non una, come afferma el S. 
<lb/>G. Onde è manifesto la sua cagione imparte esser vera, e in 
<lb/>parte Falsa. Vera quando dice la gravità essere cagione de' 
<lb/>movimenti al centro. Falsa mentre egli vuole, che il moto 
<lb/>alla circunferenza dalla maggior gravità si produca, il quale 
<lb/>dalla leggerezza depende. Stabiliscasi dunque per verissimo 
<lb/>fondamento, che movendosi gl' Elementi al luogo proprio, 
<lb/>dove ricevono la propria perfezione e la conservazione, 
<lb/>&amp; alcuni habbiano da natura di Fermarsi nel centro, alcuni 
<pb n="15"/>
<lb/>nella circunferenza, altri ne' luoghi di mezzo a questi 
<lb/>dalla gravità, e dalla leggerezza si muovono. La qual 
<lb/>cosa non solo confronta con la natural filosofia, ma ancora 
<lb/>con le matematiche discipline, quantunque repugni ad Archimede, 
<lb/>quindi a poco vedremo se a ragione o a torto, per 
<lb/>ora, oltre al detto, siami lecito contro a un grandissimo matematico, 
<lb/>qual fu Archimede, addurre l’ autorità d'un più 
<lb/>grande e questi è l'amirabile Tolommeo nel libro, che egli 
<lb/>scrisse de' momenti, referito da Eutocio comentator del vostro 
<lb/>Archimede, il qual libro, se per la voracità del Tempo 
<lb/>non si desiderasse, non solo per autorità servirebbe, ma ancora 
<lb/>ragion gravissime e degne di Tolomeo, in esso si scorgerebbono. 
<lb/>Dice dunque Tolommeo, che il genere del momento 
<lb/>e dell' inclinazione alla gravità e alla leggerezza si 
<lb/>estende. Il che da noi, con vivaci ragioni, è stato provato, 
<lb/>ci rimarrebbe ora a render la ragion de' Corpi composti, che 
<lb/>al centro e alla circunferenza si muovono, ma perchè ci sarà
<lb/>migliore occasione resterò di trattarne.
<lb/>"lo con Metodo differente. ( Io dunque.
<lb/>Avanti che vegniamo a considerare le dimostrazioni del 
<lb/>Sig. G. ci è paruto necessario il dimostrare, quanto sieno lontani 
<lb/>coloro dal vero che con ragioni matematiche vogliono 
<lb/>dimostrare le cose naturali de' quali se io non m'inganno è 
<lb/>il Sig. G. Dico dunque che tutte le scienze e tutte l’ arti hanno 
<lb/>i propii principi, e le proprie cagioni, per le quali del 
<lb/>propio oggetto dimostrano i propii accidenti. Quindi è che 
<lb/>non è lecito co' principi d' una scienza passare a dimostrare 
<lb/>gli effetti d' un' altra. Onde grandemente vaneggia colui, 
<lb/>che si persuade di voler dimostrare gli accidenti naturali 
<lb/>con ragion matematiche: essendo queste due scicuze tra di 
<lb/>loro dififerentissime. * Imperciocche lo scientifico naturale 
<lb/>considera le cose naturale, che hanno per propria e naturale 
<lb/>affettione il movimento. La dove il Matematico il proprio 
<lb/>suggetto astrae da ogni movimento. A quisto s' aggiungne, 
<lb/>che il naturale considera la materia sensibile de' corpi 
<lb/>naturali, e per quella rende molte ragioni de' naturali accidenti.
<lb/>E il matematico di quella niente si cura. Similmente, 
<lb/>trattandosi del luogo, il matematico suppone un semplice 
<lb/>spazio, non curando se è ripieno di questo o di quell' altro 
<lb/>corpo. Ma il naturale grandemente diversifica uno spazio 
<pb n="16"/>
<lb/>da uno altro, mediante i corpi da che viene occupato: onde 
<lb/>la velocità, e la tardità de' movimenti naturali adiviene.
<lb/>E benche il Naturale tratti delle linee delle superficie e de' 
<lb/>punti, ne tratta come finimenti del corpo naturale e mobile.
<lb/>E il Matematico astraendo d' ogni movimento, come 
<lb/>passioni del solido che ha tre dimensioni. Ma vegniamo a 
<lb/>considerare i principi così intrinsechi e cosi immediati del 
<lb/>Sig. G. da' quali dependon le cagioni de gli ainmirandi, e incredibili 
<lb/>accidenti. dalla difinizione de' suoi termini inconminciando.
<lb/>"Io dunque ( diffiniti questi termini.
<lb/>Quanto alla prima descrizione, che due pesi di mole 
<lb/>equali, che equalmente pesino, sieno equali di gravità in 
<lb/>ispecie cioè mi credo io che sieno d' una medesima spezie di 
<lb/>gravità. Il che se così è, non è al tutto vero. Impercioche 
<lb/>si può ritrovare un solido di terra equale a un solido di qualche 
<lb/>misto, che pesino equalmente tutta volta non sono della 
<lb/>medesima spezie di gravità come di sotto diremo. Nella 
<lb/>seconda descrizione, cioe che due solidi diseguali di moli, 
<lb/>eguali di peso, sieno eguali di gravità assoluta, il Sig. G. 
<lb/>non si serve di questo termnine assoluta ne come Platone 
<lb/>e gli altri antichi, che egli fa professione di seguitare, nella 
<lb/>nostra favella s' usa, imperciocche Platone chiama quella 
<lb/>gravità assoluta, che per tutti i luoghi è cagione del movimento 
<lb/>al centro, e sotto tutte I'altre gravità si profonda.
<lb/>E Dante il divin Poeta se ne serve per contrario di respettiva
<lb/>"Voglia assoluta nom consente al danno,,
<lb/>Quanto alla terza definizione del piu grave in ispecie dicendo 
<lb/>esser quello che un corpo equale di mole, pesa più par 
<lb/>che si sia alquanto ingannato. Primieramente, perchè si 
<lb/>può dare due moli di terra equali fra di loro, le quali per essere 
<lb/>l’una piu densa dell' altra pesi più, non per questo sarà più
<lb/>grave in ispecie conciosiacosa che amendue vadano al medesimo 
<lb/>centro, e perciò eguali in gravità di specie. Secondariamente
<lb/>perche due moli di terra diseguali, e di peso, e di 
<lb/>mole sono della medesima specie perche vanno al medesimo 
<lb/>centro, e non come dice il Sig. G. son fra di lor piu gravi 
<lb/>in ispecie. Dove fa di mestiero notare che il Sig. G. non 
<lb/>ha distinto la maggiore, e minor gravità in numero da quella 
<lb/>che in specie si chiama. Imperciochè, due particelle di terra
<pb n="17"/>
<lb/>equali di peso e di mole, sono della medesima gravità 
<lb/>numero movendosi al medesimio centro e con la medesima 
<lb/>velocità. La dove due particelle di terra disequali, e di mole, 
<lb/>e di peso, o solo di peso se bene andranno al medesimo centro
<lb/>tutta volta havranno disaguaglianza di velocità. Quello 
<lb/>si è detto del grave assoluto si può replicare del piu grave 
<lb/>assoluto cioè che 'I Sig. G. s'è servito male della dizzione assoluta. 
<lb/>Ma per dimostrare in che guisa si debbano descrivere 
<lb/>questi termini descritti dal Sig. G. siemi lecito alquanto 
<lb/>di digredire. Dico dunque che la gravità in genere è 
<lb/>una inclinazione del mobile a moversi al centro dalla quale
<lb/>due spezie derivano *. Gravità semplice, e gravità a predominio:
<lb/>la gravità semplice ne gli elementi si ritrova, e in tal 
<lb/>maniera si chiama perche dalla semplice natura de gli elementi 
<lb/>depende che in altre due spezie si dirama. Gravità 
<lb/>assoluta e respettiva * . Assoluta è quella, che in tutti i luoghi 
<lb/>e cagione del movimento al centro, e sotto le altre gravita
<lb/>si ritrova come la gravità della terra respettiva quella 
<lb/>che non in tutti i luoghi cagiona il movimento al centro, e 
<lb/>ad altre gravità sovrastà, come quella dell' acqua, la quale 
<lb/>ancora in altre due spezie si divide. cioè gravità respettiva 
<lb/>ad un luogo come quella dell' acqua, e a piu luoghi come
<lb/>quella dell’ aria. Quella divisione, che della gravita semplice 
<lb/>si è fatta si può adattare alla gravità a predominio. Si dee 
<lb/>bene avvertire, che molta differenza si ritrova fra queste 
<lb/>due gravita. Imperciochè, come si e detto, la semplice dalla 
<lb/>semplice natura de gli elementi depende, Ia dove quella a 
<lb/>predominio dalla mistura de' quattro elementi si genera. E 
<lb/>perciò essendo nel misto i quattro elementi sempre quello 
<lb/>che sarà a predominio terreo, sarà men grave della terra se 
<lb/>bene fussino equali di mole. Quantunque * per accidente, 
<lb/>come nell' oro e nel piombo altrimenti adiviene. Ma segue 
<lb/>questo, perchè mediante l’ umido le parti terrestre si condensano
<lb/>di maniera, che in equal mole di piombo sono piu parti 
<lb/>terrestre che nella terra semplice non si ritrovano, onde 
<lb/>quelle possono contrappesare quelli elementi leggieri, che 
<lb/>sono nel misto. Segno ne sia di ciò, che levando via l’ umido, 
<lb/>la materia del piombo divien piu leggieri della terra, come 
<lb/>nella schiuma di esso struggendolo apparisce. Da questo 
<lb/>nostro discorso ottimamente si può descrivere i termini 
<pb n="18"/>
<lb/>definiti dal Sig. Gal. Quello che egli chiama grave assoluto
<lb/>si dee chiamare grave in genere e piu grave, e men grave 
<lb/>assoluto più è men grave in genere. Equalmente grave in 
<lb/>ispezie chiamerò quelle cose, che di qual si voglia mole si 
<lb/>moveranno al medesimo centro, come in ispezie di gravità 
<lb/>assoluta egualmente saranno gravi tutte le sensibili particelle 
<lb/>di terra, e di respettiva. Quelle dell’ acqua. Più grave 
<lb/>di spezie quelle, cose che si muovono più verso il centro 
<lb/>del mondo, come la terra piu grave in ispezie dell' acqua l’ acqua 
<lb/>dell'aria, e l’ aria men grave dell'una, e dell'altra. E egualmente 
<lb/>grave di gravità in numero si deon chiamare quei solidi, 
<lb/>che essendo equali di mole sono equali altresì di peso,
<lb/>come una zolla di terra essendo equale di mole e di peso, sarà 
<lb/>della medesima gravità di numero. Più grave in numero 
<lb/>può essere in due modi, il primo quando una mole della 
<lb/>medesima spezie è maggiore dell'altra: pesa piu, il secondo
<lb/>quando essendo due moli della medesima spezie l’ una per 
<lb/>essere più densa dell’ altra, è più grave. E questo che abbiamo 
<lb/>detto della gravità, si può adattare alla leggerezza. Il 
<lb/>che mi metterei a dimostrare ma per non abusar la cortesia
<lb/>del lettore per brevità lo tralascero.
<lb/>"Definiti questi termini ( esplicate queste cose.
<lb/>A questi due principii presi da Archimede nel primo libro 
<lb/>del centro della gravità si dee aggiugnere, volendogli 
<lb/>adattare alle cose naturali, che lo spazio per lo quale si deono 
<lb/>muovere i mobili sia ripieno del medesimo corpo. Impercioche
<lb/>se una bilancia si dovessi muovere per l’ aria, e l’ altra 
<lb/>per l’ acqua, è impossibile ch' elle si muovano nel medesimo 
<lb/>tempo per ispazii eguali, per la maggiore e minore resistenza 
<lb/>del mezzo, che occupa i sopraddetti spazii. La 
<lb/>qual cosa, quando dal Sig. G. s' aggiugnerà saranno questi 
<lb/>suoi principii verissimi, e perciò facilmente da me si concederebbono, 
<lb/>quantunque Aristotile avesse detto il contrario 
<lb/>riguardando alla verità delle cose, e non alla autorità di 
<lb/>Aristotile. Quanto alla nuova aggiunta, nella quale il Si. 
<lb/>Gal. dichiara quello significhi monento pare sia alquanto 
<lb/>manchevole, non ci numerando una significazione ch’ al 
<lb/>suo discorso faceva più di mestiero. E questa è che ‘l momento
<lb/>denota quella potenzia e quella abilita naturale, che 
<lb/>hanno immobili a esser mossi. si come la gravità, e la leggerezza 
<pb n="19"/>
<lb/>al moto de gli Elementi. La qual significazione non 
<lb/>solo è in uso appresso Arist. e Platone, ma appresso i vostri 
<lb/>mecchanici conciossiache Eutocio ne' comenti de' Libri 
<lb/>d'Archimede si serva di questa significazione, dicendo. Il 
<lb/>genere del momento Aristotile e Tholomeo, che l'ha seguitato, 
<lb/>dicono che non solo s' appartiene alla gravità (come 
<lb/>vuol Platone) ma alla leggerezza, ancora.
<lb/>"Esplicate queste cose ( Ma perche tali cose.
<lb/>Dice dunque il Sig. G. che il mobile, quando si muove 
<lb/>per l’acqua verso il centro, dee scacciare tanto d' acqua, quanto 
<lb/>è la propia mole, al qual movimento l’acqua, come corpo 
<lb/>grave resiste, le quali cose pare, che abbiano bisognio di 
<lb/>gran moderazione. * Imperoche dice bene Aristotile, che 
<lb/>il mobile, profondandosi nell' acqua, dee alzare tanta acqua, 
<lb/>quanto è la sua mole, ma vi aggiugne se però l'acqua è quel 
<lb/>mobile non si costiperanno insieme, e quindi avviene che
<lb/>molti solidi, nel sommergersi nell' acqua, non alzeranno la 
<lb/>ventesima parte di essi, altri piu, e altri meno, secondo che 
<lb/>fra di loro s' uniranno. Quanto alla resistenza che fa I'acqua 
<lb/>a quel movimento, quando si alza sopra il propio livello, 
<lb/>ch'ella fusse molta non torrei io già a sostenere. Imperciochè
<lb/>se bene l’acqua aI movimento all' insu, come corpo grave
<lb/>è renitente, tutta volta in questa nostra azione ella non 
<lb/>muta in tutto e per tutto luogo, ma si benie ne perde alquanto 
<lb/>di sotto e altrettanto n'acquista per di sopra * ed essendo
<lb/>ella di sua natura corpo atta ad essere grave, e leggiero
<lb/>quando è nel propio luogo, come di sotto diremo, può da 
<lb/>ogni minima forza esser mossa al centro e alla circunferenza.
<lb/>Il perche ella a questo movimento pochissimno resiste,
<lb/>la qual cosa vien dimostrata da sensibile esperienza, che una 
<lb/>gran massa di cenere, che nel sommergersi nell' acqua, alza 
<lb/>il suo livello poco, o niente, doverebbe muoversi piu velocemente 
<lb/>d' altrettanta materia soda, anzi non havendo resistenza 
<lb/>l’ acqua all' e ssere alzata, e non ci essendo secondo il 
<lb/>Sig. G. altra resistenza, munoversi inistante, la dove ella piu 
<lb/>tardi che altra materia soda, e dura si muove. E percio non 
<lb/>si dee far grande stima di questa resistenza, se però nell' acqua 
<lb/>si ritrova, nel considerare i movimenti, che seguono ne l’acqua. 
<lb/>Della quale servendosi il Sig. G. lasciando da parte la
<lb/>vera e natural resistenza de gli elenienti non e maraviglia,
<pb n="20"/>
<lb/>che alle volte convenghiamo nelle conclusioni e discordiamo nelle cause.
<lb/>"Ma perche tali cose profferite.
<lb/>Seguirebbe ora, ch'io considerassi dimostrazione, per dimostrazione, 
<lb/>e di esse proposizione per proposizione. Ma 
<lb/>perche tutte queste sue dimostrazioni son fondate sopra principii 
<lb/>falsi. Per non perdere tempo invano, ho giudicato esser 
<lb/>bene il tralasciare questa faticha, il che sarà facile il dimostrare. 
<lb/>Il primo principio è ch' egli non fa la sua dimostrazione 
<lb/>universale. Impercioche, egli dimostra il movimento 
<lb/>de gli elementi e de i misti sotto una medesima dimostrazione, 
<lb/>e per una medesima cagione, la qual cosa quanto 
<lb/>sia falsa abbiamo gia detto. Il secondo è che egli vuol 
<lb/>dimostrare le cose naturali con mathematiche ragioni.
<lb/>A questo s' aggiugne, che egli suppone per vero che nel mondo 
<lb/>sublunare non sia leggerezza positiva, e che gli elementi 
<lb/>si muovono alla circunferenza, spinti dalla maggior gravità 
<lb/>del mezo. Di piu non vuole che l’ acqua, come corpo 
<lb/>solido habbia resistenza all' essere divisa. Il che essere falso 
<lb/>vedremo nel luogo dove il Sig. G. ne tratterà Bastici per 
<lb/>ora una sensibile esperienza fatta dal Sig. G. cioè, che con 
<lb/>manco forza si muove una mano nell' aria, che nell' acqua.
<lb/>Onde apparisce essere alquanto di resistenza e nell' acqua, e 
<lb/>nell' aria, ma più in quella, che in questa. Nel quinto luogo
<lb/>egli fa grande stima della resistenza dell' acqua, all' essere 
<lb/>alzata sopra il proprio livello che non è nulla, e se pure 
<lb/>e' non è sensibile. Il sesto che egli nel difinire i suoi termini
<lb/>de' quali si serve in queste dimostrazioni, si parte molto 
<lb/>dal vero. Onde faceva molto meglio in questa sua nuova 
<lb/>edizione a pigliare fondamenti e principii veri ò a dimostrare 
<lb/>veri quelli, di che si era servito, che accumulare nuove e 
<lb/>false dimostrationi. Il che è appunto maggiormente confermarsi 
<lb/>nella sua opinione. Essendo dunque le dimostrazioni 
<lb/>del Sig. G. falsissime, come dipendenti da falsi principii, 
<lb/>ci resta a dimostrare le cagioni di quei problemi che 
<lb/>dal Sig. G. son proposti, li quali da noi si debbano addurre 
<lb/>per dimostrare, che non ci siamo messi a questa impresa non solo 
<lb/>per contradire per alcuna malevoglienza, o per alcuno lividore 
<lb/>di invidia, ma bene per dimostrare la vera ragione 
<lb/>delle cose. La cagione onde il Sig. G. si è mosso à scrivere 
<lb/>queste sue dimostrazioni è stata com'egli dice per render la 
<pb n="21"/>
<lb/>causa. Onde avviene che dieci libbre di acqua possono reggere 
<lb/>cinquanta o cento libbre di peso, verbigrazia una trave 
<lb/>che pesi il gia detto nuruero. Il che da lui è stato stimato 
<lb/>accidente maraviglioso e ragguardevole. E non si è maravigliato, 
<lb/>in che modo la terra possa sostenere i tre elementi 
<lb/>supeniori, che quasi infinito l’ eccedano supponendo secondo 
<lb/>la dottrina di Platone, che tutti i corpi sullunari sieno 
<lb/>gravi. * Tutto quello che sotto il Cerchio Luna si 
<lb/>muove, e si quieta o e semplice elemento, e mistura de gli 
<lb/>elementi. Per qual cagione i semplici elementi al proprio 
<lb/>luogho si muovino, e in quello si quietino, già si è detto, che 
<lb/>per la gravità, e per la leggerezza hanno questi naturali accidenti. 
<lb/>Quindi deve mancare ogni maraviglia in che modo 
<lb/>adiviene che l’ acqua sopra la terra si sostenga, essendo per 
<lb/>entro quella verso la circunferenza si muova, &amp; l’aria, rispetto 
<lb/>all' acqua, e il fuocho all' aria, Impercioche sendo l’ acqua
<lb/>leggieri in comparatione della terra, e l’ aria all' acqua e ‘l fuocho 
<lb/>all' aria, non solo e maraviglia che sopra quelli si quietino, 
<lb/>e in quelli alla circunferenza si muovino, ma gran 
<lb/>stupor sarebbe, che eglino al contrario adoperassino. Adunque
<lb/>per una innata inclinatone adiviene che gl' elementi 
<lb/>nel lor luogo si fermino, e fuor di esso ritrovandosi a quello
<lb/>si muovino, che in due spezie, gravità, e leggerezza si 
<lb/>dirama, l’una delle quali al centro partorisce il movimento, 
<lb/>e l’altra alla circunferenza. Quello habbiamo detto de gli 
<lb/>elementi si può dire de i misti, solo questa differenza ci si 
<lb/>può considerare, che la gravità, e la leggerezza ne seplici da 
<lb/>la loro natura adviene e ne i composti da l’elemento che nella 
<lb/>mistura ha il predominio verbigrazia se l’ elemento predominante 
<lb/>sarà grave assoluto, il composto ancho egli haverà la medesima 
<lb/>affettione, in tanto differente, quanto nel semplice non vi sarà 
<lb/>amista leggerezza alcuna, e nel misto qualche leggerezza
<lb/>per l’ elementi leggieri sempre vi si troverra similmente se egli 
<lb/>leggieri assoluto, o respettivo, e finalmente quasi nella maniera,
<lb/>che sarà il predominante sarà ancora il misto. Onde agevolmente 
<lb/>si deduce la cagione perche una trave di 500 libre sarà 
<lb/>sostenuta e sollevata da 10 libbre di acqua. Imperciocche 
<lb/>essendo la trave aerea a predominio, e l’aria nell' acqua essendo 
<lb/>leggieri doverrà la trave come leggieri sopra l’acqua di 
<lb/>sua natura sollevarsi, solo harà bisognio di tanta acqua, che 
<pb n="22"/>
<lb/>possa compensare il terreo, de gli Elementi gravi che nella
<lb/>trave si ritrovano. Questa e la cagione del tanto amirando
<lb/>Problema del Sig. G. e dove egli imipieghò tanto tempo, e 
<lb/>tanta faticha. Mi resta bene a me ora un più difficile problema
<lb/>che per non lasciare cosa alcuna indietro che alla nostra 
<lb/>dubitatione s' appartengha, da me si spiegherà. E quest' 
<lb/>è perchè una trave di cento libbre nell' aria è più grave di 
<lb/>gravità in genere, che un danaio di piombo, e nell' acqua, il 
<lb/>piombo, divien grave, e la trave leggieri. Segno ne sia 
<lb/>di ciò, che la trave nell' aria, si muove all' ingiù più velocemente 
<lb/>ch' il piombo, e nell' acqua il piombo conserva il medesimo 
<lb/>movimento e la trave si muove all' insu. Per le explicazione 
<lb/>di questo problema, si deve avvertire, che nel luogho 
<lb/>dell' aria * tre sono gl' elementi gravi, come di sotto 
<lb/>si dimosterrà, cioè terra, acqua, e aria, &amp; uno leggiero, la 
<lb/>dove nell' acqua, due sono i leggieri, aria e fuocho, e due gravi, 
<lb/>acqua, e terra. Componendosi dunque la trave e il piombo,
<lb/>de quattro Elementi, e nella trave prodominando I'aria
<lb/>che già secondo habbian detto nel propio luogho e grave accomompagnandosi 
<lb/>con gl' altri dua elementi gravi viene a rendere 
<lb/>la trave colma di gravità ma nell' acqua che l’aria è leggieri
<lb/>accompagnata dal fuocho superando di gran lunga i 
<lb/>due elementi gravi, divien leggieri. La dove il piombo nel 
<lb/>quale la terra predomina, che in tutti i luoghi è grave sempre 
<lb/>in tutti i luoghi mantien la sua gravità, e percio nell' acqua, 
<lb/>e nell'aria si muove al centro; ma nell' aria la sua gravità 
<lb/>assoluta per essere si pocha rispetto alla trave, essendo il 
<lb/>piombo un danaio, e Ia trave cento libbre, vien superata 
<lb/>da la gravità della trave e perciò nell' aria si muove all' ingiu 
<lb/>piu veloce che ‘l biombo, e nell' acqua, non solo non si muove 
<lb/>in tal guisa: ma di contrario movimento. Queste son le
<lb/>cagioni vere &amp; essenziali del natural movimento e della 
<lb/>quiete de i corpi semplici e de i misti di essi, e non quelle che 
<lb/>Archimede e il Sig. G. adducano come per molte ragioni 
<lb/>già si è dimostrato. Seguirebbe, che vedessimo se il Sig. G. 
<lb/>come si da ad intendere difende Archimede dal Buonamico
<lb/>ma perchè dalle sue dimostrationi il Sig. G. impugnando 
<lb/>Aristotile nella prima edizione un corollario contro a di 
<lb/>lui ne deduce, e nella seconda credendo, che noi non ce ne 
<lb/>fussimo avveduti ci ha voluto per sua grazia citare il propio 
<pb n="23"/>
<lb/>luogho. Dice dunque il Sig. Gal. che una nave equalmente 
<lb/>puo galleggiare in dieci botte d' acqua, quanto nel
<lb/>l' immenso oceanno e perciò che deve cessare la falsa opinione 
<lb/>di coloro, che tengano altrimenti accennando di Arist. 
<lb/>come egli nella seconda edizione dichiara. Nella qual cosa 
<lb/>io desidererei nel Sig. Galileo un pocho piu di quella modestia 
<lb/>Filosoficha, essendo che egli di tal nome si va adornando,
<lb/>e di poi non adopra conforme al nome, il che nondimeno 
<lb/>voglio rimettere a miglior giudizio. E venendo alla dubitazione
<lb/>dico al Sig. G. che non solo questa sua opinione, 
<lb/>e contro d' Arist. ma contr' il senso. Impercioche egli in 
<lb/>quel problema, propone di ricercare la causa, perche le navi 
<lb/>galleggian piu in alto mare che vicino a lito e importo.
<lb/>Il che ad Arist. era notissimo, per esperienza. Onde si deve 
<lb/>avvertire che il voler dimostrare contra il senso, e debolezza 
<lb/>d'ingegno che delle cose sensibili è il vero compasso, 
<lb/>e il vero cognioscitore. E percio il Sig. Gal. doveva far la 
<lb/>esperienza, o addurre altri che l’havessi fatta, e non volere 
<lb/>con ragioni mostrare il contrario. Impercioche quando io 
<lb/>veggo una qualche cosa, se, uno mi volessi con ragioni dimostrare 
<lb/>altrimenti, io gli direi ch' egli vaneggiassi. E tanto 
<lb/>maggiormente si può dire in questa dubitazione, quanto 
<lb/>ella dalla ragione è accompagnata. Impercioche essendo 
<lb/>l’acqua, un corpo continuo, che ha virtù al non esser diviso
<lb/>come di sotto diremo, piu agevolmente si dividera un picciolo,
<lb/>ch’ un grande, anzi essendo come vuole il Sig. G. ancora 
<lb/>contigua più agevolmente si separerà un contiguo picciolo 
<lb/>ch’un grande. Conciosia che un grande, è composto di 
<lb/>più parti, e volendo muovere, in dividendolo per il mezzo, 
<lb/>le parte del mezzo, sarà necessario, che quelle muovino 
<lb/>le seguenti, onde essendo più parti in un grande ci vorrà 
<lb/>maggior forza, &amp; egli harà maggior virtù, e perciò sosterrà 
<lb/>piu ch’ un picciolo. Adunque il Sig. G. potrà fare la contraria 
<lb/>esperienza, e in quella maniera cesserà la falsa opinione 
<lb/>d'Arist. altrimenti seguira al contrario, che da tutti mi credo 
<lb/>io sarà la sentenzia di Arist. estimata verissima; e falsa 
<lb/>quella del Sig. Galileo. Queste dunque sono le vere cagioni 
<lb/>de i movimenti, e delle quiete naturali che si fanno nell' 
<lb/>acqua. Onde dirittamente, s' io non mi inganno fu ripreso 
<lb/>Archimede dal Sig. Francesco Buonamico nel 5. libro del moto
<pb n="24"/>
<lb/>cap. 29. Ma veggiamo se bene dal Sig. G. si difende.
<lb/>,,Ma perche tal Dottrina. ( Lascia.
<lb/>Era ben ragionevole, ch’ il Sig. G. difendesse Archimede
<lb/>come quello che seguitava la, sua oppinine, ma non perche 
<lb/>l’ autorita del Buonamico, Filosofo veramente celebre de' 
<lb/>nostri tempi, potesse render dubbio il parere d'Archimede,
<lb/>che al certo è tanto esquisito, e celebre Mateinatico, quanto 
<lb/>egli Filosofo, e forse più, ma perche le sue ragioni cio harebbono 
<lb/>potuto adoperare.
<lb/>,,Lascia il Buonamico (Questo è quello.)
<lb/>Notisi dal Sig. G. che le ragioni, che dal Sig. Franc. Buonamici 
<lb/>sono addotte, non sono tutte contro ad Archimede, 
<lb/>ma alcuna di loro è principalmente contro a Seneca. Il che 
<lb/>dimostrano e le parole di esso nel fine del capitolo antecedente
<lb/>nelle quali egli riferisce l’oppinione di Seneca circa a 
<lb/>un problema. onde avveniva ch’ uno stagno in Siria si ritrovava.
<lb/>nel quale non si possano profondare i mattoni; ancor 
<lb/>che vi fussero gettati dentro e il principio di questo capitolo
<lb/>dicendo: Verum libet hic paulisper immorari, et causas a doctissimis 
<lb/>viris allatas diligentius explorare. Ssi deve avvertire di 
<lb/>più che queste ragioni sono tre e non quattro. come vuole il 
<lb/>Sig. G. Imperciochè quello che il Sig. G. mette per il primo 
<lb/>argumento non è argumento alcuno. ma un semplice parere
<lb/>del Buonamico intorno alla doctrina d'Archimede e d'Aristotile, 
<lb/>dicendo che non gli pare che la dottrina d'Archimede 
<lb/>confronti con quella d'Aristotile Ma non per questo 
<lb/>lo biasima o impugna. e per cio replicando alla risposta del 
<lb/>Sig. G. dico ch' egli era benissimo manifesto al Buonamico 
<lb/>che l’ essere solo discorde la dotrina d' Archimede da quella 
<lb/>d' Aristotile non dee muovere alcuno ad averla per sospetta, 
<lb/>essendo, per Testimonio d'Aristotile a tutti notissimo che
<lb/>nel ricercare la ragione delle cose che egualmente sono esposte 
<lb/>all' intelletto di ciascheduno l’autorità perde ogni autorità. 
<lb/>onde egli soggiugne ragioni che possono persuadere 
<lb/>tal cosa a ogni purgato ingegno. E dunque la prima ragione
<lb/>che egli pare inpossibile, che l’acqua superare la gravità 
<lb/>della terra. essendo chiaro che l’acqua divien più grave per 
<lb/>la participatione di essa. Secondariamente dice che le sopra
<lb/>dette ragioni non gli sodisfanno se si vuol render la cagione 
<lb/>per che un vaso di legno, e un legno che di sua natura stia 
<pb n="25"/>
<lb/>à galla, quando e ripieno d' acqua se ne vadia al fondo. Nel 
<lb/>terzo luogo che Aristotile ha chiaramnente confutato gl' antichi
<lb/>che dicevano che il movimento dei corpi leggieri, al 
<lb/>propio luogo si faceva dalla pulsione degli elementi gravi
<lb/>donde ne seguiva necessariamente che tutti corpi fuissino 
<lb/>gravi secondo la natura. Di poi soggiugne non so che della 
<lb/>pulsione della parte della Terra la quale, per che poco importa 
<lb/>alla nostra dubitazione e perche non1 s'impugna dal 
<lb/>Sig. G. hò giudicato bene il tralasciarla.
<lb/>,,Questo è quello. (Però passo.
<lb/>Queste son le ragioni ch' il Buonamico adduce contro ad 
<lb/>Archimede e contro a Seneca. Non so gia con che ragione 
<lb/>dica il Sig. G. che il Buonamico non si ècurato d' atterrare 
<lb/>i principii d'Archimede e le sue supposizioni ma solo addurre 
<lb/>alcuni inconvenienti alla dottrina d'Aristotile, s' egli adduce 
<lb/>Aristotile che tutti questi principii d'Archimede haveva
<lb/>atterrati anzi quando egli dice che Archimede vuole gl' 
<lb/>elementi superiori si muovessero all' insu dall' elementi più
<lb/>gravi non adduce egli inconvenienti alla natura? essendo
<lb/>manifesto che dalla lor leggerezza si muovono. II che a ragion' 
<lb/>potrei bene io dir d'Archimede e del Sig. G. che negli 
<lb/>elementi tolgono la leggerezza positiva, e il movimento naturale 
<lb/>all' insu, e non dimeno avanti a loro era stato Aristotile
<lb/>ch' altrimenti aveva dimiostrato. Imperciochè Aristotile 
<lb/>visse sino alla cenquattordici olimpiade regnando nella grecia
<lb/>Antipatro l’ anno .3660. dalla creation' del mondo ed Archimede 
<lb/>visse sino al terzo anno dell' olimpiade .141. essendo 
<lb/>consolo Marco Marcello l’anno .3771. con tutto ciò eglino 
<lb/>non impugnano i suoi principi che è necessario sien 
<lb/>falsi se e falsa la sua dottrina.
<lb/>,,Però passo.
<lb/>Venendo dunque alla prima ragione, cioè alla repugnanza
<lb/>che l’ acqua sia più grave della terra. la quale senza dubbio 
<lb/>alcuno è detta principalmente contro a Seneca, che havendo 
<lb/>narrato che in Siria si ritrovava uno stagno dove i mattoni 
<lb/>non si possano affondare diceva cio avvenire perche quell' 
<lb/>acqua era più grave della terra. Il che il Buonamnico l’ha 
<lb/>per inconveniente si come ancora afferma il Sig. G. vedendo 
<lb/>noi che l’ acqua divien più grave mescolandosi con la terra. 
<lb/>Anzi è inconseguenzia contro d'Archimede, Imperciochè 
<pb n="26"/>
<lb/>se è vero quello ch' egli suppone che le cose restano di sopra 
<lb/>l’ acqua per essere più leggieri che essa non è i miattoni che 
<lb/>son' di terra fanno questo effetto adunque la terra galleggia
<lb/>che è più legieri percio può il S. G. assua posta lasciare Ia doctrina 
<lb/>d'Archimede come falsissimna. Questa dunque e la maniera 
<lb/>di dire questa consequenzia del Buonamico e non quelle 
<lb/>del Sig. G. la qual cosa essendo stata detta a certi mia amici 
<lb/>e padroni fù riferita al Sig. G. onde egli nella seconda edizione 
<lb/>risponde che questo effetto è per suo creder favoloso.
<lb/>e percio non è, non essendo in rerum natura, contro ad Archimede. 
<lb/>Il che  mi da segno d'uomo forse troppo vago di contradire.
<lb/>Imperciochè se noi non vogliamo credere agl' autori 
<lb/>degni di fede, come sono Seneca, Aristotile, Plinio, Solino 
<lb/>e altri fa di mestiero che vediamo le cose essere altrimenti
<lb/>e non dire io l’ho per favolose, non sapendo d' esse 
<lb/>cosa alcuna. Non direi io gia che l’acqua di quel lago della 
<lb/>Siria non sia acqua del comune elemento. Imperciochè se 
<lb/>differenza alcuna ci è e solo accidentale, essendo ella più viscosa 
<lb/>dell' altre. Sicome l’ acque dei bagni e l’ acqua del mare
<lb/>non si dee dire che non sieno acque del comune elemento, 
<lb/>quantunque quelle habbino molte qualità diverse, e questa
<lb/>sia salata e piu grossa. Quale è dunque questo doppio errore 
<lb/>del Buonamico poiche dai principi d'Archimede si deduce 
<lb/>questa consequenza e Seneca che adduce questa sperienza la 
<lb/>dice dell’ acqua del comune elemento, Diciamo dunque 
<lb/>che i Mattoni si quietano sopra quel lago della Siria perche 
<lb/>non possano superare la continuita di quell' acqua. Impercioche
<lb/>essendo ella bituminosa, e percio viscosa, e tenace viene 
<lb/>aver tanta virtù che ella puo sostenere e mattoni in essa
<lb/>gettati.
<lb/>,,Era la terza difficultà ( quello finalmente.
<lb/>Anzi la Seconda che si fonda sopra due esperienzie del 
<lb/>Buonamico cioè che non si puo render la ragione, perche
<lb/>un vaso e un legno quando saranno ripieni d' acqua se ne andranno 
<lb/>infondo e quando saranno voti staranno a galla. In
<lb/>rispondendo a questa ragione il Sig. G. niega la prima esperienza
<lb/>e s' io non m' inganno attorto. Inmperciochè, si come dice 
<lb/>il Sig. G. si puo di legno, che per sua natura galleggi far 
<lb/>barche le quali ripiene d' acqua si sommnergano. Il dire che 
<lb/>questo adiviene mediante il peso dei ferramenti di che ella 
<pb n="27"/>
<lb/>è composta non è in tutto sicuro. Imperciochè il legno è tanto 
<lb/>più leggieri dell’ acqua che puo sostenere sopra di essa 
<lb/>molto peso, come si dimostra per i foderi quali si servivano 
<lb/>gl' antichi incambio di navi per tragettare mercanzie da luogo 
<lb/>a luogo, onde io direi che il ferro di che son' composte 
<lb/>le barche non potesse cagionare che elleno si profondassino,
<lb/>il che vien confermato da una sperienza d' Cav. degni di fede
<lb/>che nella Germania nel danubio si fanno barche senza
<lb/>ferramenti le quali ripiene d' acqua si profondano. Anzi ho 
<lb/>esperimentato io che preso un vaso di legno e messovi dentro 
<lb/>tanto piombo che riduca il vaso all' esquilibrio dell' 
<lb/>acqua, che egli ripieno d' acqua se ne andra affondo e voto restera
<lb/>a galla, ne si puo replicare che egli sia l’ aria che lo tiene 
<lb/>a galla. Impercioche dividendosi detto vaso e a ciascuna
<lb/>parte dandogl' egual porzione di piombo, tutte stanno a galla,
<lb/>onde apparisce che il vaso sta a galla per la sua leggerezza
<lb/>e non per quella dell' aria. Anzi quando la esperieuza del 
<lb/>Sig. Buonamico non fusse vera tuttavia il suo argomento resterebbe 
<lb/>in vigore. Imperciochè secondo la sentenzia d'Archimede 
<lb/>e del Sig. G. l’acqua nell' acqua non gravita, onde 
<lb/>non possono render la ragione, onde avvenga che qualche 
<lb/>cosa posta nell' acqua ripiena di essa pesi piu che la materia di 
<lb/>che ella è composta. Si come si vede pigliandosi due moli 
<lb/>di piombo eguali di peso, l’una delle quali assottigliandola 
<lb/>se ne faccia un vaso entro al quale si possa racchiudere dell'acqua
<lb/>dico che piu pesa quel vaso che quella materia di che 
<lb/>egli è composto. Adunque non è dubbio alcuno che la ragione 
<lb/>del Buonamico è verissimia ancorchè la sperienza sia 
<lb/>falsa, il che come si è detto non pare. Quanto alla Seconda 
<lb/>esperienza del legno ripieno d' acqua che il Sig. G. vuole attribuire 
<lb/>al discacciamento che fa l’ acqua del aria che è in 
<lb/>quel legno onde quello era leggieri divien grave, Deve 
<lb/>avvertire che non solo questo segue di legni assai porosi ma 
<lb/>ancora nella quercia che è legnamne molto denso della quale 
<lb/>alcuna volta inzuppata va al fondo e asciutta se ne sta a galla,
<lb/>ma quando seguisse dei legni molto porosi non dimeno si deve 
<lb/>avvertire che non solo l’aria si parte che di sua natura è leggieri, 
<lb/>ma ancora vi resta l’acqua che è grave come si è detto. 
<lb/>Adunque il Sig. G. e Archimede, che non concedano che l’acqua 
<lb/>graviti non possano render piena ragione di questo 
<lb/>accidente.
<pb n="28"/>
<lb/>,,A quello finalmente che viene opposto S' il vento australe.
<lb/>Era la terza ragione del Buonamico, che Aristotile haveva 
<lb/>confutato gl' antichi, che volevano, ch' il movimento de 
<lb/>gli elementi leggieri al suo luogo si producesse dalla pulsione 
<lb/>de i piu gravi, Entro ai quali si comprenda Archimede. Alla 
<lb/>qual ragione, il Sig. G. risponde primieramente che gli 
<lb/>pare che il Buonamico imponga ad Archimede piu che egli 
<lb/>non ha detto e più che da suoi argumenti non si puo dedurre.
<lb/>E non dimeno egli stesso da i principi d'Archimede chiaramente 
<lb/>lo deduce, dicendo che l’ eccesso della gravità dell' 
<lb/>acqua è cagione che il mobile venga a galla. Il che non è altro 
<lb/>se non che gli elementi men gravi son mossi all'insu dagl'
<lb/>elementi piu gravi, verbi grazia l' aria nell' acqua è spinta dalla 
<lb/>maggior gravità di essa, e percio si muove all' insu, donde 
<lb/>ne seguita ancora ch'egli tolga via la leggerezza positiva,
<lb/>perche s'egli la concedesse, egli cognoscendo la verace cagione
<lb/>ne addurrebbe una falsa, anzi era necessario ch'Archimede 
<lb/>la cognoscesse essendo stato piu di .100. anni doppo 
<lb/>Aristotile Nel qual tempo fioriva la dottrina peripatetica
<lb/>Adunque se altrimenti fusse, Archimede addurrebbe una cagion'
<lb/>falsa sapendo la vera, la qual cosa non par credibile, onde 
<lb/>fa di bisognio, ch' egli cognoscendola, non la tenesse per 
<lb/>vera, perilche è manifesto ch'Archimede negava la leggerezza 
<lb/>positiva.
<lb/>,,Se il Vento australe. Mal quando
<lb/>Veggiamo ora ch' il Sig. G. muta i termini per dimostrare 
<lb/>che Archimede non negava, ne concedeva la leggerezza positiva
<lb/>se egli osserva quelle regole che in tal cosa si devano osservare
<lb/>egli dunque in vece del movimento alla circonferenza
<lb/>piglia il movimento d'una barcha Incanbio del movimento 
<lb/>al centro, il vento australe verso mezzo giorno incanbio 
<lb/>della maggior gravità dell'acqua l’ impeto dell' acqua 
<lb/>d' un flume, la leggerezza positiva il vento borea, Dicendo
<lb/>che s' uno dicesse se il vento australe feriva la barcha 
<lb/>con maggiore impeto che non è la violenza del flume che 
<lb/>la trasporta a mezzo giorno, la barcha si movera a tramontana,
<lb/>ma se l'impeto del fiume prevarra a quel del vento il moto 
<lb/>suo sara verso mezzo giorno, Il discorso è ottimo e immeritamente 
<lb/>sarebbe biasimato, e chi dicesse che malamente 
<lb/>s' adducesse per cagion' del movimento della Barca verso 
<pb n="29"/>
<lb/>mezzo giorno il corso del fiume perche ancora il vento Borea 
<lb/>potrebbe questo tale effetto cagionare, non pare ch'intutto 
<lb/>si avicinasse al vero. Impercioche colui che produce il corso 
<lb/>del fiume come cagione di quel movimento non nega 
<lb/>che anchora il vento Borea non potesse produrre questo accidente, 
<lb/>Ma non, cosi appunto avviene ad Archimede. Impercioche, 
<lb/>e verissimo ch' l’ impeto dell' acqua che il vento 
<lb/>Borea possano essere &amp; sono vere cause di quel movimento, 
<lb/>Ma non è gia vero che la maggior gravita dell' acqua possa 
<lb/>muovere le cose men gravi di essa. E percio, in mutando i 
<lb/>termini il Sig. G. non osserva le regole, Impercioche i termini 
<lb/>mutati devano havere le medesime condizioni con 
<lb/>quei che si mutano. Adunque sendo tutte vere le cagioni 
<lb/>del movimento della barcha, e di quelle del movimento in 
<lb/>recto che segue nell' acqua alcune vere è alcune false onde
<lb/>non osservando le regole il Sig. G. in questo suo Iungo discorso 
<lb/>viene a non provare cosa alcunia, sieno, dunque per questo 
<lb/>l’arme del Buonamico non solo contro Platone e gl' altri 
<lb/>Antichi ma ancora contro Archimede indrizzate poich 
<lb/>ancorca egli da cagione di essere impugnato.
<lb/>,,Ma quando (Diro solamente.
<lb/>Egli non è dubbio alcuno, che questa difesa del Sig. G. a 
<lb/>molti parra scarsa per poter difendere Archimede dagl' argomenti 
<lb/>d'Aristotile, Impercioche ancora lui viene impugnato 
<lb/>dalle sua ragioni, E percio se il Sig. G. non diffida di poter 
<lb/>difendere l’ oppenione degl' antichi, ora è tempo di farlo
<lb/>Ma a mè pare ch' in un momento questa sua confidenza sia svanita,
<lb/>lmpercioche egli doveva soddisfare alle ragioni d'Aristotile
<lb/>che è necessario, che sien false, se è falsa la dottrina da 
<lb/>quelle dependente, particularmente se crede ch' alle sue ragioni 
<lb/>si possa pienamente soddisfare, forse potrebbe soggiugnere
<lb/>che qui non è necessario, quando, sara dunque, quando 
<lb/>tratterà de le sue maraviglie del Cielo dove non è ne gravità 
<lb/>ne leggereza ne movimento da quelle dipendente, se ora 
<lb/>che si tratta de' movimenti da quelle dependenti non è necessario. 
<lb/>E se non voleva fare si lunga digressione niuno ci era
<lb/>che non solo accio lo sforzasse, ma ne ancora a scrivere 
<lb/>questo suo discorso, ma poi che si era messo a questa impresa
<lb/>doveva tirarla a fine come si conveniva, onde temo che non si 
<lb/>possa dire a lui quello ch' egli pur teste a torto rinfacciava al 
<pb n="30"/>
<lb/>Buonamico ch' egli faceva di bisogno l’ atterrare i principii 
<lb/>d' Aristotile, se egli voleva atterrare la sua dotrina.
<lb/>,,Dirò solamente (a quello.
<lb/>Segue ora, che consideriamno un solo argumento dcl Sig. 
<lb/>Gal., che quasi nuovo Achille hà potuto fugare tutte le ragioni 
<lb/>d'Aristotile dal Sig. G. che non per capriccio ma perche 
<lb/>la ragione ne lo persuade si parte dalla stua dottrina. Il
<lb/>quale è di tal maniera, che se alcuno de nostri Corpi Elementari 
<lb/>havesse naturale inclinazione dal movimento alla 
<lb/>circonferenza, egli piu velocemente si moverebbe nell' aria, 
<lb/>che nell' acqua, essendo manco resistenza in quella, ch' in
<lb/>questa. Provando ogni giorno che con manco forza si muove 
<lb/>una mano per l’aria, che per l’ acqua. Il che quanto egli 
<lb/>è vero, tanto e falso, che non si trovi Elemento alcuno, 
<lb/>che piu velocemente non si muova nell' aria, che nell' acqua
<lb/>Par bene che altri possa restar con desiderio di sapere, quale 
<lb/>esperienza ha potuto accertare il Sig. G. che tutti gl' Elementi 
<lb/>si muovono più veloci nell' acqua che nell' aria, se il fuocho
<lb/>che solo de gl' Elementi si muove all' insù nell' aria, nell' 
<lb/>acqua non si può ritrovare. E che maraviglia è egli, che 
<lb/>molti corpi che noi veggiamo muoversi velocemente nell' 
<lb/>acqua come sugheri, e altre cose a predominio aeree pervenuti 
<lb/>che son nell' aria non si muovono, se in essa son gravi
<lb/>anzi l’ aria ancora, come si dimostrera, non è pervenuta nel 
<lb/>proprio luogho non è grave come prima. Se dunque è impossibile 
<lb/>che possiamo esperimentare con questa esperienza
<lb/>se il fuocho nell' acqua, si muova piu velocemente che nell' 
<lb/>aria con altra simile si potrà dimostrare il medesimo. Chiara 
<lb/>cosa è, che se fusse vero il discorso del Sig. Gal. il fuoco 
<lb/>più velocemente si doverebbe muovere nella terra, che nell' 
<lb/>aria per essere più leggieri secondo il suo parere in quella, 
<lb/>che in questa, la dove noi veggiamo che egli quasi imprigionato 
<lb/>nelle caverne della terra si quieta e perciò gl' antichi 
<lb/>poeti fisano che i venti stessero riserrati nelle viscere 
<lb/>della terra come quei che sono esalazioni calde, e secche
<lb/>che molto al fuocho s'avicinano le quali uscendo delle 
<lb/>caverne di essa, nell'aria con gran vemenza si muovano. 
<lb/>Adunque se gl' elementi leggieri piu velocemente si muovano 
<lb/>ne i mezzi piu rari, che ne i piui densi non fanno, avverrà 
<lb/>per l’ argumento del contrario ch' eglino habbino naturale 
<pb n="31"/>
<lb/>inclinazione a muoversi all' insù. Il che se il fuoco si potesse 
<lb/>ritrovar nell' acqua chiarissimamente si vedrebbe. 
<lb/>Voglio concedere al Sig. Gal. che le cose ne mezi più rari 
<lb/>più velocemente si muovino, avvertendolo se saranno di 
<lb/>equal inclinazione. E percio se l’ esalazioni calde, e secche 
<lb/>fussino nell' acqua si moverebbono più veloce dell' aria. E similmente 
<lb/>si può concedere che l’ esalazioni si muovino 
<lb/>piu tardi per l’ aria, che non fa quella per l’ acqua. O li negherei 
<lb/>bene la consequenza. Adunque non ci è elemento 
<lb/>alcuno che non si muova più veloce nell'aria, che nell'acqua.
<lb/>Impercioche si deve considerare che l’ esalazioni sono 
<lb/>un misto di terra e di fuoco, e percio come mistura della 
<lb/>terra hanno del grave onde non si possano muovere cosi velocemente,
<lb/>come il fuocho il quale essendo privo d' ogni 
<lb/>gravità si muove più velocemente nell' aria, che nell' acqua. 
<lb/>Adunque cheuno elemento, il quale per muoversi più veloce 
<lb/>ne mezzi più dissipati e piu rari che ne più densi, e più 
<lb/>grossi ha una naturale inclinazione al movimento verso la 
<lb/>circunferenza, e questa e la leggerezza positiva.
<lb/>,,A quello (non disprezziamo.
<lb/>Finalmente rispondendo alle conclusion del Buonamico
<lb/>dice quanto a che egli referiva le cagione del movimento 
<lb/>dei corpi semplici alla maggiore e minore resistenza del 
<lb/>mezzo, che questa resistenza non si ritrova nell' acqua e perciò 
<lb/>non puo haver ragion' di causa come egli dimostrerra, il 
<lb/>che quando da lui sara dimostrato gli replicheremo abastanza
<lb/>Bastici per adesso che da tutti si concede ch' habbino resistenza. 
<lb/>Quanto anche il Buonamico riferiva la cagione del
<lb/>movimento dei corpi composti al predominio de gli elementi
<lb/>risponde che operando gl' elementi in quanto gravi tant' è 
<lb/>dire che i misti si muovino per la gravità quanto per il predominio, 
<lb/>anzi che quella è la cagione immediata, e questa la causa 
<lb/>della causa. Al che potrei fare senza soggiugnere da vantaggio, 
<lb/>non essendo detta tal cosa contra ad Archimede ma 
<lb/>contro a Seneca. Ma gia ch' il Sig. G. l' ha inpugnata mi è 
<lb/>parso conveniente sendo vera il difenderla. Sendo dunque
<lb/>i corpi gravi, e leggieri e semplici è conposti, i primi de quali
<lb/>come si è detto per la lor propia natura anno queste naturali
<lb/>inclinazioni dell' essere gravi e leggieri, e gl' altri per che 
<lb/>dei semplici son composti. E per ciò dovendo per fare la dimostrazioni
<pb n="32"/>
<lb/>che le prepositioni sieno per se sarà necessario 
<lb/>che diciamo che i corpi composti si muovano in recto per
<lb/>che l’ elemento predominante nella lor mistura è grave o 
<lb/>leggieri e non per che loro di lor natura sien gravi o leggieri.
<lb/>Onde chi dicesse che l’abeto galleggia perchè e leggieri
<lb/>errerebbe, dovendo dire perche in lui predomina l’ aria, ch' è 
<lb/>leggieri. E quindi si scorge quanto è lontano dal vero el Sig. G. 
<lb/>volendo, che la gravità sia cagione immediata del muoversi 
<lb/>al centro ne i composti. la dove ella non solo non è immiediata
<lb/>ma ne ancora, per se, ma per accidente. E chi non sa 
<lb/>che le cagioni devano essere per se? Adunque chi dice il 
<lb/>predominio esser cagione del movimento de i composti non 
<lb/>solo aporta la causa della causa ma la prossima immediata.
<lb/>Non sapevo già che la dimostrazione per le cause notissime 
<lb/>al senso fusse vera e reale. Dovendosi formare la real dimostrazione 
<lb/>dalle cause essenziali, che son contrariamente
<lb/>lontane dal senso, che non la nostra cognitione ma riguardano
<lb/>la natura delle cose, che molto dal nostro intendimento 
<lb/>s' allontanano che dal senso ha il suo cominciamento. Onde 
<lb/>quelle dimostrazione, che dal senso prendano origine non son 
<lb/>propie e reali dimostrazioni ma da gl' effetti. Ma se concedessimo 
<lb/>ancora questa dottrina del S. G. non so veder come si possa
<lb/>piu agevolmente cognoscere la gravità o la leggerezza de 
<lb/>composti, ch’ il predominio. Imperciocche nel medesimo tempo 
<lb/>si vede l’inclinazione, il predominio, e questo dal galleggiare 
<lb/>e dall’ andare affondo si manifesta. Anzi come dimostrano
<lb/>i dottissimi medici molte son le maniere per cognoscere 
<lb/>il predominio de i composti che la gravità, e la leggerezza 
<lb/>di essi. Quanto a quel bell' argumento, che segue credo, 
<lb/>che niuno sia che non sappia, che due sono le maniere del 
<lb/>cognoscere le cose, che sieno in rerum natura, e perche
<lb/>le sieno. II senso è vero cognoscitore del primo quesito, e 
<lb/>quando e difettoso, la dimostrazione da gl' effetti. Il secondo 
<lb/>per la real dimostrazione che per le cagioni procede
<lb/>si manifesta. Adunque chi per il senso cognosce uno effetto, 
<lb/>o per la dimostrazione da gl' effetti questi sa chi egli sia, 
<lb/>ma perche egli sia gli è ignoto, e chi per real dimostrazione 
<lb/>il cognosce, e l’ uno, e l’ altro quesito gl' è manifesto, e 
<lb/>che egli sia, e perche egli sia. E perciò quando un vede 
<lb/>un solido galleggiare, egli sa che egli galleggia e sa il primo 
<pb n="33"/>
<lb/>quesito. Ma quando e sa ch’un solido è a predominio aereo non
<lb/>solo sa che egli galleggia ma ancora perche egli galleggia, 
<lb/>ch' è il secondo quesito. E quando l’ argomento non fussi soluto
<lb/>Il che io negierei, il medesimio si puo ritorcere contro 
<lb/>al Sig. G. Impercioche nel medesimo modo si cognosce che
<lb/>un composto sia leggieri, che egli sia aereo a prodominio, anzi 
<lb/>molte son le maniere di cognoscere il predominio che 
<lb/>non sono nel cognoscere la leggerezza.
<lb/>,,Non  disprezziamo (esplicate e stabilite queste cose)
<lb/>Quantunque la sentenzia d' Archimede, non paia intutto 
<lb/>e per tutto vera non per questo doviamo biasimarlo anzi si 
<lb/>debbe riputare degno d' eterna lode, e se egli non è arrivato 
<lb/>all'intera verita sia à scusare, se essendo huomo ha errato. forse 
<lb/>egli ha dato cagione a Tolommeo ò ad altri di ritrovar l’ intera 
<lb/>verita accettiamo dunque da lui che se i corpi semplici 
<lb/>saranno piu gravi dell' acqua, eglino si profonderanno in essa, 
<lb/>e dell'altre sentenzie possiamo prender le conclusioni e 
<lb/>lasciar da parte le sue cause e pigliare quelle d' Aristotile.
<lb/>,,Explicate e stabilite, queste cose.
<lb/>Gia si e dimostrato in che maniera sien vere e false le cose 
<lb/>explicate e stabilite dal Sig. G. ci resta adesso a considerare qullo 
<lb/>ch'egli dice intorno alla figura, nel quale discorso egli forma 
<lb/>questa universal' proposizion' negativa, che la diversità 
<lb/>della figura data a questo o quel solido non puo essere cagione
<lb/>in modo alcuno dell' andare egli o non andare affondo puo 
<lb/>bene l'asperienzza della figura ritardare il movimento, tanto 
<lb/>nello scendere, quanto nel salire, ma non puo gia quietare 
<lb/>mobile alcuno sopra dell' acqua. La quale universal' proposizione 
<lb/>essere falsa, non una sperienza come dice il Sig. G 
<lb/>dell' assicella del ebano, e della palla, ma mill' altre ancora lo 
<lb/>dimostrano, come delle piastre del ferro, del piombo, del 
<lb/>talco e finalmente di qual si voglia cosa grave e solida onde 
<lb/>a ragione e suoi avversari confirmati con l'autorità d'Aristotile
<lb/>gli contradicano. Quanto alla seconda proposizione
<lb/>desidererei, che il Sig. G. mi assegnasse la cagione donde avenga,
<lb/>che le figure larghe ritardano il movimento in recto
<lb/>e le strette lo fanno veloce, se come egli dice, l’ acqua, e l’ aria 
<lb/>non hanno resistenza * e percio la ragione di questo ploblema 
<lb/>adotta d'Aristotile va per terra. Doveva il Sig. G. renderne 
<lb/>la cagione e non contradicendo impugnar quella d'Aristotile
<pb n="34"/>
<lb/>e di poi lasciarsi sulle secce di barberia, gia che secondo 
<lb/>si dice, egli solo e quello che intende le cagioni delle cose
<lb/>e chi non l’ intende come egli fa è uno ignorante.
<lb/>,,Questo è il punto principale (Preparato una tal materia.
<lb/>Havendo sino a ora dimostrato che del movimento al centro 
<lb/>nell' acqua ne è veramente cagione la gravità, e che del 
<lb/>movimento alla circunferenza non la minor gravita dei mobili, 
<lb/>ma la propia e natural leggerezza, segue la considerazione
<lb/>delle eseguite sperienze del Sig. G. intorno a quello 
<lb/>operi la figura nei gia detti movimenti. E concedendogli, 
<lb/>che sia necessario, per far queste esperienze, pigliare materia 
<lb/>non solo diversa, di gravita in spezie, che come si è detto cagiona 
<lb/>diversita di movimento ma ne ancora diversa di numero
<lb/>che altera solo la velocita di esso, onde non si potra dubitare, 
<lb/>che la maggiore, o minore inclinazione sia causa di 
<lb/>quiete, o di diverso movimento, ma fara di mestiero venga
<lb/>da qualch' altra cagione, onde si puo scerre una materia che 
<lb/>ora si riduca in figura piana e ora in rotonda. Ma non è gia 
<lb/>conveniente il pigliare materia in gravita simile all' acqua, 
<lb/>come dice il Sig. G. Impercioche sempre si potra dubitare, 
<lb/>se quel mobile sopra nuoti per sua natural leggerezza, o per 
<lb/>la figura, Il perche è necessario pigliar materia gravissima e 
<lb/>che di sua natura sia molto atta a muoversi al centro, massimo 
<lb/>volendo il Sig. G. impugnare Aristotile, ch' in simil materie,
<lb/>dice haver fatta la sperienza, conciossia che se si piglia
<lb/>la cera, Aristotile si potrà sempre ritirare, e adurne nella cera 
<lb/>altra cagione. Adunque non par che sia convenevole il pigliare
<lb/>la cera per fare tale esperieniza ma si bene il ferro, e il 
<lb/>piombo, o altra simil materia.
<lb/>,,Preparata una tal materia (Parmi di senti.
<lb/>Ma perche il Sig. G. vegga che non siamo fastidiosi, piglisi 
<lb/>una palla di cera mescolata con limatura di piombo, e 
<lb/>ridottola tanto grave che agiuntole un sol grano di piombo 
<lb/>rimanga infondo, e detrattolo venga a galla, dico che se bene 
<lb/>questa simil materia ridotta in figura piana, o rotonda e 
<lb/>postola nel fondo dell' acqua con quel grano di piombo rimarra
<lb/>in quello e ditrattolo verra a galla. Non dimeno che 
<lb/>questa esperienza non prova cosa alcuna, Impercioche si
<lb/>puo dare in altre cose dove la figura operi e percio non bisognia 
<lb/>da un particulare argumentare all' universale. Ma perche 
<pb n="35"/>
<lb/>la figura non quieti le falde della cera nel fondo dell' acqua, 
<lb/>si come ella fa nella superficie di essa, si dirà apresso.
<lb/>ll dubitare del Sig. G. non monta niente. Impercioche se egli 
<lb/>ha già preso materia che è piu grave dell' acqua, cioè la 
<lb/>cera mescolata col piombo, che va in quella al fondo non si 
<lb/>potra opporre dagl' avversari se non che essendo la cera poco 
<lb/>più grave dell' acqua come si è detto sempre si potra dubbiare 
<lb/>se la figura o la leggerezza sia cagione di quello aceidente. 
<lb/>&amp; percio e ben vero che egli fa di mestiero l’ eleggere materia 
<lb/>piu grave dell' acqua, onde le cose leggieri non sono acte 
<lb/>a dimostrare questa espenienza, Perloche non hanno operato 
<lb/>fuor di ragione nello scegliere l’ ebano se non perche si 
<lb/>può sempre in quello dar cagion di sofisticare e cavillare a 
<lb/>coloro che stanno in su la parata, con dire, che egli sia piu denso 
<lb/>in luogho, ch’ in un' altro, e percio piu grave, Ma notisi
<lb/>che sendo l’ebano d' una medesima spezie di gravita, non 
<lb/>puo cagionare diversità di movimento o di quiete ma di velocitA
<lb/>di movimento, e percio tutte queste cavillazioni vanno 
<lb/>a terra. Dico dunque che pigliando l’hebano e riducendolo 
<lb/>in figura piana e in rotonda, che la piana restera a galla, e la 
<lb/>rotonda, se ne andra al fondo, e per tor via tutte le soffisticherie
<lb/>piglisi una quantita di piombo, e riducasi ora in figura piana
<lb/>ora in ritonda, quando sara piana galleggerat, o quando
<lb/>rotonda si movera al centro, e il simile avviene nella cera del 
<lb/>Sig. G. Impercioche pigliata una quantità di cera che in figura 
<lb/>rotonda solo un grano di piombo possa fare affondare, dico 
<lb/>che redottola in figura piana, neancho trenta grani di piombo 
<lb/>la faranno muovere al centro. le quali esperienze non 
<lb/>solo hanno tanto del proaabile e del verisimile, ma del vero 
<lb/>e del certo che par maraviglia agl' huomini intendenti che 
<lb/>il Sig. G. habbia ardire di negarle, Tutta volta veggiamio se 
<lb/>mancono di fallacia.
<lb/>,,Cominciando dunque ad esaminare (Ma procediamo piu avanti.
<lb/>Quanto a quello, che il Sig. G. dice, ch' il suo parere non 
<lb/>è di collocare le figure fuora della materia sensibile, e che egli 
<lb/>non le vuol collocare in materia dove non possono operare, 
<lb/>come se alcuno volesse tagliare una quercia con una
<lb/>scure di cera, sta bene e siam daccordo. ma non c' accordiam gia, 
<lb/>che un coltello di cera nel tagliare il latte rappreso sia egualmente 
<lb/>più atto a cognoscere quello che operino gl' angoli 
<pb n="36"/>
<lb/>acuti, ch’ un coltel di ferro. Impercioche se bene il latte si 
<lb/>taglera dall’ uno e dall’ altro non dimeno piu velocemiente si 
<lb/>tagliera col coltello d' acciaio che con quel di cera. Dell' elezion 
<lb/>della materia non pare che suoi avversari gli possino 
<lb/>opporre altro se non del dubbio che si e detto, e che eglino 
<lb/>habbino eletto più atta materia ch’ il Sig. G. si come più atto
<lb/>è a tagliare il latte un coltello di acciaio damaschino che 
<lb/>un di cera, quantunque l’uno e l’altro lo tagli.
<lb/>,,Ma procediamo piu avanti)
<lb/>Egli non è dubbio che se fussi vero che l’ acqua non havesse 
<lb/>resistenza alla divisione, non occorrerebbe scer materia 
<lb/>che fusse atta a dividerla, e percio ogni diligenza sarebbe superflua, 
<lb/>onde tutti i corpi quantunque leggieri sarebbano a
<lb/>tal esperienza accomodati, Ma havendo all' incontro resistenza 
<lb/>alla divisione e necessario il ricercare materia atta ad operare 
<lb/>a simile azione, Perloche dimostri il Sig. G. che l’acqua 
<lb/>non habbi resistenza e non ci occorrera si gran dicerie
<lb/>Ma notisi che l’esempio del fumo o della nebbia che egualmente 
<lb/>si tagli col coltello di foglio come con quel di ferro è 
<lb/>falso. Impercioche piu velocemente con quel di ferro si dividera,
<lb/>E se in tal cosa Aristotile lo dimostrerra il fine, fra 
<lb/>tanto egli potra dimostrare quei tanti luoghi dove Aristotile 
<lb/>afferma cosa contro la sperienza e contro al senso.
<lb/>,,Torno dunque ad affermare (Ma seguitiam di far manifesto.
<lb/>Non bisogna ch’il Sig. G. torni a dire, l’acqua non haver 
<lb/>resistenza ma prima bisogna provarlo, altrimenti niente montera 
<lb/>il suo ragionamento, e perciò avvertisca che non tutte 
<lb/>le materie sono atte a dimostrare quello di che si tratta. Il dire 
<lb/>che l’assicelle dell' ebano e le piastre di piombo sieno sotto 
<lb/>l’acqua e una vanità e come di sotto proverremo, se pero 
<lb/>il S. G. non volesse dire che elleno sono sotto il livello d' arginetti 
<lb/>dell' acqua che ritrova intorno intorno all' assicella.
<lb/>Impercioche l'assicella dell' ebano e le piastre dell' oro abbassano
<lb/>tanto la superficie dell' acqua, quanto comporta la 
<lb/>lor gravità ma non la dividano perche sendo divisa elleno 
<lb/>subito se n' andrebbano in fondo.
<lb/>,,Ma seguitian di far manifesto) Non per questo si quietano.
<lb/>Deve il Sig. G. prima cominciare a far manifesto, che l’acqua 
<lb/>non habbia resistenza e poi seguitare non havendo mai 
<lb/>cominciato. Quanto alla esperienza che da lui si produce con 
<pb n="37"/>
<lb/>che egli vuol provare un problema dal quale depende quasi 
<lb/>tutta la filosofia, non pare che concluda cosa alcuna. Impercioche 
<lb/>non è la figura piramidale la quale e cagione per accidente 
<lb/>della quiete accidentale de mobili posti nell'acqua.
<lb/>Onde ella tanto si profonderà per la basa quanto per la punta
<lb/>conciosia che peresa una piramide di legno d'abeto insino 
<lb/>a tanto per la punta e per la basa si profondera, quanto la leggerezza 
<lb/>della piramide e la resistenza dell’ acqua possino contrappesare 
<lb/>il terreo, ch' in quel legno si trova. Quantunque ci 
<lb/>sara diferenza mediante la figura che messa per punta si movera 
<lb/>più veloce sino a quel termine, e per base piu tarda. Impercioche
<lb/>piu agevolmente fende la resistenza la figura acuta, 
<lb/>che l’ottusa. Ma chi vuol far la sperienza bisogna fare 
<lb/>d'uno istesso legno una piramide, e una figura piana e sottile,
<lb/>e chiaramente si vedra che la figura piramidale se ne andra 
<lb/>per gran parte infondo, e la figura piana restera quasi tutta 
<lb/>sopra l’acqua, e se il Sig. G. mi replicasse che la figura piana 
<lb/>galleggia per la sua natural leggerezza, e non per la figura
<lb/>gli direi che pigliasse del piombo incambio del legno, 
<lb/>dove non è leggerezza alcuna, e vedra che una piramide di 
<lb/>esso se ne andra tutta in fondo e un piano galleggerà. Il simile 
<lb/>si può dire de' cilindri che non essendo figure atte a 
<lb/>far sopranotare non si possono addurre per prova, ma solo le figure 
<lb/>pianecagionano questo effetto, segue bene, come habbiam 
<lb/>detto ch'il cilindro lungo e sottile si movera più velocemente 
<lb/>sino al suo natural luogo e il largo più tardi.
<lb/>Adunque sara vero che la larghezza della figura piu largha 
<lb/>apporta dificulta, e la stretta agevolezza nel movimento onde 
<lb/>si puo ridurre a tanta ampiezza che cagioni la quiete accidentale. 
<lb/>Ma noti il Sig. G. che a voler provare per induzione una 
<lb/>proposizione universale bisogna pigliare tutti i particolari
<lb/>sotto di essa contenuti e non come egli fa due o 3. Impercioche
<lb/>quantunque la figura piramidale e la cilindrica non cagioni 
<lb/>la quiete, non per questo si puo dire che niuna figura 
<lb/>la cagioni, ma bisogna ancora che la quadrangolo, il triangolo, 
<lb/>e il piano non lo cagioni. Adunque se la figura piana 
<lb/>è causa della quiete accidentale sara falsa l’ universal proposizione. 
<lb/>Quanto alla seconda esperienza che presa una quantita 
<lb/>di cera che con la limatura del ferro sia ridotta molto
<lb/>piu grave dell'acqua posta nel fondo di essa sarà sollevata a 
<pb n="38"/>
<lb/>capello tanto essendo in una piastra quanto in una palla. Il 
<lb/>che non pare al tutto vero. Imperciocche come si è detto la 
<lb/>Palla sara sollevata piu presto e la piastra piu adagio. Ma si 
<lb/>ben fusse vero, non è prova a bastanza, Impercioche quantunque 
<lb/>la figura piana sott'acqua non produca la quiete non 
<lb/>per questo seguira che sempre ella non la produca, perche 
<lb/>ella la produce fuor dell'acqua, la qual cosa donde ad'venga
<lb/>diremo poco apresso.
<lb/>,,Non per questo si quietano gli avversari (e prima e falso.
<lb/>Veggasi se per questo si debbono quietare e vostri avversari, 
<lb/>che come si è manifestato pare essere in tutto e per tutto 
<lb/>falso. E quando fusse vero: non percio si doverebbono quietare.
<lb/>Impercioche, un particolar solo, è quel che rende 
<lb/>falsa l’universal negativa. Havendo dunque l’assicella 
<lb/>dell' ebano che galleggia aranno dimostrato con ogni pienezza
<lb/>il parere del Sig. G. esser falso e se egli dimostrerà che 
<lb/>questa esperienza non concluda si potra cominciare a credergli
<lb/>qual che cosa. Vadia adagio il Sig. G. a dire ch’ egli 
<lb/>è falso che la tavoletta stia a galla, e la palla no. Impercioche 
<lb/>se vogliamo stare ancora sulla forza delle parole pare 
<lb/>che egli habbia il torto. Perche essere nell' acqua, &amp; esser locato 
<lb/>per entro l’acqua non è una cosa medesima, Conciosia 
<lb/>che poi nell' acqua significhò sopra dell’ acqua e non dentro, 
<lb/>di essa, se Sig. Accademici della Crusca dicano il vero nel 
<lb/>lor Vocabolario, dicendo ch’il medesimo significa la dizione 
<lb/>in che nel che la dizone in  signfica sopra secondo il boccaccio 
<lb/>nella novella di Nicostrato [sarebbe meglio dar con 
<lb/>ella in capo a Nicostrato, anzi il medesimo Boccaccio Vero 
<lb/>esemplare della favella florentina, si servi della dizione nel 
<lb/>per sopra dicendo nella novella di Tofano, la pietra cadendo 
<lb/>nell'acqua fece grandissimo romore. Ma a dire che esser 
<lb/>nell' acqua denoti esser locato dentro l’acqua, non è inconveniente.
<lb/>Impercioche * il luogo è comune e propio secondo 
<lb/>Aristotile e per cio quando si dice la tavoletta essere 
<lb/>nell' acqua, si piglia il luogo comunemente nella nostra favella, 
<lb/>dicendosi una nave essere nell' acqua, una torre e simile, 
<lb/>quantunque elleno non sieno locate sotto la superficie di 
<lb/>essa. Quanto alle sue aggiunte poco importano, Impercioche
<lb/>in due o in tre luoghi afferma questa universal proposizione
<lb/>che la figura in alcun modo non opera all' andare o 
<pb n="39"/>
<lb/>non andare affondo &amp; ora si vuol ristrignere alle figure, poste 
<lb/>per entro l’acqua.
<lb/>,,Notisi appresso (Anzi dirò più.
<lb/>Egli non è dubbio, che bagnando l’assicella, e la palla, amendue 
<lb/>se ne andranno al fondo, con questa differenza, che 
<lb/>la palla più presto se ne andra e l’assicella piu adagio. E che quelle 
<lb/>assicelle che lentamente per entro l’acqua si muovano, 
<lb/>nella superficie di essa ancora si quietano per accidente. 
<lb/>Adunque la medesima figura è or cagione di quiete è or di 
<lb/>tardità di movimento. Il che dal Sig. G. si reputa per inconveniente
<lb/>se bene non pare che rettamente. Imperciochè quantunque 
<lb/>ogni figura habbia una tardità sua propia, con la 
<lb/>quale ella si muove, e che ogni tardità minore o maggiore 
<lb/>sia impropia alla sua natura. Tutta via come dice il Sig. G. 
<lb/>se ci s' agiugne qual che altro impedimento, ella potra molto 
<lb/>bene cagionare non solo movimento piu lento ma ancora 
<lb/>una quiete accidentale. Non per questo doviam dire che 
<lb/>sia altra cosa diversa dalla figura, ma si bene che la figura agiunta 
<lb/>alla difficil diversione del continuo. E per cio dicasi 
<lb/>che non solo della tardità e velocità sia la figura largha e raccolta
<lb/>ma ancora che la figura largha che se ben a dimensa 
<lb/>larghezza si ritrova immensa tardità tutta via perche alla figura 
<lb/>s' agiugne la virtù del continuo, percio che ella possa cagionare 
<lb/>la quiete per accidente.
<lb/>Io non voglio tacere (Anzi diro più
<lb/>Considerando la nuova esperienza del Sig. G. non a lui 
<lb/>par concludente, tanta a noi pare priva di conclusione. Imperciochè 
<lb/>quando si possa dedurre assai da essa, si deduce 
<lb/>che la figura largha non habbia che fare col quietare le cose 
<lb/>per entro l’acqua, ma non gia sopra l’acqua. Il che da Aristotile 
<lb/>è stato dimostrato dicendo che le falde del ferro e del 
<lb/>piombo galleggiano sopra dell’acqua, e non che l’assicella 
<lb/>del noce restino nel fondo di essa. E se mi si replicasse che è 
<lb/>la medesima ragione nella assicella del noce quando si ritrova 
<lb/>nel fondo dell' acqua, che delle falde del ferro quando sopra 
<lb/>di quella, anzi molto maggiore Conciosia che è 
<lb/>manco l’inclinazione dell’ assicella di noce al movimento all' 
<lb/>insu, che quella delle falde del ferro a quello all' ingiù, E Ii 
<lb/>replicherei che, come si e detto piu volte non è solo la figura 
<lb/>che cagiona la quiete accidentale sopra dell' acqua. Ma ci è 
<pb n="40"/>
<lb/>ancora la virtù del continuo, la quale non si ritrova nel fondo 
<lb/>dell' acqua come di sotto si dirà. E se bene nel fondo dell
<lb/>acqua si ritrova una resistenza non dimeno non si ritrovando 
<lb/>l’altra non si puo dalla figura cagionar la quiete, ma si bene 
<lb/>Ia tardita del movimento. Il medesimo ch si è detto di 
<lb/>questa sperienza si puo dire dell' oro ò di qual si voglia altra 
<lb/>cosa. Adunque la figura insieme con la resistenza è cagione 
<lb/>della quiete delle cose gravi nell' acqua Anzi non si puo dire 
<lb/>che la sia la contraria cagione del profondarsi, Imperciochè 
<lb/>ne naturali elementi e ne composti di quelli la medesima
<lb/>cagione, è quella, che causa ora movimento e ora quiete, 
<lb/>come la gravità nella terra cagiona quiete e moviniento
<lb/>cosi la leggerezza nel fuoco. Adunque non si puo dire che
<lb/>se le falde del ferro si muovano naturalmente al centro dell
<lb/>acqua per la gravità dalla leggerezza nella superficie di essa 
<lb/>sopra nuotino. Adunque in questo si deve avvertire che lo 
<lb/>stare naturalmente a galla e l’andare al fondo in un medesimo
<lb/>oggetto non sono effetti contrari, onde non aviene che 
<lb/>degl' accidenti contrarii contrarie devano essere le cagioni. 
<lb/>Imperciochè i movimenti veramente son contrarii ai movimenti
<lb/>come quello al centro è contrario a quello ch' è alla 
<lb/>circunferenza. Ma non e già il movimento contrario alla 
<lb/>quiete, ma son contrarii secondo la privazione, o vero
<lb/>come a molti piace la quiete è contraria al movimento per una 
<lb/>certa maniera di mezzo fra la contrarieta e la privazione. 
<lb/>Ma non per questo ogni quiete è contraria ad ogni movimento.
<lb/>Ma solo la quiete che e fuor di natura al movimento naturale
<lb/>verbi grazia al movimento all' ingiu non è contraria la 
<lb/>quiete nel centro ma la quiete nella circunferenza. Impercio 
<lb/>che la quiete nel centro è perfezione del movimento adunque 
<lb/>non può essere contraria Ma la quiete nella circunferenza e 
<lb/>imperfezzione di esso onde adviene ch' ella sia contraria nella 
<lb/>maniera che si è già detto. Adunque quando il S. G. diceva
<lb/>che de gli accidenti contrari contrarie devono essere le cagioni
<lb/>e per cio che la quiete dell'assicella del ebano nella superficie 
<lb/>dell' acqua sia contraria al movimento di essa al centro, 
<lb/>ora io gli dico se egli intende che la quiete dell' assicella 
<lb/>sia naturale o fuor di natura, se è naturale e il movimento
<lb/>all'ingiu è naturale adunque non vi sara tra di loro 
<lb/>contrarietà, se contr' a natura adunque quella quiete non 
<lb/>puo venire dalla leggerezza. Impercioche ogni quiete dependente 
<pb n="41"/>
<lb/>dalla leggerezza naturale. Bisogna dunque dire secondo 
<lb/>la sua oppinione che l’assicella per essere un corpo unito 
<lb/>con l’aria e per tal ragione leggieri che egli si quieti nella 
<lb/>superficie dell’ acqua, e quando se gli levava via l’aria divengha 
<lb/>grave e per cio per l’acqua si muova al centro. Ma 
<lb/>consideriamo s' egli è vero che la leggerezza sia cagione che le 
<lb/>piastre del ferro galleggin' sopra dell’acqua come il S. G. dice.
<lb/>,,Ora tornisi a prendere ) ma se ella.
<lb/>Piglisi pure la sottil falda del oro, del piombo, e di qualsivoglia 
<lb/>materia, riguardisi gl' effetti, che ne seguano mentre 
<lb/>leggiermente si posa sopra l’acqua, si che ella sopranuoti.
<lb/>Quindi si vedra agevolmente quanto è soldo il detto di.
<lb/>Aristotile e debole quel del Sig. G. perche non solo apparisce, 
<lb/>che la falda del oro non habbia penetrata la superficie 
<lb/>all' acqua, Ma che non ha ancora intaccata la superficie di 
<lb/>essa, e solo l’ha costipandola con la sua gravità abassata e 
<lb/>fatta quella poca di cavità, non altrimenti che si vegga operare 
<lb/>qualche peso assai notabile posato sopra la tela di un letto 
<lb/>avvento. il quale anchorche abassi la tela e vi faccia una 
<lb/>gran cavita, entro la quale, egli si nasconde, non dimeno 
<lb/>egli non ha divisa la tela, anzi sino a che egli non l’ha divisa 
<lb/>in tutto e per tutto, egli non si muove. Il dire che egli si 
<lb/>ritrova sotto la superficie del panno non par cosa conveniente, 
<lb/>se bene egli aparisce sotto la superficie di quello ma 
<lb/>veramente non è. Quanto alla figura, ella non mostra altro, 
<lb/>se non che l’assicella ha piegato tanto la superficie dell' 
<lb/>acqua, che ella resta sotto il livello de gl' orli di detta superficie
<lb/>come si e detto or veggasi, che la assicella dell’Ebano
<lb/>non va al fondo, perche ella non ha rotto la superficie 
<lb/>dell’ acqua. Onde è falso che ella non si profondi perche 
<lb/>l'aria che ella si tira dietro per lo contatto aderente la faccia 
<lb/>divenire leggieri impercio non essendo piu semplice ebano,
<lb/>o piombo, ma un composto di tanto piombo, e aria
<lb/>che l’aria essendo leggieri contrapesi il grave di esso. E questo 
<lb/>per molte ragione e prima * per che gl' elementi che per contatto 
<lb/>aderente traggano gl' aderenti sono l’acqua, e l’aria.
<lb/>Impercioche l’ acqua tira l’aria, e l’aria l’acqua, in consequenza segue 
<lb/>ancora qualche volta il medesimo fra le cose acque e 
<lb/>l’aere. E quindi aviene che l’acqua agevolmente si tira di 
<lb/>qual si voglia luogho bassissimo con quelle trombette di vetro
<lb/>mediante l’aria che l’unisce a quella. Il simile avien delle 
<pb n="42"/>
<lb/>coppette dai medici usate e dei cornetti da trarre sangue. 
<lb/>Il che segue perche essendo questi due Elementi simili 
<lb/>nella humidità, la quale facilmente s' unisce, vengano 
<lb/>tra di loro a confondere le superficie e di due quasi far ne 
<lb/>una, inpercio vengono a muoversi al movimento altrui. 
<lb/>Il che non puo seguire nella terra per non havere ella qualita 
<lb/>simile all' aria, e all' acqua e particularmente l’humidità
<lb/>la onde le superficie non si possano unire e percio non si 
<lb/>puo tirare ne dall'acqua ne dalla terra essendo ella ancora
<lb/>di sua natura grave assolutamente. Si potrebbe dubbiare 
<lb/>della polvere, la quale si tira con gli schizatoi onde si potrebbe 
<lb/>credere ch' ancora la terra con questo instrumento si 
<lb/>potesse attrarre. Al che si risponde che non è semplicemente 
<lb/>la polvere ma quella mescolata con l' aria, anzi tirandosi 
<lb/>l’aria ne viene ancora la polvere a quella unita per esser la 
<lb/>polvere leggieri per accidente rispetto alla terra, onde quella 
<lb/>nell'acqua e nell'aria galleggia come diremo. Adunque 
<lb/>non è possibile che la terra e le cose terree attraghino l'aria, 
<lb/>e che quella si possa di maniera unire con esse che se ne faccia 
<lb/>di due superficie quasi una sola non ci essendo la umidita 
<lb/>comune, che cagiona tale accidente. Avien bene che 
<lb/>l’ assicelle del’ Ebano facendo mediante la gravita quel poco 
<lb/>di avvallamento nell' acqua, che l'aria come grave, e 
<lb/>per levare il vacuo, tanto dalla natura odiato scende a riempier 
<lb/>quel luogho, Adunque e solo ebano quello, che si pone 
<lb/>nell'acqua, e non un composto d' Ebano e d' aria. Il che 
<lb/>proveremo pocho appresso con la esperienza propia del 
<lb/>Sig. G. bagnando l’ assicella dell'Ebano, fra tanto passando 
<lb/>in brieve le debole opposizioni ch' il Sig. G. si fa contro, con 
<lb/>dire che bagnandosi l'assicella del’ Ebano divien piu grave 
<lb/>che prima non era inpercio se ne va al fondo, conciosia 
<lb/>che come egli dice per esperienza si vede che messe sopra 
<lb/>l'assicella molte gocciole d'acqua purche non si congiungino 
<lb/>con l'altra, le quali eccedino di gran lunga quelle con 
<lb/>che si bagna l'assicella, non per questo la fanno profondare,
<lb/>Adunque l' assicella bagnata non se ne va al fondo per la gravità 
<lb/>aggiuntale Ma si bene per altra cagione come poco appresso 
<lb/>diremo. Onde aviene che trattandosi di quello operi la 
<lb/>figura si deve desiderare che i solidi non si pongino nell'acqua 
<lb/>bangnati ne io domando che si faccia altro della assicella
<pb n="43"/>
<lb/>che della palla. Anzi volendo il Sig. G. impugnare Aristotile
<lb/>fa di mestiero che egli le ponga nell'acqua senza bagnarle
<lb/>havendo cosi esperimentato Aristotile.
<lb/>,,II dire che l' acqua habbia gravità.)
<lb/>Questa dubitazione se l' acqua sia grave o no, è stata agitata 
<lb/>da gravissimi autori, e da essi diversamente si decide. Onde 
<lb/>il correre a furia a dire, ch' egli è falsissimo che l’ acqua nel 
<lb/>propio luogo sia grave non pare che egli sia molto conveniente
<lb/>* Imperciochè Aristotile fu di parere che l’ acqua e l’ aria 
<lb/>nel propio luogo fussero gravi e questo per diverse ragioni
<lb/>Primieramente per che noi veggiamo che levata parte 
<lb/>dell' acqua sopra la quale soprastia l' aria ella naturalmente se
<lb/>ne scorre a riempiere quel luogo movendosi al centro, il simile 
<lb/>fa l’ acqua levata la terra. Adunque se eglino essendo 
<lb/>nel propio luogho si muovano al centro sarà necessario ch'eglino 
<lb/>sien gravi. E chi replicasse che alcuna volta ancora
<lb/>l’ acqua per riempiere il vacuo si muove all' insu deve avertire 
<lb/>che cio non avviene se non con violenzia per attrazione
<lb/>come si e detto. Secondariamente perche noi veggiamo 
<lb/>che l’ acqua agiungne gravita alle cose che si pongano all'acqua.
<lb/>Il che chiarissimamente si vede pigliando due moli 
<lb/>eguali di piombo, l’una delle quali si assottigli assai e si riduca 
<lb/>si che per entro essa si possa racchiudere alquanta porzione 
<lb/>d' acqua; dico, che librandosi nell' acqua pesa più quello dove 
<lb/>è l'acqua, che l’ altro. Il simile avien nell' aria dove i palloni 
<lb/>pesano piu quando sono gonfiati che sconfiati non fanno.
<lb/>La quale esperienza se bene da molti è posta in dubbio
<lb/>non dimieno è vera. Il contrario parere hebbe Tolomeo
<lb/>a cui s' agiungne Temistio e forse Simplicio. I quali disserono 
<lb/>che l’acqua e l’aria nel propio luogho non era ne grave 
<lb/>ne leggieri e non senza molte ragioni. Imperciocchè non
<lb/>pare che l’acqua a coloro, che per entro essa si ritrovano, 
<lb/>aporti gravita alcuna, quantunque in grandissirni pelaghi 
<lb/>si profondino. A questo s' agiugne che secondo Tolommeo
<lb/>non solo gl' otri gonfiati son piu gravi, ma piu leggieri e 
<lb/>secondo Simplicio almeno egualmente gravi. E temistio diceva
<lb/>se dunque l’aria, e l’acqua nel proprio luogo son gravi
<lb/>seguira che eglino in quello si muovino, onde non si
<lb/>quietino in essa naturalmente imperciocchè la propietà della 
<lb/>gravita e del muoversi al centro. La dove eglino in quello 
<pb n="44"/>
<lb/>si devano quietare. Onde concludevano che l’aria, e l’acqua 
<lb/>nel proprio luogo non fussino gravi ne leggieri. La quale
<lb/>opinione pare che vengha atterrata dalle esperienze di 
<lb/>Aristotile &amp; io crederei che la sentenzia di esso fusse la cura. 
<lb/>La quale è stata difesa da Averroe contro Temistio in tal maniera,
<lb/>ch' egli si penso che Aristotile se bene dice che l’ aria,
<lb/>e l’ acqua è grave non dimeno non escludesse da quella la leggerezza
<lb/>ma che in essa fusse più forte e piu gagliarda fusse 
<lb/>la gravita che la leggerezza. La qual opinione al mio parere 
<lb/>non pare, che sia al tutto vera essendo contro al testo di
<lb/>Aristotile che dice che l’aria e l’acqua son gravi nel proprio
<lb/>luogho, e non alquanto più grave che leggieri, anzi in altro 
<lb/>luogho afferma che l’ aria è in potenzia grave e leggieri. La 
<lb/>dove ora dice ch' è grave in atto, e che cosi adoperano con
<lb/>esperienza dimostra. Onde par conveniente che dichiamo
<lb/>l’opinione di Aristotile essere stata che l’acqua e l’aria 
<lb/>nel proprio luogo sieno gravi. Si debbe bene avvertire, 
<lb/>che la gravità altra assoluta e altra respettiva, e che non è 
<lb/>dubbio che l’assoluta se bene in tutti i luoghi de gl' altri elementi 
<lb/>è cagione del movimento al centro, non dimeno nel 
<lb/>proprio luogho è cagione di quiete, onde non è fuor di natura 
<lb/>che la gravità cagioni in diversi luoghi or movimento 
<lb/>è or quiete E perciò nella sua difinizione due differentie si 
<lb/>pongano, dicendo la gravità assoluta esser quella che in tutti 
<lb/>i luoghi è causa di movimento al centro e sotto tutte l’altre 
<lb/>gravitadi si ritrova. La prima delle quali denota il movimento, 
<lb/>e l’altra la quiete. E le cose gravi di gravita respettiva 
<lb/>or son gravi &amp; or leggieri secondo i luoghi dove si ritrovano
<lb/>ver. grazia, l’acqua è grave nel luogo dell’ aria è divien leggieri 
<lb/>in quello della terra Al produrre di questi contrarii accidenti 
<lb/>fa di mestiero che si cammini per il mezzo e percio 
<lb/>quella gravità dell' acqua, che ella ha nel luogo dell’ aria cagiona 
<lb/>il movimento al centro a poco a poco si diminuisce si 
<lb/>che quando si conduce al luogo proprio ella non più cagiona 
<lb/>movimento ma induce quiete e poco sotto non solo mantiene 
<lb/>la gravità ma ne divien leggieri altrimenti seguirebbe
<lb/>che gl' elementi di mezzo non havesserono cagione per la
<lb/>quale si quietassero nel lor luogo. Imperciocchè noi diciamo 
<lb/>che la terra si quietà nel centro per la gravità, e che 
<lb/>il fuocho nella circunferenza per la leggerezza: se adunque 
<pb n="45"/>
<lb/>l’aria e l’acqua non son gravi ne leggieri per che cagione nel 
<lb/>proprio luogo si quieteranno? Si potrebbe ben dubitare
<lb/>per che cagione l’acqua e l’aria dovessino essere nel lor luogo 
<lb/>piu gravi, che leggieri e perche più per la gravità, che 
<lb/>per la leggerezza si dovessero quietare in quelli massimo 
<lb/>l’aria che pare che partecipe piu del leggieri che del grave essendo 
<lb/>più congiunta col fuoco che con la terra, e nondimeno 
<lb/>aparisce il contrario. Al qual problema rispose il Buonamici, 
<lb/>dicendo che in tutte le cose composte di materia e di 
<lb/>forma, hanno due contrari desideri l’uno dalla forma che è 
<lb/>di desiderare l’ottimo, e l’altra dalla materia che 'I desiderio 
<lb/>pessimo * e che la gravita conrisponde ella materia e la leggerezza 
<lb/>alla forma. E percio dominando per lo più ne i composti 
<lb/>la materia, che la forma, quindi aviene che gl' elementi 
<lb/>mezzani sono nel propio luogo gravi e non leggieri. Alla 
<lb/>qual sentenzia quantunque io sotto scriva non dimeno mi pare
<lb/>che altra cagione render se ne possa. E questa è che dovendesi 
<lb/>dalla natura mediante la gravita porne il centre all' universo, 
<lb/>gli fu mestieri non solo servirsi di quella della terra,
<lb/>che come assoluta è principal cagione della quiete di essa nel 
<lb/>centro, ma ancora volse che l’ acqua e l’aria participassino 
<lb/>nel propio luogo della gravità quasi ausiliatrici di quello 
<lb/>effetto. Si potrebbe ancora dire, che la gravita fusse stata conceduta 
<lb/>all' aria per comodo de mortali. Imperciochè, se ella
<lb/>non fusse di tal maniera sarebbe più sottoposta ai venti, alle 
<lb/>Tempeste e à simili altri imfortuni e percio molto incomoda 
<lb/>a gl' huomini. Dichiamo dunque * che I'acqua e l’aria nel 
<lb/>lor propio luogo sieno gravi ma non della medesima gravita, 
<lb/>che elleno hanno, quando sono fuori di esso * e che in 
<lb/>esso eglino sono gravi e leggieri in potenza non altrimenti 
<lb/>che sia il color verde che al nero e albio puo ridursi * E fu
<lb/>ora del propio luogo sieno gravi e leggieri in atto gravi quando 
<lb/>si ritrovano in quelli che gli stanno sotto, leggieri di 
<lb/>quelli a' quali eglino sopra stanno, se pero non sono impediti. 
<lb/>Il che essendo verissimo credo sara agevol' cosa il rispondere 
<lb/>a contrarii argumenti di Tolommeo e di Temistio. 
<lb/>E dalla prima esperienza incominciando dico che se e vero 
<lb/>che coloro che si tuffano sotto l’acqua non sentino gravità, 
<lb/>La qual cosa apparisce il contrario vedendosi che coloro 
<lb/>che si tuffano quando tornano sopra dell' acqua sono sgravati 
<pb n="46"/>
<lb/>da una certa grandissimia molestia quasi che dalla gravità 
<lb/>dell’ acqua eglino vengino aggravati, non nego gia che questo 
<lb/>accidente non possa essere cagionato dagli spiriti ritenuti.
<lb/>E percio par che si possa dire con Simplicio, che quelli che 
<lb/>si tuffano nell' acqua non sentino la gravità perche le parte 
<lb/>di essa fra di loro si sostenghino, non altrimenti che noi 
<lb/>veggiamo fare a coloro che aprendo un muro si mettano dentro
<lb/>di esso i quali non sentano la gravità perchè le parte di
<lb/>quello si reggano fra di loro. E quindi aviene ch' una asse 
<lb/>pesa manco ritta che a diacere e lavesse piu nuove che vicchie, 
<lb/>e particularmente trattandosi di quelle di drappi d oro. 
<lb/>Ma mi credo io che se uno si mettesse in sulla superficie 
<lb/>della terra e si facesse infondere sopra venti o venticinque 
<lb/>barili d' acqua, si che ella dovesse reggersi sopra di lui al certo 
<lb/>che sentirebbe grandissimo peso. La qual cosa sensibilmente
<lb/>apparisce dalle conserve dell' acqua fatte ad uso di anaffiare 
<lb/>gl' orti le quali quanto più son piene tanto più gli
<lb/>zampilli di esse saggono verso il Cielo, verbi grazia se nella 
<lb/>conserva sarà un braccio d' acqua pongiamo che gli detti 
<lb/>zampilli salghino un braccio, quando ve ne sara quattro saranno 
<lb/>due braccia. Il che avviene perche l’ acqua gravitando 
<lb/>sopra l’ acqua viene con simil forza a spingnere l’ acqua 
<lb/>che esce di detta conserva. Al che si agiugne che l’ acqua da 
<lb/>nel suo luogo ha da natura di non gravitar molto si come al 
<lb/>Buonamico è piaciuto. Alla contraria esperienza del otri 
<lb/>o de palloni gonfiati ho sperimentato io essere si come dice 
<lb/>Aristotile e quando non fusse si deve avvertire come dice 
<lb/>Averroe non per questo esser falsa la sentenzia d' Aristotile
<lb/>fondandosi ella sopra altre esperienze. Alla terza difficultà
<lb/>mossa da temistio, si deve distinguere, che altra è la gravità
<lb/>dell' acqua e dell’ aria nel propio luogo, che fuori di esso, 
<lb/>e quindi aviene che nel propio luogo genera quiete e fuor 
<lb/>di esso genera movimento onde non segue è grave adunque 
<lb/>nel lor luogho si doverra movere al centro, essendo in esso
<lb/>si quieteranno per accidente. Imperciocchè la gravità non solo 
<lb/>è atta a produrre ne luoghi stranieri movimanto. Ma ne proprii 
<lb/>quiete anzi la gravità respettiva pu cio ottimamente adoperare.
<lb/>Imperciocchè cangiando luoghi ancora il suo subbietto 
<lb/>si cangia di grave in leggieri, e per cio viene ad haver 
<lb/>gradi di gravità non si passando da uno estremo ad uno 
<pb n="47"/>
<lb/>altro senza mezzo. Adunque vegga il Sig. G. quanto sia 
<lb/>falsissimo il parere di Aristotile quanto alle sue dubitazioni
<lb/>alla prima si potra rispondere quello si è detto alla difficultà 
<lb/>di Temistio. Alla esperienza de l’alzare qualche peso piu 
<lb/>agevolmente nell' acqua che fuori cio mi torna il medesimio
<lb/>solo ci ho saputo congnoscere diferenzia, quando una cosa 
<lb/>si deve profondare nell' acqua, dove apparisce che piu 
<lb/>malagevolmente si profonda in essa che inellaria. E questo 
<lb/>adiviene per la maggior resistenza di essa. Ora io non solo 
<lb/>vi reprichero che l’acqua aggiunga gravità alle cose che sono 
<lb/>mezzo in aria e mezzo in acqua, ma ancora che sono per 
<lb/>entro a quella, come già ho detto. E se il Sig. Gal. vuol vedere 
<lb/>che un vaso di piombo ripieno d' acqua pesa più che
<lb/>non fa il piombo di che egli è composto per levar via ogni 
<lb/>suo refugio e ogni sua parata pigli due moli eguali di piombo, 
<lb/>e di una di esse ne faccia fare un vaso, è l’ altra si rimanga 
<lb/>nel primo stato e vedra che ripieno il vaso d' acqua, nell'acqua 
<lb/>pesera piu che ‘l piombo, come habbiam' detto. Non 
<lb/>credo già io che un vaso di rame galieggi perche l'aria inclusa 
<lb/>lo renda piu leggieri dell' acqua e percio egli sene stia sopra 
<lb/>l’ acqua ma per la figura, potrobbe ben cio adoperare caso 
<lb/>che l’aria fussi racchiusa e riserrata dentro al vaso con 
<lb/>qualche coperchio di modo che nel profondare il vaso ella 
<lb/>facessi forza per non essere nel proprio luogo e per essere leggieri 
<lb/>e como si è detto, e finalmente per dimostrare che l’assicelle 
<lb/>che si pongano nell' acqua sono puro, e naturale ebano, 
<lb/>e non un composto di ebano e di aria, si che l’ aria possa 
<lb/>contrapesare il grave dell’ ebano piglisi il rimedio del Sig. 
<lb/>G. bagnisi l’ assicella dell’ ebano quasi tutta, e solo vi si lasci 
<lb/>una quanitità di aria quanto unr corda intorno intorno e si 
<lb/>vedra che ella a ogni inodo galleggia, e notisi che la medesima 
<lb/>aria servira a una assicella d' un sesto quanto a una di dieci 
<lb/>braccia, Onde chiarissimamente si vede non essere l’ aria 
<lb/>che fa galleggiare l’ assiceila. Anzi l’ oro ch’ al parere. del S. Galileo è più grave venti volte, che l’ acqua, con la medesima 
<lb/>aria è sollevato a capello che quando non è bagnato. 
<lb/>Adunque è falso che l’ aria aderente sia quella che cagioni il 
<lb/>galleggiare, essendo impossibile, che di quella che rimane
<lb/>come si è detto col l'oro se ne possa fare un composto più leggieri 
<lb/>dell’ acqua. E se nostri avversari da principio non si curavano 
<pb n="48"/>
<lb/>che l’ assicella non si bagnassi questo non ha che fare 
<lb/>con Aristotile e se eglino dicevano che il ghiaccio galleggia 
<lb/>per la figura pensinci loro, solo diro che non so perche 
<lb/>non possa essere che il ghiaccio non si possa dare con la superficie 
<lb/>asciutta e inaridita massimo nel tempo dell’ inverno.
<lb/>,,Potrebbe per avventura.) Forse alcuni.
<lb/>Per qual cagione non si possa bangniare tutta l’ assiceila
<lb/>ma sia necessario il lasciare intorno intorno quelli orli senza 
<lb/>bagnarli direino poco appresso fra tanto concediamo al 
<lb/>Sig. G. che il desiderio di riunirsi che hanno le parti di sopra, 
<lb/>non sia cagione che l’ assicelle bagnate si profondino 
<lb/>nell' aqqua.
<lb/>,,Forse alcuni di quei. (Io per sodisfare
<lb/>Non solo i suoi Aversari ma chi niente sarà esercitato 
<lb/>nel ricercar le cagioni delle cose si maraviglierà che ‘l Sig. G.
<lb/>voglia attribuire allaria superiore quasi una virtùl calamitica,
<lb/>con la quale ella possa sostenere le piastre di ferro, doro, 
<lb/>o di qualsivoglia materia grave. Impercio che fra la calamità
<lb/>e il ferro è una certa natural simpatia dependente 
<lb/>dalla mistione dell’ uno e dell' altro, la quale puo cagionare 
<lb/>fra di loro quella attrazione. Si come noi veggiamo che 
<lb/>piu agevolmente huomo si muovi ad amare uno ch' un 
<lb/>altro, anzi moite volte a odiar senza cagione alcuno e senza 
<lb/>cagione ad amare altri ma qual simpatia puo essere fra 
<lb/>l’aria e la terra se son composti questi dua elementi di qualità 
<lb/>contrarie? Questi è seco e quello è umido questi participa 
<lb/>del calore, e quello della frigidità, forse se alcuno di loro 
<lb/>fusse viscoso e tenace si potrebbe dire che fra di loro si 
<lb/>unissero per quella viscosita. Ma ne anco questa cagoione 
<lb/>nell' aria e nella terra si ritrova. finalmiente se fussi possibile 
<lb/>che la superfice dell' aria si unisse con quella della terra 
<lb/>e delle cose terree, si come fa l’ acqua e l’ aria si potrebbe considerare 
<lb/>qualche attrazione * Il che come ho detto è falso. 
<lb/>Ma a che vo io cercando cagioni e movendo difficultà, se 
<lb/>già per esperienza è manifesto che le piastre del ferro e del 
<lb/>piombo non son sostenute dall' aria, e che l’ aria agevolmente 
<lb/>si separa con l’ acqua come il Sig. G. desidera.
<lb/>,,Io per sodisfare.) or seguitando il mio
<lb/>Quanto alla esperienza del Sig. G. con la quale egli vuol 
<lb/>provare che l’ aria non solo puo reggere le piastre del ferro 
<pb n="49"/>
<lb/>sopra l’ acqua ma che qualsivoglia cosa profondata in essa, 
<lb/>purche ella non sia in gravità molto diseguale dell' acqua, 
<lb/>si puo con laria sollevarla e ridurla nella superficie di quella
<lb/>Il che egli esperimenta pigliando della cera mescolata con 
<lb/>limatura di piombo, si che ella divenga poco più grave dell' 
<lb/>acqua e riducendola in una palla la di cui superficie sia molto 
<lb/>brunita, è tersa, la sommerge nell'acqua e di poi con un
<lb/>bicchiere rivolto la riduce nella superficie del acqua e quivi 
<lb/>la fa fermare. La quale sperienza non pare che sia molto 
<lb/>sicura. Imperciocche l' aria non solleva quella palla se non 
<lb/>per accidente ma si bene l’ acqua nella quale si ritrova la
<lb/>palla si attraè dall'aria unendosi agevolmente la superficie 
<lb/>dell' una, e dell'altra che è attratta con tanta forza ch' ella 
<lb/>puo sollevare la palla che inassa si ritrova. Segno ne sia di 
<lb/>cio che le palle alquanto più grave dell' acqua, non si possano
<lb/>sollevare con quel bicchiere perche l’ aria non attraè con 
<lb/>si gran forza l’ acqua ch' ella possa condur seco le cose molto 
<lb/>più gravi di essa. Il che agevolmente si manifestà con il pigliare 
<lb/>cose che sieno cosi grave nell'aria, come quella cera
<lb/>nell'acqua le quali non si possano sollevare col bicchiere del 
<lb/>Sig. G. Adunque la esperienza del Sig. G. altro non prova
<lb/>se non che l’ aria puo attrarre l’ acqua con si gran forza, che 
<lb/>ella puo sollevare qualche cosa poco più grave di se stessa, 
<lb/>Onde fra l’ aria e la terra, e le cose terree non è simpatia o effinità
<lb/>alcuna che gl' unisca insieme si che non si separino 
<lb/>agevolissimamente. E quantunque mettendo qualche materia 
<lb/>solida nell' acqua, e ritraendola apparisca, che molte 
<lb/>parte di essa, e seguitando la detta materia ascenda sopra 
<lb/>la sua superficie. Nondimeno non son pari l’ aria e l’ acqua 
<lb/>Imperciocchè l' acqua ha una certa tenace viscosità, con la 
<lb/>quale ella si attacca alle cose, onde non si puo cosi agevolmente 
<lb/>spiccare. Anzi si ritrovano dell' acqua cosi bitaminose, 
<lb/>che servono per calcina. Onde Semiramis si servi di 
<lb/>esso bitame a far edificare le mura della gran Citta di Babillonia
<lb/>Per la qual tenacità adiviene che l' acqua appiccandosi 
<lb/>alle cose terree si sollevi sopra la propia superficie. La dove 
<lb/>l’ aria, non sendo viscesa, questo simile accidente non puo 
<lb/>generare, Adunque nell' aria non vi si può collocare questa 
<lb/>virtù calamitica del Sig. G. E quando ella vi si potesse adattare
<lb/>non dimeno potendosi essa con l’ acqua separare si come 
<pb n="50"/>
<lb/>il Sig. G. desidera delle assicelle dell' ebano, ne seguirà 
<lb/>che elleno per altra cagione sopranuotino sopra la superficie 
<lb/>dell' acqua.
<lb/>,,Or seguitando il mio proposito.)
<lb/>Adunque occorre che ricorriamo alla resistenza dell'acqua, 
<lb/>a voler render ragione di questo accidente. La quale 
<lb/>e agevol cosa mostrare essere non solo nell' acqua, ma come 
<lb/>dice Aristotile in tutti gl' elementi, e in tutti i continui. Ma 
<lb/>si debbe avertire che questa resistenza non è tale che repugni 
<lb/>all'intera divisioni, come il Galilei si crede. Ma solo 
<lb/>repugna alla devisione più facile e più dificile Imperciocche 
<lb/>noi veggiamo ch’ il durissimo marmo si scava da una gocciola 
<lb/>d' acqua, come disse Lucrezio, e dappoi lui Propertio
<lb/>E per ingegno humano habbiam veduti scavare i monti come 
<lb/>nel Regno di Napoli apparisce. Adunque fa di mestieri 
<lb/>che dichiamo che niente è in tutto e per tutto è indivisibile.
<lb/>Ma s i bene che una cosa è piu divisibile ch’una altra 
<lb/>che con manco forza, e manco tempo si divide. Anzi Aristotile 
<lb/>prova che ogni continuo è divisibile in infinito in 
<lb/>mille luoghi, onde non si puo dedurre dalla sua dottrina 
<lb/>che egli voglia che l’acqua sia indivisibile dicendo nel capitolo 
<lb/>che siamo per dichiarare che de i continui altri son facili 
<lb/>altri son dificili alla divisione. Ma volendo dimostrare
<lb/>questa resistenza essere in tutti i continui dal senso principiero, 
<lb/>dal quale nostra intelligenza ha suo cominciamento Dico 
<lb/>dunque che movendosi nell' aria e nell'acqua una boccietta 
<lb/>sensibilmente si vede che con piu agevolenza in questa
<lb/>ch’in quella si muove Adunque per qualche cagione cio de' 
<lb/>avenire e questa al mio giudizio sara che l’acqua a maggiore 
<lb/>resistenza che l’aria Non si puo gia dire che questa agevolezza 
<lb/>dependa perche le parte dell' acqua si deano mnuovere
<lb/>e percio in tempo. Inperciocchè tanto si anno a muovere 
<lb/>quelle dell' aria, quanto quelle dell' acqua. E alle ragione 
<lb/>venendo, si puo dire che se l’aria e l’acqua non hanno resistenza 
<lb/>alla divisione adunque il movimento si fara inistante Imperciocchè 
<lb/>ponghiamo ch’un mobile eguale di peso e di figura
<lb/>si deva muovere per ispazio ripieno di corpo ch’abbia 
<lb/>resistenza, per eguale spazio ripieno di corpo che non habbia 
<lb/>resistenza, e ponghiamno che per quello spazio che ha resistenzia 
<lb/>egli si muova in un ora e per quello che non lo ha
<pb n="51"/>
<lb/>in un centesimo d'ora. Il che è impossibile, conciosia che si 
<lb/>come il tempo ha proporzione al tempo, cosi lo spazio dee 
<lb/>havere proporzione allo spazio. Ma la resistenzia, alla non
<lb/>resistenzia non ha proporzione alcuna si come l’ ente al niente, 
<lb/>e il punto alla linea. Adunque il tempo non puo haver 
<lb/>proporzione al non tempo. Onde avverra che se l’aria, e 
<lb/>l’acqua non hanno resistenza ch’ il movimento in loro si fara 
<lb/>in istante. E per piu agevolezza del lettore sia dato il mobile 
<lb/>A. muovasi per lo spazio ripieno di corpo resistente e sia 
<lb/>B. in tempo d'un ora e sia C. e muovasi il medesimo mobile 
<lb/>per lo spazio ripieno di corpo non resistente, e sia D. in 
<lb/>un centesimo d' ora e sia E. dico ciò essere impossibile. Impercioche 
<lb/>la medesima proporzione, che è da B a D deve essere 
<lb/>da C ad E. Ma da B a D non è proporzione alcuna.
<lb/>Adunque da C ad E non sara proporzione alcuna. Adunque 
<lb/>il mobile A si moverà nello spazio ripieno di corpo resistente 
<lb/>in tempo, e in quello ripieno di corpo non resistentè 
<lb/>in instante. Adunque se l' aria, e l’acqua non hanno resistenza
<lb/>il movimento in loro si farà in instante il che è impossibile. 
<lb/>La seconda ragione è che un mobile piu grave si muove nelle
<lb/>cose nelle quali il Sig. G. concede la resistenza, verbi grazia
<lb/>nel piombo piu velocemente ch’un men grave, ma questo 
<lb/>effetto si vede nell' acqua, adunque l’ acqua havrà resistenza. 
<lb/>A questo s' aggiugne, ch’un mobile equale di gravità o leggerezza 
<lb/>ad un altro, ma diseguale di figura, si muove piu velocemente 
<lb/>nell' acqua che quell' altro non fa. Non si puo dire
<lb/>che il mobile piu largo si muova piu difficilmente che lo 
<lb/>stretto, perche piu parte d' acqua si habbino a muovere a concedere 
<lb/>il luogo al largo, che allo stretto, e perche elleno si 
<lb/>devino muovere per maggior spazio, conciosia che se è vero 
<lb/>quello che dice il Sig. G. questo non importi niente. Imperciocche
<lb/>non havendo resistenza l’acqua alla divisione ne 
<lb/>segue ch’il movimento, come ho provato, si faccia in istante, 
<lb/>onde in non tempo tanto si doveranno muovere le particelle 
<lb/>dell' acqua che son sotto la figura larga quanto quelle che 
<lb/>sono sotto la stretta, quantunque elleno fussino piu di numero, 
<lb/>e si havessero a muovere piu spazio. Imperciocche si come 
<lb/>mille punti non fanno una linea, cosi mille istanti non fanno 
<lb/>tempo. Adunque sarà vero che l’ acqua habbia resistenza 
<lb/>alla semplice divisione. Il che dimostra ancora che essendo 
<pb n="52"/>
<lb/>la terra come il Sig. Galileo vuole resistente alla divisione, sarà 
<lb/>necessario che sia ancora gl' altri elementi. Imperciocche 
<lb/>eglino son composti della medesima materia, e della medesima 
<lb/>qualità. Adunque non par sia possibile che la terra habbia 
<lb/>avere uno accidente e una propietà, e non la debba avere 
<lb/>l’ acqua. Dichiamo dunque che tutti gli elementi hanno 
<lb/>resistenza alla divisione e quelli piu che sono piu densi, e 
<lb/>meno dissipabili, e quelli meno che son piu rari e piu dissipabili.
<lb/>La qual densita, e sodezza depende dal freddo, e dal 
<lb/>secco, ò la rarità, e la dissipabilità dal caldo. Onde aviene che 
<lb/>quelli elementi che per lor natura, o per la lontananza del cielo 
<lb/>son piu freddi, e piu secchi, sono piu densi, e hanno maggior 
<lb/>resistenza alla divisione, e quelli son piu caldi son piu rari
<lb/>hanno meno resistenza. Ora ci resta a considerare le ragioni 
<lb/>del Sig. G. con le quali egli s' ingegna di dimostrare il contrario. 
<lb/>Diceva egli primieramente che questa resistenza non 
<lb/>si ritrova nell' acqua. Imperciocche s' ella vi fusse tanto sarebbe 
<lb/>nelle parti interne quanto in quelle vicine alla superficie.
<lb/>Adunque l’ assicella tanto dovrebbe fermare nel mezzo 
<lb/>dell' acqua quanto nella superficie. In rispondendo a questo
<lb/>dico che la medesima resistenza è nelle parti interne del
<lb/>l' acqua che nelle esterne, segno ne sia di ciò come si è detto
<lb/>che piu veloce si muove nell' acqua un mobile di figura stretta
<lb/>che di figura larga, anzi se la detta resistenza non fusse nelle 
<lb/>parte interne dell’ acqua seguirebbe ch’il movimento si facesse 
<lb/>in quelle in istante. Per qual cagione l’ assicella si quieti 
<lb/>nella superficie, e non nelle parte interiori dell' acqua poco 
<lb/>appresso diremo. Secondariamente diceva che se l’acqua 
<lb/>avesse resistenza, si vedrebbe qualche corpicello sopra quella 
<lb/>quietare, ma non si ritruova alcun corpo di qualunque 
<lb/>materia, figura, o grandezza, resti dalla tenacità di essa impedito.
<lb/>Il che egli prova con l’ esperienza dell' acqua torbida
<lb/>che si ripon ne' vasi ad uso di bere, ne' quali in cinque, o sei 
<lb/>giorni andandosene la terra che per essa si ritrova al fondo, 
<lb/>resta pura, e liinpida. In quanto a che non si ritrovi cosa alcuna 
<lb/>che per la resistenza dell’ acqua sopranuoti sopra di essa, 
<lb/>questo pare che repugni al senso, veggendo noi, che la polvere 
<lb/>non solo per l’acqua, ma ancora nell' aria galleggia, come 
<lb/>poco appresso diremo. Quanto alla esperienza dell’ acqua
<lb/>torbida si debbe avertire, che ella dura tanto tempo a ristirarsi, 
<pb n="53"/>
<lb/>non perchè quelle particelle di terra non possino in 
<lb/>tanto tempo penetrare la crasizie dell’ acqua ma perche sono
<lb/>miste fra di loro la terra e l’acqua, onde ci vuol quel tempo
<lb/>si grande a disfare quella mistura, come ancora al dividere 
<lb/>la resistenza dell’ acqua. segno ne sia di cio che l’ acque 
<lb/>torbide si rischiarano piu quando è lume di luna che quando 
<lb/>non è, e quando tira vento che quando non tira, anzi molte 
<lb/>acque si rischarano più presto, e molte più adagio, si come 
<lb/>dell’ acqua del Tevere, e dell' acqua, d'Arno aviene. Il che 
<lb/>io attribuirei alla maggiore e alla minor mistura di esse. Ma 
<lb/>io crederei che questa sua esperienza non solo non atterassi 
<lb/>la resistenza dell’ acqua, ma ancora la provasse. Imperciocchè, 
<lb/>se quello spazio, che tanta terra quanto una vecchia 
<lb/>passa per un centesimo d' ora, e forse meno, quelle particelle 
<lb/>che sono nell' acqua torbida vi spendano quattro o sei giorni, 
<lb/>solo per non poter penetrare e rompere la crasizie dell’ 
<lb/>acqua, mi pare che si possa dire che l’acqua, habbia resistenza, 
<lb/>se ella ritarda al movimento Non è già semplicità il dire
<lb/>che una cosa repungni alla divisione che si lasci dividere
<lb/>Anzi è semplicità il dire il contrario. Impercio secondo il 
<lb/>Sig. G. il maimo non resiste alla divisione, e non dimeno 
<lb/>egli si lascia dividere da una gocciola d' acqua; e ben vero 
<lb/>che a dividerlo ci vuole quasi una età, la dove quella in un 
<lb/>momento divide è penetra l’aria, o simil cose dissipabili
<lb/>Adunque è di necessità dire ch' il marmo resista alla divisione 
<lb/>più che non fa l’aria ma non gia che non si possa dividere, 
<lb/>anzi ch'ogni miinimo corpicello lo divide. Si deve per 
<lb/>cio avertire che tutti i continui son resistenti alla divisione
<lb/>ma non gia indivisibile Basta dunque il ritrovare corpi che 
<lb/>si miuovino agiatamente nell' acqua quantunque ancora si è mostrato 
<lb/>che alcuni sene ritrovano che sopra di essa si quietano
<lb/>Ma venendo alla terza ragione fondata sopra la sperienza 
<lb/>d' una falda di cera che sia cosi eguale in gravita all' acqua che 
<lb/>resti sotto la superficie di essa. La quale con un gran di piombo 
<lb/>si fa profondare et essendo nel fondo levatogli quel poco 
<lb/>di peso sene torna a galla, dico che questa esperienza 
<lb/>prova agevolmlente la resistenza dell' acqua, imperciocchè 
<lb/>se piglieremo la medesima cera, e la ridurremo in una palla
<lb/>si vedrà quanto più veloce si muovè la palla nel salire e nello, 
<lb/>scendere, che non fara la piastra. Non è gia maraviglia 
<lb/>che quelle piastre di cera con un grano di piompo si faccino 
<pb n="54"/>
<lb/>andare al fondo, e detrattolo ritornare a galla. Imperciocchè 
<lb/>fra la gravità e la leggerezza vi e un mezzo che e come un 
<lb/>punto fra due linee  il quale come si passa, agevolmente si divien 
<lb/>grave e leggieri, e percio quel poco di piombo puo cagionare
<lb/>questo effetto Era la quarta ragione che una trave 
<lb/>molto grande si muove trasversalmente per l’acqua tirata 
<lb/>da un capello onde non pare che l’acqua habbia alcuna resistenza
<lb/>se non puo resistere alla forza fattagli mediante un 
<lb/>minimo capello, alla quale esperienza si deve avertire che 
<lb/>le cose che si ritrovano nella superficie dell’ acqua, anzi che 
<lb/>sono mezze in aria, e mezze in acqua, non occupando loro 
<lb/>molto acqua si possano muovere per il traverso agevolmente
<lb/>e quelle che molto si profondano sotto il livello della superficie 
<lb/>dell’ acqua, si muovano meno agevolmente per occupar 
<lb/>molto di essa. Onde aviene ch’ ogni minima forza
<lb/>possa mnuovere questo, e non quelle Anzi con questa esperienza 
<lb/>si vede l’acqua haver resistenza alla divisione. Imperciocchè
<lb/>secondo il Sig. G.tanto si muove velocemente una 
<lb/>gran quantità di legno, quanto una piccola adunque tanto veloce
<lb/>si dovrebbe muovere una gran trave di legno quanto 
<lb/>una piccola se amendue fussero tirate da un sottil capello. La 
<lb/>dove apparisce che una gran trave si muove lentesimamente
<lb/>e una piccola particella di essa molto piu velocemente 
<lb/>muove. Adunque fa di mestieri che dichiamo che la trave 
<lb/>si muove lentemente perche a da superare molte parte 
<lb/>d' acqua, e quella parte di essa piu velocemente per havere 
<lb/>a superarne poche. Onde a ragione il Sig. G. da per 
<lb/>se s' impungna ricercando qual sia la cagione se l’acqua 
<lb/>non ha resistenza che i navili hanno di bisognio di tanta 
<lb/>forza di vele, e di remi a muoversi ne laghi stangnanti, 
<lb/>e nel mar tranquillo. E rispondendo a questo dubbio par 
<lb/>che supponga una proposizione demostrata da Aristotile
<lb/>che tutto quel che si muove si muove in tempo, ma avertisca 
<lb/>il Sig. G. che questa proposizione depende da quel 
<lb/>principio che egli niega, cioè dalla resistenza de mezzi imperciocchè 
<lb/>se l’aria, e l’acqua non havessero resistenza seguirebbe
<lb/>in dottrina di Aristotile che tutto quel che si muove 
<lb/>in esse si dovesse muovere in uno istante. E per cio quando
<lb/>il Sig. G. dice, che non havendo l’acqua resistenza, quello 
<lb/>che si muove in essa, si muove in tempo, pare che da per se
<pb n="55"/>
<lb/>stesso destrugga le sue conclusione, non avertendo che piglia 
<lb/>le proposizioni demostrate da Aristotile mediante i
<lb/>principi che egli niega. Adunque sara vero che l’ acqua habbia 
<lb/>resistenza, e per ciò che i navili nel mar tranquillo, e ne 
<lb/>laghi stagnanti, habbino bisogno di si gran forza di remi e di 
<lb/>vile, si deve bene avertire che quanto più saranno carichi
<lb/>tanto saranno più dificili ad essere mossi onde poste due nave 
<lb/>che egualmente si profondino nell' acqua, se una sarà carica
<lb/>e l’altro scarica che più velocemente dalla medesima forza 
<lb/>sara mossa questa, che quella e cio perche la forza non solo 
<lb/>ha da fender' l’acqua, ma a portare il maggior peso della 
<lb/>nave carica. E nella nuova agiunta il Sig. G. constituendo 
<lb/>due maniere di penetrare l’una quando si penetra le cose 
<lb/>continue, e l’altra quando si penetra le cose contigue, dice 
<lb/>che nella prima penetrazione de continui e necessaria la divisione, 
<lb/>ma nella penetrazione de' contigui non fa di bisognio 
<lb/>di dividere ma solamente di muovere. quindi parendogli 
<lb/>di dire una cosa tanto contraria al senso dice che si sente 
<lb/>inclinare a credere che l’acqua sia un corpo contiguo, 
<lb/>quantunque a quello mi vien detto egli è in tal cosa risolutissimo
<lb/>ma perchè e cosa tanto strana la va adombrando con dire che 
<lb/>non è ben risoluto, ma se non è risoluto si in tanto potrebbe risolvere. 
<lb/>E noi gli dimiostreremno essere in possibole che 
<lb/>l’acqua sia un corpo contiguo ma senza dubbio e continuo. 
<lb/>Imperciocchè quello si chiama un corpo continuo che ha 
<lb/>un medesimo movimento e tanto e piu seniplice continuo
<lb/>quanto più è semplice il movimento e perciò piu e continuo 
<lb/>una gamba dal ginocchio sino alla appiccatura del pie 
<lb/>che non è tutto un braccio, e questo aviene perche il braccio 
<lb/>e diviso in due, parte e poi congiunto con la legatura 
<lb/>del gomito e la gamba non ha legatura alduna. Onde se noi 
<lb/>ritroveremno che le parte dell’acqua si muovino d' uno istesso 
<lb/>movimento nel medesimo tempo, sara manifesto, che l’acqua 
<lb/>sia un corpo continuo Ma questo si vede mianifestamente
<lb/>imperciocchè cadendo una gocciola d' acqua in terra, veggiamo 
<lb/>tutta d' un medesimo movimento unirsi in se stessa.
<lb/>Il che non segue de i corpi contigui come se noi gettassimo 
<lb/>in terra, un monticello di rena o di polvere ella non solo s'unira
<lb/>insieme, ma si sparpagliera Anzi il Sig. G. dimostra per 
<lb/>sensibile esperienza che l’acqua s' attacca alle cose terree che
<pb n="56"/>
<lb/>di quella si traggano. Il che non può seguire, se l’acqua 
<lb/>non è corpo continuo. Imperciocchè i corpi contigui non
<lb/>essendo uniti non possano reggersi l’un l'altro come nella 
<lb/>polvere si vede. Adunquo se alla falda del piombo del Sig. 
<lb/>G. s' attacca una altra falda d' acqua, sara necessario che l’acqua 
<lb/>sia continua, non si vedendo la cagione perche le parte 
<lb/>indivisibili dell' acqua si puossino unire insieme in quella 
<lb/>falda essendo contigue. E di piu in che modo dell' assicelle 
<lb/>dell' ebano, e dell' aria so ne fa un composto si come il Sig. 
<lb/>G. vuole se l’ aria è contigua. quale è quella virtu3, che unisce 
<lb/>quelle particelle dell’ aria si che le si uniscino a formare 
<lb/>quel composto. qual virtù calamitica le ritiene insieme. 
<lb/>Adunque pare che sia necessario che l’acqua e l’aria sia un 
<lb/>corpo continuo, e non contiguo. In oltre il Sig. G. concede 
<lb/>che la terra e le cose terree sien corpi continui. Ma dee 
<lb/>avvertire che questo effetto dalla acqua dipende. Imperciocchè 
<lb/>se non fusse l’acqua, la terra come fredda e secca
<lb/>non starebbe unita, anzi resterebbe in guisa che si vede la cenere
<lb/>e la sua gran mole agevolmente si sparpaglerebbe. Il 
<lb/>simile si vede nella cenere, nella farina, nella polvere, e in 
<lb/>molte altre cose contigue che mediante l’acqua si fanno continue. 
<lb/>e non dovian dire che ella sia continua?
<lb/>Quanto a quella sperienza della divisione che è diversa nell' 
<lb/>argento sodo, e nell' argento fuso, non dimostra s' io non 
<lb/>m' inganno che l’argento fuso sia senza resistenza, e ch' il sodo 
<lb/>habbia resistenza alla divisione. ma che l’argento sodo è 
<lb/>piu dificile, e il fuso è piu facile al dividersi. Imperciocchè 
<lb/>essenldo i metalli esalazioni e vapori acquei nelle viscere 
<lb/>della terra dal freddo congelati, percio hanno la resistenza 
<lb/>della terra, come nel ghiaccio apparisce. quando poi dal
<lb/>caldo si liquefanno si riducano alla lor primiera natura cioè 
<lb/>alla resistenza dell' acqua. Non so gia ritrovare in che maniere 
<lb/>il Sig. G. voglia che i metalli si dividino quasi in parte 
<lb/>indivisibili da i sottilissimi aculi del fuoco. e quali sien questi 
<lb/>aculi che in esso si ritrovano. se pero egli non vuole che 
<lb/>le cose si componghino di atomi, e di parte indivisibili. Il 
<lb/>che non posso credere, come quel che repugna alle sue Matematice.
<lb/>le quali non concedano che la linea e si componga 
<lb/>di punti. Oltre a che ci sono infinite ragioni d'Aristotile
<lb/>alle quali il Sig. G. doveva rispondere. Ma per dimostrare, 
<pb n="57"/>
<lb/>che ancora nell' argento fuso sia resistenza alla divisione, 
<lb/>si potra pigliare due moli eguali di peso e di materia, 
<lb/>e diseguali di figura, verbi grazia una ritonda, e l’ altra di figura 
<lb/>piana, e si vedra, che la ritonda si movera per entro a 
<lb/>quello piu veloce, e quell' altra piu lenta. Adunque sono i 
<lb/>corpi fluidi, e l’ acqua istessa corpi continui e non contigui, 
<lb/>onde fa di mestiero, che i solidi che si mettano nell'acqua 
<lb/>penetrino dividendo, e non movendo. E percio molti corpiccioli 
<lb/>piccoli, come la polvere, galleggiano nell' acqua, 
<lb/>non potendo fendere la continuita di essa. Adunque l’ acqua
<lb/>ha resistenza all' esser divisa, si come hanno tutti gli altri 
<lb/>elementi, e i composti di essi. Quello provi la macina
<lb/>natante nell' acqua tirata da un sottil capello, e quello provi 
<lb/>le piastre della cera gia si è detto. Segue ora che ricerchiamo 
<lb/>la cagione perche l’ assicelle dell' ebano, e le falde 
<lb/>del ferro, e del piombo quando sono asciùte galleggiano 
<lb/>sopra dell' acqua, e quando son bagnate se ne vanno al fondo.
<lb/>Non tenendo per vere quelle che ne adduce il Sig. G. 
<lb/>Imperciocchè è falso, che quella resistenza che habbiam
<lb/>provato esser nell' acqua, sia piu nelle parte superficiali, che 
<lb/>nelle parti interne, non apparendo il perche e veggendosi 
<lb/>per il senso altrimenti. Similmente la seconda, che le falde 
<lb/>habbi a cominciare il movimento nella superficie il quale 
<lb/>si comincia piu difficilmente, che egli non si seguita, non 
<lb/>pare possa esserne la cagione, quantunque io non nieghi, 
<lb/>ch’ egli possa adoperar qualchecosa. vedendo noi, che se le 
<lb/>cose gravi si muovano, si muovono piu velocemente quando 
<lb/>sono piu vicine al centro, movendosi pero d un medesimo 
<lb/>mezzo. Onde fa di mestiero il ricercarne nuova, e vera
<lb/>cagione. E questa senza dubbio credo che sia, Che l’ acqua, 
<lb/>oltre a quella resistenza che habbiam detto ch' ella ha, 
<lb/>insieme con tutti gli altri continui, ne ha un' altra. Imperciocchè 
<lb/>noi veggiamo, che tutte le cose che hanno l’essere
<lb/>desiderano la propia conservazione, e quella alloro potere 
<lb/>difendano. Quindi è che le piante sfuggono naturalmente 
<lb/>luggia a loro nocevole, e che gl' uccelli, e i pesci mutano
<lb/>secondo i tempi luoghi e regioni. anzi l’ acqua cadendo sopra 
<lb/>la terra s' unisce in figura rotonda per potere meglio difendersi. 
<lb/>Adiviene ancora per questa ragione, che gl' elementi 
<lb/>al suo luogo si muovono, perche in quello da i contrarii 
<pb n="58"/>
<lb/>meglio si difendano. Stando dunque questa proposizione, 
<lb/>aviene che tutti gl' elementi devano resistere alla divisione. 
<lb/>Imperciocchè da quella depende il lor propio distruggimento.
<lb/>Conciosia che gl' elementi e i composti da
<lb/>quelli essendo composti di contrarie qualita continuamente 
<lb/>fra loro si distruggano. onde passando l’ assicella dell' ebano 
<lb/>per l’acqua, come quella che è un misto terreo, viene 
<lb/>a corrompere qualche particella dell’ acqua, e perciò ella resta
<lb/>unita non desiderando la divisione, perche da quella ne 
<lb/>nasce la sua corruzione. La dove quando l’ assicella è bagnata
<lb/>si lieva via questa resistenza, e percio non resistendo 
<lb/>l’ acqua, come quella che non sente il contrario, puo l’ assicella 
<lb/>scorrere a suo piacere verso il fondo. In oltre egli non 
<lb/>è dubbio, che a volere generare questo accidente ci vogliano 
<lb/>due continui, l'uno è l'assicella dell'ebano, l’altro è l'acqua.
<lb/>Ma non si avede il Sig. G. che bagnando l’assicella di
<lb/>due continui se ne viene quasi a fare uno, perche la superficie 
<lb/>dell' assicella, dove che di sua natura è arida, bagnandosi 
<lb/>diviene humida si come è l’ acqua. Per le quali ragioni si 
<lb/>dee credere, che la detta assicella galleggi sopra dell’ acqua.
<lb/>Non par gia sia vero, che la detta assicella possa essere retta 
<lb/>dall’ aria contigua, e che di essa, e dell’ aria se ne faccia un 
<lb/>misto mnen grave dell' acqua. Imperciocchè come habbiam 
<lb/>detto preso dell' acqua, e bagnata l’assicella sino a tanto, che
<lb/>intorno intorno vi resti tanta aria, o altra materia, che non 
<lb/>sia acqua, come olio, mele, o simili, si vede che ad ogni modo 
<lb/>quella sopranuota. Adunque pare, che si debba dire che 
<lb/>l' assicella dell' ebano, e le piastre del ferro, e del piombo non
<lb/>galleggino per l’ aria aderente per virtu calamitica, ma si bene 
<lb/>per le gia dette ragioni. Imperciocchè essendo l’ acqua 
<lb/>corpo denso e sodo, e percio resistente, e desiderando di restare 
<lb/>unita viene aver tanta virtu, che l’ assicella con la sua
<lb/>inclinazione non la puo superare, e per tal cagione sopranuota 
<lb/>nell' acqua. Quindi agevolmente si scioglie ongni 
<lb/>difficulta. Imperciocchè la detta assicella non sopranuota 
<lb/>nell' aria, perche ella non è cosi densa e cosi resistente come 
<lb/>l’ acqua. e l’assicelle del noce del Sig. G. non restano al fondo
<lb/>perche non vi è quella resistenza che nella superficie si 
<lb/>ritrova, cioe quella che depende dal desiderio dell' acqua 
<lb/>della sua conservazione. Adunque fermiamo questa conclusione,
<pb n="59"/>
<lb/>che la quiete delle cose gravi nella superficie dell' 
<lb/>acqua sia accidentale, e dependa da uno iinpedimento che 
<lb/>da tre cagioni sia composto, il quale non lasci che le cose 
<lb/>gravi che di lor natura nell' acqua se ne andrebbano al fondo, 
<lb/>possino eseguire il lor movimento. E queste tre cagioni 
<lb/>sono la figura larga, la resistenza dell' acqua come densa, 
<lb/>e soda, e la resistenza di cosa che depende dal desiderio del 
<lb/>suo propio conservamento.
<lb/>,,Ora poi che) Voglio
<lb/>Avendo dimostrato non essere in tutto, e per tutto vera 
<lb/>la cagion del Sig. G. &amp; havendone addotta quella che ci è 
<lb/>parsa più vera li resterebbe a considerare le sue demostrazioni, 
<lb/>ma da poi che elleno si sostengano sopra dua principi 
<lb/>falsi, l’uno è l’ aria aderente con virtu calamitica, e l’ altro 
<lb/>che l’assicelle habbino gia penetrato la superficie dell’ acqua
<lb/>ho estimato bene il tralasciarle. Anzi essendo ancora veri 
<lb/>i suoi principii pare che le sue demostrazioni sieno alquanto 
<lb/>manchevoli. Imperciocche egli suppone, che gli arginetti 
<lb/>dell' acqua, che sono intorno all' assicella dell'ebano
<lb/>sieno ad angoli retti, &amp; eglino sono rotondi, onde vengano 
<lb/>a contenere piu aria che egli non suppone. Il che agevolmente
<lb/>apparisce. sia per essemplo la superficie dell'acqua 
<lb/>ABCD sopra la quale si ponga l’ assicella che profondandosi 
<lb/>nell'acqua fa gli arginetti rotondi B C come 
<lb/>nella assicella FB apparisce.
<lb/>Supponendo dunque il Sig. G. che gli arginetti sien retti
<lb/>viene a pigliare tanto nmanco d' aria quanto è dal retto al ritondo, 
<lb/>come nella figura si vede. Ma chi non sa che ogni 
<lb/>minima variazione muta le proposizioni Geometrice? 
<lb/>Adunque bisogna che diciamo che le dimostrazioni del Signor 
<lb/>G. per questo sieno alquanto diffettose. Quanto a 
<lb/>quali sieno quei corpi, e di che figura, che possano sopranotare
<pb n="60"/>
<lb/>per accidente nell'acqua, mi riserbo a dirlo quando espricherò 
<lb/>Aristotile.
<lb/>,,Voglio con  un' altra esperienza) Ho detto.
<lb/>Avanti ch' io venga a considerare quella parte dove il Signor 
<lb/>G. impungna precisamente Aristotile mi è paruto conveniente 
<lb/>il considerare l’ ultima esperienza, colla quale il 
<lb/>Sig. G. vuole provare che le piastre del piombo galleggino 
<lb/>sopra l’ acqua, mediante la virtu dell' aria. quantunque se mi 
<lb/>ricordo questa è una ragione altre volte da lui proposta. 
<lb/>Ma che? questo è il suo solito. Onde se per fortuna nel 
<lb/>mio trattato ci fusse contra il buon ordine, qualche repricazioni, 
<lb/>spero che mi s' habbia a perdonare dovendo io rispondere 
<lb/>al Sig. G. che di esse non si è molto guardato. E 
<lb/>questa è che una falda di piombo eguale di peso ad una palla
<lb/>poste amendue nella superficie dell' acqua si come l’ assicelle
<lb/>la falda sara molto piu difficile a sollevare che la palla.
<lb/>Adunque si come l’ acqua s' attacca alla piastra di piombo 
<lb/>mentre si solleva dalla sua superficie. cosi l’aria si dovra attaccare 
<lb/>a quella mentre ella si profonda nell’ acqua. La qual 
<lb/>consequenza io crederei che si potesse negare. Imperciocchè 
<lb/>si come habbiam detto l’ acqua ha una certa viscosita, con 
<lb/>la quale ella s' attacca alle cose e particularmente alle terree
<lb/>della quale è privata l’ aria. Onde adiviene, che l’ acqua si 
<lb/>attacca alla piastra e l’ aria non si puo attaccare. In oltre fra l’ 
<lb/>acqua e la terra puo esser qualche simpatia, havendo fra di loro 
<lb/>una qualita comune, quale è la frigidità. La dove l’ aria e 
<lb/>la terra, come composte di contrarie qualita non possono 
<lb/>havere alcuna convenienza. E percio io mi persuado che 
<lb/>questo effetto possa accadere nell' acqua, e non nell' aria,
<lb/>e tanto più mi ci confermo, quanto si vede che non è l’ aria, 
<lb/>che è cagione che le piastre e altre cose simile galleggino 
<lb/>nell' acqua come si è detto. Adunque è manifesto la cagione 
<lb/>perche le piastre del piombo, e altre cose simili si quietano 
<lb/>accidentalmente nell' acqua, ci resta a considerare quello 
<lb/>dice il Sig. G. contro a Aristotile.
<lb/>,,Ho detto) quanto al primo punto
<lb/>Havendo sin qui considerato quello che in questa dubitazione 
<lb/>ha detto il Sig. G. e non ci essendo cosa che sia contro 
<lb/>ad Aristotile ci resta a considerare quello che egli gli 
<lb/>oppone nel fine del quarto del Cielo. Nella qual considerazione
<pb n="61"/>
<lb/>ho giudicato esser bene addurre le parole del testo 
<lb/>Greche, e dipoi volgarizzarle, si come nella sua Poetica fa 
<lb/>il doctissimo Cavalier Salviati. Imperciocchè in tal maniera 
<lb/>adoperando piu agevolmente si vedra la 'ntenzione 
<lb/>del Filosofo, e si scorgera qual sia il vero volgarizzamento. 
<lb/>Egli non è dubbio, che Aristotile si in questo luogo, come 
<lb/>in tutti gli altri, è stato di parere che la figura non possa cagionare 
<lb/>il muoversi, e il non muoversi semplicemente al 
<lb/>centro o alla circonferenza. e percio molto mal pare al Sig. 
<lb/>G. che egli nel rendere la cagione del sopranuotare delle 
<lb/>piastre di ferro e di piombo sia stato di contrario parere. la 
<lb/>qual cagione s' egli, o il Sig. G. l'avrà bene incontrata, da 
<lb/>quello si dirà si potra dedurre agevolmente.
<lb/>,,Quanto al primio punto. 
<lb/>Queste son le parole precise.
<lb/>Ma le figure non son cause del muoversi seunpticemente o 
<lb/>in su o in giu, ma del piu tardi, e piu veloce, per quali cagioni
<lb/>non è difficile il vedere. Tre sono l’esposizioni, che si 
<lb/>possono dare a questo luogo. La prima congiugnendo la 
<lb/>dizione semplicemente alla dizione figure. La seconda alla 
<lb/>dizione cause. La terza alla dizione muoversi, tutte le quali 
<lb/>son verissime, e niuna di esse ripugna ne ad Aristotile, ne 
<lb/>alla natura di quel che si tratta. e dalla uttima incominciando.
<lb/>Notisi che nel testo d'Aristotite tre sono i termini, &amp; 
<lb/>non quattro, come dice it Sig. G. cioe movimento piu tardo, 
<lb/>e piu veloce, non ci essendo la quiete, ne il tardi, e il 
<lb/>veloce. e percio nominando Aristotile le figure con cause 
<lb/>del piu tardi, e piu veloce, ed esciudendole dal movimento 
<lb/>semplice e assoluto, ancora l’esclude dalla quiete semplice e 
<lb/>assoluta: ma non da ogni quiete. Imperciocchè la quiete 
<lb/>altra è naturale, e altra accidentale. Si come si dice, che il 
<lb/>fuoco si quieta naturatmente nella sua sfera, e per accidente 
<lb/>nelle viscere della terra. Onde è manifesto che Aristotile 
<lb/>afferma le figure non esser cagione del moto semplice, e in 
<lb/>consequente della quiete semplice e assoluta, ma non d' ogni
<lb/>quiete. Conciosia che la mnedesima cagione, che negli elementi 
<lb/>produce il movimento naturale, produce ancora la 
<lb/>quiete naturale, segno ne sia la terra, che per la gravità, al 
<pb n="62"/>
<lb/>centro si muove, e per quella ancora nel centro si quieta: e 
<lb/>il fuoco, che per la leggerezza ha il suo natural movimento 
<lb/>e la quiete. La dove la quiete accidentate ha diversa cagione 
<lb/>da quella del natural movimento. Imperciocchè il 
<lb/>fuoco si quieta accidentatmente nelle viscere della terra per 
<lb/>la gran resistenza di essa, e per la propia leggerezza naturalmente 
<lb/>si muove. Adunque chi dicesse le figure non esser 
<lb/>cagion del muoversi semplicemente, ma si bene in qualche 
<lb/>maniera della quiete accidentate, favellerebbe dirittamente. 
<lb/>Se il Sig. G. mi domandasse quali sieno quelle figure, 
<lb/>che cagionano nell' acqua la quiete accidentale in quei corpi, 
<lb/>che naturalmente si moverebbano, gli risponderei quelle 
<lb/>essere le larghe e sottili, e se egli repricasse, adunque quelle 
<lb/>ritonde e gvosse saranno causa di muoversi. gli direi ciò 
<lb/>esser falsissimo. Imperciocche quantunque si vegga le falde
<lb/>del ferro e del piombo quietarsi sopra dell’ acqua, e ridotte 
<lb/>in figura rotonda muoversi. non per questo la figura rotonda 
<lb/>sarà cagione di quel moto, ne ancora, come rimovente 
<lb/>lo 'mpedimento. Conciosia che la resistenza dell' acqua e 
<lb/>la figura larga siano lo 'mpedimento, che ritiene le piastre 
<lb/>del ferro e del piombo, e percio chi muta la figura larga in
<lb/>rotonda è cagione rimovente lo 'mpedimento, e non la figura 
<lb/>rotonda. Ma quando si concedesse ancora che la figura 
<lb/>rotonda fusse cagion come rimovente lo 'mpediniento, non 
<lb/>sarebbe cosi come vi pensate dirittamente contro ad Aristotile.
<lb/>Imperciocche egli dice, che le figure non son causa 
<lb/>del movimento semplice e non del movimento in genere.
<lb/>Onde quando la figura rotonda fosse cagione del movimento,
<lb/>come rimovente lo 'mpedimento non sarebbe cagione 
<lb/>del movimento semplice e naturale, se non per accidente; 
<lb/>e se quella materia che sotto diverse figure si ritrova
<lb/>non fusse atta a muoversi in recto naturalmente mal si potrebbe 
<lb/>muovere, mutandola in qual si voglia figura. E perciò 
<lb/>havendo Aristotile escluse le figure come cagioni del 
<lb/>moto semplice e naturale, e in consequenzia della quiete naturale, 
<lb/>a ragione dubita, perche le falde del ferro e del piombo 
<lb/>si quietino sopra dell' acqua, potendosi sempre dubitare, 
<lb/>se si quietano naturalmente, dove ch' egli dimostra che elleno 
<lb/>sopranuotano per altra cagione, e accidentalmente. 
<lb/>Adunque è manifesto che Aristotile conclude le figure non 
<pb n="63"/>
<lb/>essere cagioni del movimento semplice, e in consequenza 
<lb/>della quiete naturale, ma si bene del piu veloce e del piu tardo, 
<lb/>e che egli non nega che le figure, in qualche guisa, possano 
<lb/>cagionar la quiete accidentale, come egli poco appresso 
<lb/>manifestarà. Onde non apparendo la mente di Aristotile 
<lb/>inconsequenzia contro a' nostri aversari, non è forza che 
<lb/>la loro esposizione non sia precisamente tale. se poi da loro 
<lb/>avete altramente inteso, questo puo essere agevolmente. 
<lb/>La seconda esposizione. congiugnendo la dizione semplicemente 
<lb/>alla dizione cause dal Sig. G. stimata di celebri interpreti, 
<lb/>ma fuori di ragione, quantunque questa possa essere 
<lb/>del Buonamico, tuttavia per non averla egli detta nell' esposizione 
<lb/>di questo luiogo, è per essere esposto come diremo 
<lb/>diversamente da Temistio, Simplicio, Averroe, e San Tornmaso, 
<lb/>i quali si deono chiamare celebri commentatori di
<lb/>Aristotile, o non la chiamerei di celebri commentatori. Ma 
<lb/>sia come si vuole questa esposizione o del Buonamico o de 
<lb/>vostri avversari o di qual si voglia, è verace e buona, e in 
<lb/>tal guisa si può ottimamente intendere Aristotile quasi egli 
<lb/>dica che le figure non sien cagioni semplicemente del movimento, 
<lb/>ma del piu tardi, e del piiu veloce.
<lb/>,,Intorno questa esposizione.
<lb/>Quanto alle difficultà proposte dal Sig. G. è agevole la 
<lb/>risposta. E dalla prima incominciando. Dico che se il Signor 
<lb/>G. si come si da ad intendere havesse ben visto e letto 
<lb/>Aristotile, poteva far di meno di non addurre questa ragione,
<lb/>e questa difficultà. Imperciocchè havrebbe ritrovato 
<lb/>ne gl' Elenchi, e nella difesa de' Poeti nel fine de i libri della 
<lb/>Poetica, che quando le parole nella testura generan difficultà 
<lb/>e contrarietà a coloro che le scrivono, si deono correggere
<lb/>cioe per la divisione, e col punteggiare
<lb/>ben le scritture. E se egli non credeva ad Aristotile dovea 
<lb/>legger Quintiliano nel settimo libro dove e' tratta dell’ ambiguità. 
<lb/>Ma secondo mi vien referto il Sig. G. si comipiace 
<lb/>di studiar le cose in su il libro della natura, e non vederle 
<lb/>sopra le fatiche de valent' huomini. E percio se la dizione  
<lb/>sempicemente cagionasse contrarietà accoppiata con la dizione 
<lb/>muuoversi, il che non è vero, si dovrebbe adattarla in 
<lb/>altra maniera. Si come fece Aristotile difendendo Empedocle.
<lb/>Il quale in un sol verso si contrariava infinitamente
<pb n="64"/>
<lb/>come si è detto. Oltre a che non ci doviam maravigliare, 
<lb/>che Aristotile collocasse in tal guisa la dizione. Impercioche 
<lb/>a chi vuole scriver bene fa di mestiero l'accomodar 
<lb/>le parole dove elle rendono miglior suono. onde Aristotile
<lb/>che col testimionio di Cicerone scrisse ottimamiente
<lb/>tra i Greci, cosi le volle ordinare. Conciosiache il punteggiare 
<lb/>sia quello che renda chiara ogni scrittura.
<lb/>,,Di piu se l’intenzione d'Aristotile) Aggiungo che se.
<lb/> 
<lb/>Quanto al secondo, affermo che il dire non son cause 
<lb/>semplicemente del moto, ma del moto piu tardi e del piu 
<lb/>veloce, non solo è superfluo e falso, ma necessario e vero. 
<lb/>E notisi che Aristotile dice piu tardi e piu veloce, e non tardi 
<lb/>e veloce. Il che si mette in considerazione non perche 
<lb/>importi alla nostra dubitazione, ma per mostrare che si debbe 
<lb/>andar cauto nell’ esporre gli autori, e non pigliare un termine 
<lb/>per uno altro. Imperciocche tre sono le cagioni assolute 
<lb/>del piu tardi e del piu veloce nel movimento, la maggiore 
<lb/>o minore inclinazione del mobile, la resistenza del 
<lb/>mezzo, e la varietà della figura. Della maggiore o minor
<lb/>inclinazione del mobile non pare possa cader sotto dubitazione. 
<lb/>Quanto alla resistenza già si è detto a bastanza. Ci 
<lb/>resta dunque a dimostrare che la varietà della figura renda assolutamente e di sua natura e per se il movimento piu tardi 
<lb/>e piu veloce. Il che pare che il Sign. G. altre volte conceda, 
<lb/>come che ora si nieghi per troppa vaghezza di contradire.
<lb/>Impercioche dice a carte 26. Puo ben l’ampiezza della 
<lb/>figura ritardar la velocità tanto della scesa quanto della 
<lb/>salita. e a car. 33. E di tal tardità ne è veramnente cagione la figura. 
<lb/>Ma perche egli potrebbe sfuggire in dicendo, che intende 
<lb/>che la figura sia cagione per accidente, e non semplicemente, 
<lb/>perciò cosi mi è paruto di provarlo. Pongasi per 
<lb/>tanto nel medesimo mezzo due mobili eguali d' inclinatione, 
<lb/>cioe di gravità o di leggerezza, ma diseguali di figura, 
<lb/>verbi grazia l’uno sferico, e l’altro circolare, sensibilmente 
<lb/>apparira l’uno muoversi piu tardi e l’altro muoversi piu veloce.
<lb/>Se dunque di questo accidente non è cagione la inclinazione, 
<lb/>non la resistenza, sara necessario esserne la figura. 
<lb/>Adunque la figura è causa per se e sempliceinente d' una 
<lb/>specie di piu veloce e piu tardo. Ma che la figura di questa 
<lb/>velocità sia cagione per se assoluta, non credo che il Sig. G.
<pb n="65"/>
<lb/>ne debba dubitar punto. Imperciocchè dando l’inclinazione 
<lb/>si dara il movimento, che come ben dice Aristotile non 
<lb/>puo essere prodotto dalla figura, ma concedendo, che un 
<lb/>mobile figurato si muova, ne segue necessariamente, che ‘l
<lb/>suo movimento per quella si e tardo o veloce. onde è ben 
<lb/>vero, che la figura non cagiona il movimento retto. perciocchè 
<lb/>ancora le matematiche si moverebbono, e il Cielo 
<lb/>al centro e alla circunferenza come gli elementi, avrebbe il 
<lb/>suo movimento, ma è cagione del piu tardi, e del piu veloce. 
<lb/>Quanto al testo 71. del quinto della Fisica: ancorchè 
<lb/>Aristotile in quello non faccia espressa menzione della figura, 
<lb/>tuttavia l’include in quelle parole
<lb/>cioe se avranno le medesime condizioni. Il che 
<lb/>dichiarando nel testo 74. non solo come si pensa il Signor 
<lb/>G. la mette come causa instrumentale, ma al pari della gravita 
<lb/>e della leggerezza, dicendo, cioe, Conciosia che il mobile divida 
<lb/>o per la figura o per l'inclinazione. Notisi, che il movimento 
<lb/>e l’inclinazione appresso d'Aristotile s' appartiene 
<lb/>alla gravita, e alla leggerezza, come si è detto. E percio pare 
<lb/>che il Sig. G. adduca falsamente le parole del testo di esso, 
<lb/>dicendo, la gravita divide per la figura o per l’inclinazione, 
<lb/>e Aristotile dice il mobile divide per l’inclinazione, cioe 
<lb/>per la gravità, per la leggerezza e per la figura. e si deve avvertire,
<lb/>che lo intendere in questa maniera il testo leva ogni 
<lb/>difficulta. Imperciocchè Aristotile espressamente mette al 
<lb/>medesimo grado la figura e la leggerezza e la gravità. 
<lb/>Adunque se la gravita e la leggerezza è causa assoluta e per se del 
<lb/>dividere e della velocita dee esser ancora la figura, come 
<lb/>si è detto causa assoluta, e per se.
<lb/>,,Aggiungo che se Aristotile.
<lb/> 
<lb/>Al terzo argomento si risponde, che havendo Aristotile 
<lb/>fatta questa conclusione, le figure non essere cause semplicemente 
<lb/>del mnuoversi o del non muoversi, ma del muoversi 
<lb/>piu tardo e del piu veloce. il cercare in forma di dubitare
<lb/>perche le falde galleggino sopra dell' acqua, non è 
<lb/>punto stato a sproposito, ma convenientissimo. Imperciocche
<lb/>se gia egli haveva detto che le figure non son cause semplicemente 
<lb/>e per se della quiete, ci restava da dubitare in 
<lb/>che modo la figura puo far sopranuotare le piastre del ferro 
<pb n="66"/>
<lb/>e del piombo. Il qual problema dichiarando Aristotile dice 
<lb/>che la figura non e cagione semplicemente, ma come apportatrice
<lb/>dell'impedimento, onde aviene che le piastre sopra 
<lb/>dell' acqua galleggino. Mi piace alquanto in digredendo
<lb/>dimostrare, e dire, ch’ io dubito ch’ il Sig. G. non interpreti 
<lb/>bene il testo d'Aristotile, quando egli dice molte consequenze 
<lb/>non essere degne d'un fanciullo, e son le vere, e le 
<lb/>germane sentenzie d'Aristotile. E questo avviene s'io non 
<lb/>m' inganno perche egli non distingue come doverebbe fare. 
<lb/>perche nel libro della natura dove infinite distinzioni si 
<lb/>leggono tanto studiato dal Sig. Galilei, quelle che a intender 
<lb/>questo luogo d' Aristot. fanno di mistieri vi son chiarissime, 
<lb/>cioe che i mobili, che per lor natura si muovono d' un 
<lb/>movimento interviene alle volte per alcune circunstanze 
<lb/>il muoversi di contrario movimento, che si chiama moto 
<lb/>accidentale come il fuoco che di sua natura si muove all' in 
<lb/>su. ma quando è forzato si muove al centro, come nelle saette 
<lb/>si vede. In oltre che uno agente d' un movimento accidentale 
<lb/>non puo esser cagione nel medesimo tempo dell’ 
<lb/>effetto contrario. verbi grazia, che quel che tira le cose 
<lb/>gravi alla circuniferenza, e percio è cagione del moto per 
<lb/>accidente, non puo essere cagione della quiete accidentale 
<lb/>in un medesimo tempo. E qui si potrebbe dire al Sig. G.
<lb/>ch' e' bisognerebbe a dar contro gli autor nobili andar piu adagio. 
<lb/>Al quarto avvertisca, che Aristotile non ha voluto 
<lb/>stabilire in questo luogo, che la figura sia cagione in qualche 
<lb/>modo della quiete, avendo detto, come infinite volte 
<lb/>si è replicato, che la figura non è cagione semplicemente 
<lb/>del muoversi, ma del piu tardo e del piu veloce. donde si 
<lb/>deduce, che non essendo cagione del movimento semplice,
<lb/>non è anco cagione della quiete semnplice e assoluta. Di 
<lb/>poi in un particular solo dimostra come la figura puo indur 
<lb/>quiete per accidente, e non per se. e questo è quando la figura 
<lb/>larga accoppiandosi con la resistenza dell' acqua, è cagione
<lb/>che le piastre di ferro restino sopra dell' acqua. E percio 
<lb/>si puo concludere, che Aristotile in queste parole non 
<lb/>abbia attribuito alla figura  assolutamente virtu di muovere 
<lb/>e di quietare. Ma non ha negato che per accidente ella 
<lb/>non possa questo effetto cagionare. onde poco appresso egli 
<lb/>dimostra in che guisa ella questo effetto con la virtu del 
<pb n="67"/>
<lb/>continue potra produrre. La terza esposizione come quella
<lb/>che è de' migliori commentatori d'Aristotile, devesi seguitare, 
<lb/>cioe che la dizione si adatti alla dizione, figure. 
<lb/>Onde diceva Temistio: Le figure universalmente
<lb/>non son cagione del movimento de gli elenienti, ma che 
<lb/>eglino piu tardi e piu velocemente si muovino. A questo 
<lb/>s' aggiugne Simplicio, mentre diceva, la figura semplicemente 
<lb/>non esser cagion del moto, ma del piu tardi e del piu 
<lb/>veloce. E per non tediare i Lettori Averroe, San Tommaso, 
<lb/>e tutti i commentatori son di questa opinione. e percio 
<lb/>pare che questa si debba seguitare, quantunque come si è detto
<lb/>tutte sien verissinme, e in nessuna accaggia alcuna difficulta 
<lb/>o cosa che si possa chiamar errore. Ma se gli argomenti 
<lb/>del Sig. G. fussono ancora contra questa esposizione, gli si 
<lb/>potranno adattare le medesime soluzioni, che si son dette 
<lb/>di sopra.
<lb/>Imperciocche si dubita ora perche le falde di ferro e di piombo 
<lb/>sopranuotano sopra l’acqua, e l’altre cose minori, e men 
<lb/>gravi, se saranno rotonde o lunghe come l'ago si muovono
<lb/>all'ingiu. Ecco che Aristotile propone il tanto impugnato
<lb/>problema, nel quale lui aver filosofato ottimamente abbian 
<lb/>dimostrato sino a ora. Ci resta a sciorre le difficulta, che
<lb/>rappresentandosi al Sig. G. gli danno occasione di dubitare 
<lb/>che Aristotile non abbia ritrovata la vera cagione. Alle 
<lb/>quali si potrebbano dare tali soluzioni, che se il Sig. G. sara 
<lb/>piu alla confession della verita che alla contradizione inclinato,
<lb/>restera capace di essa. Primieramente a quello dice
<lb/>che uno ago posato sopra dell'acqua resti a galla, non altrimenti 
<lb/>che le falde del ferro e del piombo, che egli stima cotanto 
<lb/>contro ad Aristotile, crederei che facilmente gli si potesse 
<lb/>rispondere. e prima non accettando l'esposizion di coloro,
<lb/>che credono, che si debba intender dell'ago messo per 
<lb/>punta, come contradicente al testo, che ragiona delle cose 
<lb/>messe per la lunghezza, e non per l’ altezza. Dico che quando 
<lb/>ne gli autori si ritrovano delle parole anfibologiche, si 
<lb/>come dice Aristotile ne gli Elenchi, e ne' libri della Poetica,
<lb/>si debbano distinguere, e adattare al testo quella significazione 
<pb n="68"/>
<lb/>che piu è verace, altrimenti sarebbe non intendendo 
<lb/>gli autori calunniarli contr' a ragione. Adunque se la 
<lb/>dizione nella Greca favella ha molte significazioni, 
<lb/>come è verissimo, si dee pigliare quella che è piu acta ad esplicare 
<lb/>il testo, cioe che Aristotile si serva di detta dizione 
<lb/>quando significa de gli aghi grossi, e non di quegli da cucir 
<lb/>sottigliami. Quanto sia a sproposito il dar questa interpretazione 
<lb/>al testo, o non intlndendo gli autori calunniarli, lo 
<lb/>lascerò giudicare a lui. Alla domanda non solo posta nella 
<lb/>prima edizione, ma ancora nella seconda replicata, se Aristotile 
<lb/>credeva che gli aghi piccoli e sottili calleggiassero 
<lb/>o no, rispondo che si. Alla nuova accusa del Sig. G. d' avere 
<lb/>sfuggito un problema maraviglioso e difficile, e introdotto 
<lb/>un piu facile e di maraviglia minore. rispondendo 
<lb/>reprico, che se fussi vera, che cosa inconvenevole sarebbe 
<lb/>ella? Era in questo luogo obbligato ad esplicare tutti i problemi 
<lb/>particulari? imperciocche i problemi particulari richieggono 
<lb/>diversi trattati dagl' universali, si come dimostra 
<lb/>Aristotile, Teofrasto, Alessandro, e mille altri. Tratta dunque \
<lb/>solo del primo, e perche da Democrito era stato proposto, 
<lb/>e perche molto al trattato delle figure si apparteneva. 
<lb/>Ma quando la dizione non avesse altra significazione 
<lb/>che di piccolissimi aghi, de' quali alcuni galleggiassero, 
<lb/>come egli dice, non per questo sarebbe contro ad Aristotile. 
<lb/>Imperciocche poco di sotto ci mostrera, che qual si voglia 
<lb/>materia benche gravissima, e di qual si voglia figura
<lb/>riducendosi a si poca gravita, che non possa fendere la continuita 
<lb/>dell'acqua, sopranuota, anzi che la polvere, non solo 
<lb/>nell'acqua, ma nell'aria, si regge. e percio notisi dal Sig. 
<lb/>G. che Aristotile non ha tralasciato questo problema, che 
<lb/>ancora gli aghi che nell'acqua si muovano all' ingiu, se si ridurranno 
<lb/>a si poca gravita, ch' eglino non possano fender l' 
<lb/>acqua, in quella si reggeranno. Adunque si come non sarebbe 
<lb/>falso se dicessimo, che la terra nell'aria si muove al centro, 
<lb/>ancorche la polvere, che è terra, in quella sopranuoti, 
<lb/>cosi non sara falso dicendo che gli aghi al centro nell' acqua
<lb/>si muovano, quantunque alcuni in quella per non la poter 
<lb/>dividere, si quietano. Onde è manifesto che nell'una, &amp; 
<lb/>nell'altra maniera si salva il testo d'Aristotile, se bene io piu 
<lb/>aderirei alla seconda esposizione, ch' egli non abbbia tralasciato
<pb n="69"/>
<lb/>questo problema. e che da vero sentite.
<lb/>E perche molte cose piccolissime sopranuotino nell' acqua 
<lb/>pulverulente, come la rena dell'oro, e altre cose terrestre e
<lb/>spolverizzate nell' aria. Io non so percih il Sig. G. dica, che 
<lb/>Aristotile propone una altra conclusione, se conclusione è 
<lb/>quella che da argomento depende, non havendo egli fatto 
<lb/>argomento alcuno. egli si doveva piu tosto dire da poi che 
<lb/>si ha da trattare de' termini fanciulleschi una questione, un 
<lb/>problema, una proposizione, la quale considelriamoo se è diversa 
<lb/>dal vero, come dice il Sig. G. Ma prima notisi che la 
<lb/>dizione non significa l’oro in foglie, ma si bene spolverizzato, 
<lb/>come dal Sig. G. si pensa che s' appiglia al testo di 
<lb/>Averroe, che per giudizio de' migiiori filosofanti in molte 
<lb/>cose è corrotto. e al traduttore di Simplicio, il quale è stato 
<lb/>ingannato dalle parole di esso, che egli male intese.
<lb/>E secondariamente perche le particelle de corpi che hanno 
<lb/>gravita sopranuotano nell'acqua, come la limatura e le foglie 
<lb/>dell'oro, e le cose pulverulente nell' aria, dove egli si 
<lb/>pensa che Simplicio avessi posta la dizione foglie come dichiarazione 
<lb/>dell'altra parola. e percio nella traduzzione 
<lb/>disse cioe foglie dell'oro, il che non è vero. 
<lb/>Nel secondo luogo si debbe avertire, che Aristotile non dice 
<lb/>che la limatura dell' oro sopranuoti nell'aria, ma nell' acqua. 
<lb/>il che dimostra chiarissimamente Simplicio, come havian 
<lb/>detto nel dichiarare le parole di Aristotile, onde fa di 
<lb/>mestieri il distinguere per la divisione il testo, si come lo distingue 
<lb/>Simplicio. Non dicendo adunque Aristotile, che 
<lb/>la limatura dell’oro per l’aria, ma per l' acqua galleggi, non 
<lb/>so vedere qual sia quella esperienza, che ci dimostra il contrario. 
<lb/>E quando egli lo dicesse, e ch'il testo stesse nella 
<lb/>maniera ch' il Sig. G lo traduce, tutta volta le esperienze di 
<lb/>Aristotile son verissime. Imperciocche che la polvere sopranuoti 
<lb/>nell'acqua, per una facile esperienza apparisce, e 
<lb/>questa è, che spazzandosi, e spolverandosi le stanze dentro
<lb/>delle quali sia un vaso pieno d'acqua (come puo avere avertito 
<pb n="70"/>
<lb/>ogni minima femminella) vedesi in esso tanta polvere 
<lb/>galleggiare che par propio un velo, e nondimeno niuna 
<lb/>particella di quella polvere è invisibile, &amp; ad una ad una
<lb/>si veggiono. la dove nella vostra acqua torbida molte centinaia 
<lb/>insieme non appariscono. della quale esperienza si è 
<lb/>detto a bastanza. Quanto a che la medesima polvere resti 
<lb/>nell'aria come nell'acqua si vede la medesima a buon' ora mentre 
<lb/>il Sole entra per le stanze, che una infinità d' atomi per 
<lb/>l' aria ne va vagando. Il che da Lucrezio tanto dotto filosofo 
<lb/>quanto leggiadro poeta leggiadramente si descrive.
<lb/>Contemplator enim cum solis lumina cunque              
<lb/>Interdum fundunt radios per opaca domorum
<lb/>Multa minuta modis multis per inane videbis
<lb/>Corpora misceri radiorum lumine in ipso.
<lb/>E veluti aeterno certamine prelia pugnasque
<lb/>Edere turmatim certantia nec dare pausam.
<lb/>Si deve avertire che questo non adiviene per la commozione 
<lb/>de i venti, anzi quanto piu i1 temnpo è quieto, tanto più 
<lb/>queste particelle nell' aria si veggiono, delle quali senza dubbio 
<lb/>credo habbia voluto significare Aristotile. Quello che 
<lb/>della polvere si è detto segue ancora della sottil limatura 
<lb/>dell'oro. Onde è manifesto, che quanto son vere le esperienze 
<lb/>di Aristotile, tanto false quelle del Sig. G. E notisi, 
<lb/>che il Sig. G. dice che i globetti del piombo gli aghi sopranuotino
<lb/>nell' acqua, e ora nega che la polvere sopra di quella 
<lb/>galleggi. ora io desidererei sapere perche quelli, e non 
<lb/>questa sopranuota, se quelli son piu gravi che questa. onde 
<lb/>par che il Sig. G. fusse in obligo di dimostrare perche questa 
<lb/>differenza in questi suggetti si ritrova.
<lb/>,,Ma di tutte queste cose il pensare esserne la cagione, come 
<lb/>,,Democrito, non ha del conveniente. Imperciocche egli 
<lb/>,,dice, che gli atomi ignei che si muovano all' insu per l' acqua
<pb n="71"/>
<lb/>,,ritardano, le piastre delle cose che hanno gravità, e le strette
<lb/>,,si muovano all' ingiu. essendo pochi l’ atomi che gli si oppongano. 
<lb/>,,ma era necessario, che molto piu eglino facesseno 
<lb/>,,questo nell' aria, si come egli a se stesso oppone, e opponendo 
<lb/>,,solve debolmente. Imperciocche egli dice che nell' 
<lb/>,,aria non fanno il movimnento in un punto, dicendo il
<lb/>,,movimento de i corpi, che all' ingiu si mnuovano.
<lb/>,,Passa poi a confutare Democrito) Quel che ha fatto
<lb/>Anzi Aristotile passa a spiegare la sentenzia di Democrito, 
<lb/>e non a confutarla, il quale diceva gli atomi ignei, che 
<lb/>si muovano all' insu  dell’acqua essere cagione della quiete 
<lb/>del falde del ferro, e del piombo, &amp; havendola riferita, 
<lb/>ne adduce una instanzia di Democrito con la sua 
<lb/>soluzione, la quale egli stimando debole non impugna, facendo 
<lb/>molte volte come le saette far sogliano, che sfuggono 
<lb/>le cose debole senza nuocergli, e le gagliarde, e forte 
<lb/>rompano e sfracassano. è dunque l’instanza che Democrito 
<lb/>si fa contro, che se fusse vero che gl'atomi ignei sostenessero 
<lb/>le falde del piombo nell' acqua, lo doverebbano ancora
<lb/>sostenere nell' aria, il che non segue. e il medesimo Democrito 
<lb/>scioglie questa dubitazione, dicendo che gl' atomi 
<lb/>nell' acqua, hanno il movimento unito, e nell’ aria si sparpagliano,
<lb/>la qual soluzione da Aristotile non si imipugna, 
<lb/>ma egli solamente dice che è debol soluzione. E se volesse 
<lb/>sapere perche è debole soluzione sara facile il dimostrarlo. 
<lb/>Ma prima si deve avvertire al modo d'Aristotile nel confutare 
<lb/>gli antichi, il quale quasi sempre procede contro di loro 
<lb/>con i loro principi, come quello che con le propie armi 
<lb/>li voleva superare, e vincere. e percio io, seguitando le sue 
<lb/>vestigie prima suppongo secondo Democrito, che si dieno 
<lb/>gli atomi ignei, quantunque Aristotile nella Fisica, nel Cielo, 
<lb/>nella Generazione, e nella Metafisica habbia dimostrato 
<lb/>questo principio Democritico esser falso, supponendo
<lb/>dunque questo principio per due cagioni, gl' atomi ignei dovrebbano 
<lb/>sostenere maggiormente le falde del ferro nell' aria, 
<lb/>che nell' acqua. La prima è che essendo il calore, che 
<lb/>da gl' atomi è generato molto maggiore nell’ aria, che nell' 
<lb/>acqua, dimostra quivi essere piu atomi dove è maggior calore.
<lb/>e chi non sa che i molti possano meglio che pochi adoperare? 
<lb/>La seconda è, che gli atomi ignei piu veloci nell' 
<pb n="72"/>
<lb/>aria chte nell' acqua si muovano, come da me si è dimostrato. 
<lb/>Adunque sendo piu gagliardo il movimento de gl' atomi 
<lb/>ignei nell’ aria che nell' acqua potranno piu agevolmente 
<lb/>sostenere le falde nell' aria che nell' acqua. e percio Democrito 
<lb/>scioglie la sua dubitazione debolmente. E percio 
<lb/>doviam dire, che la cagione addotta da Democrito non paia
<lb/>al tutto vera, e che la sua istanzia resti in vigore, e la soluzione 
<lb/>sia alquanto debole. Quanto a quello che gli atomi 
<lb/>ignei come si è detto piu velocemente nell'aria che nell' acqua 
<lb/>si muovino, io lo stimo verssimo, come credo di sopra 
<lb/>aver provato, e alle nuove difficulta rispondendo, si vedrà 
<lb/>se il Sig. G. o Aristotile si è ingannato in piu d' un conto. E 
<lb/>al primo rispondendo, il quale è, ch' essendo il movimento 
<lb/>all' ingiu piu veloce nell' aria che nell' acqua, doverà per la 
<lb/>contraria cagione il movimento all' insu essere piu veloce 
<lb/>nell' acqua, che nell' aria. Imperciocche i mobili che hanno 
<lb/>gravita quanto piu si accostano al termine propio tanto
<lb/>diminuiscano di gravita. e percio si crede egli, che i mobili 
<lb/>gravi si muovono piu velocemente nell'aria che nell'acqua, 
<lb/>onde adiverrebbe ch' ancora i mobili che anno leggerezza 
<lb/>si dovessino munovere piu velocemete nell' acqua che nell'
<lb/>aria. Avanti rispondiamo notisi, che la velocità da tre cagioni 
<lb/>come si e detto dipende, dalla maggior resistenza del 
<lb/>mezzo, da maggiore inclinazione, e da figura piu atta a dividere.
<lb/>e che secondo Aristotile la seconda, e la terza s' appoggia 
<lb/>alla prima. Imperciocche i mobili che hanno maggiore 
<lb/>inclinazione e piu atta figura si mnuovano piu velocemente,
<lb/>perche fendano piu facilmente la resistenza del mezzo.
<lb/>E percioche non essendo la resistenza non sara tardita,
<lb/>o velocita alcuna, anzi non sara movimento come si è detto.
<lb/>Al che non avertendo Giovanni Graminatico si messe 
<lb/>a contradire ad Aristotile. Adunque bisogna considerare 
<lb/>se quella vèlocita che nelle cose gravi si ritrova mentre sono
<lb/>nell'aria, dalla resistenza, o da la maggior inclinazione 
<lb/>della gravita dipende, essendo chiaro che dalla figura non 
<lb/>ha sua origine, ed essendo manifesto, che quella velocita
<lb/>dalla maggior resistenza, e non dalla maggior inclinazione. 
<lb/>Imperciocche le cose gravi o son gravi di gravita assoluta,
<lb/>come la terra, che per sua natura secondo Platone e Aristotile 
<lb/>per tutti i luoghi è gravissima, è impossibile, che divenga
<pb n="73"/>
<lb/>piu e men grave. e le leggieri di leggerezza assoluta è 
<lb/>impossibile che divenghino piu e men leggieri, anzi quanto 
<lb/>piu al centro s' avicinano piu velocemente si muovano,
<lb/>e ne i propii luoghi, e quelli mantiene la gravita, e questi la 
<lb/>leggerezza. segno ne sia che si quietano nel centro, e nella 
<lb/>circonferenza, e di quivi non si possano rimuovere senza 
<lb/>gran violenza. Quelle cose che son gravi o leggieri di leggerezza 
<lb/>respettiva, possan diminuir la loro inclinazione, e 
<lb/>far l’effetto che dice il Sig. G. Imperciocche hanno una volta 
<lb/>non solo a fermarsi, ma ancora sendo per qualche accidente 
<lb/>rimossi di quel luogo al centro hanno a tornare a racquistarlo. 
<lb/>verbi grazia, l’acqua che come grave si muove 
<lb/>nell' aria quando è arrivata al suo centro, se bene è grave, 
<lb/>non è cosi grave che possa nella terra generar movimento 
<lb/>all' ingiu, e percio quando nella terra per qualche accidente 
<lb/>si profonda divien leggieri, e all'in su si muove. Venendo 
<lb/>dunque all' argumento dico, che trattandosi della terra, 
<lb/>e del fuoco, l’una delle quali è grave assoluta, e l’ altro leggieri 
<lb/>assoluto, che per tutti i luoghi sono egualmente gravi,
<lb/>e leggieri sarà impossibile che sien piu e men veloci nella 
<lb/>acqua, o nell' aria, ma in tutti a duo i luoghi saranno veloci 
<lb/>equalmente, e percio non ci entra l’argumento del 
<lb/>contrario; Massimiamente essendo chiaro che quella velocità 
<lb/>depende dalla maggiore e minor resistenza, e non dalla 
<lb/>maggiore e minor inclinazione. Onde temo, che il Sig. 
<lb/>G. non habbi d' una cosa in un' altra, cioe dalla gravita 
<lb/>respettiva alla gravita assoluta, e dalla velocita, che depende 
<lb/>dalla resistenza a quella che della maggiore inclinazione, 
<lb/>che non è altro se non fare di molti sofismi a simpliciter 
<lb/>a quodammodo.
<lb/>,,Quel c' ha fatto credere.
<lb/> 
<lb/>Queste ragioni che habbiam dette sono state in causa che 
<lb/>Aristotile non ha volsuto ch’ il fuoco piu velocernente nell' aria, 
<lb/>che nell' acqua. E avertasi ch’egli non solo ha risguardato 
<lb/>alla minor e maggior resistenza de i mezzi, e alla 
<lb/>diversita, ma ancora alla maggiore e minore inclinazione 
<lb/>del mobile, come gia il Sig. G. accennò citando il testo 71. 
<lb/>del quinto della Fisica. Ma chi direbbe mai, quantunque 
<lb/>poco esercitato in Aristotile, che egli non havesse tenuto 
<lb/>conto della gravità non solo rispetto al piu veloce, ma ancora 
<pb n="74"/>
<lb/>al moto istesso e la quiete. Imperciocche egli nel quarto 
<lb/>del Cielo ponendo la gravità, e la leggerezza respettiva, 
<lb/>che ora è grave e ora leggieri, e pur il contrario se egli non 
<lb/>havessi visto ch’ uno elemento rispetto a un luogo è grave, e 
<lb/>rispetto all' altro è leggieri, verbi grazia, l’acqua nell' aria è 
<lb/>grave perche la pesa piu di quella, e percio si muove all centro, 
<lb/>e nella terra divien leggieri, e percio si muove alla circunferenza.
<lb/>Adunque bisognera confessare che Aristotile 
<lb/>ha considerato l’ eccesso della gravita del mobile rispetto al 
<lb/>mezzo. Onde avviene, che quelli elementi che diminuiscano 
<lb/>la gravita, e la leggerezza, cioe quelli di inclinazione
<lb/>respettiva in un luogo si muovono al centro, nell' altro si 
<lb/>quietano, e nell'altro alia circunferenza. Ma perche egli 
<lb/>non l' ha considerato nella gravità assoluta, il Sig. G. si pensa
<lb/>ch' egli non l’ abbia considerato nella respettiva. Il che è 
<lb/>tornare al nostro solito di argumentare a simpliciter a quodammodo, 
<lb/>essendo manifesto in un intero libro d'Aristotile, 
<lb/>che dell' eccesso della gravità de' mobili respetto ai mezzi 
<lb/>egli ne ha hauto diligente conto. Quanto alla leggerezza 
<lb/>positiva si dia non altrimenti che la gravita si è dimostrato
<lb/>con tante ragioni, che sarebbe superfluo il soggiugnerne 
<lb/>d'avantaggio. Aspetterò dunque che il Sig. G. ce lo ditmostri 
<lb/>con ragioni, e con esperienze quando harà tempo, &amp; 
<lb/>quando egli ne harà maggior necessità.
<lb/>,,L'instanzia dunque di Aristotile.
<lb/> 
<lb/>Anzi l’instanzia di Democrito contro a se stesso, e non 
<lb/>d'Aristotile è in vigore, essendo manifesto che il mnovimento 
<lb/>del fuoco è pin veloce nell' aria che nell' acqua. Non è 
<lb/>gia buona la soluzione di Democrito, ch' il movimento de 
<lb/>gl' atomi sia piu unito nell' acqua che nell' aria. Imperciocche 
<lb/>ne egli ne il Sig. G. che fa del Democritico non dinmostrano 
<lb/>per che cagione gli atomi piu si devano sparpagliare nell' 
<lb/>aria che nell' acqua. La potranno dimostrare, e se sara vera
<lb/>gli prometto che piu saro alla verita che alla contradizione 
<lb/>inclinato.
<lb/>,,S'inganna secondariamiente Arist
<lb/>Essendo l’instanzia di Democrito s' ingannerà Democrito 
<lb/>e non Aristotile, ma averta il Sig. G. che ne l’uno ne l’altro 
<lb/>s'inganna, dicendo che le piastre del ferro, e del piombo 
<lb/>piu si dovrebbano sostenere nell' aria, che nell' acqua,
<pb n="75"/>
<lb/>stando l' opinione di Democrito. Imperciocche il piombo 
<lb/>e il ferro son gravi di gravita assoluta, e il Sig. G. argumenta 
<lb/>dicendo, che tal corpo pesera cento libbre, che nell' acqua 
<lb/>sara leggieri, ma questi sono di gravita respettiva. Adunque
<lb/>l’ argumento non conclude. Anzi le falde del ferro 
<lb/>e del piombo sendo gravissime e tanto saranno grave nell' 
<lb/>aria che nell' acqua. Il che per esperienza agevolmente si 
<lb/>puo provare, e per far cio piglisi tanto piombo che nell'aria 
<lb/>contrapesi due libbre dico che nell' acqua lo contrapeserà. 
<lb/>e questo adiviene perche è grave di gravità assoluta. 
<lb/>ma se si metterà una bilancia nell' acqua e l'altra nell' aria,
<lb/>quella dell’ aria pesera piu per la resistenza. Imperciocche 
<lb/>la resistenza dell’ acqua sostenendo quella bilancia che 
<lb/>è in essa viene a diminuire il peso. e quindi aviene che molte 
<lb/>machine nell' acqua son sostenute da minor forza, che 
<lb/>nell' aria, trattando sempre della gravità non assoluta. Concludasi 
<lb/>dunque che nel particulare del Sig. G. se nessuno ha 
<lb/>filosofato male, egli è stato Democrito, e non Aristotile, 
<lb/>se ben io direi che in questa instanzia niuno di loro havessi 
<lb/>mal filosofato. Quanto alla opinione de gl' atomi di Democrito
<lb/>è tanto fuori del senso, e tanto impugnata d' altri, 
<lb/>che sarebbe superfluo aggiugnere d'avantaggio. Quanto 
<lb/>alla sperienza del Sig. G. delle falde, che poste nel vaso 
<lb/>ripieno d' acqua fredda, sotto il quale si ponga del fuoco, che 
<lb/>egli dice che si sollevano da gli atomi ignei di Democrito, 
<lb/>avertisca che le sono esalazioni, e non atomi. Imperciocche
<lb/>riscaldando il fuoco l’ acqua, l’ assottiglia, e ne cava i vapori, 
<lb/>e le esalazioni, le quali sendo leggieri si muovano all' 
<lb/>insu, e incontrando quella piastra con la lor leggerezza la 
<lb/>sollevano. Ma quando la esperienza fusse vera, avertiscasi 
<lb/>che ella non è per Democrito, perche egli parlava delle falde 
<lb/>di ferro, e di piombo, e questa segue nelle piastre di materie 
<lb/>poco piu gravi dell' acqua, e perche egli trattava del 
<lb/>sopranuotare, e non dello stare sotto dell'acqua, come segue. 
<lb/>Adunque non bisogna ch' il Sig. G. dica, che Democrito 
<lb/>tratta d' altro sopranuotare ch'Aristotile deducendo 
<lb/>da questa esperienza. Anzi fa di mistiero, che diciamo, che 
<lb/>la sperienza sia falsa, dicendo Democrito, che le piastre 
<lb/>del ferro sopranotano sopra l’ acqua. E in tal maniera non 
<lb/>imporre ad Arist. ch' egli non havessi inteso Democrito.
<pb n="76"/>
<lb/>,,Ma tornando ad Aristotile) Senza molto.
<lb/>Facianci a intendere. l’ instanza de gl' atomi ignei non è 
<lb/>ella di Democrito, or come l’ attribuite voi ora ad Aristotile, 
<lb/>e se è d' Aristotile, qual saranno l’ istanzie, che Democrito 
<lb/>si muove contro. Egli è Democrito che si impugna, dicendo,
<lb/>che se gli atomi ignei sollevasserono le falde nell' acqua, 
<lb/>le doverebbono sollevare ancora nell' aria. Veggasi 
<lb/>adunque se Aristotile, o il Sign. G. mostra piu voglia di atterrare 
<lb/>altrui che di saldo filosofare. Aristotile non dice altro 
<lb/>in questo luogo, se non che Democrito scioglie la sua 
<lb/>istanza debolmente, e mostra gran voglia d' atterrare Democrito, 
<lb/>ch' egli in tanti luoghi ha lodato dandogli il pregio
<lb/>fra tutti i filosofanti. e il Sig. G.che quello è di Democrito 
<lb/>l' impone ad Aristotile, e in questa maniera lo biasima, 
<lb/>cadendo in quello errore che egli rinfaccia ad Aristotele.
<lb/>Il che ora per dimostrar maggiormente, non si curando di
<lb/>allungar a sproposito il ragionamento di che quando haveva 
<lb/>a rispondere alle sue ragioni mostrava di essere cosi geloso, 
<lb/>va a trovare un' altro luogo di Aristotile per haver occasione 
<lb/>di impugnarlo, la qual cosa quanto gli sia per riuscire
<lb/>lo dimostrerà il fine.
<lb/>,,Senza molto discostarsi. 
<lb/>Si deve dunque sapere che Aristotile nel capitolo precedente, 
<lb/>del quale il Sig. G. piglia il luogo per oppugnare, hebbe 
<lb/>intenzione di mostrare, che sendo quattro gli elementi, 
<lb/>faceva di bisogno il constituire una materia remota, della
<lb/>quale essi elementi si componessino, e quattro prossime, e 
<lb/>questo per poter rendere la ragione de i movimenti de i corpi 
<lb/>semplici. E quindi viene a impugnare Platone, che una 
<lb/>sola materia voleva che havessino gli elementi, e questa era 
<lb/>secondo la sua opinione i triangoli. E di poi similmente 
<lb/>da contro a Democrito, che i quattro elementi dava due 
<lb/>materie, e queste erano il vacuo e il pieno, dando alla terra 
<lb/>il pieno, e al fuoco il vacuo, e componendo gli elementi
<lb/>mezzani della terra, e del fuoco. Contro la qual posizione 
<lb/>Aristotile argumenta di questa maniera. Sara dunque una 
<lb/>gran quantità d' acqua, che conterrà piu fuoco, che una picciola 
<lb/>d' aria, e una gran quantita d' aria che havra piu terra
<lb/>che una picciola d' acqua. Adunque si harebbe a muovere 
<lb/>la gran quantita d'aria piu velocemente all' ingiu, che la 
<pb n="77"/>
<lb/>piccola d' acqua. il che in nessun luogo giamai si è veduto. 
<lb/>E percio non pare che Democrito filosofasse rettamente nel 
<lb/>por due materie prossime a gli elementi, come Aristotile dimostra 
<lb/>sino al fine del capitolo. La qual ragione il Sig. G. 
<lb/>in due maniere impugna. La prima dicendo, che detto argomento 
<lb/>non conclude, e la seconda che se conclude nella 
<lb/>medesima maniera si potrebbe ritorcere contro ad Arist. I1 
<lb/>primo argumento, che dimostra la ragione d' Aristotele non 
<lb/>concludere,  e che se fussi vero che la maggior quantita d' aria 
<lb/>si dovessi muovere piu velocemente all'ingiu che la piccola
<lb/>d' acqua per contenere maggior porzione di terra, al
<lb/>certo bisognerebbe che fussi vero che una gran quanitita 
<lb/>di terra si movesse piu velocemente, che una piccola. Il 
<lb/>che dal Signor Galilei si stima per falso, ma s' io non m' inganno
<lb/>a torto, e non se ne avvedendo, ripngna al senso, &amp; 
<lb/>alle sue propie esperienze. lmperciocche il Sign. G. dice, 
<lb/>che quelle minute particelle di terra, le quali si trovono 
<lb/>nell’ acqua torbida penano cinque o sei giorni a andare per 
<lb/>quello spazio, che una quantita di terra grossa quanto un minuzzol 
<lb/>di pane in un momento trapassa. Adunque senza 
<lb/>difficulta si vede, che molto piu velocemtente si muove una 
<lb/>quantita maggiore della medesima gravita in spezie che una 
<lb/>piccola. Ma perche alcuna volta per la poca disaguaglianza, 
<lb/>e per il poco spazio non si scorge sensibil differenza, 
<lb/>percio Giovanni Grammatico, a cui aconsente il Pendatio, 
<lb/>e dipoi il Sig. G. si penso, che due quantita di terra diseguali
<lb/>di mole, havessino la medesimna velocita nel movitnento, 
<lb/>la qual cosa, come si è dimostrato è falsa. Onde avvertisca 
<lb/>il Sig. G. che non solo 1a maggior gravita in spezie
<lb/>è cagione della maggior velocita di movimento, ma ancor 
<lb/>la maggior gravità in individuo, e non tanto questa quanto 
<lb/>ancora la gravita in genere, se sarà tanta che sovrasti di gran 
<lb/>lunga quella che e assoluta s' appella, si moverà piu velocemente,
<lb/>che quella e nel danaio del piombo, e della trave 
<lb/>di cento libbre nell' acqua, come habbiam detto, si vede. Il 
<lb/>secondo è, che nel multiplicar la quantita dell’ aria, non solo 
<lb/>si multiplica la terra, ma ancora il fuoco, onde se gli accresce
<lb/>non meno la causa dell' andare in giu, che quella dell’ andare 
<lb/>in su. e finalmente credo che voglia dire, che neil'aria 
<lb/>è molto maggior porzione di fuoco, che ne1l’acqua di 
<pb n="78"/>
<lb/>terra. E percio crescendo la quantita della terra nell' aria
<lb/>per crescere la sua mole. si agumenta tanto maggior il fuoco
<lb/>che puo compensare quella terra agumentata. Onde 
<lb/>giamai aviene ch' una gran quantita d' aria si muova piu velocemente 
<lb/>all' ingiu, ch' una piccola d' acqua. Notisi per rispondere 
<lb/>a questa ragione, che Aristotile, come si è detto, 
<lb/>impugnando gil antichi suppone le loro opinioni contro di 
<lb/>loro argumentando, quasi che egli gli voglia con le propie
<lb/>armi superare. E percio supponendo Democrito, che quei 
<lb/>mobili piu velocemente si movevano al centro, che havevan 
<lb/>piu pieno, cosi argumenta Aristotile, se è vero questa vostra 
<lb/>supposizione, o Democrito, adunque una gran quantita d' 
<lb/>aria per haver piu pieno, che una piccola d' acqua, si doverà 
<lb/>muovere all' ingiu piu velocemente di que11a. Onde come 
<lb/>bene diceva Aristotile riprendendo Democrito, egli non 
<lb/>solo doveva dire che quelle cose andranno piu velocemente 
<lb/>all' ingiu che haveranno piu pieno, ma manco vacuo. Il 
<lb/>qual refugio il Sig. G. ha preso, parendogli d' haver ritrovato 
<lb/>qualche gran cosa di nuovo, e nondimeno, come si è detto
<lb/>è di Aristotile, e non monta niente non sendo conforme 
<lb/>a i principii di Democrito. E quando fussi non per questo harebbe 
<lb/>vinto la lite. Imperciocche se la proporzione del vacuo 
<lb/>e del pieno fusse quella che cagionasse che la gran quantita 
<lb/>d' aria non dovesse muoversi piu velocemente all' ingiu, 
<lb/>che la piccola d'acqua, tutta volta ne seguirebbe, che una 
<lb/>gran quantita d' acqua nell' aria si dovessi muovere all' ingiu 
<lb/>con equal velocita che una piccola. il che segue al contrario.
<lb/>Imperciocche la medesima porzione che è in quella 
<lb/>gran quantità è ancora nella piccola, verbi grazia, un terzo 
<lb/>di terra e due terzi di fuoco. Ma che una gran quantita di 
<lb/>acqua si muova nell' aria piu velocemente che una piccola.
<lb/>si come si è dimostrato della terra, cosi è facile a mostrarlo 
<lb/>dell' acqua. Veggasi quanto piu velocemente si muove una 
<lb/>gran doccia, che quelle stille di minutissimna acqua, che noi 
<lb/>chiamiamo da cimatori. Adunque non è fallacia alcuna 
<lb/>nell’ argumento di Aristotile. Quanto alla seconda ragione
<lb/>che ritorce l’ argumento contra d'Aristotile, dicendo, se 
<lb/>è vero che gli elementi estremi l’ un sia semplicemente grave, 
<lb/>e l’ altro semplicemente leggieri, e quei di mezzo partecipino 
<lb/>dell’ una e dell’ altra natura, ma l’ aria piu del leggieri 
<pb n="79"/>
<lb/>e l’ acqua piu del grave. adunque sara una gran quantita d’ 
<lb/>aria che sara piu grave che una piccola d'acqua. Si deve considerare 
<lb/>come bene diceva Temistio, che Democrito voleva
<lb/>che gli elementi di mezzo fussino composti de gli estremi 
<lb/>e mistura di quelli. La dove Aristotile dice, che tutti a 
<lb/>quattro gli elementi sono composti d' una materia remota, 
<lb/>e di quattro materie prossime, delle quali egli ad ogni elemento 
<lb/>ne assegna una. alla terra una materia grave assoluta, 
<lb/>al fuoco una leggieri assoluta, all' aria una leggieri rispetto 
<lb/>alla terra e l’ acqua è grave rispetto al fuoco, all' acqua
<lb/>grave rispetto al fuoco e all' aria e leggieri rispetto alla terra.
<lb/>Ma voleva ancora che l’ aria rispetto all' acqua fusse assolutamente 
<lb/>leggieri, e l’ acqua rispetto all' aria assolutamente 
<lb/>grave. Dalle quali ragioni è manifesto la differenza che 
<lb/>è fra la posizione di Democrito, e quella di Aristotile, onde 
<lb/>l’ argumento senza fallacia procede contro a Democrito
<lb/>e non contro d' Aristotile.Imperciocche secondo la sua 
<lb/>sentenzia gli elementi di mezzo son mistura de i duoi estremi
<lb/>si come l’ esalazione che è composta di terra e di fuoco, e 
<lb/>percio son gravi e leggieri, e secondo Aristotile son gravi e 
<lb/>leggieri, perche cosi sono atti nati, e cosi comporta la loro 
<lb/>natura, per la qual cosa non si puo mai concedere che una
<lb/>gran quantita d' aria si possa muovere piu veloce al centro, 
<lb/>che una piccola d' acqua, per esser questa rispetto all' acqua 
<lb/>semplicemente leggieri, e quella rispetto all' aria semplicemente 
<lb/>grave. Adunque è manifesto, perche l’ argomento
<lb/>conclude contro a Democrito, e non contro d'Aristotile. 
<lb/>Alla dimanda del Sig. G. dove si potrebbe fare la esperienza 
<lb/>che dimostrasse che una gran quantita d' aria si movesse 
<lb/>piu velocemente che una piccola d' acqua, gli rispondo che 
<lb/>se fussi vera la posizion di Democrito, questo doverebbe seguire 
<lb/>nel luogo dell' aria. Imperciocche se fusse vero, che 
<lb/>l' aria per 1' aria, e l’ acqua per l’ acqua non si movessino. Il 
<lb/>che è falso veggendo noi molti fiumi sopranuotare sopra a i 
<lb/>laghi, e l’ aria grossa restar sotto la sottile, anzi sendo spinta
<lb/>all' insu ritornare al suo luogo. Nondimeno se una gran 
<lb/>quantita d' aria fusse piu grave ch' una piccola d' acqua si moverebbe 
<lb/>per tutti i mezzi all' ingiu piu veloce di quella. onde 
<lb/>non bisogna domandare dove si potrebbe fare questa esperienza, 
<lb/>e non dove Aristotile l’ ha fatta.
<pb n="80"/>
<lb/>,,Ma perche de' continui altri sono facilmente altri difficilmente 
<lb/>,,divisibili, e i divisibili nella nedesima maniera altri 
<lb/>,,piu altri meno, si deve pensare queste essere le cagioni. 
<lb/>,,Imperciocche quello è piu facilmente divisibile, che è piu 
<lb/>,,flussibile, e quello piu che piu. e l' aria è piu tale dell' acqua, è 
<lb/>,,acqua della terra. e in ciaschedun genere il minore è piu divisibile, 
<lb/>,,e si disperge con piu facilita. Adunque quelle cose 
<lb/>,,che hanno larghezza per occupare molto, e per non si disperdere, 
<lb/>,,il maggiore agevolmente sopranuotano. Ma 
<lb/>,,quelle che hanno contrarie figure per occupar poco, e per 
<lb/>,,dividere piu facilmente si muovano all' ingiu, e nell' aria 
<lb/>,,molto piu, perche è piu divisibile dell' acqua. Ma havendo 
<lb/>,,la gravità una certa virtù mediante la quale si muove al centro, 
<lb/>,,e i continui a non essere divisi, fa di mestiero paragonarle 
<lb/>,,insieme. Imperciocche se la virtù della gravita alla 
<lb/>,,separazione, e alla divisione supererà quella del continuo, si 
<lb/>,,moverà all' ingiu velocemente, ma se sara piu debole sopranoterà. 
<lb/>Ecco il luogo dove Aristotile rende la ragione perche le 
<lb/>sottil falde di ferro e di piombo sopranuotano nell' acqua, 
<lb/>e perche la limatura dell' oro, e non le foglie, se però in tal 
<lb/>guisa si ha da intendere il testo, e la polvere non pure nell' 
<lb/>acqua, ma nell' aria ancora vadia notando, e perche le falde 
<lb/>devano cagioncare quest' effetto nell' acqua, e non nell' aria, 
<lb/>e dice, che de i continui altri sono piu divisibili altri meno, 
<lb/>e che i continui maggiori si dividan meno, e i minori piu.
<pb n="81"/>
<lb/>,,Qui io noto.
<lb/>Contro le quali posizioni il Galilei oppugnando dice, 
<lb/>che le conclusioni d'Aristotile in genere tutte son vere, ma 
<lb/>che egli le applica male a i particulari perche l’ acqua, e l’aria 
<lb/>non hanno resistenza alla divisione: ma essendosi dimostrato 
<lb/>che non solo i detti elementi, ma gli altri ancora hanno resistenza 
<lb/>alla semplice divisione, per l’argumento del contrario 
<lb/>seguirà che Aristotile applichi bene le sue conclusioni 
<lb/>universali a i particulari. Ma notisi dal Sig. G. che trattando
<lb/>Aristotite della quiete delle falde del ferro, e del piombo, 
<lb/>tratta della quiete accidentale, e il simile è la quiete della 
<lb/>polvere nell' aria. E percio sendo le cose accidentali di lor 
<lb/>natura non durabili, non è maraviglia se la polvere non sta
<lb/>sempre nell' aria, essendo che quando ella ha superato la resistenza 
<lb/>dell' aria ella si muove al suo centro, e perchè piu resiste 
<lb/>l'acqua che l’aria, percio piu si quieta la polvere, e le 
<lb/>falde del ferro, e del piombo nell' acqua, che non fa nell' 
<lb/>aria. e perche le falde, e la polvere bagnate nell' acqua calino 
<lb/>al fondo già si è detto, si possono bene collocar in quella 
<lb/>se non in tutto prive dell’ aria, almeno con si poca, che ella 
<lb/>non può cagionare questo effetto del sopranotare. Quanto 
<lb/>alle oposizioni che il Sig. G. si fa contro, son tanto deboli, 
<lb/>e fievole, che non pare che metta conto spender il tempo 
<lb/>intorno di esse. e chi non sa che le cose leggieri galleggiano 
<lb/>non per non poter fendere la resistenza dell' acqua, ma per 
<lb/>esser più leggieri di essa? e che sommerse dentro de l’acqua
<lb/>elleno rompendo la sua resistenza ritornano sopra di quella. 
<lb/>Non so chi sien coloro che si credano ch' uno vuovo galleggi 
<lb/>nell' acqua salsa, e non nella dolce, per la maggior resistenza, 
<lb/>ma bene mi paiano poco esperti nelle cagioni delle 
<lb/>cose, e nella filosofia, venendo questo accidente perche 
<lb/>l’ vuovo è piu leggieri dell' acqua dolce, e piu grave della salsa. 
<lb/>Ma mi sono motto maravigliato che il Sig. G. dica, che 
<lb/>a simiti angustie deducano i principil falsi d' Aristotile, non 
<lb/>sapendo vedere perche molto meglio si possa rendere la cagione 
<lb/>di questo effetto con i suoi principi, che con i nostri; 
<lb/>anzi molto meglio, perche oltre al rendere ragione onde 
<lb/>avvenga che un'vuovo galleggia nell' acqua salsa, e non nella 
<lb/>dolce, si può ancora dimostrare perche una gran mole di 
<lb/>aria nell' acqua si moverà piu velocemente che una piccola.
<pb n="82"/>
<lb/>Adunque a ragione si può dire al Sig. G. a queste angustie 
<lb/>conducano i falsi principi. Imperciocche la maggior mole 
<lb/>dell'aria ha maggior virtù che la piccola, e percio si move 
<lb/>piu velocemente di essa. la dove il Sig. G. che non concede 
<lb/>virtù alcuna che produca il movimento all' insu non puo 
<lb/>dimostrare tale accidente.
<lb/>,,Cessa adunque tal discorso.
<lb/>Essendo dunque vero che l'acqua, e l'aria hanno resistenza, 
<lb/>sarà verissimo il discorso d'Aristotile, che le falde larghe 
<lb/>sopranuotano nell'acqua, perche comprendano assai, e quello 
<lb/>che è maggiore meno agevolmente si divide. Ma il dire, 
<lb/>che le piastre quando si fermano habbino gia penetrato 
<lb/>la superficie dell' acqua è una vanità, come si è dimostrato. 
<lb/>I1 simile si puo dire della nave, della qual cosa ci rimettiamo 
<lb/>a quello si è detto, non volendo senza osservare metodo
<lb/>noiare noi medesimi, e gli uditori. Perciò faceva 
<lb/>meglio a non repricar tante volte le medesime cose. Adagio 
<lb/>Sign. G. non saltiam d'Arno in Bacchiglione al nostro 
<lb/>solito: Il Buonamico dice, che l’ acqua del mare è piu grossa 
<lb/>nella superficie che nel fondo, e il Sig. G. subito s'attacca 
<lb/>che egli dica il simile nell' acqula dolce. Sapeva ancora 
<lb/>il Buonamico, che ne i fiumi l' acqua grossa sta di sotto, si come
<lb/>aviene del lago di Garda, del lago Maggiore, e del lago 
<lb/>di Como, sopra de i quali senza mesciarsi passano varii fiumi, 
<lb/>e che sopra del mare i fiumi sopranotano per molte miglia, 
<lb/>ma diceva che paragonando l’ acqua del mare fra se 
<lb/>medesima, che quella di sopra era più crassa, perche era più 
<lb/>amara, straendo il Sole del continuo de i vapori da quella, 
<lb/>e quella di sotto men crassa, per essere piu dolce, e per non 
<lb/>potere il Sole cavare di essa le parti piu sottili. Quanto al 
<lb/>dubitare della sua esperienza poco importa, perche il Sign. 
<lb/>G. potra farne la sperienza al contrario, e allora gli si potrà 
<lb/>credere qualche cosa. E noti il Sig. G. che delle cose sensibili 
<lb/>il senso ne è ottimo cognoscitore, e non la ragione. 
<lb/>Vaneggia colui e ha debolezza d' ingegno, che vuole le cose 
<lb/>sensibili ricercar con ragione. E in questo proposito mi 
<lb/>piace di dimostrare un metodo pellegrino del Sig. G. nella 
<lb/>sua filosofia. E questi è che egli nelle cose, che son sottoposte 
<lb/>al senso, e che noi continuamente veggiamo, vuole dimostrarle 
<lb/>con matematiche ragioni. e nelle cose dove non arriva 
<pb n="83"/>
<lb/>il senso, o almeno ripieno d' imperfezioni, egli le vuol 
<lb/>cognoscere col senso, come della concavità della Luna, delle 
<lb/>macchie del Sole, e di mille altre cose simili. dove che egli 
<lb/>si vorrebbe fare al contrario. Imperciocche dove si puo 
<lb/>fare la esperienza son superflue le ragioni, si come del galleggiare
<lb/>della nave, e della salsedine adiviene. Ma dove il 
<lb/>senso non arriva se non pieno d'imperfezione bisogna correggerlo,
<lb/>e aiutarlo con la ragione. Imperciocche quando
<lb/>noi veggiamo il Sole che apparisce della grandezza d' un 
<lb/>piede se noi non correggessimo quel senso noi crederemmo 
<lb/>una cosa falsissima per vera. Percio quando al Sign. G. 
<lb/>par di vedere la Luna montuosa, e il Sole macchiato, fa di 
<lb/>mestiero che consideri bene se la ragione comporta tal cosa
<lb/>e se il senso si può ingannare in tanta lontananza, e accompagnato 
<lb/>da quello instrumento del Sig. G.
<lb/>,,Ma tornando ad Arist.
<lb/>E tornando dove ci partimmo dico che la larghezza delle 
<lb/>piastre del ferro è cagione del sopranotare, si deve bene 
<lb/>avertire, che la detta larghezza si deve accompagnare con 
<lb/>la sottigliezza. Il che dimostra Aristotile dicendo, che se 
<lb/>la virtù della gravità supererà la del continuo, le piastre se 
<lb/>ne andranno al fondo. onde bisogna che le dette piastre sieno 
<lb/>leggieri, e perciò sottili. Quanto alla esperienza, che 
<lb/>le piastre del ferro, e del piombo se si divideranno in strisce, 
<lb/>e in piccoli quadretti si reggeranno non altrimenti che prima 
<lb/>facevano. Si debbe avertire che questa esperienza non 
<lb/>conclude per due cagioni. la prima perche non è vero, che 
<lb/>nel medesimo modo galleggi una gran falda che una piccola.
<lb/>Imperciocche molto più gagliardamente galleggierà 
<lb/>la grande che la picciola, come per esperienza si è provato.
<lb/>La seconda che il Sig. G. volendo mostrare, che la figura 
<lb/>piana non cagiona l’effetto del galleggiare sempre mantiene 
<lb/>le falde in detta figura ora grande, ora picciola. E perciò 
<lb/>non è maraviglia, che ella sempre galleggi, ma se egli 
<lb/>di dette falde ne tagliera qual si voglia porzione, purche sia 
<lb/>di sensibil gravità di qual si voglia figura fuor della piana
<lb/>subito se ne andrà al fondo. Adunque la figura larga è quella 
<lb/>che sostiene le falde del ferro e del piombo.
<lb/>,,E per dichiarazion di questo.
<lb/> 
<lb/>Quanto a che le figure piu corte, e piu strette dovessino 
<pb n="84"/>
<lb/>galleggiar meglio. Eccoci alle nostre vanità. Se il senso 
<lb/>ci dimostra il contrario, perche ci vuole il Sign. G. far stravedere? 
<lb/>Ma veggia la cosa dove si riduce. egli per dimostrare 
<lb/>questa stravaganza entra in una maggiore, supponendo 
<lb/>che l’acqua che è intorno intorno al perimetro delle piastre
<lb/>deva reggerle sopra di essa. Il che è falsissimo, essendo 
<lb/>manifesto che è l'acqua, ch’ è sotto della piastra. segno di ciò 
<lb/>ne è che sendo diviso tutto il perimetro dell’ acqua, ad ogni 
<lb/>modo la piastra si regge. oltre a che non è tant' acqua al perimetro 
<lb/>delle figure lunghe quanto alle larghe. v. a una striscia 
<lb/>tagliata da una falda di ferro, o di piombo, ma cosi stretta
<lb/>che piu non sia di figura piana, e nondimeno ella non può 
<lb/>galleggiare. Onde se bene è vero per la sua geometria, che 
<lb/>dividendo una falda sempre si fa piu superficie, nondimeno 
<lb/>la larghezza della piastra sempre sarà la medesima. Imperciocche
<lb/>rimessa insieme la detta piastra divisa, overo misurata 
<lb/>cosi separata sara la medesima.
<lb/>,,Dicogli di più.
<lb/>Con nuovo, e ultimo argumento impugna Aristotile il 
<lb/>Sig. G. dicendo che concedendosi ancora la resistenza dell' 
<lb/>acqua essere la propia cagione del galleggiare delle piastre 
<lb/>del ferro, nondimeno molto meglio non dovrebbe galleggiare
<lb/>una gran falda di piombo, che una piccola. Il che egli 
<lb/>volendo provare, mette in considerazione, che le piastre 
<lb/>del piombo discendano dividendo l’acqua, che è intorno al 
<lb/>loro perimetro, e alla loro circunferenza. quasi ch’egli voglia 
<lb/>dire, che le parte dell’ acqua, che son sotto la piastra del 
<lb/>piombo da esse non si dividino. la qual cosa è contro alla 
<lb/>sperienza, e ad Aristotile. Imperciocche sensibilmente si
<lb/>vede che le piastre del piombo qualche volta anno diviso 
<lb/>tutte le parte dell’acqua, che sono intorno alla loro circunferenza, 
<lb/>e nondimeno non si profondano. E Aristotele dice, 
<lb/>che le piastre del piombo galleggiano perche occupano 
<lb/>gran quantita d' acqua, e le rotonde, o lunghe per occuparne 
<lb/>poca quantità, si muovono all' ingiu. Avendo prima detto
<lb/>che i continui divisibili quelli che son maggiori piu malagevolmente 
<lb/>si dividano, che iminori, onde è manifesto
<lb/>Aristotile dire, che le falde del piombo in movendosi devino 
<lb/>dividere tutte le parte dell' acqua, e non quelle sole che 
<lb/>sono intorno al perimetro. E quindi avviene, che le falde 
<pb n="85"/>
<lb/>grandi stanno piu gagliardamente sopra l’acqua, che le piccole,
<lb/>segno ne sia di ciò, che elleno sostengano sopra di se 
<lb/>molto maggior peso, che quelle non fanno. Anzi supponendo 
<lb/>la sua opinione, il suo argomento non conclude l’intento, 
<lb/>e se niente conclude, conclude con condizione. Imperciocche
<lb/>ponendo la tavola A.B.C.D. lunga otto palmi,
<lb/>e larga cinque, sarà il suo ambito palmi 26. e 26. palmi
<lb/>ponghiamo che sia il taglio, ch’ ella dee fare per andare al 
<lb/>fondo. dividasi quanto il Sig. G. vuole, e quanto egli desidera. 
<lb/>Dico che l’argomento non conclude l'intento. Imperciocche 
<lb/>se noi pigliamo qual si voglia parte di quelle divise 
<lb/>niuna ve ne sara chè habbia 26. palmi d'ambito, come 
<lb/>quella che si è divisa. Adunque ella non potrà galleggiare 
<lb/>meglio che la già divisa. Adunque non sarà vero ch'una 
<lb/>piccola falda possa galleggiare meglio che una grande. E se 
<lb/>però conclude, niente conclude con condizione. Impercio
<lb/>che se quelle particeile divise non si uniscano di maniera 
<lb/>insieme che quella superficie che si è acquistata per la divisione 
<lb/>ricongiungendole non si perda, non concluderà l'
<lb/>argomento, la qual cosa il Sig. G. non fa, e non dimostra in 
<lb/>che maniera si possa fare. e quando si riducesse in alto non 
<lb/>proverebbe altro se non che la detta asse divisa, e ricongiunta 
<lb/>in maniera che non si perda la circunferenza acquistata 
<lb/>per la divisione, seguirà, per il supposto del Sig. G. ch' ella 
<lb/>mneglio deve galleggiare che prima non faceva. Notisi che 
<lb/>se bone nel segare una assicella s'accresce la sua circunferenza, 
<lb/>perche si fa una superficie che prima non vi era, nondimeno 
<lb/>la superficie del fondo riman la medesima, anzi si diminuisce, 
<lb/>mancandovi lo spazio che nel dividerla si consuma 
<lb/>nel segamento. Il che è chiarissimo, perche segandosi
<lb/>una asse di qual si voglia grandezza in cento parti, e riunendola 
<lb/>nella medesima maniera che era prima, non solo non 
<lb/>divien maggiore, ma alquanto minore per la detta cagione.
<lb/>trattandosi della superficie del fondo, che è quella, la quale
<lb/>secondo Arist. è la cagione del sopranotare. Questo è quello 
<lb/>che seguirebbe in dottrina d'Arist. contro alla sua medesima 
<lb/>dottrina, anzi contro alla dottrina del Sig. G.
<lb/>,,Finalmente a quel che si legge.
<lb/>Diciamo dunque che tutto quello che si quieta, e si muove 
<lb/>nell' acqua, o si quieta, e si muove naturalmente, ò accidentalmente.
<pb n="86"/>
<lb/>In oltre quello che in queste maniere si quieta, 
<lb/>e si muove, o è corpo semplice, o è misto. I corpi semplici 
<lb/>o si muovono nell' acqua naturalmente al centro, o alla 
<lb/>circunferenza, quelli che si muovono per quella al centro
<lb/>si muovono per essere piu gravi dell' acqua, come la terra, e 
<lb/>quelli che alla circunferenza per essere piu leggieri di essa, 
<lb/>come l' aria, e ‘l fuoco. I corpi misti o si muovano naturalmente 
<lb/>per l’ acqua al centro, e ciò per il predominio delli elementi 
<lb/>piu gravi di essa, come l’ oro e il piombo, o si muovono 
<lb/>alla circunferenza, e ciò per il predominio delli elementi 
<lb/>piu leggieri dell'acqua, come i vapori e l'esalazioni, 
<lb/>o finalmente si quietano nella superficie dell' acqua e nel confine 
<lb/>di quella dell'aria. e questi sono quei misti che sono a 
<lb/>predominio aerei come i sugheri, le galle, e simili. Di nuovo
<lb/>quello che si quieta per accidente nella superficie dell'acqua, 
<lb/>o è corpo semplice, o misto. e ciò in due maniere, o per 
<lb/>essere cosi piccolo, e di si poca gravità che non possa fendere 
<lb/>la continuità dell'acqua, come la polvere, e altre cose pulverulente, 
<lb/>o per essere di figura piana e sottile, la quale per 
<lb/>comprender molto continuo dell' acqua, e percio per non 
<lb/>poter dividerlo cagiona a i corpi gravi ne' quali ella si ritrova,
<lb/>il sopranotare nell'acqua, come nelle piastre dell'oro, del 
<lb/>ferro, del piombo, nell'assicelle dell'ebano, e simili. Havendo 
<lb/>dimostrato per sensibile esperienza, che dette falde quando 
<lb/>si pongano nell'acqua sono semplice oro, o piombo, e 
<lb/>che non vi è congiunta aria, e se pur ve n' è, è si in minima 
<lb/>quantità, che di essa, e delle piastre non si può comporre un 
<lb/>corpo piu leggieri dell'acqua. Adunque dette piastre si quietano 
<lb/>sopra l' acqua per la figura piana.
<lb/>,,Si come era la sentenzia d'Arist.
<lb/>Questo è quello che in difesa della verità, e di Arist. mi è sovvenuto 
<lb/>di dire in queste mie Considerazioni sopra ‘l Discorso 
<lb/>del Sig. G. i1 quale se avesse publicato i libri dove egli pone i 
<lb/>principii, e fondamenti della sua filosofia, come dovra fare 
<lb/>fra poco tempo, forse mi sarei appreso alla sua opinione, o io 
<lb/>con più fondamento gl' avrei dimostrato l' opinione d'Arist. 
<lb/>in questa dubitazione esser vera. Imperciocche mnal si può 
<lb/>impugnare chi ora s' appiglia ad una opinione, e ora a un'altra, 
<lb/>ora a quella di Democrito, ora a quella di Platone, e ora 
<lb/>a quella di Aristotile, non si vedendo come egli da sua principi 
<lb/>deduca queste conclusioni.
<lb/>IL FINE.
<pb n="87"/>
<lb/>Errori.
<lb/>A car. 5. finire, nel finire. 6. non spero, spero. 7.9.10 gliaccio,
<lb/>diaccio, ghiaccio. 11. parte, prime. l'adifinzion, l'affezion.
<lb/>13. dell'uno, luogo, 16.17. numero, in numero.
<lb/>19. cura, vera. 20. se egli leggieri, s'egli è leggieri. 26. dire,
<lb/>dedurre. 35. più acto, atto. 36. Aristotile o, Aristotile
<lb/>ha errat. 38 po, por. 39. non a lui, quanto a lui. 41. con
<lb/>tutto, con tatto. 46. asse, asta. 50. boccetta, bacchetta. 51.
<lb/>O, Io. che non fa, che non fanno. 57. d'un, per un.
<pb n="88"/>
<lb/>Concediamo licenza al M. R. Sig. Vincenzio Rondinelli Canonico, 
<lb/>e Penitenziere Fiorentino, che possa rivedere la presente 
<lb/>opera, considerando se in essa si trovi cosa che militi contro la 
<lb/>pietà Christiana, ò li buoni costumi, e riferisca in piè di questa.
<lb/>Il dì 23. Aprile 1613.
<lb/>Piero Niccolini Vicario di Firenze.
<lb/>Io Vincenzio Rondinelli Canonico Fiorentino hò revisto il presente 
<lb/>trattato del Sig. Vincenzio di Grazia circa le cose, che stanno 
<lb/>sopra l’acqua, ò in quella si muovono, di controversia à quel del 
<lb/>Sig. Galileo Galiiei, e non ci hò trovato cosa che sia contro alla 
<lb/>Christiana religione, e contra buoni costumii, &amp; in fede hò scritto 
<lb/>questo dì 4. di Maggio 1613.                                                              
<lb/>Attesa la premessa relazione concediamo che la soprascritta 
<lb/>opera si possa stampare in Firenze, osservati gli ordini 
<lb/>soliti. 4. Maggio 1613.
<lb/>Piero Niccolini Vicario di Firenze.
<lb/>I1 P. Maestro Francesco Vecchi Regente di S. Spirito rivegga per
<lb/>parte del Sant' Offizio, e referisca, &amp;c. Dal Sant Offizio di Firenze
<lb/>5. Maggio 1613.
<lb/>F. Cornelio Inquisitore di Firenze.
<lb/>Io Fra Francesco Vecchi ho letto il presente trattato, intitolato 
<lb/>Considerazioni del Sig. Vincenzio di Grazia sopra il Discorso di 
<lb/>Galileo Galilei intorno aile cose che stanno su l'acqua, &amp; che si 
<lb/>muovono in quella, &amp; non ho trovato cosa che repugni alla santa 
<lb/>Fede, &amp; buoni costumi. In fede di che ho scritto di propria mano. 
<lb/>questo dì 7. Maggio 1613.
<lb/>F. Cornelio Inquisitore di Firenze.    8. Maggio 1613.
<lb/>Stampisi secondo gli ordini. questo dì 9. di Mlaggio 1613.
<lb/>Niccolò dell'Antella.
</body>
</text>
</TEI>
Vincenzo di Grazia's Considerazioni (1613): A Basic TEI Edition Galileo’s Library Digitization Project Crystal Hall OCR cleaning Jonathan Lerdau XML creation the TEI Archiving, Publishing, and Access Service (TAPAS)
360 Huntington Avenue Northeastern University Boston, MA 02115
Creative Commons BY-NC-SA
Based on the national edition corrected to the copy digitized by Google and held by the BNCF Considerazioni di Vincenzio di Grazia sopra il Discorso del Signor Galileo Galilei intorno alle cose, che stanno sull'acqua, o che in quella si muovono. di Grazia, Vincenzo Florence Pignoni, Zanobi 1612

This TEI edition is part of a project to create accurate, machine-readable versions of books known to have been in the library of Galileo Galilei (1563-1642).

This work was chosen to maintain a balance in the corpus of works by Galileo, his opponents, and authors not usually studied in the history of science.

Lists of errata have not been incorporated into the text. Typos have not been corrected.

The letters u and v, often interchangeable in early Italian books, are reproduced as found or as interpreted by the OCR algorithm. Punctuation has been maintained. The goal is an unedited late Renaissance text for study.

Hyphenation has been maintained unless it pertains to a line break (see "segmentation").

Word breaks across lines have not been maintained. The word appears in the line in which the first letters were printed. Words broken across pages appear on the page on which the first letters appear. Catch words are not included.

Considerazioni di M. Vincenzio di Grazia sopra 'l Discorso del Signor Galileo Galilei intorno alle cose, che stanno su l'acqua, e che in quella si muovono. All'Illustriss. ed Eccellentiss. Sig. Don Carlo Medici. In Firenze, MDCXIII. Presso Zanobi Pignonj.
1612
CONSIDERAZIONI DI M. VINCENZIO DI GRAZIA SOPRA 'L DISCORSO DI GALILEO GALILEI Intorno alle cose che stanno su l'acqua, e che in quella si muouono. All'Illustriss. ed Eccellentiss. Sig. DON CARLO MEDICI. IN FIRENZE, MDCXIII. Presso Zanobi Pignoni. All' Illustriss.  ED ECELLENTISSIMO   SIGNORE E PATRONE   OSSERVANDISSIMO  IL SIGNOR DON CARLO   DE' MEDICI    SIGNORE Eccellentiss.  Molte sono state le cagioni   che m' hanno indotto a   scrivere e dedicarle queste   mie considerazioni, sopra   il Discorso di G. G. intorno   alle cose che stanno in su  l'acqua o che in quella si muovono. Delle quali è   stata la principale il cognoscere che allei per ragion'   ereditaria si deve la difesa delle buone arti   e della filosofia. Impercioche ella, per la rivoluzion'   de' tempi, e per il mancamento della greca   favella havendo molto oscurato il suo antico   splendore, fu dalla sua Serenis. Casa, non senza  infinita gloria di tanta magnificenza in quello   antico splendore restituita. Cose che per essere note   a ciascuno, con troppa ingiuria della generosità   di sua stirpe verrebbano particularizzate nelle   magnificentissime azioni di Cosimo il Vecchio,   che con simili mezzi s' aquistò il cognome   di Padre della Patria, del magnifico Lorenzo, di   Leone il decimo, del gran Cosimo primo gran   Duca della Toscana e nella nostra Etade del  suo Serenissimo Padre. Onde si può dire che questo   sia come arredo e pregio dovuto al generosissimo   suo legnaggio. È Adunque lei, per obligo di sua nobiltà   tenuta preservar le scientie, le quali, quasi   fulgentissime gioie , ricevendo la luce dai raggi di   sua Ecc. in guisa tale ne ravviveranno loro splendore  che elleno refletteranno alla vistà di ciascheduno,   quella luce che le tenebre di oscure nebbie   gli avessero potuto offuscare le quali nebbie come esalazioni   nubilose, all' apparir del sole di V. E. saranno   sforzate al tutto dissolversi e svanire.   Prenda dunque questo mio discorso, nel quale   io intendo difender la filosofia. In quella guisa che  l' Immortale Iddio prende i piccoli doni de' mortali  Il qual dono soddisfacendole, tutto attribttuirò a   gratia di V. E., sì come ancora del esser da lei con   tal mezzo annoverato nel numero de suoi affezionati   servitori, del che ne la supplico. Di Fiorenza   questo dì 2 di giugnio 1613. Di V. Ecc. Ill.  Humilis. Servo  Vincenzio di Grazia. A' LETTORI Furrono sempre, a presso i saggi, tutte quelle   azioni in pro della verità adoperate non solamente   gradevoli e care, ma ancora degne   di perpetua lode quindi è ch' io in difesa di quella   e d' Aristotile, ne ploblemi naturali autor di   essa, mi son messo a fare queste mie brevi considerazioni   sopra 'l Discorso di G. G. intorno alle cose che stanno in su l'   acqua o che in quella si muovono. Nelle quali io non presumo di difendere   Aristotile (non facendo mestieri a si grand' uomo di mia difesa),   ma si bene in dichiarandolo di mostrare, lui da per se stesso dalle   calunie impostegli esser bastevole a difendersi. Imperciochè tutte   le ragioni che in esse si ritrovano dall' opere aristoteliche sono raccolte,   e se niuna ve ne è mia propia, sarà qualche esperienza, o argomento   particulare, che Agevolmente dai suoi universali si deduce Il che   accio a tutti sia manifesto, mi è paruto conveniente secondo la vulgata   divisione d' Averroe citar i luoghi d' Aristotile di donde si trarranno   gli argomenti. Onde maggiormente apparirà, come diceva   Plutarco, Aristotile niuna cosa senza gran ragione affermare. e i   Peripatetici alle sue ragioni e non alla sua autorità, risguardare. Ancora   vedrà s' il Sig. G., come e dice, per Capriccio, o per non aver letto   o inteso Aristotile, si parte dalla sua opinione. Nello scrivere filosofiche   dubitationi, di propia natura difìcultose nella nostra favella  non diro incapace di esse, ma a quelle per ancora non molto assuefatta,   suole essere non piccolo carico a coloro, che lo mprendano a sostenere  Il che cognoscendo il Sig. G., quasi un' anno intero impiego   finire e publicare il suo doctissimo discorso. Onde non ispero, che 'l   troppo indugio nel mandar fuori queste mie considerazioni, debba   essere occasione ad alcuno di darmi biasimo La quale speranza tanto  più, prende vigore, quanto il mio ritardamento dalla fortuna è stato   favoreggiato. lmperciochè, parendo al Sig. G. essere stato nel suo   discorso alquanto oscuretto, volse per sua cortesia doppo cinque o   sei mesi con nuove aggiunte molto meglio esplicarsi. Il perchè, oltre   all'avermi reso più cauto, mi a maggiormente aperto il campo a   rispondere alle sue ragioni, come che mi abbia ancora dato grand' occasione   di dubitare, che per entro la mia opera molte imperfezioni   non si ritrovino, e che io non abbia conseguito il mio intento in queste   mie scritture. Onde mi protesto che se in essa scrittura dal S. G. O   da altri, qualche imperfezione mi sara dimostrata, non solo   l'auuro per male, ma ne prometto obligo, e gratitudine   a singular benefitio dovuta. Questo è quello  graziosi lettori, che mi occorre dire, intorno   a queste mie considerazioni, le quali   non spero che a voi, come desiderosi   della verità, non habbino   a essere discare.   Vivete felici. CONSIDEIRAZIONI DI M. VINCENTIO DI GRAZIA Sopra Al Discorso di Galileo Galilei: Intorno alle cose che stanno in su l' acqua o in quella si muovono. Volendo dar principio alle mia considerazioni Intorno a quello che scrive il Sig. G. delle cose che stanno in su l’ acqua o in quella si muovono, mi è paruto conveniente prima proporre le parole del suo trattato, e di poi, discorrendovi sopra dimostrare, quanto vagliano contro d'Aristotile. Impercioche cosi adoperando con più agevolezza il lettore potrà considerare chi di noi più alla verità s' avvicini. Oltre anche mal si dubiterà della vera relazione, come, se per altre parole si referissono, far si potrebbe. Cominciando dunque dalla prima origine del discorso del Sig. Galileo, alle mia considerazioni in torno di esso secondo il dato ordine, darò principio. "Dico dunque che, trovandomi ( conchiusi. L'origine del suo discorso fu, secondo che dice un ragionamento ch’ egli ebbe con alcuni letterati intorno alla condensazione: nel quale un di loro affermò, quella essere proprietà del freddo, come si vede nel ghiaccio, la quale sperienza benchè paia verissima tutta volta fu negata dal Sig. Gal. veggiamo ora se à ragione. Egli non è dubbio alcuno, che i semplici elementi si condensano dal freddo, e dal caldo si rarefanno. Il che nella generazione dell’ acqua e dell’ aria, sensibilmente apparisce. Si potrebbe a ragione dubitare delle saette. dove pare che il freddo abbia virtù di generare il fuoco, che è il più sottile degli elementi * la qual cosa non avviene per natura del freddo, ma si bene per cagione accidentale. Conciossia che il freddo, condensando le nugole di tal maniera unisce le esalazioni calde e secche, le quali per entro le nugole se ritrovano, che elle ne divengono sottilissimo fuoco. Il contrario effetto apparisce nella gragnuola, nella quale sembra che ‘l calore abbia virtù di condensare. I quali accidenti avvengono per lo circondamento de' contrarii da' Greci chiamata. Adunque se il ghiaccio è rarefatto, come il S. G. afferma, sarà di necessita rarefatto dal calore, non potendo questo tale accidente il freddo di sua natura generare. generandosi il ghiaccio di semplici Elementi e non potendosi il circondamento de' contrarii in tal cosa adattare. Non credo sia per essere alcuno, che abbia, negando il senso, a dire il ghiaccio esser generato dal calore, essendo egli prodotto ne' più freddi tempi del verno, nel quale ogni calore nel nostro emisferio quasi è mancato. E se pure si trovasse molto sarebbe lungi dal vero. * Impercioche uno agente, operando secondo la sua natura, non può in un medesimo oggetto esser cagion d'effetti contrarii. Adunque se il calore liquefacendo corrompe il ghiaccio, sarà impossibile, che egli lo possa generar congelando. Perche è manifesto il ghiaccio essere dal freddo condensato e non dal calore rarefatto. Ci resta ora a dimostrare le soluzioni de gli argomenti del Sig. G. Diceva egli *, che la condensazione partorisce diminuzion di mole e agumento di gravita, e la rarefazione maggior leggerezza e agumento di mole al che s'aggiugne; che le cose condensate maggiormente s' assodano e le rarefatte si rendon più dissipabile, li quali accidenti nell'acqua non appariscono. Adunque il ghiaccio non condensato, ma rarefatto, doverrai dirsi. Impercioche il ghiaccio essendo generato d' acqua, doverrebbe essere piu grave di quella, dove che egli piu leggieri apparisce galleggiando per essa. ed e ancora secondo il Sig. Galileo molto maggiore di mole dell' acqua ond' è si produce. E per potere più agevolmente rispondere a queste ragione. Notisi che l'aria racchiusa nelle materie, che di lor natura nell'acqua hanno gravità, suole renderle più leggieri che non è l'acqua onde elleno fuor di natura in essa galleggiano. Segno ne sia la pomice, che essendo di terra e perciò grave per l’ aria, che dentro vi si racchiude, nell' acqua galleggia dove riducendola in polvere l’ aria se ne vola via ed ella perviene al fondo dell' acqua. Onde diceva Teofrasto, che sono dell'Isolette nel mare indico, che per questa cagione galleggiano sopra l'acque. La qual cosa perche non abbia da molti, che non danno fede alle fatiche de' valent' huomini, a essere riputata favolosa, mi piace nella nostra Italia non meno dell' altre provincie di gran maraviglia ripiena, addurne verace esperienza. E dunque nella Campagnia di Roma vicino a bassanello un lago, di bassanello appellato l' acqua del quale nell'azzurro biancheggia, anzi è simile al color verde. Nel quale si veggono molte isolette coperte di verdeggianti erbette, che nuotano sopra l' acqua in guisa di navicelle. Questo come afferma fra leandro nella sua Italia, è quel lago che da Plinio primo e secondo di Vadimone fu detto che delle medesime isolette fanno menzione. le quali per altra cagione non si deve credere galleggiare se non perche di pietra spungnosa sono composte. Adunque è manifesto che l' aria racchiusa nelle materie che hanno gravità puo esser cagione che elleno sopra l' acqua galleggino, quantunque piu gravi di essa. II che essendo verissimo dico che congelandosi il ghiaccio per entro vi si racchiude alcuna piccola porzione d'aria. Segno ne sia mlolte bolle e sonagli, li quali si veggono nella superficie del diaccio, e ancora quantunque molto minori dentro a qual si voglia particella di esso, ancorche benissimo condensata. laonde a chi diligentemente considera a quella quantita d'aria, che nel diaccio si racchiude, agevolmente si accorgera el diaccio non essere piu leggieri della materia della quale egli si produce. Onde adviene che egli nell'acqua soprannuoti. Il simile si può dir della mole Impercioche se si vedesse l’ aria e l’ acqua che concorrono a comporre il diaccio, ci accorgeremmo, che molto minor luogo dal diaccio che da quelle, viene occupato. Al che s' aggiugne * che molto più si uniscono le cose humide che l’aride * onde il ferro benche sia di più terrestre materia che ‘l pionbo, e perciò dovrebhe esser piu grave, non dimeno, perche le particelle del piombo, essendo piu umide e per questo piu unite, in gravità da quello è superato La qual cosa, nel diaccio ancora potrebbe seguire. Adunque è manifesto, che le ragioni del Sig. Galileo non a bastanza dimostrano il ghiaccio esser acqua rarefatta. E maggiormente perche la terza condizione che nel condensare si ricercha, molto gli contraddice. E questa è, che le cose nel condensarsi molto piu sode divengano Il che nel diaccio sensibilmente si vede. Quanto a quello disse quel litterato il ghiaccio galleggiava per la figura, ne lascerò bello e la cura a lui, non mi curando di tor la brigha a chi molto ben si può da per se difendere. Potrebbe adunque parere, che ‘l Sig. G. alquanto nella primiera origine del suo discorso, dalla verita s'allontani, affermando il diaccio essere acqua rarefatta dove egli sensibilmente si vede esser' acqua condensate. Conchiusi per tanto ( E per procedere. E tanto maggiormente pare sia lontana dal vero l’universale conclusione fatta dal Sig. G. la figura non essere cagione in alcun modo di stare a galla o in fondo; Impercioche come per lo senso apparisce e come dimostrerremo di qual si voglia materia, ben che gravissima, si può riducendola in figura piana, comporne una mole che galleggi sopra l’acqua. E ben vero che tal cosa c'indusse a credere, oltre alla sperienza, il vedere, che la diversita delle figure altera grandemente il movimento de'corpi dove ella si ritrova: onde la figura si riduce a tanta anpiezza e sottigliezza, che non solo ritarda le cose che nell' acqua discendono, ma ancora le quieta sopra di quella. Il che quantunque il Sig. G. stimi falso, si vedrà per ragion vivissime esser vero mentre si considereranno nel suo discorso tutte le ragioni addotte dall'una e dall'altra parte, e di più quelle, che egli di sua invenzione, adduce. le quali d'ogni intorno considerate e addottone le vere dimostrazioni, potrà da esse prender quell'utile ch'egli desidera cioe di venire in cognizione della verità, la quale sino ad ora da lui per falsita è tenuta Mentre le sue ragioni piu apparenti, che vere saranno, riprovate. E per procedere ( cercherò di mostrare. Molto bene discorre il Sig. G. proponendo di voler dichiarare la vera e natural cagione dell'ascendere alcuni corpi e in quella soprannotare, e del discendere in essa e in quella rimaner Impercioche da questo si debbe trarre la soluzion di questa nostra difficultà. E se quello ha veduto in Aristotile non lo quieta forse dello stesso Aristotile tali ragione e dichiarazioni gli proporremo, che appieno gli daranno soddisfazione. E venendo à considerare la cagione del Sig. G. la quale è che le cose vanno al fondo per esser più gravi dell' acqua e in quella all' insu si muovono spinte dalla maggior gravita di essa; affermo questa sua dimostrazione parere alquanto manchevole. Impercioche dovendosi dimostrare gli accidenti del propio e naturale suggetto, nel quale eglino naturalmente si ritrovano fa di mestiero, volendo assegnar la cagione del movimento al centro e alla circunferenza, e della quiete che segue nell' acqua, il considerargli primieramiente negli elementi dove naturalmente si ritrovano e non insieme in quelli e ne conposti Altrimenti non si farebbe la dimostrazione universale & erreremmno. si come di gran lunga errerebbe colui che volesse dimostrar l’adifinzion del Triangulo in genere, che e aver tre angoli eguali a due retti, insieme di esso e dell' Equilatero. Adunque alquanto par che si parta dal vero il Sig. Galileo mentre del movimento de' semplici e de' corpi comnposti insieme, ne assegna la cagione. Secondariamente la cagione del Sig. G. non I'ho in tutto per vera. Impercioche ancorche sia manifesto, che la gravita sia cagione che i corpi semplici si muovano al centro. non è gia vero che eglino si muovino alla circunferenza spinti dalla maggior gravità del mezzo. E questo, per molte ragioni. La prima è che essendo quattro gli elementi, i quali sono corpi naturali fa di mestieri che abbiano quattro movimenti naturali distinti fra di loro. E perchè alcun potrebbe negare, che gli elementi fussero quattro ben che della maggior parte per lo senso apparisca non dimeno per maggiore evidenza, l’abbiam voluto mostrare. E manifesto per lo senso, che oltre alle altre qualità quattro parte nel mondo sullunare se ne ritrovano cioè caldezza e frigidita, siccità e umidità dalla cognizion delle quali sei accoppiamenti si producono, cioè caldezza e siccità. caldezza e umidita, frigidità e siccità, frigidità e umidita, e caldezza e frigidità, e umidita e siccità. Li due ultimi accoppiamenti solo sono impossibili, non potendo due contrarii ritrovarsi in un medesimo suggetto, e percio rimanendo quattro accoppiamenti di quelli, è necessario costituire quattro corpi naturabli, e questi sono i quattro elementi. Impercioche la terra fredda e seccha per lo senso apparisce l'acqua fredda e umida, I'aria umida e calda. Adunque è necessario che si conceda un' altro corpo semplice elementare, che il quarto accoppiamento delle prime qualità ritengha, e questo è il fuoco, * il quale non altrimenti è come il nostro, che è una soprabbondanza di calidità e siccità, ma si bene un corpo semplice di sua natura caldo e seccho. Se dunque sono quattro gl'Elementi essendo eglino corpi naturali, che per lor natural' propietà debbono avere il movimento, sarà necessario abbiamo quattro movimenti naturali distinti, sì come fra di loro sono distinti nelle qualità. Ma concedendo solo la gravità assoluta come fa il S. G. non quattro ma un solo movimento naturale ne concederà. A questo s'aggiugne che tutti gli Elementi, salvo la terra, stieno nel propio luogo per accidente e sforzati; contro la propria natura e contro a quello che dice il S. G. Impercioche se tutti gli Elementi son gravi, e i men gravi sono spinti alla circunferenza da quelli, che hanno maggior gravità, ne adiverrebbe che levando i piu gravi, i men gravi di lor natura al centro scendessero. Adunque non sono di lor natura nel proprio luogo, ma perche la maggior gravità ve gli ritiene. Come per esempio aria, che nell' acqua si muove verso la circunferenza, vien mossa dalla maggior gravità di essa, e quando di poi è sopra di quella doverebbe, come grave, muoversi al centro, ma la sua maggior gravita ve la ritiene. Reducesi adunque da' principi del Si. G. che fuori della terra tutti gli Elementi stieno nel propio luogo per accidente. Il che apparisce falsissimo. Oltre a di che si ritroverrebbe un movimento che a tutti i mobili fusse fuor di natura. La qual cosa pare impossibile. Impercioche se il movimento alla circunferenza à quattro Elementi è fuor di natura, ne seguirà quello essere fuor di natura ad ogni corpo naturale, non potendo il quinto Elemento, cioè il Cielo muoversi di tal maniera. Ma chi direbbe giammai che un moto fusse contro natura a un mobile, se non fusse secondo la natura d' un altro? Essendo di necessità l'essenziale primo dell'accidentale, e il naturale del non naturale. Di più non solo nel mondo essere la gravità assoluta, ma ancora la leggerezza, da quello doviamo dire apparirà. Quelli autori, che in tal particulare sono approvati dal Sig. G. per due cagioni affermano la terra assolutamente esser grave l'una si è perche ella sempre si muove verso il centro e l'altra perche si concentra sotto tutti gli altri Elementi. Se dunque il Fuoco si moverà sempre verso la circunferenza e sovrasterà a gli altri Elementi, per le contrarie ragioni doverra essere leggieri, come la terra di gravità positiva è grave. Ma che il fuoco sempre verso la circunferenza habbia il suo movimento, sensibilmente apparisce veggendolo noi, non solo per la terra, e per l'acqua, ma ancora sormontare velocemente per l'aria. E agevole il dimostrare che il fuoco sovrasti a gli altri Elementi. Impercioche un' altro corpo, più leggieri e più veloce di esso, per gl' Elementi sormontare si vedrebbe. Al che si aggiugne esser necessario il ritrovar nuove qualità e nuovi accoppiamenti di esse per constituire questo nuovo e quinto Elemento sullunare. Adunque andando sempre il fuoco verso la circunferenza e sovrastando a gl' altri elementi ne segue per le contrarie cagioni che egli sia leggieri di leggierezza positiva, come la terra di gravità positiva è grave * finalmente, movendosi la terra, e il fuoco a due luoghi contrari cioè al centro e alla circunferenza, e percio di movimenti contrarii, fa di bisognio che questi contrarii movimenti habbino contrarie cagioni, non potendo una medesima cagione di sua natura nel medesimo tempo produrre due effetti contrarii. * Ma il sù, e il giù sono contrarii, non solo secondo la vostra positione, come afferma il divin Platone, ma di propia natura. Impercioche se i contrarii son quelli che collocati sotto un medesimo genere sono al possibile lontani. Al certo, il sù e il giù saranno i primi contrarii, conciossiache questa diffinizione de' contrarii propriamiente a' contrarii del luogo s' adatta, e quindi a gli altri si estende. Adunque i contrarii dell'uno cioè il sù e il giù saranno di lor natura contrarii, e perciò i movimenti a quelli contrarii: onde adiviene essere impossibile che da due contrarie cagioni, non sien prodotti. Si corrobora maggiormnente questa ragione non apparendo in che mnaniera il movimento al centro abbia ad havere una causa positiva e quello alla circunferenza privativa. Ma chi remirando la natura non vede, che quando fa un contrario un altro simile, sempre ne produce? zoppica dunque in questo la natura, non facendo il contrario alla gravità se nell' altre cose così perfettamiente adopra. Dandosi aduque la gravità assoluta, in consequenza seguirà che diamo ancora la leggierezza assoluta. Ma se fusse vero che gli Elementi superiori si movessero, spinti dalla maggior gravità degli inferiori, ne seguirebbe che piu veloce e piu agevolmente se moverebbe una picciola quantità di foco dall’ aria, che una grande. E tutta via segue il contrario, veggendosi sempre piu velocemente una gran fiamma ch’ una picciola sormiontare. Il dire come molti fanno che questo adiviene dalla maggior violenza fattale dall’ aria, che cerca spignere un suo maggior contrario è una vanità. Impercioche se l’aria, come corpo finito, è di forze finite è impossibile ch’ella con più agevolozza alzi un corpo grande, che un piciolo, avvenga che, come di forze finite ella per esempio può sollevare dugento mila libbre. Adunque quanto piu ci accostiamo alle 2000 libre tanto piu si affatichera, e sosterrà con minor forza quel peso, dovendosi arrivare a quel termine preciso. E per cio piu agevolmente dovrebbe alzare un peso picciolo, che un grande: il che segue al contrario. In oltre, noi veggiamo che tutte le cose che si muovono naturalmente si muovono più veloci quanto piu s' avvicinano al lor centro e al proprio luogo, e quelle che le muovano per violenzia più si muovano al principio che al fine. Adunque doverebbe seguire che il fuoco si moverà più velocemlente vicino a terra, che vicino al suo centro, ma apparisce il contrario. Di più, se tutti gl' Elementi si movessino all' in sù spinti dalla maggior gravita, ne seguirebbe che vicino al concavo della Luna si desse il vacuo. Imperciochè se il fuoco è spinto dalla maggior gravità dell' aria, ed egli è grave, ne seguirà che quando egli sarà fuori dell' aria egli piu non si muova all' insù ma al centro non essendovi la virtù della maggior gravità dell' aria, ma la sua natural gravità. Adunque vicino al concavo della luna sarà del vacuo non essendo chi vi spinga il fuoco. Per le quali cose s' è dimostrato due essere l’ inclinazioni naturali, che cagionano il movimento al centro e alla circunferenza, e non una, come afferma el S. G. Onde è manifesto la sua cagione imparte esser vera, e in parte Falsa. Vera quando dice la gravità essere cagione de' movimenti al centro. Falsa mentre egli vuole, che il moto alla circunferenza dalla maggior gravità si produca, il quale dalla leggerezza depende. Stabiliscasi dunque per verissimo fondamento, che movendosi gl' Elementi al luogo proprio, dove ricevono la propria perfezione e la conservazione, & alcuni habbiano da natura di Fermarsi nel centro, alcuni nella circunferenza, altri ne' luoghi di mezzo a questi dalla gravità, e dalla leggerezza si muovono. La qual cosa non solo confronta con la natural filosofia, ma ancora con le matematiche discipline, quantunque repugni ad Archimede, quindi a poco vedremo se a ragione o a torto, per ora, oltre al detto, siami lecito contro a un grandissimo matematico, qual fu Archimede, addurre l’ autorità d'un più grande e questi è l'amirabile Tolommeo nel libro, che egli scrisse de' momenti, referito da Eutocio comentator del vostro Archimede, il qual libro, se per la voracità del Tempo non si desiderasse, non solo per autorità servirebbe, ma ancora ragion gravissime e degne di Tolomeo, in esso si scorgerebbono. Dice dunque Tolommeo, che il genere del momento e dell' inclinazione alla gravità e alla leggerezza si estende. Il che da noi, con vivaci ragioni, è stato provato, ci rimarrebbe ora a render la ragion de' Corpi composti, che al centro e alla circunferenza si muovono, ma perchè ci sarà migliore occasione resterò di trattarne. "lo con Metodo differente. ( Io dunque. Avanti che vegniamo a considerare le dimostrazioni del Sig. G. ci è paruto necessario il dimostrare, quanto sieno lontani coloro dal vero che con ragioni matematiche vogliono dimostrare le cose naturali de' quali se io non m'inganno è il Sig. G. Dico dunque che tutte le scienze e tutte l’ arti hanno i propii principi, e le proprie cagioni, per le quali del propio oggetto dimostrano i propii accidenti. Quindi è che non è lecito co' principi d' una scienza passare a dimostrare gli effetti d' un' altra. Onde grandemente vaneggia colui, che si persuade di voler dimostrare gli accidenti naturali con ragion matematiche: essendo queste due scicuze tra di loro dififerentissime. * Imperciocche lo scientifico naturale considera le cose naturale, che hanno per propria e naturale affettione il movimento. La dove il Matematico il proprio suggetto astrae da ogni movimento. A quisto s' aggiungne, che il naturale considera la materia sensibile de' corpi naturali, e per quella rende molte ragioni de' naturali accidenti. E il matematico di quella niente si cura. Similmente, trattandosi del luogo, il matematico suppone un semplice spazio, non curando se è ripieno di questo o di quell' altro corpo. Ma il naturale grandemente diversifica uno spazio da uno altro, mediante i corpi da che viene occupato: onde la velocità, e la tardità de' movimenti naturali adiviene. E benche il Naturale tratti delle linee delle superficie e de' punti, ne tratta come finimenti del corpo naturale e mobile. E il Matematico astraendo d' ogni movimento, come passioni del solido che ha tre dimensioni. Ma vegniamo a considerare i principi così intrinsechi e cosi immediati del Sig. G. da' quali dependon le cagioni de gli ainmirandi, e incredibili accidenti. dalla difinizione de' suoi termini inconminciando. "Io dunque ( diffiniti questi termini. Quanto alla prima descrizione, che due pesi di mole equali, che equalmente pesino, sieno equali di gravità in ispecie cioè mi credo io che sieno d' una medesima spezie di gravità. Il che se così è, non è al tutto vero. Impercioche si può ritrovare un solido di terra equale a un solido di qualche misto, che pesino equalmente tutta volta non sono della medesima spezie di gravità come di sotto diremo. Nella seconda descrizione, cioe che due solidi diseguali di moli, eguali di peso, sieno eguali di gravità assoluta, il Sig. G. non si serve di questo termnine assoluta ne come Platone e gli altri antichi, che egli fa professione di seguitare, nella nostra favella s' usa, imperciocche Platone chiama quella gravità assoluta, che per tutti i luoghi è cagione del movimento al centro, e sotto tutte I'altre gravità si profonda. E Dante il divin Poeta se ne serve per contrario di respettiva "Voglia assoluta nom consente al danno,, Quanto alla terza definizione del piu grave in ispecie dicendo esser quello che un corpo equale di mole, pesa più par che si sia alquanto ingannato. Primieramente, perchè si può dare due moli di terra equali fra di loro, le quali per essere l’una piu densa dell' altra pesi più, non per questo sarà più grave in ispecie conciosiacosa che amendue vadano al medesimo centro, e perciò eguali in gravità di specie. Secondariamente perche due moli di terra diseguali, e di peso, e di mole sono della medesima specie perche vanno al medesimo centro, e non come dice il Sig. G. son fra di lor piu gravi in ispecie. Dove fa di mestiero notare che il Sig. G. non ha distinto la maggiore, e minor gravità in numero da quella che in specie si chiama. Imperciochè, due particelle di terra equali di peso e di mole, sono della medesima gravità numero movendosi al medesimio centro e con la medesima velocità. La dove due particelle di terra disequali, e di mole, e di peso, o solo di peso se bene andranno al medesimo centro tutta volta havranno disaguaglianza di velocità. Quello si è detto del grave assoluto si può replicare del piu grave assoluto cioè che 'I Sig. G. s'è servito male della dizzione assoluta. Ma per dimostrare in che guisa si debbano descrivere questi termini descritti dal Sig. G. siemi lecito alquanto di digredire. Dico dunque che la gravità in genere è una inclinazione del mobile a moversi al centro dalla quale due spezie derivano *. Gravità semplice, e gravità a predominio: la gravità semplice ne gli elementi si ritrova, e in tal maniera si chiama perche dalla semplice natura de gli elementi depende che in altre due spezie si dirama. Gravità assoluta e respettiva * . Assoluta è quella, che in tutti i luoghi e cagione del movimento al centro, e sotto le altre gravita si ritrova come la gravità della terra respettiva quella che non in tutti i luoghi cagiona il movimento al centro, e ad altre gravità sovrastà, come quella dell' acqua, la quale ancora in altre due spezie si divide. cioè gravità respettiva ad un luogo come quella dell' acqua, e a piu luoghi come quella dell’ aria. Quella divisione, che della gravita semplice si è fatta si può adattare alla gravità a predominio. Si dee bene avvertire, che molta differenza si ritrova fra queste due gravita. Imperciochè, come si e detto, la semplice dalla semplice natura de gli elementi depende, Ia dove quella a predominio dalla mistura de' quattro elementi si genera. E perciò essendo nel misto i quattro elementi sempre quello che sarà a predominio terreo, sarà men grave della terra se bene fussino equali di mole. Quantunque * per accidente, come nell' oro e nel piombo altrimenti adiviene. Ma segue questo, perchè mediante l’ umido le parti terrestre si condensano di maniera, che in equal mole di piombo sono piu parti terrestre che nella terra semplice non si ritrovano, onde quelle possono contrappesare quelli elementi leggieri, che sono nel misto. Segno ne sia di ciò, che levando via l’ umido, la materia del piombo divien piu leggieri della terra, come nella schiuma di esso struggendolo apparisce. Da questo nostro discorso ottimamente si può descrivere i termini definiti dal Sig. Gal. Quello che egli chiama grave assoluto si dee chiamare grave in genere e piu grave, e men grave assoluto più è men grave in genere. Equalmente grave in ispezie chiamerò quelle cose, che di qual si voglia mole si moveranno al medesimo centro, come in ispezie di gravità assoluta egualmente saranno gravi tutte le sensibili particelle di terra, e di respettiva. Quelle dell’ acqua. Più grave di spezie quelle, cose che si muovono più verso il centro del mondo, come la terra piu grave in ispezie dell' acqua l’ acqua dell'aria, e l’ aria men grave dell'una, e dell'altra. E egualmente grave di gravità in numero si deon chiamare quei solidi, che essendo equali di mole sono equali altresì di peso, come una zolla di terra essendo equale di mole e di peso, sarà della medesima gravità di numero. Più grave in numero può essere in due modi, il primo quando una mole della medesima spezie è maggiore dell'altra: pesa piu, il secondo quando essendo due moli della medesima spezie l’ una per essere più densa dell’ altra, è più grave. E questo che abbiamo detto della gravità, si può adattare alla leggerezza. Il che mi metterei a dimostrare ma per non abusar la cortesia del lettore per brevità lo tralascero. "Definiti questi termini ( esplicate queste cose. A questi due principii presi da Archimede nel primo libro del centro della gravità si dee aggiugnere, volendogli adattare alle cose naturali, che lo spazio per lo quale si deono muovere i mobili sia ripieno del medesimo corpo. Impercioche se una bilancia si dovessi muovere per l’ aria, e l’ altra per l’ acqua, è impossibile ch' elle si muovano nel medesimo tempo per ispazii eguali, per la maggiore e minore resistenza del mezzo, che occupa i sopraddetti spazii. La qual cosa, quando dal Sig. G. s' aggiugnerà saranno questi suoi principii verissimi, e perciò facilmente da me si concederebbono, quantunque Aristotile avesse detto il contrario riguardando alla verità delle cose, e non alla autorità di Aristotile. Quanto alla nuova aggiunta, nella quale il Si. Gal. dichiara quello significhi monento pare sia alquanto manchevole, non ci numerando una significazione ch’ al suo discorso faceva più di mestiero. E questa è che ‘l momento denota quella potenzia e quella abilita naturale, che hanno immobili a esser mossi. si come la gravità, e la leggerezza al moto de gli Elementi. La qual significazione non solo è in uso appresso Arist. e Platone, ma appresso i vostri mecchanici conciossiache Eutocio ne' comenti de' Libri d'Archimede si serva di questa significazione, dicendo. Il genere del momento Aristotile e Tholomeo, che l'ha seguitato, dicono che non solo s' appartiene alla gravità (come vuol Platone) ma alla leggerezza, ancora. "Esplicate queste cose ( Ma perche tali cose. Dice dunque il Sig. G. che il mobile, quando si muove per l’acqua verso il centro, dee scacciare tanto d' acqua, quanto è la propia mole, al qual movimento l’acqua, come corpo grave resiste, le quali cose pare, che abbiano bisognio di gran moderazione. * Imperoche dice bene Aristotile, che il mobile, profondandosi nell' acqua, dee alzare tanta acqua, quanto è la sua mole, ma vi aggiugne se però l'acqua è quel mobile non si costiperanno insieme, e quindi avviene che molti solidi, nel sommergersi nell' acqua, non alzeranno la ventesima parte di essi, altri piu, e altri meno, secondo che fra di loro s' uniranno. Quanto alla resistenza che fa I'acqua a quel movimento, quando si alza sopra il propio livello, ch'ella fusse molta non torrei io già a sostenere. Imperciochè se bene l’acqua aI movimento all' insu, come corpo grave è renitente, tutta volta in questa nostra azione ella non muta in tutto e per tutto luogo, ma si benie ne perde alquanto di sotto e altrettanto n'acquista per di sopra * ed essendo ella di sua natura corpo atta ad essere grave, e leggiero quando è nel propio luogo, come di sotto diremo, può da ogni minima forza esser mossa al centro e alla circunferenza. Il perche ella a questo movimento pochissimno resiste, la qual cosa vien dimostrata da sensibile esperienza, che una gran massa di cenere, che nel sommergersi nell' acqua, alza il suo livello poco, o niente, doverebbe muoversi piu velocemente d' altrettanta materia soda, anzi non havendo resistenza l’ acqua all' e ssere alzata, e non ci essendo secondo il Sig. G. altra resistenza, munoversi inistante, la dove ella piu tardi che altra materia soda, e dura si muove. E percio non si dee far grande stima di questa resistenza, se però nell' acqua si ritrova, nel considerare i movimenti, che seguono ne l’acqua. Della quale servendosi il Sig. G. lasciando da parte la vera e natural resistenza de gli elenienti non e maraviglia, che alle volte convenghiamo nelle conclusioni e discordiamo nelle cause. "Ma perche tali cose profferite. Seguirebbe ora, ch'io considerassi dimostrazione, per dimostrazione, e di esse proposizione per proposizione. Ma perche tutte queste sue dimostrazioni son fondate sopra principii falsi. Per non perdere tempo invano, ho giudicato esser bene il tralasciare questa faticha, il che sarà facile il dimostrare. Il primo principio è ch' egli non fa la sua dimostrazione universale. Impercioche, egli dimostra il movimento de gli elementi e de i misti sotto una medesima dimostrazione, e per una medesima cagione, la qual cosa quanto sia falsa abbiamo gia detto. Il secondo è che egli vuol dimostrare le cose naturali con mathematiche ragioni. A questo s' aggiugne, che egli suppone per vero che nel mondo sublunare non sia leggerezza positiva, e che gli elementi si muovono alla circunferenza, spinti dalla maggior gravità del mezo. Di piu non vuole che l’ acqua, come corpo solido habbia resistenza all' essere divisa. Il che essere falso vedremo nel luogo dove il Sig. G. ne tratterà Bastici per ora una sensibile esperienza fatta dal Sig. G. cioè, che con manco forza si muove una mano nell' aria, che nell' acqua. Onde apparisce essere alquanto di resistenza e nell' acqua, e nell' aria, ma più in quella, che in questa. Nel quinto luogo egli fa grande stima della resistenza dell' acqua, all' essere alzata sopra il proprio livello che non è nulla, e se pure e' non è sensibile. Il sesto che egli nel difinire i suoi termini de' quali si serve in queste dimostrazioni, si parte molto dal vero. Onde faceva molto meglio in questa sua nuova edizione a pigliare fondamenti e principii veri ò a dimostrare veri quelli, di che si era servito, che accumulare nuove e false dimostrationi. Il che è appunto maggiormente confermarsi nella sua opinione. Essendo dunque le dimostrazioni del Sig. G. falsissime, come dipendenti da falsi principii, ci resta a dimostrare le cagioni di quei problemi che dal Sig. G. son proposti, li quali da noi si debbano addurre per dimostrare, che non ci siamo messi a questa impresa non solo per contradire per alcuna malevoglienza, o per alcuno lividore di invidia, ma bene per dimostrare la vera ragione delle cose. La cagione onde il Sig. G. si è mosso à scrivere queste sue dimostrazioni è stata com'egli dice per render la causa. Onde avviene che dieci libbre di acqua possono reggere cinquanta o cento libbre di peso, verbigrazia una trave che pesi il gia detto nuruero. Il che da lui è stato stimato accidente maraviglioso e ragguardevole. E non si è maravigliato, in che modo la terra possa sostenere i tre elementi supeniori, che quasi infinito l’ eccedano supponendo secondo la dottrina di Platone, che tutti i corpi sullunari sieno gravi. * Tutto quello che sotto il Cerchio Luna si muove, e si quieta o e semplice elemento, e mistura de gli elementi. Per qual cagione i semplici elementi al proprio luogho si muovino, e in quello si quietino, già si è detto, che per la gravità, e per la leggerezza hanno questi naturali accidenti. Quindi deve mancare ogni maraviglia in che modo adiviene che l’ acqua sopra la terra si sostenga, essendo per entro quella verso la circunferenza si muova, & l’aria, rispetto all' acqua, e il fuocho all' aria, Impercioche sendo l’ acqua leggieri in comparatione della terra, e l’ aria all' acqua e ‘l fuocho all' aria, non solo e maraviglia che sopra quelli si quietino, e in quelli alla circunferenza si muovino, ma gran stupor sarebbe, che eglino al contrario adoperassino. Adunque per una innata inclinatone adiviene che gl' elementi nel lor luogo si fermino, e fuor di esso ritrovandosi a quello si muovino, che in due spezie, gravità, e leggerezza si dirama, l’una delle quali al centro partorisce il movimento, e l’altra alla circunferenza. Quello habbiamo detto de gli elementi si può dire de i misti, solo questa differenza ci si può considerare, che la gravità, e la leggerezza ne seplici da la loro natura adviene e ne i composti da l’elemento che nella mistura ha il predominio verbigrazia se l’ elemento predominante sarà grave assoluto, il composto ancho egli haverà la medesima affettione, in tanto differente, quanto nel semplice non vi sarà amista leggerezza alcuna, e nel misto qualche leggerezza per l’ elementi leggieri sempre vi si troverra similmente se egli leggieri assoluto, o respettivo, e finalmente quasi nella maniera, che sarà il predominante sarà ancora il misto. Onde agevolmente si deduce la cagione perche una trave di 500 libre sarà sostenuta e sollevata da 10 libbre di acqua. Imperciocche essendo la trave aerea a predominio, e l’aria nell' acqua essendo leggieri doverrà la trave come leggieri sopra l’acqua di sua natura sollevarsi, solo harà bisognio di tanta acqua, che possa compensare il terreo, de gli Elementi gravi che nella trave si ritrovano. Questa e la cagione del tanto amirando Problema del Sig. G. e dove egli imipieghò tanto tempo, e tanta faticha. Mi resta bene a me ora un più difficile problema che per non lasciare cosa alcuna indietro che alla nostra dubitatione s' appartengha, da me si spiegherà. E quest' è perchè una trave di cento libbre nell' aria è più grave di gravità in genere, che un danaio di piombo, e nell' acqua, il piombo, divien grave, e la trave leggieri. Segno ne sia di ciò, che la trave nell' aria, si muove all' ingiù più velocemente ch' il piombo, e nell' acqua il piombo conserva il medesimo movimento e la trave si muove all' insu. Per le explicazione di questo problema, si deve avvertire, che nel luogho dell' aria * tre sono gl' elementi gravi, come di sotto si dimosterrà, cioè terra, acqua, e aria, & uno leggiero, la dove nell' acqua, due sono i leggieri, aria e fuocho, e due gravi, acqua, e terra. Componendosi dunque la trave e il piombo, de quattro Elementi, e nella trave prodominando I'aria che già secondo habbian detto nel propio luogho e grave accomompagnandosi con gl' altri dua elementi gravi viene a rendere la trave colma di gravità ma nell' acqua che l’aria è leggieri accompagnata dal fuocho superando di gran lunga i due elementi gravi, divien leggieri. La dove il piombo nel quale la terra predomina, che in tutti i luoghi è grave sempre in tutti i luoghi mantien la sua gravità, e percio nell' acqua, e nell'aria si muove al centro; ma nell' aria la sua gravità assoluta per essere si pocha rispetto alla trave, essendo il piombo un danaio, e Ia trave cento libbre, vien superata da la gravità della trave e perciò nell' aria si muove all' ingiu piu veloce che ‘l biombo, e nell' acqua, non solo non si muove in tal guisa: ma di contrario movimento. Queste son le cagioni vere & essenziali del natural movimento e della quiete de i corpi semplici e de i misti di essi, e non quelle che Archimede e il Sig. G. adducano come per molte ragioni già si è dimostrato. Seguirebbe, che vedessimo se il Sig. G. come si da ad intendere difende Archimede dal Buonamico ma perchè dalle sue dimostrationi il Sig. G. impugnando Aristotile nella prima edizione un corollario contro a di lui ne deduce, e nella seconda credendo, che noi non ce ne fussimo avveduti ci ha voluto per sua grazia citare il propio luogho. Dice dunque il Sig. Gal. che una nave equalmente puo galleggiare in dieci botte d' acqua, quanto nel l' immenso oceanno e perciò che deve cessare la falsa opinione di coloro, che tengano altrimenti accennando di Arist. come egli nella seconda edizione dichiara. Nella qual cosa io desidererei nel Sig. Galileo un pocho piu di quella modestia Filosoficha, essendo che egli di tal nome si va adornando, e di poi non adopra conforme al nome, il che nondimeno voglio rimettere a miglior giudizio. E venendo alla dubitazione dico al Sig. G. che non solo questa sua opinione, e contro d' Arist. ma contr' il senso. Impercioche egli in quel problema, propone di ricercare la causa, perche le navi galleggian piu in alto mare che vicino a lito e importo. Il che ad Arist. era notissimo, per esperienza. Onde si deve avvertire che il voler dimostrare contra il senso, e debolezza d'ingegno che delle cose sensibili è il vero compasso, e il vero cognioscitore. E percio il Sig. Gal. doveva far la esperienza, o addurre altri che l’havessi fatta, e non volere con ragioni mostrare il contrario. Impercioche quando io veggo una qualche cosa, se, uno mi volessi con ragioni dimostrare altrimenti, io gli direi ch' egli vaneggiassi. E tanto maggiormente si può dire in questa dubitazione, quanto ella dalla ragione è accompagnata. Impercioche essendo l’acqua, un corpo continuo, che ha virtù al non esser diviso come di sotto diremo, piu agevolmente si dividera un picciolo, ch’ un grande, anzi essendo come vuole il Sig. G. ancora contigua più agevolmente si separerà un contiguo picciolo ch’un grande. Conciosia che un grande, è composto di più parti, e volendo muovere, in dividendolo per il mezzo, le parte del mezzo, sarà necessario, che quelle muovino le seguenti, onde essendo più parti in un grande ci vorrà maggior forza, & egli harà maggior virtù, e perciò sosterrà piu ch’ un picciolo. Adunque il Sig. G. potrà fare la contraria esperienza, e in quella maniera cesserà la falsa opinione d'Arist. altrimenti seguira al contrario, che da tutti mi credo io sarà la sentenzia di Arist. estimata verissima; e falsa quella del Sig. Galileo. Queste dunque sono le vere cagioni de i movimenti, e delle quiete naturali che si fanno nell' acqua. Onde dirittamente, s' io non mi inganno fu ripreso Archimede dal Sig. Francesco Buonamico nel 5. libro del moto cap. 29. Ma veggiamo se bene dal Sig. G. si difende. ,,Ma perche tal Dottrina. ( Lascia. Era ben ragionevole, ch’ il Sig. G. difendesse Archimede come quello che seguitava la, sua oppinine, ma non perche l’ autorita del Buonamico, Filosofo veramente celebre de' nostri tempi, potesse render dubbio il parere d'Archimede, che al certo è tanto esquisito, e celebre Mateinatico, quanto egli Filosofo, e forse più, ma perche le sue ragioni cio harebbono potuto adoperare. ,,Lascia il Buonamico (Questo è quello.) Notisi dal Sig. G. che le ragioni, che dal Sig. Franc. Buonamici sono addotte, non sono tutte contro ad Archimede, ma alcuna di loro è principalmente contro a Seneca. Il che dimostrano e le parole di esso nel fine del capitolo antecedente nelle quali egli riferisce l’oppinione di Seneca circa a un problema. onde avveniva ch’ uno stagno in Siria si ritrovava. nel quale non si possano profondare i mattoni; ancor che vi fussero gettati dentro e il principio di questo capitolo dicendo: Verum libet hic paulisper immorari, et causas a doctissimis viris allatas diligentius explorare. Ssi deve avvertire di più che queste ragioni sono tre e non quattro. come vuole il Sig. G. Imperciochè quello che il Sig. G. mette per il primo argumento non è argumento alcuno. ma un semplice parere del Buonamico intorno alla doctrina d'Archimede e d'Aristotile, dicendo che non gli pare che la dottrina d'Archimede confronti con quella d'Aristotile Ma non per questo lo biasima o impugna. e per cio replicando alla risposta del Sig. G. dico ch' egli era benissimo manifesto al Buonamico che l’ essere solo discorde la dotrina d' Archimede da quella d' Aristotile non dee muovere alcuno ad averla per sospetta, essendo, per Testimonio d'Aristotile a tutti notissimo che nel ricercare la ragione delle cose che egualmente sono esposte all' intelletto di ciascheduno l’autorità perde ogni autorità. onde egli soggiugne ragioni che possono persuadere tal cosa a ogni purgato ingegno. E dunque la prima ragione che egli pare inpossibile, che l’acqua superare la gravità della terra. essendo chiaro che l’acqua divien più grave per la participatione di essa. Secondariamente dice che le sopra dette ragioni non gli sodisfanno se si vuol render la cagione per che un vaso di legno, e un legno che di sua natura stia à galla, quando e ripieno d' acqua se ne vadia al fondo. Nel terzo luogo che Aristotile ha chiaramnente confutato gl' antichi che dicevano che il movimento dei corpi leggieri, al propio luogo si faceva dalla pulsione degli elementi gravi donde ne seguiva necessariamente che tutti corpi fuissino gravi secondo la natura. Di poi soggiugne non so che della pulsione della parte della Terra la quale, per che poco importa alla nostra dubitazione e perche non1 s'impugna dal Sig. G. hò giudicato bene il tralasciarla. ,,Questo è quello. (Però passo. Queste son le ragioni ch' il Buonamico adduce contro ad Archimede e contro a Seneca. Non so gia con che ragione dica il Sig. G. che il Buonamico non si ècurato d' atterrare i principii d'Archimede e le sue supposizioni ma solo addurre alcuni inconvenienti alla dottrina d'Aristotile, s' egli adduce Aristotile che tutti questi principii d'Archimede haveva atterrati anzi quando egli dice che Archimede vuole gl' elementi superiori si muovessero all' insu dall' elementi più gravi non adduce egli inconvenienti alla natura? essendo manifesto che dalla lor leggerezza si muovono. II che a ragion' potrei bene io dir d'Archimede e del Sig. G. che negli elementi tolgono la leggerezza positiva, e il movimento naturale all' insu, e non dimeno avanti a loro era stato Aristotile ch' altrimenti aveva dimiostrato. Imperciochè Aristotile visse sino alla cenquattordici olimpiade regnando nella grecia Antipatro l’ anno .3660. dalla creation' del mondo ed Archimede visse sino al terzo anno dell' olimpiade .141. essendo consolo Marco Marcello l’anno .3771. con tutto ciò eglino non impugnano i suoi principi che è necessario sien falsi se e falsa la sua dottrina. ,,Però passo. Venendo dunque alla prima ragione, cioè alla repugnanza che l’ acqua sia più grave della terra. la quale senza dubbio alcuno è detta principalmente contro a Seneca, che havendo narrato che in Siria si ritrovava uno stagno dove i mattoni non si possano affondare diceva cio avvenire perche quell' acqua era più grave della terra. Il che il Buonamnico l’ha per inconveniente si come ancora afferma il Sig. G. vedendo noi che l’ acqua divien più grave mescolandosi con la terra. Anzi è inconseguenzia contro d'Archimede, Imperciochè se è vero quello ch' egli suppone che le cose restano di sopra l’ acqua per essere più leggieri che essa non è i miattoni che son' di terra fanno questo effetto adunque la terra galleggia che è più legieri percio può il S. G. assua posta lasciare Ia doctrina d'Archimede come falsissimna. Questa dunque e la maniera di dire questa consequenzia del Buonamico e non quelle del Sig. G. la qual cosa essendo stata detta a certi mia amici e padroni fù riferita al Sig. G. onde egli nella seconda edizione risponde che questo effetto è per suo creder favoloso. e percio non è, non essendo in rerum natura, contro ad Archimede. Il che mi da segno d'uomo forse troppo vago di contradire. Imperciochè se noi non vogliamo credere agl' autori degni di fede, come sono Seneca, Aristotile, Plinio, Solino e altri fa di mestiero che vediamo le cose essere altrimenti e non dire io l’ho per favolose, non sapendo d' esse cosa alcuna. Non direi io gia che l’acqua di quel lago della Siria non sia acqua del comune elemento. Imperciochè se differenza alcuna ci è e solo accidentale, essendo ella più viscosa dell' altre. Sicome l’ acque dei bagni e l’ acqua del mare non si dee dire che non sieno acque del comune elemento, quantunque quelle habbino molte qualità diverse, e questa sia salata e piu grossa. Quale è dunque questo doppio errore del Buonamico poiche dai principi d'Archimede si deduce questa consequenza e Seneca che adduce questa sperienza la dice dell’ acqua del comune elemento, Diciamo dunque che i Mattoni si quietano sopra quel lago della Siria perche non possano superare la continuita di quell' acqua. Impercioche essendo ella bituminosa, e percio viscosa, e tenace viene aver tanta virtù che ella puo sostenere e mattoni in essa gettati. ,,Era la terza difficultà ( quello finalmente. Anzi la Seconda che si fonda sopra due esperienzie del Buonamico cioè che non si puo render la ragione, perche un vaso e un legno quando saranno ripieni d' acqua se ne andranno infondo e quando saranno voti staranno a galla. In rispondendo a questa ragione il Sig. G. niega la prima esperienza e s' io non m' inganno attorto. Inmperciochè, si come dice il Sig. G. si puo di legno, che per sua natura galleggi far barche le quali ripiene d' acqua si sommnergano. Il dire che questo adiviene mediante il peso dei ferramenti di che ella è composta non è in tutto sicuro. Imperciochè il legno è tanto più leggieri dell’ acqua che puo sostenere sopra di essa molto peso, come si dimostra per i foderi quali si servivano gl' antichi incambio di navi per tragettare mercanzie da luogo a luogo, onde io direi che il ferro di che son' composte le barche non potesse cagionare che elleno si profondassino, il che vien confermato da una sperienza d' Cav. degni di fede che nella Germania nel danubio si fanno barche senza ferramenti le quali ripiene d' acqua si profondano. Anzi ho esperimentato io che preso un vaso di legno e messovi dentro tanto piombo che riduca il vaso all' esquilibrio dell' acqua, che egli ripieno d' acqua se ne andra affondo e voto restera a galla, ne si puo replicare che egli sia l’ aria che lo tiene a galla. Impercioche dividendosi detto vaso e a ciascuna parte dandogl' egual porzione di piombo, tutte stanno a galla, onde apparisce che il vaso sta a galla per la sua leggerezza e non per quella dell' aria. Anzi quando la esperieuza del Sig. Buonamico non fusse vera tuttavia il suo argomento resterebbe in vigore. Imperciochè secondo la sentenzia d'Archimede e del Sig. G. l’acqua nell' acqua non gravita, onde non possono render la ragione, onde avvenga che qualche cosa posta nell' acqua ripiena di essa pesi piu che la materia di che ella è composta. Si come si vede pigliandosi due moli di piombo eguali di peso, l’una delle quali assottigliandola se ne faccia un vaso entro al quale si possa racchiudere dell'acqua dico che piu pesa quel vaso che quella materia di che egli è composto. Adunque non è dubbio alcuno che la ragione del Buonamico è verissimia ancorchè la sperienza sia falsa, il che come si è detto non pare. Quanto alla Seconda esperienza del legno ripieno d' acqua che il Sig. G. vuole attribuire al discacciamento che fa l’ acqua del aria che è in quel legno onde quello era leggieri divien grave, Deve avvertire che non solo questo segue di legni assai porosi ma ancora nella quercia che è legnamne molto denso della quale alcuna volta inzuppata va al fondo e asciutta se ne sta a galla, ma quando seguisse dei legni molto porosi non dimeno si deve avvertire che non solo l’aria si parte che di sua natura è leggieri, ma ancora vi resta l’acqua che è grave come si è detto. Adunque il Sig. G. e Archimede, che non concedano che l’acqua graviti non possano render piena ragione di questo accidente. ,,A quello finalmente che viene opposto S' il vento australe. Era la terza ragione del Buonamico, che Aristotile haveva confutato gl' antichi, che volevano, ch' il movimento de gli elementi leggieri al suo luogo si producesse dalla pulsione de i piu gravi, Entro ai quali si comprenda Archimede. Alla qual ragione, il Sig. G. risponde primieramente che gli pare che il Buonamico imponga ad Archimede piu che egli non ha detto e più che da suoi argumenti non si puo dedurre. E non dimeno egli stesso da i principi d'Archimede chiaramente lo deduce, dicendo che l’ eccesso della gravità dell' acqua è cagione che il mobile venga a galla. Il che non è altro se non che gli elementi men gravi son mossi all'insu dagl' elementi piu gravi, verbi grazia l' aria nell' acqua è spinta dalla maggior gravità di essa, e percio si muove all' insu, donde ne seguita ancora ch'egli tolga via la leggerezza positiva, perche s'egli la concedesse, egli cognoscendo la verace cagione ne addurrebbe una falsa, anzi era necessario ch'Archimede la cognoscesse essendo stato piu di .100. anni doppo Aristotile Nel qual tempo fioriva la dottrina peripatetica Adunque se altrimenti fusse, Archimede addurrebbe una cagion' falsa sapendo la vera, la qual cosa non par credibile, onde fa di bisognio, ch' egli cognoscendola, non la tenesse per vera, perilche è manifesto ch'Archimede negava la leggerezza positiva. ,,Se il Vento australe. Mal quando Veggiamo ora ch' il Sig. G. muta i termini per dimostrare che Archimede non negava, ne concedeva la leggerezza positiva se egli osserva quelle regole che in tal cosa si devano osservare egli dunque in vece del movimento alla circonferenza piglia il movimento d'una barcha Incanbio del movimento al centro, il vento australe verso mezzo giorno incanbio della maggior gravità dell'acqua l’ impeto dell' acqua d' un flume, la leggerezza positiva il vento borea, Dicendo che s' uno dicesse se il vento australe feriva la barcha con maggiore impeto che non è la violenza del flume che la trasporta a mezzo giorno, la barcha si movera a tramontana, ma se l'impeto del fiume prevarra a quel del vento il moto suo sara verso mezzo giorno, Il discorso è ottimo e immeritamente sarebbe biasimato, e chi dicesse che malamente s' adducesse per cagion' del movimento della Barca verso mezzo giorno il corso del fiume perche ancora il vento Borea potrebbe questo tale effetto cagionare, non pare ch'intutto si avicinasse al vero. Impercioche colui che produce il corso del fiume come cagione di quel movimento non nega che anchora il vento Borea non potesse produrre questo accidente, Ma non, cosi appunto avviene ad Archimede. Impercioche, e verissimo ch' l’ impeto dell' acqua che il vento Borea possano essere & sono vere cause di quel movimento, Ma non è gia vero che la maggior gravita dell' acqua possa muovere le cose men gravi di essa. E percio, in mutando i termini il Sig. G. non osserva le regole, Impercioche i termini mutati devano havere le medesime condizioni con quei che si mutano. Adunque sendo tutte vere le cagioni del movimento della barcha, e di quelle del movimento in recto che segue nell' acqua alcune vere è alcune false onde non osservando le regole il Sig. G. in questo suo Iungo discorso viene a non provare cosa alcunia, sieno, dunque per questo l’arme del Buonamico non solo contro Platone e gl' altri Antichi ma ancora contro Archimede indrizzate poich ancorca egli da cagione di essere impugnato. ,,Ma quando (Diro solamente. Egli non è dubbio alcuno, che questa difesa del Sig. G. a molti parra scarsa per poter difendere Archimede dagl' argomenti d'Aristotile, Impercioche ancora lui viene impugnato dalle sua ragioni, E percio se il Sig. G. non diffida di poter difendere l’ oppenione degl' antichi, ora è tempo di farlo Ma a mè pare ch' in un momento questa sua confidenza sia svanita, lmpercioche egli doveva soddisfare alle ragioni d'Aristotile che è necessario, che sien false, se è falsa la dottrina da quelle dependente, particularmente se crede ch' alle sue ragioni si possa pienamente soddisfare, forse potrebbe soggiugnere che qui non è necessario, quando, sara dunque, quando tratterà de le sue maraviglie del Cielo dove non è ne gravità ne leggereza ne movimento da quelle dipendente, se ora che si tratta de' movimenti da quelle dependenti non è necessario. E se non voleva fare si lunga digressione niuno ci era che non solo accio lo sforzasse, ma ne ancora a scrivere questo suo discorso, ma poi che si era messo a questa impresa doveva tirarla a fine come si conveniva, onde temo che non si possa dire a lui quello ch' egli pur teste a torto rinfacciava al Buonamico ch' egli faceva di bisogno l’ atterrare i principii d' Aristotile, se egli voleva atterrare la sua dotrina. ,,Dirò solamente (a quello. Segue ora, che consideriamno un solo argumento dcl Sig. Gal., che quasi nuovo Achille hà potuto fugare tutte le ragioni d'Aristotile dal Sig. G. che non per capriccio ma perche la ragione ne lo persuade si parte dalla stua dottrina. Il quale è di tal maniera, che se alcuno de nostri Corpi Elementari havesse naturale inclinazione dal movimento alla circonferenza, egli piu velocemente si moverebbe nell' aria, che nell' acqua, essendo manco resistenza in quella, ch' in questa. Provando ogni giorno che con manco forza si muove una mano per l’aria, che per l’ acqua. Il che quanto egli è vero, tanto e falso, che non si trovi Elemento alcuno, che piu velocemente non si muova nell' aria, che nell' acqua Par bene che altri possa restar con desiderio di sapere, quale esperienza ha potuto accertare il Sig. G. che tutti gl' Elementi si muovono più veloci nell' acqua che nell' aria, se il fuocho che solo de gl' Elementi si muove all' insù nell' aria, nell' acqua non si può ritrovare. E che maraviglia è egli, che molti corpi che noi veggiamo muoversi velocemente nell' acqua come sugheri, e altre cose a predominio aeree pervenuti che son nell' aria non si muovono, se in essa son gravi anzi l’ aria ancora, come si dimostrera, non è pervenuta nel proprio luogho non è grave come prima. Se dunque è impossibile che possiamo esperimentare con questa esperienza se il fuocho nell' acqua, si muova piu velocemente che nell' aria con altra simile si potrà dimostrare il medesimo. Chiara cosa è, che se fusse vero il discorso del Sig. Gal. il fuoco più velocemente si doverebbe muovere nella terra, che nell' aria per essere più leggieri secondo il suo parere in quella, che in questa, la dove noi veggiamo che egli quasi imprigionato nelle caverne della terra si quieta e perciò gl' antichi poeti fisano che i venti stessero riserrati nelle viscere della terra come quei che sono esalazioni calde, e secche che molto al fuocho s'avicinano le quali uscendo delle caverne di essa, nell'aria con gran vemenza si muovano. Adunque se gl' elementi leggieri piu velocemente si muovano ne i mezzi piu rari, che ne i piui densi non fanno, avverrà per l’ argumento del contrario ch' eglino habbino naturale inclinazione a muoversi all' insù. Il che se il fuoco si potesse ritrovar nell' acqua chiarissimamente si vedrebbe. Voglio concedere al Sig. Gal. che le cose ne mezi più rari più velocemente si muovino, avvertendolo se saranno di equal inclinazione. E percio se l’ esalazioni calde, e secche fussino nell' acqua si moverebbono più veloce dell' aria. E similmente si può concedere che l’ esalazioni si muovino piu tardi per l’ aria, che non fa quella per l’ acqua. O li negherei bene la consequenza. Adunque non ci è elemento alcuno che non si muova più veloce nell'aria, che nell'acqua. Impercioche si deve considerare che l’ esalazioni sono un misto di terra e di fuoco, e percio come mistura della terra hanno del grave onde non si possano muovere cosi velocemente, come il fuocho il quale essendo privo d' ogni gravità si muove più velocemente nell' aria, che nell' acqua. Adunque cheuno elemento, il quale per muoversi più veloce ne mezzi più dissipati e piu rari che ne più densi, e più grossi ha una naturale inclinazione al movimento verso la circunferenza, e questa e la leggerezza positiva. ,,A quello (non disprezziamo. Finalmente rispondendo alle conclusion del Buonamico dice quanto a che egli referiva le cagione del movimento dei corpi semplici alla maggiore e minore resistenza del mezzo, che questa resistenza non si ritrova nell' acqua e perciò non puo haver ragion' di causa come egli dimostrerra, il che quando da lui sara dimostrato gli replicheremo abastanza Bastici per adesso che da tutti si concede ch' habbino resistenza. Quanto anche il Buonamico riferiva la cagione del movimento dei corpi composti al predominio de gli elementi risponde che operando gl' elementi in quanto gravi tant' è dire che i misti si muovino per la gravità quanto per il predominio, anzi che quella è la cagione immediata, e questa la causa della causa. Al che potrei fare senza soggiugnere da vantaggio, non essendo detta tal cosa contra ad Archimede ma contro a Seneca. Ma gia ch' il Sig. G. l' ha inpugnata mi è parso conveniente sendo vera il difenderla. Sendo dunque i corpi gravi, e leggieri e semplici è conposti, i primi de quali come si è detto per la lor propia natura anno queste naturali inclinazioni dell' essere gravi e leggieri, e gl' altri per che dei semplici son composti. E per ciò dovendo per fare la dimostrazioni che le prepositioni sieno per se sarà necessario che diciamo che i corpi composti si muovano in recto per che l’ elemento predominante nella lor mistura è grave o leggieri e non per che loro di lor natura sien gravi o leggieri. Onde chi dicesse che l’abeto galleggia perchè e leggieri errerebbe, dovendo dire perche in lui predomina l’ aria, ch' è leggieri. E quindi si scorge quanto è lontano dal vero el Sig. G. volendo, che la gravità sia cagione immediata del muoversi al centro ne i composti. la dove ella non solo non è immiediata ma ne ancora, per se, ma per accidente. E chi non sa che le cagioni devano essere per se? Adunque chi dice il predominio esser cagione del movimento de i composti non solo aporta la causa della causa ma la prossima immediata. Non sapevo già che la dimostrazione per le cause notissime al senso fusse vera e reale. Dovendosi formare la real dimostrazione dalle cause essenziali, che son contrariamente lontane dal senso, che non la nostra cognitione ma riguardano la natura delle cose, che molto dal nostro intendimento s' allontanano che dal senso ha il suo cominciamento. Onde quelle dimostrazione, che dal senso prendano origine non son propie e reali dimostrazioni ma da gl' effetti. Ma se concedessimo ancora questa dottrina del S. G. non so veder come si possa piu agevolmente cognoscere la gravità o la leggerezza de composti, ch’ il predominio. Imperciocche nel medesimo tempo si vede l’inclinazione, il predominio, e questo dal galleggiare e dall’ andare affondo si manifesta. Anzi come dimostrano i dottissimi medici molte son le maniere per cognoscere il predominio de i composti che la gravità, e la leggerezza di essi. Quanto a quel bell' argumento, che segue credo, che niuno sia che non sappia, che due sono le maniere del cognoscere le cose, che sieno in rerum natura, e perche le sieno. II senso è vero cognoscitore del primo quesito, e quando e difettoso, la dimostrazione da gl' effetti. Il secondo per la real dimostrazione che per le cagioni procede si manifesta. Adunque chi per il senso cognosce uno effetto, o per la dimostrazione da gl' effetti questi sa chi egli sia, ma perche egli sia gli è ignoto, e chi per real dimostrazione il cognosce, e l’ uno, e l’ altro quesito gl' è manifesto, e che egli sia, e perche egli sia. E perciò quando un vede un solido galleggiare, egli sa che egli galleggia e sa il primo quesito. Ma quando e sa ch’un solido è a predominio aereo non solo sa che egli galleggia ma ancora perche egli galleggia, ch' è il secondo quesito. E quando l’ argomento non fussi soluto Il che io negierei, il medesimio si puo ritorcere contro al Sig. G. Impercioche nel medesimo modo si cognosce che un composto sia leggieri, che egli sia aereo a prodominio, anzi molte son le maniere di cognoscere il predominio che non sono nel cognoscere la leggerezza. ,,Non disprezziamo (esplicate e stabilite queste cose) Quantunque la sentenzia d' Archimede, non paia intutto e per tutto vera non per questo doviamo biasimarlo anzi si debbe riputare degno d' eterna lode, e se egli non è arrivato all'intera verita sia à scusare, se essendo huomo ha errato. forse egli ha dato cagione a Tolommeo ò ad altri di ritrovar l’ intera verita accettiamo dunque da lui che se i corpi semplici saranno piu gravi dell' acqua, eglino si profonderanno in essa, e dell'altre sentenzie possiamo prender le conclusioni e lasciar da parte le sue cause e pigliare quelle d' Aristotile. ,,Explicate e stabilite, queste cose. Gia si e dimostrato in che maniera sien vere e false le cose explicate e stabilite dal Sig. G. ci resta adesso a considerare qullo ch'egli dice intorno alla figura, nel quale discorso egli forma questa universal' proposizion' negativa, che la diversità della figura data a questo o quel solido non puo essere cagione in modo alcuno dell' andare egli o non andare affondo puo bene l'asperienzza della figura ritardare il movimento, tanto nello scendere, quanto nel salire, ma non puo gia quietare mobile alcuno sopra dell' acqua. La quale universal' proposizione essere falsa, non una sperienza come dice il Sig. G dell' assicella del ebano, e della palla, ma mill' altre ancora lo dimostrano, come delle piastre del ferro, del piombo, del talco e finalmente di qual si voglia cosa grave e solida onde a ragione e suoi avversari confirmati con l'autorità d'Aristotile gli contradicano. Quanto alla seconda proposizione desidererei, che il Sig. G. mi assegnasse la cagione donde avenga, che le figure larghe ritardano il movimento in recto e le strette lo fanno veloce, se come egli dice, l’ acqua, e l’ aria non hanno resistenza * e percio la ragione di questo ploblema adotta d'Aristotile va per terra. Doveva il Sig. G. renderne la cagione e non contradicendo impugnar quella d'Aristotile e di poi lasciarsi sulle secce di barberia, gia che secondo si dice, egli solo e quello che intende le cagioni delle cose e chi non l’ intende come egli fa è uno ignorante. ,,Questo è il punto principale (Preparato una tal materia. Havendo sino a ora dimostrato che del movimento al centro nell' acqua ne è veramente cagione la gravità, e che del movimento alla circunferenza non la minor gravita dei mobili, ma la propia e natural leggerezza, segue la considerazione delle eseguite sperienze del Sig. G. intorno a quello operi la figura nei gia detti movimenti. E concedendogli, che sia necessario, per far queste esperienze, pigliare materia non solo diversa, di gravita in spezie, che come si è detto cagiona diversita di movimento ma ne ancora diversa di numero che altera solo la velocita di esso, onde non si potra dubitare, che la maggiore, o minore inclinazione sia causa di quiete, o di diverso movimento, ma fara di mestiero venga da qualch' altra cagione, onde si puo scerre una materia che ora si riduca in figura piana e ora in rotonda. Ma non è gia conveniente il pigliare materia in gravita simile all' acqua, come dice il Sig. G. Impercioche sempre si potra dubitare, se quel mobile sopra nuoti per sua natural leggerezza, o per la figura, Il perche è necessario pigliar materia gravissima e che di sua natura sia molto atta a muoversi al centro, massimo volendo il Sig. G. impugnare Aristotile, ch' in simil materie, dice haver fatta la sperienza, conciossia che se si piglia la cera, Aristotile si potrà sempre ritirare, e adurne nella cera altra cagione. Adunque non par che sia convenevole il pigliare la cera per fare tale esperieniza ma si bene il ferro, e il piombo, o altra simil materia. ,,Preparata una tal materia (Parmi di senti. Ma perche il Sig. G. vegga che non siamo fastidiosi, piglisi una palla di cera mescolata con limatura di piombo, e ridottola tanto grave che agiuntole un sol grano di piombo rimanga infondo, e detrattolo venga a galla, dico che se bene questa simil materia ridotta in figura piana, o rotonda e postola nel fondo dell' acqua con quel grano di piombo rimarra in quello e ditrattolo verra a galla. Non dimeno che questa esperienza non prova cosa alcuna, Impercioche si puo dare in altre cose dove la figura operi e percio non bisognia da un particulare argumentare all' universale. Ma perche la figura non quieti le falde della cera nel fondo dell' acqua, si come ella fa nella superficie di essa, si dirà apresso. ll dubitare del Sig. G. non monta niente. Impercioche se egli ha già preso materia che è piu grave dell' acqua, cioè la cera mescolata col piombo, che va in quella al fondo non si potra opporre dagl' avversari se non che essendo la cera poco più grave dell' acqua come si è detto sempre si potra dubbiare se la figura o la leggerezza sia cagione di quello aceidente. & percio e ben vero che egli fa di mestiero l’ eleggere materia piu grave dell' acqua, onde le cose leggieri non sono acte a dimostrare questa espenienza, Perloche non hanno operato fuor di ragione nello scegliere l’ ebano se non perche si può sempre in quello dar cagion di sofisticare e cavillare a coloro che stanno in su la parata, con dire, che egli sia piu denso in luogho, ch’ in un' altro, e percio piu grave, Ma notisi che sendo l’ebano d' una medesima spezie di gravita, non puo cagionare diversità di movimento o di quiete ma di velocitA di movimento, e percio tutte queste cavillazioni vanno a terra. Dico dunque che pigliando l’hebano e riducendolo in figura piana e in rotonda, che la piana restera a galla, e la rotonda, se ne andra al fondo, e per tor via tutte le soffisticherie piglisi una quantita di piombo, e riducasi ora in figura piana ora in ritonda, quando sara piana galleggerat, o quando rotonda si movera al centro, e il simile avviene nella cera del Sig. G. Impercioche pigliata una quantità di cera che in figura rotonda solo un grano di piombo possa fare affondare, dico che redottola in figura piana, neancho trenta grani di piombo la faranno muovere al centro. le quali esperienze non solo hanno tanto del proaabile e del verisimile, ma del vero e del certo che par maraviglia agl' huomini intendenti che il Sig. G. habbia ardire di negarle, Tutta volta veggiamio se mancono di fallacia. ,,Cominciando dunque ad esaminare (Ma procediamo piu avanti. Quanto a quello, che il Sig. G. dice, ch' il suo parere non è di collocare le figure fuora della materia sensibile, e che egli non le vuol collocare in materia dove non possono operare, come se alcuno volesse tagliare una quercia con una scure di cera, sta bene e siam daccordo. ma non c' accordiam gia, che un coltello di cera nel tagliare il latte rappreso sia egualmente più atto a cognoscere quello che operino gl' angoli acuti, ch’ un coltel di ferro. Impercioche se bene il latte si taglera dall’ uno e dall’ altro non dimeno piu velocemiente si tagliera col coltello d' acciaio che con quel di cera. Dell' elezion della materia non pare che suoi avversari gli possino opporre altro se non del dubbio che si e detto, e che eglino habbino eletto più atta materia ch’ il Sig. G. si come più atto è a tagliare il latte un coltello di acciaio damaschino che un di cera, quantunque l’uno e l’altro lo tagli. ,,Ma procediamo piu avanti) Egli non è dubbio che se fussi vero che l’ acqua non havesse resistenza alla divisione, non occorrerebbe scer materia che fusse atta a dividerla, e percio ogni diligenza sarebbe superflua, onde tutti i corpi quantunque leggieri sarebbano a tal esperienza accomodati, Ma havendo all' incontro resistenza alla divisione e necessario il ricercare materia atta ad operare a simile azione, Perloche dimostri il Sig. G. che l’acqua non habbi resistenza e non ci occorrera si gran dicerie Ma notisi che l’esempio del fumo o della nebbia che egualmente si tagli col coltello di foglio come con quel di ferro è falso. Impercioche piu velocemente con quel di ferro si dividera, E se in tal cosa Aristotile lo dimostrerra il fine, fra tanto egli potra dimostrare quei tanti luoghi dove Aristotile afferma cosa contro la sperienza e contro al senso. ,,Torno dunque ad affermare (Ma seguitiam di far manifesto. Non bisogna ch’il Sig. G. torni a dire, l’acqua non haver resistenza ma prima bisogna provarlo, altrimenti niente montera il suo ragionamento, e perciò avvertisca che non tutte le materie sono atte a dimostrare quello di che si tratta. Il dire che l’assicelle dell' ebano e le piastre di piombo sieno sotto l’acqua e una vanità e come di sotto proverremo, se pero il S. G. non volesse dire che elleno sono sotto il livello d' arginetti dell' acqua che ritrova intorno intorno all' assicella. Impercioche l'assicella dell' ebano e le piastre dell' oro abbassano tanto la superficie dell' acqua, quanto comporta la lor gravità ma non la dividano perche sendo divisa elleno subito se n' andrebbano in fondo. ,,Ma seguitian di far manifesto) Non per questo si quietano. Deve il Sig. G. prima cominciare a far manifesto, che l’acqua non habbia resistenza e poi seguitare non havendo mai cominciato. Quanto alla esperienza che da lui si produce con che egli vuol provare un problema dal quale depende quasi tutta la filosofia, non pare che concluda cosa alcuna. Impercioche non è la figura piramidale la quale e cagione per accidente della quiete accidentale de mobili posti nell'acqua. Onde ella tanto si profonderà per la basa quanto per la punta conciosia che peresa una piramide di legno d'abeto insino a tanto per la punta e per la basa si profondera, quanto la leggerezza della piramide e la resistenza dell’ acqua possino contrappesare il terreo, ch' in quel legno si trova. Quantunque ci sara diferenza mediante la figura che messa per punta si movera più veloce sino a quel termine, e per base piu tarda. Impercioche piu agevolmente fende la resistenza la figura acuta, che l’ottusa. Ma chi vuol far la sperienza bisogna fare d'uno istesso legno una piramide, e una figura piana e sottile, e chiaramente si vedra che la figura piramidale se ne andra per gran parte infondo, e la figura piana restera quasi tutta sopra l’acqua, e se il Sig. G. mi replicasse che la figura piana galleggia per la sua natural leggerezza, e non per la figura gli direi che pigliasse del piombo incambio del legno, dove non è leggerezza alcuna, e vedra che una piramide di esso se ne andra tutta in fondo e un piano galleggerà. Il simile si può dire de' cilindri che non essendo figure atte a far sopranotare non si possono addurre per prova, ma solo le figure pianecagionano questo effetto, segue bene, come habbiam detto ch'il cilindro lungo e sottile si movera più velocemente sino al suo natural luogo e il largo più tardi. Adunque sara vero che la larghezza della figura piu largha apporta dificulta, e la stretta agevolezza nel movimento onde si puo ridurre a tanta ampiezza che cagioni la quiete accidentale. Ma noti il Sig. G. che a voler provare per induzione una proposizione universale bisogna pigliare tutti i particolari sotto di essa contenuti e non come egli fa due o 3. Impercioche quantunque la figura piramidale e la cilindrica non cagioni la quiete, non per questo si puo dire che niuna figura la cagioni, ma bisogna ancora che la quadrangolo, il triangolo, e il piano non lo cagioni. Adunque se la figura piana è causa della quiete accidentale sara falsa l’ universal proposizione. Quanto alla seconda esperienza che presa una quantita di cera che con la limatura del ferro sia ridotta molto piu grave dell'acqua posta nel fondo di essa sarà sollevata a capello tanto essendo in una piastra quanto in una palla. Il che non pare al tutto vero. Imperciocche come si è detto la Palla sara sollevata piu presto e la piastra piu adagio. Ma si ben fusse vero, non è prova a bastanza, Impercioche quantunque la figura piana sott'acqua non produca la quiete non per questo seguira che sempre ella non la produca, perche ella la produce fuor dell'acqua, la qual cosa donde ad'venga diremo poco apresso. ,,Non per questo si quietano gli avversari (e prima e falso. Veggasi se per questo si debbono quietare e vostri avversari, che come si è manifestato pare essere in tutto e per tutto falso. E quando fusse vero: non percio si doverebbono quietare. Impercioche, un particolar solo, è quel che rende falsa l’universal negativa. Havendo dunque l’assicella dell' ebano che galleggia aranno dimostrato con ogni pienezza il parere del Sig. G. esser falso e se egli dimostrerà che questa esperienza non concluda si potra cominciare a credergli qual che cosa. Vadia adagio il Sig. G. a dire ch’ egli è falso che la tavoletta stia a galla, e la palla no. Impercioche se vogliamo stare ancora sulla forza delle parole pare che egli habbia il torto. Perche essere nell' acqua, & esser locato per entro l’acqua non è una cosa medesima, Conciosia che poi nell' acqua significhò sopra dell’ acqua e non dentro, di essa, se Sig. Accademici della Crusca dicano il vero nel lor Vocabolario, dicendo ch’il medesimo significa la dizione in che nel che la dizone in signfica sopra secondo il boccaccio nella novella di Nicostrato [sarebbe meglio dar con ella in capo a Nicostrato, anzi il medesimo Boccaccio Vero esemplare della favella florentina, si servi della dizione nel per sopra dicendo nella novella di Tofano, la pietra cadendo nell'acqua fece grandissimo romore. Ma a dire che esser nell' acqua denoti esser locato dentro l’acqua, non è inconveniente. Impercioche * il luogo è comune e propio secondo Aristotile e per cio quando si dice la tavoletta essere nell' acqua, si piglia il luogo comunemente nella nostra favella, dicendosi una nave essere nell' acqua, una torre e simile, quantunque elleno non sieno locate sotto la superficie di essa. Quanto alle sue aggiunte poco importano, Impercioche in due o in tre luoghi afferma questa universal proposizione che la figura in alcun modo non opera all' andare o non andare affondo & ora si vuol ristrignere alle figure, poste per entro l’acqua. ,,Notisi appresso (Anzi dirò più. Egli non è dubbio, che bagnando l’assicella, e la palla, amendue se ne andranno al fondo, con questa differenza, che la palla più presto se ne andra e l’assicella piu adagio. E che quelle assicelle che lentamente per entro l’acqua si muovano, nella superficie di essa ancora si quietano per accidente. Adunque la medesima figura è or cagione di quiete è or di tardità di movimento. Il che dal Sig. G. si reputa per inconveniente se bene non pare che rettamente. Imperciochè quantunque ogni figura habbia una tardità sua propia, con la quale ella si muove, e che ogni tardità minore o maggiore sia impropia alla sua natura. Tutta via come dice il Sig. G. se ci s' agiugne qual che altro impedimento, ella potra molto bene cagionare non solo movimento piu lento ma ancora una quiete accidentale. Non per questo doviam dire che sia altra cosa diversa dalla figura, ma si bene che la figura agiunta alla difficil diversione del continuo. E per cio dicasi che non solo della tardità e velocità sia la figura largha e raccolta ma ancora che la figura largha che se ben a dimensa larghezza si ritrova immensa tardità tutta via perche alla figura s' agiugne la virtù del continuo, percio che ella possa cagionare la quiete per accidente. Io non voglio tacere (Anzi diro più Considerando la nuova esperienza del Sig. G. non a lui par concludente, tanta a noi pare priva di conclusione. Imperciochè quando si possa dedurre assai da essa, si deduce che la figura largha non habbia che fare col quietare le cose per entro l’acqua, ma non gia sopra l’acqua. Il che da Aristotile è stato dimostrato dicendo che le falde del ferro e del piombo galleggiano sopra dell’acqua, e non che l’assicella del noce restino nel fondo di essa. E se mi si replicasse che è la medesima ragione nella assicella del noce quando si ritrova nel fondo dell' acqua, che delle falde del ferro quando sopra di quella, anzi molto maggiore Conciosia che è manco l’inclinazione dell’ assicella di noce al movimento all' insu, che quella delle falde del ferro a quello all' ingiù, E Ii replicherei che, come si e detto piu volte non è solo la figura che cagiona la quiete accidentale sopra dell' acqua. Ma ci è ancora la virtù del continuo, la quale non si ritrova nel fondo dell' acqua come di sotto si dirà. E se bene nel fondo dell acqua si ritrova una resistenza non dimeno non si ritrovando l’altra non si puo dalla figura cagionar la quiete, ma si bene Ia tardita del movimento. Il medesimo ch si è detto di questa sperienza si puo dire dell' oro ò di qual si voglia altra cosa. Adunque la figura insieme con la resistenza è cagione della quiete delle cose gravi nell' acqua Anzi non si puo dire che la sia la contraria cagione del profondarsi, Imperciochè ne naturali elementi e ne composti di quelli la medesima cagione, è quella, che causa ora movimento e ora quiete, come la gravità nella terra cagiona quiete e moviniento cosi la leggerezza nel fuoco. Adunque non si puo dire che se le falde del ferro si muovano naturalmente al centro dell acqua per la gravità dalla leggerezza nella superficie di essa sopra nuotino. Adunque in questo si deve avvertire che lo stare naturalmente a galla e l’andare al fondo in un medesimo oggetto non sono effetti contrari, onde non aviene che degl' accidenti contrarii contrarie devano essere le cagioni. Imperciochè i movimenti veramente son contrarii ai movimenti come quello al centro è contrario a quello ch' è alla circunferenza. Ma non e già il movimento contrario alla quiete, ma son contrarii secondo la privazione, o vero come a molti piace la quiete è contraria al movimento per una certa maniera di mezzo fra la contrarieta e la privazione. Ma non per questo ogni quiete è contraria ad ogni movimento. Ma solo la quiete che e fuor di natura al movimento naturale verbi grazia al movimento all' ingiu non è contraria la quiete nel centro ma la quiete nella circunferenza. Impercio che la quiete nel centro è perfezione del movimento adunque non può essere contraria Ma la quiete nella circunferenza e imperfezzione di esso onde adviene ch' ella sia contraria nella maniera che si è già detto. Adunque quando il S. G. diceva che de gli accidenti contrari contrarie devono essere le cagioni e per cio che la quiete dell'assicella del ebano nella superficie dell' acqua sia contraria al movimento di essa al centro, ora io gli dico se egli intende che la quiete dell' assicella sia naturale o fuor di natura, se è naturale e il movimento all'ingiu è naturale adunque non vi sara tra di loro contrarietà, se contr' a natura adunque quella quiete non puo venire dalla leggerezza. Impercioche ogni quiete dependente dalla leggerezza naturale. Bisogna dunque dire secondo la sua oppinione che l’assicella per essere un corpo unito con l’aria e per tal ragione leggieri che egli si quieti nella superficie dell’ acqua, e quando se gli levava via l’aria divengha grave e per cio per l’acqua si muova al centro. Ma consideriamo s' egli è vero che la leggerezza sia cagione che le piastre del ferro galleggin' sopra dell’acqua come il S. G. dice. ,,Ora tornisi a prendere ) ma se ella. Piglisi pure la sottil falda del oro, del piombo, e di qualsivoglia materia, riguardisi gl' effetti, che ne seguano mentre leggiermente si posa sopra l’acqua, si che ella sopranuoti. Quindi si vedra agevolmente quanto è soldo il detto di. Aristotile e debole quel del Sig. G. perche non solo apparisce, che la falda del oro non habbia penetrata la superficie all' acqua, Ma che non ha ancora intaccata la superficie di essa, e solo l’ha costipandola con la sua gravità abassata e fatta quella poca di cavità, non altrimenti che si vegga operare qualche peso assai notabile posato sopra la tela di un letto avvento. il quale anchorche abassi la tela e vi faccia una gran cavita, entro la quale, egli si nasconde, non dimeno egli non ha divisa la tela, anzi sino a che egli non l’ha divisa in tutto e per tutto, egli non si muove. Il dire che egli si ritrova sotto la superficie del panno non par cosa conveniente, se bene egli aparisce sotto la superficie di quello ma veramente non è. Quanto alla figura, ella non mostra altro, se non che l’assicella ha piegato tanto la superficie dell' acqua, che ella resta sotto il livello de gl' orli di detta superficie come si e detto or veggasi, che la assicella dell’Ebano non va al fondo, perche ella non ha rotto la superficie dell’ acqua. Onde è falso che ella non si profondi perche l'aria che ella si tira dietro per lo contatto aderente la faccia divenire leggieri impercio non essendo piu semplice ebano, o piombo, ma un composto di tanto piombo, e aria che l’aria essendo leggieri contrapesi il grave di esso. E questo per molte ragione e prima * per che gl' elementi che per contatto aderente traggano gl' aderenti sono l’acqua, e l’aria. Impercioche l’ acqua tira l’aria, e l’aria l’acqua, in consequenza segue ancora qualche volta il medesimo fra le cose acque e l’aere. E quindi aviene che l’acqua agevolmente si tira di qual si voglia luogho bassissimo con quelle trombette di vetro mediante l’aria che l’unisce a quella. Il simile avien delle coppette dai medici usate e dei cornetti da trarre sangue. Il che segue perche essendo questi due Elementi simili nella humidità, la quale facilmente s' unisce, vengano tra di loro a confondere le superficie e di due quasi far ne una, inpercio vengono a muoversi al movimento altrui. Il che non puo seguire nella terra per non havere ella qualita simile all' aria, e all' acqua e particularmente l’humidità la onde le superficie non si possano unire e percio non si puo tirare ne dall'acqua ne dalla terra essendo ella ancora di sua natura grave assolutamente. Si potrebbe dubbiare della polvere, la quale si tira con gli schizatoi onde si potrebbe credere ch' ancora la terra con questo instrumento si potesse attrarre. Al che si risponde che non è semplicemente la polvere ma quella mescolata con l' aria, anzi tirandosi l’aria ne viene ancora la polvere a quella unita per esser la polvere leggieri per accidente rispetto alla terra, onde quella nell'acqua e nell'aria galleggia come diremo. Adunque non è possibile che la terra e le cose terree attraghino l'aria, e che quella si possa di maniera unire con esse che se ne faccia di due superficie quasi una sola non ci essendo la umidita comune, che cagiona tale accidente. Avien bene che l’ assicelle del’ Ebano facendo mediante la gravita quel poco di avvallamento nell' acqua, che l'aria come grave, e per levare il vacuo, tanto dalla natura odiato scende a riempier quel luogho, Adunque e solo ebano quello, che si pone nell'acqua, e non un composto d' Ebano e d' aria. Il che proveremo pocho appresso con la esperienza propia del Sig. G. bagnando l’ assicella dell'Ebano, fra tanto passando in brieve le debole opposizioni ch' il Sig. G. si fa contro, con dire che bagnandosi l'assicella del’ Ebano divien piu grave che prima non era inpercio se ne va al fondo, conciosia che come egli dice per esperienza si vede che messe sopra l'assicella molte gocciole d'acqua purche non si congiungino con l'altra, le quali eccedino di gran lunga quelle con che si bagna l'assicella, non per questo la fanno profondare, Adunque l' assicella bagnata non se ne va al fondo per la gravità aggiuntale Ma si bene per altra cagione come poco appresso diremo. Onde aviene che trattandosi di quello operi la figura si deve desiderare che i solidi non si pongino nell'acqua bangnati ne io domando che si faccia altro della assicella che della palla. Anzi volendo il Sig. G. impugnare Aristotile fa di mestiero che egli le ponga nell'acqua senza bagnarle havendo cosi esperimentato Aristotile. ,,II dire che l' acqua habbia gravità.) Questa dubitazione se l' acqua sia grave o no, è stata agitata da gravissimi autori, e da essi diversamente si decide. Onde il correre a furia a dire, ch' egli è falsissimo che l’ acqua nel propio luogo sia grave non pare che egli sia molto conveniente * Imperciochè Aristotile fu di parere che l’ acqua e l’ aria nel propio luogo fussero gravi e questo per diverse ragioni Primieramente per che noi veggiamo che levata parte dell' acqua sopra la quale soprastia l' aria ella naturalmente se ne scorre a riempiere quel luogo movendosi al centro, il simile fa l’ acqua levata la terra. Adunque se eglino essendo nel propio luogho si muovano al centro sarà necessario ch'eglino sien gravi. E chi replicasse che alcuna volta ancora l’ acqua per riempiere il vacuo si muove all' insu deve avertire che cio non avviene se non con violenzia per attrazione come si e detto. Secondariamente perche noi veggiamo che l’ acqua agiungne gravita alle cose che si pongano all'acqua. Il che chiarissimamente si vede pigliando due moli eguali di piombo, l’una delle quali si assottigli assai e si riduca si che per entro essa si possa racchiudere alquanta porzione d' acqua; dico, che librandosi nell' acqua pesa più quello dove è l'acqua, che l’ altro. Il simile avien nell' aria dove i palloni pesano piu quando sono gonfiati che sconfiati non fanno. La quale esperienza se bene da molti è posta in dubbio non dimieno è vera. Il contrario parere hebbe Tolomeo a cui s' agiungne Temistio e forse Simplicio. I quali disserono che l’acqua e l’aria nel propio luogho non era ne grave ne leggieri e non senza molte ragioni. Imperciocchè non pare che l’acqua a coloro, che per entro essa si ritrovano, aporti gravita alcuna, quantunque in grandissirni pelaghi si profondino. A questo s' agiugne che secondo Tolommeo non solo gl' otri gonfiati son piu gravi, ma piu leggieri e secondo Simplicio almeno egualmente gravi. E temistio diceva se dunque l’aria, e l’acqua nel proprio luogo son gravi seguira che eglino in quello si muovino, onde non si quietino in essa naturalmente imperciocchè la propietà della gravita e del muoversi al centro. La dove eglino in quello si devano quietare. Onde concludevano che l’aria, e l’acqua nel proprio luogo non fussino gravi ne leggieri. La quale opinione pare che vengha atterrata dalle esperienze di Aristotile & io crederei che la sentenzia di esso fusse la cura. La quale è stata difesa da Averroe contro Temistio in tal maniera, ch' egli si penso che Aristotile se bene dice che l’ aria, e l’ acqua è grave non dimeno non escludesse da quella la leggerezza ma che in essa fusse più forte e piu gagliarda fusse la gravita che la leggerezza. La qual opinione al mio parere non pare, che sia al tutto vera essendo contro al testo di Aristotile che dice che l’aria e l’acqua son gravi nel proprio luogho, e non alquanto più grave che leggieri, anzi in altro luogho afferma che l’ aria è in potenzia grave e leggieri. La dove ora dice ch' è grave in atto, e che cosi adoperano con esperienza dimostra. Onde par conveniente che dichiamo l’opinione di Aristotile essere stata che l’acqua e l’aria nel proprio luogo sieno gravi. Si debbe bene avvertire, che la gravità altra assoluta e altra respettiva, e che non è dubbio che l’assoluta se bene in tutti i luoghi de gl' altri elementi è cagione del movimento al centro, non dimeno nel proprio luogho è cagione di quiete, onde non è fuor di natura che la gravità cagioni in diversi luoghi or movimento è or quiete E perciò nella sua difinizione due differentie si pongano, dicendo la gravità assoluta esser quella che in tutti i luoghi è causa di movimento al centro e sotto tutte l’altre gravitadi si ritrova. La prima delle quali denota il movimento, e l’altra la quiete. E le cose gravi di gravita respettiva or son gravi & or leggieri secondo i luoghi dove si ritrovano ver. grazia, l’acqua è grave nel luogo dell’ aria è divien leggieri in quello della terra Al produrre di questi contrarii accidenti fa di mestiero che si cammini per il mezzo e percio quella gravità dell' acqua, che ella ha nel luogo dell’ aria cagiona il movimento al centro a poco a poco si diminuisce si che quando si conduce al luogo proprio ella non più cagiona movimento ma induce quiete e poco sotto non solo mantiene la gravità ma ne divien leggieri altrimenti seguirebbe che gl' elementi di mezzo non havesserono cagione per la quale si quietassero nel lor luogo. Imperciocchè noi diciamo che la terra si quietà nel centro per la gravità, e che il fuocho nella circunferenza per la leggerezza: se adunque l’aria e l’acqua non son gravi ne leggieri per che cagione nel proprio luogo si quieteranno? Si potrebbe ben dubitare per che cagione l’acqua e l’aria dovessino essere nel lor luogo piu gravi, che leggieri e perche più per la gravità, che per la leggerezza si dovessero quietare in quelli massimo l’aria che pare che partecipe piu del leggieri che del grave essendo più congiunta col fuoco che con la terra, e nondimeno aparisce il contrario. Al qual problema rispose il Buonamici, dicendo che in tutte le cose composte di materia e di forma, hanno due contrari desideri l’uno dalla forma che è di desiderare l’ottimo, e l’altra dalla materia che 'I desiderio pessimo * e che la gravita conrisponde ella materia e la leggerezza alla forma. E percio dominando per lo più ne i composti la materia, che la forma, quindi aviene che gl' elementi mezzani sono nel propio luogo gravi e non leggieri. Alla qual sentenzia quantunque io sotto scriva non dimeno mi pare che altra cagione render se ne possa. E questa è che dovendesi dalla natura mediante la gravita porne il centre all' universo, gli fu mestieri non solo servirsi di quella della terra, che come assoluta è principal cagione della quiete di essa nel centro, ma ancora volse che l’ acqua e l’aria participassino nel propio luogo della gravità quasi ausiliatrici di quello effetto. Si potrebbe ancora dire, che la gravita fusse stata conceduta all' aria per comodo de mortali. Imperciochè, se ella non fusse di tal maniera sarebbe più sottoposta ai venti, alle Tempeste e à simili altri imfortuni e percio molto incomoda a gl' huomini. Dichiamo dunque * che I'acqua e l’aria nel lor propio luogo sieno gravi ma non della medesima gravita, che elleno hanno, quando sono fuori di esso * e che in esso eglino sono gravi e leggieri in potenza non altrimenti che sia il color verde che al nero e albio puo ridursi * E fu ora del propio luogo sieno gravi e leggieri in atto gravi quando si ritrovano in quelli che gli stanno sotto, leggieri di quelli a' quali eglino sopra stanno, se pero non sono impediti. Il che essendo verissimo credo sara agevol' cosa il rispondere a contrarii argumenti di Tolommeo e di Temistio. E dalla prima esperienza incominciando dico che se e vero che coloro che si tuffano sotto l’acqua non sentino gravità, La qual cosa apparisce il contrario vedendosi che coloro che si tuffano quando tornano sopra dell' acqua sono sgravati da una certa grandissimia molestia quasi che dalla gravità dell’ acqua eglino vengino aggravati, non nego gia che questo accidente non possa essere cagionato dagli spiriti ritenuti. E percio par che si possa dire con Simplicio, che quelli che si tuffano nell' acqua non sentino la gravità perche le parte di essa fra di loro si sostenghino, non altrimenti che noi veggiamo fare a coloro che aprendo un muro si mettano dentro di esso i quali non sentano la gravità perchè le parte di quello si reggano fra di loro. E quindi aviene ch' una asse pesa manco ritta che a diacere e lavesse piu nuove che vicchie, e particularmente trattandosi di quelle di drappi d oro. Ma mi credo io che se uno si mettesse in sulla superficie della terra e si facesse infondere sopra venti o venticinque barili d' acqua, si che ella dovesse reggersi sopra di lui al certo che sentirebbe grandissimo peso. La qual cosa sensibilmente apparisce dalle conserve dell' acqua fatte ad uso di anaffiare gl' orti le quali quanto più son piene tanto più gli zampilli di esse saggono verso il Cielo, verbi grazia se nella conserva sarà un braccio d' acqua pongiamo che gli detti zampilli salghino un braccio, quando ve ne sara quattro saranno due braccia. Il che avviene perche l’ acqua gravitando sopra l’ acqua viene con simil forza a spingnere l’ acqua che esce di detta conserva. Al che si agiugne che l’ acqua da nel suo luogo ha da natura di non gravitar molto si come al Buonamico è piaciuto. Alla contraria esperienza del otri o de palloni gonfiati ho sperimentato io essere si come dice Aristotile e quando non fusse si deve avvertire come dice Averroe non per questo esser falsa la sentenzia d' Aristotile fondandosi ella sopra altre esperienze. Alla terza difficultà mossa da temistio, si deve distinguere, che altra è la gravità dell' acqua e dell’ aria nel propio luogo, che fuori di esso, e quindi aviene che nel propio luogo genera quiete e fuor di esso genera movimento onde non segue è grave adunque nel lor luogho si doverra movere al centro, essendo in esso si quieteranno per accidente. Imperciocchè la gravità non solo è atta a produrre ne luoghi stranieri movimanto. Ma ne proprii quiete anzi la gravità respettiva pu cio ottimamente adoperare. Imperciocchè cangiando luoghi ancora il suo subbietto si cangia di grave in leggieri, e per cio viene ad haver gradi di gravità non si passando da uno estremo ad uno altro senza mezzo. Adunque vegga il Sig. G. quanto sia falsissimo il parere di Aristotile quanto alle sue dubitazioni alla prima si potra rispondere quello si è detto alla difficultà di Temistio. Alla esperienza de l’alzare qualche peso piu agevolmente nell' acqua che fuori cio mi torna il medesimio solo ci ho saputo congnoscere diferenzia, quando una cosa si deve profondare nell' acqua, dove apparisce che piu malagevolmente si profonda in essa che inellaria. E questo adiviene per la maggior resistenza di essa. Ora io non solo vi reprichero che l’acqua aggiunga gravità alle cose che sono mezzo in aria e mezzo in acqua, ma ancora che sono per entro a quella, come già ho detto. E se il Sig. Gal. vuol vedere che un vaso di piombo ripieno d' acqua pesa più che non fa il piombo di che egli è composto per levar via ogni suo refugio e ogni sua parata pigli due moli eguali di piombo, e di una di esse ne faccia fare un vaso, è l’ altra si rimanga nel primo stato e vedra che ripieno il vaso d' acqua, nell'acqua pesera piu che ‘l piombo, come habbiam' detto. Non credo già io che un vaso di rame galieggi perche l'aria inclusa lo renda piu leggieri dell' acqua e percio egli sene stia sopra l’ acqua ma per la figura, potrobbe ben cio adoperare caso che l’aria fussi racchiusa e riserrata dentro al vaso con qualche coperchio di modo che nel profondare il vaso ella facessi forza per non essere nel proprio luogo e per essere leggieri e como si è detto, e finalmente per dimostrare che l’assicelle che si pongano nell' acqua sono puro, e naturale ebano, e non un composto di ebano e di aria, si che l’ aria possa contrapesare il grave dell’ ebano piglisi il rimedio del Sig. G. bagnisi l’ assicella dell’ ebano quasi tutta, e solo vi si lasci una quanitità di aria quanto unr corda intorno intorno e si vedra che ella a ogni inodo galleggia, e notisi che la medesima aria servira a una assicella d' un sesto quanto a una di dieci braccia, Onde chiarissimamente si vede non essere l’ aria che fa galleggiare l’ assiceila. Anzi l’ oro ch’ al parere. del S. Galileo è più grave venti volte, che l’ acqua, con la medesima aria è sollevato a capello che quando non è bagnato. Adunque è falso che l’ aria aderente sia quella che cagioni il galleggiare, essendo impossibile, che di quella che rimane come si è detto col l'oro se ne possa fare un composto più leggieri dell’ acqua. E se nostri avversari da principio non si curavano che l’ assicella non si bagnassi questo non ha che fare con Aristotile e se eglino dicevano che il ghiaccio galleggia per la figura pensinci loro, solo diro che non so perche non possa essere che il ghiaccio non si possa dare con la superficie asciutta e inaridita massimo nel tempo dell’ inverno. ,,Potrebbe per avventura.) Forse alcuni. Per qual cagione non si possa bangniare tutta l’ assiceila ma sia necessario il lasciare intorno intorno quelli orli senza bagnarli direino poco appresso fra tanto concediamo al Sig. G. che il desiderio di riunirsi che hanno le parti di sopra, non sia cagione che l’ assicelle bagnate si profondino nell' aqqua. ,,Forse alcuni di quei. (Io per sodisfare Non solo i suoi Aversari ma chi niente sarà esercitato nel ricercar le cagioni delle cose si maraviglierà che ‘l Sig. G. voglia attribuire allaria superiore quasi una virtùl calamitica, con la quale ella possa sostenere le piastre di ferro, doro, o di qualsivoglia materia grave. Impercio che fra la calamità e il ferro è una certa natural simpatia dependente dalla mistione dell’ uno e dell' altro, la quale puo cagionare fra di loro quella attrazione. Si come noi veggiamo che piu agevolmente huomo si muovi ad amare uno ch' un altro, anzi moite volte a odiar senza cagione alcuno e senza cagione ad amare altri ma qual simpatia puo essere fra l’aria e la terra se son composti questi dua elementi di qualità contrarie? Questi è seco e quello è umido questi participa del calore, e quello della frigidità, forse se alcuno di loro fusse viscoso e tenace si potrebbe dire che fra di loro si unissero per quella viscosita. Ma ne anco questa cagoione nell' aria e nella terra si ritrova. finalmiente se fussi possibile che la superfice dell' aria si unisse con quella della terra e delle cose terree, si come fa l’ acqua e l’ aria si potrebbe considerare qualche attrazione * Il che come ho detto è falso. Ma a che vo io cercando cagioni e movendo difficultà, se già per esperienza è manifesto che le piastre del ferro e del piombo non son sostenute dall' aria, e che l’ aria agevolmente si separa con l’ acqua come il Sig. G. desidera. ,,Io per sodisfare.) or seguitando il mio Quanto alla esperienza del Sig. G. con la quale egli vuol provare che l’ aria non solo puo reggere le piastre del ferro sopra l’ acqua ma che qualsivoglia cosa profondata in essa, purche ella non sia in gravità molto diseguale dell' acqua, si puo con laria sollevarla e ridurla nella superficie di quella Il che egli esperimenta pigliando della cera mescolata con limatura di piombo, si che ella divenga poco più grave dell' acqua e riducendola in una palla la di cui superficie sia molto brunita, è tersa, la sommerge nell'acqua e di poi con un bicchiere rivolto la riduce nella superficie del acqua e quivi la fa fermare. La quale sperienza non pare che sia molto sicura. Imperciocche l' aria non solleva quella palla se non per accidente ma si bene l’ acqua nella quale si ritrova la palla si attraè dall'aria unendosi agevolmente la superficie dell' una, e dell'altra che è attratta con tanta forza ch' ella puo sollevare la palla che inassa si ritrova. Segno ne sia di cio che le palle alquanto più grave dell' acqua, non si possano sollevare con quel bicchiere perche l’ aria non attraè con si gran forza l’ acqua ch' ella possa condur seco le cose molto più gravi di essa. Il che agevolmente si manifestà con il pigliare cose che sieno cosi grave nell'aria, come quella cera nell'acqua le quali non si possano sollevare col bicchiere del Sig. G. Adunque la esperienza del Sig. G. altro non prova se non che l’ aria puo attrarre l’ acqua con si gran forza, che ella puo sollevare qualche cosa poco più grave di se stessa, Onde fra l’ aria e la terra, e le cose terree non è simpatia o effinità alcuna che gl' unisca insieme si che non si separino agevolissimamente. E quantunque mettendo qualche materia solida nell' acqua, e ritraendola apparisca, che molte parte di essa, e seguitando la detta materia ascenda sopra la sua superficie. Nondimeno non son pari l’ aria e l’ acqua Imperciocchè l' acqua ha una certa tenace viscosità, con la quale ella si attacca alle cose, onde non si puo cosi agevolmente spiccare. Anzi si ritrovano dell' acqua cosi bitaminose, che servono per calcina. Onde Semiramis si servi di esso bitame a far edificare le mura della gran Citta di Babillonia Per la qual tenacità adiviene che l' acqua appiccandosi alle cose terree si sollevi sopra la propia superficie. La dove l’ aria, non sendo viscesa, questo simile accidente non puo generare, Adunque nell' aria non vi si può collocare questa virtù calamitica del Sig. G. E quando ella vi si potesse adattare non dimeno potendosi essa con l’ acqua separare si come il Sig. G. desidera delle assicelle dell' ebano, ne seguirà che elleno per altra cagione sopranuotino sopra la superficie dell' acqua. ,,Or seguitando il mio proposito.) Adunque occorre che ricorriamo alla resistenza dell'acqua, a voler render ragione di questo accidente. La quale e agevol cosa mostrare essere non solo nell' acqua, ma come dice Aristotile in tutti gl' elementi, e in tutti i continui. Ma si debbe avertire che questa resistenza non è tale che repugni all'intera divisioni, come il Galilei si crede. Ma solo repugna alla devisione più facile e più dificile Imperciocche noi veggiamo ch’ il durissimo marmo si scava da una gocciola d' acqua, come disse Lucrezio, e dappoi lui Propertio E per ingegno humano habbiam veduti scavare i monti come nel Regno di Napoli apparisce. Adunque fa di mestieri che dichiamo che niente è in tutto e per tutto è indivisibile. Ma s i bene che una cosa è piu divisibile ch’una altra che con manco forza, e manco tempo si divide. Anzi Aristotile prova che ogni continuo è divisibile in infinito in mille luoghi, onde non si puo dedurre dalla sua dottrina che egli voglia che l’acqua sia indivisibile dicendo nel capitolo che siamo per dichiarare che de i continui altri son facili altri son dificili alla divisione. Ma volendo dimostrare questa resistenza essere in tutti i continui dal senso principiero, dal quale nostra intelligenza ha suo cominciamento Dico dunque che movendosi nell' aria e nell'acqua una boccietta sensibilmente si vede che con piu agevolenza in questa ch’in quella si muove Adunque per qualche cagione cio de' avenire e questa al mio giudizio sara che l’acqua a maggiore resistenza che l’aria Non si puo gia dire che questa agevolezza dependa perche le parte dell' acqua si deano mnuovere e percio in tempo. Inperciocchè tanto si anno a muovere quelle dell' aria, quanto quelle dell' acqua. E alle ragione venendo, si puo dire che se l’aria e l’acqua non hanno resistenza alla divisione adunque il movimento si fara inistante Imperciocchè ponghiamo ch’un mobile eguale di peso e di figura si deva muovere per ispazio ripieno di corpo ch’abbia resistenza, per eguale spazio ripieno di corpo che non habbia resistenza, e ponghiamno che per quello spazio che ha resistenzia egli si muova in un ora e per quello che non lo ha in un centesimo d'ora. Il che è impossibile, conciosia che si come il tempo ha proporzione al tempo, cosi lo spazio dee havere proporzione allo spazio. Ma la resistenzia, alla non resistenzia non ha proporzione alcuna si come l’ ente al niente, e il punto alla linea. Adunque il tempo non puo haver proporzione al non tempo. Onde avverra che se l’aria, e l’acqua non hanno resistenza ch’ il movimento in loro si fara in istante. E per piu agevolezza del lettore sia dato il mobile A. muovasi per lo spazio ripieno di corpo resistente e sia B. in tempo d'un ora e sia C. e muovasi il medesimo mobile per lo spazio ripieno di corpo non resistente, e sia D. in un centesimo d' ora e sia E. dico ciò essere impossibile. Impercioche la medesima proporzione, che è da B a D deve essere da C ad E. Ma da B a D non è proporzione alcuna. Adunque da C ad E non sara proporzione alcuna. Adunque il mobile A si moverà nello spazio ripieno di corpo resistente in tempo, e in quello ripieno di corpo non resistentè in instante. Adunque se l' aria, e l’acqua non hanno resistenza il movimento in loro si farà in instante il che è impossibile. La seconda ragione è che un mobile piu grave si muove nelle cose nelle quali il Sig. G. concede la resistenza, verbi grazia nel piombo piu velocemente ch’un men grave, ma questo effetto si vede nell' acqua, adunque l’ acqua havrà resistenza. A questo s' aggiugne, ch’un mobile equale di gravità o leggerezza ad un altro, ma diseguale di figura, si muove piu velocemente nell' acqua che quell' altro non fa. Non si puo dire che il mobile piu largo si muova piu difficilmente che lo stretto, perche piu parte d' acqua si habbino a muovere a concedere il luogo al largo, che allo stretto, e perche elleno si devino muovere per maggior spazio, conciosia che se è vero quello che dice il Sig. G. questo non importi niente. Imperciocche non havendo resistenza l’acqua alla divisione ne segue ch’il movimento, come ho provato, si faccia in istante, onde in non tempo tanto si doveranno muovere le particelle dell' acqua che son sotto la figura larga quanto quelle che sono sotto la stretta, quantunque elleno fussino piu di numero, e si havessero a muovere piu spazio. Imperciocche si come mille punti non fanno una linea, cosi mille istanti non fanno tempo. Adunque sarà vero che l’ acqua habbia resistenza alla semplice divisione. Il che dimostra ancora che essendo la terra come il Sig. Galileo vuole resistente alla divisione, sarà necessario che sia ancora gl' altri elementi. Imperciocche eglino son composti della medesima materia, e della medesima qualità. Adunque non par sia possibile che la terra habbia avere uno accidente e una propietà, e non la debba avere l’ acqua. Dichiamo dunque che tutti gli elementi hanno resistenza alla divisione e quelli piu che sono piu densi, e meno dissipabili, e quelli meno che son piu rari e piu dissipabili. La qual densita, e sodezza depende dal freddo, e dal secco, ò la rarità, e la dissipabilità dal caldo. Onde aviene che quelli elementi che per lor natura, o per la lontananza del cielo son piu freddi, e piu secchi, sono piu densi, e hanno maggior resistenza alla divisione, e quelli son piu caldi son piu rari hanno meno resistenza. Ora ci resta a considerare le ragioni del Sig. G. con le quali egli s' ingegna di dimostrare il contrario. Diceva egli primieramente che questa resistenza non si ritrova nell' acqua. Imperciocche s' ella vi fusse tanto sarebbe nelle parti interne quanto in quelle vicine alla superficie. Adunque l’ assicella tanto dovrebbe fermare nel mezzo dell' acqua quanto nella superficie. In rispondendo a questo dico che la medesima resistenza è nelle parti interne del l' acqua che nelle esterne, segno ne sia di ciò come si è detto che piu veloce si muove nell' acqua un mobile di figura stretta che di figura larga, anzi se la detta resistenza non fusse nelle parte interne dell’ acqua seguirebbe ch’il movimento si facesse in quelle in istante. Per qual cagione l’ assicella si quieti nella superficie, e non nelle parte interiori dell' acqua poco appresso diremo. Secondariamente diceva che se l’acqua avesse resistenza, si vedrebbe qualche corpicello sopra quella quietare, ma non si ritruova alcun corpo di qualunque materia, figura, o grandezza, resti dalla tenacità di essa impedito. Il che egli prova con l’ esperienza dell' acqua torbida che si ripon ne' vasi ad uso di bere, ne' quali in cinque, o sei giorni andandosene la terra che per essa si ritrova al fondo, resta pura, e liinpida. In quanto a che non si ritrovi cosa alcuna che per la resistenza dell’ acqua sopranuoti sopra di essa, questo pare che repugni al senso, veggendo noi, che la polvere non solo per l’acqua, ma ancora nell' aria galleggia, come poco appresso diremo. Quanto alla esperienza dell’ acqua torbida si debbe avertire, che ella dura tanto tempo a ristirarsi, non perchè quelle particelle di terra non possino in tanto tempo penetrare la crasizie dell’ acqua ma perche sono miste fra di loro la terra e l’acqua, onde ci vuol quel tempo si grande a disfare quella mistura, come ancora al dividere la resistenza dell’ acqua. segno ne sia di cio che l’ acque torbide si rischiarano piu quando è lume di luna che quando non è, e quando tira vento che quando non tira, anzi molte acque si rischarano più presto, e molte più adagio, si come dell’ acqua del Tevere, e dell' acqua, d'Arno aviene. Il che io attribuirei alla maggiore e alla minor mistura di esse. Ma io crederei che questa sua esperienza non solo non atterassi la resistenza dell’ acqua, ma ancora la provasse. Imperciocchè, se quello spazio, che tanta terra quanto una vecchia passa per un centesimo d' ora, e forse meno, quelle particelle che sono nell' acqua torbida vi spendano quattro o sei giorni, solo per non poter penetrare e rompere la crasizie dell’ acqua, mi pare che si possa dire che l’acqua, habbia resistenza, se ella ritarda al movimento Non è già semplicità il dire che una cosa repungni alla divisione che si lasci dividere Anzi è semplicità il dire il contrario. Impercio secondo il Sig. G. il maimo non resiste alla divisione, e non dimeno egli si lascia dividere da una gocciola d' acqua; e ben vero che a dividerlo ci vuole quasi una età, la dove quella in un momento divide è penetra l’aria, o simil cose dissipabili Adunque è di necessità dire ch' il marmo resista alla divisione più che non fa l’aria ma non gia che non si possa dividere, anzi ch'ogni miinimo corpicello lo divide. Si deve per cio avertire che tutti i continui son resistenti alla divisione ma non gia indivisibile Basta dunque il ritrovare corpi che si miuovino agiatamente nell' acqua quantunque ancora si è mostrato che alcuni sene ritrovano che sopra di essa si quietano Ma venendo alla terza ragione fondata sopra la sperienza d' una falda di cera che sia cosi eguale in gravita all' acqua che resti sotto la superficie di essa. La quale con un gran di piombo si fa profondare et essendo nel fondo levatogli quel poco di peso sene torna a galla, dico che questa esperienza prova agevolmlente la resistenza dell' acqua, imperciocchè se piglieremo la medesima cera, e la ridurremo in una palla si vedrà quanto più veloce si muovè la palla nel salire e nello, scendere, che non fara la piastra. Non è gia maraviglia che quelle piastre di cera con un grano di piompo si faccino andare al fondo, e detrattolo ritornare a galla. Imperciocchè fra la gravità e la leggerezza vi e un mezzo che e come un punto fra due linee il quale come si passa, agevolmente si divien grave e leggieri, e percio quel poco di piombo puo cagionare questo effetto Era la quarta ragione che una trave molto grande si muove trasversalmente per l’acqua tirata da un capello onde non pare che l’acqua habbia alcuna resistenza se non puo resistere alla forza fattagli mediante un minimo capello, alla quale esperienza si deve avertire che le cose che si ritrovano nella superficie dell’ acqua, anzi che sono mezze in aria, e mezze in acqua, non occupando loro molto acqua si possano muovere per il traverso agevolmente e quelle che molto si profondano sotto il livello della superficie dell’ acqua, si muovano meno agevolmente per occupar molto di essa. Onde aviene ch’ ogni minima forza possa mnuovere questo, e non quelle Anzi con questa esperienza si vede l’acqua haver resistenza alla divisione. Imperciocchè secondo il Sig. G.tanto si muove velocemente una gran quantità di legno, quanto una piccola adunque tanto veloce si dovrebbe muovere una gran trave di legno quanto una piccola se amendue fussero tirate da un sottil capello. La dove apparisce che una gran trave si muove lentesimamente e una piccola particella di essa molto piu velocemente muove. Adunque fa di mestieri che dichiamo che la trave si muove lentemente perche a da superare molte parte d' acqua, e quella parte di essa piu velocemente per havere a superarne poche. Onde a ragione il Sig. G. da per se s' impungna ricercando qual sia la cagione se l’acqua non ha resistenza che i navili hanno di bisognio di tanta forza di vele, e di remi a muoversi ne laghi stangnanti, e nel mar tranquillo. E rispondendo a questo dubbio par che supponga una proposizione demostrata da Aristotile che tutto quel che si muove si muove in tempo, ma avertisca il Sig. G. che questa proposizione depende da quel principio che egli niega, cioè dalla resistenza de mezzi imperciocchè se l’aria, e l’acqua non havessero resistenza seguirebbe in dottrina di Aristotile che tutto quel che si muove in esse si dovesse muovere in uno istante. E per cio quando il Sig. G. dice, che non havendo l’acqua resistenza, quello che si muove in essa, si muove in tempo, pare che da per se stesso destrugga le sue conclusione, non avertendo che piglia le proposizioni demostrate da Aristotile mediante i principi che egli niega. Adunque sara vero che l’ acqua habbia resistenza, e per ciò che i navili nel mar tranquillo, e ne laghi stagnanti, habbino bisogno di si gran forza di remi e di vile, si deve bene avertire che quanto più saranno carichi tanto saranno più dificili ad essere mossi onde poste due nave che egualmente si profondino nell' acqua, se una sarà carica e l’altro scarica che più velocemente dalla medesima forza sara mossa questa, che quella e cio perche la forza non solo ha da fender' l’acqua, ma a portare il maggior peso della nave carica. E nella nuova agiunta il Sig. G. constituendo due maniere di penetrare l’una quando si penetra le cose continue, e l’altra quando si penetra le cose contigue, dice che nella prima penetrazione de continui e necessaria la divisione, ma nella penetrazione de' contigui non fa di bisognio di dividere ma solamente di muovere. quindi parendogli di dire una cosa tanto contraria al senso dice che si sente inclinare a credere che l’acqua sia un corpo contiguo, quantunque a quello mi vien detto egli è in tal cosa risolutissimo ma perchè e cosa tanto strana la va adombrando con dire che non è ben risoluto, ma se non è risoluto si in tanto potrebbe risolvere. E noi gli dimiostreremno essere in possibole che l’acqua sia un corpo contiguo ma senza dubbio e continuo. Imperciocchè quello si chiama un corpo continuo che ha un medesimo movimento e tanto e piu seniplice continuo quanto più è semplice il movimento e perciò piu e continuo una gamba dal ginocchio sino alla appiccatura del pie che non è tutto un braccio, e questo aviene perche il braccio e diviso in due, parte e poi congiunto con la legatura del gomito e la gamba non ha legatura alduna. Onde se noi ritroveremno che le parte dell’acqua si muovino d' uno istesso movimento nel medesimo tempo, sara manifesto, che l’acqua sia un corpo continuo Ma questo si vede mianifestamente imperciocchè cadendo una gocciola d' acqua in terra, veggiamo tutta d' un medesimo movimento unirsi in se stessa. Il che non segue de i corpi contigui come se noi gettassimo in terra, un monticello di rena o di polvere ella non solo s'unira insieme, ma si sparpagliera Anzi il Sig. G. dimostra per sensibile esperienza che l’acqua s' attacca alle cose terree che di quella si traggano. Il che non può seguire, se l’acqua non è corpo continuo. Imperciocchè i corpi contigui non essendo uniti non possano reggersi l’un l'altro come nella polvere si vede. Adunquo se alla falda del piombo del Sig. G. s' attacca una altra falda d' acqua, sara necessario che l’acqua sia continua, non si vedendo la cagione perche le parte indivisibili dell' acqua si puossino unire insieme in quella falda essendo contigue. E di piu in che modo dell' assicelle dell' ebano, e dell' aria so ne fa un composto si come il Sig. G. vuole se l’ aria è contigua. quale è quella virtu3, che unisce quelle particelle dell’ aria si che le si uniscino a formare quel composto. qual virtù calamitica le ritiene insieme. Adunque pare che sia necessario che l’acqua e l’aria sia un corpo continuo, e non contiguo. In oltre il Sig. G. concede che la terra e le cose terree sien corpi continui. Ma dee avvertire che questo effetto dalla acqua dipende. Imperciocchè se non fusse l’acqua, la terra come fredda e secca non starebbe unita, anzi resterebbe in guisa che si vede la cenere e la sua gran mole agevolmente si sparpaglerebbe. Il simile si vede nella cenere, nella farina, nella polvere, e in molte altre cose contigue che mediante l’acqua si fanno continue. e non dovian dire che ella sia continua? Quanto a quella sperienza della divisione che è diversa nell' argento sodo, e nell' argento fuso, non dimostra s' io non m' inganno che l’argento fuso sia senza resistenza, e ch' il sodo habbia resistenza alla divisione. ma che l’argento sodo è piu dificile, e il fuso è piu facile al dividersi. Imperciocchè essenldo i metalli esalazioni e vapori acquei nelle viscere della terra dal freddo congelati, percio hanno la resistenza della terra, come nel ghiaccio apparisce. quando poi dal caldo si liquefanno si riducano alla lor primiera natura cioè alla resistenza dell' acqua. Non so gia ritrovare in che maniere il Sig. G. voglia che i metalli si dividino quasi in parte indivisibili da i sottilissimi aculi del fuoco. e quali sien questi aculi che in esso si ritrovano. se pero egli non vuole che le cose si componghino di atomi, e di parte indivisibili. Il che non posso credere, come quel che repugna alle sue Matematice. le quali non concedano che la linea e si componga di punti. Oltre a che ci sono infinite ragioni d'Aristotile alle quali il Sig. G. doveva rispondere. Ma per dimostrare, che ancora nell' argento fuso sia resistenza alla divisione, si potra pigliare due moli eguali di peso e di materia, e diseguali di figura, verbi grazia una ritonda, e l’ altra di figura piana, e si vedra, che la ritonda si movera per entro a quello piu veloce, e quell' altra piu lenta. Adunque sono i corpi fluidi, e l’ acqua istessa corpi continui e non contigui, onde fa di mestiero, che i solidi che si mettano nell'acqua penetrino dividendo, e non movendo. E percio molti corpiccioli piccoli, come la polvere, galleggiano nell' acqua, non potendo fendere la continuita di essa. Adunque l’ acqua ha resistenza all' esser divisa, si come hanno tutti gli altri elementi, e i composti di essi. Quello provi la macina natante nell' acqua tirata da un sottil capello, e quello provi le piastre della cera gia si è detto. Segue ora che ricerchiamo la cagione perche l’ assicelle dell' ebano, e le falde del ferro, e del piombo quando sono asciùte galleggiano sopra dell' acqua, e quando son bagnate se ne vanno al fondo. Non tenendo per vere quelle che ne adduce il Sig. G. Imperciocchè è falso, che quella resistenza che habbiam provato esser nell' acqua, sia piu nelle parte superficiali, che nelle parti interne, non apparendo il perche e veggendosi per il senso altrimenti. Similmente la seconda, che le falde habbi a cominciare il movimento nella superficie il quale si comincia piu difficilmente, che egli non si seguita, non pare possa esserne la cagione, quantunque io non nieghi, ch’ egli possa adoperar qualchecosa. vedendo noi, che se le cose gravi si muovano, si muovono piu velocemente quando sono piu vicine al centro, movendosi pero d un medesimo mezzo. Onde fa di mestiero il ricercarne nuova, e vera cagione. E questa senza dubbio credo che sia, Che l’ acqua, oltre a quella resistenza che habbiam detto ch' ella ha, insieme con tutti gli altri continui, ne ha un' altra. Imperciocchè noi veggiamo, che tutte le cose che hanno l’essere desiderano la propia conservazione, e quella alloro potere difendano. Quindi è che le piante sfuggono naturalmente luggia a loro nocevole, e che gl' uccelli, e i pesci mutano secondo i tempi luoghi e regioni. anzi l’ acqua cadendo sopra la terra s' unisce in figura rotonda per potere meglio difendersi. Adiviene ancora per questa ragione, che gl' elementi al suo luogo si muovono, perche in quello da i contrarii meglio si difendano. Stando dunque questa proposizione, aviene che tutti gl' elementi devano resistere alla divisione. Imperciocchè da quella depende il lor propio distruggimento. Conciosia che gl' elementi e i composti da quelli essendo composti di contrarie qualita continuamente fra loro si distruggano. onde passando l’ assicella dell' ebano per l’acqua, come quella che è un misto terreo, viene a corrompere qualche particella dell’ acqua, e perciò ella resta unita non desiderando la divisione, perche da quella ne nasce la sua corruzione. La dove quando l’ assicella è bagnata si lieva via questa resistenza, e percio non resistendo l’ acqua, come quella che non sente il contrario, puo l’ assicella scorrere a suo piacere verso il fondo. In oltre egli non è dubbio, che a volere generare questo accidente ci vogliano due continui, l'uno è l'assicella dell'ebano, l’altro è l'acqua. Ma non si avede il Sig. G. che bagnando l’assicella di due continui se ne viene quasi a fare uno, perche la superficie dell' assicella, dove che di sua natura è arida, bagnandosi diviene humida si come è l’ acqua. Per le quali ragioni si dee credere, che la detta assicella galleggi sopra dell’ acqua. Non par gia sia vero, che la detta assicella possa essere retta dall’ aria contigua, e che di essa, e dell’ aria se ne faccia un misto mnen grave dell' acqua. Imperciocchè come habbiam detto preso dell' acqua, e bagnata l’assicella sino a tanto, che intorno intorno vi resti tanta aria, o altra materia, che non sia acqua, come olio, mele, o simili, si vede che ad ogni modo quella sopranuota. Adunque pare, che si debba dire che l' assicella dell' ebano, e le piastre del ferro, e del piombo non galleggino per l’ aria aderente per virtu calamitica, ma si bene per le gia dette ragioni. Imperciocchè essendo l’ acqua corpo denso e sodo, e percio resistente, e desiderando di restare unita viene aver tanta virtu, che l’ assicella con la sua inclinazione non la puo superare, e per tal cagione sopranuota nell' acqua. Quindi agevolmente si scioglie ongni difficulta. Imperciocchè la detta assicella non sopranuota nell' aria, perche ella non è cosi densa e cosi resistente come l’ acqua. e l’assicelle del noce del Sig. G. non restano al fondo perche non vi è quella resistenza che nella superficie si ritrova, cioe quella che depende dal desiderio dell' acqua della sua conservazione. Adunque fermiamo questa conclusione, che la quiete delle cose gravi nella superficie dell' acqua sia accidentale, e dependa da uno iinpedimento che da tre cagioni sia composto, il quale non lasci che le cose gravi che di lor natura nell' acqua se ne andrebbano al fondo, possino eseguire il lor movimento. E queste tre cagioni sono la figura larga, la resistenza dell' acqua come densa, e soda, e la resistenza di cosa che depende dal desiderio del suo propio conservamento. ,,Ora poi che) Voglio Avendo dimostrato non essere in tutto, e per tutto vera la cagion del Sig. G. & havendone addotta quella che ci è parsa più vera li resterebbe a considerare le sue demostrazioni, ma da poi che elleno si sostengano sopra dua principi falsi, l’uno è l’ aria aderente con virtu calamitica, e l’ altro che l’assicelle habbino gia penetrato la superficie dell’ acqua ho estimato bene il tralasciarle. Anzi essendo ancora veri i suoi principii pare che le sue demostrazioni sieno alquanto manchevoli. Imperciocche egli suppone, che gli arginetti dell' acqua, che sono intorno all' assicella dell'ebano sieno ad angoli retti, & eglino sono rotondi, onde vengano a contenere piu aria che egli non suppone. Il che agevolmente apparisce. sia per essemplo la superficie dell'acqua ABCD sopra la quale si ponga l’ assicella che profondandosi nell'acqua fa gli arginetti rotondi B C come nella assicella FB apparisce. Supponendo dunque il Sig. G. che gli arginetti sien retti viene a pigliare tanto nmanco d' aria quanto è dal retto al ritondo, come nella figura si vede. Ma chi non sa che ogni minima variazione muta le proposizioni Geometrice? Adunque bisogna che diciamo che le dimostrazioni del Signor G. per questo sieno alquanto diffettose. Quanto a quali sieno quei corpi, e di che figura, che possano sopranotare per accidente nell'acqua, mi riserbo a dirlo quando espricherò Aristotile. ,,Voglio con un' altra esperienza) Ho detto. Avanti ch' io venga a considerare quella parte dove il Signor G. impungna precisamente Aristotile mi è paruto conveniente il considerare l’ ultima esperienza, colla quale il Sig. G. vuole provare che le piastre del piombo galleggino sopra l’ acqua, mediante la virtu dell' aria. quantunque se mi ricordo questa è una ragione altre volte da lui proposta. Ma che? questo è il suo solito. Onde se per fortuna nel mio trattato ci fusse contra il buon ordine, qualche repricazioni, spero che mi s' habbia a perdonare dovendo io rispondere al Sig. G. che di esse non si è molto guardato. E questa è che una falda di piombo eguale di peso ad una palla poste amendue nella superficie dell' acqua si come l’ assicelle la falda sara molto piu difficile a sollevare che la palla. Adunque si come l’ acqua s' attacca alla piastra di piombo mentre si solleva dalla sua superficie. cosi l’aria si dovra attaccare a quella mentre ella si profonda nell’ acqua. La qual consequenza io crederei che si potesse negare. Imperciocchè si come habbiam detto l’ acqua ha una certa viscosita, con la quale ella s' attacca alle cose e particularmente alle terree della quale è privata l’ aria. Onde adiviene, che l’ acqua si attacca alla piastra e l’ aria non si puo attaccare. In oltre fra l’ acqua e la terra puo esser qualche simpatia, havendo fra di loro una qualita comune, quale è la frigidità. La dove l’ aria e la terra, come composte di contrarie qualita non possono havere alcuna convenienza. E percio io mi persuado che questo effetto possa accadere nell' acqua, e non nell' aria, e tanto più mi ci confermo, quanto si vede che non è l’ aria, che è cagione che le piastre e altre cose simile galleggino nell' acqua come si è detto. Adunque è manifesto la cagione perche le piastre del piombo, e altre cose simili si quietano accidentalmente nell' acqua, ci resta a considerare quello dice il Sig. G. contro a Aristotile. ,,Ho detto) quanto al primo punto Havendo sin qui considerato quello che in questa dubitazione ha detto il Sig. G. e non ci essendo cosa che sia contro ad Aristotile ci resta a considerare quello che egli gli oppone nel fine del quarto del Cielo. Nella qual considerazione ho giudicato esser bene addurre le parole del testo Greche, e dipoi volgarizzarle, si come nella sua Poetica fa il doctissimo Cavalier Salviati. Imperciocchè in tal maniera adoperando piu agevolmente si vedra la 'ntenzione del Filosofo, e si scorgera qual sia il vero volgarizzamento. Egli non è dubbio, che Aristotile si in questo luogo, come in tutti gli altri, è stato di parere che la figura non possa cagionare il muoversi, e il non muoversi semplicemente al centro o alla circonferenza. e percio molto mal pare al Sig. G. che egli nel rendere la cagione del sopranuotare delle piastre di ferro e di piombo sia stato di contrario parere. la qual cagione s' egli, o il Sig. G. l'avrà bene incontrata, da quello si dirà si potra dedurre agevolmente. ,,Quanto al primio punto. Queste son le parole precise. Ma le figure non son cause del muoversi seunpticemente o in su o in giu, ma del piu tardi, e piu veloce, per quali cagioni non è difficile il vedere. Tre sono l’esposizioni, che si possono dare a questo luogo. La prima congiugnendo la dizione semplicemente alla dizione figure. La seconda alla dizione cause. La terza alla dizione muoversi, tutte le quali son verissime, e niuna di esse ripugna ne ad Aristotile, ne alla natura di quel che si tratta. e dalla uttima incominciando. Notisi che nel testo d'Aristotite tre sono i termini, & non quattro, come dice it Sig. G. cioe movimento piu tardo, e piu veloce, non ci essendo la quiete, ne il tardi, e il veloce. e percio nominando Aristotile le figure con cause del piu tardi, e piu veloce, ed esciudendole dal movimento semplice e assoluto, ancora l’esclude dalla quiete semplice e assoluta: ma non da ogni quiete. Imperciocchè la quiete altra è naturale, e altra accidentale. Si come si dice, che il fuoco si quieta naturatmente nella sua sfera, e per accidente nelle viscere della terra. Onde è manifesto che Aristotile afferma le figure non esser cagione del moto semplice, e in consequente della quiete semplice e assoluta, ma non d' ogni quiete. Conciosia che la mnedesima cagione, che negli elementi produce il movimento naturale, produce ancora la quiete naturale, segno ne sia la terra, che per la gravità, al centro si muove, e per quella ancora nel centro si quieta: e il fuoco, che per la leggerezza ha il suo natural movimento e la quiete. La dove la quiete accidentate ha diversa cagione da quella del natural movimento. Imperciocchè il fuoco si quieta accidentatmente nelle viscere della terra per la gran resistenza di essa, e per la propia leggerezza naturalmente si muove. Adunque chi dicesse le figure non esser cagion del muoversi semplicemente, ma si bene in qualche maniera della quiete accidentate, favellerebbe dirittamente. Se il Sig. G. mi domandasse quali sieno quelle figure, che cagionano nell' acqua la quiete accidentale in quei corpi, che naturalmente si moverebbano, gli risponderei quelle essere le larghe e sottili, e se egli repricasse, adunque quelle ritonde e gvosse saranno causa di muoversi. gli direi ciò esser falsissimo. Imperciocche quantunque si vegga le falde del ferro e del piombo quietarsi sopra dell’ acqua, e ridotte in figura rotonda muoversi. non per questo la figura rotonda sarà cagione di quel moto, ne ancora, come rimovente lo 'mpedimento. Conciosia che la resistenza dell' acqua e la figura larga siano lo 'mpedimento, che ritiene le piastre del ferro e del piombo, e percio chi muta la figura larga in rotonda è cagione rimovente lo 'mpedimento, e non la figura rotonda. Ma quando si concedesse ancora che la figura rotonda fusse cagion come rimovente lo 'mpediniento, non sarebbe cosi come vi pensate dirittamente contro ad Aristotile. Imperciocche egli dice, che le figure non son causa del movimento semplice e non del movimento in genere. Onde quando la figura rotonda fosse cagione del movimento, come rimovente lo 'mpedimento non sarebbe cagione del movimento semplice e naturale, se non per accidente; e se quella materia che sotto diverse figure si ritrova non fusse atta a muoversi in recto naturalmente mal si potrebbe muovere, mutandola in qual si voglia figura. E perciò havendo Aristotile escluse le figure come cagioni del moto semplice e naturale, e in consequenzia della quiete naturale, a ragione dubita, perche le falde del ferro e del piombo si quietino sopra dell' acqua, potendosi sempre dubitare, se si quietano naturalmente, dove ch' egli dimostra che elleno sopranuotano per altra cagione, e accidentalmente. Adunque è manifesto che Aristotile conclude le figure non essere cagioni del movimento semplice, e in consequenza della quiete naturale, ma si bene del piu veloce e del piu tardo, e che egli non nega che le figure, in qualche guisa, possano cagionar la quiete accidentale, come egli poco appresso manifestarà. Onde non apparendo la mente di Aristotile inconsequenzia contro a' nostri aversari, non è forza che la loro esposizione non sia precisamente tale. se poi da loro avete altramente inteso, questo puo essere agevolmente. La seconda esposizione. congiugnendo la dizione semplicemente alla dizione cause dal Sig. G. stimata di celebri interpreti, ma fuori di ragione, quantunque questa possa essere del Buonamico, tuttavia per non averla egli detta nell' esposizione di questo luiogo, è per essere esposto come diremo diversamente da Temistio, Simplicio, Averroe, e San Tornmaso, i quali si deono chiamare celebri commentatori di Aristotile, o non la chiamerei di celebri commentatori. Ma sia come si vuole questa esposizione o del Buonamico o de vostri avversari o di qual si voglia, è verace e buona, e in tal guisa si può ottimamente intendere Aristotile quasi egli dica che le figure non sien cagioni semplicemente del movimento, ma del piu tardi, e del piiu veloce. ,,Intorno questa esposizione. Quanto alle difficultà proposte dal Sig. G. è agevole la risposta. E dalla prima incominciando. Dico che se il Signor G. si come si da ad intendere havesse ben visto e letto Aristotile, poteva far di meno di non addurre questa ragione, e questa difficultà. Imperciocchè havrebbe ritrovato ne gl' Elenchi, e nella difesa de' Poeti nel fine de i libri della Poetica, che quando le parole nella testura generan difficultà e contrarietà a coloro che le scrivono, si deono correggere cioe per la divisione, e col punteggiare ben le scritture. E se egli non credeva ad Aristotile dovea legger Quintiliano nel settimo libro dove e' tratta dell’ ambiguità. Ma secondo mi vien referto il Sig. G. si comipiace di studiar le cose in su il libro della natura, e non vederle sopra le fatiche de valent' huomini. E percio se la dizione sempicemente cagionasse contrarietà accoppiata con la dizione muuoversi, il che non è vero, si dovrebbe adattarla in altra maniera. Si come fece Aristotile difendendo Empedocle. Il quale in un sol verso si contrariava infinitamente come si è detto. Oltre a che non ci doviam maravigliare, che Aristotile collocasse in tal guisa la dizione. Impercioche a chi vuole scriver bene fa di mestiero l'accomodar le parole dove elle rendono miglior suono. onde Aristotile che col testimionio di Cicerone scrisse ottimamiente tra i Greci, cosi le volle ordinare. Conciosiache il punteggiare sia quello che renda chiara ogni scrittura. ,,Di piu se l’intenzione d'Aristotile) Aggiungo che se. Quanto al secondo, affermo che il dire non son cause semplicemente del moto, ma del moto piu tardi e del piu veloce, non solo è superfluo e falso, ma necessario e vero. E notisi che Aristotile dice piu tardi e piu veloce, e non tardi e veloce. Il che si mette in considerazione non perche importi alla nostra dubitazione, ma per mostrare che si debbe andar cauto nell’ esporre gli autori, e non pigliare un termine per uno altro. Imperciocche tre sono le cagioni assolute del piu tardi e del piu veloce nel movimento, la maggiore o minore inclinazione del mobile, la resistenza del mezzo, e la varietà della figura. Della maggiore o minor inclinazione del mobile non pare possa cader sotto dubitazione. Quanto alla resistenza già si è detto a bastanza. Ci resta dunque a dimostrare che la varietà della figura renda assolutamente e di sua natura e per se il movimento piu tardi e piu veloce. Il che pare che il Sign. G. altre volte conceda, come che ora si nieghi per troppa vaghezza di contradire. Impercioche dice a carte 26. Puo ben l’ampiezza della figura ritardar la velocità tanto della scesa quanto della salita. e a car. 33. E di tal tardità ne è veramnente cagione la figura. Ma perche egli potrebbe sfuggire in dicendo, che intende che la figura sia cagione per accidente, e non semplicemente, perciò cosi mi è paruto di provarlo. Pongasi per tanto nel medesimo mezzo due mobili eguali d' inclinatione, cioe di gravità o di leggerezza, ma diseguali di figura, verbi grazia l’uno sferico, e l’altro circolare, sensibilmente apparira l’uno muoversi piu tardi e l’altro muoversi piu veloce. Se dunque di questo accidente non è cagione la inclinazione, non la resistenza, sara necessario esserne la figura. Adunque la figura è causa per se e sempliceinente d' una specie di piu veloce e piu tardo. Ma che la figura di questa velocità sia cagione per se assoluta, non credo che il Sig. G. ne debba dubitar punto. Imperciocchè dando l’inclinazione si dara il movimento, che come ben dice Aristotile non puo essere prodotto dalla figura, ma concedendo, che un mobile figurato si muova, ne segue necessariamente, che ‘l suo movimento per quella si e tardo o veloce. onde è ben vero, che la figura non cagiona il movimento retto. perciocchè ancora le matematiche si moverebbono, e il Cielo al centro e alla circunferenza come gli elementi, avrebbe il suo movimento, ma è cagione del piu tardi, e del piu veloce. Quanto al testo 71. del quinto della Fisica: ancorchè Aristotile in quello non faccia espressa menzione della figura, tuttavia l’include in quelle parole cioe se avranno le medesime condizioni. Il che dichiarando nel testo 74. non solo come si pensa il Signor G. la mette come causa instrumentale, ma al pari della gravita e della leggerezza, dicendo, cioe, Conciosia che il mobile divida o per la figura o per l'inclinazione. Notisi, che il movimento e l’inclinazione appresso d'Aristotile s' appartiene alla gravita, e alla leggerezza, come si è detto. E percio pare che il Sig. G. adduca falsamente le parole del testo di esso, dicendo, la gravita divide per la figura o per l’inclinazione, e Aristotile dice il mobile divide per l’inclinazione, cioe per la gravità, per la leggerezza e per la figura. e si deve avvertire, che lo intendere in questa maniera il testo leva ogni difficulta. Imperciocchè Aristotile espressamente mette al medesimo grado la figura e la leggerezza e la gravità. Adunque se la gravita e la leggerezza è causa assoluta e per se del dividere e della velocita dee esser ancora la figura, come si è detto causa assoluta, e per se. ,,Aggiungo che se Aristotile. Al terzo argomento si risponde, che havendo Aristotile fatta questa conclusione, le figure non essere cause semplicemente del mnuoversi o del non muoversi, ma del muoversi piu tardo e del piu veloce. il cercare in forma di dubitare perche le falde galleggino sopra dell' acqua, non è punto stato a sproposito, ma convenientissimo. Imperciocche se gia egli haveva detto che le figure non son cause semplicemente e per se della quiete, ci restava da dubitare in che modo la figura puo far sopranuotare le piastre del ferro e del piombo. Il qual problema dichiarando Aristotile dice che la figura non e cagione semplicemente, ma come apportatrice dell'impedimento, onde aviene che le piastre sopra dell' acqua galleggino. Mi piace alquanto in digredendo dimostrare, e dire, ch’ io dubito ch’ il Sig. G. non interpreti bene il testo d'Aristotile, quando egli dice molte consequenze non essere degne d'un fanciullo, e son le vere, e le germane sentenzie d'Aristotile. E questo avviene s'io non m' inganno perche egli non distingue come doverebbe fare. perche nel libro della natura dove infinite distinzioni si leggono tanto studiato dal Sig. Galilei, quelle che a intender questo luogo d' Aristot. fanno di mistieri vi son chiarissime, cioe che i mobili, che per lor natura si muovono d' un movimento interviene alle volte per alcune circunstanze il muoversi di contrario movimento, che si chiama moto accidentale come il fuoco che di sua natura si muove all' in su. ma quando è forzato si muove al centro, come nelle saette si vede. In oltre che uno agente d' un movimento accidentale non puo esser cagione nel medesimo tempo dell’ effetto contrario. verbi grazia, che quel che tira le cose gravi alla circuniferenza, e percio è cagione del moto per accidente, non puo essere cagione della quiete accidentale in un medesimo tempo. E qui si potrebbe dire al Sig. G. ch' e' bisognerebbe a dar contro gli autor nobili andar piu adagio. Al quarto avvertisca, che Aristotile non ha voluto stabilire in questo luogo, che la figura sia cagione in qualche modo della quiete, avendo detto, come infinite volte si è replicato, che la figura non è cagione semplicemente del muoversi, ma del piu tardo e del piu veloce. donde si deduce, che non essendo cagione del movimento semplice, non è anco cagione della quiete semnplice e assoluta. Di poi in un particular solo dimostra come la figura puo indur quiete per accidente, e non per se. e questo è quando la figura larga accoppiandosi con la resistenza dell' acqua, è cagione che le piastre di ferro restino sopra dell' acqua. E percio si puo concludere, che Aristotile in queste parole non abbia attribuito alla figura assolutamente virtu di muovere e di quietare. Ma non ha negato che per accidente ella non possa questo effetto cagionare. onde poco appresso egli dimostra in che guisa ella questo effetto con la virtu del continue potra produrre. La terza esposizione come quella che è de' migliori commentatori d'Aristotile, devesi seguitare, cioe che la dizione si adatti alla dizione, figure. Onde diceva Temistio: Le figure universalmente non son cagione del movimento de gli elenienti, ma che eglino piu tardi e piu velocemente si muovino. A questo s' aggiugne Simplicio, mentre diceva, la figura semplicemente non esser cagion del moto, ma del piu tardi e del piu veloce. E per non tediare i Lettori Averroe, San Tommaso, e tutti i commentatori son di questa opinione. e percio pare che questa si debba seguitare, quantunque come si è detto tutte sien verissinme, e in nessuna accaggia alcuna difficulta o cosa che si possa chiamar errore. Ma se gli argomenti del Sig. G. fussono ancora contra questa esposizione, gli si potranno adattare le medesime soluzioni, che si son dette di sopra. Imperciocche si dubita ora perche le falde di ferro e di piombo sopranuotano sopra l’acqua, e l’altre cose minori, e men gravi, se saranno rotonde o lunghe come l'ago si muovono all'ingiu. Ecco che Aristotile propone il tanto impugnato problema, nel quale lui aver filosofato ottimamente abbian dimostrato sino a ora. Ci resta a sciorre le difficulta, che rappresentandosi al Sig. G. gli danno occasione di dubitare che Aristotile non abbia ritrovata la vera cagione. Alle quali si potrebbano dare tali soluzioni, che se il Sig. G. sara piu alla confession della verita che alla contradizione inclinato, restera capace di essa. Primieramente a quello dice che uno ago posato sopra dell'acqua resti a galla, non altrimenti che le falde del ferro e del piombo, che egli stima cotanto contro ad Aristotile, crederei che facilmente gli si potesse rispondere. e prima non accettando l'esposizion di coloro, che credono, che si debba intender dell'ago messo per punta, come contradicente al testo, che ragiona delle cose messe per la lunghezza, e non per l’ altezza. Dico che quando ne gli autori si ritrovano delle parole anfibologiche, si come dice Aristotile ne gli Elenchi, e ne' libri della Poetica, si debbano distinguere, e adattare al testo quella significazione che piu è verace, altrimenti sarebbe non intendendo gli autori calunniarli contr' a ragione. Adunque se la dizione nella Greca favella ha molte significazioni, come è verissimo, si dee pigliare quella che è piu acta ad esplicare il testo, cioe che Aristotile si serva di detta dizione quando significa de gli aghi grossi, e non di quegli da cucir sottigliami. Quanto sia a sproposito il dar questa interpretazione al testo, o non intlndendo gli autori calunniarli, lo lascerò giudicare a lui. Alla domanda non solo posta nella prima edizione, ma ancora nella seconda replicata, se Aristotile credeva che gli aghi piccoli e sottili calleggiassero o no, rispondo che si. Alla nuova accusa del Sig. G. d' avere sfuggito un problema maraviglioso e difficile, e introdotto un piu facile e di maraviglia minore. rispondendo reprico, che se fussi vera, che cosa inconvenevole sarebbe ella? Era in questo luogo obbligato ad esplicare tutti i problemi particulari? imperciocche i problemi particulari richieggono diversi trattati dagl' universali, si come dimostra Aristotile, Teofrasto, Alessandro, e mille altri. Tratta dunque \ solo del primo, e perche da Democrito era stato proposto, e perche molto al trattato delle figure si apparteneva. Ma quando la dizione non avesse altra significazione che di piccolissimi aghi, de' quali alcuni galleggiassero, come egli dice, non per questo sarebbe contro ad Aristotile. Imperciocche poco di sotto ci mostrera, che qual si voglia materia benche gravissima, e di qual si voglia figura riducendosi a si poca gravita, che non possa fendere la continuita dell'acqua, sopranuota, anzi che la polvere, non solo nell'acqua, ma nell'aria, si regge. e percio notisi dal Sig. G. che Aristotile non ha tralasciato questo problema, che ancora gli aghi che nell'acqua si muovano all' ingiu, se si ridurranno a si poca gravita, ch' eglino non possano fender l' acqua, in quella si reggeranno. Adunque si come non sarebbe falso se dicessimo, che la terra nell'aria si muove al centro, ancorche la polvere, che è terra, in quella sopranuoti, cosi non sara falso dicendo che gli aghi al centro nell' acqua si muovano, quantunque alcuni in quella per non la poter dividere, si quietano. Onde è manifesto che nell'una, & nell'altra maniera si salva il testo d'Aristotile, se bene io piu aderirei alla seconda esposizione, ch' egli non abbbia tralasciato questo problema. e che da vero sentite. E perche molte cose piccolissime sopranuotino nell' acqua pulverulente, come la rena dell'oro, e altre cose terrestre e spolverizzate nell' aria. Io non so percih il Sig. G. dica, che Aristotile propone una altra conclusione, se conclusione è quella che da argomento depende, non havendo egli fatto argomento alcuno. egli si doveva piu tosto dire da poi che si ha da trattare de' termini fanciulleschi una questione, un problema, una proposizione, la quale considelriamoo se è diversa dal vero, come dice il Sig. G. Ma prima notisi che la dizione non significa l’oro in foglie, ma si bene spolverizzato, come dal Sig. G. si pensa che s' appiglia al testo di Averroe, che per giudizio de' migiiori filosofanti in molte cose è corrotto. e al traduttore di Simplicio, il quale è stato ingannato dalle parole di esso, che egli male intese. E secondariamente perche le particelle de corpi che hanno gravita sopranuotano nell'acqua, come la limatura e le foglie dell'oro, e le cose pulverulente nell' aria, dove egli si pensa che Simplicio avessi posta la dizione foglie come dichiarazione dell'altra parola. e percio nella traduzzione disse cioe foglie dell'oro, il che non è vero. Nel secondo luogo si debbe avertire, che Aristotile non dice che la limatura dell' oro sopranuoti nell'aria, ma nell' acqua. il che dimostra chiarissimamente Simplicio, come havian detto nel dichiarare le parole di Aristotile, onde fa di mestieri il distinguere per la divisione il testo, si come lo distingue Simplicio. Non dicendo adunque Aristotile, che la limatura dell’oro per l’aria, ma per l' acqua galleggi, non so vedere qual sia quella esperienza, che ci dimostra il contrario. E quando egli lo dicesse, e ch'il testo stesse nella maniera ch' il Sig. G lo traduce, tutta volta le esperienze di Aristotile son verissime. Imperciocche che la polvere sopranuoti nell'acqua, per una facile esperienza apparisce, e questa è, che spazzandosi, e spolverandosi le stanze dentro delle quali sia un vaso pieno d'acqua (come puo avere avertito ogni minima femminella) vedesi in esso tanta polvere galleggiare che par propio un velo, e nondimeno niuna particella di quella polvere è invisibile, & ad una ad una si veggiono. la dove nella vostra acqua torbida molte centinaia insieme non appariscono. della quale esperienza si è detto a bastanza. Quanto a che la medesima polvere resti nell'aria come nell'acqua si vede la medesima a buon' ora mentre il Sole entra per le stanze, che una infinità d' atomi per l' aria ne va vagando. Il che da Lucrezio tanto dotto filosofo quanto leggiadro poeta leggiadramente si descrive. Contemplator enim cum solis lumina cunque Interdum fundunt radios per opaca domorum Multa minuta modis multis per inane videbis Corpora misceri radiorum lumine in ipso. E veluti aeterno certamine prelia pugnasque Edere turmatim certantia nec dare pausam. Si deve avertire che questo non adiviene per la commozione de i venti, anzi quanto piu i1 temnpo è quieto, tanto più queste particelle nell' aria si veggiono, delle quali senza dubbio credo habbia voluto significare Aristotile. Quello che della polvere si è detto segue ancora della sottil limatura dell'oro. Onde è manifesto, che quanto son vere le esperienze di Aristotile, tanto false quelle del Sig. G. E notisi, che il Sig. G. dice che i globetti del piombo gli aghi sopranuotino nell' acqua, e ora nega che la polvere sopra di quella galleggi. ora io desidererei sapere perche quelli, e non questa sopranuota, se quelli son piu gravi che questa. onde par che il Sig. G. fusse in obligo di dimostrare perche questa differenza in questi suggetti si ritrova. ,,Ma di tutte queste cose il pensare esserne la cagione, come ,,Democrito, non ha del conveniente. Imperciocche egli ,,dice, che gli atomi ignei che si muovano all' insu per l' acqua ,,ritardano, le piastre delle cose che hanno gravità, e le strette ,,si muovano all' ingiu. essendo pochi l’ atomi che gli si oppongano. ,,ma era necessario, che molto piu eglino facesseno ,,questo nell' aria, si come egli a se stesso oppone, e opponendo ,,solve debolmente. Imperciocche egli dice che nell' ,,aria non fanno il movimnento in un punto, dicendo il ,,movimento de i corpi, che all' ingiu si mnuovano. ,,Passa poi a confutare Democrito) Quel che ha fatto Anzi Aristotile passa a spiegare la sentenzia di Democrito, e non a confutarla, il quale diceva gli atomi ignei, che si muovano all' insu dell’acqua essere cagione della quiete del falde del ferro, e del piombo, & havendola riferita, ne adduce una instanzia di Democrito con la sua soluzione, la quale egli stimando debole non impugna, facendo molte volte come le saette far sogliano, che sfuggono le cose debole senza nuocergli, e le gagliarde, e forte rompano e sfracassano. è dunque l’instanza che Democrito si fa contro, che se fusse vero che gl'atomi ignei sostenessero le falde del piombo nell' acqua, lo doverebbano ancora sostenere nell' aria, il che non segue. e il medesimo Democrito scioglie questa dubitazione, dicendo che gl' atomi nell' acqua, hanno il movimento unito, e nell’ aria si sparpagliano, la qual soluzione da Aristotile non si imipugna, ma egli solamente dice che è debol soluzione. E se volesse sapere perche è debole soluzione sara facile il dimostrarlo. Ma prima si deve avvertire al modo d'Aristotile nel confutare gli antichi, il quale quasi sempre procede contro di loro con i loro principi, come quello che con le propie armi li voleva superare, e vincere. e percio io, seguitando le sue vestigie prima suppongo secondo Democrito, che si dieno gli atomi ignei, quantunque Aristotile nella Fisica, nel Cielo, nella Generazione, e nella Metafisica habbia dimostrato questo principio Democritico esser falso, supponendo dunque questo principio per due cagioni, gl' atomi ignei dovrebbano sostenere maggiormente le falde del ferro nell' aria, che nell' acqua. La prima è che essendo il calore, che da gl' atomi è generato molto maggiore nell’ aria, che nell' acqua, dimostra quivi essere piu atomi dove è maggior calore. e chi non sa che i molti possano meglio che pochi adoperare? La seconda è, che gli atomi ignei piu veloci nell' aria chte nell' acqua si muovano, come da me si è dimostrato. Adunque sendo piu gagliardo il movimento de gl' atomi ignei nell’ aria che nell' acqua potranno piu agevolmente sostenere le falde nell' aria che nell' acqua. e percio Democrito scioglie la sua dubitazione debolmente. E percio doviam dire, che la cagione addotta da Democrito non paia al tutto vera, e che la sua istanzia resti in vigore, e la soluzione sia alquanto debole. Quanto a quello che gli atomi ignei come si è detto piu velocemente nell'aria che nell' acqua si muovino, io lo stimo verssimo, come credo di sopra aver provato, e alle nuove difficulta rispondendo, si vedrà se il Sig. G. o Aristotile si è ingannato in piu d' un conto. E al primo rispondendo, il quale è, ch' essendo il movimento all' ingiu piu veloce nell' aria che nell' acqua, doverà per la contraria cagione il movimento all' insu essere piu veloce nell' acqua, che nell' aria. Imperciocche i mobili che hanno gravita quanto piu si accostano al termine propio tanto diminuiscano di gravita. e percio si crede egli, che i mobili gravi si muovono piu velocemente nell'aria che nell'acqua, onde adiverrebbe ch' ancora i mobili che anno leggerezza si dovessino munovere piu velocemete nell' acqua che nell' aria. Avanti rispondiamo notisi, che la velocità da tre cagioni come si e detto dipende, dalla maggior resistenza del mezzo, da maggiore inclinazione, e da figura piu atta a dividere. e che secondo Aristotile la seconda, e la terza s' appoggia alla prima. Imperciocche i mobili che hanno maggiore inclinazione e piu atta figura si mnuovano piu velocemente, perche fendano piu facilmente la resistenza del mezzo. E percioche non essendo la resistenza non sara tardita, o velocita alcuna, anzi non sara movimento come si è detto. Al che non avertendo Giovanni Graminatico si messe a contradire ad Aristotile. Adunque bisogna considerare se quella vèlocita che nelle cose gravi si ritrova mentre sono nell'aria, dalla resistenza, o da la maggior inclinazione della gravita dipende, essendo chiaro che dalla figura non ha sua origine, ed essendo manifesto, che quella velocita dalla maggior resistenza, e non dalla maggior inclinazione. Imperciocche le cose gravi o son gravi di gravita assoluta, come la terra, che per sua natura secondo Platone e Aristotile per tutti i luoghi è gravissima, è impossibile, che divenga piu e men grave. e le leggieri di leggerezza assoluta è impossibile che divenghino piu e men leggieri, anzi quanto piu al centro s' avicinano piu velocemente si muovano, e ne i propii luoghi, e quelli mantiene la gravita, e questi la leggerezza. segno ne sia che si quietano nel centro, e nella circonferenza, e di quivi non si possano rimuovere senza gran violenza. Quelle cose che son gravi o leggieri di leggerezza respettiva, possan diminuir la loro inclinazione, e far l’effetto che dice il Sig. G. Imperciocche hanno una volta non solo a fermarsi, ma ancora sendo per qualche accidente rimossi di quel luogo al centro hanno a tornare a racquistarlo. verbi grazia, l’acqua che come grave si muove nell' aria quando è arrivata al suo centro, se bene è grave, non è cosi grave che possa nella terra generar movimento all' ingiu, e percio quando nella terra per qualche accidente si profonda divien leggieri, e all'in su si muove. Venendo dunque all' argumento dico, che trattandosi della terra, e del fuoco, l’una delle quali è grave assoluta, e l’ altro leggieri assoluto, che per tutti i luoghi sono egualmente gravi, e leggieri sarà impossibile che sien piu e men veloci nella acqua, o nell' aria, ma in tutti a duo i luoghi saranno veloci equalmente, e percio non ci entra l’argumento del contrario; Massimiamente essendo chiaro che quella velocità depende dalla maggiore e minor resistenza, e non dalla maggiore e minor inclinazione. Onde temo, che il Sig. G. non habbi d' una cosa in un' altra, cioe dalla gravita respettiva alla gravita assoluta, e dalla velocita, che depende dalla resistenza a quella che della maggiore inclinazione, che non è altro se non fare di molti sofismi a simpliciter a quodammodo. ,,Quel c' ha fatto credere. Queste ragioni che habbiam dette sono state in causa che Aristotile non ha volsuto ch’ il fuoco piu velocernente nell' aria, che nell' acqua. E avertasi ch’egli non solo ha risguardato alla minor e maggior resistenza de i mezzi, e alla diversita, ma ancora alla maggiore e minore inclinazione del mobile, come gia il Sig. G. accennò citando il testo 71. del quinto della Fisica. Ma chi direbbe mai, quantunque poco esercitato in Aristotile, che egli non havesse tenuto conto della gravità non solo rispetto al piu veloce, ma ancora al moto istesso e la quiete. Imperciocche egli nel quarto del Cielo ponendo la gravità, e la leggerezza respettiva, che ora è grave e ora leggieri, e pur il contrario se egli non havessi visto ch’ uno elemento rispetto a un luogo è grave, e rispetto all' altro è leggieri, verbi grazia, l’acqua nell' aria è grave perche la pesa piu di quella, e percio si muove all centro, e nella terra divien leggieri, e percio si muove alla circunferenza. Adunque bisognera confessare che Aristotile ha considerato l’ eccesso della gravita del mobile rispetto al mezzo. Onde avviene, che quelli elementi che diminuiscano la gravita, e la leggerezza, cioe quelli di inclinazione respettiva in un luogo si muovono al centro, nell' altro si quietano, e nell'altro alia circunferenza. Ma perche egli non l' ha considerato nella gravità assoluta, il Sig. G. si pensa ch' egli non l’ abbia considerato nella respettiva. Il che è tornare al nostro solito di argumentare a simpliciter a quodammodo, essendo manifesto in un intero libro d'Aristotile, che dell' eccesso della gravità de' mobili respetto ai mezzi egli ne ha hauto diligente conto. Quanto alla leggerezza positiva si dia non altrimenti che la gravita si è dimostrato con tante ragioni, che sarebbe superfluo il soggiugnerne d'avantaggio. Aspetterò dunque che il Sig. G. ce lo ditmostri con ragioni, e con esperienze quando harà tempo, & quando egli ne harà maggior necessità. ,,L'instanzia dunque di Aristotile. Anzi l’instanzia di Democrito contro a se stesso, e non d'Aristotile è in vigore, essendo manifesto che il mnovimento del fuoco è pin veloce nell' aria che nell' acqua. Non è gia buona la soluzione di Democrito, ch' il movimento de gl' atomi sia piu unito nell' acqua che nell' aria. Imperciocche ne egli ne il Sig. G. che fa del Democritico non dinmostrano per che cagione gli atomi piu si devano sparpagliare nell' aria che nell' acqua. La potranno dimostrare, e se sara vera gli prometto che piu saro alla verita che alla contradizione inclinato. ,,S'inganna secondariamiente Arist Essendo l’instanzia di Democrito s' ingannerà Democrito e non Aristotile, ma averta il Sig. G. che ne l’uno ne l’altro s'inganna, dicendo che le piastre del ferro, e del piombo piu si dovrebbano sostenere nell' aria, che nell' acqua, stando l' opinione di Democrito. Imperciocche il piombo e il ferro son gravi di gravita assoluta, e il Sig. G. argumenta dicendo, che tal corpo pesera cento libbre, che nell' acqua sara leggieri, ma questi sono di gravita respettiva. Adunque l’ argumento non conclude. Anzi le falde del ferro e del piombo sendo gravissime e tanto saranno grave nell' aria che nell' acqua. Il che per esperienza agevolmente si puo provare, e per far cio piglisi tanto piombo che nell'aria contrapesi due libbre dico che nell' acqua lo contrapeserà. e questo adiviene perche è grave di gravità assoluta. ma se si metterà una bilancia nell' acqua e l'altra nell' aria, quella dell’ aria pesera piu per la resistenza. Imperciocche la resistenza dell’ acqua sostenendo quella bilancia che è in essa viene a diminuire il peso. e quindi aviene che molte machine nell' acqua son sostenute da minor forza, che nell' aria, trattando sempre della gravità non assoluta. Concludasi dunque che nel particulare del Sig. G. se nessuno ha filosofato male, egli è stato Democrito, e non Aristotile, se ben io direi che in questa instanzia niuno di loro havessi mal filosofato. Quanto alla opinione de gl' atomi di Democrito è tanto fuori del senso, e tanto impugnata d' altri, che sarebbe superfluo aggiugnere d'avantaggio. Quanto alla sperienza del Sig. G. delle falde, che poste nel vaso ripieno d' acqua fredda, sotto il quale si ponga del fuoco, che egli dice che si sollevano da gli atomi ignei di Democrito, avertisca che le sono esalazioni, e non atomi. Imperciocche riscaldando il fuoco l’ acqua, l’ assottiglia, e ne cava i vapori, e le esalazioni, le quali sendo leggieri si muovano all' insu, e incontrando quella piastra con la lor leggerezza la sollevano. Ma quando la esperienza fusse vera, avertiscasi che ella non è per Democrito, perche egli parlava delle falde di ferro, e di piombo, e questa segue nelle piastre di materie poco piu gravi dell' acqua, e perche egli trattava del sopranuotare, e non dello stare sotto dell'acqua, come segue. Adunque non bisogna ch' il Sig. G. dica, che Democrito tratta d' altro sopranuotare ch'Aristotile deducendo da questa esperienza. Anzi fa di mistiero, che diciamo, che la sperienza sia falsa, dicendo Democrito, che le piastre del ferro sopranotano sopra l’ acqua. E in tal maniera non imporre ad Arist. ch' egli non havessi inteso Democrito. ,,Ma tornando ad Aristotile) Senza molto. Facianci a intendere. l’ instanza de gl' atomi ignei non è ella di Democrito, or come l’ attribuite voi ora ad Aristotile, e se è d' Aristotile, qual saranno l’ istanzie, che Democrito si muove contro. Egli è Democrito che si impugna, dicendo, che se gli atomi ignei sollevasserono le falde nell' acqua, le doverebbono sollevare ancora nell' aria. Veggasi adunque se Aristotile, o il Sign. G. mostra piu voglia di atterrare altrui che di saldo filosofare. Aristotile non dice altro in questo luogo, se non che Democrito scioglie la sua istanza debolmente, e mostra gran voglia d' atterrare Democrito, ch' egli in tanti luoghi ha lodato dandogli il pregio fra tutti i filosofanti. e il Sig. G.che quello è di Democrito l' impone ad Aristotile, e in questa maniera lo biasima, cadendo in quello errore che egli rinfaccia ad Aristotele. Il che ora per dimostrar maggiormente, non si curando di allungar a sproposito il ragionamento di che quando haveva a rispondere alle sue ragioni mostrava di essere cosi geloso, va a trovare un' altro luogo di Aristotile per haver occasione di impugnarlo, la qual cosa quanto gli sia per riuscire lo dimostrerà il fine. ,,Senza molto discostarsi. Si deve dunque sapere che Aristotile nel capitolo precedente, del quale il Sig. G. piglia il luogo per oppugnare, hebbe intenzione di mostrare, che sendo quattro gli elementi, faceva di bisogno il constituire una materia remota, della quale essi elementi si componessino, e quattro prossime, e questo per poter rendere la ragione de i movimenti de i corpi semplici. E quindi viene a impugnare Platone, che una sola materia voleva che havessino gli elementi, e questa era secondo la sua opinione i triangoli. E di poi similmente da contro a Democrito, che i quattro elementi dava due materie, e queste erano il vacuo e il pieno, dando alla terra il pieno, e al fuoco il vacuo, e componendo gli elementi mezzani della terra, e del fuoco. Contro la qual posizione Aristotile argumenta di questa maniera. Sara dunque una gran quantità d' acqua, che conterrà piu fuoco, che una picciola d' aria, e una gran quantita d' aria che havra piu terra che una picciola d' acqua. Adunque si harebbe a muovere la gran quantita d'aria piu velocemente all' ingiu, che la piccola d' acqua. il che in nessun luogo giamai si è veduto. E percio non pare che Democrito filosofasse rettamente nel por due materie prossime a gli elementi, come Aristotile dimostra sino al fine del capitolo. La qual ragione il Sig. G. in due maniere impugna. La prima dicendo, che detto argomento non conclude, e la seconda che se conclude nella medesima maniera si potrebbe ritorcere contro ad Arist. I1 primo argumento, che dimostra la ragione d' Aristotele non concludere, e che se fussi vero che la maggior quantita d' aria si dovessi muovere piu velocemente all'ingiu che la piccola d' acqua per contenere maggior porzione di terra, al certo bisognerebbe che fussi vero che una gran quanitita di terra si movesse piu velocemente, che una piccola. Il che dal Signor Galilei si stima per falso, ma s' io non m' inganno a torto, e non se ne avvedendo, ripngna al senso, & alle sue propie esperienze. lmperciocche il Sign. G. dice, che quelle minute particelle di terra, le quali si trovono nell’ acqua torbida penano cinque o sei giorni a andare per quello spazio, che una quantita di terra grossa quanto un minuzzol di pane in un momento trapassa. Adunque senza difficulta si vede, che molto piu velocemtente si muove una quantita maggiore della medesima gravita in spezie che una piccola. Ma perche alcuna volta per la poca disaguaglianza, e per il poco spazio non si scorge sensibil differenza, percio Giovanni Grammatico, a cui aconsente il Pendatio, e dipoi il Sig. G. si penso, che due quantita di terra diseguali di mole, havessino la medesimna velocita nel movitnento, la qual cosa, come si è dimostrato è falsa. Onde avvertisca il Sig. G. che non solo 1a maggior gravita in spezie è cagione della maggior velocita di movimento, ma ancor la maggior gravità in individuo, e non tanto questa quanto ancora la gravita in genere, se sarà tanta che sovrasti di gran lunga quella che e assoluta s' appella, si moverà piu velocemente, che quella e nel danaio del piombo, e della trave di cento libbre nell' acqua, come habbiam detto, si vede. Il secondo è, che nel multiplicar la quantita dell’ aria, non solo si multiplica la terra, ma ancora il fuoco, onde se gli accresce non meno la causa dell' andare in giu, che quella dell’ andare in su. e finalmente credo che voglia dire, che neil'aria è molto maggior porzione di fuoco, che ne1l’acqua di terra. E percio crescendo la quantita della terra nell' aria per crescere la sua mole. si agumenta tanto maggior il fuoco che puo compensare quella terra agumentata. Onde giamai aviene ch' una gran quantita d' aria si muova piu velocemente all' ingiu, ch' una piccola d' acqua. Notisi per rispondere a questa ragione, che Aristotile, come si è detto, impugnando gil antichi suppone le loro opinioni contro di loro argumentando, quasi che egli gli voglia con le propie armi superare. E percio supponendo Democrito, che quei mobili piu velocemente si movevano al centro, che havevan piu pieno, cosi argumenta Aristotile, se è vero questa vostra supposizione, o Democrito, adunque una gran quantita d' aria per haver piu pieno, che una piccola d' acqua, si doverà muovere all' ingiu piu velocemente di que11a. Onde come bene diceva Aristotile riprendendo Democrito, egli non solo doveva dire che quelle cose andranno piu velocemente all' ingiu che haveranno piu pieno, ma manco vacuo. Il qual refugio il Sig. G. ha preso, parendogli d' haver ritrovato qualche gran cosa di nuovo, e nondimeno, come si è detto è di Aristotile, e non monta niente non sendo conforme a i principii di Democrito. E quando fussi non per questo harebbe vinto la lite. Imperciocche se la proporzione del vacuo e del pieno fusse quella che cagionasse che la gran quantita d' aria non dovesse muoversi piu velocemente all' ingiu, che la piccola d'acqua, tutta volta ne seguirebbe, che una gran quantita d' acqua nell' aria si dovessi muovere all' ingiu con equal velocita che una piccola. il che segue al contrario. Imperciocche la medesima porzione che è in quella gran quantità è ancora nella piccola, verbi grazia, un terzo di terra e due terzi di fuoco. Ma che una gran quantita di acqua si muova nell' aria piu velocemente che una piccola. si come si è dimostrato della terra, cosi è facile a mostrarlo dell' acqua. Veggasi quanto piu velocemente si muove una gran doccia, che quelle stille di minutissimna acqua, che noi chiamiamo da cimatori. Adunque non è fallacia alcuna nell’ argumento di Aristotile. Quanto alla seconda ragione che ritorce l’ argumento contra d'Aristotile, dicendo, se è vero che gli elementi estremi l’ un sia semplicemente grave, e l’ altro semplicemente leggieri, e quei di mezzo partecipino dell’ una e dell’ altra natura, ma l’ aria piu del leggieri e l’ acqua piu del grave. adunque sara una gran quantita d’ aria che sara piu grave che una piccola d'acqua. Si deve considerare come bene diceva Temistio, che Democrito voleva che gli elementi di mezzo fussino composti de gli estremi e mistura di quelli. La dove Aristotile dice, che tutti a quattro gli elementi sono composti d' una materia remota, e di quattro materie prossime, delle quali egli ad ogni elemento ne assegna una. alla terra una materia grave assoluta, al fuoco una leggieri assoluta, all' aria una leggieri rispetto alla terra e l’ acqua è grave rispetto al fuoco, all' acqua grave rispetto al fuoco e all' aria e leggieri rispetto alla terra. Ma voleva ancora che l’ aria rispetto all' acqua fusse assolutamente leggieri, e l’ acqua rispetto all' aria assolutamente grave. Dalle quali ragioni è manifesto la differenza che è fra la posizione di Democrito, e quella di Aristotile, onde l’ argumento senza fallacia procede contro a Democrito e non contro d' Aristotile.Imperciocche secondo la sua sentenzia gli elementi di mezzo son mistura de i duoi estremi si come l’ esalazione che è composta di terra e di fuoco, e percio son gravi e leggieri, e secondo Aristotile son gravi e leggieri, perche cosi sono atti nati, e cosi comporta la loro natura, per la qual cosa non si puo mai concedere che una gran quantita d' aria si possa muovere piu veloce al centro, che una piccola d' acqua, per esser questa rispetto all' acqua semplicemente leggieri, e quella rispetto all' aria semplicemente grave. Adunque è manifesto, perche l’ argomento conclude contro a Democrito, e non contro d'Aristotile. Alla dimanda del Sig. G. dove si potrebbe fare la esperienza che dimostrasse che una gran quantita d' aria si movesse piu velocemente che una piccola d' acqua, gli rispondo che se fussi vera la posizion di Democrito, questo doverebbe seguire nel luogo dell' aria. Imperciocche se fusse vero, che l' aria per 1' aria, e l’ acqua per l’ acqua non si movessino. Il che è falso veggendo noi molti fiumi sopranuotare sopra a i laghi, e l’ aria grossa restar sotto la sottile, anzi sendo spinta all' insu ritornare al suo luogo. Nondimeno se una gran quantita d' aria fusse piu grave ch' una piccola d' acqua si moverebbe per tutti i mezzi all' ingiu piu veloce di quella. onde non bisogna domandare dove si potrebbe fare questa esperienza, e non dove Aristotile l’ ha fatta. ,,Ma perche de' continui altri sono facilmente altri difficilmente ,,divisibili, e i divisibili nella nedesima maniera altri ,,piu altri meno, si deve pensare queste essere le cagioni. ,,Imperciocche quello è piu facilmente divisibile, che è piu ,,flussibile, e quello piu che piu. e l' aria è piu tale dell' acqua, è ,,acqua della terra. e in ciaschedun genere il minore è piu divisibile, ,,e si disperge con piu facilita. Adunque quelle cose ,,che hanno larghezza per occupare molto, e per non si disperdere, ,,il maggiore agevolmente sopranuotano. Ma ,,quelle che hanno contrarie figure per occupar poco, e per ,,dividere piu facilmente si muovano all' ingiu, e nell' aria ,,molto piu, perche è piu divisibile dell' acqua. Ma havendo ,,la gravità una certa virtù mediante la quale si muove al centro, ,,e i continui a non essere divisi, fa di mestiero paragonarle ,,insieme. Imperciocche se la virtù della gravita alla ,,separazione, e alla divisione supererà quella del continuo, si ,,moverà all' ingiu velocemente, ma se sara piu debole sopranoterà. Ecco il luogo dove Aristotile rende la ragione perche le sottil falde di ferro e di piombo sopranuotano nell' acqua, e perche la limatura dell' oro, e non le foglie, se però in tal guisa si ha da intendere il testo, e la polvere non pure nell' acqua, ma nell' aria ancora vadia notando, e perche le falde devano cagioncare quest' effetto nell' acqua, e non nell' aria, e dice, che de i continui altri sono piu divisibili altri meno, e che i continui maggiori si dividan meno, e i minori piu. ,,Qui io noto. Contro le quali posizioni il Galilei oppugnando dice, che le conclusioni d'Aristotile in genere tutte son vere, ma che egli le applica male a i particulari perche l’ acqua, e l’aria non hanno resistenza alla divisione: ma essendosi dimostrato che non solo i detti elementi, ma gli altri ancora hanno resistenza alla semplice divisione, per l’argumento del contrario seguirà che Aristotile applichi bene le sue conclusioni universali a i particulari. Ma notisi dal Sig. G. che trattando Aristotite della quiete delle falde del ferro, e del piombo, tratta della quiete accidentale, e il simile è la quiete della polvere nell' aria. E percio sendo le cose accidentali di lor natura non durabili, non è maraviglia se la polvere non sta sempre nell' aria, essendo che quando ella ha superato la resistenza dell' aria ella si muove al suo centro, e perchè piu resiste l'acqua che l’aria, percio piu si quieta la polvere, e le falde del ferro, e del piombo nell' acqua, che non fa nell' aria. e perche le falde, e la polvere bagnate nell' acqua calino al fondo già si è detto, si possono bene collocar in quella se non in tutto prive dell’ aria, almeno con si poca, che ella non può cagionare questo effetto del sopranotare. Quanto alle oposizioni che il Sig. G. si fa contro, son tanto deboli, e fievole, che non pare che metta conto spender il tempo intorno di esse. e chi non sa che le cose leggieri galleggiano non per non poter fendere la resistenza dell' acqua, ma per esser più leggieri di essa? e che sommerse dentro de l’acqua elleno rompendo la sua resistenza ritornano sopra di quella. Non so chi sien coloro che si credano ch' uno vuovo galleggi nell' acqua salsa, e non nella dolce, per la maggior resistenza, ma bene mi paiano poco esperti nelle cagioni delle cose, e nella filosofia, venendo questo accidente perche l’ vuovo è piu leggieri dell' acqua dolce, e piu grave della salsa. Ma mi sono motto maravigliato che il Sig. G. dica, che a simiti angustie deducano i principil falsi d' Aristotile, non sapendo vedere perche molto meglio si possa rendere la cagione di questo effetto con i suoi principi, che con i nostri; anzi molto meglio, perche oltre al rendere ragione onde avvenga che un'vuovo galleggia nell' acqua salsa, e non nella dolce, si può ancora dimostrare perche una gran mole di aria nell' acqua si moverà piu velocemente che una piccola. Adunque a ragione si può dire al Sig. G. a queste angustie conducano i falsi principi. Imperciocche la maggior mole dell'aria ha maggior virtù che la piccola, e percio si move piu velocemente di essa. la dove il Sig. G. che non concede virtù alcuna che produca il movimento all' insu non puo dimostrare tale accidente. ,,Cessa adunque tal discorso. Essendo dunque vero che l'acqua, e l'aria hanno resistenza, sarà verissimo il discorso d'Aristotile, che le falde larghe sopranuotano nell'acqua, perche comprendano assai, e quello che è maggiore meno agevolmente si divide. Ma il dire, che le piastre quando si fermano habbino gia penetrato la superficie dell' acqua è una vanità, come si è dimostrato. I1 simile si puo dire della nave, della qual cosa ci rimettiamo a quello si è detto, non volendo senza osservare metodo noiare noi medesimi, e gli uditori. Perciò faceva meglio a non repricar tante volte le medesime cose. Adagio Sign. G. non saltiam d'Arno in Bacchiglione al nostro solito: Il Buonamico dice, che l’ acqua del mare è piu grossa nella superficie che nel fondo, e il Sig. G. subito s'attacca che egli dica il simile nell' acqula dolce. Sapeva ancora il Buonamico, che ne i fiumi l' acqua grossa sta di sotto, si come aviene del lago di Garda, del lago Maggiore, e del lago di Como, sopra de i quali senza mesciarsi passano varii fiumi, e che sopra del mare i fiumi sopranotano per molte miglia, ma diceva che paragonando l’ acqua del mare fra se medesima, che quella di sopra era più crassa, perche era più amara, straendo il Sole del continuo de i vapori da quella, e quella di sotto men crassa, per essere piu dolce, e per non potere il Sole cavare di essa le parti piu sottili. Quanto al dubitare della sua esperienza poco importa, perche il Sign. G. potra farne la sperienza al contrario, e allora gli si potrà credere qualche cosa. E noti il Sig. G. che delle cose sensibili il senso ne è ottimo cognoscitore, e non la ragione. Vaneggia colui e ha debolezza d' ingegno, che vuole le cose sensibili ricercar con ragione. E in questo proposito mi piace di dimostrare un metodo pellegrino del Sig. G. nella sua filosofia. E questi è che egli nelle cose, che son sottoposte al senso, e che noi continuamente veggiamo, vuole dimostrarle con matematiche ragioni. e nelle cose dove non arriva il senso, o almeno ripieno d' imperfezioni, egli le vuol cognoscere col senso, come della concavità della Luna, delle macchie del Sole, e di mille altre cose simili. dove che egli si vorrebbe fare al contrario. Imperciocche dove si puo fare la esperienza son superflue le ragioni, si come del galleggiare della nave, e della salsedine adiviene. Ma dove il senso non arriva se non pieno d'imperfezione bisogna correggerlo, e aiutarlo con la ragione. Imperciocche quando noi veggiamo il Sole che apparisce della grandezza d' un piede se noi non correggessimo quel senso noi crederemmo una cosa falsissima per vera. Percio quando al Sign. G. par di vedere la Luna montuosa, e il Sole macchiato, fa di mestiero che consideri bene se la ragione comporta tal cosa e se il senso si può ingannare in tanta lontananza, e accompagnato da quello instrumento del Sig. G. ,,Ma tornando ad Arist. E tornando dove ci partimmo dico che la larghezza delle piastre del ferro è cagione del sopranotare, si deve bene avertire, che la detta larghezza si deve accompagnare con la sottigliezza. Il che dimostra Aristotile dicendo, che se la virtù della gravità supererà la del continuo, le piastre se ne andranno al fondo. onde bisogna che le dette piastre sieno leggieri, e perciò sottili. Quanto alla esperienza, che le piastre del ferro, e del piombo se si divideranno in strisce, e in piccoli quadretti si reggeranno non altrimenti che prima facevano. Si debbe avertire che questa esperienza non conclude per due cagioni. la prima perche non è vero, che nel medesimo modo galleggi una gran falda che una piccola. Imperciocche molto più gagliardamente galleggierà la grande che la picciola, come per esperienza si è provato. La seconda che il Sig. G. volendo mostrare, che la figura piana non cagiona l’effetto del galleggiare sempre mantiene le falde in detta figura ora grande, ora picciola. E perciò non è maraviglia, che ella sempre galleggi, ma se egli di dette falde ne tagliera qual si voglia porzione, purche sia di sensibil gravità di qual si voglia figura fuor della piana subito se ne andrà al fondo. Adunque la figura larga è quella che sostiene le falde del ferro e del piombo. ,,E per dichiarazion di questo. Quanto a che le figure piu corte, e piu strette dovessino galleggiar meglio. Eccoci alle nostre vanità. Se il senso ci dimostra il contrario, perche ci vuole il Sign. G. far stravedere? Ma veggia la cosa dove si riduce. egli per dimostrare questa stravaganza entra in una maggiore, supponendo che l’acqua che è intorno intorno al perimetro delle piastre deva reggerle sopra di essa. Il che è falsissimo, essendo manifesto che è l'acqua, ch’ è sotto della piastra. segno di ciò ne è che sendo diviso tutto il perimetro dell’ acqua, ad ogni modo la piastra si regge. oltre a che non è tant' acqua al perimetro delle figure lunghe quanto alle larghe. v. a una striscia tagliata da una falda di ferro, o di piombo, ma cosi stretta che piu non sia di figura piana, e nondimeno ella non può galleggiare. Onde se bene è vero per la sua geometria, che dividendo una falda sempre si fa piu superficie, nondimeno la larghezza della piastra sempre sarà la medesima. Imperciocche rimessa insieme la detta piastra divisa, overo misurata cosi separata sara la medesima. ,,Dicogli di più. Con nuovo, e ultimo argumento impugna Aristotile il Sig. G. dicendo che concedendosi ancora la resistenza dell' acqua essere la propia cagione del galleggiare delle piastre del ferro, nondimeno molto meglio non dovrebbe galleggiare una gran falda di piombo, che una piccola. Il che egli volendo provare, mette in considerazione, che le piastre del piombo discendano dividendo l’acqua, che è intorno al loro perimetro, e alla loro circunferenza. quasi ch’egli voglia dire, che le parte dell’ acqua, che son sotto la piastra del piombo da esse non si dividino. la qual cosa è contro alla sperienza, e ad Aristotile. Imperciocche sensibilmente si vede che le piastre del piombo qualche volta anno diviso tutte le parte dell’acqua, che sono intorno alla loro circunferenza, e nondimeno non si profondano. E Aristotele dice, che le piastre del piombo galleggiano perche occupano gran quantita d' acqua, e le rotonde, o lunghe per occuparne poca quantità, si muovono all' ingiu. Avendo prima detto che i continui divisibili quelli che son maggiori piu malagevolmente si dividano, che iminori, onde è manifesto Aristotile dire, che le falde del piombo in movendosi devino dividere tutte le parte dell' acqua, e non quelle sole che sono intorno al perimetro. E quindi avviene, che le falde grandi stanno piu gagliardamente sopra l’acqua, che le piccole, segno ne sia di ciò, che elleno sostengano sopra di se molto maggior peso, che quelle non fanno. Anzi supponendo la sua opinione, il suo argomento non conclude l’intento, e se niente conclude, conclude con condizione. Imperciocche ponendo la tavola A.B.C.D. lunga otto palmi, e larga cinque, sarà il suo ambito palmi 26. e 26. palmi ponghiamo che sia il taglio, ch’ ella dee fare per andare al fondo. dividasi quanto il Sig. G. vuole, e quanto egli desidera. Dico che l’argomento non conclude l'intento. Imperciocche se noi pigliamo qual si voglia parte di quelle divise niuna ve ne sara chè habbia 26. palmi d'ambito, come quella che si è divisa. Adunque ella non potrà galleggiare meglio che la già divisa. Adunque non sarà vero ch'una piccola falda possa galleggiare meglio che una grande. E se però conclude, niente conclude con condizione. Impercio che se quelle particeile divise non si uniscano di maniera insieme che quella superficie che si è acquistata per la divisione ricongiungendole non si perda, non concluderà l' argomento, la qual cosa il Sig. G. non fa, e non dimostra in che maniera si possa fare. e quando si riducesse in alto non proverebbe altro se non che la detta asse divisa, e ricongiunta in maniera che non si perda la circunferenza acquistata per la divisione, seguirà, per il supposto del Sig. G. ch' ella mneglio deve galleggiare che prima non faceva. Notisi che se bone nel segare una assicella s'accresce la sua circunferenza, perche si fa una superficie che prima non vi era, nondimeno la superficie del fondo riman la medesima, anzi si diminuisce, mancandovi lo spazio che nel dividerla si consuma nel segamento. Il che è chiarissimo, perche segandosi una asse di qual si voglia grandezza in cento parti, e riunendola nella medesima maniera che era prima, non solo non divien maggiore, ma alquanto minore per la detta cagione. trattandosi della superficie del fondo, che è quella, la quale secondo Arist. è la cagione del sopranotare. Questo è quello che seguirebbe in dottrina d'Arist. contro alla sua medesima dottrina, anzi contro alla dottrina del Sig. G. ,,Finalmente a quel che si legge. Diciamo dunque che tutto quello che si quieta, e si muove nell' acqua, o si quieta, e si muove naturalmente, ò accidentalmente. In oltre quello che in queste maniere si quieta, e si muove, o è corpo semplice, o è misto. I corpi semplici o si muovono nell' acqua naturalmente al centro, o alla circunferenza, quelli che si muovono per quella al centro si muovono per essere piu gravi dell' acqua, come la terra, e quelli che alla circunferenza per essere piu leggieri di essa, come l' aria, e ‘l fuoco. I corpi misti o si muovano naturalmente per l’ acqua al centro, e ciò per il predominio delli elementi piu gravi di essa, come l’ oro e il piombo, o si muovono alla circunferenza, e ciò per il predominio delli elementi piu leggieri dell'acqua, come i vapori e l'esalazioni, o finalmente si quietano nella superficie dell' acqua e nel confine di quella dell'aria. e questi sono quei misti che sono a predominio aerei come i sugheri, le galle, e simili. Di nuovo quello che si quieta per accidente nella superficie dell'acqua, o è corpo semplice, o misto. e ciò in due maniere, o per essere cosi piccolo, e di si poca gravità che non possa fendere la continuità dell'acqua, come la polvere, e altre cose pulverulente, o per essere di figura piana e sottile, la quale per comprender molto continuo dell' acqua, e percio per non poter dividerlo cagiona a i corpi gravi ne' quali ella si ritrova, il sopranotare nell'acqua, come nelle piastre dell'oro, del ferro, del piombo, nell'assicelle dell'ebano, e simili. Havendo dimostrato per sensibile esperienza, che dette falde quando si pongano nell'acqua sono semplice oro, o piombo, e che non vi è congiunta aria, e se pur ve n' è, è si in minima quantità, che di essa, e delle piastre non si può comporre un corpo piu leggieri dell'acqua. Adunque dette piastre si quietano sopra l' acqua per la figura piana. ,,Si come era la sentenzia d'Arist. Questo è quello che in difesa della verità, e di Arist. mi è sovvenuto di dire in queste mie Considerazioni sopra ‘l Discorso del Sig. G. i1 quale se avesse publicato i libri dove egli pone i principii, e fondamenti della sua filosofia, come dovra fare fra poco tempo, forse mi sarei appreso alla sua opinione, o io con più fondamento gl' avrei dimostrato l' opinione d'Arist. in questa dubitazione esser vera. Imperciocche mnal si può impugnare chi ora s' appiglia ad una opinione, e ora a un'altra, ora a quella di Democrito, ora a quella di Platone, e ora a quella di Aristotile, non si vedendo come egli da sua principi deduca queste conclusioni. IL FINE. Errori. A car. 5. finire, nel finire. 6. non spero, spero. 7.9.10 gliaccio, diaccio, ghiaccio. 11. parte, prime. l'adifinzion, l'affezion. 13. dell'uno, luogo, 16.17. numero, in numero. 19. cura, vera. 20. se egli leggieri, s'egli è leggieri. 26. dire, dedurre. 35. più acto, atto. 36. Aristotile o, Aristotile ha errat. 38 po, por. 39. non a lui, quanto a lui. 41. con tutto, con tatto. 46. asse, asta. 50. boccetta, bacchetta. 51. O, Io. che non fa, che non fanno. 57. d'un, per un. Concediamo licenza al M. R. Sig. Vincenzio Rondinelli Canonico, e Penitenziere Fiorentino, che possa rivedere la presente opera, considerando se in essa si trovi cosa che militi contro la pietà Christiana, ò li buoni costumi, e riferisca in piè di questa. Il dì 23. Aprile 1613. Piero Niccolini Vicario di Firenze. Io Vincenzio Rondinelli Canonico Fiorentino hò revisto il presente trattato del Sig. Vincenzio di Grazia circa le cose, che stanno sopra l’acqua, ò in quella si muovono, di controversia à quel del Sig. Galileo Galiiei, e non ci hò trovato cosa che sia contro alla Christiana religione, e contra buoni costumii, & in fede hò scritto questo dì 4. di Maggio 1613. Attesa la premessa relazione concediamo che la soprascritta opera si possa stampare in Firenze, osservati gli ordini soliti. 4. Maggio 1613. Piero Niccolini Vicario di Firenze. I1 P. Maestro Francesco Vecchi Regente di S. Spirito rivegga per parte del Sant' Offizio, e referisca, &c. Dal Sant Offizio di Firenze 5. Maggio 1613. F. Cornelio Inquisitore di Firenze. Io Fra Francesco Vecchi ho letto il presente trattato, intitolato Considerazioni del Sig. Vincenzio di Grazia sopra il Discorso di Galileo Galilei intorno aile cose che stanno su l'acqua, & che si muovono in quella, & non ho trovato cosa che repugni alla santa Fede, & buoni costumi. In fede di che ho scritto di propria mano. questo dì 7. Maggio 1613. F. Cornelio Inquisitore di Firenze. 8. Maggio 1613. Stampisi secondo gli ordini. questo dì 9. di Mlaggio 1613. Niccolò dell'Antella.

Toolbox

Themes:

Vincenzo di Grazia's Considerazioni (1613): A Basic TEI Edition Galileo’s Library Digitization Project Crystal Hall OCR cleaning Jonathan Lerdau XML creation the TEI Archiving, Publishing, and Access Service (TAPAS)
360 Huntington Avenue Northeastern University Boston, MA 02115
Creative Commons BY-NC-SA
Based on the national edition corrected to the copy digitized by Google and held by the BNCF Considerazioni di Vincenzio di Grazia sopra il Discorso del Signor Galileo Galilei intorno alle cose, che stanno sull'acqua, o che in quella si muovono. di Grazia, Vincenzo Florence Pignoni, Zanobi 1612

This TEI edition is part of a project to create accurate, machine-readable versions of books known to have been in the library of Galileo Galilei (1563-1642).

This work was chosen to maintain a balance in the corpus of works by Galileo, his opponents, and authors not usually studied in the history of science.

Lists of errata have not been incorporated into the text. Typos have not been corrected.

The letters u and v, often interchangeable in early Italian books, are reproduced as found or as interpreted by the OCR algorithm. Punctuation has been maintained. The goal is an unedited late Renaissance text for study.

Hyphenation has been maintained unless it pertains to a line break (see "segmentation").

Word breaks across lines have not been maintained. The word appears in the line in which the first letters were printed. Words broken across pages appear on the page on which the first letters appear. Catch words are not included.

Considerazioni di M. Vincenzio di Grazia sopra 'l Discorso del Signor Galileo Galilei intorno alle cose, che stanno su l'acqua, e che in quella si muovono. All'Illustriss. ed Eccellentiss. Sig. Don Carlo Medici. In Firenze, MDCXIII. Presso Zanobi Pignonj.
1612
CONSIDERAZIONI DI M. VINCENZIO DI GRAZIA SOPRA 'L DISCORSO DI GALILEO GALILEI Intorno alle cose che stanno su l'acqua, e che in quella si muouono. All'Illustriss. ed Eccellentiss. Sig. DON CARLO MEDICI. IN FIRENZE, MDCXIII. Presso Zanobi Pignoni. All' Illustriss.  ED ECELLENTISSIMO   SIGNORE E PATRONE   OSSERVANDISSIMO  IL SIGNOR DON CARLO   DE' MEDICI    SIGNORE Eccellentiss.  Molte sono state le cagioni   che m' hanno indotto a   scrivere e dedicarle queste   mie considerazioni, sopra   il Discorso di G. G. intorno   alle cose che stanno in su  l'acqua o che in quella si muovono. Delle quali è   stata la principale il cognoscere che allei per ragion'   ereditaria si deve la difesa delle buone arti   e della filosofia. Impercioche ella, per la rivoluzion'   de' tempi, e per il mancamento della greca   favella havendo molto oscurato il suo antico   splendore, fu dalla sua Serenis. Casa, non senza  infinita gloria di tanta magnificenza in quello   antico splendore restituita. Cose che per essere note   a ciascuno, con troppa ingiuria della generosità   di sua stirpe verrebbano particularizzate nelle   magnificentissime azioni di Cosimo il Vecchio,   che con simili mezzi s' aquistò il cognome   di Padre della Patria, del magnifico Lorenzo, di   Leone il decimo, del gran Cosimo primo gran   Duca della Toscana e nella nostra Etade del  suo Serenissimo Padre. Onde si può dire che questo   sia come arredo e pregio dovuto al generosissimo   suo legnaggio. È Adunque lei, per obligo di sua nobiltà   tenuta preservar le scientie, le quali, quasi   fulgentissime gioie , ricevendo la luce dai raggi di   sua Ecc. in guisa tale ne ravviveranno loro splendore  che elleno refletteranno alla vistà di ciascheduno,   quella luce che le tenebre di oscure nebbie   gli avessero potuto offuscare le quali nebbie come esalazioni   nubilose, all' apparir del sole di V. E. saranno   sforzate al tutto dissolversi e svanire.   Prenda dunque questo mio discorso, nel quale   io intendo difender la filosofia. In quella guisa che  l' Immortale Iddio prende i piccoli doni de' mortali  Il qual dono soddisfacendole, tutto attribttuirò a   gratia di V. E., sì come ancora del esser da lei con   tal mezzo annoverato nel numero de suoi affezionati   servitori, del che ne la supplico. Di Fiorenza   questo dì 2 di giugnio 1613. Di V. Ecc. Ill.  Humilis. Servo  Vincenzio di Grazia. A' LETTORI Furrono sempre, a presso i saggi, tutte quelle   azioni in pro della verità adoperate non solamente   gradevoli e care, ma ancora degne   di perpetua lode quindi è ch' io in difesa di quella   e d' Aristotile, ne ploblemi naturali autor di   essa, mi son messo a fare queste mie brevi considerazioni   sopra 'l Discorso di G. G. intorno alle cose che stanno in su l'   acqua o che in quella si muovono. Nelle quali io non presumo di difendere   Aristotile (non facendo mestieri a si grand' uomo di mia difesa),   ma si bene in dichiarandolo di mostrare, lui da per se stesso dalle   calunie impostegli esser bastevole a difendersi. Imperciochè tutte   le ragioni che in esse si ritrovano dall' opere aristoteliche sono raccolte,   e se niuna ve ne è mia propia, sarà qualche esperienza, o argomento   particulare, che Agevolmente dai suoi universali si deduce Il che   accio a tutti sia manifesto, mi è paruto conveniente secondo la vulgata   divisione d' Averroe citar i luoghi d' Aristotile di donde si trarranno   gli argomenti. Onde maggiormente apparirà, come diceva   Plutarco, Aristotile niuna cosa senza gran ragione affermare. e i   Peripatetici alle sue ragioni e non alla sua autorità, risguardare. Ancora   vedrà s' il Sig. G., come e dice, per Capriccio, o per non aver letto   o inteso Aristotile, si parte dalla sua opinione. Nello scrivere filosofiche   dubitationi, di propia natura difìcultose nella nostra favella  non diro incapace di esse, ma a quelle per ancora non molto assuefatta,   suole essere non piccolo carico a coloro, che lo mprendano a sostenere  Il che cognoscendo il Sig. G., quasi un' anno intero impiego   finire e publicare il suo doctissimo discorso. Onde non ispero, che 'l   troppo indugio nel mandar fuori queste mie considerazioni, debba   essere occasione ad alcuno di darmi biasimo La quale speranza tanto  più, prende vigore, quanto il mio ritardamento dalla fortuna è stato   favoreggiato. lmperciochè, parendo al Sig. G. essere stato nel suo   discorso alquanto oscuretto, volse per sua cortesia doppo cinque o   sei mesi con nuove aggiunte molto meglio esplicarsi. Il perchè, oltre   all'avermi reso più cauto, mi a maggiormente aperto il campo a   rispondere alle sue ragioni, come che mi abbia ancora dato grand' occasione   di dubitare, che per entro la mia opera molte imperfezioni   non si ritrovino, e che io non abbia conseguito il mio intento in queste   mie scritture. Onde mi protesto che se in essa scrittura dal S. G. O   da altri, qualche imperfezione mi sara dimostrata, non solo   l'auuro per male, ma ne prometto obligo, e gratitudine   a singular benefitio dovuta. Questo è quello  graziosi lettori, che mi occorre dire, intorno   a queste mie considerazioni, le quali   non spero che a voi, come desiderosi   della verità, non habbino   a essere discare.   Vivete felici. CONSIDEIRAZIONI DI M. VINCENTIO DI GRAZIA Sopra Al Discorso di Galileo Galilei: Intorno alle cose che stanno in su l' acqua o in quella si muovono. Volendo dar principio alle mia considerazioni Intorno a quello che scrive il Sig. G. delle cose che stanno in su l’ acqua o in quella si muovono, mi è paruto conveniente prima proporre le parole del suo trattato, e di poi, discorrendovi sopra dimostrare, quanto vagliano contro d'Aristotile. Impercioche cosi adoperando con più agevolezza il lettore potrà considerare chi di noi più alla verità s' avvicini. Oltre anche mal si dubiterà della vera relazione, come, se per altre parole si referissono, far si potrebbe. Cominciando dunque dalla prima origine del discorso del Sig. Galileo, alle mia considerazioni in torno di esso secondo il dato ordine, darò principio. "Dico dunque che, trovandomi ( conchiusi. L'origine del suo discorso fu, secondo che dice un ragionamento ch’ egli ebbe con alcuni letterati intorno alla condensazione: nel quale un di loro affermò, quella essere proprietà del freddo, come si vede nel ghiaccio, la quale sperienza benchè paia verissima tutta volta fu negata dal Sig. Gal. veggiamo ora se à ragione. Egli non è dubbio alcuno, che i semplici elementi si condensano dal freddo, e dal caldo si rarefanno. Il che nella generazione dell’ acqua e dell’ aria, sensibilmente apparisce. Si potrebbe a ragione dubitare delle saette. dove pare che il freddo abbia virtù di generare il fuoco, che è il più sottile degli elementi * la qual cosa non avviene per natura del freddo, ma si bene per cagione accidentale. Conciossia che il freddo, condensando le nugole di tal maniera unisce le esalazioni calde e secche, le quali per entro le nugole se ritrovano, che elle ne divengono sottilissimo fuoco. Il contrario effetto apparisce nella gragnuola, nella quale sembra che ‘l calore abbia virtù di condensare. I quali accidenti avvengono per lo circondamento de' contrarii da' Greci chiamata. Adunque se il ghiaccio è rarefatto, come il S. G. afferma, sarà di necessita rarefatto dal calore, non potendo questo tale accidente il freddo di sua natura generare. generandosi il ghiaccio di semplici Elementi e non potendosi il circondamento de' contrarii in tal cosa adattare. Non credo sia per essere alcuno, che abbia, negando il senso, a dire il ghiaccio esser generato dal calore, essendo egli prodotto ne' più freddi tempi del verno, nel quale ogni calore nel nostro emisferio quasi è mancato. E se pure si trovasse molto sarebbe lungi dal vero. * Impercioche uno agente, operando secondo la sua natura, non può in un medesimo oggetto esser cagion d'effetti contrarii. Adunque se il calore liquefacendo corrompe il ghiaccio, sarà impossibile, che egli lo possa generar congelando. Perche è manifesto il ghiaccio essere dal freddo condensato e non dal calore rarefatto. Ci resta ora a dimostrare le soluzioni de gli argomenti del Sig. G. Diceva egli *, che la condensazione partorisce diminuzion di mole e agumento di gravita, e la rarefazione maggior leggerezza e agumento di mole al che s'aggiugne; che le cose condensate maggiormente s' assodano e le rarefatte si rendon più dissipabile, li quali accidenti nell'acqua non appariscono. Adunque il ghiaccio non condensato, ma rarefatto, doverrai dirsi. Impercioche il ghiaccio essendo generato d' acqua, doverrebbe essere piu grave di quella, dove che egli piu leggieri apparisce galleggiando per essa. ed e ancora secondo il Sig. Galileo molto maggiore di mole dell' acqua ond' è si produce. E per potere più agevolmente rispondere a queste ragione. Notisi che l'aria racchiusa nelle materie, che di lor natura nell'acqua hanno gravità, suole renderle più leggieri che non è l'acqua onde elleno fuor di natura in essa galleggiano. Segno ne sia la pomice, che essendo di terra e perciò grave per l’ aria, che dentro vi si racchiude, nell' acqua galleggia dove riducendola in polvere l’ aria se ne vola via ed ella perviene al fondo dell' acqua. Onde diceva Teofrasto, che sono dell'Isolette nel mare indico, che per questa cagione galleggiano sopra l'acque. La qual cosa perche non abbia da molti, che non danno fede alle fatiche de' valent' huomini, a essere riputata favolosa, mi piace nella nostra Italia non meno dell' altre provincie di gran maraviglia ripiena, addurne verace esperienza. E dunque nella Campagnia di Roma vicino a bassanello un lago, di bassanello appellato l' acqua del quale nell'azzurro biancheggia, anzi è simile al color verde. Nel quale si veggono molte isolette coperte di verdeggianti erbette, che nuotano sopra l' acqua in guisa di navicelle. Questo come afferma fra leandro nella sua Italia, è quel lago che da Plinio primo e secondo di Vadimone fu detto che delle medesime isolette fanno menzione. le quali per altra cagione non si deve credere galleggiare se non perche di pietra spungnosa sono composte. Adunque è manifesto che l' aria racchiusa nelle materie che hanno gravità puo esser cagione che elleno sopra l' acqua galleggino, quantunque piu gravi di essa. II che essendo verissimo dico che congelandosi il ghiaccio per entro vi si racchiude alcuna piccola porzione d'aria. Segno ne sia mlolte bolle e sonagli, li quali si veggono nella superficie del diaccio, e ancora quantunque molto minori dentro a qual si voglia particella di esso, ancorche benissimo condensata. laonde a chi diligentemente considera a quella quantita d'aria, che nel diaccio si racchiude, agevolmente si accorgera el diaccio non essere piu leggieri della materia della quale egli si produce. Onde adviene che egli nell'acqua soprannuoti. Il simile si può dir della mole Impercioche se si vedesse l’ aria e l’ acqua che concorrono a comporre il diaccio, ci accorgeremmo, che molto minor luogo dal diaccio che da quelle, viene occupato. Al che s' aggiugne * che molto più si uniscono le cose humide che l’aride * onde il ferro benche sia di più terrestre materia che ‘l pionbo, e perciò dovrebhe esser piu grave, non dimeno, perche le particelle del piombo, essendo piu umide e per questo piu unite, in gravità da quello è superato La qual cosa, nel diaccio ancora potrebbe seguire. Adunque è manifesto, che le ragioni del Sig. Galileo non a bastanza dimostrano il ghiaccio esser acqua rarefatta. E maggiormente perche la terza condizione che nel condensare si ricercha, molto gli contraddice. E questa è, che le cose nel condensarsi molto piu sode divengano Il che nel diaccio sensibilmente si vede. Quanto a quello disse quel litterato il ghiaccio galleggiava per la figura, ne lascerò bello e la cura a lui, non mi curando di tor la brigha a chi molto ben si può da per se difendere. Potrebbe adunque parere, che ‘l Sig. G. alquanto nella primiera origine del suo discorso, dalla verita s'allontani, affermando il diaccio essere acqua rarefatta dove egli sensibilmente si vede esser' acqua condensate. Conchiusi per tanto ( E per procedere. E tanto maggiormente pare sia lontana dal vero l’universale conclusione fatta dal Sig. G. la figura non essere cagione in alcun modo di stare a galla o in fondo; Impercioche come per lo senso apparisce e come dimostrerremo di qual si voglia materia, ben che gravissima, si può riducendola in figura piana, comporne una mole che galleggi sopra l’acqua. E ben vero che tal cosa c'indusse a credere, oltre alla sperienza, il vedere, che la diversita delle figure altera grandemente il movimento de'corpi dove ella si ritrova: onde la figura si riduce a tanta anpiezza e sottigliezza, che non solo ritarda le cose che nell' acqua discendono, ma ancora le quieta sopra di quella. Il che quantunque il Sig. G. stimi falso, si vedrà per ragion vivissime esser vero mentre si considereranno nel suo discorso tutte le ragioni addotte dall'una e dall'altra parte, e di più quelle, che egli di sua invenzione, adduce. le quali d'ogni intorno considerate e addottone le vere dimostrazioni, potrà da esse prender quell'utile ch'egli desidera cioe di venire in cognizione della verità, la quale sino ad ora da lui per falsita è tenuta Mentre le sue ragioni piu apparenti, che vere saranno, riprovate. E per procedere ( cercherò di mostrare. Molto bene discorre il Sig. G. proponendo di voler dichiarare la vera e natural cagione dell'ascendere alcuni corpi e in quella soprannotare, e del discendere in essa e in quella rimaner Impercioche da questo si debbe trarre la soluzion di questa nostra difficultà. E se quello ha veduto in Aristotile non lo quieta forse dello stesso Aristotile tali ragione e dichiarazioni gli proporremo, che appieno gli daranno soddisfazione. E venendo à considerare la cagione del Sig. G. la quale è che le cose vanno al fondo per esser più gravi dell' acqua e in quella all' insu si muovono spinte dalla maggior gravita di essa; affermo questa sua dimostrazione parere alquanto manchevole. Impercioche dovendosi dimostrare gli accidenti del propio e naturale suggetto, nel quale eglino naturalmente si ritrovano fa di mestiero, volendo assegnar la cagione del movimento al centro e alla circunferenza, e della quiete che segue nell' acqua, il considerargli primieramiente negli elementi dove naturalmente si ritrovano e non insieme in quelli e ne conposti Altrimenti non si farebbe la dimostrazione universale & erreremmno. si come di gran lunga errerebbe colui che volesse dimostrar l’adifinzion del Triangulo in genere, che e aver tre angoli eguali a due retti, insieme di esso e dell' Equilatero. Adunque alquanto par che si parta dal vero il Sig. Galileo mentre del movimento de' semplici e de' corpi comnposti insieme, ne assegna la cagione. Secondariamente la cagione del Sig. G. non I'ho in tutto per vera. Impercioche ancorche sia manifesto, che la gravita sia cagione che i corpi semplici si muovano al centro. non è gia vero che eglino si muovino alla circunferenza spinti dalla maggior gravità del mezzo. E questo, per molte ragioni. La prima è che essendo quattro gli elementi, i quali sono corpi naturali fa di mestieri che abbiano quattro movimenti naturali distinti fra di loro. E perchè alcun potrebbe negare, che gli elementi fussero quattro ben che della maggior parte per lo senso apparisca non dimeno per maggiore evidenza, l’abbiam voluto mostrare. E manifesto per lo senso, che oltre alle altre qualità quattro parte nel mondo sullunare se ne ritrovano cioè caldezza e frigidita, siccità e umidità dalla cognizion delle quali sei accoppiamenti si producono, cioè caldezza e siccità. caldezza e umidita, frigidità e siccità, frigidità e umidita, e caldezza e frigidità, e umidita e siccità. Li due ultimi accoppiamenti solo sono impossibili, non potendo due contrarii ritrovarsi in un medesimo suggetto, e percio rimanendo quattro accoppiamenti di quelli, è necessario costituire quattro corpi naturabli, e questi sono i quattro elementi. Impercioche la terra fredda e seccha per lo senso apparisce l'acqua fredda e umida, I'aria umida e calda. Adunque è necessario che si conceda un' altro corpo semplice elementare, che il quarto accoppiamento delle prime qualità ritengha, e questo è il fuoco, * il quale non altrimenti è come il nostro, che è una soprabbondanza di calidità e siccità, ma si bene un corpo semplice di sua natura caldo e seccho. Se dunque sono quattro gl'Elementi essendo eglino corpi naturali, che per lor natural' propietà debbono avere il movimento, sarà necessario abbiamo quattro movimenti naturali distinti, sì come fra di loro sono distinti nelle qualità. Ma concedendo solo la gravità assoluta come fa il S. G. non quattro ma un solo movimento naturale ne concederà. A questo s'aggiugne che tutti gli Elementi, salvo la terra, stieno nel propio luogo per accidente e sforzati; contro la propria natura e contro a quello che dice il S. G. Impercioche se tutti gli Elementi son gravi, e i men gravi sono spinti alla circunferenza da quelli, che hanno maggior gravità, ne adiverrebbe che levando i piu gravi, i men gravi di lor natura al centro scendessero. Adunque non sono di lor natura nel proprio luogo, ma perche la maggior gravità ve gli ritiene. Come per esempio aria, che nell' acqua si muove verso la circunferenza, vien mossa dalla maggior gravità di essa, e quando di poi è sopra di quella doverebbe, come grave, muoversi al centro, ma la sua maggior gravita ve la ritiene. Reducesi adunque da' principi del Si. G. che fuori della terra tutti gli Elementi stieno nel propio luogo per accidente. Il che apparisce falsissimo. Oltre a di che si ritroverrebbe un movimento che a tutti i mobili fusse fuor di natura. La qual cosa pare impossibile. Impercioche se il movimento alla circunferenza à quattro Elementi è fuor di natura, ne seguirà quello essere fuor di natura ad ogni corpo naturale, non potendo il quinto Elemento, cioè il Cielo muoversi di tal maniera. Ma chi direbbe giammai che un moto fusse contro natura a un mobile, se non fusse secondo la natura d' un altro? Essendo di necessità l'essenziale primo dell'accidentale, e il naturale del non naturale. Di più non solo nel mondo essere la gravità assoluta, ma ancora la leggerezza, da quello doviamo dire apparirà. Quelli autori, che in tal particulare sono approvati dal Sig. G. per due cagioni affermano la terra assolutamente esser grave l'una si è perche ella sempre si muove verso il centro e l'altra perche si concentra sotto tutti gli altri Elementi. Se dunque il Fuoco si moverà sempre verso la circunferenza e sovrasterà a gli altri Elementi, per le contrarie ragioni doverra essere leggieri, come la terra di gravità positiva è grave. Ma che il fuoco sempre verso la circunferenza habbia il suo movimento, sensibilmente apparisce veggendolo noi, non solo per la terra, e per l'acqua, ma ancora sormontare velocemente per l'aria. E agevole il dimostrare che il fuoco sovrasti a gli altri Elementi. Impercioche un' altro corpo, più leggieri e più veloce di esso, per gl' Elementi sormontare si vedrebbe. Al che si aggiugne esser necessario il ritrovar nuove qualità e nuovi accoppiamenti di esse per constituire questo nuovo e quinto Elemento sullunare. Adunque andando sempre il fuoco verso la circunferenza e sovrastando a gl' altri elementi ne segue per le contrarie cagioni che egli sia leggieri di leggierezza positiva, come la terra di gravità positiva è grave * finalmente, movendosi la terra, e il fuoco a due luoghi contrari cioè al centro e alla circunferenza, e percio di movimenti contrarii, fa di bisognio che questi contrarii movimenti habbino contrarie cagioni, non potendo una medesima cagione di sua natura nel medesimo tempo produrre due effetti contrarii. * Ma il sù, e il giù sono contrarii, non solo secondo la vostra positione, come afferma il divin Platone, ma di propia natura. Impercioche se i contrarii son quelli che collocati sotto un medesimo genere sono al possibile lontani. Al certo, il sù e il giù saranno i primi contrarii, conciossiache questa diffinizione de' contrarii propriamiente a' contrarii del luogo s' adatta, e quindi a gli altri si estende. Adunque i contrarii dell'uno cioè il sù e il giù saranno di lor natura contrarii, e perciò i movimenti a quelli contrarii: onde adiviene essere impossibile che da due contrarie cagioni, non sien prodotti. Si corrobora maggiormnente questa ragione non apparendo in che mnaniera il movimento al centro abbia ad havere una causa positiva e quello alla circunferenza privativa. Ma chi remirando la natura non vede, che quando fa un contrario un altro simile, sempre ne produce? zoppica dunque in questo la natura, non facendo il contrario alla gravità se nell' altre cose così perfettamiente adopra. Dandosi aduque la gravità assoluta, in consequenza seguirà che diamo ancora la leggierezza assoluta. Ma se fusse vero che gli Elementi superiori si movessero, spinti dalla maggior gravità degli inferiori, ne seguirebbe che piu veloce e piu agevolmente se moverebbe una picciola quantità di foco dall’ aria, che una grande. E tutta via segue il contrario, veggendosi sempre piu velocemente una gran fiamma ch’ una picciola sormiontare. Il dire come molti fanno che questo adiviene dalla maggior violenza fattale dall’ aria, che cerca spignere un suo maggior contrario è una vanità. Impercioche se l’aria, come corpo finito, è di forze finite è impossibile ch’ella con più agevolozza alzi un corpo grande, che un piciolo, avvenga che, come di forze finite ella per esempio può sollevare dugento mila libbre. Adunque quanto piu ci accostiamo alle 2000 libre tanto piu si affatichera, e sosterrà con minor forza quel peso, dovendosi arrivare a quel termine preciso. E per cio piu agevolmente dovrebbe alzare un peso picciolo, che un grande: il che segue al contrario. In oltre, noi veggiamo che tutte le cose che si muovono naturalmente si muovono più veloci quanto piu s' avvicinano al lor centro e al proprio luogo, e quelle che le muovano per violenzia più si muovano al principio che al fine. Adunque doverebbe seguire che il fuoco si moverà più velocemlente vicino a terra, che vicino al suo centro, ma apparisce il contrario. Di più, se tutti gl' Elementi si movessino all' in sù spinti dalla maggior gravita, ne seguirebbe che vicino al concavo della Luna si desse il vacuo. Imperciochè se il fuoco è spinto dalla maggior gravità dell' aria, ed egli è grave, ne seguirà che quando egli sarà fuori dell' aria egli piu non si muova all' insù ma al centro non essendovi la virtù della maggior gravità dell' aria, ma la sua natural gravità. Adunque vicino al concavo della luna sarà del vacuo non essendo chi vi spinga il fuoco. Per le quali cose s' è dimostrato due essere l’ inclinazioni naturali, che cagionano il movimento al centro e alla circunferenza, e non una, come afferma el S. G. Onde è manifesto la sua cagione imparte esser vera, e in parte Falsa. Vera quando dice la gravità essere cagione de' movimenti al centro. Falsa mentre egli vuole, che il moto alla circunferenza dalla maggior gravità si produca, il quale dalla leggerezza depende. Stabiliscasi dunque per verissimo fondamento, che movendosi gl' Elementi al luogo proprio, dove ricevono la propria perfezione e la conservazione, & alcuni habbiano da natura di Fermarsi nel centro, alcuni nella circunferenza, altri ne' luoghi di mezzo a questi dalla gravità, e dalla leggerezza si muovono. La qual cosa non solo confronta con la natural filosofia, ma ancora con le matematiche discipline, quantunque repugni ad Archimede, quindi a poco vedremo se a ragione o a torto, per ora, oltre al detto, siami lecito contro a un grandissimo matematico, qual fu Archimede, addurre l’ autorità d'un più grande e questi è l'amirabile Tolommeo nel libro, che egli scrisse de' momenti, referito da Eutocio comentator del vostro Archimede, il qual libro, se per la voracità del Tempo non si desiderasse, non solo per autorità servirebbe, ma ancora ragion gravissime e degne di Tolomeo, in esso si scorgerebbono. Dice dunque Tolommeo, che il genere del momento e dell' inclinazione alla gravità e alla leggerezza si estende. Il che da noi, con vivaci ragioni, è stato provato, ci rimarrebbe ora a render la ragion de' Corpi composti, che al centro e alla circunferenza si muovono, ma perchè ci sarà migliore occasione resterò di trattarne. "lo con Metodo differente. ( Io dunque. Avanti che vegniamo a considerare le dimostrazioni del Sig. G. ci è paruto necessario il dimostrare, quanto sieno lontani coloro dal vero che con ragioni matematiche vogliono dimostrare le cose naturali de' quali se io non m'inganno è il Sig. G. Dico dunque che tutte le scienze e tutte l’ arti hanno i propii principi, e le proprie cagioni, per le quali del propio oggetto dimostrano i propii accidenti. Quindi è che non è lecito co' principi d' una scienza passare a dimostrare gli effetti d' un' altra. Onde grandemente vaneggia colui, che si persuade di voler dimostrare gli accidenti naturali con ragion matematiche: essendo queste due scicuze tra di loro dififerentissime. * Imperciocche lo scientifico naturale considera le cose naturale, che hanno per propria e naturale affettione il movimento. La dove il Matematico il proprio suggetto astrae da ogni movimento. A quisto s' aggiungne, che il naturale considera la materia sensibile de' corpi naturali, e per quella rende molte ragioni de' naturali accidenti. E il matematico di quella niente si cura. Similmente, trattandosi del luogo, il matematico suppone un semplice spazio, non curando se è ripieno di questo o di quell' altro corpo. Ma il naturale grandemente diversifica uno spazio da uno altro, mediante i corpi da che viene occupato: onde la velocità, e la tardità de' movimenti naturali adiviene. E benche il Naturale tratti delle linee delle superficie e de' punti, ne tratta come finimenti del corpo naturale e mobile. E il Matematico astraendo d' ogni movimento, come passioni del solido che ha tre dimensioni. Ma vegniamo a considerare i principi così intrinsechi e cosi immediati del Sig. G. da' quali dependon le cagioni de gli ainmirandi, e incredibili accidenti. dalla difinizione de' suoi termini inconminciando. "Io dunque ( diffiniti questi termini. Quanto alla prima descrizione, che due pesi di mole equali, che equalmente pesino, sieno equali di gravità in ispecie cioè mi credo io che sieno d' una medesima spezie di gravità. Il che se così è, non è al tutto vero. Impercioche si può ritrovare un solido di terra equale a un solido di qualche misto, che pesino equalmente tutta volta non sono della medesima spezie di gravità come di sotto diremo. Nella seconda descrizione, cioe che due solidi diseguali di moli, eguali di peso, sieno eguali di gravità assoluta, il Sig. G. non si serve di questo termnine assoluta ne come Platone e gli altri antichi, che egli fa professione di seguitare, nella nostra favella s' usa, imperciocche Platone chiama quella gravità assoluta, che per tutti i luoghi è cagione del movimento al centro, e sotto tutte I'altre gravità si profonda. E Dante il divin Poeta se ne serve per contrario di respettiva "Voglia assoluta nom consente al danno,, Quanto alla terza definizione del piu grave in ispecie dicendo esser quello che un corpo equale di mole, pesa più par che si sia alquanto ingannato. Primieramente, perchè si può dare due moli di terra equali fra di loro, le quali per essere l’una piu densa dell' altra pesi più, non per questo sarà più grave in ispecie conciosiacosa che amendue vadano al medesimo centro, e perciò eguali in gravità di specie. Secondariamente perche due moli di terra diseguali, e di peso, e di mole sono della medesima specie perche vanno al medesimo centro, e non come dice il Sig. G. son fra di lor piu gravi in ispecie. Dove fa di mestiero notare che il Sig. G. non ha distinto la maggiore, e minor gravità in numero da quella che in specie si chiama. Imperciochè, due particelle di terra equali di peso e di mole, sono della medesima gravità numero movendosi al medesimio centro e con la medesima velocità. La dove due particelle di terra disequali, e di mole, e di peso, o solo di peso se bene andranno al medesimo centro tutta volta havranno disaguaglianza di velocità. Quello si è detto del grave assoluto si può replicare del piu grave assoluto cioè che 'I Sig. G. s'è servito male della dizzione assoluta. Ma per dimostrare in che guisa si debbano descrivere questi termini descritti dal Sig. G. siemi lecito alquanto di digredire. Dico dunque che la gravità in genere è una inclinazione del mobile a moversi al centro dalla quale due spezie derivano *. Gravità semplice, e gravità a predominio: la gravità semplice ne gli elementi si ritrova, e in tal maniera si chiama perche dalla semplice natura de gli elementi depende che in altre due spezie si dirama. Gravità assoluta e respettiva * . Assoluta è quella, che in tutti i luoghi e cagione del movimento al centro, e sotto le altre gravita si ritrova come la gravità della terra respettiva quella che non in tutti i luoghi cagiona il movimento al centro, e ad altre gravità sovrastà, come quella dell' acqua, la quale ancora in altre due spezie si divide. cioè gravità respettiva ad un luogo come quella dell' acqua, e a piu luoghi come quella dell’ aria. Quella divisione, che della gravita semplice si è fatta si può adattare alla gravità a predominio. Si dee bene avvertire, che molta differenza si ritrova fra queste due gravita. Imperciochè, come si e detto, la semplice dalla semplice natura de gli elementi depende, Ia dove quella a predominio dalla mistura de' quattro elementi si genera. E perciò essendo nel misto i quattro elementi sempre quello che sarà a predominio terreo, sarà men grave della terra se bene fussino equali di mole. Quantunque * per accidente, come nell' oro e nel piombo altrimenti adiviene. Ma segue questo, perchè mediante l’ umido le parti terrestre si condensano di maniera, che in equal mole di piombo sono piu parti terrestre che nella terra semplice non si ritrovano, onde quelle possono contrappesare quelli elementi leggieri, che sono nel misto. Segno ne sia di ciò, che levando via l’ umido, la materia del piombo divien piu leggieri della terra, come nella schiuma di esso struggendolo apparisce. Da questo nostro discorso ottimamente si può descrivere i termini definiti dal Sig. Gal. Quello che egli chiama grave assoluto si dee chiamare grave in genere e piu grave, e men grave assoluto più è men grave in genere. Equalmente grave in ispezie chiamerò quelle cose, che di qual si voglia mole si moveranno al medesimo centro, come in ispezie di gravità assoluta egualmente saranno gravi tutte le sensibili particelle di terra, e di respettiva. Quelle dell’ acqua. Più grave di spezie quelle, cose che si muovono più verso il centro del mondo, come la terra piu grave in ispezie dell' acqua l’ acqua dell'aria, e l’ aria men grave dell'una, e dell'altra. E egualmente grave di gravità in numero si deon chiamare quei solidi, che essendo equali di mole sono equali altresì di peso, come una zolla di terra essendo equale di mole e di peso, sarà della medesima gravità di numero. Più grave in numero può essere in due modi, il primo quando una mole della medesima spezie è maggiore dell'altra: pesa piu, il secondo quando essendo due moli della medesima spezie l’ una per essere più densa dell’ altra, è più grave. E questo che abbiamo detto della gravità, si può adattare alla leggerezza. Il che mi metterei a dimostrare ma per non abusar la cortesia del lettore per brevità lo tralascero. "Definiti questi termini ( esplicate queste cose. A questi due principii presi da Archimede nel primo libro del centro della gravità si dee aggiugnere, volendogli adattare alle cose naturali, che lo spazio per lo quale si deono muovere i mobili sia ripieno del medesimo corpo. Impercioche se una bilancia si dovessi muovere per l’ aria, e l’ altra per l’ acqua, è impossibile ch' elle si muovano nel medesimo tempo per ispazii eguali, per la maggiore e minore resistenza del mezzo, che occupa i sopraddetti spazii. La qual cosa, quando dal Sig. G. s' aggiugnerà saranno questi suoi principii verissimi, e perciò facilmente da me si concederebbono, quantunque Aristotile avesse detto il contrario riguardando alla verità delle cose, e non alla autorità di Aristotile. Quanto alla nuova aggiunta, nella quale il Si. Gal. dichiara quello significhi monento pare sia alquanto manchevole, non ci numerando una significazione ch’ al suo discorso faceva più di mestiero. E questa è che ‘l momento denota quella potenzia e quella abilita naturale, che hanno immobili a esser mossi. si come la gravità, e la leggerezza al moto de gli Elementi. La qual significazione non solo è in uso appresso Arist. e Platone, ma appresso i vostri mecchanici conciossiache Eutocio ne' comenti de' Libri d'Archimede si serva di questa significazione, dicendo. Il genere del momento Aristotile e Tholomeo, che l'ha seguitato, dicono che non solo s' appartiene alla gravità (come vuol Platone) ma alla leggerezza, ancora. "Esplicate queste cose ( Ma perche tali cose. Dice dunque il Sig. G. che il mobile, quando si muove per l’acqua verso il centro, dee scacciare tanto d' acqua, quanto è la propia mole, al qual movimento l’acqua, come corpo grave resiste, le quali cose pare, che abbiano bisognio di gran moderazione. * Imperoche dice bene Aristotile, che il mobile, profondandosi nell' acqua, dee alzare tanta acqua, quanto è la sua mole, ma vi aggiugne se però l'acqua è quel mobile non si costiperanno insieme, e quindi avviene che molti solidi, nel sommergersi nell' acqua, non alzeranno la ventesima parte di essi, altri piu, e altri meno, secondo che fra di loro s' uniranno. Quanto alla resistenza che fa I'acqua a quel movimento, quando si alza sopra il propio livello, ch'ella fusse molta non torrei io già a sostenere. Imperciochè se bene l’acqua aI movimento all' insu, come corpo grave è renitente, tutta volta in questa nostra azione ella non muta in tutto e per tutto luogo, ma si benie ne perde alquanto di sotto e altrettanto n'acquista per di sopra * ed essendo ella di sua natura corpo atta ad essere grave, e leggiero quando è nel propio luogo, come di sotto diremo, può da ogni minima forza esser mossa al centro e alla circunferenza. Il perche ella a questo movimento pochissimno resiste, la qual cosa vien dimostrata da sensibile esperienza, che una gran massa di cenere, che nel sommergersi nell' acqua, alza il suo livello poco, o niente, doverebbe muoversi piu velocemente d' altrettanta materia soda, anzi non havendo resistenza l’ acqua all' e ssere alzata, e non ci essendo secondo il Sig. G. altra resistenza, munoversi inistante, la dove ella piu tardi che altra materia soda, e dura si muove. E percio non si dee far grande stima di questa resistenza, se però nell' acqua si ritrova, nel considerare i movimenti, che seguono ne l’acqua. Della quale servendosi il Sig. G. lasciando da parte la vera e natural resistenza de gli elenienti non e maraviglia, che alle volte convenghiamo nelle conclusioni e discordiamo nelle cause. "Ma perche tali cose profferite. Seguirebbe ora, ch'io considerassi dimostrazione, per dimostrazione, e di esse proposizione per proposizione. Ma perche tutte queste sue dimostrazioni son fondate sopra principii falsi. Per non perdere tempo invano, ho giudicato esser bene il tralasciare questa faticha, il che sarà facile il dimostrare. Il primo principio è ch' egli non fa la sua dimostrazione universale. Impercioche, egli dimostra il movimento de gli elementi e de i misti sotto una medesima dimostrazione, e per una medesima cagione, la qual cosa quanto sia falsa abbiamo gia detto. Il secondo è che egli vuol dimostrare le cose naturali con mathematiche ragioni. A questo s' aggiugne, che egli suppone per vero che nel mondo sublunare non sia leggerezza positiva, e che gli elementi si muovono alla circunferenza, spinti dalla maggior gravità del mezo. Di piu non vuole che l’ acqua, come corpo solido habbia resistenza all' essere divisa. Il che essere falso vedremo nel luogo dove il Sig. G. ne tratterà Bastici per ora una sensibile esperienza fatta dal Sig. G. cioè, che con manco forza si muove una mano nell' aria, che nell' acqua. Onde apparisce essere alquanto di resistenza e nell' acqua, e nell' aria, ma più in quella, che in questa. Nel quinto luogo egli fa grande stima della resistenza dell' acqua, all' essere alzata sopra il proprio livello che non è nulla, e se pure e' non è sensibile. Il sesto che egli nel difinire i suoi termini de' quali si serve in queste dimostrazioni, si parte molto dal vero. Onde faceva molto meglio in questa sua nuova edizione a pigliare fondamenti e principii veri ò a dimostrare veri quelli, di che si era servito, che accumulare nuove e false dimostrationi. Il che è appunto maggiormente confermarsi nella sua opinione. Essendo dunque le dimostrazioni del Sig. G. falsissime, come dipendenti da falsi principii, ci resta a dimostrare le cagioni di quei problemi che dal Sig. G. son proposti, li quali da noi si debbano addurre per dimostrare, che non ci siamo messi a questa impresa non solo per contradire per alcuna malevoglienza, o per alcuno lividore di invidia, ma bene per dimostrare la vera ragione delle cose. La cagione onde il Sig. G. si è mosso à scrivere queste sue dimostrazioni è stata com'egli dice per render la causa. Onde avviene che dieci libbre di acqua possono reggere cinquanta o cento libbre di peso, verbigrazia una trave che pesi il gia detto nuruero. Il che da lui è stato stimato accidente maraviglioso e ragguardevole. E non si è maravigliato, in che modo la terra possa sostenere i tre elementi supeniori, che quasi infinito l’ eccedano supponendo secondo la dottrina di Platone, che tutti i corpi sullunari sieno gravi. * Tutto quello che sotto il Cerchio Luna si muove, e si quieta o e semplice elemento, e mistura de gli elementi. Per qual cagione i semplici elementi al proprio luogho si muovino, e in quello si quietino, già si è detto, che per la gravità, e per la leggerezza hanno questi naturali accidenti. Quindi deve mancare ogni maraviglia in che modo adiviene che l’ acqua sopra la terra si sostenga, essendo per entro quella verso la circunferenza si muova, & l’aria, rispetto all' acqua, e il fuocho all' aria, Impercioche sendo l’ acqua leggieri in comparatione della terra, e l’ aria all' acqua e ‘l fuocho all' aria, non solo e maraviglia che sopra quelli si quietino, e in quelli alla circunferenza si muovino, ma gran stupor sarebbe, che eglino al contrario adoperassino. Adunque per una innata inclinatone adiviene che gl' elementi nel lor luogo si fermino, e fuor di esso ritrovandosi a quello si muovino, che in due spezie, gravità, e leggerezza si dirama, l’una delle quali al centro partorisce il movimento, e l’altra alla circunferenza. Quello habbiamo detto de gli elementi si può dire de i misti, solo questa differenza ci si può considerare, che la gravità, e la leggerezza ne seplici da la loro natura adviene e ne i composti da l’elemento che nella mistura ha il predominio verbigrazia se l’ elemento predominante sarà grave assoluto, il composto ancho egli haverà la medesima affettione, in tanto differente, quanto nel semplice non vi sarà amista leggerezza alcuna, e nel misto qualche leggerezza per l’ elementi leggieri sempre vi si troverra similmente se egli leggieri assoluto, o respettivo, e finalmente quasi nella maniera, che sarà il predominante sarà ancora il misto. Onde agevolmente si deduce la cagione perche una trave di 500 libre sarà sostenuta e sollevata da 10 libbre di acqua. Imperciocche essendo la trave aerea a predominio, e l’aria nell' acqua essendo leggieri doverrà la trave come leggieri sopra l’acqua di sua natura sollevarsi, solo harà bisognio di tanta acqua, che possa compensare il terreo, de gli Elementi gravi che nella trave si ritrovano. Questa e la cagione del tanto amirando Problema del Sig. G. e dove egli imipieghò tanto tempo, e tanta faticha. Mi resta bene a me ora un più difficile problema che per non lasciare cosa alcuna indietro che alla nostra dubitatione s' appartengha, da me si spiegherà. E quest' è perchè una trave di cento libbre nell' aria è più grave di gravità in genere, che un danaio di piombo, e nell' acqua, il piombo, divien grave, e la trave leggieri. Segno ne sia di ciò, che la trave nell' aria, si muove all' ingiù più velocemente ch' il piombo, e nell' acqua il piombo conserva il medesimo movimento e la trave si muove all' insu. Per le explicazione di questo problema, si deve avvertire, che nel luogho dell' aria * tre sono gl' elementi gravi, come di sotto si dimosterrà, cioè terra, acqua, e aria, & uno leggiero, la dove nell' acqua, due sono i leggieri, aria e fuocho, e due gravi, acqua, e terra. Componendosi dunque la trave e il piombo, de quattro Elementi, e nella trave prodominando I'aria che già secondo habbian detto nel propio luogho e grave accomompagnandosi con gl' altri dua elementi gravi viene a rendere la trave colma di gravità ma nell' acqua che l’aria è leggieri accompagnata dal fuocho superando di gran lunga i due elementi gravi, divien leggieri. La dove il piombo nel quale la terra predomina, che in tutti i luoghi è grave sempre in tutti i luoghi mantien la sua gravità, e percio nell' acqua, e nell'aria si muove al centro; ma nell' aria la sua gravità assoluta per essere si pocha rispetto alla trave, essendo il piombo un danaio, e Ia trave cento libbre, vien superata da la gravità della trave e perciò nell' aria si muove all' ingiu piu veloce che ‘l biombo, e nell' acqua, non solo non si muove in tal guisa: ma di contrario movimento. Queste son le cagioni vere & essenziali del natural movimento e della quiete de i corpi semplici e de i misti di essi, e non quelle che Archimede e il Sig. G. adducano come per molte ragioni già si è dimostrato. Seguirebbe, che vedessimo se il Sig. G. come si da ad intendere difende Archimede dal Buonamico ma perchè dalle sue dimostrationi il Sig. G. impugnando Aristotile nella prima edizione un corollario contro a di lui ne deduce, e nella seconda credendo, che noi non ce ne fussimo avveduti ci ha voluto per sua grazia citare il propio luogho. Dice dunque il Sig. Gal. che una nave equalmente puo galleggiare in dieci botte d' acqua, quanto nel l' immenso oceanno e perciò che deve cessare la falsa opinione di coloro, che tengano altrimenti accennando di Arist. come egli nella seconda edizione dichiara. Nella qual cosa io desidererei nel Sig. Galileo un pocho piu di quella modestia Filosoficha, essendo che egli di tal nome si va adornando, e di poi non adopra conforme al nome, il che nondimeno voglio rimettere a miglior giudizio. E venendo alla dubitazione dico al Sig. G. che non solo questa sua opinione, e contro d' Arist. ma contr' il senso. Impercioche egli in quel problema, propone di ricercare la causa, perche le navi galleggian piu in alto mare che vicino a lito e importo. Il che ad Arist. era notissimo, per esperienza. Onde si deve avvertire che il voler dimostrare contra il senso, e debolezza d'ingegno che delle cose sensibili è il vero compasso, e il vero cognioscitore. E percio il Sig. Gal. doveva far la esperienza, o addurre altri che l’havessi fatta, e non volere con ragioni mostrare il contrario. Impercioche quando io veggo una qualche cosa, se, uno mi volessi con ragioni dimostrare altrimenti, io gli direi ch' egli vaneggiassi. E tanto maggiormente si può dire in questa dubitazione, quanto ella dalla ragione è accompagnata. Impercioche essendo l’acqua, un corpo continuo, che ha virtù al non esser diviso come di sotto diremo, piu agevolmente si dividera un picciolo, ch’ un grande, anzi essendo come vuole il Sig. G. ancora contigua più agevolmente si separerà un contiguo picciolo ch’un grande. Conciosia che un grande, è composto di più parti, e volendo muovere, in dividendolo per il mezzo, le parte del mezzo, sarà necessario, che quelle muovino le seguenti, onde essendo più parti in un grande ci vorrà maggior forza, & egli harà maggior virtù, e perciò sosterrà piu ch’ un picciolo. Adunque il Sig. G. potrà fare la contraria esperienza, e in quella maniera cesserà la falsa opinione d'Arist. altrimenti seguira al contrario, che da tutti mi credo io sarà la sentenzia di Arist. estimata verissima; e falsa quella del Sig. Galileo. Queste dunque sono le vere cagioni de i movimenti, e delle quiete naturali che si fanno nell' acqua. Onde dirittamente, s' io non mi inganno fu ripreso Archimede dal Sig. Francesco Buonamico nel 5. libro del moto cap. 29. Ma veggiamo se bene dal Sig. G. si difende. ,,Ma perche tal Dottrina. ( Lascia. Era ben ragionevole, ch’ il Sig. G. difendesse Archimede come quello che seguitava la, sua oppinine, ma non perche l’ autorita del Buonamico, Filosofo veramente celebre de' nostri tempi, potesse render dubbio il parere d'Archimede, che al certo è tanto esquisito, e celebre Mateinatico, quanto egli Filosofo, e forse più, ma perche le sue ragioni cio harebbono potuto adoperare. ,,Lascia il Buonamico (Questo è quello.) Notisi dal Sig. G. che le ragioni, che dal Sig. Franc. Buonamici sono addotte, non sono tutte contro ad Archimede, ma alcuna di loro è principalmente contro a Seneca. Il che dimostrano e le parole di esso nel fine del capitolo antecedente nelle quali egli riferisce l’oppinione di Seneca circa a un problema. onde avveniva ch’ uno stagno in Siria si ritrovava. nel quale non si possano profondare i mattoni; ancor che vi fussero gettati dentro e il principio di questo capitolo dicendo: Verum libet hic paulisper immorari, et causas a doctissimis viris allatas diligentius explorare. Ssi deve avvertire di più che queste ragioni sono tre e non quattro. come vuole il Sig. G. Imperciochè quello che il Sig. G. mette per il primo argumento non è argumento alcuno. ma un semplice parere del Buonamico intorno alla doctrina d'Archimede e d'Aristotile, dicendo che non gli pare che la dottrina d'Archimede confronti con quella d'Aristotile Ma non per questo lo biasima o impugna. e per cio replicando alla risposta del Sig. G. dico ch' egli era benissimo manifesto al Buonamico che l’ essere solo discorde la dotrina d' Archimede da quella d' Aristotile non dee muovere alcuno ad averla per sospetta, essendo, per Testimonio d'Aristotile a tutti notissimo che nel ricercare la ragione delle cose che egualmente sono esposte all' intelletto di ciascheduno l’autorità perde ogni autorità. onde egli soggiugne ragioni che possono persuadere tal cosa a ogni purgato ingegno. E dunque la prima ragione che egli pare inpossibile, che l’acqua superare la gravità della terra. essendo chiaro che l’acqua divien più grave per la participatione di essa. Secondariamente dice che le sopra dette ragioni non gli sodisfanno se si vuol render la cagione per che un vaso di legno, e un legno che di sua natura stia à galla, quando e ripieno d' acqua se ne vadia al fondo. Nel terzo luogo che Aristotile ha chiaramnente confutato gl' antichi che dicevano che il movimento dei corpi leggieri, al propio luogo si faceva dalla pulsione degli elementi gravi donde ne seguiva necessariamente che tutti corpi fuissino gravi secondo la natura. Di poi soggiugne non so che della pulsione della parte della Terra la quale, per che poco importa alla nostra dubitazione e perche non1 s'impugna dal Sig. G. hò giudicato bene il tralasciarla. ,,Questo è quello. (Però passo. Queste son le ragioni ch' il Buonamico adduce contro ad Archimede e contro a Seneca. Non so gia con che ragione dica il Sig. G. che il Buonamico non si ècurato d' atterrare i principii d'Archimede e le sue supposizioni ma solo addurre alcuni inconvenienti alla dottrina d'Aristotile, s' egli adduce Aristotile che tutti questi principii d'Archimede haveva atterrati anzi quando egli dice che Archimede vuole gl' elementi superiori si muovessero all' insu dall' elementi più gravi non adduce egli inconvenienti alla natura? essendo manifesto che dalla lor leggerezza si muovono. II che a ragion' potrei bene io dir d'Archimede e del Sig. G. che negli elementi tolgono la leggerezza positiva, e il movimento naturale all' insu, e non dimeno avanti a loro era stato Aristotile ch' altrimenti aveva dimiostrato. Imperciochè Aristotile visse sino alla cenquattordici olimpiade regnando nella grecia Antipatro l’ anno .3660. dalla creation' del mondo ed Archimede visse sino al terzo anno dell' olimpiade .141. essendo consolo Marco Marcello l’anno .3771. con tutto ciò eglino non impugnano i suoi principi che è necessario sien falsi se e falsa la sua dottrina. ,,Però passo. Venendo dunque alla prima ragione, cioè alla repugnanza che l’ acqua sia più grave della terra. la quale senza dubbio alcuno è detta principalmente contro a Seneca, che havendo narrato che in Siria si ritrovava uno stagno dove i mattoni non si possano affondare diceva cio avvenire perche quell' acqua era più grave della terra. Il che il Buonamnico l’ha per inconveniente si come ancora afferma il Sig. G. vedendo noi che l’ acqua divien più grave mescolandosi con la terra. Anzi è inconseguenzia contro d'Archimede, Imperciochè se è vero quello ch' egli suppone che le cose restano di sopra l’ acqua per essere più leggieri che essa non è i miattoni che son' di terra fanno questo effetto adunque la terra galleggia che è più legieri percio può il S. G. assua posta lasciare Ia doctrina d'Archimede come falsissimna. Questa dunque e la maniera di dire questa consequenzia del Buonamico e non quelle del Sig. G. la qual cosa essendo stata detta a certi mia amici e padroni fù riferita al Sig. G. onde egli nella seconda edizione risponde che questo effetto è per suo creder favoloso. e percio non è, non essendo in rerum natura, contro ad Archimede. Il che mi da segno d'uomo forse troppo vago di contradire. Imperciochè se noi non vogliamo credere agl' autori degni di fede, come sono Seneca, Aristotile, Plinio, Solino e altri fa di mestiero che vediamo le cose essere altrimenti e non dire io l’ho per favolose, non sapendo d' esse cosa alcuna. Non direi io gia che l’acqua di quel lago della Siria non sia acqua del comune elemento. Imperciochè se differenza alcuna ci è e solo accidentale, essendo ella più viscosa dell' altre. Sicome l’ acque dei bagni e l’ acqua del mare non si dee dire che non sieno acque del comune elemento, quantunque quelle habbino molte qualità diverse, e questa sia salata e piu grossa. Quale è dunque questo doppio errore del Buonamico poiche dai principi d'Archimede si deduce questa consequenza e Seneca che adduce questa sperienza la dice dell’ acqua del comune elemento, Diciamo dunque che i Mattoni si quietano sopra quel lago della Siria perche non possano superare la continuita di quell' acqua. Impercioche essendo ella bituminosa, e percio viscosa, e tenace viene aver tanta virtù che ella puo sostenere e mattoni in essa gettati. ,,Era la terza difficultà ( quello finalmente. Anzi la Seconda che si fonda sopra due esperienzie del Buonamico cioè che non si puo render la ragione, perche un vaso e un legno quando saranno ripieni d' acqua se ne andranno infondo e quando saranno voti staranno a galla. In rispondendo a questa ragione il Sig. G. niega la prima esperienza e s' io non m' inganno attorto. Inmperciochè, si come dice il Sig. G. si puo di legno, che per sua natura galleggi far barche le quali ripiene d' acqua si sommnergano. Il dire che questo adiviene mediante il peso dei ferramenti di che ella è composta non è in tutto sicuro. Imperciochè il legno è tanto più leggieri dell’ acqua che puo sostenere sopra di essa molto peso, come si dimostra per i foderi quali si servivano gl' antichi incambio di navi per tragettare mercanzie da luogo a luogo, onde io direi che il ferro di che son' composte le barche non potesse cagionare che elleno si profondassino, il che vien confermato da una sperienza d' Cav. degni di fede che nella Germania nel danubio si fanno barche senza ferramenti le quali ripiene d' acqua si profondano. Anzi ho esperimentato io che preso un vaso di legno e messovi dentro tanto piombo che riduca il vaso all' esquilibrio dell' acqua, che egli ripieno d' acqua se ne andra affondo e voto restera a galla, ne si puo replicare che egli sia l’ aria che lo tiene a galla. Impercioche dividendosi detto vaso e a ciascuna parte dandogl' egual porzione di piombo, tutte stanno a galla, onde apparisce che il vaso sta a galla per la sua leggerezza e non per quella dell' aria. Anzi quando la esperieuza del Sig. Buonamico non fusse vera tuttavia il suo argomento resterebbe in vigore. Imperciochè secondo la sentenzia d'Archimede e del Sig. G. l’acqua nell' acqua non gravita, onde non possono render la ragione, onde avvenga che qualche cosa posta nell' acqua ripiena di essa pesi piu che la materia di che ella è composta. Si come si vede pigliandosi due moli di piombo eguali di peso, l’una delle quali assottigliandola se ne faccia un vaso entro al quale si possa racchiudere dell'acqua dico che piu pesa quel vaso che quella materia di che egli è composto. Adunque non è dubbio alcuno che la ragione del Buonamico è verissimia ancorchè la sperienza sia falsa, il che come si è detto non pare. Quanto alla Seconda esperienza del legno ripieno d' acqua che il Sig. G. vuole attribuire al discacciamento che fa l’ acqua del aria che è in quel legno onde quello era leggieri divien grave, Deve avvertire che non solo questo segue di legni assai porosi ma ancora nella quercia che è legnamne molto denso della quale alcuna volta inzuppata va al fondo e asciutta se ne sta a galla, ma quando seguisse dei legni molto porosi non dimeno si deve avvertire che non solo l’aria si parte che di sua natura è leggieri, ma ancora vi resta l’acqua che è grave come si è detto. Adunque il Sig. G. e Archimede, che non concedano che l’acqua graviti non possano render piena ragione di questo accidente. ,,A quello finalmente che viene opposto S' il vento australe. Era la terza ragione del Buonamico, che Aristotile haveva confutato gl' antichi, che volevano, ch' il movimento de gli elementi leggieri al suo luogo si producesse dalla pulsione de i piu gravi, Entro ai quali si comprenda Archimede. Alla qual ragione, il Sig. G. risponde primieramente che gli pare che il Buonamico imponga ad Archimede piu che egli non ha detto e più che da suoi argumenti non si puo dedurre. E non dimeno egli stesso da i principi d'Archimede chiaramente lo deduce, dicendo che l’ eccesso della gravità dell' acqua è cagione che il mobile venga a galla. Il che non è altro se non che gli elementi men gravi son mossi all'insu dagl' elementi piu gravi, verbi grazia l' aria nell' acqua è spinta dalla maggior gravità di essa, e percio si muove all' insu, donde ne seguita ancora ch'egli tolga via la leggerezza positiva, perche s'egli la concedesse, egli cognoscendo la verace cagione ne addurrebbe una falsa, anzi era necessario ch'Archimede la cognoscesse essendo stato piu di .100. anni doppo Aristotile Nel qual tempo fioriva la dottrina peripatetica Adunque se altrimenti fusse, Archimede addurrebbe una cagion' falsa sapendo la vera, la qual cosa non par credibile, onde fa di bisognio, ch' egli cognoscendola, non la tenesse per vera, perilche è manifesto ch'Archimede negava la leggerezza positiva. ,,Se il Vento australe. Mal quando Veggiamo ora ch' il Sig. G. muta i termini per dimostrare che Archimede non negava, ne concedeva la leggerezza positiva se egli osserva quelle regole che in tal cosa si devano osservare egli dunque in vece del movimento alla circonferenza piglia il movimento d'una barcha Incanbio del movimento al centro, il vento australe verso mezzo giorno incanbio della maggior gravità dell'acqua l’ impeto dell' acqua d' un flume, la leggerezza positiva il vento borea, Dicendo che s' uno dicesse se il vento australe feriva la barcha con maggiore impeto che non è la violenza del flume che la trasporta a mezzo giorno, la barcha si movera a tramontana, ma se l'impeto del fiume prevarra a quel del vento il moto suo sara verso mezzo giorno, Il discorso è ottimo e immeritamente sarebbe biasimato, e chi dicesse che malamente s' adducesse per cagion' del movimento della Barca verso mezzo giorno il corso del fiume perche ancora il vento Borea potrebbe questo tale effetto cagionare, non pare ch'intutto si avicinasse al vero. Impercioche colui che produce il corso del fiume come cagione di quel movimento non nega che anchora il vento Borea non potesse produrre questo accidente, Ma non, cosi appunto avviene ad Archimede. Impercioche, e verissimo ch' l’ impeto dell' acqua che il vento Borea possano essere & sono vere cause di quel movimento, Ma non è gia vero che la maggior gravita dell' acqua possa muovere le cose men gravi di essa. E percio, in mutando i termini il Sig. G. non osserva le regole, Impercioche i termini mutati devano havere le medesime condizioni con quei che si mutano. Adunque sendo tutte vere le cagioni del movimento della barcha, e di quelle del movimento in recto che segue nell' acqua alcune vere è alcune false onde non osservando le regole il Sig. G. in questo suo Iungo discorso viene a non provare cosa alcunia, sieno, dunque per questo l’arme del Buonamico non solo contro Platone e gl' altri Antichi ma ancora contro Archimede indrizzate poich ancorca egli da cagione di essere impugnato. ,,Ma quando (Diro solamente. Egli non è dubbio alcuno, che questa difesa del Sig. G. a molti parra scarsa per poter difendere Archimede dagl' argomenti d'Aristotile, Impercioche ancora lui viene impugnato dalle sua ragioni, E percio se il Sig. G. non diffida di poter difendere l’ oppenione degl' antichi, ora è tempo di farlo Ma a mè pare ch' in un momento questa sua confidenza sia svanita, lmpercioche egli doveva soddisfare alle ragioni d'Aristotile che è necessario, che sien false, se è falsa la dottrina da quelle dependente, particularmente se crede ch' alle sue ragioni si possa pienamente soddisfare, forse potrebbe soggiugnere che qui non è necessario, quando, sara dunque, quando tratterà de le sue maraviglie del Cielo dove non è ne gravità ne leggereza ne movimento da quelle dipendente, se ora che si tratta de' movimenti da quelle dependenti non è necessario. E se non voleva fare si lunga digressione niuno ci era che non solo accio lo sforzasse, ma ne ancora a scrivere questo suo discorso, ma poi che si era messo a questa impresa doveva tirarla a fine come si conveniva, onde temo che non si possa dire a lui quello ch' egli pur teste a torto rinfacciava al Buonamico ch' egli faceva di bisogno l’ atterrare i principii d' Aristotile, se egli voleva atterrare la sua dotrina. ,,Dirò solamente (a quello. Segue ora, che consideriamno un solo argumento dcl Sig. Gal., che quasi nuovo Achille hà potuto fugare tutte le ragioni d'Aristotile dal Sig. G. che non per capriccio ma perche la ragione ne lo persuade si parte dalla stua dottrina. Il quale è di tal maniera, che se alcuno de nostri Corpi Elementari havesse naturale inclinazione dal movimento alla circonferenza, egli piu velocemente si moverebbe nell' aria, che nell' acqua, essendo manco resistenza in quella, ch' in questa. Provando ogni giorno che con manco forza si muove una mano per l’aria, che per l’ acqua. Il che quanto egli è vero, tanto e falso, che non si trovi Elemento alcuno, che piu velocemente non si muova nell' aria, che nell' acqua Par bene che altri possa restar con desiderio di sapere, quale esperienza ha potuto accertare il Sig. G. che tutti gl' Elementi si muovono più veloci nell' acqua che nell' aria, se il fuocho che solo de gl' Elementi si muove all' insù nell' aria, nell' acqua non si può ritrovare. E che maraviglia è egli, che molti corpi che noi veggiamo muoversi velocemente nell' acqua come sugheri, e altre cose a predominio aeree pervenuti che son nell' aria non si muovono, se in essa son gravi anzi l’ aria ancora, come si dimostrera, non è pervenuta nel proprio luogho non è grave come prima. Se dunque è impossibile che possiamo esperimentare con questa esperienza se il fuocho nell' acqua, si muova piu velocemente che nell' aria con altra simile si potrà dimostrare il medesimo. Chiara cosa è, che se fusse vero il discorso del Sig. Gal. il fuoco più velocemente si doverebbe muovere nella terra, che nell' aria per essere più leggieri secondo il suo parere in quella, che in questa, la dove noi veggiamo che egli quasi imprigionato nelle caverne della terra si quieta e perciò gl' antichi poeti fisano che i venti stessero riserrati nelle viscere della terra come quei che sono esalazioni calde, e secche che molto al fuocho s'avicinano le quali uscendo delle caverne di essa, nell'aria con gran vemenza si muovano. Adunque se gl' elementi leggieri piu velocemente si muovano ne i mezzi piu rari, che ne i piui densi non fanno, avverrà per l’ argumento del contrario ch' eglino habbino naturale inclinazione a muoversi all' insù. Il che se il fuoco si potesse ritrovar nell' acqua chiarissimamente si vedrebbe. Voglio concedere al Sig. Gal. che le cose ne mezi più rari più velocemente si muovino, avvertendolo se saranno di equal inclinazione. E percio se l’ esalazioni calde, e secche fussino nell' acqua si moverebbono più veloce dell' aria. E similmente si può concedere che l’ esalazioni si muovino piu tardi per l’ aria, che non fa quella per l’ acqua. O li negherei bene la consequenza. Adunque non ci è elemento alcuno che non si muova più veloce nell'aria, che nell'acqua. Impercioche si deve considerare che l’ esalazioni sono un misto di terra e di fuoco, e percio come mistura della terra hanno del grave onde non si possano muovere cosi velocemente, come il fuocho il quale essendo privo d' ogni gravità si muove più velocemente nell' aria, che nell' acqua. Adunque cheuno elemento, il quale per muoversi più veloce ne mezzi più dissipati e piu rari che ne più densi, e più grossi ha una naturale inclinazione al movimento verso la circunferenza, e questa e la leggerezza positiva. ,,A quello (non disprezziamo. Finalmente rispondendo alle conclusion del Buonamico dice quanto a che egli referiva le cagione del movimento dei corpi semplici alla maggiore e minore resistenza del mezzo, che questa resistenza non si ritrova nell' acqua e perciò non puo haver ragion' di causa come egli dimostrerra, il che quando da lui sara dimostrato gli replicheremo abastanza Bastici per adesso che da tutti si concede ch' habbino resistenza. Quanto anche il Buonamico riferiva la cagione del movimento dei corpi composti al predominio de gli elementi risponde che operando gl' elementi in quanto gravi tant' è dire che i misti si muovino per la gravità quanto per il predominio, anzi che quella è la cagione immediata, e questa la causa della causa. Al che potrei fare senza soggiugnere da vantaggio, non essendo detta tal cosa contra ad Archimede ma contro a Seneca. Ma gia ch' il Sig. G. l' ha inpugnata mi è parso conveniente sendo vera il difenderla. Sendo dunque i corpi gravi, e leggieri e semplici è conposti, i primi de quali come si è detto per la lor propia natura anno queste naturali inclinazioni dell' essere gravi e leggieri, e gl' altri per che dei semplici son composti. E per ciò dovendo per fare la dimostrazioni che le prepositioni sieno per se sarà necessario che diciamo che i corpi composti si muovano in recto per che l’ elemento predominante nella lor mistura è grave o leggieri e non per che loro di lor natura sien gravi o leggieri. Onde chi dicesse che l’abeto galleggia perchè e leggieri errerebbe, dovendo dire perche in lui predomina l’ aria, ch' è leggieri. E quindi si scorge quanto è lontano dal vero el Sig. G. volendo, che la gravità sia cagione immediata del muoversi al centro ne i composti. la dove ella non solo non è immiediata ma ne ancora, per se, ma per accidente. E chi non sa che le cagioni devano essere per se? Adunque chi dice il predominio esser cagione del movimento de i composti non solo aporta la causa della causa ma la prossima immediata. Non sapevo già che la dimostrazione per le cause notissime al senso fusse vera e reale. Dovendosi formare la real dimostrazione dalle cause essenziali, che son contrariamente lontane dal senso, che non la nostra cognitione ma riguardano la natura delle cose, che molto dal nostro intendimento s' allontanano che dal senso ha il suo cominciamento. Onde quelle dimostrazione, che dal senso prendano origine non son propie e reali dimostrazioni ma da gl' effetti. Ma se concedessimo ancora questa dottrina del S. G. non so veder come si possa piu agevolmente cognoscere la gravità o la leggerezza de composti, ch’ il predominio. Imperciocche nel medesimo tempo si vede l’inclinazione, il predominio, e questo dal galleggiare e dall’ andare affondo si manifesta. Anzi come dimostrano i dottissimi medici molte son le maniere per cognoscere il predominio de i composti che la gravità, e la leggerezza di essi. Quanto a quel bell' argumento, che segue credo, che niuno sia che non sappia, che due sono le maniere del cognoscere le cose, che sieno in rerum natura, e perche le sieno. II senso è vero cognoscitore del primo quesito, e quando e difettoso, la dimostrazione da gl' effetti. Il secondo per la real dimostrazione che per le cagioni procede si manifesta. Adunque chi per il senso cognosce uno effetto, o per la dimostrazione da gl' effetti questi sa chi egli sia, ma perche egli sia gli è ignoto, e chi per real dimostrazione il cognosce, e l’ uno, e l’ altro quesito gl' è manifesto, e che egli sia, e perche egli sia. E perciò quando un vede un solido galleggiare, egli sa che egli galleggia e sa il primo quesito. Ma quando e sa ch’un solido è a predominio aereo non solo sa che egli galleggia ma ancora perche egli galleggia, ch' è il secondo quesito. E quando l’ argomento non fussi soluto Il che io negierei, il medesimio si puo ritorcere contro al Sig. G. Impercioche nel medesimo modo si cognosce che un composto sia leggieri, che egli sia aereo a prodominio, anzi molte son le maniere di cognoscere il predominio che non sono nel cognoscere la leggerezza. ,,Non disprezziamo (esplicate e stabilite queste cose) Quantunque la sentenzia d' Archimede, non paia intutto e per tutto vera non per questo doviamo biasimarlo anzi si debbe riputare degno d' eterna lode, e se egli non è arrivato all'intera verita sia à scusare, se essendo huomo ha errato. forse egli ha dato cagione a Tolommeo ò ad altri di ritrovar l’ intera verita accettiamo dunque da lui che se i corpi semplici saranno piu gravi dell' acqua, eglino si profonderanno in essa, e dell'altre sentenzie possiamo prender le conclusioni e lasciar da parte le sue cause e pigliare quelle d' Aristotile. ,,Explicate e stabilite, queste cose. Gia si e dimostrato in che maniera sien vere e false le cose explicate e stabilite dal Sig. G. ci resta adesso a considerare qullo ch'egli dice intorno alla figura, nel quale discorso egli forma questa universal' proposizion' negativa, che la diversità della figura data a questo o quel solido non puo essere cagione in modo alcuno dell' andare egli o non andare affondo puo bene l'asperienzza della figura ritardare il movimento, tanto nello scendere, quanto nel salire, ma non puo gia quietare mobile alcuno sopra dell' acqua. La quale universal' proposizione essere falsa, non una sperienza come dice il Sig. G dell' assicella del ebano, e della palla, ma mill' altre ancora lo dimostrano, come delle piastre del ferro, del piombo, del talco e finalmente di qual si voglia cosa grave e solida onde a ragione e suoi avversari confirmati con l'autorità d'Aristotile gli contradicano. Quanto alla seconda proposizione desidererei, che il Sig. G. mi assegnasse la cagione donde avenga, che le figure larghe ritardano il movimento in recto e le strette lo fanno veloce, se come egli dice, l’ acqua, e l’ aria non hanno resistenza * e percio la ragione di questo ploblema adotta d'Aristotile va per terra. Doveva il Sig. G. renderne la cagione e non contradicendo impugnar quella d'Aristotile e di poi lasciarsi sulle secce di barberia, gia che secondo si dice, egli solo e quello che intende le cagioni delle cose e chi non l’ intende come egli fa è uno ignorante. ,,Questo è il punto principale (Preparato una tal materia. Havendo sino a ora dimostrato che del movimento al centro nell' acqua ne è veramente cagione la gravità, e che del movimento alla circunferenza non la minor gravita dei mobili, ma la propia e natural leggerezza, segue la considerazione delle eseguite sperienze del Sig. G. intorno a quello operi la figura nei gia detti movimenti. E concedendogli, che sia necessario, per far queste esperienze, pigliare materia non solo diversa, di gravita in spezie, che come si è detto cagiona diversita di movimento ma ne ancora diversa di numero che altera solo la velocita di esso, onde non si potra dubitare, che la maggiore, o minore inclinazione sia causa di quiete, o di diverso movimento, ma fara di mestiero venga da qualch' altra cagione, onde si puo scerre una materia che ora si riduca in figura piana e ora in rotonda. Ma non è gia conveniente il pigliare materia in gravita simile all' acqua, come dice il Sig. G. Impercioche sempre si potra dubitare, se quel mobile sopra nuoti per sua natural leggerezza, o per la figura, Il perche è necessario pigliar materia gravissima e che di sua natura sia molto atta a muoversi al centro, massimo volendo il Sig. G. impugnare Aristotile, ch' in simil materie, dice haver fatta la sperienza, conciossia che se si piglia la cera, Aristotile si potrà sempre ritirare, e adurne nella cera altra cagione. Adunque non par che sia convenevole il pigliare la cera per fare tale esperieniza ma si bene il ferro, e il piombo, o altra simil materia. ,,Preparata una tal materia (Parmi di senti. Ma perche il Sig. G. vegga che non siamo fastidiosi, piglisi una palla di cera mescolata con limatura di piombo, e ridottola tanto grave che agiuntole un sol grano di piombo rimanga infondo, e detrattolo venga a galla, dico che se bene questa simil materia ridotta in figura piana, o rotonda e postola nel fondo dell' acqua con quel grano di piombo rimarra in quello e ditrattolo verra a galla. Non dimeno che questa esperienza non prova cosa alcuna, Impercioche si puo dare in altre cose dove la figura operi e percio non bisognia da un particulare argumentare all' universale. Ma perche la figura non quieti le falde della cera nel fondo dell' acqua, si come ella fa nella superficie di essa, si dirà apresso. ll dubitare del Sig. G. non monta niente. Impercioche se egli ha già preso materia che è piu grave dell' acqua, cioè la cera mescolata col piombo, che va in quella al fondo non si potra opporre dagl' avversari se non che essendo la cera poco più grave dell' acqua come si è detto sempre si potra dubbiare se la figura o la leggerezza sia cagione di quello aceidente. & percio e ben vero che egli fa di mestiero l’ eleggere materia piu grave dell' acqua, onde le cose leggieri non sono acte a dimostrare questa espenienza, Perloche non hanno operato fuor di ragione nello scegliere l’ ebano se non perche si può sempre in quello dar cagion di sofisticare e cavillare a coloro che stanno in su la parata, con dire, che egli sia piu denso in luogho, ch’ in un' altro, e percio piu grave, Ma notisi che sendo l’ebano d' una medesima spezie di gravita, non puo cagionare diversità di movimento o di quiete ma di velocitA di movimento, e percio tutte queste cavillazioni vanno a terra. Dico dunque che pigliando l’hebano e riducendolo in figura piana e in rotonda, che la piana restera a galla, e la rotonda, se ne andra al fondo, e per tor via tutte le soffisticherie piglisi una quantita di piombo, e riducasi ora in figura piana ora in ritonda, quando sara piana galleggerat, o quando rotonda si movera al centro, e il simile avviene nella cera del Sig. G. Impercioche pigliata una quantità di cera che in figura rotonda solo un grano di piombo possa fare affondare, dico che redottola in figura piana, neancho trenta grani di piombo la faranno muovere al centro. le quali esperienze non solo hanno tanto del proaabile e del verisimile, ma del vero e del certo che par maraviglia agl' huomini intendenti che il Sig. G. habbia ardire di negarle, Tutta volta veggiamio se mancono di fallacia. ,,Cominciando dunque ad esaminare (Ma procediamo piu avanti. Quanto a quello, che il Sig. G. dice, ch' il suo parere non è di collocare le figure fuora della materia sensibile, e che egli non le vuol collocare in materia dove non possono operare, come se alcuno volesse tagliare una quercia con una scure di cera, sta bene e siam daccordo. ma non c' accordiam gia, che un coltello di cera nel tagliare il latte rappreso sia egualmente più atto a cognoscere quello che operino gl' angoli acuti, ch’ un coltel di ferro. Impercioche se bene il latte si taglera dall’ uno e dall’ altro non dimeno piu velocemiente si tagliera col coltello d' acciaio che con quel di cera. Dell' elezion della materia non pare che suoi avversari gli possino opporre altro se non del dubbio che si e detto, e che eglino habbino eletto più atta materia ch’ il Sig. G. si come più atto è a tagliare il latte un coltello di acciaio damaschino che un di cera, quantunque l’uno e l’altro lo tagli. ,,Ma procediamo piu avanti) Egli non è dubbio che se fussi vero che l’ acqua non havesse resistenza alla divisione, non occorrerebbe scer materia che fusse atta a dividerla, e percio ogni diligenza sarebbe superflua, onde tutti i corpi quantunque leggieri sarebbano a tal esperienza accomodati, Ma havendo all' incontro resistenza alla divisione e necessario il ricercare materia atta ad operare a simile azione, Perloche dimostri il Sig. G. che l’acqua non habbi resistenza e non ci occorrera si gran dicerie Ma notisi che l’esempio del fumo o della nebbia che egualmente si tagli col coltello di foglio come con quel di ferro è falso. Impercioche piu velocemente con quel di ferro si dividera, E se in tal cosa Aristotile lo dimostrerra il fine, fra tanto egli potra dimostrare quei tanti luoghi dove Aristotile afferma cosa contro la sperienza e contro al senso. ,,Torno dunque ad affermare (Ma seguitiam di far manifesto. Non bisogna ch’il Sig. G. torni a dire, l’acqua non haver resistenza ma prima bisogna provarlo, altrimenti niente montera il suo ragionamento, e perciò avvertisca che non tutte le materie sono atte a dimostrare quello di che si tratta. Il dire che l’assicelle dell' ebano e le piastre di piombo sieno sotto l’acqua e una vanità e come di sotto proverremo, se pero il S. G. non volesse dire che elleno sono sotto il livello d' arginetti dell' acqua che ritrova intorno intorno all' assicella. Impercioche l'assicella dell' ebano e le piastre dell' oro abbassano tanto la superficie dell' acqua, quanto comporta la lor gravità ma non la dividano perche sendo divisa elleno subito se n' andrebbano in fondo. ,,Ma seguitian di far manifesto) Non per questo si quietano. Deve il Sig. G. prima cominciare a far manifesto, che l’acqua non habbia resistenza e poi seguitare non havendo mai cominciato. Quanto alla esperienza che da lui si produce con che egli vuol provare un problema dal quale depende quasi tutta la filosofia, non pare che concluda cosa alcuna. Impercioche non è la figura piramidale la quale e cagione per accidente della quiete accidentale de mobili posti nell'acqua. Onde ella tanto si profonderà per la basa quanto per la punta conciosia che peresa una piramide di legno d'abeto insino a tanto per la punta e per la basa si profondera, quanto la leggerezza della piramide e la resistenza dell’ acqua possino contrappesare il terreo, ch' in quel legno si trova. Quantunque ci sara diferenza mediante la figura che messa per punta si movera più veloce sino a quel termine, e per base piu tarda. Impercioche piu agevolmente fende la resistenza la figura acuta, che l’ottusa. Ma chi vuol far la sperienza bisogna fare d'uno istesso legno una piramide, e una figura piana e sottile, e chiaramente si vedra che la figura piramidale se ne andra per gran parte infondo, e la figura piana restera quasi tutta sopra l’acqua, e se il Sig. G. mi replicasse che la figura piana galleggia per la sua natural leggerezza, e non per la figura gli direi che pigliasse del piombo incambio del legno, dove non è leggerezza alcuna, e vedra che una piramide di esso se ne andra tutta in fondo e un piano galleggerà. Il simile si può dire de' cilindri che non essendo figure atte a far sopranotare non si possono addurre per prova, ma solo le figure pianecagionano questo effetto, segue bene, come habbiam detto ch'il cilindro lungo e sottile si movera più velocemente sino al suo natural luogo e il largo più tardi. Adunque sara vero che la larghezza della figura piu largha apporta dificulta, e la stretta agevolezza nel movimento onde si puo ridurre a tanta ampiezza che cagioni la quiete accidentale. Ma noti il Sig. G. che a voler provare per induzione una proposizione universale bisogna pigliare tutti i particolari sotto di essa contenuti e non come egli fa due o 3. Impercioche quantunque la figura piramidale e la cilindrica non cagioni la quiete, non per questo si puo dire che niuna figura la cagioni, ma bisogna ancora che la quadrangolo, il triangolo, e il piano non lo cagioni. Adunque se la figura piana è causa della quiete accidentale sara falsa l’ universal proposizione. Quanto alla seconda esperienza che presa una quantita di cera che con la limatura del ferro sia ridotta molto piu grave dell'acqua posta nel fondo di essa sarà sollevata a capello tanto essendo in una piastra quanto in una palla. Il che non pare al tutto vero. Imperciocche come si è detto la Palla sara sollevata piu presto e la piastra piu adagio. Ma si ben fusse vero, non è prova a bastanza, Impercioche quantunque la figura piana sott'acqua non produca la quiete non per questo seguira che sempre ella non la produca, perche ella la produce fuor dell'acqua, la qual cosa donde ad'venga diremo poco apresso. ,,Non per questo si quietano gli avversari (e prima e falso. Veggasi se per questo si debbono quietare e vostri avversari, che come si è manifestato pare essere in tutto e per tutto falso. E quando fusse vero: non percio si doverebbono quietare. Impercioche, un particolar solo, è quel che rende falsa l’universal negativa. Havendo dunque l’assicella dell' ebano che galleggia aranno dimostrato con ogni pienezza il parere del Sig. G. esser falso e se egli dimostrerà che questa esperienza non concluda si potra cominciare a credergli qual che cosa. Vadia adagio il Sig. G. a dire ch’ egli è falso che la tavoletta stia a galla, e la palla no. Impercioche se vogliamo stare ancora sulla forza delle parole pare che egli habbia il torto. Perche essere nell' acqua, & esser locato per entro l’acqua non è una cosa medesima, Conciosia che poi nell' acqua significhò sopra dell’ acqua e non dentro, di essa, se Sig. Accademici della Crusca dicano il vero nel lor Vocabolario, dicendo ch’il medesimo significa la dizione in che nel che la dizone in signfica sopra secondo il boccaccio nella novella di Nicostrato [sarebbe meglio dar con ella in capo a Nicostrato, anzi il medesimo Boccaccio Vero esemplare della favella florentina, si servi della dizione nel per sopra dicendo nella novella di Tofano, la pietra cadendo nell'acqua fece grandissimo romore. Ma a dire che esser nell' acqua denoti esser locato dentro l’acqua, non è inconveniente. Impercioche * il luogo è comune e propio secondo Aristotile e per cio quando si dice la tavoletta essere nell' acqua, si piglia il luogo comunemente nella nostra favella, dicendosi una nave essere nell' acqua, una torre e simile, quantunque elleno non sieno locate sotto la superficie di essa. Quanto alle sue aggiunte poco importano, Impercioche in due o in tre luoghi afferma questa universal proposizione che la figura in alcun modo non opera all' andare o non andare affondo & ora si vuol ristrignere alle figure, poste per entro l’acqua. ,,Notisi appresso (Anzi dirò più. Egli non è dubbio, che bagnando l’assicella, e la palla, amendue se ne andranno al fondo, con questa differenza, che la palla più presto se ne andra e l’assicella piu adagio. E che quelle assicelle che lentamente per entro l’acqua si muovano, nella superficie di essa ancora si quietano per accidente. Adunque la medesima figura è or cagione di quiete è or di tardità di movimento. Il che dal Sig. G. si reputa per inconveniente se bene non pare che rettamente. Imperciochè quantunque ogni figura habbia una tardità sua propia, con la quale ella si muove, e che ogni tardità minore o maggiore sia impropia alla sua natura. Tutta via come dice il Sig. G. se ci s' agiugne qual che altro impedimento, ella potra molto bene cagionare non solo movimento piu lento ma ancora una quiete accidentale. Non per questo doviam dire che sia altra cosa diversa dalla figura, ma si bene che la figura agiunta alla difficil diversione del continuo. E per cio dicasi che non solo della tardità e velocità sia la figura largha e raccolta ma ancora che la figura largha che se ben a dimensa larghezza si ritrova immensa tardità tutta via perche alla figura s' agiugne la virtù del continuo, percio che ella possa cagionare la quiete per accidente. Io non voglio tacere (Anzi diro più Considerando la nuova esperienza del Sig. G. non a lui par concludente, tanta a noi pare priva di conclusione. Imperciochè quando si possa dedurre assai da essa, si deduce che la figura largha non habbia che fare col quietare le cose per entro l’acqua, ma non gia sopra l’acqua. Il che da Aristotile è stato dimostrato dicendo che le falde del ferro e del piombo galleggiano sopra dell’acqua, e non che l’assicella del noce restino nel fondo di essa. E se mi si replicasse che è la medesima ragione nella assicella del noce quando si ritrova nel fondo dell' acqua, che delle falde del ferro quando sopra di quella, anzi molto maggiore Conciosia che è manco l’inclinazione dell’ assicella di noce al movimento all' insu, che quella delle falde del ferro a quello all' ingiù, E Ii replicherei che, come si e detto piu volte non è solo la figura che cagiona la quiete accidentale sopra dell' acqua. Ma ci è ancora la virtù del continuo, la quale non si ritrova nel fondo dell' acqua come di sotto si dirà. E se bene nel fondo dell acqua si ritrova una resistenza non dimeno non si ritrovando l’altra non si puo dalla figura cagionar la quiete, ma si bene Ia tardita del movimento. Il medesimo ch si è detto di questa sperienza si puo dire dell' oro ò di qual si voglia altra cosa. Adunque la figura insieme con la resistenza è cagione della quiete delle cose gravi nell' acqua Anzi non si puo dire che la sia la contraria cagione del profondarsi, Imperciochè ne naturali elementi e ne composti di quelli la medesima cagione, è quella, che causa ora movimento e ora quiete, come la gravità nella terra cagiona quiete e moviniento cosi la leggerezza nel fuoco. Adunque non si puo dire che se le falde del ferro si muovano naturalmente al centro dell acqua per la gravità dalla leggerezza nella superficie di essa sopra nuotino. Adunque in questo si deve avvertire che lo stare naturalmente a galla e l’andare al fondo in un medesimo oggetto non sono effetti contrari, onde non aviene che degl' accidenti contrarii contrarie devano essere le cagioni. Imperciochè i movimenti veramente son contrarii ai movimenti come quello al centro è contrario a quello ch' è alla circunferenza. Ma non e già il movimento contrario alla quiete, ma son contrarii secondo la privazione, o vero come a molti piace la quiete è contraria al movimento per una certa maniera di mezzo fra la contrarieta e la privazione. Ma non per questo ogni quiete è contraria ad ogni movimento. Ma solo la quiete che e fuor di natura al movimento naturale verbi grazia al movimento all' ingiu non è contraria la quiete nel centro ma la quiete nella circunferenza. Impercio che la quiete nel centro è perfezione del movimento adunque non può essere contraria Ma la quiete nella circunferenza e imperfezzione di esso onde adviene ch' ella sia contraria nella maniera che si è già detto. Adunque quando il S. G. diceva che de gli accidenti contrari contrarie devono essere le cagioni e per cio che la quiete dell'assicella del ebano nella superficie dell' acqua sia contraria al movimento di essa al centro, ora io gli dico se egli intende che la quiete dell' assicella sia naturale o fuor di natura, se è naturale e il movimento all'ingiu è naturale adunque non vi sara tra di loro contrarietà, se contr' a natura adunque quella quiete non puo venire dalla leggerezza. Impercioche ogni quiete dependente dalla leggerezza naturale. Bisogna dunque dire secondo la sua oppinione che l’assicella per essere un corpo unito con l’aria e per tal ragione leggieri che egli si quieti nella superficie dell’ acqua, e quando se gli levava via l’aria divengha grave e per cio per l’acqua si muova al centro. Ma consideriamo s' egli è vero che la leggerezza sia cagione che le piastre del ferro galleggin' sopra dell’acqua come il S. G. dice. ,,Ora tornisi a prendere ) ma se ella. Piglisi pure la sottil falda del oro, del piombo, e di qualsivoglia materia, riguardisi gl' effetti, che ne seguano mentre leggiermente si posa sopra l’acqua, si che ella sopranuoti. Quindi si vedra agevolmente quanto è soldo il detto di. Aristotile e debole quel del Sig. G. perche non solo apparisce, che la falda del oro non habbia penetrata la superficie all' acqua, Ma che non ha ancora intaccata la superficie di essa, e solo l’ha costipandola con la sua gravità abassata e fatta quella poca di cavità, non altrimenti che si vegga operare qualche peso assai notabile posato sopra la tela di un letto avvento. il quale anchorche abassi la tela e vi faccia una gran cavita, entro la quale, egli si nasconde, non dimeno egli non ha divisa la tela, anzi sino a che egli non l’ha divisa in tutto e per tutto, egli non si muove. Il dire che egli si ritrova sotto la superficie del panno non par cosa conveniente, se bene egli aparisce sotto la superficie di quello ma veramente non è. Quanto alla figura, ella non mostra altro, se non che l’assicella ha piegato tanto la superficie dell' acqua, che ella resta sotto il livello de gl' orli di detta superficie come si e detto or veggasi, che la assicella dell’Ebano non va al fondo, perche ella non ha rotto la superficie dell’ acqua. Onde è falso che ella non si profondi perche l'aria che ella si tira dietro per lo contatto aderente la faccia divenire leggieri impercio non essendo piu semplice ebano, o piombo, ma un composto di tanto piombo, e aria che l’aria essendo leggieri contrapesi il grave di esso. E questo per molte ragione e prima * per che gl' elementi che per contatto aderente traggano gl' aderenti sono l’acqua, e l’aria. Impercioche l’ acqua tira l’aria, e l’aria l’acqua, in consequenza segue ancora qualche volta il medesimo fra le cose acque e l’aere. E quindi aviene che l’acqua agevolmente si tira di qual si voglia luogho bassissimo con quelle trombette di vetro mediante l’aria che l’unisce a quella. Il simile avien delle coppette dai medici usate e dei cornetti da trarre sangue. Il che segue perche essendo questi due Elementi simili nella humidità, la quale facilmente s' unisce, vengano tra di loro a confondere le superficie e di due quasi far ne una, inpercio vengono a muoversi al movimento altrui. Il che non puo seguire nella terra per non havere ella qualita simile all' aria, e all' acqua e particularmente l’humidità la onde le superficie non si possano unire e percio non si puo tirare ne dall'acqua ne dalla terra essendo ella ancora di sua natura grave assolutamente. Si potrebbe dubbiare della polvere, la quale si tira con gli schizatoi onde si potrebbe credere ch' ancora la terra con questo instrumento si potesse attrarre. Al che si risponde che non è semplicemente la polvere ma quella mescolata con l' aria, anzi tirandosi l’aria ne viene ancora la polvere a quella unita per esser la polvere leggieri per accidente rispetto alla terra, onde quella nell'acqua e nell'aria galleggia come diremo. Adunque non è possibile che la terra e le cose terree attraghino l'aria, e che quella si possa di maniera unire con esse che se ne faccia di due superficie quasi una sola non ci essendo la umidita comune, che cagiona tale accidente. Avien bene che l’ assicelle del’ Ebano facendo mediante la gravita quel poco di avvallamento nell' acqua, che l'aria come grave, e per levare il vacuo, tanto dalla natura odiato scende a riempier quel luogho, Adunque e solo ebano quello, che si pone nell'acqua, e non un composto d' Ebano e d' aria. Il che proveremo pocho appresso con la esperienza propia del Sig. G. bagnando l’ assicella dell'Ebano, fra tanto passando in brieve le debole opposizioni ch' il Sig. G. si fa contro, con dire che bagnandosi l'assicella del’ Ebano divien piu grave che prima non era inpercio se ne va al fondo, conciosia che come egli dice per esperienza si vede che messe sopra l'assicella molte gocciole d'acqua purche non si congiungino con l'altra, le quali eccedino di gran lunga quelle con che si bagna l'assicella, non per questo la fanno profondare, Adunque l' assicella bagnata non se ne va al fondo per la gravità aggiuntale Ma si bene per altra cagione come poco appresso diremo. Onde aviene che trattandosi di quello operi la figura si deve desiderare che i solidi non si pongino nell'acqua bangnati ne io domando che si faccia altro della assicella che della palla. Anzi volendo il Sig. G. impugnare Aristotile fa di mestiero che egli le ponga nell'acqua senza bagnarle havendo cosi esperimentato Aristotile. ,,II dire che l' acqua habbia gravità.) Questa dubitazione se l' acqua sia grave o no, è stata agitata da gravissimi autori, e da essi diversamente si decide. Onde il correre a furia a dire, ch' egli è falsissimo che l’ acqua nel propio luogo sia grave non pare che egli sia molto conveniente * Imperciochè Aristotile fu di parere che l’ acqua e l’ aria nel propio luogo fussero gravi e questo per diverse ragioni Primieramente per che noi veggiamo che levata parte dell' acqua sopra la quale soprastia l' aria ella naturalmente se ne scorre a riempiere quel luogo movendosi al centro, il simile fa l’ acqua levata la terra. Adunque se eglino essendo nel propio luogho si muovano al centro sarà necessario ch'eglino sien gravi. E chi replicasse che alcuna volta ancora l’ acqua per riempiere il vacuo si muove all' insu deve avertire che cio non avviene se non con violenzia per attrazione come si e detto. Secondariamente perche noi veggiamo che l’ acqua agiungne gravita alle cose che si pongano all'acqua. Il che chiarissimamente si vede pigliando due moli eguali di piombo, l’una delle quali si assottigli assai e si riduca si che per entro essa si possa racchiudere alquanta porzione d' acqua; dico, che librandosi nell' acqua pesa più quello dove è l'acqua, che l’ altro. Il simile avien nell' aria dove i palloni pesano piu quando sono gonfiati che sconfiati non fanno. La quale esperienza se bene da molti è posta in dubbio non dimieno è vera. Il contrario parere hebbe Tolomeo a cui s' agiungne Temistio e forse Simplicio. I quali disserono che l’acqua e l’aria nel propio luogho non era ne grave ne leggieri e non senza molte ragioni. Imperciocchè non pare che l’acqua a coloro, che per entro essa si ritrovano, aporti gravita alcuna, quantunque in grandissirni pelaghi si profondino. A questo s' agiugne che secondo Tolommeo non solo gl' otri gonfiati son piu gravi, ma piu leggieri e secondo Simplicio almeno egualmente gravi. E temistio diceva se dunque l’aria, e l’acqua nel proprio luogo son gravi seguira che eglino in quello si muovino, onde non si quietino in essa naturalmente imperciocchè la propietà della gravita e del muoversi al centro. La dove eglino in quello si devano quietare. Onde concludevano che l’aria, e l’acqua nel proprio luogo non fussino gravi ne leggieri. La quale opinione pare che vengha atterrata dalle esperienze di Aristotile & io crederei che la sentenzia di esso fusse la cura. La quale è stata difesa da Averroe contro Temistio in tal maniera, ch' egli si penso che Aristotile se bene dice che l’ aria, e l’ acqua è grave non dimeno non escludesse da quella la leggerezza ma che in essa fusse più forte e piu gagliarda fusse la gravita che la leggerezza. La qual opinione al mio parere non pare, che sia al tutto vera essendo contro al testo di Aristotile che dice che l’aria e l’acqua son gravi nel proprio luogho, e non alquanto più grave che leggieri, anzi in altro luogho afferma che l’ aria è in potenzia grave e leggieri. La dove ora dice ch' è grave in atto, e che cosi adoperano con esperienza dimostra. Onde par conveniente che dichiamo l’opinione di Aristotile essere stata che l’acqua e l’aria nel proprio luogo sieno gravi. Si debbe bene avvertire, che la gravità altra assoluta e altra respettiva, e che non è dubbio che l’assoluta se bene in tutti i luoghi de gl' altri elementi è cagione del movimento al centro, non dimeno nel proprio luogho è cagione di quiete, onde non è fuor di natura che la gravità cagioni in diversi luoghi or movimento è or quiete E perciò nella sua difinizione due differentie si pongano, dicendo la gravità assoluta esser quella che in tutti i luoghi è causa di movimento al centro e sotto tutte l’altre gravitadi si ritrova. La prima delle quali denota il movimento, e l’altra la quiete. E le cose gravi di gravita respettiva or son gravi & or leggieri secondo i luoghi dove si ritrovano ver. grazia, l’acqua è grave nel luogo dell’ aria è divien leggieri in quello della terra Al produrre di questi contrarii accidenti fa di mestiero che si cammini per il mezzo e percio quella gravità dell' acqua, che ella ha nel luogo dell’ aria cagiona il movimento al centro a poco a poco si diminuisce si che quando si conduce al luogo proprio ella non più cagiona movimento ma induce quiete e poco sotto non solo mantiene la gravità ma ne divien leggieri altrimenti seguirebbe che gl' elementi di mezzo non havesserono cagione per la quale si quietassero nel lor luogo. Imperciocchè noi diciamo che la terra si quietà nel centro per la gravità, e che il fuocho nella circunferenza per la leggerezza: se adunque l’aria e l’acqua non son gravi ne leggieri per che cagione nel proprio luogo si quieteranno? Si potrebbe ben dubitare per che cagione l’acqua e l’aria dovessino essere nel lor luogo piu gravi, che leggieri e perche più per la gravità, che per la leggerezza si dovessero quietare in quelli massimo l’aria che pare che partecipe piu del leggieri che del grave essendo più congiunta col fuoco che con la terra, e nondimeno aparisce il contrario. Al qual problema rispose il Buonamici, dicendo che in tutte le cose composte di materia e di forma, hanno due contrari desideri l’uno dalla forma che è di desiderare l’ottimo, e l’altra dalla materia che 'I desiderio pessimo * e che la gravita conrisponde ella materia e la leggerezza alla forma. E percio dominando per lo più ne i composti la materia, che la forma, quindi aviene che gl' elementi mezzani sono nel propio luogo gravi e non leggieri. Alla qual sentenzia quantunque io sotto scriva non dimeno mi pare che altra cagione render se ne possa. E questa è che dovendesi dalla natura mediante la gravita porne il centre all' universo, gli fu mestieri non solo servirsi di quella della terra, che come assoluta è principal cagione della quiete di essa nel centro, ma ancora volse che l’ acqua e l’aria participassino nel propio luogo della gravità quasi ausiliatrici di quello effetto. Si potrebbe ancora dire, che la gravita fusse stata conceduta all' aria per comodo de mortali. Imperciochè, se ella non fusse di tal maniera sarebbe più sottoposta ai venti, alle Tempeste e à simili altri imfortuni e percio molto incomoda a gl' huomini. Dichiamo dunque * che I'acqua e l’aria nel lor propio luogo sieno gravi ma non della medesima gravita, che elleno hanno, quando sono fuori di esso * e che in esso eglino sono gravi e leggieri in potenza non altrimenti che sia il color verde che al nero e albio puo ridursi * E fu ora del propio luogo sieno gravi e leggieri in atto gravi quando si ritrovano in quelli che gli stanno sotto, leggieri di quelli a' quali eglino sopra stanno, se pero non sono impediti. Il che essendo verissimo credo sara agevol' cosa il rispondere a contrarii argumenti di Tolommeo e di Temistio. E dalla prima esperienza incominciando dico che se e vero che coloro che si tuffano sotto l’acqua non sentino gravità, La qual cosa apparisce il contrario vedendosi che coloro che si tuffano quando tornano sopra dell' acqua sono sgravati da una certa grandissimia molestia quasi che dalla gravità dell’ acqua eglino vengino aggravati, non nego gia che questo accidente non possa essere cagionato dagli spiriti ritenuti. E percio par che si possa dire con Simplicio, che quelli che si tuffano nell' acqua non sentino la gravità perche le parte di essa fra di loro si sostenghino, non altrimenti che noi veggiamo fare a coloro che aprendo un muro si mettano dentro di esso i quali non sentano la gravità perchè le parte di quello si reggano fra di loro. E quindi aviene ch' una asse pesa manco ritta che a diacere e lavesse piu nuove che vicchie, e particularmente trattandosi di quelle di drappi d oro. Ma mi credo io che se uno si mettesse in sulla superficie della terra e si facesse infondere sopra venti o venticinque barili d' acqua, si che ella dovesse reggersi sopra di lui al certo che sentirebbe grandissimo peso. La qual cosa sensibilmente apparisce dalle conserve dell' acqua fatte ad uso di anaffiare gl' orti le quali quanto più son piene tanto più gli zampilli di esse saggono verso il Cielo, verbi grazia se nella conserva sarà un braccio d' acqua pongiamo che gli detti zampilli salghino un braccio, quando ve ne sara quattro saranno due braccia. Il che avviene perche l’ acqua gravitando sopra l’ acqua viene con simil forza a spingnere l’ acqua che esce di detta conserva. Al che si agiugne che l’ acqua da nel suo luogo ha da natura di non gravitar molto si come al Buonamico è piaciuto. Alla contraria esperienza del otri o de palloni gonfiati ho sperimentato io essere si come dice Aristotile e quando non fusse si deve avvertire come dice Averroe non per questo esser falsa la sentenzia d' Aristotile fondandosi ella sopra altre esperienze. Alla terza difficultà mossa da temistio, si deve distinguere, che altra è la gravità dell' acqua e dell’ aria nel propio luogo, che fuori di esso, e quindi aviene che nel propio luogo genera quiete e fuor di esso genera movimento onde non segue è grave adunque nel lor luogho si doverra movere al centro, essendo in esso si quieteranno per accidente. Imperciocchè la gravità non solo è atta a produrre ne luoghi stranieri movimanto. Ma ne proprii quiete anzi la gravità respettiva pu cio ottimamente adoperare. Imperciocchè cangiando luoghi ancora il suo subbietto si cangia di grave in leggieri, e per cio viene ad haver gradi di gravità non si passando da uno estremo ad uno altro senza mezzo. Adunque vegga il Sig. G. quanto sia falsissimo il parere di Aristotile quanto alle sue dubitazioni alla prima si potra rispondere quello si è detto alla difficultà di Temistio. Alla esperienza de l’alzare qualche peso piu agevolmente nell' acqua che fuori cio mi torna il medesimio solo ci ho saputo congnoscere diferenzia, quando una cosa si deve profondare nell' acqua, dove apparisce che piu malagevolmente si profonda in essa che inellaria. E questo adiviene per la maggior resistenza di essa. Ora io non solo vi reprichero che l’acqua aggiunga gravità alle cose che sono mezzo in aria e mezzo in acqua, ma ancora che sono per entro a quella, come già ho detto. E se il Sig. Gal. vuol vedere che un vaso di piombo ripieno d' acqua pesa più che non fa il piombo di che egli è composto per levar via ogni suo refugio e ogni sua parata pigli due moli eguali di piombo, e di una di esse ne faccia fare un vaso, è l’ altra si rimanga nel primo stato e vedra che ripieno il vaso d' acqua, nell'acqua pesera piu che ‘l piombo, come habbiam' detto. Non credo già io che un vaso di rame galieggi perche l'aria inclusa lo renda piu leggieri dell' acqua e percio egli sene stia sopra l’ acqua ma per la figura, potrobbe ben cio adoperare caso che l’aria fussi racchiusa e riserrata dentro al vaso con qualche coperchio di modo che nel profondare il vaso ella facessi forza per non essere nel proprio luogo e per essere leggieri e como si è detto, e finalmente per dimostrare che l’assicelle che si pongano nell' acqua sono puro, e naturale ebano, e non un composto di ebano e di aria, si che l’ aria possa contrapesare il grave dell’ ebano piglisi il rimedio del Sig. G. bagnisi l’ assicella dell’ ebano quasi tutta, e solo vi si lasci una quanitità di aria quanto unr corda intorno intorno e si vedra che ella a ogni inodo galleggia, e notisi che la medesima aria servira a una assicella d' un sesto quanto a una di dieci braccia, Onde chiarissimamente si vede non essere l’ aria che fa galleggiare l’ assiceila. Anzi l’ oro ch’ al parere. del S. Galileo è più grave venti volte, che l’ acqua, con la medesima aria è sollevato a capello che quando non è bagnato. Adunque è falso che l’ aria aderente sia quella che cagioni il galleggiare, essendo impossibile, che di quella che rimane come si è detto col l'oro se ne possa fare un composto più leggieri dell’ acqua. E se nostri avversari da principio non si curavano che l’ assicella non si bagnassi questo non ha che fare con Aristotile e se eglino dicevano che il ghiaccio galleggia per la figura pensinci loro, solo diro che non so perche non possa essere che il ghiaccio non si possa dare con la superficie asciutta e inaridita massimo nel tempo dell’ inverno. ,,Potrebbe per avventura.) Forse alcuni. Per qual cagione non si possa bangniare tutta l’ assiceila ma sia necessario il lasciare intorno intorno quelli orli senza bagnarli direino poco appresso fra tanto concediamo al Sig. G. che il desiderio di riunirsi che hanno le parti di sopra, non sia cagione che l’ assicelle bagnate si profondino nell' aqqua. ,,Forse alcuni di quei. (Io per sodisfare Non solo i suoi Aversari ma chi niente sarà esercitato nel ricercar le cagioni delle cose si maraviglierà che ‘l Sig. G. voglia attribuire allaria superiore quasi una virtùl calamitica, con la quale ella possa sostenere le piastre di ferro, doro, o di qualsivoglia materia grave. Impercio che fra la calamità e il ferro è una certa natural simpatia dependente dalla mistione dell’ uno e dell' altro, la quale puo cagionare fra di loro quella attrazione. Si come noi veggiamo che piu agevolmente huomo si muovi ad amare uno ch' un altro, anzi moite volte a odiar senza cagione alcuno e senza cagione ad amare altri ma qual simpatia puo essere fra l’aria e la terra se son composti questi dua elementi di qualità contrarie? Questi è seco e quello è umido questi participa del calore, e quello della frigidità, forse se alcuno di loro fusse viscoso e tenace si potrebbe dire che fra di loro si unissero per quella viscosita. Ma ne anco questa cagoione nell' aria e nella terra si ritrova. finalmiente se fussi possibile che la superfice dell' aria si unisse con quella della terra e delle cose terree, si come fa l’ acqua e l’ aria si potrebbe considerare qualche attrazione * Il che come ho detto è falso. Ma a che vo io cercando cagioni e movendo difficultà, se già per esperienza è manifesto che le piastre del ferro e del piombo non son sostenute dall' aria, e che l’ aria agevolmente si separa con l’ acqua come il Sig. G. desidera. ,,Io per sodisfare.) or seguitando il mio Quanto alla esperienza del Sig. G. con la quale egli vuol provare che l’ aria non solo puo reggere le piastre del ferro sopra l’ acqua ma che qualsivoglia cosa profondata in essa, purche ella non sia in gravità molto diseguale dell' acqua, si puo con laria sollevarla e ridurla nella superficie di quella Il che egli esperimenta pigliando della cera mescolata con limatura di piombo, si che ella divenga poco più grave dell' acqua e riducendola in una palla la di cui superficie sia molto brunita, è tersa, la sommerge nell'acqua e di poi con un bicchiere rivolto la riduce nella superficie del acqua e quivi la fa fermare. La quale sperienza non pare che sia molto sicura. Imperciocche l' aria non solleva quella palla se non per accidente ma si bene l’ acqua nella quale si ritrova la palla si attraè dall'aria unendosi agevolmente la superficie dell' una, e dell'altra che è attratta con tanta forza ch' ella puo sollevare la palla che inassa si ritrova. Segno ne sia di cio che le palle alquanto più grave dell' acqua, non si possano sollevare con quel bicchiere perche l’ aria non attraè con si gran forza l’ acqua ch' ella possa condur seco le cose molto più gravi di essa. Il che agevolmente si manifestà con il pigliare cose che sieno cosi grave nell'aria, come quella cera nell'acqua le quali non si possano sollevare col bicchiere del Sig. G. Adunque la esperienza del Sig. G. altro non prova se non che l’ aria puo attrarre l’ acqua con si gran forza, che ella puo sollevare qualche cosa poco più grave di se stessa, Onde fra l’ aria e la terra, e le cose terree non è simpatia o effinità alcuna che gl' unisca insieme si che non si separino agevolissimamente. E quantunque mettendo qualche materia solida nell' acqua, e ritraendola apparisca, che molte parte di essa, e seguitando la detta materia ascenda sopra la sua superficie. Nondimeno non son pari l’ aria e l’ acqua Imperciocchè l' acqua ha una certa tenace viscosità, con la quale ella si attacca alle cose, onde non si puo cosi agevolmente spiccare. Anzi si ritrovano dell' acqua cosi bitaminose, che servono per calcina. Onde Semiramis si servi di esso bitame a far edificare le mura della gran Citta di Babillonia Per la qual tenacità adiviene che l' acqua appiccandosi alle cose terree si sollevi sopra la propia superficie. La dove l’ aria, non sendo viscesa, questo simile accidente non puo generare, Adunque nell' aria non vi si può collocare questa virtù calamitica del Sig. G. E quando ella vi si potesse adattare non dimeno potendosi essa con l’ acqua separare si come il Sig. G. desidera delle assicelle dell' ebano, ne seguirà che elleno per altra cagione sopranuotino sopra la superficie dell' acqua. ,,Or seguitando il mio proposito.) Adunque occorre che ricorriamo alla resistenza dell'acqua, a voler render ragione di questo accidente. La quale e agevol cosa mostrare essere non solo nell' acqua, ma come dice Aristotile in tutti gl' elementi, e in tutti i continui. Ma si debbe avertire che questa resistenza non è tale che repugni all'intera divisioni, come il Galilei si crede. Ma solo repugna alla devisione più facile e più dificile Imperciocche noi veggiamo ch’ il durissimo marmo si scava da una gocciola d' acqua, come disse Lucrezio, e dappoi lui Propertio E per ingegno humano habbiam veduti scavare i monti come nel Regno di Napoli apparisce. Adunque fa di mestieri che dichiamo che niente è in tutto e per tutto è indivisibile. Ma s i bene che una cosa è piu divisibile ch’una altra che con manco forza, e manco tempo si divide. Anzi Aristotile prova che ogni continuo è divisibile in infinito in mille luoghi, onde non si puo dedurre dalla sua dottrina che egli voglia che l’acqua sia indivisibile dicendo nel capitolo che siamo per dichiarare che de i continui altri son facili altri son dificili alla divisione. Ma volendo dimostrare questa resistenza essere in tutti i continui dal senso principiero, dal quale nostra intelligenza ha suo cominciamento Dico dunque che movendosi nell' aria e nell'acqua una boccietta sensibilmente si vede che con piu agevolenza in questa ch’in quella si muove Adunque per qualche cagione cio de' avenire e questa al mio giudizio sara che l’acqua a maggiore resistenza che l’aria Non si puo gia dire che questa agevolezza dependa perche le parte dell' acqua si deano mnuovere e percio in tempo. Inperciocchè tanto si anno a muovere quelle dell' aria, quanto quelle dell' acqua. E alle ragione venendo, si puo dire che se l’aria e l’acqua non hanno resistenza alla divisione adunque il movimento si fara inistante Imperciocchè ponghiamo ch’un mobile eguale di peso e di figura si deva muovere per ispazio ripieno di corpo ch’abbia resistenza, per eguale spazio ripieno di corpo che non habbia resistenza, e ponghiamno che per quello spazio che ha resistenzia egli si muova in un ora e per quello che non lo ha in un centesimo d'ora. Il che è impossibile, conciosia che si come il tempo ha proporzione al tempo, cosi lo spazio dee havere proporzione allo spazio. Ma la resistenzia, alla non resistenzia non ha proporzione alcuna si come l’ ente al niente, e il punto alla linea. Adunque il tempo non puo haver proporzione al non tempo. Onde avverra che se l’aria, e l’acqua non hanno resistenza ch’ il movimento in loro si fara in istante. E per piu agevolezza del lettore sia dato il mobile A. muovasi per lo spazio ripieno di corpo resistente e sia B. in tempo d'un ora e sia C. e muovasi il medesimo mobile per lo spazio ripieno di corpo non resistente, e sia D. in un centesimo d' ora e sia E. dico ciò essere impossibile. Impercioche la medesima proporzione, che è da B a D deve essere da C ad E. Ma da B a D non è proporzione alcuna. Adunque da C ad E non sara proporzione alcuna. Adunque il mobile A si moverà nello spazio ripieno di corpo resistente in tempo, e in quello ripieno di corpo non resistentè in instante. Adunque se l' aria, e l’acqua non hanno resistenza il movimento in loro si farà in instante il che è impossibile. La seconda ragione è che un mobile piu grave si muove nelle cose nelle quali il Sig. G. concede la resistenza, verbi grazia nel piombo piu velocemente ch’un men grave, ma questo effetto si vede nell' acqua, adunque l’ acqua havrà resistenza. A questo s' aggiugne, ch’un mobile equale di gravità o leggerezza ad un altro, ma diseguale di figura, si muove piu velocemente nell' acqua che quell' altro non fa. Non si puo dire che il mobile piu largo si muova piu difficilmente che lo stretto, perche piu parte d' acqua si habbino a muovere a concedere il luogo al largo, che allo stretto, e perche elleno si devino muovere per maggior spazio, conciosia che se è vero quello che dice il Sig. G. questo non importi niente. Imperciocche non havendo resistenza l’acqua alla divisione ne segue ch’il movimento, come ho provato, si faccia in istante, onde in non tempo tanto si doveranno muovere le particelle dell' acqua che son sotto la figura larga quanto quelle che sono sotto la stretta, quantunque elleno fussino piu di numero, e si havessero a muovere piu spazio. Imperciocche si come mille punti non fanno una linea, cosi mille istanti non fanno tempo. Adunque sarà vero che l’ acqua habbia resistenza alla semplice divisione. Il che dimostra ancora che essendo la terra come il Sig. Galileo vuole resistente alla divisione, sarà necessario che sia ancora gl' altri elementi. Imperciocche eglino son composti della medesima materia, e della medesima qualità. Adunque non par sia possibile che la terra habbia avere uno accidente e una propietà, e non la debba avere l’ acqua. Dichiamo dunque che tutti gli elementi hanno resistenza alla divisione e quelli piu che sono piu densi, e meno dissipabili, e quelli meno che son piu rari e piu dissipabili. La qual densita, e sodezza depende dal freddo, e dal secco, ò la rarità, e la dissipabilità dal caldo. Onde aviene che quelli elementi che per lor natura, o per la lontananza del cielo son piu freddi, e piu secchi, sono piu densi, e hanno maggior resistenza alla divisione, e quelli son piu caldi son piu rari hanno meno resistenza. Ora ci resta a considerare le ragioni del Sig. G. con le quali egli s' ingegna di dimostrare il contrario. Diceva egli primieramente che questa resistenza non si ritrova nell' acqua. Imperciocche s' ella vi fusse tanto sarebbe nelle parti interne quanto in quelle vicine alla superficie. Adunque l’ assicella tanto dovrebbe fermare nel mezzo dell' acqua quanto nella superficie. In rispondendo a questo dico che la medesima resistenza è nelle parti interne del l' acqua che nelle esterne, segno ne sia di ciò come si è detto che piu veloce si muove nell' acqua un mobile di figura stretta che di figura larga, anzi se la detta resistenza non fusse nelle parte interne dell’ acqua seguirebbe ch’il movimento si facesse in quelle in istante. Per qual cagione l’ assicella si quieti nella superficie, e non nelle parte interiori dell' acqua poco appresso diremo. Secondariamente diceva che se l’acqua avesse resistenza, si vedrebbe qualche corpicello sopra quella quietare, ma non si ritruova alcun corpo di qualunque materia, figura, o grandezza, resti dalla tenacità di essa impedito. Il che egli prova con l’ esperienza dell' acqua torbida che si ripon ne' vasi ad uso di bere, ne' quali in cinque, o sei giorni andandosene la terra che per essa si ritrova al fondo, resta pura, e liinpida. In quanto a che non si ritrovi cosa alcuna che per la resistenza dell’ acqua sopranuoti sopra di essa, questo pare che repugni al senso, veggendo noi, che la polvere non solo per l’acqua, ma ancora nell' aria galleggia, come poco appresso diremo. Quanto alla esperienza dell’ acqua torbida si debbe avertire, che ella dura tanto tempo a ristirarsi, non perchè quelle particelle di terra non possino in tanto tempo penetrare la crasizie dell’ acqua ma perche sono miste fra di loro la terra e l’acqua, onde ci vuol quel tempo si grande a disfare quella mistura, come ancora al dividere la resistenza dell’ acqua. segno ne sia di cio che l’ acque torbide si rischiarano piu quando è lume di luna che quando non è, e quando tira vento che quando non tira, anzi molte acque si rischarano più presto, e molte più adagio, si come dell’ acqua del Tevere, e dell' acqua, d'Arno aviene. Il che io attribuirei alla maggiore e alla minor mistura di esse. Ma io crederei che questa sua esperienza non solo non atterassi la resistenza dell’ acqua, ma ancora la provasse. Imperciocchè, se quello spazio, che tanta terra quanto una vecchia passa per un centesimo d' ora, e forse meno, quelle particelle che sono nell' acqua torbida vi spendano quattro o sei giorni, solo per non poter penetrare e rompere la crasizie dell’ acqua, mi pare che si possa dire che l’acqua, habbia resistenza, se ella ritarda al movimento Non è già semplicità il dire che una cosa repungni alla divisione che si lasci dividere Anzi è semplicità il dire il contrario. Impercio secondo il Sig. G. il maimo non resiste alla divisione, e non dimeno egli si lascia dividere da una gocciola d' acqua; e ben vero che a dividerlo ci vuole quasi una età, la dove quella in un momento divide è penetra l’aria, o simil cose dissipabili Adunque è di necessità dire ch' il marmo resista alla divisione più che non fa l’aria ma non gia che non si possa dividere, anzi ch'ogni miinimo corpicello lo divide. Si deve per cio avertire che tutti i continui son resistenti alla divisione ma non gia indivisibile Basta dunque il ritrovare corpi che si miuovino agiatamente nell' acqua quantunque ancora si è mostrato che alcuni sene ritrovano che sopra di essa si quietano Ma venendo alla terza ragione fondata sopra la sperienza d' una falda di cera che sia cosi eguale in gravita all' acqua che resti sotto la superficie di essa. La quale con un gran di piombo si fa profondare et essendo nel fondo levatogli quel poco di peso sene torna a galla, dico che questa esperienza prova agevolmlente la resistenza dell' acqua, imperciocchè se piglieremo la medesima cera, e la ridurremo in una palla si vedrà quanto più veloce si muovè la palla nel salire e nello, scendere, che non fara la piastra. Non è gia maraviglia che quelle piastre di cera con un grano di piompo si faccino andare al fondo, e detrattolo ritornare a galla. Imperciocchè fra la gravità e la leggerezza vi e un mezzo che e come un punto fra due linee il quale come si passa, agevolmente si divien grave e leggieri, e percio quel poco di piombo puo cagionare questo effetto Era la quarta ragione che una trave molto grande si muove trasversalmente per l’acqua tirata da un capello onde non pare che l’acqua habbia alcuna resistenza se non puo resistere alla forza fattagli mediante un minimo capello, alla quale esperienza si deve avertire che le cose che si ritrovano nella superficie dell’ acqua, anzi che sono mezze in aria, e mezze in acqua, non occupando loro molto acqua si possano muovere per il traverso agevolmente e quelle che molto si profondano sotto il livello della superficie dell’ acqua, si muovano meno agevolmente per occupar molto di essa. Onde aviene ch’ ogni minima forza possa mnuovere questo, e non quelle Anzi con questa esperienza si vede l’acqua haver resistenza alla divisione. Imperciocchè secondo il Sig. G.tanto si muove velocemente una gran quantità di legno, quanto una piccola adunque tanto veloce si dovrebbe muovere una gran trave di legno quanto una piccola se amendue fussero tirate da un sottil capello. La dove apparisce che una gran trave si muove lentesimamente e una piccola particella di essa molto piu velocemente muove. Adunque fa di mestieri che dichiamo che la trave si muove lentemente perche a da superare molte parte d' acqua, e quella parte di essa piu velocemente per havere a superarne poche. Onde a ragione il Sig. G. da per se s' impungna ricercando qual sia la cagione se l’acqua non ha resistenza che i navili hanno di bisognio di tanta forza di vele, e di remi a muoversi ne laghi stangnanti, e nel mar tranquillo. E rispondendo a questo dubbio par che supponga una proposizione demostrata da Aristotile che tutto quel che si muove si muove in tempo, ma avertisca il Sig. G. che questa proposizione depende da quel principio che egli niega, cioè dalla resistenza de mezzi imperciocchè se l’aria, e l’acqua non havessero resistenza seguirebbe in dottrina di Aristotile che tutto quel che si muove in esse si dovesse muovere in uno istante. E per cio quando il Sig. G. dice, che non havendo l’acqua resistenza, quello che si muove in essa, si muove in tempo, pare che da per se stesso destrugga le sue conclusione, non avertendo che piglia le proposizioni demostrate da Aristotile mediante i principi che egli niega. Adunque sara vero che l’ acqua habbia resistenza, e per ciò che i navili nel mar tranquillo, e ne laghi stagnanti, habbino bisogno di si gran forza di remi e di vile, si deve bene avertire che quanto più saranno carichi tanto saranno più dificili ad essere mossi onde poste due nave che egualmente si profondino nell' acqua, se una sarà carica e l’altro scarica che più velocemente dalla medesima forza sara mossa questa, che quella e cio perche la forza non solo ha da fender' l’acqua, ma a portare il maggior peso della nave carica. E nella nuova agiunta il Sig. G. constituendo due maniere di penetrare l’una quando si penetra le cose continue, e l’altra quando si penetra le cose contigue, dice che nella prima penetrazione de continui e necessaria la divisione, ma nella penetrazione de' contigui non fa di bisognio di dividere ma solamente di muovere. quindi parendogli di dire una cosa tanto contraria al senso dice che si sente inclinare a credere che l’acqua sia un corpo contiguo, quantunque a quello mi vien detto egli è in tal cosa risolutissimo ma perchè e cosa tanto strana la va adombrando con dire che non è ben risoluto, ma se non è risoluto si in tanto potrebbe risolvere. E noi gli dimiostreremno essere in possibole che l’acqua sia un corpo contiguo ma senza dubbio e continuo. Imperciocchè quello si chiama un corpo continuo che ha un medesimo movimento e tanto e piu seniplice continuo quanto più è semplice il movimento e perciò piu e continuo una gamba dal ginocchio sino alla appiccatura del pie che non è tutto un braccio, e questo aviene perche il braccio e diviso in due, parte e poi congiunto con la legatura del gomito e la gamba non ha legatura alduna. Onde se noi ritroveremno che le parte dell’acqua si muovino d' uno istesso movimento nel medesimo tempo, sara manifesto, che l’acqua sia un corpo continuo Ma questo si vede mianifestamente imperciocchè cadendo una gocciola d' acqua in terra, veggiamo tutta d' un medesimo movimento unirsi in se stessa. Il che non segue de i corpi contigui come se noi gettassimo in terra, un monticello di rena o di polvere ella non solo s'unira insieme, ma si sparpagliera Anzi il Sig. G. dimostra per sensibile esperienza che l’acqua s' attacca alle cose terree che di quella si traggano. Il che non può seguire, se l’acqua non è corpo continuo. Imperciocchè i corpi contigui non essendo uniti non possano reggersi l’un l'altro come nella polvere si vede. Adunquo se alla falda del piombo del Sig. G. s' attacca una altra falda d' acqua, sara necessario che l’acqua sia continua, non si vedendo la cagione perche le parte indivisibili dell' acqua si puossino unire insieme in quella falda essendo contigue. E di piu in che modo dell' assicelle dell' ebano, e dell' aria so ne fa un composto si come il Sig. G. vuole se l’ aria è contigua. quale è quella virtu3, che unisce quelle particelle dell’ aria si che le si uniscino a formare quel composto. qual virtù calamitica le ritiene insieme. Adunque pare che sia necessario che l’acqua e l’aria sia un corpo continuo, e non contiguo. In oltre il Sig. G. concede che la terra e le cose terree sien corpi continui. Ma dee avvertire che questo effetto dalla acqua dipende. Imperciocchè se non fusse l’acqua, la terra come fredda e secca non starebbe unita, anzi resterebbe in guisa che si vede la cenere e la sua gran mole agevolmente si sparpaglerebbe. Il simile si vede nella cenere, nella farina, nella polvere, e in molte altre cose contigue che mediante l’acqua si fanno continue. e non dovian dire che ella sia continua? Quanto a quella sperienza della divisione che è diversa nell' argento sodo, e nell' argento fuso, non dimostra s' io non m' inganno che l’argento fuso sia senza resistenza, e ch' il sodo habbia resistenza alla divisione. ma che l’argento sodo è piu dificile, e il fuso è piu facile al dividersi. Imperciocchè essenldo i metalli esalazioni e vapori acquei nelle viscere della terra dal freddo congelati, percio hanno la resistenza della terra, come nel ghiaccio apparisce. quando poi dal caldo si liquefanno si riducano alla lor primiera natura cioè alla resistenza dell' acqua. Non so gia ritrovare in che maniere il Sig. G. voglia che i metalli si dividino quasi in parte indivisibili da i sottilissimi aculi del fuoco. e quali sien questi aculi che in esso si ritrovano. se pero egli non vuole che le cose si componghino di atomi, e di parte indivisibili. Il che non posso credere, come quel che repugna alle sue Matematice. le quali non concedano che la linea e si componga di punti. Oltre a che ci sono infinite ragioni d'Aristotile alle quali il Sig. G. doveva rispondere. Ma per dimostrare, che ancora nell' argento fuso sia resistenza alla divisione, si potra pigliare due moli eguali di peso e di materia, e diseguali di figura, verbi grazia una ritonda, e l’ altra di figura piana, e si vedra, che la ritonda si movera per entro a quello piu veloce, e quell' altra piu lenta. Adunque sono i corpi fluidi, e l’ acqua istessa corpi continui e non contigui, onde fa di mestiero, che i solidi che si mettano nell'acqua penetrino dividendo, e non movendo. E percio molti corpiccioli piccoli, come la polvere, galleggiano nell' acqua, non potendo fendere la continuita di essa. Adunque l’ acqua ha resistenza all' esser divisa, si come hanno tutti gli altri elementi, e i composti di essi. Quello provi la macina natante nell' acqua tirata da un sottil capello, e quello provi le piastre della cera gia si è detto. Segue ora che ricerchiamo la cagione perche l’ assicelle dell' ebano, e le falde del ferro, e del piombo quando sono asciùte galleggiano sopra dell' acqua, e quando son bagnate se ne vanno al fondo. Non tenendo per vere quelle che ne adduce il Sig. G. Imperciocchè è falso, che quella resistenza che habbiam provato esser nell' acqua, sia piu nelle parte superficiali, che nelle parti interne, non apparendo il perche e veggendosi per il senso altrimenti. Similmente la seconda, che le falde habbi a cominciare il movimento nella superficie il quale si comincia piu difficilmente, che egli non si seguita, non pare possa esserne la cagione, quantunque io non nieghi, ch’ egli possa adoperar qualchecosa. vedendo noi, che se le cose gravi si muovano, si muovono piu velocemente quando sono piu vicine al centro, movendosi pero d un medesimo mezzo. Onde fa di mestiero il ricercarne nuova, e vera cagione. E questa senza dubbio credo che sia, Che l’ acqua, oltre a quella resistenza che habbiam detto ch' ella ha, insieme con tutti gli altri continui, ne ha un' altra. Imperciocchè noi veggiamo, che tutte le cose che hanno l’essere desiderano la propia conservazione, e quella alloro potere difendano. Quindi è che le piante sfuggono naturalmente luggia a loro nocevole, e che gl' uccelli, e i pesci mutano secondo i tempi luoghi e regioni. anzi l’ acqua cadendo sopra la terra s' unisce in figura rotonda per potere meglio difendersi. Adiviene ancora per questa ragione, che gl' elementi al suo luogo si muovono, perche in quello da i contrarii meglio si difendano. Stando dunque questa proposizione, aviene che tutti gl' elementi devano resistere alla divisione. Imperciocchè da quella depende il lor propio distruggimento. Conciosia che gl' elementi e i composti da quelli essendo composti di contrarie qualita continuamente fra loro si distruggano. onde passando l’ assicella dell' ebano per l’acqua, come quella che è un misto terreo, viene a corrompere qualche particella dell’ acqua, e perciò ella resta unita non desiderando la divisione, perche da quella ne nasce la sua corruzione. La dove quando l’ assicella è bagnata si lieva via questa resistenza, e percio non resistendo l’ acqua, come quella che non sente il contrario, puo l’ assicella scorrere a suo piacere verso il fondo. In oltre egli non è dubbio, che a volere generare questo accidente ci vogliano due continui, l'uno è l'assicella dell'ebano, l’altro è l'acqua. Ma non si avede il Sig. G. che bagnando l’assicella di due continui se ne viene quasi a fare uno, perche la superficie dell' assicella, dove che di sua natura è arida, bagnandosi diviene humida si come è l’ acqua. Per le quali ragioni si dee credere, che la detta assicella galleggi sopra dell’ acqua. Non par gia sia vero, che la detta assicella possa essere retta dall’ aria contigua, e che di essa, e dell’ aria se ne faccia un misto mnen grave dell' acqua. Imperciocchè come habbiam detto preso dell' acqua, e bagnata l’assicella sino a tanto, che intorno intorno vi resti tanta aria, o altra materia, che non sia acqua, come olio, mele, o simili, si vede che ad ogni modo quella sopranuota. Adunque pare, che si debba dire che l' assicella dell' ebano, e le piastre del ferro, e del piombo non galleggino per l’ aria aderente per virtu calamitica, ma si bene per le gia dette ragioni. Imperciocchè essendo l’ acqua corpo denso e sodo, e percio resistente, e desiderando di restare unita viene aver tanta virtu, che l’ assicella con la sua inclinazione non la puo superare, e per tal cagione sopranuota nell' acqua. Quindi agevolmente si scioglie ongni difficulta. Imperciocchè la detta assicella non sopranuota nell' aria, perche ella non è cosi densa e cosi resistente come l’ acqua. e l’assicelle del noce del Sig. G. non restano al fondo perche non vi è quella resistenza che nella superficie si ritrova, cioe quella che depende dal desiderio dell' acqua della sua conservazione. Adunque fermiamo questa conclusione, che la quiete delle cose gravi nella superficie dell' acqua sia accidentale, e dependa da uno iinpedimento che da tre cagioni sia composto, il quale non lasci che le cose gravi che di lor natura nell' acqua se ne andrebbano al fondo, possino eseguire il lor movimento. E queste tre cagioni sono la figura larga, la resistenza dell' acqua come densa, e soda, e la resistenza di cosa che depende dal desiderio del suo propio conservamento. ,,Ora poi che) Voglio Avendo dimostrato non essere in tutto, e per tutto vera la cagion del Sig. G. & havendone addotta quella che ci è parsa più vera li resterebbe a considerare le sue demostrazioni, ma da poi che elleno si sostengano sopra dua principi falsi, l’uno è l’ aria aderente con virtu calamitica, e l’ altro che l’assicelle habbino gia penetrato la superficie dell’ acqua ho estimato bene il tralasciarle. Anzi essendo ancora veri i suoi principii pare che le sue demostrazioni sieno alquanto manchevoli. Imperciocche egli suppone, che gli arginetti dell' acqua, che sono intorno all' assicella dell'ebano sieno ad angoli retti, & eglino sono rotondi, onde vengano a contenere piu aria che egli non suppone. Il che agevolmente apparisce. sia per essemplo la superficie dell'acqua ABCD sopra la quale si ponga l’ assicella che profondandosi nell'acqua fa gli arginetti rotondi B C come nella assicella FB apparisce. Supponendo dunque il Sig. G. che gli arginetti sien retti viene a pigliare tanto nmanco d' aria quanto è dal retto al ritondo, come nella figura si vede. Ma chi non sa che ogni minima variazione muta le proposizioni Geometrice? Adunque bisogna che diciamo che le dimostrazioni del Signor G. per questo sieno alquanto diffettose. Quanto a quali sieno quei corpi, e di che figura, che possano sopranotare per accidente nell'acqua, mi riserbo a dirlo quando espricherò Aristotile. ,,Voglio con un' altra esperienza) Ho detto. Avanti ch' io venga a considerare quella parte dove il Signor G. impungna precisamente Aristotile mi è paruto conveniente il considerare l’ ultima esperienza, colla quale il Sig. G. vuole provare che le piastre del piombo galleggino sopra l’ acqua, mediante la virtu dell' aria. quantunque se mi ricordo questa è una ragione altre volte da lui proposta. Ma che? questo è il suo solito. Onde se per fortuna nel mio trattato ci fusse contra il buon ordine, qualche repricazioni, spero che mi s' habbia a perdonare dovendo io rispondere al Sig. G. che di esse non si è molto guardato. E questa è che una falda di piombo eguale di peso ad una palla poste amendue nella superficie dell' acqua si come l’ assicelle la falda sara molto piu difficile a sollevare che la palla. Adunque si come l’ acqua s' attacca alla piastra di piombo mentre si solleva dalla sua superficie. cosi l’aria si dovra attaccare a quella mentre ella si profonda nell’ acqua. La qual consequenza io crederei che si potesse negare. Imperciocchè si come habbiam detto l’ acqua ha una certa viscosita, con la quale ella s' attacca alle cose e particularmente alle terree della quale è privata l’ aria. Onde adiviene, che l’ acqua si attacca alla piastra e l’ aria non si puo attaccare. In oltre fra l’ acqua e la terra puo esser qualche simpatia, havendo fra di loro una qualita comune, quale è la frigidità. La dove l’ aria e la terra, come composte di contrarie qualita non possono havere alcuna convenienza. E percio io mi persuado che questo effetto possa accadere nell' acqua, e non nell' aria, e tanto più mi ci confermo, quanto si vede che non è l’ aria, che è cagione che le piastre e altre cose simile galleggino nell' acqua come si è detto. Adunque è manifesto la cagione perche le piastre del piombo, e altre cose simili si quietano accidentalmente nell' acqua, ci resta a considerare quello dice il Sig. G. contro a Aristotile. ,,Ho detto) quanto al primo punto Havendo sin qui considerato quello che in questa dubitazione ha detto il Sig. G. e non ci essendo cosa che sia contro ad Aristotile ci resta a considerare quello che egli gli oppone nel fine del quarto del Cielo. Nella qual considerazione ho giudicato esser bene addurre le parole del testo Greche, e dipoi volgarizzarle, si come nella sua Poetica fa il doctissimo Cavalier Salviati. Imperciocchè in tal maniera adoperando piu agevolmente si vedra la 'ntenzione del Filosofo, e si scorgera qual sia il vero volgarizzamento. Egli non è dubbio, che Aristotile si in questo luogo, come in tutti gli altri, è stato di parere che la figura non possa cagionare il muoversi, e il non muoversi semplicemente al centro o alla circonferenza. e percio molto mal pare al Sig. G. che egli nel rendere la cagione del sopranuotare delle piastre di ferro e di piombo sia stato di contrario parere. la qual cagione s' egli, o il Sig. G. l'avrà bene incontrata, da quello si dirà si potra dedurre agevolmente. ,,Quanto al primio punto. Queste son le parole precise. Ma le figure non son cause del muoversi seunpticemente o in su o in giu, ma del piu tardi, e piu veloce, per quali cagioni non è difficile il vedere. Tre sono l’esposizioni, che si possono dare a questo luogo. La prima congiugnendo la dizione semplicemente alla dizione figure. La seconda alla dizione cause. La terza alla dizione muoversi, tutte le quali son verissime, e niuna di esse ripugna ne ad Aristotile, ne alla natura di quel che si tratta. e dalla uttima incominciando. Notisi che nel testo d'Aristotite tre sono i termini, & non quattro, come dice it Sig. G. cioe movimento piu tardo, e piu veloce, non ci essendo la quiete, ne il tardi, e il veloce. e percio nominando Aristotile le figure con cause del piu tardi, e piu veloce, ed esciudendole dal movimento semplice e assoluto, ancora l’esclude dalla quiete semplice e assoluta: ma non da ogni quiete. Imperciocchè la quiete altra è naturale, e altra accidentale. Si come si dice, che il fuoco si quieta naturatmente nella sua sfera, e per accidente nelle viscere della terra. Onde è manifesto che Aristotile afferma le figure non esser cagione del moto semplice, e in consequente della quiete semplice e assoluta, ma non d' ogni quiete. Conciosia che la mnedesima cagione, che negli elementi produce il movimento naturale, produce ancora la quiete naturale, segno ne sia la terra, che per la gravità, al centro si muove, e per quella ancora nel centro si quieta: e il fuoco, che per la leggerezza ha il suo natural movimento e la quiete. La dove la quiete accidentate ha diversa cagione da quella del natural movimento. Imperciocchè il fuoco si quieta accidentatmente nelle viscere della terra per la gran resistenza di essa, e per la propia leggerezza naturalmente si muove. Adunque chi dicesse le figure non esser cagion del muoversi semplicemente, ma si bene in qualche maniera della quiete accidentate, favellerebbe dirittamente. Se il Sig. G. mi domandasse quali sieno quelle figure, che cagionano nell' acqua la quiete accidentale in quei corpi, che naturalmente si moverebbano, gli risponderei quelle essere le larghe e sottili, e se egli repricasse, adunque quelle ritonde e gvosse saranno causa di muoversi. gli direi ciò esser falsissimo. Imperciocche quantunque si vegga le falde del ferro e del piombo quietarsi sopra dell’ acqua, e ridotte in figura rotonda muoversi. non per questo la figura rotonda sarà cagione di quel moto, ne ancora, come rimovente lo 'mpedimento. Conciosia che la resistenza dell' acqua e la figura larga siano lo 'mpedimento, che ritiene le piastre del ferro e del piombo, e percio chi muta la figura larga in rotonda è cagione rimovente lo 'mpedimento, e non la figura rotonda. Ma quando si concedesse ancora che la figura rotonda fusse cagion come rimovente lo 'mpediniento, non sarebbe cosi come vi pensate dirittamente contro ad Aristotile. Imperciocche egli dice, che le figure non son causa del movimento semplice e non del movimento in genere. Onde quando la figura rotonda fosse cagione del movimento, come rimovente lo 'mpedimento non sarebbe cagione del movimento semplice e naturale, se non per accidente; e se quella materia che sotto diverse figure si ritrova non fusse atta a muoversi in recto naturalmente mal si potrebbe muovere, mutandola in qual si voglia figura. E perciò havendo Aristotile escluse le figure come cagioni del moto semplice e naturale, e in consequenzia della quiete naturale, a ragione dubita, perche le falde del ferro e del piombo si quietino sopra dell' acqua, potendosi sempre dubitare, se si quietano naturalmente, dove ch' egli dimostra che elleno sopranuotano per altra cagione, e accidentalmente. Adunque è manifesto che Aristotile conclude le figure non essere cagioni del movimento semplice, e in consequenza della quiete naturale, ma si bene del piu veloce e del piu tardo, e che egli non nega che le figure, in qualche guisa, possano cagionar la quiete accidentale, come egli poco appresso manifestarà. Onde non apparendo la mente di Aristotile inconsequenzia contro a' nostri aversari, non è forza che la loro esposizione non sia precisamente tale. se poi da loro avete altramente inteso, questo puo essere agevolmente. La seconda esposizione. congiugnendo la dizione semplicemente alla dizione cause dal Sig. G. stimata di celebri interpreti, ma fuori di ragione, quantunque questa possa essere del Buonamico, tuttavia per non averla egli detta nell' esposizione di questo luiogo, è per essere esposto come diremo diversamente da Temistio, Simplicio, Averroe, e San Tornmaso, i quali si deono chiamare celebri commentatori di Aristotile, o non la chiamerei di celebri commentatori. Ma sia come si vuole questa esposizione o del Buonamico o de vostri avversari o di qual si voglia, è verace e buona, e in tal guisa si può ottimamente intendere Aristotile quasi egli dica che le figure non sien cagioni semplicemente del movimento, ma del piu tardi, e del piiu veloce. ,,Intorno questa esposizione. Quanto alle difficultà proposte dal Sig. G. è agevole la risposta. E dalla prima incominciando. Dico che se il Signor G. si come si da ad intendere havesse ben visto e letto Aristotile, poteva far di meno di non addurre questa ragione, e questa difficultà. Imperciocchè havrebbe ritrovato ne gl' Elenchi, e nella difesa de' Poeti nel fine de i libri della Poetica, che quando le parole nella testura generan difficultà e contrarietà a coloro che le scrivono, si deono correggere cioe per la divisione, e col punteggiare ben le scritture. E se egli non credeva ad Aristotile dovea legger Quintiliano nel settimo libro dove e' tratta dell’ ambiguità. Ma secondo mi vien referto il Sig. G. si comipiace di studiar le cose in su il libro della natura, e non vederle sopra le fatiche de valent' huomini. E percio se la dizione sempicemente cagionasse contrarietà accoppiata con la dizione muuoversi, il che non è vero, si dovrebbe adattarla in altra maniera. Si come fece Aristotile difendendo Empedocle. Il quale in un sol verso si contrariava infinitamente come si è detto. Oltre a che non ci doviam maravigliare, che Aristotile collocasse in tal guisa la dizione. Impercioche a chi vuole scriver bene fa di mestiero l'accomodar le parole dove elle rendono miglior suono. onde Aristotile che col testimionio di Cicerone scrisse ottimamiente tra i Greci, cosi le volle ordinare. Conciosiache il punteggiare sia quello che renda chiara ogni scrittura. ,,Di piu se l’intenzione d'Aristotile) Aggiungo che se. Quanto al secondo, affermo che il dire non son cause semplicemente del moto, ma del moto piu tardi e del piu veloce, non solo è superfluo e falso, ma necessario e vero. E notisi che Aristotile dice piu tardi e piu veloce, e non tardi e veloce. Il che si mette in considerazione non perche importi alla nostra dubitazione, ma per mostrare che si debbe andar cauto nell’ esporre gli autori, e non pigliare un termine per uno altro. Imperciocche tre sono le cagioni assolute del piu tardi e del piu veloce nel movimento, la maggiore o minore inclinazione del mobile, la resistenza del mezzo, e la varietà della figura. Della maggiore o minor inclinazione del mobile non pare possa cader sotto dubitazione. Quanto alla resistenza già si è detto a bastanza. Ci resta dunque a dimostrare che la varietà della figura renda assolutamente e di sua natura e per se il movimento piu tardi e piu veloce. Il che pare che il Sign. G. altre volte conceda, come che ora si nieghi per troppa vaghezza di contradire. Impercioche dice a carte 26. Puo ben l’ampiezza della figura ritardar la velocità tanto della scesa quanto della salita. e a car. 33. E di tal tardità ne è veramnente cagione la figura. Ma perche egli potrebbe sfuggire in dicendo, che intende che la figura sia cagione per accidente, e non semplicemente, perciò cosi mi è paruto di provarlo. Pongasi per tanto nel medesimo mezzo due mobili eguali d' inclinatione, cioe di gravità o di leggerezza, ma diseguali di figura, verbi grazia l’uno sferico, e l’altro circolare, sensibilmente apparira l’uno muoversi piu tardi e l’altro muoversi piu veloce. Se dunque di questo accidente non è cagione la inclinazione, non la resistenza, sara necessario esserne la figura. Adunque la figura è causa per se e sempliceinente d' una specie di piu veloce e piu tardo. Ma che la figura di questa velocità sia cagione per se assoluta, non credo che il Sig. G. ne debba dubitar punto. Imperciocchè dando l’inclinazione si dara il movimento, che come ben dice Aristotile non puo essere prodotto dalla figura, ma concedendo, che un mobile figurato si muova, ne segue necessariamente, che ‘l suo movimento per quella si e tardo o veloce. onde è ben vero, che la figura non cagiona il movimento retto. perciocchè ancora le matematiche si moverebbono, e il Cielo al centro e alla circunferenza come gli elementi, avrebbe il suo movimento, ma è cagione del piu tardi, e del piu veloce. Quanto al testo 71. del quinto della Fisica: ancorchè Aristotile in quello non faccia espressa menzione della figura, tuttavia l’include in quelle parole cioe se avranno le medesime condizioni. Il che dichiarando nel testo 74. non solo come si pensa il Signor G. la mette come causa instrumentale, ma al pari della gravita e della leggerezza, dicendo, cioe, Conciosia che il mobile divida o per la figura o per l'inclinazione. Notisi, che il movimento e l’inclinazione appresso d'Aristotile s' appartiene alla gravita, e alla leggerezza, come si è detto. E percio pare che il Sig. G. adduca falsamente le parole del testo di esso, dicendo, la gravita divide per la figura o per l’inclinazione, e Aristotile dice il mobile divide per l’inclinazione, cioe per la gravità, per la leggerezza e per la figura. e si deve avvertire, che lo intendere in questa maniera il testo leva ogni difficulta. Imperciocchè Aristotile espressamente mette al medesimo grado la figura e la leggerezza e la gravità. Adunque se la gravita e la leggerezza è causa assoluta e per se del dividere e della velocita dee esser ancora la figura, come si è detto causa assoluta, e per se. ,,Aggiungo che se Aristotile. Al terzo argomento si risponde, che havendo Aristotile fatta questa conclusione, le figure non essere cause semplicemente del mnuoversi o del non muoversi, ma del muoversi piu tardo e del piu veloce. il cercare in forma di dubitare perche le falde galleggino sopra dell' acqua, non è punto stato a sproposito, ma convenientissimo. Imperciocche se gia egli haveva detto che le figure non son cause semplicemente e per se della quiete, ci restava da dubitare in che modo la figura puo far sopranuotare le piastre del ferro e del piombo. Il qual problema dichiarando Aristotile dice che la figura non e cagione semplicemente, ma come apportatrice dell'impedimento, onde aviene che le piastre sopra dell' acqua galleggino. Mi piace alquanto in digredendo dimostrare, e dire, ch’ io dubito ch’ il Sig. G. non interpreti bene il testo d'Aristotile, quando egli dice molte consequenze non essere degne d'un fanciullo, e son le vere, e le germane sentenzie d'Aristotile. E questo avviene s'io non m' inganno perche egli non distingue come doverebbe fare. perche nel libro della natura dove infinite distinzioni si leggono tanto studiato dal Sig. Galilei, quelle che a intender questo luogo d' Aristot. fanno di mistieri vi son chiarissime, cioe che i mobili, che per lor natura si muovono d' un movimento interviene alle volte per alcune circunstanze il muoversi di contrario movimento, che si chiama moto accidentale come il fuoco che di sua natura si muove all' in su. ma quando è forzato si muove al centro, come nelle saette si vede. In oltre che uno agente d' un movimento accidentale non puo esser cagione nel medesimo tempo dell’ effetto contrario. verbi grazia, che quel che tira le cose gravi alla circuniferenza, e percio è cagione del moto per accidente, non puo essere cagione della quiete accidentale in un medesimo tempo. E qui si potrebbe dire al Sig. G. ch' e' bisognerebbe a dar contro gli autor nobili andar piu adagio. Al quarto avvertisca, che Aristotile non ha voluto stabilire in questo luogo, che la figura sia cagione in qualche modo della quiete, avendo detto, come infinite volte si è replicato, che la figura non è cagione semplicemente del muoversi, ma del piu tardo e del piu veloce. donde si deduce, che non essendo cagione del movimento semplice, non è anco cagione della quiete semnplice e assoluta. Di poi in un particular solo dimostra come la figura puo indur quiete per accidente, e non per se. e questo è quando la figura larga accoppiandosi con la resistenza dell' acqua, è cagione che le piastre di ferro restino sopra dell' acqua. E percio si puo concludere, che Aristotile in queste parole non abbia attribuito alla figura assolutamente virtu di muovere e di quietare. Ma non ha negato che per accidente ella non possa questo effetto cagionare. onde poco appresso egli dimostra in che guisa ella questo effetto con la virtu del continue potra produrre. La terza esposizione come quella che è de' migliori commentatori d'Aristotile, devesi seguitare, cioe che la dizione si adatti alla dizione, figure. Onde diceva Temistio: Le figure universalmente non son cagione del movimento de gli elenienti, ma che eglino piu tardi e piu velocemente si muovino. A questo s' aggiugne Simplicio, mentre diceva, la figura semplicemente non esser cagion del moto, ma del piu tardi e del piu veloce. E per non tediare i Lettori Averroe, San Tommaso, e tutti i commentatori son di questa opinione. e percio pare che questa si debba seguitare, quantunque come si è detto tutte sien verissinme, e in nessuna accaggia alcuna difficulta o cosa che si possa chiamar errore. Ma se gli argomenti del Sig. G. fussono ancora contra questa esposizione, gli si potranno adattare le medesime soluzioni, che si son dette di sopra. Imperciocche si dubita ora perche le falde di ferro e di piombo sopranuotano sopra l’acqua, e l’altre cose minori, e men gravi, se saranno rotonde o lunghe come l'ago si muovono all'ingiu. Ecco che Aristotile propone il tanto impugnato problema, nel quale lui aver filosofato ottimamente abbian dimostrato sino a ora. Ci resta a sciorre le difficulta, che rappresentandosi al Sig. G. gli danno occasione di dubitare che Aristotile non abbia ritrovata la vera cagione. Alle quali si potrebbano dare tali soluzioni, che se il Sig. G. sara piu alla confession della verita che alla contradizione inclinato, restera capace di essa. Primieramente a quello dice che uno ago posato sopra dell'acqua resti a galla, non altrimenti che le falde del ferro e del piombo, che egli stima cotanto contro ad Aristotile, crederei che facilmente gli si potesse rispondere. e prima non accettando l'esposizion di coloro, che credono, che si debba intender dell'ago messo per punta, come contradicente al testo, che ragiona delle cose messe per la lunghezza, e non per l’ altezza. Dico che quando ne gli autori si ritrovano delle parole anfibologiche, si come dice Aristotile ne gli Elenchi, e ne' libri della Poetica, si debbano distinguere, e adattare al testo quella significazione che piu è verace, altrimenti sarebbe non intendendo gli autori calunniarli contr' a ragione. Adunque se la dizione nella Greca favella ha molte significazioni, come è verissimo, si dee pigliare quella che è piu acta ad esplicare il testo, cioe che Aristotile si serva di detta dizione quando significa de gli aghi grossi, e non di quegli da cucir sottigliami. Quanto sia a sproposito il dar questa interpretazione al testo, o non intlndendo gli autori calunniarli, lo lascerò giudicare a lui. Alla domanda non solo posta nella prima edizione, ma ancora nella seconda replicata, se Aristotile credeva che gli aghi piccoli e sottili calleggiassero o no, rispondo che si. Alla nuova accusa del Sig. G. d' avere sfuggito un problema maraviglioso e difficile, e introdotto un piu facile e di maraviglia minore. rispondendo reprico, che se fussi vera, che cosa inconvenevole sarebbe ella? Era in questo luogo obbligato ad esplicare tutti i problemi particulari? imperciocche i problemi particulari richieggono diversi trattati dagl' universali, si come dimostra Aristotile, Teofrasto, Alessandro, e mille altri. Tratta dunque \ solo del primo, e perche da Democrito era stato proposto, e perche molto al trattato delle figure si apparteneva. Ma quando la dizione non avesse altra significazione che di piccolissimi aghi, de' quali alcuni galleggiassero, come egli dice, non per questo sarebbe contro ad Aristotile. Imperciocche poco di sotto ci mostrera, che qual si voglia materia benche gravissima, e di qual si voglia figura riducendosi a si poca gravita, che non possa fendere la continuita dell'acqua, sopranuota, anzi che la polvere, non solo nell'acqua, ma nell'aria, si regge. e percio notisi dal Sig. G. che Aristotile non ha tralasciato questo problema, che ancora gli aghi che nell'acqua si muovano all' ingiu, se si ridurranno a si poca gravita, ch' eglino non possano fender l' acqua, in quella si reggeranno. Adunque si come non sarebbe falso se dicessimo, che la terra nell'aria si muove al centro, ancorche la polvere, che è terra, in quella sopranuoti, cosi non sara falso dicendo che gli aghi al centro nell' acqua si muovano, quantunque alcuni in quella per non la poter dividere, si quietano. Onde è manifesto che nell'una, & nell'altra maniera si salva il testo d'Aristotile, se bene io piu aderirei alla seconda esposizione, ch' egli non abbbia tralasciato questo problema. e che da vero sentite. E perche molte cose piccolissime sopranuotino nell' acqua pulverulente, come la rena dell'oro, e altre cose terrestre e spolverizzate nell' aria. Io non so percih il Sig. G. dica, che Aristotile propone una altra conclusione, se conclusione è quella che da argomento depende, non havendo egli fatto argomento alcuno. egli si doveva piu tosto dire da poi che si ha da trattare de' termini fanciulleschi una questione, un problema, una proposizione, la quale considelriamoo se è diversa dal vero, come dice il Sig. G. Ma prima notisi che la dizione non significa l’oro in foglie, ma si bene spolverizzato, come dal Sig. G. si pensa che s' appiglia al testo di Averroe, che per giudizio de' migiiori filosofanti in molte cose è corrotto. e al traduttore di Simplicio, il quale è stato ingannato dalle parole di esso, che egli male intese. E secondariamente perche le particelle de corpi che hanno gravita sopranuotano nell'acqua, come la limatura e le foglie dell'oro, e le cose pulverulente nell' aria, dove egli si pensa che Simplicio avessi posta la dizione foglie come dichiarazione dell'altra parola. e percio nella traduzzione disse cioe foglie dell'oro, il che non è vero. Nel secondo luogo si debbe avertire, che Aristotile non dice che la limatura dell' oro sopranuoti nell'aria, ma nell' acqua. il che dimostra chiarissimamente Simplicio, come havian detto nel dichiarare le parole di Aristotile, onde fa di mestieri il distinguere per la divisione il testo, si come lo distingue Simplicio. Non dicendo adunque Aristotile, che la limatura dell’oro per l’aria, ma per l' acqua galleggi, non so vedere qual sia quella esperienza, che ci dimostra il contrario. E quando egli lo dicesse, e ch'il testo stesse nella maniera ch' il Sig. G lo traduce, tutta volta le esperienze di Aristotile son verissime. Imperciocche che la polvere sopranuoti nell'acqua, per una facile esperienza apparisce, e questa è, che spazzandosi, e spolverandosi le stanze dentro delle quali sia un vaso pieno d'acqua (come puo avere avertito ogni minima femminella) vedesi in esso tanta polvere galleggiare che par propio un velo, e nondimeno niuna particella di quella polvere è invisibile, & ad una ad una si veggiono. la dove nella vostra acqua torbida molte centinaia insieme non appariscono. della quale esperienza si è detto a bastanza. Quanto a che la medesima polvere resti nell'aria come nell'acqua si vede la medesima a buon' ora mentre il Sole entra per le stanze, che una infinità d' atomi per l' aria ne va vagando. Il che da Lucrezio tanto dotto filosofo quanto leggiadro poeta leggiadramente si descrive. Contemplator enim cum solis lumina cunque Interdum fundunt radios per opaca domorum Multa minuta modis multis per inane videbis Corpora misceri radiorum lumine in ipso. E veluti aeterno certamine prelia pugnasque Edere turmatim certantia nec dare pausam. Si deve avertire che questo non adiviene per la commozione de i venti, anzi quanto piu i1 temnpo è quieto, tanto più queste particelle nell' aria si veggiono, delle quali senza dubbio credo habbia voluto significare Aristotile. Quello che della polvere si è detto segue ancora della sottil limatura dell'oro. Onde è manifesto, che quanto son vere le esperienze di Aristotile, tanto false quelle del Sig. G. E notisi, che il Sig. G. dice che i globetti del piombo gli aghi sopranuotino nell' acqua, e ora nega che la polvere sopra di quella galleggi. ora io desidererei sapere perche quelli, e non questa sopranuota, se quelli son piu gravi che questa. onde par che il Sig. G. fusse in obligo di dimostrare perche questa differenza in questi suggetti si ritrova. ,,Ma di tutte queste cose il pensare esserne la cagione, come ,,Democrito, non ha del conveniente. Imperciocche egli ,,dice, che gli atomi ignei che si muovano all' insu per l' acqua ,,ritardano, le piastre delle cose che hanno gravità, e le strette ,,si muovano all' ingiu. essendo pochi l’ atomi che gli si oppongano. ,,ma era necessario, che molto piu eglino facesseno ,,questo nell' aria, si come egli a se stesso oppone, e opponendo ,,solve debolmente. Imperciocche egli dice che nell' ,,aria non fanno il movimnento in un punto, dicendo il ,,movimento de i corpi, che all' ingiu si mnuovano. ,,Passa poi a confutare Democrito) Quel che ha fatto Anzi Aristotile passa a spiegare la sentenzia di Democrito, e non a confutarla, il quale diceva gli atomi ignei, che si muovano all' insu dell’acqua essere cagione della quiete del falde del ferro, e del piombo, & havendola riferita, ne adduce una instanzia di Democrito con la sua soluzione, la quale egli stimando debole non impugna, facendo molte volte come le saette far sogliano, che sfuggono le cose debole senza nuocergli, e le gagliarde, e forte rompano e sfracassano. è dunque l’instanza che Democrito si fa contro, che se fusse vero che gl'atomi ignei sostenessero le falde del piombo nell' acqua, lo doverebbano ancora sostenere nell' aria, il che non segue. e il medesimo Democrito scioglie questa dubitazione, dicendo che gl' atomi nell' acqua, hanno il movimento unito, e nell’ aria si sparpagliano, la qual soluzione da Aristotile non si imipugna, ma egli solamente dice che è debol soluzione. E se volesse sapere perche è debole soluzione sara facile il dimostrarlo. Ma prima si deve avvertire al modo d'Aristotile nel confutare gli antichi, il quale quasi sempre procede contro di loro con i loro principi, come quello che con le propie armi li voleva superare, e vincere. e percio io, seguitando le sue vestigie prima suppongo secondo Democrito, che si dieno gli atomi ignei, quantunque Aristotile nella Fisica, nel Cielo, nella Generazione, e nella Metafisica habbia dimostrato questo principio Democritico esser falso, supponendo dunque questo principio per due cagioni, gl' atomi ignei dovrebbano sostenere maggiormente le falde del ferro nell' aria, che nell' acqua. La prima è che essendo il calore, che da gl' atomi è generato molto maggiore nell’ aria, che nell' acqua, dimostra quivi essere piu atomi dove è maggior calore. e chi non sa che i molti possano meglio che pochi adoperare? La seconda è, che gli atomi ignei piu veloci nell' aria chte nell' acqua si muovano, come da me si è dimostrato. Adunque sendo piu gagliardo il movimento de gl' atomi ignei nell’ aria che nell' acqua potranno piu agevolmente sostenere le falde nell' aria che nell' acqua. e percio Democrito scioglie la sua dubitazione debolmente. E percio doviam dire, che la cagione addotta da Democrito non paia al tutto vera, e che la sua istanzia resti in vigore, e la soluzione sia alquanto debole. Quanto a quello che gli atomi ignei come si è detto piu velocemente nell'aria che nell' acqua si muovino, io lo stimo verssimo, come credo di sopra aver provato, e alle nuove difficulta rispondendo, si vedrà se il Sig. G. o Aristotile si è ingannato in piu d' un conto. E al primo rispondendo, il quale è, ch' essendo il movimento all' ingiu piu veloce nell' aria che nell' acqua, doverà per la contraria cagione il movimento all' insu essere piu veloce nell' acqua, che nell' aria. Imperciocche i mobili che hanno gravita quanto piu si accostano al termine propio tanto diminuiscano di gravita. e percio si crede egli, che i mobili gravi si muovono piu velocemente nell'aria che nell'acqua, onde adiverrebbe ch' ancora i mobili che anno leggerezza si dovessino munovere piu velocemete nell' acqua che nell' aria. Avanti rispondiamo notisi, che la velocità da tre cagioni come si e detto dipende, dalla maggior resistenza del mezzo, da maggiore inclinazione, e da figura piu atta a dividere. e che secondo Aristotile la seconda, e la terza s' appoggia alla prima. Imperciocche i mobili che hanno maggiore inclinazione e piu atta figura si mnuovano piu velocemente, perche fendano piu facilmente la resistenza del mezzo. E percioche non essendo la resistenza non sara tardita, o velocita alcuna, anzi non sara movimento come si è detto. Al che non avertendo Giovanni Graminatico si messe a contradire ad Aristotile. Adunque bisogna considerare se quella vèlocita che nelle cose gravi si ritrova mentre sono nell'aria, dalla resistenza, o da la maggior inclinazione della gravita dipende, essendo chiaro che dalla figura non ha sua origine, ed essendo manifesto, che quella velocita dalla maggior resistenza, e non dalla maggior inclinazione. Imperciocche le cose gravi o son gravi di gravita assoluta, come la terra, che per sua natura secondo Platone e Aristotile per tutti i luoghi è gravissima, è impossibile, che divenga piu e men grave. e le leggieri di leggerezza assoluta è impossibile che divenghino piu e men leggieri, anzi quanto piu al centro s' avicinano piu velocemente si muovano, e ne i propii luoghi, e quelli mantiene la gravita, e questi la leggerezza. segno ne sia che si quietano nel centro, e nella circonferenza, e di quivi non si possano rimuovere senza gran violenza. Quelle cose che son gravi o leggieri di leggerezza respettiva, possan diminuir la loro inclinazione, e far l’effetto che dice il Sig. G. Imperciocche hanno una volta non solo a fermarsi, ma ancora sendo per qualche accidente rimossi di quel luogo al centro hanno a tornare a racquistarlo. verbi grazia, l’acqua che come grave si muove nell' aria quando è arrivata al suo centro, se bene è grave, non è cosi grave che possa nella terra generar movimento all' ingiu, e percio quando nella terra per qualche accidente si profonda divien leggieri, e all'in su si muove. Venendo dunque all' argumento dico, che trattandosi della terra, e del fuoco, l’una delle quali è grave assoluta, e l’ altro leggieri assoluto, che per tutti i luoghi sono egualmente gravi, e leggieri sarà impossibile che sien piu e men veloci nella acqua, o nell' aria, ma in tutti a duo i luoghi saranno veloci equalmente, e percio non ci entra l’argumento del contrario; Massimiamente essendo chiaro che quella velocità depende dalla maggiore e minor resistenza, e non dalla maggiore e minor inclinazione. Onde temo, che il Sig. G. non habbi d' una cosa in un' altra, cioe dalla gravita respettiva alla gravita assoluta, e dalla velocita, che depende dalla resistenza a quella che della maggiore inclinazione, che non è altro se non fare di molti sofismi a simpliciter a quodammodo. ,,Quel c' ha fatto credere. Queste ragioni che habbiam dette sono state in causa che Aristotile non ha volsuto ch’ il fuoco piu velocernente nell' aria, che nell' acqua. E avertasi ch’egli non solo ha risguardato alla minor e maggior resistenza de i mezzi, e alla diversita, ma ancora alla maggiore e minore inclinazione del mobile, come gia il Sig. G. accennò citando il testo 71. del quinto della Fisica. Ma chi direbbe mai, quantunque poco esercitato in Aristotile, che egli non havesse tenuto conto della gravità non solo rispetto al piu veloce, ma ancora al moto istesso e la quiete. Imperciocche egli nel quarto del Cielo ponendo la gravità, e la leggerezza respettiva, che ora è grave e ora leggieri, e pur il contrario se egli non havessi visto ch’ uno elemento rispetto a un luogo è grave, e rispetto all' altro è leggieri, verbi grazia, l’acqua nell' aria è grave perche la pesa piu di quella, e percio si muove all centro, e nella terra divien leggieri, e percio si muove alla circunferenza. Adunque bisognera confessare che Aristotile ha considerato l’ eccesso della gravita del mobile rispetto al mezzo. Onde avviene, che quelli elementi che diminuiscano la gravita, e la leggerezza, cioe quelli di inclinazione respettiva in un luogo si muovono al centro, nell' altro si quietano, e nell'altro alia circunferenza. Ma perche egli non l' ha considerato nella gravità assoluta, il Sig. G. si pensa ch' egli non l’ abbia considerato nella respettiva. Il che è tornare al nostro solito di argumentare a simpliciter a quodammodo, essendo manifesto in un intero libro d'Aristotile, che dell' eccesso della gravità de' mobili respetto ai mezzi egli ne ha hauto diligente conto. Quanto alla leggerezza positiva si dia non altrimenti che la gravita si è dimostrato con tante ragioni, che sarebbe superfluo il soggiugnerne d'avantaggio. Aspetterò dunque che il Sig. G. ce lo ditmostri con ragioni, e con esperienze quando harà tempo, & quando egli ne harà maggior necessità. ,,L'instanzia dunque di Aristotile. Anzi l’instanzia di Democrito contro a se stesso, e non d'Aristotile è in vigore, essendo manifesto che il mnovimento del fuoco è pin veloce nell' aria che nell' acqua. Non è gia buona la soluzione di Democrito, ch' il movimento de gl' atomi sia piu unito nell' acqua che nell' aria. Imperciocche ne egli ne il Sig. G. che fa del Democritico non dinmostrano per che cagione gli atomi piu si devano sparpagliare nell' aria che nell' acqua. La potranno dimostrare, e se sara vera gli prometto che piu saro alla verita che alla contradizione inclinato. ,,S'inganna secondariamiente Arist Essendo l’instanzia di Democrito s' ingannerà Democrito e non Aristotile, ma averta il Sig. G. che ne l’uno ne l’altro s'inganna, dicendo che le piastre del ferro, e del piombo piu si dovrebbano sostenere nell' aria, che nell' acqua, stando l' opinione di Democrito. Imperciocche il piombo e il ferro son gravi di gravita assoluta, e il Sig. G. argumenta dicendo, che tal corpo pesera cento libbre, che nell' acqua sara leggieri, ma questi sono di gravita respettiva. Adunque l’ argumento non conclude. Anzi le falde del ferro e del piombo sendo gravissime e tanto saranno grave nell' aria che nell' acqua. Il che per esperienza agevolmente si puo provare, e per far cio piglisi tanto piombo che nell'aria contrapesi due libbre dico che nell' acqua lo contrapeserà. e questo adiviene perche è grave di gravità assoluta. ma se si metterà una bilancia nell' acqua e l'altra nell' aria, quella dell’ aria pesera piu per la resistenza. Imperciocche la resistenza dell’ acqua sostenendo quella bilancia che è in essa viene a diminuire il peso. e quindi aviene che molte machine nell' acqua son sostenute da minor forza, che nell' aria, trattando sempre della gravità non assoluta. Concludasi dunque che nel particulare del Sig. G. se nessuno ha filosofato male, egli è stato Democrito, e non Aristotile, se ben io direi che in questa instanzia niuno di loro havessi mal filosofato. Quanto alla opinione de gl' atomi di Democrito è tanto fuori del senso, e tanto impugnata d' altri, che sarebbe superfluo aggiugnere d'avantaggio. Quanto alla sperienza del Sig. G. delle falde, che poste nel vaso ripieno d' acqua fredda, sotto il quale si ponga del fuoco, che egli dice che si sollevano da gli atomi ignei di Democrito, avertisca che le sono esalazioni, e non atomi. Imperciocche riscaldando il fuoco l’ acqua, l’ assottiglia, e ne cava i vapori, e le esalazioni, le quali sendo leggieri si muovano all' insu, e incontrando quella piastra con la lor leggerezza la sollevano. Ma quando la esperienza fusse vera, avertiscasi che ella non è per Democrito, perche egli parlava delle falde di ferro, e di piombo, e questa segue nelle piastre di materie poco piu gravi dell' acqua, e perche egli trattava del sopranuotare, e non dello stare sotto dell'acqua, come segue. Adunque non bisogna ch' il Sig. G. dica, che Democrito tratta d' altro sopranuotare ch'Aristotile deducendo da questa esperienza. Anzi fa di mistiero, che diciamo, che la sperienza sia falsa, dicendo Democrito, che le piastre del ferro sopranotano sopra l’ acqua. E in tal maniera non imporre ad Arist. ch' egli non havessi inteso Democrito. ,,Ma tornando ad Aristotile) Senza molto. Facianci a intendere. l’ instanza de gl' atomi ignei non è ella di Democrito, or come l’ attribuite voi ora ad Aristotile, e se è d' Aristotile, qual saranno l’ istanzie, che Democrito si muove contro. Egli è Democrito che si impugna, dicendo, che se gli atomi ignei sollevasserono le falde nell' acqua, le doverebbono sollevare ancora nell' aria. Veggasi adunque se Aristotile, o il Sign. G. mostra piu voglia di atterrare altrui che di saldo filosofare. Aristotile non dice altro in questo luogo, se non che Democrito scioglie la sua istanza debolmente, e mostra gran voglia d' atterrare Democrito, ch' egli in tanti luoghi ha lodato dandogli il pregio fra tutti i filosofanti. e il Sig. G.che quello è di Democrito l' impone ad Aristotile, e in questa maniera lo biasima, cadendo in quello errore che egli rinfaccia ad Aristotele. Il che ora per dimostrar maggiormente, non si curando di allungar a sproposito il ragionamento di che quando haveva a rispondere alle sue ragioni mostrava di essere cosi geloso, va a trovare un' altro luogo di Aristotile per haver occasione di impugnarlo, la qual cosa quanto gli sia per riuscire lo dimostrerà il fine. ,,Senza molto discostarsi. Si deve dunque sapere che Aristotile nel capitolo precedente, del quale il Sig. G. piglia il luogo per oppugnare, hebbe intenzione di mostrare, che sendo quattro gli elementi, faceva di bisogno il constituire una materia remota, della quale essi elementi si componessino, e quattro prossime, e questo per poter rendere la ragione de i movimenti de i corpi semplici. E quindi viene a impugnare Platone, che una sola materia voleva che havessino gli elementi, e questa era secondo la sua opinione i triangoli. E di poi similmente da contro a Democrito, che i quattro elementi dava due materie, e queste erano il vacuo e il pieno, dando alla terra il pieno, e al fuoco il vacuo, e componendo gli elementi mezzani della terra, e del fuoco. Contro la qual posizione Aristotile argumenta di questa maniera. Sara dunque una gran quantità d' acqua, che conterrà piu fuoco, che una picciola d' aria, e una gran quantita d' aria che havra piu terra che una picciola d' acqua. Adunque si harebbe a muovere la gran quantita d'aria piu velocemente all' ingiu, che la piccola d' acqua. il che in nessun luogo giamai si è veduto. E percio non pare che Democrito filosofasse rettamente nel por due materie prossime a gli elementi, come Aristotile dimostra sino al fine del capitolo. La qual ragione il Sig. G. in due maniere impugna. La prima dicendo, che detto argomento non conclude, e la seconda che se conclude nella medesima maniera si potrebbe ritorcere contro ad Arist. I1 primo argumento, che dimostra la ragione d' Aristotele non concludere, e che se fussi vero che la maggior quantita d' aria si dovessi muovere piu velocemente all'ingiu che la piccola d' acqua per contenere maggior porzione di terra, al certo bisognerebbe che fussi vero che una gran quanitita di terra si movesse piu velocemente, che una piccola. Il che dal Signor Galilei si stima per falso, ma s' io non m' inganno a torto, e non se ne avvedendo, ripngna al senso, & alle sue propie esperienze. lmperciocche il Sign. G. dice, che quelle minute particelle di terra, le quali si trovono nell’ acqua torbida penano cinque o sei giorni a andare per quello spazio, che una quantita di terra grossa quanto un minuzzol di pane in un momento trapassa. Adunque senza difficulta si vede, che molto piu velocemtente si muove una quantita maggiore della medesima gravita in spezie che una piccola. Ma perche alcuna volta per la poca disaguaglianza, e per il poco spazio non si scorge sensibil differenza, percio Giovanni Grammatico, a cui aconsente il Pendatio, e dipoi il Sig. G. si penso, che due quantita di terra diseguali di mole, havessino la medesimna velocita nel movitnento, la qual cosa, come si è dimostrato è falsa. Onde avvertisca il Sig. G. che non solo 1a maggior gravita in spezie è cagione della maggior velocita di movimento, ma ancor la maggior gravità in individuo, e non tanto questa quanto ancora la gravita in genere, se sarà tanta che sovrasti di gran lunga quella che e assoluta s' appella, si moverà piu velocemente, che quella e nel danaio del piombo, e della trave di cento libbre nell' acqua, come habbiam detto, si vede. Il secondo è, che nel multiplicar la quantita dell’ aria, non solo si multiplica la terra, ma ancora il fuoco, onde se gli accresce non meno la causa dell' andare in giu, che quella dell’ andare in su. e finalmente credo che voglia dire, che neil'aria è molto maggior porzione di fuoco, che ne1l’acqua di terra. E percio crescendo la quantita della terra nell' aria per crescere la sua mole. si agumenta tanto maggior il fuoco che puo compensare quella terra agumentata. Onde giamai aviene ch' una gran quantita d' aria si muova piu velocemente all' ingiu, ch' una piccola d' acqua. Notisi per rispondere a questa ragione, che Aristotile, come si è detto, impugnando gil antichi suppone le loro opinioni contro di loro argumentando, quasi che egli gli voglia con le propie armi superare. E percio supponendo Democrito, che quei mobili piu velocemente si movevano al centro, che havevan piu pieno, cosi argumenta Aristotile, se è vero questa vostra supposizione, o Democrito, adunque una gran quantita d' aria per haver piu pieno, che una piccola d' acqua, si doverà muovere all' ingiu piu velocemente di que11a. Onde come bene diceva Aristotile riprendendo Democrito, egli non solo doveva dire che quelle cose andranno piu velocemente all' ingiu che haveranno piu pieno, ma manco vacuo. Il qual refugio il Sig. G. ha preso, parendogli d' haver ritrovato qualche gran cosa di nuovo, e nondimeno, come si è detto è di Aristotile, e non monta niente non sendo conforme a i principii di Democrito. E quando fussi non per questo harebbe vinto la lite. Imperciocche se la proporzione del vacuo e del pieno fusse quella che cagionasse che la gran quantita d' aria non dovesse muoversi piu velocemente all' ingiu, che la piccola d'acqua, tutta volta ne seguirebbe, che una gran quantita d' acqua nell' aria si dovessi muovere all' ingiu con equal velocita che una piccola. il che segue al contrario. Imperciocche la medesima porzione che è in quella gran quantità è ancora nella piccola, verbi grazia, un terzo di terra e due terzi di fuoco. Ma che una gran quantita di acqua si muova nell' aria piu velocemente che una piccola. si come si è dimostrato della terra, cosi è facile a mostrarlo dell' acqua. Veggasi quanto piu velocemente si muove una gran doccia, che quelle stille di minutissimna acqua, che noi chiamiamo da cimatori. Adunque non è fallacia alcuna nell’ argumento di Aristotile. Quanto alla seconda ragione che ritorce l’ argumento contra d'Aristotile, dicendo, se è vero che gli elementi estremi l’ un sia semplicemente grave, e l’ altro semplicemente leggieri, e quei di mezzo partecipino dell’ una e dell’ altra natura, ma l’ aria piu del leggieri e l’ acqua piu del grave. adunque sara una gran quantita d’ aria che sara piu grave che una piccola d'acqua. Si deve considerare come bene diceva Temistio, che Democrito voleva che gli elementi di mezzo fussino composti de gli estremi e mistura di quelli. La dove Aristotile dice, che tutti a quattro gli elementi sono composti d' una materia remota, e di quattro materie prossime, delle quali egli ad ogni elemento ne assegna una. alla terra una materia grave assoluta, al fuoco una leggieri assoluta, all' aria una leggieri rispetto alla terra e l’ acqua è grave rispetto al fuoco, all' acqua grave rispetto al fuoco e all' aria e leggieri rispetto alla terra. Ma voleva ancora che l’ aria rispetto all' acqua fusse assolutamente leggieri, e l’ acqua rispetto all' aria assolutamente grave. Dalle quali ragioni è manifesto la differenza che è fra la posizione di Democrito, e quella di Aristotile, onde l’ argumento senza fallacia procede contro a Democrito e non contro d' Aristotile.Imperciocche secondo la sua sentenzia gli elementi di mezzo son mistura de i duoi estremi si come l’ esalazione che è composta di terra e di fuoco, e percio son gravi e leggieri, e secondo Aristotile son gravi e leggieri, perche cosi sono atti nati, e cosi comporta la loro natura, per la qual cosa non si puo mai concedere che una gran quantita d' aria si possa muovere piu veloce al centro, che una piccola d' acqua, per esser questa rispetto all' acqua semplicemente leggieri, e quella rispetto all' aria semplicemente grave. Adunque è manifesto, perche l’ argomento conclude contro a Democrito, e non contro d'Aristotile. Alla dimanda del Sig. G. dove si potrebbe fare la esperienza che dimostrasse che una gran quantita d' aria si movesse piu velocemente che una piccola d' acqua, gli rispondo che se fussi vera la posizion di Democrito, questo doverebbe seguire nel luogo dell' aria. Imperciocche se fusse vero, che l' aria per 1' aria, e l’ acqua per l’ acqua non si movessino. Il che è falso veggendo noi molti fiumi sopranuotare sopra a i laghi, e l’ aria grossa restar sotto la sottile, anzi sendo spinta all' insu ritornare al suo luogo. Nondimeno se una gran quantita d' aria fusse piu grave ch' una piccola d' acqua si moverebbe per tutti i mezzi all' ingiu piu veloce di quella. onde non bisogna domandare dove si potrebbe fare questa esperienza, e non dove Aristotile l’ ha fatta. ,,Ma perche de' continui altri sono facilmente altri difficilmente ,,divisibili, e i divisibili nella nedesima maniera altri ,,piu altri meno, si deve pensare queste essere le cagioni. ,,Imperciocche quello è piu facilmente divisibile, che è piu ,,flussibile, e quello piu che piu. e l' aria è piu tale dell' acqua, è ,,acqua della terra. e in ciaschedun genere il minore è piu divisibile, ,,e si disperge con piu facilita. Adunque quelle cose ,,che hanno larghezza per occupare molto, e per non si disperdere, ,,il maggiore agevolmente sopranuotano. Ma ,,quelle che hanno contrarie figure per occupar poco, e per ,,dividere piu facilmente si muovano all' ingiu, e nell' aria ,,molto piu, perche è piu divisibile dell' acqua. Ma havendo ,,la gravità una certa virtù mediante la quale si muove al centro, ,,e i continui a non essere divisi, fa di mestiero paragonarle ,,insieme. Imperciocche se la virtù della gravita alla ,,separazione, e alla divisione supererà quella del continuo, si ,,moverà all' ingiu velocemente, ma se sara piu debole sopranoterà. Ecco il luogo dove Aristotile rende la ragione perche le sottil falde di ferro e di piombo sopranuotano nell' acqua, e perche la limatura dell' oro, e non le foglie, se però in tal guisa si ha da intendere il testo, e la polvere non pure nell' acqua, ma nell' aria ancora vadia notando, e perche le falde devano cagioncare quest' effetto nell' acqua, e non nell' aria, e dice, che de i continui altri sono piu divisibili altri meno, e che i continui maggiori si dividan meno, e i minori piu. ,,Qui io noto. Contro le quali posizioni il Galilei oppugnando dice, che le conclusioni d'Aristotile in genere tutte son vere, ma che egli le applica male a i particulari perche l’ acqua, e l’aria non hanno resistenza alla divisione: ma essendosi dimostrato che non solo i detti elementi, ma gli altri ancora hanno resistenza alla semplice divisione, per l’argumento del contrario seguirà che Aristotile applichi bene le sue conclusioni universali a i particulari. Ma notisi dal Sig. G. che trattando Aristotite della quiete delle falde del ferro, e del piombo, tratta della quiete accidentale, e il simile è la quiete della polvere nell' aria. E percio sendo le cose accidentali di lor natura non durabili, non è maraviglia se la polvere non sta sempre nell' aria, essendo che quando ella ha superato la resistenza dell' aria ella si muove al suo centro, e perchè piu resiste l'acqua che l’aria, percio piu si quieta la polvere, e le falde del ferro, e del piombo nell' acqua, che non fa nell' aria. e perche le falde, e la polvere bagnate nell' acqua calino al fondo già si è detto, si possono bene collocar in quella se non in tutto prive dell’ aria, almeno con si poca, che ella non può cagionare questo effetto del sopranotare. Quanto alle oposizioni che il Sig. G. si fa contro, son tanto deboli, e fievole, che non pare che metta conto spender il tempo intorno di esse. e chi non sa che le cose leggieri galleggiano non per non poter fendere la resistenza dell' acqua, ma per esser più leggieri di essa? e che sommerse dentro de l’acqua elleno rompendo la sua resistenza ritornano sopra di quella. Non so chi sien coloro che si credano ch' uno vuovo galleggi nell' acqua salsa, e non nella dolce, per la maggior resistenza, ma bene mi paiano poco esperti nelle cagioni delle cose, e nella filosofia, venendo questo accidente perche l’ vuovo è piu leggieri dell' acqua dolce, e piu grave della salsa. Ma mi sono motto maravigliato che il Sig. G. dica, che a simiti angustie deducano i principil falsi d' Aristotile, non sapendo vedere perche molto meglio si possa rendere la cagione di questo effetto con i suoi principi, che con i nostri; anzi molto meglio, perche oltre al rendere ragione onde avvenga che un'vuovo galleggia nell' acqua salsa, e non nella dolce, si può ancora dimostrare perche una gran mole di aria nell' acqua si moverà piu velocemente che una piccola. Adunque a ragione si può dire al Sig. G. a queste angustie conducano i falsi principi. Imperciocche la maggior mole dell'aria ha maggior virtù che la piccola, e percio si move piu velocemente di essa. la dove il Sig. G. che non concede virtù alcuna che produca il movimento all' insu non puo dimostrare tale accidente. ,,Cessa adunque tal discorso. Essendo dunque vero che l'acqua, e l'aria hanno resistenza, sarà verissimo il discorso d'Aristotile, che le falde larghe sopranuotano nell'acqua, perche comprendano assai, e quello che è maggiore meno agevolmente si divide. Ma il dire, che le piastre quando si fermano habbino gia penetrato la superficie dell' acqua è una vanità, come si è dimostrato. I1 simile si puo dire della nave, della qual cosa ci rimettiamo a quello si è detto, non volendo senza osservare metodo noiare noi medesimi, e gli uditori. Perciò faceva meglio a non repricar tante volte le medesime cose. Adagio Sign. G. non saltiam d'Arno in Bacchiglione al nostro solito: Il Buonamico dice, che l’ acqua del mare è piu grossa nella superficie che nel fondo, e il Sig. G. subito s'attacca che egli dica il simile nell' acqula dolce. Sapeva ancora il Buonamico, che ne i fiumi l' acqua grossa sta di sotto, si come aviene del lago di Garda, del lago Maggiore, e del lago di Como, sopra de i quali senza mesciarsi passano varii fiumi, e che sopra del mare i fiumi sopranotano per molte miglia, ma diceva che paragonando l’ acqua del mare fra se medesima, che quella di sopra era più crassa, perche era più amara, straendo il Sole del continuo de i vapori da quella, e quella di sotto men crassa, per essere piu dolce, e per non potere il Sole cavare di essa le parti piu sottili. Quanto al dubitare della sua esperienza poco importa, perche il Sign. G. potra farne la sperienza al contrario, e allora gli si potrà credere qualche cosa. E noti il Sig. G. che delle cose sensibili il senso ne è ottimo cognoscitore, e non la ragione. Vaneggia colui e ha debolezza d' ingegno, che vuole le cose sensibili ricercar con ragione. E in questo proposito mi piace di dimostrare un metodo pellegrino del Sig. G. nella sua filosofia. E questi è che egli nelle cose, che son sottoposte al senso, e che noi continuamente veggiamo, vuole dimostrarle con matematiche ragioni. e nelle cose dove non arriva il senso, o almeno ripieno d' imperfezioni, egli le vuol cognoscere col senso, come della concavità della Luna, delle macchie del Sole, e di mille altre cose simili. dove che egli si vorrebbe fare al contrario. Imperciocche dove si puo fare la esperienza son superflue le ragioni, si come del galleggiare della nave, e della salsedine adiviene. Ma dove il senso non arriva se non pieno d'imperfezione bisogna correggerlo, e aiutarlo con la ragione. Imperciocche quando noi veggiamo il Sole che apparisce della grandezza d' un piede se noi non correggessimo quel senso noi crederemmo una cosa falsissima per vera. Percio quando al Sign. G. par di vedere la Luna montuosa, e il Sole macchiato, fa di mestiero che consideri bene se la ragione comporta tal cosa e se il senso si può ingannare in tanta lontananza, e accompagnato da quello instrumento del Sig. G. ,,Ma tornando ad Arist. E tornando dove ci partimmo dico che la larghezza delle piastre del ferro è cagione del sopranotare, si deve bene avertire, che la detta larghezza si deve accompagnare con la sottigliezza. Il che dimostra Aristotile dicendo, che se la virtù della gravità supererà la del continuo, le piastre se ne andranno al fondo. onde bisogna che le dette piastre sieno leggieri, e perciò sottili. Quanto alla esperienza, che le piastre del ferro, e del piombo se si divideranno in strisce, e in piccoli quadretti si reggeranno non altrimenti che prima facevano. Si debbe avertire che questa esperienza non conclude per due cagioni. la prima perche non è vero, che nel medesimo modo galleggi una gran falda che una piccola. Imperciocche molto più gagliardamente galleggierà la grande che la picciola, come per esperienza si è provato. La seconda che il Sig. G. volendo mostrare, che la figura piana non cagiona l’effetto del galleggiare sempre mantiene le falde in detta figura ora grande, ora picciola. E perciò non è maraviglia, che ella sempre galleggi, ma se egli di dette falde ne tagliera qual si voglia porzione, purche sia di sensibil gravità di qual si voglia figura fuor della piana subito se ne andrà al fondo. Adunque la figura larga è quella che sostiene le falde del ferro e del piombo. ,,E per dichiarazion di questo. Quanto a che le figure piu corte, e piu strette dovessino galleggiar meglio. Eccoci alle nostre vanità. Se il senso ci dimostra il contrario, perche ci vuole il Sign. G. far stravedere? Ma veggia la cosa dove si riduce. egli per dimostrare questa stravaganza entra in una maggiore, supponendo che l’acqua che è intorno intorno al perimetro delle piastre deva reggerle sopra di essa. Il che è falsissimo, essendo manifesto che è l'acqua, ch’ è sotto della piastra. segno di ciò ne è che sendo diviso tutto il perimetro dell’ acqua, ad ogni modo la piastra si regge. oltre a che non è tant' acqua al perimetro delle figure lunghe quanto alle larghe. v. a una striscia tagliata da una falda di ferro, o di piombo, ma cosi stretta che piu non sia di figura piana, e nondimeno ella non può galleggiare. Onde se bene è vero per la sua geometria, che dividendo una falda sempre si fa piu superficie, nondimeno la larghezza della piastra sempre sarà la medesima. Imperciocche rimessa insieme la detta piastra divisa, overo misurata cosi separata sara la medesima. ,,Dicogli di più. Con nuovo, e ultimo argumento impugna Aristotile il Sig. G. dicendo che concedendosi ancora la resistenza dell' acqua essere la propia cagione del galleggiare delle piastre del ferro, nondimeno molto meglio non dovrebbe galleggiare una gran falda di piombo, che una piccola. Il che egli volendo provare, mette in considerazione, che le piastre del piombo discendano dividendo l’acqua, che è intorno al loro perimetro, e alla loro circunferenza. quasi ch’egli voglia dire, che le parte dell’ acqua, che son sotto la piastra del piombo da esse non si dividino. la qual cosa è contro alla sperienza, e ad Aristotile. Imperciocche sensibilmente si vede che le piastre del piombo qualche volta anno diviso tutte le parte dell’acqua, che sono intorno alla loro circunferenza, e nondimeno non si profondano. E Aristotele dice, che le piastre del piombo galleggiano perche occupano gran quantita d' acqua, e le rotonde, o lunghe per occuparne poca quantità, si muovono all' ingiu. Avendo prima detto che i continui divisibili quelli che son maggiori piu malagevolmente si dividano, che iminori, onde è manifesto Aristotile dire, che le falde del piombo in movendosi devino dividere tutte le parte dell' acqua, e non quelle sole che sono intorno al perimetro. E quindi avviene, che le falde grandi stanno piu gagliardamente sopra l’acqua, che le piccole, segno ne sia di ciò, che elleno sostengano sopra di se molto maggior peso, che quelle non fanno. Anzi supponendo la sua opinione, il suo argomento non conclude l’intento, e se niente conclude, conclude con condizione. Imperciocche ponendo la tavola A.B.C.D. lunga otto palmi, e larga cinque, sarà il suo ambito palmi 26. e 26. palmi ponghiamo che sia il taglio, ch’ ella dee fare per andare al fondo. dividasi quanto il Sig. G. vuole, e quanto egli desidera. Dico che l’argomento non conclude l'intento. Imperciocche se noi pigliamo qual si voglia parte di quelle divise niuna ve ne sara chè habbia 26. palmi d'ambito, come quella che si è divisa. Adunque ella non potrà galleggiare meglio che la già divisa. Adunque non sarà vero ch'una piccola falda possa galleggiare meglio che una grande. E se però conclude, niente conclude con condizione. Impercio che se quelle particeile divise non si uniscano di maniera insieme che quella superficie che si è acquistata per la divisione ricongiungendole non si perda, non concluderà l' argomento, la qual cosa il Sig. G. non fa, e non dimostra in che maniera si possa fare. e quando si riducesse in alto non proverebbe altro se non che la detta asse divisa, e ricongiunta in maniera che non si perda la circunferenza acquistata per la divisione, seguirà, per il supposto del Sig. G. ch' ella mneglio deve galleggiare che prima non faceva. Notisi che se bone nel segare una assicella s'accresce la sua circunferenza, perche si fa una superficie che prima non vi era, nondimeno la superficie del fondo riman la medesima, anzi si diminuisce, mancandovi lo spazio che nel dividerla si consuma nel segamento. Il che è chiarissimo, perche segandosi una asse di qual si voglia grandezza in cento parti, e riunendola nella medesima maniera che era prima, non solo non divien maggiore, ma alquanto minore per la detta cagione. trattandosi della superficie del fondo, che è quella, la quale secondo Arist. è la cagione del sopranotare. Questo è quello che seguirebbe in dottrina d'Arist. contro alla sua medesima dottrina, anzi contro alla dottrina del Sig. G. ,,Finalmente a quel che si legge. Diciamo dunque che tutto quello che si quieta, e si muove nell' acqua, o si quieta, e si muove naturalmente, ò accidentalmente. In oltre quello che in queste maniere si quieta, e si muove, o è corpo semplice, o è misto. I corpi semplici o si muovono nell' acqua naturalmente al centro, o alla circunferenza, quelli che si muovono per quella al centro si muovono per essere piu gravi dell' acqua, come la terra, e quelli che alla circunferenza per essere piu leggieri di essa, come l' aria, e ‘l fuoco. I corpi misti o si muovano naturalmente per l’ acqua al centro, e ciò per il predominio delli elementi piu gravi di essa, come l’ oro e il piombo, o si muovono alla circunferenza, e ciò per il predominio delli elementi piu leggieri dell'acqua, come i vapori e l'esalazioni, o finalmente si quietano nella superficie dell' acqua e nel confine di quella dell'aria. e questi sono quei misti che sono a predominio aerei come i sugheri, le galle, e simili. Di nuovo quello che si quieta per accidente nella superficie dell'acqua, o è corpo semplice, o misto. e ciò in due maniere, o per essere cosi piccolo, e di si poca gravità che non possa fendere la continuità dell'acqua, come la polvere, e altre cose pulverulente, o per essere di figura piana e sottile, la quale per comprender molto continuo dell' acqua, e percio per non poter dividerlo cagiona a i corpi gravi ne' quali ella si ritrova, il sopranotare nell'acqua, come nelle piastre dell'oro, del ferro, del piombo, nell'assicelle dell'ebano, e simili. Havendo dimostrato per sensibile esperienza, che dette falde quando si pongano nell'acqua sono semplice oro, o piombo, e che non vi è congiunta aria, e se pur ve n' è, è si in minima quantità, che di essa, e delle piastre non si può comporre un corpo piu leggieri dell'acqua. Adunque dette piastre si quietano sopra l' acqua per la figura piana. ,,Si come era la sentenzia d'Arist. Questo è quello che in difesa della verità, e di Arist. mi è sovvenuto di dire in queste mie Considerazioni sopra ‘l Discorso del Sig. G. i1 quale se avesse publicato i libri dove egli pone i principii, e fondamenti della sua filosofia, come dovra fare fra poco tempo, forse mi sarei appreso alla sua opinione, o io con più fondamento gl' avrei dimostrato l' opinione d'Arist. in questa dubitazione esser vera. Imperciocche mnal si può impugnare chi ora s' appiglia ad una opinione, e ora a un'altra, ora a quella di Democrito, ora a quella di Platone, e ora a quella di Aristotile, non si vedendo come egli da sua principi deduca queste conclusioni. IL FINE. Errori. A car. 5. finire, nel finire. 6. non spero, spero. 7.9.10 gliaccio, diaccio, ghiaccio. 11. parte, prime. l'adifinzion, l'affezion. 13. dell'uno, luogo, 16.17. numero, in numero. 19. cura, vera. 20. se egli leggieri, s'egli è leggieri. 26. dire, dedurre. 35. più acto, atto. 36. Aristotile o, Aristotile ha errat. 38 po, por. 39. non a lui, quanto a lui. 41. con tutto, con tatto. 46. asse, asta. 50. boccetta, bacchetta. 51. O, Io. che non fa, che non fanno. 57. d'un, per un. Concediamo licenza al M. R. Sig. Vincenzio Rondinelli Canonico, e Penitenziere Fiorentino, che possa rivedere la presente opera, considerando se in essa si trovi cosa che militi contro la pietà Christiana, ò li buoni costumi, e riferisca in piè di questa. Il dì 23. Aprile 1613. Piero Niccolini Vicario di Firenze. Io Vincenzio Rondinelli Canonico Fiorentino hò revisto il presente trattato del Sig. Vincenzio di Grazia circa le cose, che stanno sopra l’acqua, ò in quella si muovono, di controversia à quel del Sig. Galileo Galiiei, e non ci hò trovato cosa che sia contro alla Christiana religione, e contra buoni costumii, & in fede hò scritto questo dì 4. di Maggio 1613. Attesa la premessa relazione concediamo che la soprascritta opera si possa stampare in Firenze, osservati gli ordini soliti. 4. Maggio 1613. Piero Niccolini Vicario di Firenze. I1 P. Maestro Francesco Vecchi Regente di S. Spirito rivegga per parte del Sant' Offizio, e referisca, &c. Dal Sant Offizio di Firenze 5. Maggio 1613. F. Cornelio Inquisitore di Firenze. Io Fra Francesco Vecchi ho letto il presente trattato, intitolato Considerazioni del Sig. Vincenzio di Grazia sopra il Discorso di Galileo Galilei intorno aile cose che stanno su l'acqua, & che si muovono in quella, & non ho trovato cosa che repugni alla santa Fede, & buoni costumi. In fede di che ho scritto di propria mano. questo dì 7. Maggio 1613. F. Cornelio Inquisitore di Firenze. 8. Maggio 1613. Stampisi secondo gli ordini. questo dì 9. di Mlaggio 1613. Niccolò dell'Antella.