Difesa di Galileo Galilei

Galileo's defense against plagiarism of his compass and instructions for use.

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            <title>Galileo's Difesa (1607): A Basic TEI Edition</title>
            <author>Galileo’s Library Digitization Project</author>
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                <orgName>the TEI Archiving, Publishing, and Access Service (TAPAS)</orgName>
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            <note>"Based on the national edition corrected to ETH-Bibliothek Zurich Shelf Mark: Rar 4432: 3; Persistent Link: http://dx.doi.org/10.3931/e-rara-1296"</note>
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               <title>Difesa di Galileo Galilei nobile fiorentino, Lettore delle Matematiche nello Studio di Padova contro le calunnie ed imposture di Baldassar Capra milanese: Usategli si' nella Consideratione Astronomica sopra la nuova stella del MDCIIII, come (et assai più) nel pubblicare nuovamente come sua l'invenzione, la fabbrica e gli usi del Compasso Geometrico, et Militare, sotto il titolo: Usus et fabrica Circini cujusdam proportionis, ecc.</title>
               <author>Galilei, Galileo</author>
               <pubPlace>Venice</pubPlace>
               <publisher>Baglioni, Tommaso</publisher>
               <date>1607</date>
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            <p>This TEI edition is part of a project to create accurate, machine-readable versions of books known to have been in the library of Galileo Galilei (1563-1642).</p>
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         <samplingDecl>
            <p>This work was chosen to maintain a balance in the corpus of works by Galileo, his opponents, and authors not usually studied in the history of science.</p>
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         <editorialDecl>
            <correction>
               <p>Lists of errata have not been incorporated into the text. Typos have not been corrected.</p>
            </correction>
            <normalization>
               <p>The letters u and v, often interchangeable in early Italian books, are reproduced as found or as interpreted by the OCR algorithm. Punctuation has been maintained. The goal is an unedited late Renaissance text for study.</p>
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               <p></p>
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               <p>Hyphenation has been maintained unless it pertains to a line break (see "segmentation").</p>
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               <p>Word breaks across lines have not been maintained. The word appears in the line in which the first letters were printed. Words broken across pages appear on the page on which the first letters appear. Catch words are not included.</p>
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 <docTitle>Difesa di Galileo Galilei nobile fiorentino, Lettore delle Matematiche nello Studio di Padova contro le calunnie ed imposture di Baldassar Capra milanese: Usategli si' nella Consideratione Astronomica sopra la nuova stella del MDCIIII, come (et assai più) nel pubblicare nuovamente come sua l'invenzione, la fabbrica e gli usi del Compasso Geometrico, et Militare, sotto il titolo: Usus et fabrica Circini cujusdam proportionis, ecc.</docTitle>
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  <date>1607</date>
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<pb n="1 recto"/>
<lb/>DIFESA
<lb/>DI GALILEO GALILEI
<lb/>NOBILE FIORENTINO,
<lb/>Lettore delle Matematiche nello Studio di Padova,
<lb/>Contro alle Calunnie &amp; imposture
<lb/>DI BALDESSAR CAPRA
<lb/>MILANESE,
<lb/>Usategli sì nella Considerazione Astronomica sopra la nuova Stella
<lb/>del MDCIIII. come (&amp; assai più) nel publicare
<lb/>nuovamente come sua invenzione la fabrica, &amp;
<lb/>gli usi del Compasso Geometrico, &amp;
<lb/>Militare, sotto il titolo di
<lb/>Usus &amp; fabrica Circini cuiusdam proportionis, &amp;c.
<lb/>CUM PRIVILEGIO.
<lb/>IN VENETIA, MDCVII.
<lb/>Presso Tomaso Baglioni. 
<pb n = "2 recto"/>
<lb/>GALILEO GALILEI 
<lb/>A I LETTORI. 
<lb/>IO non credo, prudenti Lettori, che verun' altro dolore 
<lb/>à quello si agguagli, il quale l'animo di persona ben nata, 
<lb/>trà costumi honesti allevata, &amp; in virtuosamente operare 
<lb/>sempre occupata, affligge, e tormenta, quando dalla 
<lb/>malignità di temerario calunniatore, senza alcun suo demerito, 
<lb/>dell'honore, con le proprie azioni virtuose meritato,
<lb/>&amp; conseguito, non meno inaspettatamente che ingiuriosamente 
<lb/>si vede spogliare. E stimata la perdita de i figliuoli apportatrice di sommo 
<lb/>cordoglio; mà chi ben considera, che altro perde chi de i figliuoli resta 
<lb/>privo, che quello, che non pure in poter di ogn' huomo, mà dell'impeto 
<lb/>di ogni fiera è in potestà di produrre, e di rigenerare? Si dorrà forse 
<lb/>alcuno, e non senza urgente cagione, nel vedersi spogliare, e denudare 
<lb/>di ogni sustanza, &amp; di tutte le sue facultadi; mà che? se gliene sortì il padronaggio per 
<lb/>eredità, qual più legittimo dominio vi hebbe sopra, che 
<lb/>qualunque altro, à cui la sorte, ò il caso solamente tal possessione contese? 
<lb/>&amp; se per propria industria ne fece aqquisto, non si doglia altrimenti 
<lb/>implacabilmente, restandogli ancora il modo di poter fare il secondo
<lb/>con maggior lode di quella, con che ne fece il primo guadagno. Dirà 
<lb/>forse alcuno, acerbissimo essere il duolo della perdita della vita; anzi pur, 
<lb/>dirò io, questo esser minor de gli altri; poiche colui che della vita ci spoglia, 
<lb/>ci priva nell'istesso punto del poterci noi più, nè di questa, nè di altra 
<lb/>perdita lamentare. Solamente in estremo grado di dolore ci riduce 
<lb/>colui, che dell'honore, della fama, &amp; della meritata gloria, bene non ereditato, 
<lb/>non dalla natura, non dalla sorte, ò dal caso, ma da i nostri studii, 
<lb/>dalle proprie fatiche, dalle lunghe vigilie contribuitoci, con false imposture, 
<lb/>con fraudolenti inganni, &amp; con temerarii usurpamenti ci spoglia; 
<lb/>poiche restando noi in vita, ogni virtuosa persona non pur come tronchi 
<lb/>infruttuosi, non solo come mendici, mà più che i fetenti cadaveri ci sprezza, 
<lb/>ci sfugge, ci aborrisce. In questo di miserie ultimo, &amp; infelicissimo 
<lb/>stato hà con fraude inaudita, e con temerità senza essempio procurato 
<lb/>Baldessar Capra Milanese di ridur me col publicare ultimamente, &amp; dare 
<lb/>alle stampe come sua propria invenzione, e come parto del suo ingegno 
<lb/>(che così nell' opera sua lo chiama) il mio Compasso Geometrico, &amp; Militare, 
<pb n = "2 verso"/>
<lb/>da me solo già sono dieci anni immaginato, ritrovato, e perfezionato, 
<lb/>si che altri non ve ne hà parte alcuna; da me solo da quel tempo in 
<lb/>quà conferito, participato, &amp; donato à molti grandissimi Principi, &amp; ad 
<lb/>altri nobili Signori; &amp; finalmente da me solo un' anno fà stampatone le 
<lb/>operazioni, &amp; al glorioso nome del Serenissimo Principe di Toscana
<lb/>mio Signore consecrate. Del quale Strumento non solo il sopranomato 
<lb/>Baldessar Capra si fà autore, mà ne predica me (e tali sono le sue 
<lb/>parole) per usurpatore sfacciato, &amp; però meritevole di arrossirmi 
<lb/>con mio sommo obbrobrio, &amp; indegno di comparire nel conspetto di 
<lb/>huomini letterati, &amp; ingenui. Nella quale insolentissima impresa io 
<lb/>non sò giudicare à quale di queste tre qualità del Capra si deva il primato; 
<lb/>se alla temerità, alla ignoranza, ò pure alla pazzia, &amp; però tal giudizio 
<lb/>lascio io alla prudenza vostra Discreti Lettori, dopo che questa mia 
<lb/>scrittura havrete letta; &amp; solo proporrò, somma essere stata la sua temerità, 
<lb/>poiche non si è peritato in questa medesima città di Padova, dove 
<lb/>comunemente da 15. anni in quà abitiamo, stamparmi in faccia l'opera 
<lb/>dal mio libro puntalmente trasportata; in questa Città dico, dove da 
<lb/>dieci anni in quà hò fatti fabricar 100. di questi miei Strumenti, &amp; egli 
<lb/>li hà veduti, dove io à lui medesimo, &amp; à suo padre già molti anni sono
<lb/>alla presenza di terze persone hò mostrato questo Strumento, &amp; diverse 
<lb/>sue operazioni; &amp; dove finalmente esso si hà da terza persona fatto prestare 
<lb/>uno di questi miei strumenti per studiarlo, &amp; procurar d'intenderlo, 
<lb/>&amp; molti mesi l'hà ritenuto nelle mani; le quali cose tutte amplamente 
<lb/>saranno più à basso dimostrate; Che somma sia la sua ignoranza in 
<lb/>queste scienze, non più lungo tempo ricerco per farvi toccar con mano, 
<lb/>di quello, che nella lezione di questa scrittura consumerete, mà nè à questa, 
<lb/>nè à quella cede in grandezza la pazzia di costui, essendosi egli persuaso, 
<lb/>ò che io non fussi per conoscere il suo furto, &amp; le sue calunnie; ò 
<lb/>che io fussi per dissimularle; ò che io fussi per tollerarle; ò che non si fusse 
<lb/>per poter trovar compenso da manifestarle, repriprimerle, &amp; castigarle. 
<lb/>Ma perche nel giustificar la causa mia io non hò cosa che sì mi pregiudichi, 
<lb/>quanto la grandezza medesima dell'eccesso del Capra, la quale, superando 
<lb/>ogni immaginabile verisimile, non può nell'humano intelletto, 
<lb/>nella prima apprensione, non suscitare qualche dubitanza intorno al vero; 
<lb/>io, prima che ad altro descenda, toccherò due cagioni, le quali, s'io 
<lb/>non m'inganno, sono state delle più potenti à far precipitare il Capra in 
<lb/>questa disonorata operazione. La prima sono state le suggestioni del mio 
<pb n = "3 recto"/>
<lb/>antico avversario, invido inimico non sol di me, mà di tutto 'l genere humano, 
<lb/>quello la cui mordace, &amp; mendace lingua apparecchiata sempre 
<lb/>à lacerare, e dilaniare tutti i buoni, sempre occupata in consultare diabolici 
<lb/>trattati, fà che assai fortunati si stimano, e chiamano coloro, li quali, 
<lb/>conoscendo lui, da lui non sono conosciuti, non essendo al mondo altro 
<lb/>schermo contro 'l veleno di questo Basilisco, che il non esser da lui veduto;
<lb/>costui, che altre volte con altre sue machine hà tentato il mio precipizio, 
<lb/>hà, per mio avviso, concitato il Capra, già per propria inclinazione 
<lb/>contro di me male affetto, &amp; pensando più à sfamare le sue ingorde 
<lb/>brame, fameliche del mio disonore, che al pericolo al quale col suo 
<lb/>perverso consiglio esponeva l'amico; l' hà finalmente ridotto, confermato,
<lb/>&amp; mantenuto nell' esecuzione di questa opera vergognosa. L'altra 
<lb/>cosa che hà allettato, &amp; assicurato il Capra à questa impresa, è stata la mia 
<lb/>connivenza, &amp; l'havere io dis.simulate altre sue arditissime calunnie, &amp; imposture 
<lb/>publicate contro di me nella considerazione astronomica circa 
<lb/>la nuova Stella del 1604. stampata da lui più di due anni sono, le quali
<lb/>per non li havere io risposto, nè permesso che altri per me risponda, hanno 
<lb/>tant' oltre promossa la confidente sua petulanza, che finalmente non si 
<lb/>è peritato di osar tant' oltre. Ma poiche la sua importunità ha vinta la 
<lb/>mia sofferenza, io per palesare la sua obliqua affezione verso di me, cominciata,
<lb/>e continuatasi poi gran tempo, verrò insieme à raccontare, anco
<lb/> per mio scarico dalle altre sue calunnie, quanto sin quì ho taciuto. 
<lb/>Cominciò dunque con l' a1jparir della nuova Stella del 1604. à germogliare,
<lb/>&amp; à farsi vedere, quella prava affezione del Cap. verso di me, 
<lb/>che per avanti haveva solamente sparse le sue radici, &amp; fatto cespo sotto 'l 
<lb/>terreno assai tenero, &amp; facile ad impinguarsi del succo avvelenato, che 
<lb/>dal putrido concime dal suo pessimo cultore, e consultore, ò pessimi cultori, 
<lb/>e consultori, in lui discolava; Et essendo egli, &amp; il suo maestro, che 
<lb/>per pratticare le operazioni del quadrante facevano ogni notte diverse 
<lb/>osservazioni, stati in Padova i primi ad accorgersi di quella nuova apparizione, 
<lb/>si che da loro per mezo dell' Illu.strissimo Sig. Iacop' Alvigi Cornaro, 
<lb/>gentil' huomo Veneziano non meno per nobiltà di sangue che per 
<lb/>molte sue veramente regie condizioni illustre, &amp; cospicuo, à me ne passò
<lb/>l'avviso; venne il detto Capra in opinione, per quanto io credo (ned è 
<lb/>la mia credenza iperbolica, come appresso farò palese;) che quanta intelligenza 
<lb/>io hò delle cose celesti, col tramesso dell'annunzio del suo nuovo 
<lb/>scoprimento, facesse nella mia testa tragitto, &amp; quivi trasportasse 
<pb n = "3 verso"/>
<lb/>quanto io sopra la nuova Stella in tre mie lunghe lezioni à più di mille 
<lb/>uditori feci sentire; &amp; à ciò credere m'induce l'essersi da i suoi maligni 
<lb/>consultori, li quali l'applauso universale delle mie lezioni veder e sentir 
<lb/>non potevano, sparsa voce, &amp; tuttavia mantenersi, che quanto io di buono 
<lb/>dissi, fù per li avvisi ricevuti dal Capra, &amp; suo Maestro, &amp; che io per 
<lb/>me senza le loro lezioni, non ero atto à parlar in quella maniera di materie 
<lb/>così alte: nè furno in somma li avvisi &amp; le loro lezioni altro, che l'intender' 
<lb/>io da terze persone come loro erano stati i primi osservatori dell' 
<lb/>apparizion della nuova Stella; il qual primato se deve esser tenuto in 
<lb/>così grande stima, sarà bene che quelli, che nelle scienze Matematiche 
<lb/>aspirano à qualche nobil grado di gloria, trapassino tutte le notti della 
<lb/>lor vita, in osservar con gran vigilanza sopra i colmi delle case loro, se 
<lb/>qualche nuova,stella apparisce; acciò che altri, à i quali il caso fusse più
<lb/>favorevole, non riportassero la palma di così glorioso scoprimento. Sapevo 
<lb/>benissimo, che questa era per esser' una delle maggior lodi, che il 
<lb/>Cap. fusse per guadagnarsi in tutto il corso de i suoi studii matematici, 
<lb/>&amp; perciò non volsi defraudarlo di quel merito che se li perveniva, &amp; nella 
<lb/>mia prima lezione sopra la Stella nuova, presente lui, &amp; suo Maestro, 
<lb/>dissi con parole di laude, come loro ne erano stati i primi osservatori in 
<lb/>questa Città. Onde non hò potuto poi à bastanza meravigliarmi, perche 
<lb/>egli si sia contro di me doluto nel suo libro stampato sopra la detta Stella, 
<lb/>che io non habbia resa la gloria à chi si doveva. Mà notisi in cortesia
<lb/>quanto il desiderio di appuntar, benche irragionevolmente le azioni 
<lb/>mie, avanzi nel Cap. la volontà di deporre un vero, che non porti in fronte 
<lb/>qualche macchia per l'honor mio; poiche non potendo egli negare, 
<lb/>che io non attribuissi al suo Maestro il vanto cl' essere stato il primo, che 
<lb/>in Padova osservasse la nuova Stella, passa sotto silenzio la honesta menzione 
<lb/>che io feci di ciò, &amp; m'impone à mancamento che io non nominassi 
<lb/>l'Illustriss. Sig. Cornaro, il quale fù solamente semplice relatore di 
<lb/>quanto il Ca. li haveva detto havere insieme con suo Maestro osservato. 
<lb/>Veggasi quello che in questo proposito scrive nel lib. della nuova Stella, 
<lb/>à car. 7. b. dove in ultimo conclude con queste parole: Da questo cavasi 
<lb/>una conclusione necessaria, cioè che l' Eccell. Galileo habbia havuto il tempo, 
<lb/>&amp; il loco di questo nuovo portento dall' lllustr. Cornaro, delche nondimeno 
<lb/>non ne hà lui fatta alcuna menzione nelle sue lezioni: Ma se io nominai il 
<lb/>suo Maestro, da cui ne fui fatto avvisato per mezo del Sig. Cornaro, perche 
<lb/>tacer questo, e biasimarmi perche io non nominassi il detto Signore? 
<pb n = "4 recto"/>
<lb/>Mà per seguire quello che è il mio presente intento, cioè di mostrare con 
<lb/>quali in parte frivolissime, &amp; in parte falsissime imposture costui sino da 
<lb/>quel tempo procurasse di avvilire l'honore, &amp; la riputazion mia,; considerisi 
<lb/>prima la incivile, anzi villanesca, e temeraria sua maniera di operare, 
<lb/>mentre che, per farsi campo da potermi lacerare, si piglia ardire di 
<lb/>por mano à stampar quello che si immagina che io habbia detto nelle 
<lb/>mie lezioni, &amp; quello che non hò voluto publicare io con le stampe; bisogna 
<lb/>dunque che altri vada molto circonspetto nel parlare alla presenza 
<lb/>di questi tali, li quali, quasi spie del mondo, quello che altri ò trasportato 
<lb/>dal corso delle parole, ò per inavvertenza, ò pur per ignoranza
<lb/>si lascia uscir di bocca, molto sottilmente raccolgono, &amp; all' orecchie 
<lb/>dell'universo fanno pervenire; adunque i privilegii &amp; le habilità, che il 
<lb/>tempo concede alli studiosi di poter accorgersi de gli errori, emendarli;
<lb/>una, due, e cento volte rivedere, limare, &amp; castigare li scritti proprii, saranno 
<lb/>dalle petulanti, &amp; vigilanti censure di costoro aboliti, &amp; annullati? 
<lb/>Io non sò in quali scuole habbia il Capra imparato questa bruttissima 
<lb/>creanza; dal suo maestro Alemanno non credo certo, perche facendosi 
<lb/>egli scolare di Tico Brae, haveva da quello potuto imparare, &amp; al suo 
<lb/>discepolo mostrare, quali termini usare si devino nel publicare non solamente 
<lb/>le cose dette da altri, mà le già communicate, e mandate attorno 
<lb/>con scritture private; &amp; ambidue, come studiosi del medesimo Autore, 
<lb/>potevano havere appresa la modestia da quello, il quale volendo inserir 
<lb/>ne' suoi scritti alcune cose di un' amico suo, che ancor viveva, &amp; pure 
<lb/>in materia della nuova Stella di Cassiopea, prima ne ricercò il consenso 
<lb/>da lui, &amp; poi, dovendole addurre, premesse à quelle in sua scusa queste 
<lb/>parole: Scio etiam bona authoris venia id fieri, ut nonnulla licet non publicata
<lb/>immisceam, ipsemet enim per literas id mihi libenter concessit; &amp; pure 
<lb/>non adduceva tali cose per biasimarle, ò contradirli. Ma perche devo io 
<lb/>dubitare se il Cap. sapessi, queste azioni esser di pessima creanza? anzi è 
<lb/>pur chiara cosa ch'egli hà stimato atto ancora di malignità il porsi à mordere 
<lb/>le cose da i suoi proprii autori già stampate, &amp; publicate; dolendosi 
<lb/>egli nel principio de i suoi Tirocinii astronomici della temerità de i Critici, 
<lb/>&amp; scrivendo queste parole: Quandoquidem in hac vitae tragicomoedia 
<lb/>ea est humanae miseria calamitas, ut si quis iuvandi mortales studio, vel ab
<lb/>amicis impulsus aliquid publici iuris faciat statim non desint, qui illum vel 
<lb/>iure, vel iniuria carpere velint, &amp;c. Mà, oh vista humana di talpa ne' proprii 
<lb/>difetti, di aquila, e di serpente nell' altrui operazioni, oh mente nostra 
<pb n = "4 verso"/>
<lb/>offuscata, &amp; affascinata da i proprii affetti, &amp; interessi: biasima questo 
<lb/>poverello nella corruttela di questo nostro secolo le vigilanti insidie 
<lb/>de i critici, che sempre in guisa di rapaci avvoltoi stanno sù le ali apparecchiati 
<lb/>per buttarsi addosso à i parti novelli appena usciti di sotto le 
<lb/>penne cle i padri loro, &amp; lacerargli co i mordaci rostri, &amp; battergli co i 
<lb/>pungenti artigli, si che per loro oppressi nel primo volo, non possino spiegar 
<lb/>le ali verso il cielo, &amp; goder gli spaziosi campi dell' aura popolare; &amp; 
<lb/>non si accorge, come egli, stimolato da vie più fameliche brame, trapassa 
<lb/>ne gli altrui nidi, &amp; rompendo la scorza de i parti ancora non nati, lacera 
<lb/>i piccoli figli, le cui tenere membra per meglio formarsi, invigorirsi,
<lb/>&amp; consolidarsi, sotto l' amato caldo del paziente padre venivano ancora 
<lb/>covate. Biasima dunque in altri il Cap. la mordacità contro le opere già,
<lb/>da i loro proprii autori stampate, &amp; tollera in se stesso la impazienza di 
<lb/>non poter aspettar che io stampi le mie; anzi spinto da bramosità di lacerarle, 
<lb/>impaziente, &amp; pauroso pur di perdere sì belle occasioni, si risolve, 
<lb/>arditamente à publicarle, &amp; dilaniarle poi egli medesimo. Questa è veramente, 
<lb/>giudiziosi Lettori, audacia grandissima; mà pure piccola, tollerabile,
<lb/>&amp; scusabile la rende, un' altra temerità immensa, &amp; per avventura s
<lb/>enza esempio, usata contro di me da costui; il quale, non havendo sentito 
<lb/>nelle mie lezioni cosa alcuna degna della sua mordacità, &amp; pur bramando 
<lb/>di lacerarmi, hà scritto che io habbia dette cose, le quali mai dalla
<lb/>mia bocca non uscirno; si come appresso con infinita ammirazione vi 
<lb/>farò toccar con mano. Et avvertite che io non vi produrrò per grande 
<lb/>argomento della sua malignità quello che egli à carte 5. della sua Considerazione 
<lb/>Astrononomica, attribuendomi à gran nota, introduce molto à 
<lb/>sproposito di quel luogo, &amp; solo à proposito della sua mordacità, ciò è, 
<lb/>che io apertamente non mi dichiarassi circa 'l tempo dell' apparizion della 
<lb/>Stella nuova, &amp; che io confusamente dicessi quella trovarsi circa 18. 
<lb/>gradi di Sagittario con quasi due gr. di latitudine boreale; replicando pur 
<lb/>di nuovo il medesimo à carte 6. &amp; attribuendomi à grave mancamento 
<lb/>l'haver confuso il giorno ottavo col nono, &amp; col decimo, si che non fusse 
<lb/>possibile sapere da mè se la Stella apparse alli 8. alli 9. ò alli 10. soggiugnendo 
<lb/>che questo si doveva con diligenza descrivere, &amp; replicando di 
<lb/>nuovo che io non posi precisamente il luogo suo rispetto all' Eclittica;
<lb/>Le quali cose, quando ben fossero vere, come leggerissime, &amp; non necessarie 
<lb/>all'intento delle mie lezioni, che fù di provare solamente come la 
<lb/>Stella nuova era fuori della sfera elementare, per il che dimostrare niente 
<pb n = "5 recto"/>
<lb/>importava il determinare il giorno della sua apparizione, nè anco scrupolosamente 
<lb/>assegnare il suo sito rispetto all' Eclittica, proveriano molto 
<lb/>maggior mancamento nella modestia del Cap. che nella dottrina delle 
<lb/>mie lezioni; mà essendo di più false, oltre alla immodestia, notano il 
<lb/>suo prolatore per falsidico, &amp; temerario; nè io dissi confusamente il giorno 
<lb/>della prima apparizione della Stella; anzi le prime parole della mia 
<lb/>prima lezione furno queste: Lux quaedam peregrina die 10. Octobris primo 
<lb/>in sublimi conspecta est. Vero è, che poco dopo havendo io parlato della 
<lb/>congiunzione di Giove, &amp; di Marte, che fù il giorno 8. &amp; dovendo 
<lb/>replicare che il 10. fù veduta la Stella, dissi, die itaque octava, quinimo die 
<lb/>decima observata fuit, correggendo immediate la scorsa della lingua. &amp; 
<lb/>queste furno le confusioni circa 'l tempo della sua prima apparizione;
<lb/>mancamento, che con la sua piccolezza diinostra l'immensità della malignità 
<lb/>di chi lo nota. Quanto poi al sito, io non sò perceh in un ragionamento 
<lb/>corrente, &amp; dove niente era necessario di offuscar la mente de 
<lb/>gli ascoltanti con gradi &amp; loro frazioni, non bastasse, anzi fosse meglio, 
<lb/>dire, in 18. g. in circa di Sagittario, con 2. g. in circa di latitudine, in luogo 
<lb/>di dire: in 17. gr. 41. min. di Sagittario, con 1. g. 51. min. di latit. boreale. 
<lb/>Mà se si deve esser così severo critico in queste precisioni, perche non si 
<lb/>è posto il Cap. à riprendere in Tico Brae, prima il medesimo Ticone, &amp; 
<lb/>poi tanti autori segnalati, le scritture de i quali sono da lui registrate nei 
<lb/>Proginnasmati, li quali sono così poco scrupolosi nell'assegnare il luogo,
<lb/>&amp; il tempo dell' apparizione della Stella di Cassiopea? Poiche l'Illustrissimo 
<lb/>Principe Wilhelmo Landgravio di Assia, come si vede ne i 
<lb/>Proginnasrnati di Tico Brae, car. 491. mandando al medesimo Tico le 
<lb/>sue osservazioni intorno alla nuova Stella di Cassiopea, scrive così: 
<lb/>Anno salutiferi partus 1572. die 3. Decembris monente Electore Saxone primum 
<lb/>vidi &amp; observavi Stellam novam ipsa Venere maiorem, &amp; clariorem in 
<lb/>Asterismo Cassiopeae. Et nell'investigare il vero sito di detta Stella, si vede
<lb/>nel raccor la sua ascension retta, &amp; nello stabilire la sua declinazione col 
<lb/>mezo delle molte osservazioni fatte dal medesimo Principe con esquisitissimi 
<lb/>strumenti, diversità, circa le ascensioni di più di due gradi, &amp; 
<lb/>nelle declinazioni, di 37 minuti in circa. 
<lb/>Taddeo Hagecio Boemo nel suo libro inscritto Dialexim de novae &amp;
<lb/>prius incognitae Stellae, &amp;c. nell'assegnare il tempo, dice haverla la prima 
<lb/>volta veduta intorno alla Natività di N. Signore. è 
<lb/>Gaspare Peucero, in una sua lettera delli 7. Dicembre 1572. scrive:
<lb/>Has ut submitterem fecit novum Sydus, quod in septimanam quartam 
<pb n = "5 verso"/>
<lb/>sub Asterismo Cassiopeae conspicamur haerere, &amp;c. 
<lb/>Paulo Hainzelio scrisse: Quod lumen ego die 7. Novembris in decima
<lb/>domo primum conspexi. 
<lb/>Michel Mestlino scrive: Anno superiori 1572. prima mensis Novembris 
<lb/>Hebdomada, nova quaedam Stella in sedili Cassiopeae, marginem Galaxiae attingens
<lb/>apparere coepit. 
<lb/>Cornelio Gemma scrisse: Hanc Stellam incepisse 9. die Novembris. 
<lb/>Girolamo Munosio Spagnuolo, Matematico professore in Valenza,
<lb/>non scrive del tempo più precisamente, senon che, certo cognoscit, quod 
<lb/>secundo Novembris 1572. haec Stellci nondum apparuerit. 
<lb/>L' istesso Brae non si assicura di affermare altro, senon che incominciò
<lb/>ad esser veduta circa finem anni 1572. utpote mense Novembri prope 
<lb/>huius primordia, vel saltem in prima eius triade. Et circa il luogo poi della 
<lb/>medesima Stella, si troverà ne i medesimi Autori, diversità di molti 
<lb/>minuti. Mà quando bene il luogo della Stella nuova non mi fusse anco 
<lb/>stato così precisamente noto quando io feci le mie lezioni, (il che fù 
<lb/>non molti giorni dopo la sua apparizione) saria stato da riprendere il 
<lb/>non mi essere assicurato di volere sino ad un minuto determinare il suo 
<lb/>sito? ò pur da lodarmi, di non haver ardito di assegnare quella precisione 
<lb/>à capello, che non si può conseguire senza una diligentissima, &amp; 
<lb/>molte volte replicata osservazione? si come nel legger le diversità de i 
<lb/>luoghi assegnati à quella di Cassiopea, &amp; à questa da diversi osservatori
<lb/>si fà manifesto. Mà, Dio immortale, come riprende in me il Capra la 
<lb/>negligenza in una precisione di una Stella l' altr' ieri apparsa, &amp; non condanna 
<lb/>la sua grande ignoranza nell'assegnare il diametro visuale dell'antichissima 
<lb/>Luna da mille, &amp; mille misurato; il quale esso à car. 9. dice in 
<lb/>cielo non occupare più di mezo grado, che sono 30. m. &amp; pure è noto 
<lb/>da i libri di tutti gli Astronomi, come la Luna in diversi giorni del mese
<lb/>occupa hora 30. hora 31. hora 32. &amp; 33. &amp; 34. m. del suo cielo, &amp; talvolta 
<lb/>anco meno di 29. questo sì che è errore inescusabile, &amp; argumento certo 
<lb/>di somma ignoranza: nè minor di questo fallo, sarà quello che egli scrive 
<lb/>à c. 20. dicendo così: Mà sopra tutte le ragioni il non haver questa Stella alcuna 
<lb/>paralasse, è evidentissima demostrazione che non possi essere senon fra le stelle
<lb/>fisse, nel qual loco la paralasse per la sua picciolezza non è sensibile. Pone dunque 
<lb/>nelle stelle fisse alcuna paralasse; nè si accorge, nè intende ancora come 
<lb/>nelle stelle fisse nè vi è, nè vi può esser paralasse, essendo quelle gli ultimi, 
<lb/>&amp; altissimi corpi visibili, in relazion de i quali le stelle inferiori, &amp; molto 
<lb/>à noi vicine fanno la diversità di aspetto, detta da li Astronomi paralaxe. 
<pb n = "6 recto"/>
<lb/>Queste cose, dico, discreti Lettori, non vi propongo io per il principale 
<lb/>argomento della minima scienza, &amp; somma arroganza mostrata dal
<lb/>Cap. nel suo libro sopra la nuova Stella; mà vi chiamo ad ascoltare attentamente 
<lb/>quanto mi occorre dirvi circa quello, che egli nel medesimo libro 
<lb/>scrive à car. 18 b. dove, benche quanto quivi racconta niente faccia 
<lb/>al suo proposito, mà solo sia introdotto per tassarmi, scrive che io habbia 
<lb/>detto nelle mie lezioni, la nuova Stella essere stata in linea retta con 
<lb/>la lucida della Corona boreale, &amp; con la lucida nella coda del Cigno, &amp;
<lb/>poi trapassa à condennare come imperfetto &amp; inutile il modo, col quale 
<lb/>io dissi di essermi accertato della immobilità di detta Stella, perche sempre 
<lb/>mantenne la medesima retta linea con due stelle fisse. Hora, io non 
<lb/>dissi mai che, la Stella nuova fosse in linea retta con la lucida della Corona,
<lb/>&amp; con la coda del Cigno; mà si bene con la lucida della Corona, &amp; 
<lb/>con la prima delle tre nella coda di Elice; mà perche egli hà per avventura 
<lb/>creduto che Elice voglia dir Cigno, &amp; non Orsa, quello che è stato 
<lb/>errore della sua ignoranza, hà voluto ascriverlo per fallo, &amp; per inavvertenza 
<lb/>mia; &amp; che io non ponessi mai la nuova Stella in retta linea con la 
<lb/>Corona &amp; col Cigno, oltre alle testimonianze che potrei produr di moltissimi 
<lb/>che fourno presenti alle mie lezioni, &amp; che sino al presente ne hanno 
<lb/>memoria; si trova ancora appresso di me la copia di una quasi epitome 
<lb/>delle mie lezioni, scritta in forma di lettera dal M. Rever. Sig. Antonio 
<lb/>Alberti Arciprete di Abano al Clariss. Sig. Giovanni Malipiero, 
<lb/>sino alli 17. del mese di Dicembre, che fù due mesi avanti la publicazion 
<lb/>del libro del Cap. della quale ne sarà quìà basso trascritta quella parte 
<lb/>che fà al presente proposito, riscontrata &amp; autenticata, come nel fine di 
<lb/>questo discorso si vede: mà quello che più importa, &amp; che rende la temerità 
<lb/>del Capra senza essempio, è questo: 
<lb/>Un mese avanti che il Cap. stampasse il suo libro, fù dall' Illustriss. Sig. 
<lb/>Iacop' Alvigi Cornaro, e sopra un poco di carta li diede due interrogazioni, 
<lb/>&amp; le lascia à detto Signore, acciò me ne domandasse in suo nome;
<lb/>venne immediate il medesimo Signore à trovarmi insieme con l'Ecc. Signor 
<lb/>Francesco del Clariss. Sig. Taddeo Contarini, gentil' huomo di nobilissimi
<lb/>costumi, &amp; oltre ali' intelligernm delle leggi, della Filosofia, &amp;della sacra 
<lb/>Teologia, di Poesie Toscane leggiadrissimo scrittore, &amp; mi portò la 
<lb/>poliza con le interrogazioni, la quale si trova ancora appresso di me,
<lb/>le cui parole precise son queste: 
<lb/>Si dubita se stia bene à dire che la nuova Stella con la lucida della Corona 
<lb/>boreale, &amp; con la lucida della coda del Cigno faccino sempre una retta linea; 
<pb n = "6 verso"/>
<lb/>&amp; che più facendo le sudette stelle, overo altre che fussero una retta linea, come 
<lb/>sia possibile che si conservi la retta linea variando la nuova Stella la siue altezza? 
<lb/>Sopra di che io risposi à quei Signori, che non mi meravigliavo, che al 
<lb/>Capra giugnesse nuovo questo modo di osservare la immobilità di una 
<lb/>stella col referirla à due fisse, con 1e quali si trovi in retta linea, essendo 
<lb/>egli ancor giovine, &amp; principiante in questi studii; mà dissi che restavo 
<lb/>bene con qualche ammirazione, come ciò non fusse noto al suo maestro, 
<lb/>senza saputa del quale non era credibile, che il Cap. havesse fatte le interrogazioni; 
<lb/>essendo che di simil modo di osservare ne sono poco meno 
<lb/>di 50. essempi posti in Tolomeo al cap. 1. del libro 7. del suo Almagesto: 
<lb/>&amp; soggiunsi, che haverei anco potuto scu.sare il detto suo maestro dal 
<lb/>non haver ciò veduto in Tolomeo, la cui ]ezione, per esser difficilissima, 
<lb/>non è per le inani di ogn' uno; mà non potevo già scusarli dal non haver 
<lb/>simil maniera di osservare veduta in Tico Brae, del quale si fanno descendenti 
<lb/>in dottrina, &amp; dal medesimo molto celebrata nella scrittura di Michel 
<lb/>Mestlino fatta sopra la Stella nuova del 1572. il cui sito, immobilità,
<lb/>&amp; carenzia di paralasse con altro egli non osservò, che con un filo, trovandola 
<lb/>sempre in linea retta con due coppie di stelle fisse; &amp; di più diedi 
<lb/>à quei Signori in nota il luogo di Tico Brae ne i suoi Progim. acci√≥
<lb/>lo mostrassero al Cap. il qual luogo è à car. 544. Quanto poi all'altra 
<lb/>parte, li risposi esser falso, che la nuova Stella fosse in linea retta col Cigno,
<lb/>&amp; con la Corona, mà li dissi che ·•≤a in retta linea con la Corona, &amp; 
<lb/>con la prima delle tre nella coda dell' Orsa maggiore, detta Elice; &amp; di più 
<lb/>accostatomi con i medesimi Signori ad un Globo celeste, che sopra una 
<lb/>tavola havevo, feci loro vedere come il medesimo cerchio massimo passava 
<lb/>per il luogo della nuova Stella, &amp; per la Corona, &amp; per la coda di 
<lb/>Elice; soggiugnendo, che l'istesso era esser nel medesimo cerchio massimo, 
<lb/>che nella medesima linea retta. Questo che io risposi fù dall'Illustr. 
<lb/>Sig. Cornaro riferito al Capra, mà però senza profitto alcuno della sua 
<lb/>temerità, &amp; della sua ignoranza; non restando egli con tutto questo di 
<lb/>stampare un mese dopo il libro già preparato con le medesime imputazioni 
<lb/>contro di me, perseverando pure in asserire che io dicessi, la nuova 
<lb/>Stella essere in retta linea con la Corona,&amp; col Cigno; &amp; persistendo nella 
<lb/>medesima ostinazione, che l'osservar il sito, &amp; l'immobilità di una stella, 
<lb/>col referirla ad altre, con le quali si trovi in retta linea, sia al dispetto 
<lb/>di Tolomeo, &amp; prima di lui di Ipparco, e di Aristillo, e di Democare, 
<lb/>&amp; dopo di Ticone, &amp; di Mestlino, &amp; di altri infiniti, sia dico, un modo 
<lb/>fallace, &amp; imperfetto. oh temerità inaudita, oh ignoranza ostinata. 
<pb n = "7 recto"/>
<lb/>Hor quale schermo havrem noi contro alle calunnie di costui, qualvolta 
<lb/>ei voglia imporne qualche menzogna; già che non solo il non haver 
<lb/>detta una follia, mà il replicare à lui con l'intervento di più testimonii 
<lb/>di non haverla nè detta, nè immaginata, non basta à raffrenar la sua sboccata 
<lb/>penna, che non trascorra in falsamente, &amp; arrogantemente imporlaci? 
<lb/>Ma notisi dal discreto Lettore l'inavvertenza di costui congiunta 
<lb/>con la malignità, poiche si è immaginato di poter far creder altrui, che 
<lb/>io, troppo inverisimilmente habbia equivocato nel conoscer il carro, 
<lb/>conosciuto insin da i buoi, ò almanco da i boari, &amp; dir ch' io l'habbia cambiato 
<lb/>col Cigno, costellazione da quella, non men lontana, e diversa, di 
<lb/>quel che un'Orso vero sia da un vivo Cigno. Mà ponghiamo le attestazioni 
<lb/>attenenti à questo luogo, &amp; poi passiamo più avanti. 
<lb/>Estratto dalla lettera del M. Rever. Sig. Antonio Alberti
<lb/>Arciprete d'Abano scritta li 17. Dicembre 1604. 
<lb/> 
<lb/>Ma si fà chiaro anco per le seguenti ragioni, che nè anco può esser sotto 'l ciel della 
<lb/>Luna. Prima se fosse nella regione elementare, ancor che in parte altissima, haverebbe 
<lb/>diversità di aspetto, il che non è, perche l'Eccellentiss. Sig. Galilei sopranominato 
<lb/>l' hà diligentissiniamente osservata in linea retta con la prima stella delle tre nella coda 
<lb/>dell' Orsa maggiore, &amp; con la lucida della Corona, &amp; l' hà sempre in quella linea retta 
<lb/>rifrovata, &amp;c. 
<lb/>A di 15. d' Aprile 1607. in Padova. 
<lb/>Affermo &amp; attesto io Giacomo Alvise Cornaro come è la verità, che circa un mese 
<lb/>avanti che Domino Baldissera Capra stampasse il suo trattato sopra la Stella nuova, 
<lb/>mi dette sopra un poco di carta due interrogationi, acciòv che io da parte sua le mostrassi 
<lb/>al Sig. Galileo Matematico, &amp; ne pigliassi da lui risposta, le quali interrogationi 
<lb/>in somma contenevano questo. Prima se era ben detto che la Stella nuova facesse linea 
<lb/>retta con la coda del Cigno, &amp; con la lucida della Corona boreale, &amp; l' altra quanto fusse 
<lb/>sicuro modo questo di conoscere il sito ò moto d'una stella con l' osservare con quali altre 
<lb/>fosse in linea retta, non si potendo mantenere la medesima retta variando altezza la nuova 
<lb/>Stella; al che rispose il detto Signor Matematico, che quanto all'osservare il moto, 
<lb/>ò sito d'una stella, cioè dove sia collocata, &amp; se habbia altro moto che le fisse, quello del 
<lb/>vedere con quali fisse faccia linea retta, era un modo sicurissimo, &amp; usato da Tolomeo 
<lb/>e dalli altri Astrologi avanti, &amp; doppo di lui; &amp; più mi mostrò &amp; dette in nota il luoco
<lb/>di Tico Brae, il quale mette per eccellentissima la regola di Mestlino, il quale col filo 
<lb/>osservò &amp; ritrovò il sito della Stella nuova del 72. &amp; circa l'altra dimanda mi rispose, 
<lb/>che la Stella nuova del 1604. non faceva retta con la coda del Cigno, &amp; con la Corona, 
<lb/>ma con la coda dell'Orsa, &amp; con la corona; mi mostrò anco di più ciò esser vero sopra un 
<lb/>Globo celeste, &amp; à tutto questo fù presente ancora il Signor Francesco Contarini, &amp; il 
<pb n = "7 verso"/>
<lb/>tutto fù da mè puntalmente riferito al detto Capra il giorno seguente. In fede di che 
<lb/>hò fatta la presente testificatione di propria mano, siggillata con il mio siggillo. 
<lb/>Io Giacomo Alvise Cornaro affermo ut supra. 
<lb/>Io Francesco Contarini del Clariss. Sig. Taddeo fui presente, &amp; affermo esser la verità 
<lb/>quanto di sopra è narrato. 
<lb/>Condanna dunque il Cap. nel sopracitato luogo il modo dell' investigare 
<lb/>la immobilità di una stella con l'osservare se persiste sempre in linea 
<lb/>retta con due medesime fisse, &amp; dice, Questo modo non essere in tutto 
<lb/>sicuro, perche, se bene quando la Stella nuova era alquanto elevata faceva una 
<lb/>retta con due fisse supposte, vicina poi all' orizonte per la refrazione de i vapori 
<lb/>non poteva fare detta linea retta; dal che ogn'uno che mediocremente intenda 
<lb/>le primizie dell'Astronomia, potrà chiaramente comprendere come 
<lb/>il Cap. non intende niente questo modo di osservare la immobilità
<lb/>di una stella, il qual' ei piglia ad impugnar come fallace. Hà creduto il Ca. 
<lb/>come dalle sue parole necessariamente si raccoglie, che io, &amp; gli altri Astronomi, 
<lb/>havendo osservate tre stelle in linea retta, per accertarci se alcuna 
<lb/>di esse hà moto proprio, ritorniamo poche hore dopo ad osservar di 
<lb/>nuovo se quelle mantengono la medesima linea, nel qual riscontro potendo 
<lb/>accader fallacia, rispetto alle refrazioni, &amp; all' haver le dette stelle 
<lb/>mutato sito sopra l' orizonte, non si deve stabilire alcuna certa scienza: 
<lb/>ma chi vi hà detto M. Capra, che trà l'una, &amp; l'altra osservazione si devino 
<lb/>traporre alcune poche ore? ò chi sarà quello di cosìgrosso ingegno 
<lb/>che creda nè anco il moto di Giove, non che quello di Saturno, ò di altra, 
<lb/>se si trovasse, stella più pigra, potersi avvertire con osservazioni sì 
<lb/>poco distanti di tempo? ci vogliono, non hore, mà giorni, settimane, 
<lb/>mesi, anni, &amp; anco secoli trà l'una, &amp; l' altra osservazione, prima che possiamo 
<lb/>asseverantemente stabilire che una stella non habbia moto diverso 
<lb/>dalle altre. asserì Tolomeo le stelle fisse non mutarsi trà di loro, perche? 
<lb/>perche tutte quelle triplicità, che egli trovò rispondersi per retta linea
<lb/>furno molte centinaia di anni avanti da Aristillo, e Timocare, e poi da 
<lb/>Ipparco ritrovate nelle medesime rette; &amp; io dissi che la Stella nuova 
<lb/>non mostrava di haver moto proprio, perche havendola ritrovata da 
<lb/>principio in retta linea con le dette due fisse, molti giorni, &amp; settimane 
<lb/>dopo, &amp; non alcune hore, si era mostrata nella medesima retta; nelle 
<lb/>quali osservazioni che hanno, per vita vostra, che fare le refrazioni? &amp; 
<lb/>chi mi vieta di far le osservazioni quando la Stella sia nelle medesime 
<lb/>altezze sopra l' orfizonte? riprendete dunque il vostro niente sapere, &amp; 
<pb n = "8 recto"/>
<lb/>il vostro niente intendere, &amp; non le operazioni ottimamente da me, 
<lb/>&amp; prima da tutti gli altri Astronomi fatte. 
<lb/>Credo giudiziosi Lettori, haver sin quìassai apertamente dimostrata 
<lb/>la malevola disposizione del Ca. verso di me, cominciata à discoprirsi 
<lb/>più anni sono, anzi pur senza alcun freno di modestia traboccata con 
<lb/>una troppo licentiosa audacia nelle false imposture contro di me, le quali
<lb/>sin quì havete intese. Hor quì lascio à voi pensare quali creder si possa 
<lb/>che siano state le calunnie, le maledicenze, &amp; le insidie, sparse, vomitate,
<lb/>&amp; machinate contro alla riputazion mia, &amp; in palese, &amp; ascosamente
<lb/>da costui, &amp; da i suoi pessimi consultori, pratticando 14. ò 15. anni 
<lb/>nella medesima Città, &amp; vedendomi ogni giorno; che se con tanta falsita, 
<lb/>&amp; con tanta impudenza, non si è ritenuto di publicar le sopranarrate 
<lb/>imposture, in modo che non poteva non esser sicuro che all' orecchie 
<lb/>mi erano per pervenire, quali credete che siano stati i suoi concetti 
<lb/>ne i ragionamenti privati, &amp; quali le calunnie che haverà creduto di potere 
<lb/>in questo, &amp; in quel particolare ascosamente imprimere? Mà perche 
<lb/>parrà forse ad alcuno impossibil cosa che nell' animo del Cap. si sia 
<lb/>così saldamente radicato un' odio intestino contro di me, senza havergliene 
<lb/>io data qualche grave occasione, offendendo ò lui, ò suo padre, 
<lb/>ò altro suo intrinseco, ò con fatti, ò con parole, &amp; che non possa l' inimicizia 
<lb/>naturale dell'ignoranza contro la virtù, per se sola esser stata bastante 
<lb/>à provocarmi così aspramente la rabbia di costui; non voglio restar 
<lb/>di dire come io non mi sono con loro abboccato, in tutto 'l tempo, 
<lb/>che sono stato in questa Città, piùdi tre, ò quattro volte, &amp; ciò solamente 
<lb/>per qualche loro beneficio, &amp; credo, se ben mi ricorda, che il primo 
<lb/>abboccamento fosse con il consegnare à suo padre per scolare nella scherma
<lb/>il M. Ill. Sig. Conte Alfonso di Porcia, Gentil' huomo Furlano; la seconda 
<lb/>volta fui col padre, e col figlio in casa dell'Illustriss. Sig. Iacop' Alvigi 
<lb/>Cornaro, pregato da loro per mostrargli il mio Compasso, &amp; alcune 
<lb/>sue operazioni, come più à basso nell' attestazione del medesimo Sig. 
<lb/>Cornaro si vede; terzo, sentendo essere in mano dell' Illustriss. Sig. Horazio 
<lb/>de i Marchesi del Monte un' ordine di un grandissimo Principe di 
<lb/>procurar di havere un certo segreto, &amp; che non si guardasse à spesa alcuna, 
<lb/>&amp; venendo detto Signore ad informarsi da me, se io conoscessi un 
<lb/>tale nominato da quel Principe per huomo che possedesse il segreto desiderato,
<lb/>gli dissi che sì, mà che egli allora non era in queste parti; &amp; così
<lb/>mi licenziai dal detto Sig. Horazio; immaginandomi poi che il medesimo 
<lb/>segreto potesse essere anco appresso M. Aurelio Capra, padre di 
<pb n = "8 verso"/>
<lb/>questo mio avversario, mi abboccai seco per intendere se havesse il detto 
<lb/>segreto, &amp; se, havendolo, &amp; potendo riceverne da un grandissimo 
<lb/>Principe una larghissima recognizione, si saria contentato di communicarglielo;
<lb/>mi rispose di sì; &amp; io subito fui à trovare il Sig. Horazio, dicendoli 
<lb/>che havevo trovato un' altro, che possedeva il segreto desiderato, 
<lb/>&amp; che, stimando che à quel Principe poco importasse l'havere il segreto 
<lb/>più da quella persona che fù da lui nominata, che da altri, &amp; giudicando 
<lb/>il detto Sig. Horazio il medesiino, condussi S. Sig. dal Capra, &amp; li 
<lb/>lasciai nel maneggio di questo negozio, il quale credo anco che sortisse 
<lb/>con satisfazione dell' una &amp; dell' altra parte. Et questo è quanto io mi ricordo 
<lb/>havere havuto che trattare con costoro; da i quali trattamenti 
<lb/>veggasi se hò demeritato di esser così mal trattato da loro. Mà à che mi 
<lb/>vò io affaticando in voler con altre deposizioni giustificarmi di non lo 
<lb/>haver mai offeso? Qual più intero testimonio devo io cercare in confirmazione 
<lb/>dell' animo mio bene affetto verso di lui, che la tolleranza havuta 
<lb/>da me più di due anni coutinui, che la sua considerazione astronomica, 
<lb/>nella quale così falsamente, &amp; mordacemente mi pugne, vadia intorno 
<lb/>senza mia risposta, potendo io così facilmente purgar me, &amp; mostrare 
<lb/>al mondo le sue falsità, non meno nel detrarre à me, che nella sua dottrina? 
<lb/>il che però non hò mai voluto fare, nè mai l'haverei fatto se la ostinata, 
<lb/>incomparabile, &amp; incomportabile sua temerità sonon havesse finalmente 
<lb/>con questa sua ultima azione, vinta, anzi sforzata la mia sofferenza. 
<lb/>Mà che dico io di essermi voluto astenere dal rispondere, &amp; scoprire 
<lb/>le sue inezie, &amp; malignità? diciamo pure (e forse con maggior nota 
<lb/>della mia riputazione, che con laude della mia indulgenza) dell' havere 
<lb/>io vietato che sia data alle stampe una lettera in forma di apologia scritta 
<lb/>da un mio scolare in mia difesa intorno alle calunnie, &amp; inezzie del Capra 
<lb/>poste da lui contro di me nella detta considerazione astronomica, 
<lb/>la quale apologia con bellissimo artifizio fù composta subito dopo la publicazione 
<lb/>della detta considerazione, &amp; nel portarmela il detto mio scolare 
<lb/>à rivedere, la ritenni appresso di me, &amp; ancora la hò, nè volsi che fusse 
<lb/>publicata, compassionando al giovine Cap. &amp; sperando pure che dal 
<lb/>Padre, ò da altri suoi amici dovesse senza tanto suo rossore esser corretta, 
<lb/>&amp; per l'innanzi modificata la sua arroganza: &amp; acciò che alcuno non 
<lb/>credesse quanto hò adesso detto essere una finzione, sarà nel fine di questa 
<lb/>difesa nominata la detta lettera apologetica presentata da me avanti 
<lb/>gli Illustrissimi SS Podestà &amp; Capitano di Padova, &amp; da loro SS Illustriss. 
<lb/>veduta, riconosciuta, &amp; per fede del proprio autore, autenticata,
<pb n = "9 recto"/>
<lb/>dove ancora saranno nominate, &amp; autenticate tutte le altre scritture, &amp; 
<lb/>attestazioni fatte in Padova, che in questa difesa da me saranno prodotte, 
<lb/>delle quali gli originali resteranno nella cancelleria dell' Illustriss. Sig. 
<lb/>Podestà, per esser mostrati à chi volesse vedergli. &amp; le altre fedi, che produco,
<lb/>&amp; che sono fatte in Venezia, presentati gli originali, &amp; riconosciuti 
<lb/>da gl' Illustriss. &amp; Eccellentiss. SS. Riformatori, saranno da loro SS. in simile 
<lb/>maniera autenticate. 
<lb/>Questa mia così humana, &amp; lunga sofferenza, questa mia dissimulazione 
<lb/>de i villaneschi affronti fattimi da costui, la quale in ogn' altro 
<lb/>havria finalmente col rimorso della coscienza suscitato un ravvedimento 
<lb/>de i proprii falli, &amp; raddolcita ogni amarezza, la quale essendo internata 
<lb/>nel suo gusto, le operazioni mie honorate non senza nausea sentir 
<lb/>gli faceva, hà per il contrario talmente gonfiata la vanissima sua follia, 
<lb/>promossa l'arroganza, inanimita l'audacia, smorsata la temerità, &amp; inacerbito 
<lb/>il veleno, che tutti i sensi, e più la lingua gli occupa; mà sopra tutto 
<lb/>il resto (e ciò per concession di Dio) offuscatogli così ogni lume di 
<lb/>mente; e tolto, per suo castigo, ogni giudizio, e discorso, che reputando 
<lb/>egli la mia tolleranza una timidità, la mia dissimulazione una stolidità, 
<lb/>il mio disprezzo delle sue sciocchezze, una mia crassissima ignoranza, si 
<lb/>hà lasciato trasportare in questa sua ultima abominevole, infame, &amp; detestabile 
<lb/>operazione; nella quale si è creduto e persuaso di poter non 
<lb/>solamente diffamar me; mà burlare, &amp; aggirare tante, e tante altre persone, 
<lb/>che della verità del fatto sono benissimo consapevoli. Quale sia stata 
<lb/>questa sua sì vergognosa azione restami finalmente di far manifesto al 
<lb/>mondo; &amp; quì mi perdonerete Lettori pii, &amp; del giusto amatori, se forse 
<lb/>con troppo tedio vi terrò occupati in leggere questa mia difesa; &amp; mi scuserete 
<lb/>se troppo minutamente anderò ancora ritrovando gli errori di 
<lb/>costui, per far costare la sua ignoranza non cedere un pelo alla temerità,
<lb/>&amp; alla pazzia. 
<lb/>Dico dunque, che sono già dieci anni, che havendo io ridotto à perfezione 
<lb/>un mio strumento, da me chiamato, Compasso Geometrico, &amp; 
<lb/>Militare, cominciai à lasciarlo vedere à diversi gentil' huomini, mostrandone 
<lb/>loro l' uso, &amp; dandogli lo strumento, &amp; le sue operazioni dichiarate 
<lb/>in scrittura; il quale Strumento è stato così aggradito, che da quel tempo 
<lb/>in quà per satisfare à molti Principi, &amp; Signori di diverse nazioni, mi 
<lb/>è convenuto farne fabricare in questa Città oltre al numero di cento, 
<lb/>senza quelli che in Urbino, in Firenze, &amp; in alcuni luoghi di Alemagna 
<lb/>sono di mio ordine stati lavorati; si che poche restano le Provincie di 
<pb n = "9 verso"/>
<lb/>Europa, nelle quali da miei scolari non siano stati di tali strumenti trasportati;
<lb/>&amp; finalmente parendomi cosa assai pericolosa, che venendo questa 
<lb/>mia invenzione in tante mani, potesse incontrarsi in alcuno che se la 
<lb/>attribuisse; anzi pure essendo io un' anno fà stato fatto avvertito, che 
<lb/>quando io non ci havessi preso provedimento, qualcun' altro si sarebbe 
<lb/>fatto bello delle mie fatiche; mi risolvetti à stamparne le operazioni; ilche 
<lb/>feci quì in Padova sono già 13 mesi, credendo in questa guisa haver 
<lb/>precisa la strada à i latrocinii di coloro, che trapassando la vita in ozio, 
<lb/>vogliono con l'altrui vigilie suscitarsi fama di literati. Mà poco mi hà 
<lb/>questa mia provisione giovato; poiche Baldessar Capra Milanese in questa 
<lb/>medesima Città, dove da 12. ò 14. anni in quà dimora, trasportando 
<lb/>il mio libro di Toscano in Latino, &amp; alcune frivolissime cose aggiugnendovi, 
<lb/>lo ristampa tre mesi sono, facendo sè di tale invenzione autore, &amp; 
<lb/>dichiarandone me per impudente usurpatore. oh ardire, oh temerità.
<lb/>Mà perche molte circonstanze, che sono intorno à questo maneggio del 
<lb/>Cap. aggravano infinitamente il suo delitto, &amp; rendono questa azione 
<lb/>vergognosissima, non voglio tralasciarle, mà produrle, &amp; con fedi autenticissime 
<lb/>confermarle. Et prima; che io habbia cominciato da dieci 
<lb/>anni in quà à far fabricare di questi Strumenti, &amp; li sia andati di anno
<lb/>in anno communicando, &amp; participando con Signori di diverse nazioni, 
<lb/>potrà esser certo quasi in tutte le provincie di Europa, dove questa mia 
<lb/>scrittura arriverà, ritrovandosi in ciascuna di esse, ò pochi, ò molti di questi 
<lb/>miei Compassi, trasportativi da Signori, li quali in Padova da me gli 
<lb/>hanno ricevuti con il loro uso in voce, &amp; in scritto. Imperòche oltre à 
<lb/>quelli che hanno havuti in Italia i Serenissimi di Toscana, &amp; di Mantova, 
<lb/>&amp; l' Illustriss. &amp; Eccellentiss. Sig. Duca di Cerenza; in Germania il Sereniss. 
<lb/>D. Ferdinando Arciduca d'Austria; gl'lllustrissimi &amp; Eccellentissimi 
<lb/>SS. Filippo Landgravio di Assia, &amp; Gio. Federico Principe di Olsazia; 
<lb/>in Polonia gl' Illustriss. &amp; Eccellentiss. SS. Christoforo Duca di Sbaras, 
<lb/>Gabriello, &amp; Giovanni Conti di Tencim, Raffaello Lenscinshi; in Francia
<lb/>gl' Illustrissimi SS. Francesco Conte di Noaglies, &amp; Gilberto Gasparo 
<lb/>di Senteran; molti se ne ritrovano in mano di altri Signori ne i sopradetti 
<lb/>luoghi, &amp; quasi in ogn'altra provincia di Germania, &amp; di Francia; 
<lb/>e più in Fiandra, in Inghilterra, e Scozia, presso tanti Gentil' huomini, 
<lb/>che troppo lungo sarebbe il nominargli tutti. Onde, solamente per soprabondante 
<lb/>cauzione, mi è parso à bastanza, delle molte che haverei 
<lb/>potuto in questo luogo produrre, metter solo tre attestazioni: una del 
<lb/>Clariss. Sig. Gianfrancesco Sagredo, una dell'Illust. Sig. Iacopo Badovere
<pb n = "10 recto"/>
<lb/>Gentil'huomo Francese, &amp; la terza poco più à basso del M. Rever. Padre 
<lb/>Maestro Paolo de i Servi Teologo della Sereniss. Signoria di Venezia,
<lb/>li quali sono dieci anni, che veddono da me questo strumento, &amp; otto e 
<lb/>nove anni fà ne hebbero uno per uno insieme con l'uso; porrò appresso 
<lb/>la fede dello artefice, il quale in Padova da dieci anni in quà me ne hà 
<lb/>fabricati circa 100. 
<lb/>1607. Adi primo di Giugno in Venezia. 
<lb/>Faccio fede io Giovanfrancesco Sagredo dell' Illustriss. Sig. Niccolò haver già nove 
<lb/>in dieci anni in circa, havuto dall' Eccellentiss. Sig. Galileo Galilei Lettor delle Matematiche
<lb/>in Padova, uno de' suoi strumenti chiamato da lui, Compasso Geometrico, &amp; Militare, 
<lb/>&amp; un' altro simile, poco dopo con alcune divisioni un poco mutate, &amp; con altre estese
<lb/>à maggiori numeri, il quale strumento è quello stesso à punto, del quale l'anno passato 
<lb/>ne stampò l' uso sotto questo titolo: Le Operazioni del Compasso Geometrico, &amp;
<lb/>Militare di Galileo Galilei, &amp;c. la qual dichiarazione hebbi in scrittura, &amp; in voce
<lb/>insieme con lo strumento al sopradetto tempo, &amp; ancora si ritrova appresso di me; &amp; in 
<lb/>fede della verità hò fatta la presente di propria mano. 
<lb/>Io Giovanfrancesco Sagredo sopradetto scrissi manu propria. 
<lb/>Adi 13. di Maggio 1607. in Padova. 
<lb/>Io Giacomo Badovere Francese espongo &amp; attesto come è la verità, che sendo io già 
<lb/>nove anni passati allogiato nella propria casa, &amp; in compagnia del Sig. Galileo Galilei 
<lb/>Fiorentino Lettor delle Matematiche in quello Studio, &amp; imparando da esso Galilei 
<lb/>le scienze Matematiche, non pure viddi diversi de' suoi Compassi Geometrici, &amp; Militari, 
<lb/>mà ne fui gratificato di uno, &amp; di più della sua dichiarazione, mostrandomi in 
<lb/>oltre le regole che teneva intorno al modo del comporlo, &amp; segnare le sue divisioni, intorno 
<lb/>alle quali in quel tempo era occupato, &amp; ne mutò, &amp; migliorò alcune da quello che 
<lb/>ne gli altri suoi Compassi prima fatti fabricare sino à quel tempo haveva posto. E più viddi
<lb/>mentre dimorai nel medesimo luogo, come molti de i medesimi strumenti furono dal sopradetto 
<lb/>suo Autore communicati à diversi Gentil'huomini di diverse nazioni: il quale 
<lb/>strumento è il medesimo che questo, le cui operazioni sono state l'anno passato dall'Autore 
<lb/>stampate quì in Padova sotto il titolo di Le Operazioni del Compasso Geometrico, 
<lb/>&amp; Militare di Galileo Galilei, &amp;c. Et di più havendo lasciato l'altro mio in 
<lb/>Francia ne hò circa quattro mesi sono havuto un' altro dal medesimo Autore con la sua dichiaratione 
<lb/>stampata; in fede di che hò fatta la presente attestatione manu propria. 
<lb/>Io Giacomo Badovere scrissi. 
<pb n = "10 verso"/>
<lb/>Adi 24. di Maggio 1607. in Padova. 
<lb/>Depongo, &amp; affermo io Marcantonio Mazzoleni di Domino Paolo Mazzoleni come 
<lb/>è la verità, che da dieci anni in quà ho continuamente lavorati all'Eccellentiss.
<lb/>Sig. Galileo Galilei Lettore delle Matematiche nello Studio di Padova de'suoi Compassi 
<lb/>Geometrici, &amp; Militari secondo l'ordine, &amp; le divisioni datemi da lui sino dal principio, 
<lb/>de' quali gne ne hò fabricati dua di argento, uno che mi disse esser per il Serenissimo Arciduca
<lb/>Ferdinando d' Austria, &amp; l'altro per uno de gl' Illustrissimi &amp; Eccellentissimi 
<lb/>Landgravii di Assia, &amp; altri di ottone circa il numerodi cento per diversi altri Signori
<lb/>suoi scolari. Et più affermo, molti di questi compassi essere stati veduti in casa mia dove 
<lb/>lavoro dal Sig. Balessar Capra Milanese, pratticandovi lui da quattro anni in quà
<lb/>spesse volte, dal qual Signor Baldessar non hò mai sentito dire che tali compassi fussinio
<lb/>invenzion sua; &amp; in fede della verità hò fatta la presente attestazione da potersi produrre
<lb/>in ogni luogo come verissima che essa è. 
<lb/>Io Marcantonio Mazzoleni sopradetto scrissi di propria mano. 
<lb/>E che questa quantità di Strmnenti siano stati da me fatti fabricare in 
<lb/>questa Città in tutto questo tempo, è stato benissimo saputo dalCap. 
<lb/>mà pure, quando ei volesse dissimulare, ò negare questa notizia, non potrà 
<lb/>egli certo negare quello che di sopra è stato deposto nella fede di 
<lb/>Maestro Marcantonio, ciò è che egli pratticando da quattro anni in quà 
<lb/>frequentemente nella sua bottega habbia veduto fabbricare più di 30. 
<lb/>di tali miei strumenti, nè però li hà mai conosciuti per sua invenzione. 
<lb/>In oltre non potrà negare come già sono cinque anni egli &amp; suo Padre 
<lb/>mi fecero pregare dall'Illustrissimo Sig. Iacop'Alvigi Cornaro, in casa 
<lb/>del quale molto familiarmente pratticavano, che io fussi contento 
<lb/>di lasciar loro vedere questo mio strumento, &amp; le sue operazioni, il che 
<lb/>io feci, richiestone dal detto Signore in casa sua, come dalla sottoposta 
<lb/>sua fede si fa palese; nella quale si vedrà ancora come, due anni sono il 
<lb/>padre del Capra pregò instantemente il medesimo Signore, che fusse 
<lb/>contento di prestargli uno de i miei strumenti, che appresso detto Signore 
<lb/>ancor si ritrova, dicendo, che Baldessar suo figliuolo vi voleva 
<lb/>fare attorno studio, &amp; procurar d'intenderlo, &amp; anco fabricarsene uno 
<lb/>per se, il che gli fù da detto Signore conceduto, com appresso s'intende. 
<lb/>Adi 6. d'Aprile 1607. in Padova. 
<lb/>Faccio fede io Giacomo Alvise Cornaro appresso tutti quei luoghi dove la presente 
<lb/>attestazione di mia propria mano &amp; siggillata con il mio siggillo fosse presentata, 
<pb n = "11 recto"/>
<lb/>qualmente è la verità che 'l Signor Aurelio Capra Milanese, &amp; il Signor Baldessare 
<lb/>suo figliuolo, già circa cinque anni sono, mi ricercorno con instanza, ch'io pregassi il Sig. 
<lb/>Galileo Galilei Matematico di questo Studio, che volesse esser contento di far loro vedere
<lb/>alcune operazioni del suo istrumento chiamato da lui Compasso Geometrico, &amp; Militare, 
<lb/>il che feci io quà in casa mia, dove fui dal Sig. Galileo compiaciuto, il quale alla 
<lb/>mia presenza mostrò alli detti diverse operationi sopra il detto suo istrumento; e di più 
<lb/>affermo come li medesimi Aurelio e Baldessare circa due anni sono, mi ricercorno con
<lb/>instanza grande, ch'io volessi prestar loro uno delli detti compassi del Sig, Galileo, che 
<lb/>da esso suo inventore &amp; autore io hebbi, asserendo Baldassarre volervi far sopra studio,
<lb/>&amp; fabricarsene uno per se, nel che furono da me compiaciuti, prestandoli io il detto Strumento,
<lb/>che è quello stesso del quale l' anno passato ne fù dal suddetto Sign. Galileo Galilei 
<lb/>stampato l'uso sotto questo titolo, Le Operazioni del Compasso Geometrico, &amp; 
<lb/>Militare di Galileo Galilei, &amp;c. il quale strumento doppo haverlo li detti Aurelio 
<lb/>e Baldassarre tenuto appresso di loro alquanti mesi mi restituirono, e tutto questo con pura 
<lb/>&amp; intiera verità; in fede di che hò fatto sò di mia propria mano la presente attestazione 
<lb/>questo giorno sopradetto. 
<lb/>Io Giacomo Alvise Cornaro sopradetto. 
<lb/>Da queste cose dunque è manifestissimo, che non solamente il Capra, in 
<lb/>sua conscienza sapeva benissimo da gran tempo in quàm che questo strumento 
<lb/>era mia invenzione, &amp; non sua; ma sapeva di più, che diversi ancora 
<lb/>in questa Città sapevano, come lui questa verità conosceva, &amp; ammetteva; 
<lb/>poiche in mano mia, &amp; dell' lllustriss. Sig. Cornaro, &amp; cento 
<lb/>volte in mano dell' artefice haveva nello spazio di molti anni passati veduto 
<lb/>questo strumento, nè mai per suo l' haveva conosciuto, ò nominato;
<lb/>&amp; con tutto questo non si è peritato, ò vergognato di stamparlo 
<lb/>adesso per cosa sua, benche io medesimo in questo medesimo luogo ne 
<lb/>stampassi finalmente l' anno passato le operazioni. anzi di più, scorto dalla 
<lb/>medesima impudenza, &amp; imprudenza, subito finita di stampar la sua 
<lb/>opera, ne mandò (&amp; il portatore fù suo padre) una copia al medesimo 
<lb/>Signor Cornaro, acciò che S. Sig. Ill. vedesse quello che 'l suo 'ngegno havea 
<lb/>saputo effettuare; la qual copia restata appresso detto Signore, &amp; 
<lb/>partitosi il Cap. fù considerata; &amp; accortosi S. Sig. Illust. come era il mio 
<lb/>libro trasportato in Latino, mi mandò subito à chiamare, essendo la mia 
<lb/>casa contigua à quella di SS. &amp; non seuza sdegnose esclamazioni mi fece 
<lb/>vedere la insolenza usata dal Cap. &amp; incontrando più minutamente 
<lb/>questo libro col mio, &amp; di più abbattendoci nelle parole ingiuriose, che 
<lb/>in quello si veggono contro di me, spinto da nobile sdegno contra costoro;
<lb/>i quali della sua cortesia si erano serviti per istrumento da machinar 
<lb/>sì vergognosa truffa, li scrisse, rimandandogli il lor libro indietro, la seguente 
<lb/>lettera. 
<pb n = "11 verso"/>
<lb/>AL M. MAGNIFICO SIGNOR AURELIO CAPRA. 
<lb/>Molto Magnifico Signor honorandissimo. 
<lb/>Partita hieri l'altro V.S. molto Magnifia da me, andai trascorrendo il libro posto
<lb/>in luce da nuovo dal Signor suo figliuolo donatomi da lei: nel quale trovando trasportato
<lb/>dal volgare in Latino tutte le operationi del Compasso Geometrico, &amp; Militare
<lb/>del Signor Galilei stampate da lui l' anno passato, mi posi con grande ansità à leggerlo,
<lb/>credendo certo di trovare, come era bem ragionevole, alcuna honorata menzione del suddetto 
<lb/>Autore, ma mi avvenne in contrario: perciòche incontrando in un' ingiurioso modo
<lb/>di parlare ad Lectorem, in dishonore del mio amatissimo &amp; honorandissimo amico, tenuto
<lb/>da me, come da altri Gentil'huomini &amp; Principi in suprema stima per la incomparabil
<lb/>sua dottrina, &amp; altre degne qualità che in lui risplendono, son' andato pensando à 
<lb/>qual fine si possi esser impiegato il Signor Baldassare in così fatta azione di mala creanza, 
<lb/>ponendo mano nelle opere altrui, senza riguardo d'alcun convenevole rispetto, che doveva 
<lb/>havere: nè al fine hò saputo trovar altra causa, che la sua mala volontà, mostrata 
<lb/>ancora contra il Signor Galileo in altro suo libro publicato già sopra la Stella, che apparve
<lb/>l'anno 1604. della quale continuata malevolenza senza ragione, hò sentito, &amp; sento 
<lb/>sì gran dispiacere, che non posso restare di non dolermene con V. S. che hà assentito ad operatione 
<lb/>disconvenevole à Gentilhuomo ingenuo; nè più à lungo le dico per non moltiplicare
<lb/>in parole, &amp; ufficii dispiacevoli, abborriti sopra modo da me in ogni caso, &amp; sopra tutti 
<lb/>in questo che convengo fare con V.S. che è stata sempre in molta mia stima, alla quale 
<lb/>rimando con questa anco il libro, che ella mi diede, per non mostrare di consentire à cosa 
<lb/>ch'io abborrisco. Di Casa li 4. Aprile 1607. 
<lb/>Giac. Alvise Cornaro. 
<lb/>Io poi immediatamente procurai di havere un' altro di quei libri, &amp; tornando 
<lb/>con maggior diligenza à rileggerlo, per veder pur se vi era scritto 
<lb/>quello, che mi pareva impossibile potervi essere, &amp; vedendo sempre più
<lb/>la cosa chiara, &amp; manifesta; stetti gran pezzo in dubbio se io sognavo, ò 
<lb/>se pure ero desto; &amp; soprapreso da stupore, da sdegno, &amp; da travaglio
<lb/>insieme, un presentaneo soccorso mi fù dalla fortuna apparecchiato, &amp; 
<lb/>questo fù un numero grandissimo di nefandissimi errori sparsi per tutta 
<lb/>quell' opera nel volere il suo mentito autore, ò mascherare alcuna delle 
<lb/>cose copiate dal mio libro, ò pure introdurvene alcune altre non copiate 
<lb/>da quello; la quale crassissima ignoranza stimai (si come è poi seguito) 
<lb/>potermi esser per saldissimo argmnento, quando tutte le altre giustificazioni 
<lb/>mi fussero mancate, à far costare la verità, col dichiarar lui impudente, 
<lb/>&amp; non meno stolto, usurpatore delle invenzioni mie. Et fù questa 
<lb/>speranza raccogliendo alquanto gli spiriti, &amp; cominciando à pensare 
<pb n = "12 recto"/>
<lb/>al modo che io dovessi tenere, acciòche al mondo venisse in luce la verità, 
<lb/>nè rimanesse una mia tanta ingiuria impunita; presi per il migliore 
<lb/>di tutti i partiti il trasferirmi à Venezia avanti à gl' Illustriss. &amp; Eccellentiss. 
<lb/>SS. Riformatori dello Studio di Padova, &amp; à quelli espor il mio 
<lb/>aggravio; sicuro che la prudenza, &amp; giustizia loro non solo haverebbe
<lb/>abbracciata questa mia causa, mà non haverebbe lasciato incastigato un 
<lb/>tale affronto; il quale non tanto la mia persona privata, mà il publico 
<lb/>luogo che tengo in questo Studio, &amp; appresso la vigilanza di lor Signorie 
<lb/>Illustriss. &amp; Eccellentissime con grave nota macchiava. Andai dunque 
<lb/>il dì 7. di Aprile, che fù il Sabbato avanti la Domenica delle Palme, 
<lb/>à Venezia, &amp; il Lunedì Santo comparsi avanti li sopradetti Illustriss. &amp; 
<lb/>Eccellentiss. SS. Riformatori, à i quali esposi la mia querela, &amp; mostrai 
<lb/>l'uno e l'altro libro, ciò è il mio stampato &amp; publicato sotto li 10. di Giugno 
<lb/>del 1606. &amp; l'altro del Cap. stampato &amp; publicato li 7. di Marzo del 
<lb/>1607. adducendo à loro Signorie Illustriss. &amp; Eccellentiss. autentiche 
<lb/>prove come quella era opera mia, &amp; più facendoli vedere le parole ingiuriose, 
<lb/>con le quali dal Capra venivo diffamato; sopra di che determinarono 
<lb/>detti Signori di scrivere una lettera à gl' Illustriss. Signori Rettori 
<lb/>di Padova il Sig. Almorò Zane, &amp; il Sig. Giovanni Malipiero, ricercando 
<lb/>lor SS. Illustrissime, che facessero immediate torre in nota tutti i 
<lb/>libri del Cap. che si trovavano tanto appresso il libraio, quanto appresso 
<lb/>lo stampatore, &amp; autore, à i quali sotto gravi pene si prohibisse il darne 
<lb/>più fuora alcuno sino à nuovo ordine di loro Signorie Illustrissime 
<lb/>&amp; Eccellentissime; &amp; di più che facessero citare il detto Capra à dover 
<lb/>comparire la mattina delli 18. di Aprile (dando luogo à i giorni Santi, 
<lb/>&amp; alle feste della santissima Pasqua) avanti le porte del Collegio in Venezia, 
<lb/>dove sariano ridotti detti Illustriss. &amp; Eccellentiss. Signori Riformatori, 
<lb/>per dover produr sue ragioni circa il sopranarrato fatto; furno 
<lb/>esequite le lettere, sospesi, e tolti in nota i libri, de i quali 440 ne manifestò
<lb/>il libraio che li fece stampare, che fù D. Pietro Paolo Tozzi, &amp; 43. 
<lb/>disse trovarsene in mano dell' autore; il quale fù parimente citato per dover 
<lb/>comparire, come di sopra. Presentatici dunque il giorno 18. predetto 
<lb/>avanti le porte del Collegio, il Sig. Paolo Ciera Segretario de gl'Illustriss.
<lb/>&amp; Eccellentiss. Signori Riformatori, di ordine di loro Signorie ci 
<lb/>disse, come per quella mattina non si saria fatto altro, essendo li Signori 
<lb/>Riformatori occupati; mà che noi fussimo il seguente giorno sù l'hora 
<lb/>di vespro à casa dell'Illustriss. &amp; Eccellentiss. Sig. Francesco da Molino
<lb/>Cav. &amp; Proc. che è uno de i Signori Riformatori, dove gli altri due ancora 
<pb n = "12 verso"/>
<lb/>si sariano ridotti. Si ridussono i Signori Riformatori al luogo, &amp; 
<lb/>tempo detto; &amp; io, comparso alla presenza di loro Signorie Illustriss. &amp; 
<lb/>Eccellentiss. sentendo il Capra di nuovo esporsi la mia querela, dolendomi, 
<lb/>come havendo io già dieci anni, ritrovato, &amp; inventato un mio 
<lb/>strumento, &amp; quello poi nel progresso del tempo conferito, &amp; communicato 
<lb/>per mia invenzione, come veramente è, à moltissimi Signori, &amp;
<lb/>Principi grandi di diverse nazioni, &amp; finalmente stampatone l'anno precedente 
<lb/>le sue operazioni, dedicandole al Sereniss. Principe di Toscana
<lb/>mio Signore, Baldessar Capra Milanese quivi presente venisse hora à trasportar 
<lb/>detta mia opera di Toscano in Latino, &amp; à stamparla per sua fatica,
<lb/>&amp; invenzione, facendone di più con parole ingiuriosissime me impudente 
<lb/>usurpatore, &amp; perciò indegno di comparire nel cospetto degli 
<lb/>huomini ingenui &amp; letterati; &amp; che per tanto sendo questa sua azione 
<lb/>erronea, termeraria, &amp; diffamatoria dell'honor mio, del luogo che tengo 
<lb/>nello Studio di Padova, &amp; pregiudiciale ancora alla vigilanza, con la 
<lb/>quale devono provedere loro Signorie Illustriss. &amp; Eccellentiss. alle cose 
<lb/>dello Studio, mantenendolo fornito di huomini sufficienti à i lor carichi, 
<lb/>dovessero loro Signorie Illlustriss. &amp; Eccellentiss. conosciuta la verità
<lb/>del fatto, provedere secondo la lor somma prudenza alla redintegrazione 
<lb/>dell'honor mio, col dare il meritato castigo al delinquente; protestandomi 
<lb/>di più larghissimamente, che qualunque volta potesse mai constare,
<lb/>che io, non solo tutta l'invenzione del mio Strumento; ma qualunque 
<lb/>minima parte di quella havessi usurpata, non pur dal Capra, mà da 
<lb/>qual si voglia altro autore, ò huomo del mondo, già de fatto mi dichiaravo,
<lb/>&amp; sentenziavo degno delle note attribuitemi dal Cap. &amp; di maggiori 
<lb/>ancora; mà all'incontro supplicavo lor Signorie Illustr. &amp; Eccell. 
<lb/>che dopo che io li havessi fatto constare come il Cap. era usurpatore del
<lb/>l'opera mia, volessero usare quel medesimo rigar di giuitizia verso il mio 
<lb/>avversario, al quale io spontaneamente;mi sottoponevo. A quanto fù 
<lb/>da me con simili parole proposto, rispose il Capra, dicendo primieramente 
<lb/>increscerli di dover tediare à mia richiesta le loro Sig. Ill. &amp; Eccell. 
<lb/>&amp; che il mio comparir là non era necessario, &amp; che, se io mi sentivo da i 
<lb/>suoi scritti aggravato, la penna, &amp; la carta erano le armi de i letterati;
<lb/>ma già che mi era parso tener questa strada, lui era comparso à render 
<lb/>buon conto di sè; &amp; che per tanto lui primieraii1ente negava di essersi 
<lb/>fatto autore di quell'opera, mostrando per attestazion di questo un 
<lb/>luogo nella prefazione ad Lectorem, nel quale da queste parole; Nec 
<lb/>obijciat quispiam me haec non excogitasse, nam istos libenter audire velim, quod 
<pb n = "13 recto"/>
<lb/>responsuri sint ad quaestionem qua senex quidam doctus alterum interrogavit: 
<lb/>Quot putas (inquit) haberemus hodie in mundo doctos viros, si non uteremur 
<lb/>aliorum inventis? diceva manifestamente comprendersi come ei non si 
<lb/>faceva autore di quest'opera, &amp; un'altro luogo produsse in confermazione
<lb/>di questo medesimo nella dedicatoria, in quelle parole: Cum itaque 
<lb/>hic, licet imperfectus sit praestantssimi viri culturae fructus, iure ille tibi Illustrissimo 
<lb/>Principi debetur. Rispose in oltre, che egli non faceva me usurpatore 
<lb/>di quest' opera, &amp; che le parole d' ingiuria, che io dicevo esser nel 
<lb/>suo libro, non riguardavano la persona mia, non vi essendo mai in tutta 
<lb/>l'opera nominato; si che l'addossarmi quelle ingiurie era più presto una 
<lb/>mia fantasia, che volontà sua; negò finalmente esser vero, che il mio libro 
<lb/>fosse da lui stato trasportato nel suo, dove molte cose, diceva, ritrovarsi, 
<lb/>le quali non erano nel mio; come la fabrica dello strumento, 
<lb/>&amp; molte delle operazioni; anzi disse non haver veduto il mio libro stampato;
<lb/>&amp; che perciò essendo quanto egli diceva chiaro, &amp; manifesto, doveva
<lb/>esso, &amp; il suo libro essere licenziato, &amp; rimesso alla publica vendita. 
<lb/>Gli fù da me alla prima parte risposto, che la carta, &amp; la penna erano il 
<lb/>campo &amp; le armi de i letterati, quando si havessero à decidere differenze 
<lb/>di lettere, mà che il giudizio trà un letterato, &amp; uno infamatore arrogante,
<lb/>doveva domandarsi da un foro simile à quello dove l'havevo convenuto. 
<lb/>Alla sua seconda risposta replicai, che nel primo luogo da lui addotto,
<lb/>non vi era specificazione alcuna, per la quale costasse, che ei si nominasse 
<lb/>non autore di quest'opera, &amp; quelle &amp; simili altre parole potevano 
<lb/>dal Lettore esser benissimo interpretate come dette per una certa 
<lb/>modestia; &amp; quanto all' altro luogo da lui addotto, quello non fà punto 
<lb/>al proposito; perche quivi egli altro non dice, se non che questo libro è 
<lb/>frutto, benche imperfetto, della cultura del suo prestantissimo maestro; 
<lb/>mà tal cultura non è altro che la scienza dell'ingegno del Capra; adunque 
<lb/>quest' opera è frutto imperfetto della scienza dell'ingegno del Capra:
<lb/>Essendo dunque questi modi di parlare ò molto ambigui, ò fuori 
<lb/>del proposito, che egli di provar cercava, invitai gl' Illustr. &amp; Eccellentiss. 
<lb/>SS. Riformatori à vedere i luoghi, ne i quali apertissimamente il Capra 
<lb/>chiama questa opera, sua, scrivendo in tutti questi luoghi; prima nella prefazone 
<lb/>à car. 5. b, dipoi à car. 16. a, car. 28. a., à car. 38. a, car. 40. b, car. 56. a.
<lb/>Hoc nostrum instrumentum. Di più produssi un luogo della dedicatoria, le 
<lb/>parole del quale sono queste: Quare his relictis, ad propositum meum magis 
<lb/>accidens, cum satis diu fabricam &amp; usum huius Circini proportionis, quem
<lb/>non immeritò totius Geometria compendium nominavi, volutassem. dal quale 
<pb n = "13 verso"/>
<lb/>il Lettore altro non può cavare, se non che il Caprai sia inventore della 
<lb/>fabrica &amp; dell' uso di questo Strumento, il quale ei vuole stampare; perche 
<lb/>per stampare una composizione di un' altro, non occorre rivolgersela 
<lb/>per le mani assai lungo tempo, come il Capra afferma haver rivoltosi 
<lb/>questa. Finalmente produssi quello che egli hà stampato nella lettera, 
<lb/>che ei prepone all'opera, finta che gli sia scritta, ò pur veramente scrittagli, 
<lb/>che ciò poco importa dandogli lui l' assenso, &amp; stampandola, crederò
<lb/>io, come veridica, &amp; non come falsaria; le cui parole son queste: Interim 
<lb/>maximopere cupio, cupiuntque communes amici ut recentem foeturam magnis 
<lb/>à te laboribus elucubratam, nempe egregium illud instrumentum Geometricum 
<lb/>Arithmeticumque, quod Circinum proportionis apte inscribendum putasti, in lucem 
<lb/>conspectumque hominum prodire sinas. non vulgarem enim Geometricae &amp;
<lb/>Arithmeticae scientiae studiosis afferes utilitatem, &amp; lumen non exiguum, si quidem 
<lb/>huius instrumenti ope non solum cuncta propemodem Euclidis problemata, 
<lb/>ac plura alia, ne dicam innumerabilia quaesita brevissimè facillimeque resolvent; 
<lb/>sed etiam iisdem ad omnes altitudines, profunditates, necnon locorum 
<lb/>intercapedines dimetiendas expeditissimaque patebit via. ad quod imprimendum,
<lb/>publicandumque praeter communem utilitatem, cui ferè soli vel Platonis testimonio 
<lb/>homo natus esse videtur, &amp; praeter amicorum utilitatem, nostramque illam 
<lb/>dulcem &amp; studiorum &amp; animorum coniunctionem, quae apud te pro tua benignitate 
<lb/>non me latet esse alicuius momenti; illud quoque non minimum te movere 
<lb/>debet, ut qui huiusce instriementi inventionem impudenter sibi arrogant, 
<lb/>patefacto vero &amp; germano effectore magno suo cum dedecore erubescant, &amp; coram 
<lb/>literatis &amp; candidis viris posthac sese offerre amplius non audeant. 
<lb/>Dove primieramente egli assentisce &amp; ammette, che questo Strumento 
<lb/>Geometrico &amp; Aritmetico è parto novello da sè con gran fatica elucubrato. 
<lb/>Di più, si come apertissimamente si scorge, viene da lui esibito, 
<lb/>che dalla publicazione di questa sua opera sarà fatto palese chi ne sia il 
<lb/>vero, &amp; legittimo effettore; si che quelli, che sfacciatamente si arrogano 
<lb/>l' invenzion di questo Strumento, con loro grande obbrobrio si arrossischino, 
<lb/>nè più per l'avvenire ardischino di comparire nel cospetto de 
<lb/>gli huomini letterati, &amp; ingenui. Hora veggasi, &amp; riveggasi, leggasi, &amp; 
<lb/>rileggasi mille volte tutto il suo libro, non si troverà che sia fatto palese, 
<lb/>che altri che lui ne sia il vero, &amp; legittimo effettore, non essendo mai attribuita 
<lb/>questa invenzione ad alcun' altro, ma si bene à se solo in tutti 
<lb/>i sopracitati luoghi: dal che conclusi io, oltre à qualche altro luogo che 
<lb/>haverei potuto addurre, essere questa parte del far' il Cap. se stesso inventor 
<lb/>dello Strumento, chiarissimamente provata. Passai dipoi à dimostrare, 
<pb n = "14 recto"/>
<lb/>che, si come la vera mira del Capra era di ferir me con le sue parole 
<lb/>ingiuriose, così niuno che leggesse il suo libro haveria mai potuto stimare,
<lb/>che ad altri che à me fossero indirizzati i fulmini delle sue maledicenze, 
<lb/>essendo che niuno altro chenio si era mai attribuita l'invenzione 
<lb/>di questo Strumento; io l'ho conferito da dieci anni in quà à moltissimi 
<lb/>Signori di diverse nazioni, chiamandomene sempre con tutti autore, &amp; 
<lb/>inventore; io come cosa mia ne hò fatti fabricare più di cento in Padova, 
<lb/>&amp; in altre Città; io finalmente come cosa mia l'hò stampato, nè altri 
<lb/>che io l'hà mai palesato per cosa sua; adunque à me conviene per detto 
<lb/>del Capra, l'arrossirmi come impudente, &amp; il fuggire, come temerario 
<lb/>usurpator delle fatiche altrui, la presenza de gli huomini. Di più, acciò
<lb/>che non paresse à gl'Illustriss. &amp; Eccellentiss. SS. Riformatori questa del 
<lb/>Cap. audacia incredibile, &amp; inverisimile l' avidità di calunniarmi, &amp; lacerar 
<lb/>l' honor mio; produssi le incominciate sue persecuzioni sin nel suo libro 
<lb/>della nuova Stella, raccontate di sopra, &amp; di più feci vedere un' altro 
<lb/>suo luogo in questo medesimo libro del Circino à car. 41. dove havendo 
<lb/>egli prima trascritta una delle mie regole per misurar con la vista, posta 
<lb/>da me nel mio libro à car. 28. b. per venir poi à biasimarla &amp; morder 
<lb/>me, scrive così: Potest hoc idem absolvi alia ratione, prout aliqui volunt, statuunt 
<lb/>enim instrumentum in A, ita ut alter brachiorum recta respiciat B, alterum 
<lb/>E, tunc progressi ad punctum E ita disponunt instrumentum ut alter brachiorurn 
<lb/>recta respiciat A, perque centrum instrumenti aspicientes punctum B, 
<lb/>animadvertunt partes abscissas à radio visuali, per quas postea ratiocinantur, 
<lb/>ut superius dictum fuit. A quo quidem modo, ut pauca de illo subiungam in 
<lb/>maximam ductus sum admirationem, nec enim satis videre possum an isti re
<lb/>vera sic credant, an potius homines adeo crassi cerebri existiment, ut prolibitu 
<lb/>illis imponere liceat, quaeso enim qui fieri potest ut in tanta partium angustia, 
<lb/>mensoris oculus nulla adhibita dioptra non longe à vero aberret? quod si parvipendunt 
<lb/>revera nugantur, similiterque parvisieri merentur, &amp; ideo utiliora 
<lb/>inquirentes haec missa faciamus. Dove, essendo io quello che scrivo, che si 
<lb/>osservi dove il raggio della vista taglia, senza aggiugnervi altro di diottra, 
<lb/>ò traguardo, la nota di esser degno di disprezzo, &amp; forse di esser di 
<lb/>grosso ingegno, &amp; di huomo che si diletti di schernire altri, senza alcuna 
<lb/>replica si addossa sopra di me. Speditomi da questa parte, passai à quello 
<lb/>che finalmente restava, che era di far palese come il mio libro, eccettuatone 
<lb/>alcune pochissime cose, si che non erano la vigesima parte del 
<lb/>tutto, erano dal Capra state copiate &amp; trasportate nel suo; nel che per 
<lb/>esser cosa che consisteva in fatto ci fù poco da dire, già che havevo l'uno 
<pb n = "14 verso"/>
<lb/>&amp; l'altro libro in mano, contrassegnati ambidue con richiami in margine
<lb/>da potergli ciascheduno, senza havere à cercare i luoghi, in un subito conferire, 
<lb/>e riscontrare; il che però stimorno per allora li Signori Riformatori 
<lb/>superfluo; mà ben mi commesson poi, che io facessi riscontrar detti 
<lb/>libri dal M. Rever. Padre Maestro Paolo, il che fece egli, &amp; questa appresso 
<lb/>fù la fede, la quale ei ne depose.
<lb/> 
<lb/>Adi 20. Aprile 1607. in Venezia. 
<lb/>Affermo &amp; attesto io Frà Paolo di Venezia de' Servi haver con diligenza conferito, 
<lb/>&amp; riscontrato il libro stampato in Padova circa dieci mesi sono dal Sign. Galileo 
<lb/>Galilei Matematico, sotto questo titolo, Le Operazioni del Compasso Geometrico,
<lb/>&amp; Militare di Galileo Galilei, &amp;c. col libro stampato pur in Padova circa 
<lb/>un mese fà da Baldessar Capra Milanese, sotto questo titolo, Usus, &amp; fabrica Circini 
<lb/>cuisdam proportionis, &amp;c. &amp; havendo in questo del Capra ritrovate trasportate 
<lb/>di Toscano in Latino tutte le operazioni, che sono contenute nel libro del Galilei, eccettuatane 
<lb/>la 31. che è circa la quadratura delle parti del Cerchio, &amp; delle figure miste; &amp; due 
<lb/>altre operazioni attenenti à due linee del quadrante, &amp; eccettuatene forse alcune poche 
<lb/>di quelle che servono per misurare con la vista, dico forse, perche non hò potuto ben 
<lb/>conseguire l' intentione del Capra, &amp; come procedino quelle regole sue circa tali misure. 
<lb/>In oltre hò osservate alcune altre, mà pochissime, si che non eccedono tre in numero, le 
<lb/>quali nel libro del Capra sono alquanto palliate; mà però à chi ben le considera, si manifesta 
<lb/>ritrovarsi le medesime nell' opera del Galilei. Faccio fede ancora, che in Padova
<lb/>già circa dieci anni mi fù mostrato dall' istesso Signor Galileo l'Istrumento, del quale si 
<lb/>tratta nelli sudetti libri, insieme con l' uso di quello, &amp; doppo circa clue anni il detto Signore 
<lb/>me ne fece dono di uno, il quale ancora tengo appressodi me. Et in fede della verità &amp;c. 
<lb/>Io F. Paolo soprascritto. 
<lb/>Volse pure il Capra replicare, che non haveva inteso di offender la persona 
<lb/>mia con le parole ingiuriose, &amp; che non era assolutamente vero che 
<lb/>non ci fusse stato alcun' altro, che si havesse voluto attribuire questo Strumento,
<lb/>anzi soggiunse, che era stato alcuni anni avanti in Padova un Alemanno, 
<lb/>il quale in faccia mia si era professato autor del medesimo Strumento; 
<lb/>&amp; di più soggiunse, che l'interpretare i sensi delle sue parole non 
<lb/>toccava ad altri che à lui, &amp; che ei solo poteva esser consapevole di cui 
<lb/>haveva, nelle da me citate parole, voluto parlare. Onde quì mi fù necessario 
<lb/>raccontare l' istoria, del Fiammingo, &amp; non come disse il Cap. Alemanno, 
<lb/>che fù un tal Giovanni Eutel Zieckmeser, il quale cinque anni 
<lb/>dopo che hebbi ritrovato, &amp; cominciato à publicare il mio Strumento, 
<lb/>si che à quel tempo ne erano già andati attorno per diverse provincie 
<lb/>più di 40. arrivò in Padova, &amp; havendo uno Strumento nel quale haveva 
<pb n = "15 recto"/>
<lb/>trasportate alcune linee cavate dal mio, &amp; altre tralasciatene, &amp; in 
<lb/>luogo di quelle aggiuntevene alcune altre, &amp; per avventura non sapendo 
<lb/>che in Padova si ritrovava il primo &amp; vero inventor di tale Strumento, 
<lb/>s'incontrò con il Sig. Michel Victor Vustrou di Bransvich mio scolare, 
<lb/>il quale da me già haveva appreso l'uso del mio Strumento, &amp; dicendogli 
<lb/>di havere una mirabile invenzione, lo messe in desiderio di volerla 
<lb/>vedere, &amp; finalmente gli mostrò quello Strumento, il quale subito fù riconosciuto 
<lb/>dal detto gentil'huomo, che immediate à me, che ero in letto 
<lb/>indisposto, lo fece sapere, &amp; di lì à pochi giorni si partì di Padova; io 
<lb/>come prima fui risanato sentendo come già i miei emuli, &amp; sopra tutti il 
<lb/>mio antico avversario, si erano aperta la strada al mordermi, &amp; lacerarmi 
<lb/>con l'occasione della venuta di questo Fiammingo, &amp; dello Strumento 
<lb/>che seco haveva, &amp; già spargevano voce, che 1'invenzione di quello 
<lb/>Strumento poteva non esser mia, contro à quello che sempre havevo 
<lb/>detto, mà presa dal Fiammingo; fui forzato à procurar, benche con grandissima 
<lb/>difficultà, di far che il detto Fiammingo si abboccasse meco, acciò 
<lb/>che da tal congresso si facesse palese à chi havesse voluto saperlo, qual 
<lb/>di noi fusse il legittimo inventore di questo Strumento, poiche esso 
<lb/>per le parole dette da lui nel suo primo arrivo in Padova si era quasi messo 
<lb/>in necessità di mantener se esserne autore, il qual concetto quando fusse 
<lb/>restato impresso nel popolo, come già i maligni havevano procurato 
<lb/>di fare, saria stato troppo pregiudiciale all' honor mio; finalmente dopo 
<lb/>molte repulse, si lasciò persuadere à comparire in casa dell'Illustriss. Sign. 
<lb/>Iacop' Alvigi Cornaro, dove primieramente disse, non haver mai asserito, 
<lb/>che io havessi tolta la mia invenzione da lui, anzi che ciò non era possibile, 
<lb/>non havendo egli dato il suo Strumento ad alcuno; dipoi mostrò
<lb/>il suo Strumento in molte cose molto differente dal mio; mà soggiungendoli 
<lb/>io, che in quelle cose, che pur erano molte, nelle quali il suo Strumento 
<lb/>conveniva col mio, era necessario che un di noi havesse preso dall' 
<lb/>altro, &amp; che però acciò che la verità venisse in luce (e questo à confusione 
<lb/>de i miei emuli, &amp; non à diminuzione della reputazion di quello)
<lb/>era bisogno discorrer sopra le dette cose; venni finalmente à diverse interrogazioni, 
<lb/>le quali egli non potette risolvere, onde à molti gentil'huomini 
<lb/>di diverse nazioni, che si trovorno presenti, restò palese &amp; chiaro come 
<lb/>non poteva essere che il Fiammingo non havesse cavato dal mio Strumento 
<lb/>quello che era di commune nell'uno, &amp; nell'altro. della qual verità
<lb/>ne sono quì appresso le fedi di due di quelli che furono presenti al 
<lb/>detto cimento. 
<pb n = "15 verso"/>
<lb/>1607. Adi 14. Aprile in Padova. 
<lb/>Per piena fede della verità affermo io Giacomo Alvise Cornaro come sono circa quattro 
<lb/>anni, che venne à Padova un tale Giovanni Fiammingo, il quale haveva un 
<lb/>compasso con alcune divisioni simili ad alcune che si trovano sopra il Compasso Geometrico
<lb/>&amp; Militare del Signor Galileo Galilei Matematico, il che essendo pervenuto all' 
<lb/>orecchie di detto Galilei, &amp; più sentendo come detto Fiammingo asseriva non haver 
<lb/>veduto il detto compasso del detto Galilei, &amp; più sentendo il medesimo Galilei, che alcuni
<lb/>per detrarre alla sua fama andavano parlando che poteva essere che 'l Galilei havesse
<lb/>presa la sua inventione dal Fiammingo, se bene esso Galilei cinque anni avanti haveva 
<lb/>fatto vedere il suo Strumento, &amp; fattone fabricar molti in questa Terra, per levare ogni 
<lb/>mal' ombra di sospetto, si risolse di far chiamare il Fiammingo in casa mia col suo compasso 
<lb/>in presenza di molti Gentil'huomini, &amp; incontrandolo col suo, prima fece vedere
<lb/>che vi erano alcune diversità, &amp; poi, che in quello che erano conformi il Fiammingo lo haveva
<lb/>preso da quello del Galilei, poiche facendoli esso Galilei molte interrogationi, &amp; quesiti 
<lb/>circa le operationi di detto compasso, non seppe il Fiammingo distrigarsi altrimente, 
<lb/>anzi apertamente restò manifesto come detto Fiammingo haveva preso dal Galilei, &amp; à 
<lb/>questo furno presenti molti di diverse nazioni, &amp; fra gli altri che solo di quelli quì si ritrova
<lb/>è il Sig. Cavalier Pompeo de' Conti da Pannichi; in fede della qual verità hò fatto 
<lb/>la presente di mia propria mano, sigillata con il mio sigillo. 
<lb/>Idem qui supra. 
<lb/>Io Pompeo de' Conti Pannichi fui presente à quanto è di sopra.
<lb/> 
<lb/>All'altra risposta del Capra, ciò è che à lui solo, &amp; non ad altri toccava ad 
<lb/>esser interprete delle sue parole, risposi, che questo saria stato vero quando 
<lb/>la sentenza, ò la costruzione delle parole fusse inintelligibile, si che da 
<lb/>gli altri non se ne potesse trar senso; mà che nelle parole di sentenza apertissima
<lb/>come erano quelle, non haveria mai il Lettore fatto ricorso 
<lb/>all' autor dell'opera, non si incontrando in niuna sorte di ambiguità.
<lb/> 
<lb/>Finalmente parendomi haver apertissimamente fatto constare à gl' Illustriss.
<lb/>&amp; Eccellentiss. SS. Riformatori come il Capra veramente si faceva 
<lb/>autore dello Strumento, &amp; del libro; &amp; più, come con aggravarmi di
<lb/>ignominiose note, ne faceva me impudente usurpatore, &amp; vedendo che 
<lb/>altro non mi restava che il render certissimi i medesimi Illustr. &amp; Eccell. 
<lb/>Signori come la verità del fatto era tutta all'opposito; parlai à quei SS. 
<lb/>in questa guisa. Ancor che (Illustriss. &amp; Eccellentiss. SS.) à me non manchino 
<lb/>infiniti testimonii, dalla deposizion de i quali io pienissimamente 
<lb/>posso far constare alle SS. VV. come l'opera della quale si tratta, non trovato 
<lb/>moderno del Capra, mà è mia antica invenzione, la quale io non 
<lb/>hò usurpata da altri, &amp; molto meno da costui; tuttavia quando ogn'altra 
<pb n = "16 recto"/>
<lb/>giustificazione mi mancasse, questa una certo non mi verrà mai meno, 
<lb/>la quale è, che io possa far apertamente constare, con l' interrogare il medesimo 
<lb/>Cap. sopra il libro da esso stampato, che tantum abest, che egli de 
<lb/>facto sia inventore di questa opera, mà che è impossibil cosa che lui mai 
<lb/>una tal cosa, nè simile à gran pezzo potesse haver' immaginata, ò ritrovata; 
<lb/>essendo che egli Niente, Niente, Niente intende di queste professioni, 
<lb/>dico nè anco i primi elementi le prime definizioni, i primi termini. Dipoi
<lb/>rivolto al Cap. &amp; tenendo in mano il libro stampato da lui, lo interroga,
<lb/>se in quel libro vi fusse alcuna cosa del suo; al che egli non mi rispose;
<lb/>onde io tornai ad interrogarlo la seconda, &amp; poi la terza volta, mà 
<lb/>sempre senza poterne cavar risposta alcuna; si che uno de i SS. Riformatori 
<lb/>gli ordinò che dovesse rispondere alla mia domanda, ciò è, se in quel 
<lb/>libro fusse cosa alcuna del suo; al che, astretto di rispondere, si lasciò uscir 
<lb/>di bocca, che sì, &amp; che vi era la fabrica dello Strumento, &amp; molte operazioni sue:
<lb/>onde io subito soggiunsi rivolto à i SS. Riformatori, che per 
<lb/>speditissima giustificazione della causa mia, mi legavo à questo strettissimo 
<lb/>obligo, ciò è d' interrogare (quando così fusse piaciuto alle loro Signorie
<lb/>Illust. &amp; Eccell.) alla presenza loro il Cap. solamente sopra le cose 
<lb/>non copiate dal mio libro, mà postevi come sue, &amp; in quelle mostrare come 
<lb/>vi erano molti errori inescusabili, &amp; tali, che ciascuno di essi era per 
<lb/>se solo bastante à manifestare il Cap. per nudissimo di ogni intelligenza 
<lb/>di questa professione; &amp; oltre à ciò mi offerivo non tanto di mostrar come 
<lb/>le aggiunte del Cap. erano piene di errori, mà di più immediatamente 
<lb/>esplicare come le sue proposizioni doveriano stare, per star bene; dal 
<lb/>che, quando fosse in tal maniera puntalmente da me esequito; &amp; dichiarato, 
<lb/>come veramente dovevano risolversi le operazioni proposte dal 
<lb/>Cap. haverei lasciato poi inferire dalla prudenza di loro SS. Illustrissime 
<lb/>se in quelle cose, sopra le quali havevo havuto quallti anni di tempo mi 
<lb/>erano parsi da potervi pensar sopra, era credibile che io habbia havuto 
<lb/>bisogno di usurpar cosa alcuna ò dal Cap. ò da altri. Udita da i SS. Riformatori 
<lb/>questa mia oblazione, fù domandato il Cap. se si sentiva di poter 
<lb/>render conto sopra le cose sue, il quale, dopo qualche titubazione, rispose 
<lb/>di sì: onde li fù da quei Signori assegnato per termine la mattina del 
<lb/>seguente giorno per doversi ritrovare nel medesimo luogo (che fù la casa 
<lb/>dell'Illustriss. &amp; Eccellentiss. S. Francesco Molino Cav. &amp; Proc.) à dover 
<lb/>rispondere alle interrogazimli che io li farei sopra le cose aggiunte 
<lb/>da lui nel libro stampato; &amp; detto questo uno de i SS. Riformatori, che 
<lb/>fù l'Illustriss. Sig. Antonio Quirini si partì; essendo l'hora di ritrovarsi in 
<pb n = "16 verso"/>
<lb/>Cons. di X. Partì ancora il Capra insieme con suo Padre, mà avanti la sua 
<lb/>partita domandò che io li concedessi il libro mio per poterlo rivedere, 
<lb/>&amp; incontrarlo col suo, il quale di volontà de gl' Illustriss. &amp; Eccell. Signori 
<lb/>Riformatori li fù da me conceduto. Partito il Cap. mi accostai all'Illustriss.
<lb/>&amp; Eccellentiss. Sig. Molino, il quale impedito alquanto dalla podagra
<lb/>giacea in letto, &amp; li dissi, che dovendosi far questo congresso in casa 
<lb/>di S. Ecc. quando fusse stato con buona grazia di quella, io haverei havuto 
<lb/>per sommo favore di potervi convocare tre ò quattro gentil' huomini 
<lb/>di Venezia intendenti della professione, acciò fussero presenti à quanto 
<lb/>era per seguire, &amp; questo non perche loro Signorie Illustriss. &amp; Eccell. havessero 
<lb/>à prendere da i detti Gentil'huomini sò informazione alcuna sopra 
<lb/>le risposte, &amp; portamenti del Cap. sapendo io come per loro medesime 
<lb/>erano intelligentissime; mà solamente acciò che per detti Gentil' 
<lb/>huomini potesse fuora esser dato conto della sufficienza di colui, che haveva 
<lb/>osato publicar me per usurpatore, &amp; se per vero inventore di quell'
<lb/>opera: di questo fui graziato da Sua Eccell. &amp; dall'altro Riformatore ivi 
<lb/>ancora presente, che era l' Illustriss. Sign. Girolamo Cappello, il quale mi 
<lb/>soggiunse, che saria stato bene haverne ancora l'assenso dall'Illust. S. Quirini, 
<lb/>il quale, partendomi io subito, haverei ancora potuto trovare nella 
<lb/>camera de gli Scarlatti avanti che fusse entrato in Consiglio de i X. onde 
<lb/>io partii subito; trovai l'Illustriss. Sig. Quirini, ne hebbi l'assenso, &amp; tornai 
<lb/>con la risposta à gli altri due SS. Riformatori: li quali mentre ero stato 
<lb/>fuori, havevano con somma prudenza trà loro considerato, che, volendo 
<lb/>io chiamare alcuni Gentil'huomini miei confidenti, saria stato bene 
<lb/>farlo sapere alla parte, acciò che, se così li fusse piaciuto, potesse esso 
<lb/>ancora convocare suoi amici; il che à me non solamente fù grato, mà risposi 
<lb/>che quante più persone vi fossero state presenti, tanto più ne haveria 
<lb/>sentito contento; &amp; una, &amp; due volte supplicai loro SS. à dover dare 
<lb/>ogni maggior satisfazione al Capra, acciò in ogni caso di sentenzia non 
<lb/>conforme al suo gusto, non havesse appicco di poter lamentarsi di altri 
<lb/>che di se medesimo posta questa determinazione, &amp; essendo già, come
<lb/>hò detto, partito il Cap. nè si potendo fino alla mattina seguente rivedere 
<lb/>per fargli intendere questo particolare di potere egli convocare alcuno 
<lb/>suo confidente, giudicorno i SS. Riformatori esser necessario differire 
<lb/>il congresso à qualche altro giorno, il che laudando io, anzi facendone 
<lb/>instanza, per poter dare al Cap. maggior intervallo di tempo da potersi 
<lb/>preparare, acciò non gli restasse attacco alcuno di potersi dolere di 
<lb/>esser colto troppo improvisamente; quello, che doveva seguire il seguente 
<pb n = "17 recto"/>
<lb/>giorno, fù rimesso cinque giorni dopo, ciò è alla vigilia di S. Marco, nel 
<lb/>qual giorno dovendosi tutta la Signoria ritrovare al vespro in S. Marco, 
<lb/>potevano commodamente li SS. Riformatori, finito il divino uffizio, ridursi 
<lb/>insieme in qualche stanza del Palazzo, &amp; quivi di nuovo ascoltarci. 
<lb/>Venne finalmente il giorno stabilito, &amp; dopo il vespro avanzando ancora 
<lb/>circa due hore à notte, si ridussono gl' Illustriss. &amp; Eccell. SS. Riformatori 
<lb/>in Palazzo di S. Marco nella sala dell'Eccellentiss. Consiglio de i XL. crimin. 
<lb/>dove ancora si congregorno molti nobili Veneziani, &amp; altri gentil' 
<lb/>huomini, trà i quali intendentissimi delle scienze Matematiche, vi erano 
<lb/>il M. Rever. Padre Maestro Paolo de i Servi Teologo della Sereniss. Signoria, 
<lb/>del quale posso senza iperbole alcuna affermare, che niuno l'avanza 
<lb/>in Europa di cognizione di queste scienze, vi erano gl' Illustriss. Sign. 
<lb/>Agostino da Mula, &amp; Sebastiano Veniero, &amp; l' Illust. Sig. Antonio Santini
<lb/>Gentil' huomo Lucchese, à i quali, &amp; à gli altri Signori circostanti insieme,
<lb/>con brevissime parole (essendosi già gl'Illust. &amp; Eccel. SS. Riformatori 
<lb/>posti à sedere) esposi la causa di quel congresso; dipoi alli detti SS.
<lb/>Riformatori dissi, che saria stato necessario, che gli fusse condotto avanti 
<lb/>un tavolino da potervi posar sopra un libro, un compasso, un poco di carta
<lb/>con penna &amp; inchiostro, il quale fù immediate portato; &amp; mentre alcuni 
<lb/>ministri andorno à pigliarlo, il Cap. fattosi avanti, cominciò à dire, 
<lb/>che non era bene stare à tediare gl' Illustriss. &amp; Eccellentiss. SS. Riformatori,
<lb/>&amp; quelli altri Signori con altre interrogazioni; &amp; che conceduto,
<lb/>che nel suo libro niente vi fusse che stesse bene, &amp; che esso à cosa alcuna 
<lb/>non sapesse rispondere, ciò non risultava in alcuna mia utilità; &amp; che egli 
<lb/>quivi si era condotto per darmi ogni satisfazione, &amp; che non intendendo 
<lb/>di volere in conto alcuno pregiudicare all' honor mio, era pronto, 
<lb/>quando io mi sentissi aggravato, di formare una scrittura à mia satisfazione, 
<lb/>&amp; quella stampare, &amp; publicare, &amp; in somma non lasciare indietro 
<lb/>cosa alcuna, la quale potesse bastare al resarcimento della fama, &amp; della 
<lb/>riputazion mia; io brevemente li risposi, che la redintegrazione dell' honor 
<lb/>mio era in buone mani, appoggiandosi sopra la prudenza di quelli 
<lb/>Illustriss. &amp; Eccellentissimi SS. di dove io non intendevo rimuoverla; &amp; 
<lb/>che non mi faceva bisogno ricever da sue scritture satisfazione, la quale 
<lb/>bene spesso non si nega anco à quelli, che meritamente, &amp; con verità si 
<lb/>sono offesi, &amp; che in conto alcuno non desideravo che egli si rimovesse 
<lb/>dal suo proposito, giudicando io che il medicamento di una scrittura si 
<lb/>deva alle gravissime offese applicare solamente, quando tutte le altre giustificazioni 
<lb/>sono scarse, nè si può senza qualche ritirata dell'avversario
<pb n = "17 verso"/>
<lb/>restaurare, sollevare, ò puntellare la reputazion dell' offeso; i quali pannicelli 
<lb/>caldi, per la Dio grazia, non bisognavano al mio stomaco, assai gagliardo 
<lb/>per digerire, &amp; espurgare i tristi humori, che l'aggravavano. In 
<lb/>oltre li dissi, che la mia querela era con due, ciò è con lui, &amp; col suo libro, 
<lb/>&amp; che quando bene egli col ritirarsi, &amp; disdirsi havesse potuto ottener 
<lb/>da me perdono, dovevo però procurare il meritato castigo al suo libro, 
<lb/>il quale quantunque volte io pur tornavo à rileggere, sempre lo 
<lb/>ritrovavo contumace, &amp; ostinatissimo nel lacerare, &amp; contaminar l' honor 
<lb/>mio; &amp; finalmente li conclusi, che noi non eramo convenuti la per 
<lb/>questo, &amp; che però attendesse all' appuntamento stabilito, &amp; procurasse 
<lb/>pur di render buon conto de i suoi stndii, &amp; del suo libro. Voleva pur il 
<lb/>Capra replicare altre cose, &amp; procurar di consumare in ciancie quel breve 
<lb/>tempo, che sino alla notte ci avanzava; ma finalmente instandolo io, 
<lb/>&amp; sfuggendo ogn' altro diverticolo, al preparato tavolino lo condussi.
<lb/>Et aperto il suo libro mi venne per le mani la seguente figura, che egli 
<lb/>pone à carte 14. per cavar da essa i lati de i corpi regolari, &amp; segnarli sopra 
<lb/>lo Strumento, la qual divisione è di quelle, che non sono poste da me 
<pb n = "18 recto"/>
<lb/>nel mio Strumento; &amp; interrogatolo quello che intendeva di fare con 
<lb/>quella figura, niente hebbi per risposta; &amp; pur tornando ad interrogarlo 
<lb/>di nuovo, mi disse che io leggessi il libro, &amp; l' haverei veduto: pur finalmente
<lb/>dopo altre interrogazioni disse, che quella era una figura di Euclide
<lb/>per trovare i corpi regolari. Allhora io primieramente feci avvertiti 
<lb/>i circonstanti, come havendo il Padre Clavio alterata un poco la figura 
<lb/>posta da Euclide, si che per trovare quello che Euclide, &amp; il Comandino,
<lb/>&amp; gli altri espositori trovano col descrivere il triangolo AOC. 
<lb/>il Padre Clavio, lasciando il detto triangolo trova l'istesso col tagliare la 
<lb/>linea AH nel punto I. si che la parte H I. sia lato del decagono descritto 
<lb/>nel cerchio, il cui semidiametro sia la linea BH. tirando poi dal punto 
<lb/>B la linea BI. il Capra non intendendo nè l'uno nè altro, &amp; forse dubitando, 
<lb/>che alcuno di loro havesse lasciato indietro qualcosa, mette 
<lb/>l' una &amp; l' altra descrizione superfluamente: mà questo errore è reso leggerissimo 
<lb/>da gli altri più gravi che vi sono. domandai dipoi il Cap. quanti 
<lb/>fossero i corpi regolari: il quale dopo un lungo pensare, disse che non 
<lb/>lo sapeva, &amp; che non era venuto quivi per dottorarsi in Matematica, &amp; 
<lb/>che questa non era la sua professione, mà che, piacendo à Dio, voleva dottorarsi 
<lb/>in Medicina (&amp; già si era scordato come nella dedicatoria della 
<lb/>sua considerazione Astronomica, non solo Matematico, mà protettor 
<lb/>delle Matematiche si era nominato, &amp; come nella dedicatoria di questo 
<lb/>medesimo libro dopo havere essaltato il metodo del suo Maestro nell' 
<lb/>insegnarli, haveva scritte queste parole: Ut si verum dicere fas est, mihi 
<lb/>potius mirandum sit propter hominis industriam, quam laetandum propter iam 
<lb/>adeptam scientiam.). Allhora replicandogli io come nel titolo di questo 
<lb/>cap. 8. haveva posto il numero di questi corpi solidi, &amp; che però doveva 
<lb/>pur saperlo; rispose, che se l' era scordato; &amp; che essendo colto così improvviso, 
<lb/>non era meraviglia se non sapeva rispondere ad ogni interrogazione. 
<lb/>(si era già scordato quello che haveva stampato un mese avanti, 
<lb/>&amp; era colto improvviso in quello, sopra che haveva havuto cinque giorni 
<lb/>&amp; cinque notti di tempo da pensarvi) udendo io questo, gli lessi il detto 
<lb/>titolo, le cui parole sono queste: Postremam &amp; ultimam lineam quinque 
<lb/>solidorum dictam describere, mostrandogli come haveva detto, che i corpi 
<lb/>regolari erano cinque; &amp; poi l' interrogai, se tali corpi erano talmente 
<lb/>cinque, che non potessero esser nè più, nè meno di tanti, ò pur se ad arbitrio 
<lb/>de gli huomini se ne potevano altri figurare; A questo dopo un lungo 
<lb/>pensare rispose, indovinandola per ventura, che non potevano esser 
<lb/>più di cinque, il che, havendogli io fatto replicare due, ò tre volte, gli domandai 
<pb n = "18 verso"/>
<lb/>in qual maniera nel fine del medesimo cap. li connumerava sei? 
<lb/>Hor quì non si potendo egli, per quanto io credo, immaginare, che quello, 
<lb/>da chi il presente cap. senza molto considerarlo haveva copiato, potesse 
<lb/>havere ammesso un' errore così grosso, fattosi alquanto più ardito, 
<lb/>quasi negò che ciò potesse essere: onde mi bisognò leggergli il suo testo, 
<lb/>le cui parole son queste: Circino itaque aliquo accipias quantitatem lineae 
<lb/>BK, quae nobis significat latus dodecaedri, firmato uno pede circini in centro 
<lb/>instrumenti alio secabis tuam lineam, ubi facta nota illam signabis per 12. deinde 
<lb/>accipies quantitatem lineae BI, quae ostendit latus I cosaedri; firmato uno 
<lb/>circini pede in centro instrumenti ubi alius ceciderit, ibi facto puncto inscribes 
<lb/>5. tertio accipies quantitatem lineae AP quae ostendit latus hexaedri, hunc 
<lb/>transferes in tuam lineam, &amp; illum signabis per 20. quarto accipies quantitatem 
<lb/>B G. quae latus cubi praebet, &amp; per hanc secabis lineam instrumenti, &amp; ubi
<lb/>nota erit signabis 2. quinto accipies quantitatem lineae FA. pro latere octoedri, 
<lb/>ubi ceciderit alter pes circini ibi inscribes 8. sexto, &amp; ultimo accipies quantitatem 
<lb/>GA. quae tetraedri, seu piramidis latus exibet, secundum quam à centro 
<lb/>instrmnenti secabis lineam quinque solidorum, &amp; in intersectione inscribes 4. 
<lb/>(io lascio quì considerare à voi discreti Lettori, se costui sà nè anco che 
<lb/>cosa siano i corpi regolari, poiche nel segnarli co i loro numeri nota il 
<lb/>dodecaedro per 12. &amp; questo bene, mà l' Icosaedro che hà 20. base, lo nota 
<lb/>per 5, l' Exaedro che ne hà 6. lo nota per 20. &amp; il Cubo per 2.) sendo 
<lb/>il Capra restato molto attonito per questo incontro, fù da me domandato 
<lb/>dove egli credeva di havere errato, ò nel titolo dove gli mette 5. ò 
<lb/>nel fine del cap. dove gli numera, &amp; nomina 6. quì crebbe la sua confusione, 
<lb/>nè poteva egli distrigarsi, se io dopo l'haverlo lasciato pensare alquanto, 
<lb/>non gli domandavo, qual differenza ci poneva trà l' Exaedro, &amp; 
<lb/>il Cubo; dalla qual maniera di domandare risvegliato un poco, &amp; fatto 
<lb/>animo disse, che de i corpi da lui nominati uno vi era posto due volte sotto 
<lb/>diversi nomi, &amp; che questo non era error tale, che se n'havesse à far tanta 
<lb/>stima. di nuovo domandandolo io, quali de i detti corpi nominati erano 
<lb/>l'istesso; mi rispose questi (toccando col dito sopra 'l libro l' Exaedro, 
<lb/>&amp; il Cubo; trà i quali gli havevo domandato qual differenza ei ponesse) 
<lb/>finalmente gli domandai se sapeva ancora per avanti che questi corpi fussero 
<lb/>l'istesso, &amp; ei rispose, di sì; mà non senza apertissima falsità, poiche 
<lb/>nella sua scritttura nomina la linea AP. per lato dell' Exaedro, &amp; la BG. 
<lb/>per lato del Cubo, le quali linee sono molto diseguali. Tornando poi una 
<lb/>carta indietro al cap. 7. il cui titolo è, Lineam quadrativam construere. 
<lb/>lo domandai per qual cagione nel determinare in quel luogo le grandezze 
<pb n = "19 recto"/>
<lb/>delle linee rette, le quali fussero diametro del cerchio, &amp; lati del quadrato, 
<lb/>pentagono, esagono, eptagono, &amp;c. quando tali figure sono eguali, 
<lb/>si era scordato del triangolo equilatero, che pur doveva essere il primo; 
<lb/>il qual' errore veniva poi mirabilmente aggravato da quello che egli scrive 
<lb/>à car. 38. al cap. 38. dove &amp; nel titolo, &amp; nella figura, &amp; nel fine dell'
<lb/>operazione propone alla bella prima di fare il triangolo eguale al dato 
<lb/>cerchio (le parole del titolo sono queste: Dato circulo aequalem triangulum 
<lb/>quadratum, pentagonum &amp;c. construere, la figura è un cerchio con un 
<lb/>triangolo à quello eguale: le parole nella operazione sono, vel inter puncta 
<lb/>trianguli pro triangulo AEF.) quì volse leggere il detto cap. 7. per vedere 
<lb/>se era vero quanto io gli opponevo, &amp; trovatolo vero, non ci fù altro 
<lb/>che replicare. Allhora rivolto à quei Signori gli dissi: Hora vegghino 
<lb/>le SS. VV. Illustriss. &amp; Eccellentiss. se costui è inventor di quest' opera, ò 
<lb/>pure se non l'ha nè anco mai considerata, nè letta, se non quanto l'ha ricopiata 
<lb/>da altri, poiche propone nell' essempio di voler fabbricare il triangolo 
<lb/>eguale al dato cerchio, &amp; non si accorge, che nello Strumento non 
<lb/>vi hà posto il modo di poterlo fare: &amp; questo è quello Haver gran tempo 
<lb/>voltata &amp; rivoltata la fabrica &amp; l'uso di questo Strumento, di che egli si 
<lb/>vanta nella lettera dedicatoria à car. 2. b. con quelle parole: Quare his relictis 
<lb/>ad propositum meum magis accedens, cum satis diu fabricam, &amp; usum 
<lb/>huius Circini proportionis, quem non immerito totius Geometriae compendium 
<lb/>nominavi, volutassem, tandem, &amp;c. Tornando poi al Capra, lo pregai che, 
<lb/>già che egli haveva nel detto cap. poste le grandezze in numeri de i lati 
<lb/>de gli altri poligoni trà loro eguali, e tralasciato il lato del triangolo, fusse 
<lb/>in cortesia contento di ritrovarlo quivi alla presenza di quei Signori, 
<lb/>essendo la sua invenzione facilissima &amp; brevissima. allhora cominciò à 
<lb/>dire, che quella fabrica che lui poneva non era altrimenti sua invenzione, 
<lb/>mà l' haveva havuta dal suo maestro, &amp; replicò che ei non era lì per 
<lb/>dottorarsi in Matematica, mà che la sua professione era di Medicina. Ero 
<lb/>io più che certo, che non bisognava aspettar tanto da lui, benche il trovar 
<lb/>la quantità del lato del triangolo sia facilissimo, non vi bisognando 
<lb/>altro che crescere in potenza sei volte il lato dell' Exagono già posto da 
<lb/>lui nel detto cap. essere 54. &amp; nove decimi. Perche poi fusse da lui tralasciato 
<lb/>questo lato del triangolo, s'intender più à basso. Passai di poi 
<lb/>(restando pur' ancora nella fabrica che lui prepone) alla divisione del 
<lb/>quadrante in 200. parti, posta à car. 14. b. dove pone la seguente figura 
<lb/>così à capello disegnata, ponendo un rombo in cambio di un quadrato, 
<lb/>&amp; per consequenza, in luogo di una quarta di cerchio, una porzione assai 
<pb n = "19 verso"/>
<lb/>più piccola; &amp; sopra à questa figura l'interrogai quello che volesse far di 
<lb/>lei; rispose che voleva mostrare il modo del dividere il quadrante in 200 
<lb/>parti, trasportando in esso, col mezo di una riga fissa nell'angolo K, &amp; applicata 
<lb/>di punto in punto alle divisioni de i due lati VX. YX prima divisi 
<lb/>ciascheduno in 100. parti eguali, le divisioni desiderate. allhora io li 
<lb/>domandai, à che proposito ei venisse à collocare il quadrante nel quadrato, 
<lb/>dividendo i lati di esso quadrato in 200. parti eguali, &amp; queste 
<lb/>poi con tanta manifattura trasportando nel quadrante; &amp; non più presto 
<lb/>divideva immediatamente esso quadrante in 200. parti, già che anco 
<lb/>queste dovevano esser parti eguali; rispose, che faceva così per manco 
<lb/>fatica; &amp; replicandogli io, che all'incontro così veniva à raddoppiare, 
<lb/>&amp; non diminuir la fatica, essendo egualmente difficile, e tedioso il dividere 
<lb/>li due lati del quadrato, che la circonferenza del quadrante in 
<lb/>200. parti eguali; &amp; pur' interrogandolo ancora, se la detta circonferenza 
<pb n = "20 recto"/>
<lb/>doveva esser divisa in parti eguali, &amp; rispondendo egli di sì; prima gli 
<lb/>dissi, quanto da questo apertamente si comprendeva, come egli mai non 
<lb/>haveva considerato, non che pratticato questo Strumento, del quale si 
<lb/>faceva inventore, già che non si era ancora accorto come le predette divisioni 
<lb/>sopra 'l quadrante erano ineguali, venendosi sempre verso il mezo 
<lb/>ristringendo; &amp; più gli domandai come potessi essere che ei non intendesse 
<lb/>essere impossibil cosa, che le dette divisioni cavate, nel modo 
<lb/>che egli scrive, dal quadrato, venisser sopra il quadrante eguali, non essendo, 
<lb/>nè potendo essere la circonferenza del detto quadrante parallela alli 
<lb/>due lati del quadrato V X X Y. Quì fattosi egli forte, &amp; dicendo, che 
<lb/>sapeva benissimo, che le parti su 'l quadrante erano diseguali, &amp; che non 
<lb/>intendeva se non del quadrato, quando si era trattato di parti eguali; in 
<lb/>luogo di ringraziarmi dell'avvertimento datogli, voleva dimostrarsene 
<lb/>conoscitore per avanti; onde vedendo io questa ingratitudine, fui necessitato 
<lb/>à mostrar che quanto diceva era falso, producendo le sue proprie 
<lb/>parole, le quali nel medesimo luogo poco più à basso scrive, &amp; sono 
<lb/>queste: Sicque firmatis omnibus, applicataque regula centro K, &amp; singulis quadratus 
<lb/>divisionibus (bella grammatica, credendo che quadratum si declini quadratus 
<lb/>quadratus quadratui, il che si vede anco à car. 40. a, in quel titolo: 
<lb/>Usus quadratus, volendo dire, l'uso del quadrato) exteriorem periferiam arcus 
<lb/>T diligentissime dividemus, prout unico exemplo demonstrare possumus, 
<lb/>applicata namque regula ad punctum K. &amp; ad primam divisionem lateris VX. 
<lb/>secabimus exteriorem periferiam arcus T in puncto Z. sicque successive donec 
<lb/>in 200. partes aequas illa fuerit divisa. il che inteso uno de i Sign. Riformatori 
<lb/>disse, partes aequas vuol dire parti eguali: Et fè cadere à quel furor la 
<lb/>vela. Spedita questa parte, egli stesso non sò con qual proposito trapassò
<lb/>à voler mostrare, come, contro à quello che io havevo altra volta detto 
<lb/>à gl' Illustriss. &amp; Eccellentiss. SS. Riformatori, nel suo libro erano moltissime 
<lb/>operazioni, le quali nell'opera mia non si ritrovavano, &amp; presentando 
<lb/>una nota dove ne erano registrate molte per sue proprie (le quali 
<lb/>però poco di sotto si risolveranno in niente) produsse per la prima quella,
<lb/>che egli pone nel suo primo cap. de gli usi dello Strumento, dicendo 
<lb/>quella non essere altramente tolta dal mio libro, nè in quello ritrovarsi. 
<lb/>(è vero che non era scopertamente tratta dal mio libro, mà era bene la 
<lb/>mia seconda operazione mascherata; &amp; la maschera non gli era stata messa 
<lb/>dal Capra, mà dal Fiammingo sopranominato, il quale così palliata
<lb/>l'haveva lasciata trà certe sue poche scritture, che in Padova restorno del 
<lb/>suo, dalle quali il Capra hà tolta la fabrica dello Strumento, &amp; parte di 
<pb n = "20 verso"/>
<lb/>quelle altre operazioni, che non sono, ò non paiono, tolte dal mio libro; 
<lb/>si come più à basso manifestamente si conoscerà.) Havendo dunque il 
<lb/>Capra prodotta in campo, per cosa non cavata dal mio libro, l'operazione 
<lb/>contenuta nel suo primo capitolo, la quale è di comporre, con l'aiuto 
<lb/>delle linee aritmetiche, così da me nominate, mà da lui linee delle linee, 
<lb/>di compor dico, una linea la quale contenga un'altra alcune volte, 
<lb/>&amp; alcune sue frazioni: io primieramente mostrai, come questa sua prima 
<lb/>operazione era in sustanza l' istessa, che la sua seconda, la qual sua seconda 
<lb/>è copiata ad verbum da la seconda mia, onde in consequenza segue, 
<lb/>che ancora la sua prima sia tolta da me, il che più di sotto apertamente 
<lb/>consterà. Soggiunsi poi, che già che lui haveva detto questa prima 
<lb/>operazione esser sua, &amp; non tolta da me, mi haveva posto in libertà 
<lb/>di poterli far sopra qualche interrogazione senza rompere il mio obligo, 
<lb/>che era stato, di non lo interrogare, se non sopra le cose, che egli non 
<lb/>haveva cavate dal mio libro, mà postevi come sue; &amp; però che mi rispondesse 
<lb/>in che modo ei voleva multiplicare 55 1/4 in se stesso, si che il prodotto 
<lb/>fusse 45. si come egli scriveva in questa detta sua prima operazione
<lb/>à car. 16. in quelle parole: relicto immoto instrumento multiplicetur 
<lb/>fractio 55 1/4 in se, productum erit 45. à questo interrogatorio restando 
<lb/>alquanto stordito, &amp; dubitando, che forse io non havessi corrotti 
<lb/>i suoi testi, si cavò di tasca uno de i suoi libri, &amp; cominciò con sò diligenza 
<lb/>à leggere il detto luogo; al quale atto io non mi potetti contener di 
<lb/>dirgli, che non si mettesse in sospetto, che io havessi alterata la sua scrittura; 
<lb/>lesse, e rilesse molte volte il detto luogo, &amp; sopra, &amp; sotto, senza 
<lb/>mai risponder niente; finalmente per aiutarlo io gli dissi, che ei poteva 
<lb/>benissimo scusarsi con dire, che quello era error di stampa, come veramente 
<lb/>poteva essere, &amp; che doveva dire 11 1/4 &amp; non 55 1/4 di che 
<lb/>dissi, meravigliarmi molto, che ei non si fusse accorto, essendo che poco 
<lb/>sopra, &amp; poco sotto al detto luogo, dovendo nominare il medesimo 
<lb/>numero, scrive 11 1/4 mà io veramente credo, che havendo copiato 
<lb/>il Capra questa operazione dal manuscritto, li due 1.1. fussero segnati 
<lb/>un poco storti, &amp; che però fussero creduti, &amp; presi per due 5. 5. &amp; 
<lb/>tanto più mi confermo in questa credenza quanto io veggo il Cap. à car. 
<lb/>23. b. verso il fine del cap. 7. incorrere in questo medesimo errore à capello, 
<lb/>scrivendo così: Tunc videatur quo incidat quantitas lineae B. ut hic in 71. 
<lb/>71. Aperias itaque instrumentum donec quantitas lineae B accommodari possit 
<lb/>punctis 60. 60. &amp; immoto instrumento accipias distantiam inter puncta 75.
<lb/>75. &amp;c. dove li due 5. devono esser come di sopra due 1. Mà tornando al 
<pb n = "21 recto"/>
<lb/>proposito, messa da me la scusa in bocca al Capra, egli secondo la sua natura, 
<lb/>in luogo d'havermi grado dell'avvertimento, cominciò ad esclamare: 
<lb/>Ecco i grandi errori, che mi vuole imputare il Matematico, errori 
<lb/>frivolissimi di stampa; onde io che à maggiori angustie lo conducevo, 
<lb/>gli domandai, se quando il 55 1/4. si fusse emendato in 11 1/4. il suo errore 
<lb/>saria levato via, &amp; rispondendomi egli animosamente di sì: adunque
<lb/>gli risposi io, multiplicate 11 1/4. in se stesso, &amp; mostratemi come il prodotto 
<lb/>sia 45. perche io trovo, che 11. solo multiplicato in se stesso fà 121. 
<lb/>&amp; poi vi si deve aggiugnere il quarto di 11. due volte, &amp; di più il quarto 
<lb/>di un quarto, tal che questo prodotto senz'altro sarà più di 126. &amp; non, 
<lb/>come voi dite, 45. A questo si trovò egli più che mai inviluppato; &amp; finalmente
<lb/>per distrigarlo di là, ond' ei mai non si haverebbe sviluppato, 
<lb/>bisognò che io gli dicessi come l' error suo era in quelle parole, multiplicetur
<lb/>fractio 11 1/4. in se; le quali dovevano dire: resolvatur numerus 11 1/4. 
<lb/>in suam fractionem, nempe in quartas, provenient 45/4. &amp; così stava bene, &amp; 
<lb/>serviva al proposito della operazione: &amp; che però tenesse à memoria 
<lb/>questo che li havevo insegnato, ciò è che molto differenti cose sono il 
<lb/>multiplicare un numero in se stesso, &amp; il risolvere un numero intero in 
<lb/>qualche frazione. Volgendo poi alquante carte del suo libro, nelle quali 
<lb/>sono cose solamente copiate dal mio, con l' aggiunta però di alcuni erroretti 
<lb/>comportabili, li quali più da basso saranno posti in catalogo; mi fermai 
<lb/>à car. 21. a. dove havendo finita di copiare la mia settima operazione, 
<lb/>si hà voluto arrisicare à lasciarsi dalla banca, &amp; eccolo con la bocca in 
<lb/>terra. Havendo finita di trasportar la regola de gl' interessi à capo d'anno, 
<lb/>che io pongo nel luogo detto, &amp; havendola esemplificata con un essempio 
<lb/>di guadagno à ragion di 6. per 100. in 4. anni: vuol metter di suo 
<lb/>un' essempio di quanto perderiano scudi 240. à ragion di 10. per 100. in 
<lb/>tre anni, &amp; dice: Haec est conversa operatio prioris, ideo sic statiees numeros
<lb/>110. remanent 100. quot remanebunt 240. Io gli domandai se questo suo 
<lb/>era buon modo di operare; mà, essendo egli stato hormai tante volte 
<lb/>scovato, non si assicurava più à rispondere nè sì, nè nò: onde mi bisognò
<lb/>mostrargli, come, se nel guadagno si dice; se 100. doventa 110. nella 
<lb/>perdita si hà da dire, se 100 resta 90. &amp; non se 110. resta 100. perche così
<lb/>saria un perdere à ragion di 10. per 110. &amp; non di 10. per 100. lo domandai 
<lb/>appresso, per qual ragione chiamava questa operazione conversa 
<lb/>della passata, &amp; di più qual proposizione s'intenda essere il converso 
<lb/>di un'altra; quì bisognò rispondere, di non lo sapere, (&amp; pure gli scritti 
<lb/>di Logica, che hà stampati per suoi sono dottissimi) &amp; io per non mancare 
<pb n = "21 verso"/>
<lb/>al mio debito gli dissi, che una proposizione era il converso di un' 
<lb/>altra, quando quello che era quesito nell'una si poneva per dato nell'altra; 
<lb/>&amp; che quì trattandosi ò di guadagno, ò di perdita, tanto nell'una, 
<lb/>quanto nell'altra questione il quesito era il medesimo, ciò è, il primo capitale
<lb/>affetto dall'interesse, &amp; dalla moltitudine de gli anni, &amp; che però
<lb/>le due domande erano del medesimo genere, &amp; non una la conversa dell'
<lb/>altra. Finalmente quelli Illustriss. &amp; Eccellentiss. SS. chiarissimi hormai 
<lb/>della verità del fatto, &amp; forse compassionando al tormento, nel quale io 
<lb/>ritenevo il mal'arrivato Capra: fecero cenno, che tanto bastava; &amp; fù
<lb/>non piccola ventura del Capra, la quale da molto maggiori laberinti lo 
<lb/>liberò. Pur tuttavia trovandomi il libro ancora dinanzi aperto à caso 
<lb/>à car. 36. b. dove si vede la seguente figura, posta in fine del cap. 32. nel 
<lb/>quale insegna à trovar le proporzioni 
<lb/>trà gli angoli d'un triangolo, 
<lb/>domandai ancora al Capra, 
<lb/>chiesta buona licenza
<lb/>à quei Signori, quan fusser 
<lb/>grandi gli angoli di un triangolo;
<lb/>Egli che nello studio de i 
<lb/>cinque precedenti giorni haveva 
<lb/>ciò imparato (perche, che 
<lb/>egli avanti, ciò non sapesse, da 
<lb/>questa sua figura è manifesto)
<lb/>rispose animosamente, che erano 
<lb/>grandi 180. gradi, &amp; che io 
<lb/>non guardassi à quella figura,
<lb/>nella quale per error di stampa
<lb/>erano segnati gr. 183. al che io 
<lb/>replicai, che essendo in tutti 3. 
<lb/>gli angoli segnato tre volte 61. era gran cosa havere in tutti tre i luoghi 
<lb/>errato, &amp; massime cambiando un'0. con un'1. caratteri differentissimi; 
<lb/>mà lasciati questi inverisirnili, gli domandai qual colpa poteva havere 
<lb/>lo Stampatore, ò Compositore in una figura intagliata in legno, &amp; prima 
<lb/>sopra il medesimo legno, dalla sua propria mano, &amp; non da altri, 
<lb/>disegnata con li tre 61. 61. 61. ne gli angoli. Da questa troppo evidente, 
<lb/>e manifesta colpa non l' haveria potuto scusar Demosthene; &amp; 
<lb/>però la scorrezzione restava della mano, &amp; della scienza del Capra, &amp; 
<lb/>non di altri. E questi, prudente Lettore, son quelli, li quali non havendo
<pb n = "22 recto"/>
<lb/>prima che hieri l'altro imparato quanti gradi sottendono à gli 
<lb/>angoli d' un triangolo, hanno più di un' anno avanti stampato metodi 
<lb/>di risolver triangali sferici, calcoli di luoghi di Stelle per via di triangoli, 
<lb/>computi di Ecclissi Solari, &amp; sono di sì alto ingegno, che queste 
<lb/>contemplazioni, &amp; laboriosi computi, li quali nelle scuole de gli altri 
<lb/>Astronomi sono stimati per le ultime, &amp; più difficili fatture, nulladimeno 
<lb/>appresso di loro sono scherzi, primizie, &amp; tirocinii: &amp; quel che 
<lb/>è peggio, ci tengono per tanto stupidi, &amp; insensati, che credono, che 
<lb/>noi siamo per crederle, e per non vedere ond' elle sono cavate; mà perche 
<lb/>io non intendo di trattare in questo luogo, se non di quelle cose, 
<lb/>che appartengono al mio libro; &amp; oltre à ciò non sono molto esercitato 
<lb/>nell' indivinare i sensi di figure non Geometriche, mà peggio che ieroglifiche, 
<lb/>poste senza costruzione, senza demostrazione, &amp; forse senza 
<lb/>proposizione, e senza proposito; &amp; poste più, per mio avviso, per 
<lb/>spaventare le menti de i semplici (ò forse perche questi che le pongono,
<lb/>veramente credino, che Tolomeo, Archimede, Apollonio, &amp; gli 
<lb/>altri Matematici le mettino ne i lor libri per ornamento, &amp; che quelle 
<lb/>tanto meglio comparischino quanti più cerchi, archi, &amp; linee dritte e 
<lb/>torte contengono) lascerò questa fatica à Giusto Birgio, ò à Niccolò
<lb/>Raimaro Urso Dithmarso di farsi render conto dal Capra sopra i Tirocinii 
<lb/>Astronomici. 
<lb/>Finito il congresso, &amp; fattoci intendere dal Sig. Paolo Ciera Segretario 
<lb/>de gl' Illustriss. &amp; Eccellentiss. SS. Riformatori, che noi uscissimo fuori;
<lb/>dopo una breve consulta ci feciono dire dal sopranominato Signor 
<lb/>loro Segretario, che per quella sera eramo licenziati, &amp; 
<lb/>che non stessimo ad aspettare altro. Partimmo, &amp; ultimatamente 
<lb/>non molti giorni dopo fù dalla somma 
<lb/>prudenza, &amp; clementissima giustizia di 
<lb/>quei sapientissimi Signori prolata la 
<lb/>seguente sentenza, &amp; mandata à 
<lb/>gl' Illustriss. SS. Rettori di 
<lb/>Padova, acciò la facessero 
<lb/>esequire; 
<lb/>onde immediatamente 
<lb/>à suon di trombe fù publicata nello Studio 
<lb/>di Padova, nell'hora della maggior frequenza 
<lb/>de gli Scolari. 
<pb n = "22 verso"/>
<lb/>COPIA DELLA SENTENZA. 
<lb/>1607. a' 4. Maggio. 
<lb/>Inteso da gli Eccellentissimi SS. Riformatori del 
<lb/>Studio di Padova infrascritti l'aggravio di D. Galileo 
<lb/>Galilei Lettor delle Matematiche in esso Studio, che havendo
<lb/>lui già molti anni publicato, et poi dato alla stampa 
<lb/>nella Città predetta un suo libro intitolato, L'uso del Compasso 
<lb/>Geometrico, &amp; Militare, questo da Baldassar Capra Milanese gli sia 
<lb/>stato in gran parte usurpato col mezo d'un altro libro fatto da esso 
<lb/>stampar in Padova sotto titolo di Usus &amp; Fabrica Circini cuiusdam &amp;c. 
<lb/>trasportandolo dal volgare al Latino; &amp; intese ancora da loro Signorie 
<lb/>Eccellentissime diverse considerationi &amp; interrogationi, e risposte 
<lb/>passate sopra l' uno, e l' altro di essi libri trà li predetti Galileo,
<lb/>e Capra, con la presenza di persone molto intelligenti di tal professione,
<lb/>non havendo il Capra saputo rispondere, nè render buon conto 
<lb/>sopra le cose per lui aggiunte nel predetto libro, restorno detti Eccellentissimi
<lb/>Signori molto ben certi, che in effetto il predetto Capra havesse 
<lb/>in gran parte trasportato il libro del predetto Galilei nel suo,
<lb/>per l' incontro ancora che ne è stato fatto, onde con tal operatione si causeria 
<lb/>non picciolo scandolo, &amp; intacco alla riputatione del medesimo 
<lb/>Galilei Lettor in tal professione, &amp; allo Studio ancora; perciò hanno 
<lb/>tutti li antedetti Ecellentiss. Signori concordemente terminato, che 
<lb/>tutti li volumi del predetto libro stampato, che si trovano tanto presso 
<lb/>al sudetto Capra, quanto presso al Tozzi libraro, in tutto al numero 
<lb/>di 483. non possino esser venduti, nè publicati in questa Città, 
<lb/>mà debbino esser presentati innanzi le lor SS Eccell.me, per dover esser 
<lb/>suppressi di quel modo che loro parerà, riservandosi di procedere contra
<lb/>il stampatore, &amp; libraro, per le trasgressioni, che possono esser state 
<pb n = "23 recto"/>
<lb/>commesse da loro contni la forma delle leggi in materia di stampe. 
<lb/>ordinando così dover esser notato.
<lb/> 
<lb/>D. Francesco Molin Cav. e Proc.
<lb/>D. Hieronimo Cappello 
<lb/>D. Antonio Quirini Paolo 
<lb/>Riform.ri del Studio di Padova.
<lb/>Paolo Ciera Secret.
<lb/>Furono anco il giorno stesso tutte le copie del libro del Capra inviate à 
<lb/>Venetia à gl' Illustriss. &amp; Eccellentiss. SS. Riformatori, delle quali ne furon 
<lb/>trovate 440. appresso il Libraio, &amp; 13. in casa dell' Autore, havendone 
<lb/>esso per diverse parti di Europa distribuite già 30. per quanto il Padre 
<lb/>in mia presenza referì all'Ill. &amp; Eccellentiss. Sig. Giorgio Vecchioni
<lb/>Cancellier dell' Illustriss. Sign. Podestà di Padova, le quali copie sparse, 
<lb/>poiche già haveranno diffusa pel mondo l'ignominia impostami, hanno 
<lb/>messo me in necessità di stampar la sopraposta sentenza, &amp; formar, e publicare 
<lb/>la presente scrittura, &amp; di più ad aggiugnere un particolar registro, 
<lb/>nel quale si vegga quante, &amp; quali siano le cose trasportate ad verbum 
<lb/>dal mio libro in quello del Cap. &amp; d'onde ancora siano prese quell'altre, 
<lb/>le quali dal mio libro non son tolte; essendo in somma verissima, che 
<lb/>Nel libro del Capra Niente penitus vi è del suo, da gli errori in fuori. 
<lb/>Et prima quanto alla fabrica dello Strumento. 
<lb/>Nel primo cap. mostra il Cap. la descrizion della linea delle linee, detta 
<lb/>da me linea aritmetica; nella qual fabrica niuna invenzione vi è nè 
<lb/>del Cap. nè di altri, essendo che questa linea và semplicemente divisa in 
<lb/>parti eguali, secondo qual si voglia moltitudine; &amp; io la divido in 250. 
<lb/>vi sono però nel fine del cap. due cose del Cap. la prima è una contradizione 
<lb/>à se stesso, dicendo egli quì, che il divider questa linea in molte 
<lb/>parti eguali è cosa facilissima, &amp; le sue parole son queste: Huius fabrica satis 
<lb/>est facilis, postquam nullus est tam rudis artifex, qui non possit lineam aliquam 
<lb/>propositam, in petitas aequas par.tes dividere. mà poi nel cap. 3. delle 
<lb/>operazioni, il cui titolo è: Lineam propositam in aliquot petitas partes secare. 
<lb/>dice tutto l' opposito, cominciando così: Nulli dubium est quod laboriosissimum 
<lb/>sit dum aliquam lineam dividimus toties circinum constringere &amp;
<lb/>dilatare donec voti compotes facti simus, &amp;c. &amp; più nel secondo cap. antecedente, 
<lb/>parlando pur di una division di linea, la quale senza lo Strumento
<lb/>si conseguirebbe col divider la proposta linea in molte parti eguali, 
<pb n = "23 verso"/>
<lb/>scrive così: Difficillimum enim esset ne dicam impossibile huiusmodi divisiones 
<lb/>invenire, quas tamen statim nobis exhibet instrumentum hoc nostrum. 
<lb/>L'altra cosa che io noto è quello che ei dice nelle ultime parole, parlando 
<lb/>pure della medesima linea da dividersi, ciò è: Quae etiam summa facilitate 
<lb/>dividi posset per illa quae cap. 3. istius instrumenti usum tradentes, explicabuntur. 
<lb/>mà perche l'operazione, che si esplica al cap. 3. de gli usi, non si 
<lb/>può far senza haver lo Strumento già fabricato, seguita per necessità, che 
<lb/>il nostro autore, nel fabricar lo Strumento supponga haverlo già fabricato; 
<lb/>la qual medesima inezia replica ancora à car. 13. b. pur nella fabrica 
<lb/>dello Strumento, nella quale, venendogli bisogno di trovare in un 
<lb/>cerchio dato il lato del decagono, dice così: Quod facillimum esset si haberes 
<lb/>instrumentum factum per ea quae dicentur cap. 34. 
<lb/>Passa poi il Cap. nelli due cap. 2. &amp; 3. alla descrizione della linea delle 
<lb/>superficie, &amp; della linea de i solidi, chiamate da mè, Linea Geometrica, &amp; 
<lb/>Linea Stereometrica: per il che fare propone due tavole, una delle radici 
<lb/>quadrate, &amp; l' altra delle radici cube. Mà qui, avanti che io passi più oltre, 
<lb/>devo discreti Lettori farvi sapere, come quel Fiammingo, del quale 
<lb/>si è di sopra fatta menzione, il quale cinque anni sono fù in Padova, &amp; 
<lb/>lasciò vedere uno Strumento in gran parte cavato dal mio, nel partirsi 
<lb/>di quà lasciò all' Illustre Sig. Michele Victor di Vustrou di Bransvich, il 
<lb/>quale prima da me haveva imparato l'uso del mio Strumento, alcuni pochi 
<lb/>scritti attenenti alla fabrica, &amp; ad alcuni usi del detto Strumento, li 
<lb/>quali scritti passorno poi dal detto Signore in mano di M. Gasparo Pignani
<lb/>esquisitissimo fabricator di ogni sorte di strumento Matematico, 
<lb/>&amp; dell'istessa scienza non vulgarmente intendente, i quali scritti, havendone 
<lb/>egli ad altri fatto copia, è necessario che siano venuti in mano del 
<lb/>Cap. poiche diverse cose in detti scritti contenute si ritrovano nel libro 
<lb/>del detto Capra ad unguem, come nel progresso si mostrerà; questi scritti 
<lb/>hò io fatti proclurre avanti gl' Illustriss. Rettori di Padova, li quali ricevuto 
<lb/>il giuramento da detto M. Gasparo, come lui li hà già cinque anni 
<lb/>sono ricevuti dal detto Sign. Alemanno, li hanno autenticati, come nel 
<lb/>fine di questo discorso si vede. in oltre non voglio tacere, come in questi 
<lb/>scritti, oltre al mancarvi moltissime operazioni, &amp; le principali del mio 
<lb/>Strumento, vi manca ancora interamente la descrizione, &amp; gli usi delle 
<lb/>linee, che io chiamo Aggiunte per la quadratura delle parti del cerchio,
<lb/>&amp; delle figure contenute in qualunque modo da parti di circonferenze, 
<lb/>ò da tali parti di circonferenze, &amp; da linee rette; vi mancano interamente 
<lb/>le linee Poligrafiche al modo che le pongo io; la squadra da' Bombardieri 
<pb n = "24 recto"/>
<lb/>usata al modo mio, la divisione per misurar le pendenze, &amp; la divisione 
<lb/>del quadrante per misurar con la vista: in oltre dal nominarmi che 
<lb/>fà il detto Fiammingo più volte in questi brevissimi scritti, si vede come 
<lb/>egli haveva vedute le scritture mie, benche non ancora stampate, e con 
<lb/>migliore, e più civil creanza di quella del Cap. non haveva procurato di 
<lb/>asconder questa verità. Hora tornando al nostro proposito, propone il 
<lb/>Cap. per la descrizione delle sopranominate linee, due tavole, una delle 
<lb/>radici quadrate, &amp; l' altra delle cube, le quali ne i predetti scritti si veggono 
<lb/>poste per il medesimo fine. 
<lb/>Segue il Capra nel cap. 4. la costruzione delle linee metalliche, &amp; mette 
<lb/>una tavoletta contenente le proporzioni, che hanno in peso trà di loro 
<lb/>tutti i metalli, cavata pur da i medesimi scritti; le quali proporzioni
<lb/>oltre che sono diverse dalle vere, che sono quelle che li dò io nel mio 
<lb/>Strumento, sono ancora poste senza la dimostrazione, ò dichiarazione 
<lb/>del modo dell'investigarle, cosa che saria necessaria da farsi volendo aqquistar 
<lb/>fede à quello che si propone; mà il Cap. havendole trovate così
<lb/>senza dimostrazione, senza dimostrazione le hà poste.
<lb/> 
<lb/>Nel 5. cap. mette la division della linea del quadrante, mà fatta solamente 
<lb/>mecanicamente, sendo per avventura riuscita troppo difficile da 
<lb/>intendersi una tavola, la quale per il medesimo uffizio è posta negli scritti 
<lb/>del Fiammingo; mà io come quello che non hò voluto trattar nel mio 
<lb/>Strumento operatione alcuna, che si indirizzi à cose astronomiche, non 
<lb/>hò cercate simili descrizioni; si come anco lasciai da parte gli usi del quadrante 
<lb/>astronomico, benche da me disegnato sopra 'l mio Strumento. quì
<lb/>chi volesse sottilmente esaminare ogni cosa, potria domandare al Capra 
<lb/>à che proposito nel trovar queste divisioni descrive nella figura il mezo 
<lb/>cerchio BCD. il quale non vi serve à niente. 
<lb/>Nel cap. 6. inscrive nello Strumento la linea de i cerchi, detta da me 
<lb/>Poligrafica. Le divisioni di questa linea sono parimente trovate dal Cap.
<lb/>mecanicamente, le quali il Fiammingo pone trà i suoi scritti in una tavola 
<lb/>cavata dalle tavole de i sini, ò de gli archi &amp; corde. in questo cap. vuole 
<lb/>il Cap. che la suttendente alla terza parte della circonferenza, ciò è il 
<lb/>lato del triangolo, sia notato con due caratteri, ciò è per 3. &amp; per 7. scrivendo 
<lb/>così: Tertiamque hanc partem notabis in instrumento non solum per 3. 
<lb/>sed etiam per 7. nam non significat solum tertiam circuli partem, sed etiam latus 
<lb/>hexaedri. dove io noto primieramente, che di questo punto segnato 
<lb/>per 7. venendo à gli usi dello Strumento, non se ne fà mai più menzione 
<lb/>nel suo libro; in oltre credo che ogni Matematico dubiterà quello che 
<pb n = "24 verso"/>
<lb/>habbia che far questa linea suttendente alla terza parte della circonferenza 
<lb/>col lato dell'Esaedro, che è minore assaissimo di questa linea, si come 
<lb/>il medesimo Cap. in coutradizion di questo luogo dice nel seguente 
<lb/>cap. 8. à car. 14. a. 
<lb/>Nel cap. 7. mette la costruzione della linea quadrativa, chiamata da 
<lb/>me Tetragonica, &amp; il modo del segnarla. posto dal Capra, e preso ad 
<lb/>unguem da una tavoletta de i lati de i poligoni regolari eguali, posta trà 
<lb/>gli scritti del Fiammingo, il quale però non lascia indietro il lato del triangolo, 
<lb/>come fà il Capra, si come di sopra hò altra volta detto; di che essendomi 
<lb/>io meravigliato, venendomi finalmente questi scritti in mano, 
<lb/>mi hanno fatta cessar la meraviglia col manifestarmi la causa, per la quale 
<lb/>il Cap. hà lasciato indietro il detto lato del triangolo; che è, perche nella 
<lb/>detta tavoletta il Fiammingo scrivendo in luogo di latus trianguli aequilateri: 
<lb/>isopleuri latus, hà forse con la novità di questa parola strana spaventato 
<lb/>il Capra, il quale si hà per miglior consiglio eletto più presto di 
<lb/>lasciare star questa figura, che mettersi à rischio di scriver qualche cosa 
<lb/>spaventevole. La divisione di questa linea si stende appresso 'l Cap. sino 
<lb/>al lato dell' ottangolo, che più non ne hà trovati scritti dal Fiammingo,
<lb/>mà però ne' miei Strumenti contiene sino alla figura di 13. lati.
<lb/> 
<lb/>Passa poi nel cap. 8. alla descrizion della linea per i corpi regolari, cavata 
<lb/>da Euclide alla 18. del 13. mà con l'aggiunta de gli errori sopra considerati. 
<lb/>Questa linea è totalmente superflua in questo Strumento; perche,
<lb/>già che non serve per altro, che per trovare i lati de i corpi regolari 
<lb/>inscrittibili nella data sfera, questi si potranno trovare facilissimamente 
<lb/>col mezo delle altre linee dello Strumento; perche, essendo il Diametro 
<lb/>della sfera in potenza sesquialtero al lato della Piramide: doppio al lato 
<lb/>dell'Ottaedro, triplo al lato del Cubo; in oltre essendo la porzion 
<lb/>maggiore del lato del Cubo segato, extrema, &amp; media ratione, lato del 
<lb/>Dodecaedro, &amp; comprendendo il medesimo cerchio il pentagono del 
<lb/>Dodecaedro, &amp; il triangolo dell'Icosaedro: col mezo delle linee Geometriche,
<lb/>&amp; delle Poligrafiche solamente si troverà il tutto, perche le Geometriche 
<lb/>ci daranno i lati della Piramide dell'Ottaedro, &amp; del Cubo, &amp; 
<lb/>con le Poligrafiche divideremo il lato del Cubo secondo l'estrema, e meza 
<lb/>proporzione per il lato del Dodecaedro, il qual lato ritrovato ci darà 
<lb/>in virtù delle medesime linee il lato dell'Icosaedro; si come à diversi miei 
<lb/>scolari particolarmente hò insegnato. Passa poi nel medesimo cap. alla 
<lb/>division del quadrante; sopra il quale costituisce tre divisioni, una per la 
<lb/>squadra da Bombardieri, l'altra per il quadrante astronomico, &amp; queste
<pb n = "25 recto"/>
<lb/>dovendo essere in parti eguali, non hanno artifizio alcuno nelle loro divisioni; 
<lb/>la terza, che è per le divisioni del quadrato Geometrico, benche 
<lb/>egli habbia cento volte veduto il modo del dividerla in casa dell' artefice 
<lb/>che mi lavora, che è il modo descritto da lui, con tutto ciò quanto bene 
<lb/>egli l'habbia avvertito, da quanto si è detto di sopra, è manifesto. tralascia 
<lb/>poi la division che è sopra il quadrante del mio Strumento per misurar 
<lb/>le pendenze, per essere un poco più astrusa, &amp; per non haver egli 
<lb/>havuto onde cavarla. Questo è quanto alla fabrica di questo StrUmento, 
<lb/>secondo che il Fiammingo, da chi il Capra hà copiato, si è immaginato 
<lb/>che vadino ritrovate le divisioni di quelle linee, che sono prese dal 
<lb/>mio Strumento, delle quali regole io non reprobo per falsa, se non quella 
<lb/>de i Metalli; mà dico bene, che dovevano esser poste con le loro dimostrazioni, 
<lb/>&amp; di più dico, che i modi che hò tenuti io per conseguir 
<lb/>queste, &amp; le altre divisioni, che metto nel mio Strumento sono per vie 
<lb/>più spedite, &amp; più esatte, come al suo tempo farò toccar con mano. 
<lb/>Fatte queste considerazioni intorno alla fabrica, comincio à considerar 
<lb/>la prima operazione posta nel primo cap. nella quale vuole il Cap. insegnare 
<lb/>à comporre una linea che contenga alcune parti, &amp; frazioni di 
<lb/>parti, la quale operazione è la medesima che la seguente posta da lui nel 
<lb/>secondo cap. solamente immascherata; vero è, che nel mettergli la maschera 
<lb/>fece gli errori, de i quali sopra·†≥i è parlato; mà che ella sia la medesima 
<lb/>della seguente, facilmente potrà ogn'uno comprendere; imperò che 
<lb/>(stando nel suo essempio) il trasferir la intera linea AB. 4. ò 5. volte nella 
<lb/>CD. non è niente; &amp; il prender poi 7. piedi, &amp; 6/7. de i quali piedi tutta 
<lb/>la AB. ne contenga 12. non è altro che pigliare delle 84. parti di tutta 
<lb/>la AB. le 55. imperò che sendo la AB. figurata contener 12. piedi, risolvendola 
<lb/>in settimi di piede, viene à contenere di tali particelle 84. &amp; risolvendo
<lb/>li 7. piedi e 6/7. che prender ne doviamo, parimente in settimi 
<lb/>di piedi, habbiamo delle medesime particelle 55. tal che il problema tutto, 
<lb/>che si hà da far col mezo dello Strumento, non contiene altro, che pigliar 
<lb/>delle 84. parti della linea AB. le 55. essendo il resto dell'operazione, 
<lb/>ciò è il risolvere quei numeri nelle loro frazioni, opera del nostro discorso, 
<lb/>e non fatta col mezo dello Strumento. e nel secondo cap. che altro s'insegna 
<lb/>dal Cap. che Alicuius datae lineae omnes petitas partes invenire? Mà 
<lb/>Il secondo cap. è copiato ad unguem dalla seconda operazione del mio 
<lb/>libro; adunque in questi due capitoli non resta altro all'invenzion del Capra, 
<lb/>che gli errori; à i quali si deve pure aggiugner quello, che ei commette 
<lb/>verso il fine di questo secondo, quando dice: Insuper si esset data linea 100. 
<pb n = "25 verso"/>
<lb/>partium, &amp; peterentiur 3/100. 4. vel 5. quae propè centrum instrumenti accipi non 
<lb/>possunt, illae accipiantur ex altera parte instrumenti, vide licet prope 100. ascendendo
<lb/>&amp;c. il che non è ben detto, mà bisognava dire, accipiatur residuum 
<lb/>illarum partium, nempe 97. vel 96. vel 95. propè 100. &amp; non illae accipiantur.
<lb/>&amp; questa cauzione, eccettuatone però l' errore, è pur essa ancora presa da 
<lb/>due luoghi della mia prima operazione. 
<lb/>Il terzo cap. Lineam propositam in aliquot petitas partes secare, contiene 
<lb/>quattro parti; le prime tre per dividere le linee mediocri, le minime, &amp; 
<lb/>le massime, sono opiate ad verbum della mia prima operazione, eccettuatone 
<lb/>l'errore che il Capra commette nel voler palliare un poco la terza, 
<lb/>dove chi facesse al modo che egli scrive, dicendo: &amp; immoto instrumento 
<lb/>accipiatur una septima illus IK, quae addatur singulis partibus prius acceptis
<lb/>in linea HK. farebbe grand' errore, mà bisogna che, illa septima addatur 
<lb/>primae parti semel, secundae parti bis, tertiae ter &amp;c. La quarta parte, 
<lb/>nella quale egli insegna; date due linee diseguali, dalla maggiore tagliarne 
<lb/>una eguale alla minore, &amp; ci fà prima veder quanti punti contien l'una, 
<lb/>&amp; poi quanti ne contien l'altra, &amp; poi cavar il numero minore dal maggiore, 
<lb/>&amp; poi tornare à pigliare il residuo dallo Strumento, &amp; poi trasportarlo 
<lb/>sopra la maggiore; voglio che ci contentiamo di lasciarla per 
<lb/>trovato singolare dell'ingegno del Capra. 
<lb/>La quarta Operatione, secundum dcttam lineam divisam secare aliam, 
<lb/>è tolta dal Fiammingo; mà si poteva più speditamente risolvere per la 
<lb/>terza mia: anzi, quanto all'operazione, è l'istessa à capello; mà dove in 
<lb/>questa le parti trovate si notano nella medesima retta, nella mia con le 
<lb/>linee trovate si costruisce una figura. 
<lb/>Nel quinto cap. sono diverse operazioni di aritmetica trasportate tutte 
<lb/>dal mio libro; &amp; prima dal principio del cap. sino à quelle parole: Non 
<lb/>hic iacet huius instrumenti usus. è copiato tutto à capello dalla mia quarta 
<lb/>operazione; dove si noti, come, havendo tralasciato il Cap. nel copiare 
<lb/>il primo caso di questa operatione quello che io scrivo in quel proposito;
<lb/>ciò è, che, per risolver le questioni della regola aurea; delli tre numeri 
<lb/>proposti si può ad arbitrio nostro, per aggiustar lo strumento pigliare 
<lb/>il secondo, overo il terzo, &amp; applicarlo al primo, non havendo esso fatto 
<lb/>menzione di ciò; seguita poi di copiare, &amp; scrive: Sed si quaestio esset 10. 
<lb/>exhibent 30. quot dabunt 80. nec secundus nec tertius numerus ex scala immobili 
<lb/>acceptus potest primo per transversum accommodari. Mà se di sopra 
<lb/>non hà mai fatto menzione di accommodare altro che il secondo, perche 
<lb/>dice hora, mà se nè il secondo, nè il terzo si potrà accommodare? 
<pb n = "26 recto"/>
<lb/>bastava dire, quia secundus non potest accommodari &amp;c. copia dunque solamente, 
<lb/>mà non intende. L'altra operatione poi contenuta sino alle parole,
<lb/>Non minori facilitate resolvuntur: non aggiugne niente di nuovo à 
<lb/>quante è insegnato di sopra, perche non è altro che la medesima regola 
<lb/>aurea replicata tre volte; mà perche nell'aggiustare lo strumento si adoprano 
<lb/>solamente il primo &amp; secondo numero, li quali in tutte tre le operationi 
<lb/>sono sempre i medesimi; quindi è, che aggiustato una volta ci serve 
<lb/>poi senza più muoverlo per trovare tutti gli altri numeri rispondenti 
<lb/>à quelli, che nella regola occupano il terzo luogo. La operatione, che segue 
<lb/>sino alle parole, verum si quis. è la regola inversa copiata ad verbum
<lb/>dalla mia operazione 5. L'altra che segue sino alle parole, Non absimili negocio, 
<lb/>è la trasmutazione delle monete posta da me nella mia sesta. Quello 
<lb/>che segue sino alle parole, insuper si aliquis. è l'operazione per gl'interessi 
<lb/>à capo d'anno risoluta in due modi diversi, copiati l'uno, &amp; l'altro 
<lb/>à parola a parola dalla mia settima. In quel che segue sino alle parole, sed 
<lb/>ut melius, il Capra si è arrisicato à non voler copiare ad verbum, &amp; se bene 
<lb/>segue la medesima operazione commette g]i errori notati di sopra 
<lb/>nella narrazione delle sue risposte in voce. Quello finalmente che resta sino 
<lb/>al fine del cap. si lascia intatto all'invenzione del Cap. essendo un affaticarsi 
<lb/>per impoverire; poiche introduce per far le medesime cose già 
<lb/>fatte, un'altra scala mobile, potendosi servir della stabile, hà da muover 
<lb/>lo Strumento una volta di più, adoperare due compassi, &amp; cercare infine 
<lb/>con tedio transversalmente il numero desiderato, le quali manifatture 
<lb/>sono tutte non pur disutili, mà dannose. 
<lb/>Nel cap. 6 propone: Figuram aliquam superficialem adaugere vel diminuere. 
<lb/>&amp; ciò dichiara, con due essempi, il primo è in un triangolo solo, il 
<lb/>secondo è in un rettilineo di molti lati; &amp; perche il primo essernpio non 
<lb/>è copiato dal mio libro, un solennissimo errore non manca; imperò che
<lb/>proponendo egli con queste parole, (Sit triangulus ABC. secundum quem 
<lb/>alius triangulus constitui debeat qu sit ter maior,) di voler fare un triangolo 
<lb/>triplo di un' altro, venendo poi all' operazione cresce i lati del proposto 
<lb/>secondo la proporzion tripla, &amp; crede di haver secondo la medesima proportione 
<lb/>cresciuto il triangolo, nè sa ancora che il triangolo non tre volte, 
<lb/>mà nove volte sarà maggiore del proposto; l' altro essempio poi che egli 
<lb/>diffusamenfo descrive è puntalmente copiato dalla mia operazione 3. 
<lb/>Propone nel cap. 7. Datis duabus lineis tertiam roportionalem adiungere.
<lb/>&amp; questo non è copiato dal mio libro, mà cavato da gli scritti del Fiammingo,
<lb/>dove oltre à quello che hò notato di sopra intorno à questo cap.
<pb n = "26 verso"/>
<lb/>scrivendo le sue risposte in voce, noto adesso il principio dove scrive così: 
<lb/>Sint duae lineae A. &amp; B. quibus invenienda sit tertia proportionalis continua 
<lb/>&amp;c. dove la parola, continua, per esservi superflua, denota che il Cap. 
<lb/>non sà, che una terza linea proporzionale aggiunta à due altre date, non 
<lb/>può non essere in proporzionalità continua, &amp; pur queste son minime 
<lb/>bagattelluzze. poteva in oltre questa operazione, come dependente da 
<lb/>cose poste da me, molto più destramente esser resoluta; &amp; senza havere 
<lb/>à muovere lo Strumento più di una sola volta: imperò che misurata rettamente 
<lb/>la linea B. &amp; applicata poi transversalmente alla quantità della 
<lb/>A. misurata su la medesima scala retta, &amp; preso poi transversalmente 
<lb/>il numero della B. si haverà la C. mà che bisognava perder tempo in questa 
<lb/>&amp; nelle due seguenti operationi, se sono la medesima cosa ad unguem, 
<lb/>che la regola aurea posta da me, &amp; trascritta dal Capra? 
<lb/>Per dir quanto mi occorre, con maggior brevità &amp; chiarezza, intorno 
<lb/>al cap. 8. del Capra, è necessario trascriverlo in questo luogo. Dice dunque 
<lb/>nel titolo: Datis duabus lineis tertiam, tertiae quartam, quartae quintam
<lb/>&amp;c. continuas proportionales adinvenire, &amp; segue. Per hanc operationem
<lb/>facillimum erit è resolvere probl. 4. prop. 12. lib. VI. Eucl. si. namque propositarum 
<lb/>linearum nota sit proportio, ut iam supra docuimus cap. 5. inquiratur differentia
<lb/>inter dictas duas lineas, tunc aperto instrumento secundum quantitatem maioris
<lb/>lineae excipiantur intervalla 
<lb/>differentiarum, ut e.g. dentur 
<lb/>lineae A. &amp; B. in proportione, 
<lb/>ut 21. ad 28. aperiatur secundum 
<lb/>quantitatem lineae B 
<lb/>in 21. immotoque instrumento excipiatur
<lb/>distantia inter puncta
<lb/>35. 35. pro linea C. inter puncta 
<lb/>42. 42 pro linea D. &amp; sic de 
<lb/>reliquis. Quì primieramente 
<lb/>si nota come il volere che, 
<lb/>excipiantur intervalla diffrentiarum, 
<lb/>non hà che fare niente 
<lb/>in questo luogo, nè all' operazione
<lb/>quando si facesse 
<lb/>bene, nè al farla male, come 
<lb/>seguita di fare il Capra, &amp; doveva (volendo concordar con quel che segue) 
<lb/>dire, excipiantur intervalla numerorum crescentium ultra 28. per differentiam
<pb n = "27 recto"/>
<lb/>21. ad 28. li quali sono quelli che nomina, ciò è 35.42. &amp;c. passo 
<lb/>poi à considerare un' altro errore, &amp; è che, sendo la B. 28. &amp; la A. 21. 
<lb/>per trovare la terza C. vuole che; Instrumentum aperiatur secundum quantitatem 
<lb/>lineae B. in 21. &amp; che, illo immoto, excipiatur distantiam inter puncta 
<lb/>35. pro linea C. il che è falsissimo; mà bisogna excipere distantiam inter puncta 
<lb/>28. Vi è oltre à questo il terzo non minore errore, il quale è, che egli 
<lb/>s' immagina, che quando haverà presi gl' intervalli trà i punti 35. 35 &amp; 
<lb/>42. 42. questi siano le lunghezze di linee continue proporzionali; cosa 
<lb/>parimente falsissima, &amp; argomento di niente intendere; perche le distanze 
<lb/>trà i punti 21. 21. &amp; 28. 28. &amp; 35. 35. &amp; 42. 42. ci danno linee di eguali 
<lb/>eccessi, &amp; ordinate in proporzione aritmetica, cosa che non fà al presente 
<lb/>proposito; mà se voleva conseguire l' intento bisognava applicar 
<lb/>la B al 21. &amp; prendere il 28. che gli dava la terza C. &amp; questa applicata, 
<lb/>(aprendo più lo strumento) pur al 21. pigliando il 28. si haveva la quarta 
<lb/>D. la quale applicata similmente al 21. &amp; preso il 28. ci dava la quinta 
<lb/>E. &amp; così in infinito. Vedete intendenti Lettori in quali puerizie mi 
<lb/>bisogna consumare il tempo, e pure è forza trattarne. 
<lb/>Il nono cap. Datis tribus lineis, quartam proportionalem investigare, ha, 
<lb/>si come il Cap. medesimo confessa, la medesima operazione che la precedente, 
<lb/>&amp; non può essere aggiunto per altro, se non per dar luogo à un 
<lb/>nuovo errore, che non poteva capire nel passato cap. quì, stando nella 
<lb/>figura precedente, &amp; volendo alle tre proposte linee soggiugnere la quarta 
<lb/>proportionale, dice, inquiratur proportio lineae A. ad B. ut aperiatur secundum
<lb/>quantitatem B. in 50. 50. A. cadet in 38. 1/ 2. itaque circino aliquo accipias 
<lb/>quantitatem lineae C. hanc punctis 38 1/ 2. per transversum accommodabis, &amp; immoto 
<lb/>instrumento accipies distantiam inter puncta 50. 50. quae exhibet lineam 
<lb/>E. quartam proportionalem. quod nihil aliud erit quàm resolvere problema Pappi, 
<lb/>quo docet, tribus datis rectis lineis quartam invenire, quae sit ad tertiam, ut
<lb/>prima ad secundam. hora quì non hà che far Pappo, nè questo è altro problema 
<lb/>che il quarto del sesto ll'Eucl. prop. 12. &amp; non è vero che in questa 
<lb/>operazione si trovi una quarta linea, la quale sia alla terza, come la prima 
<lb/>alla seconda; mà si trova la quarta, alla quale la terza è come la prima 
<lb/>alla seconda. 
<lb/>L'operazione decima è, secare datam rectam quamlibet secundum duo 
<lb/>extrema ac media ratione. dove quelle parole, secundum duo, le quali non 
<lb/>vi hanno che fare, bastano à far conoscere ad una persona della professione, 
<lb/>che il Capra non hà mai letto alcuno autore Matematico. Questa 
<lb/>operatione è copiata da gli scritti del Fiammengo, &amp; è falsa; perche, posto
<pb n = "27 verso"/>
<lb/>come dice il Capra, che tutta la linea data sia 100. fà poi che la minor 
<lb/>porzione sia 38. &amp; per conseguenza la maggiore 62. mà 100. 62. &amp; 38. 
<lb/>non sono altrimenti proporzionali, perche il quadrato di 62. è 3844. &amp; 
<lb/>il rettangolo di 100. &amp; 38. è 3800. mà non solamente col rnezo di questi 
<lb/>numeri non si segherà la data linea secondo l'estrema, &amp; meza proporzione, 
<lb/>mà nè secondo alcuni altri, &amp; siano quali si voglino, essendo tal divisione 
<lb/>irrazionale, si che posta tutta la linea come di sopra 100. sariano le 
<lb/>sue parti segandola nella proporzione detta una rad. 12500. m. 50. &amp; l'altra 
<lb/>150. m. radice 12500. mà queste cose avanzano di troppo la capacità del 
<lb/>Capra. &amp; se bene questa divisione non si può trovare col mezo delle linee 
<lb/>delle linee, si può nondimeno fare con altre linee dello Strumento; mà
<lb/>questa è una cognizione molto lontana dall' intelligenza del Cap. benche 
<lb/>l' operazione sia facilissima, &amp; non si hà da far altro, che applicar tutta la 
<lb/>linea proposta trasversalmente alli punti 6. 6. delle linee, che il Cap. chiama 
<lb/>lineae circulorum, pigliando poi senza muover lo Strumento l'intervallo 
<lb/>tra li punti 10. 10. delle medesime linee, &amp; questa sarà una delle parti 
<lb/>della linea da dividersi. Mà sopra le mie linee Poligrafiche si applicherà 
<lb/>tutta la linea alli punti 10. 10. pigliando poi la distanza trà li punti 6. 6.
<lb/>&amp; sarà fatto.
<lb/>Passa nel cap. 11 nelle operazioni delle linee delle superficie dette da 
<lb/>me geometriche; &amp; in questo cap. mette sotto pochissime parole tre operazioni 
<lb/>tolte à capello dalle 9. 10. &amp; 11. mie; mà incantucciate quì, parendo 
<lb/>pure al Cap. furto troppo enormemente spaccato il copiar sempre il 
<lb/>tutto à parola à parola. 
<lb/>Nel cap. 12. propone, Datum triangulum dividere lineis aequidistantibus
<lb/>in partes aequales. questa operazione è tolta ad unguem da gli scritti 
<lb/>del Fiammingo, &amp; non è altro che la mia ottava mascherata; imperò che io 
<lb/>insegno quivi crescere, ò diminuire qualunque figura superficiale secondo 
<lb/>qual si voglia proporzione; &amp; quì, che altro è il dividere il triangolo 
<lb/>proposto in cinque parti eguali, per star nell' essempio del Capra, che trovarne 
<lb/>uno che sia la quinta parte di quello, un' altro che sia li 2/5. uno che 
<lb/>sia li 3/5. &amp;c? 
<lb/>Propone nel cap. 13. Datam aliquam superficiem, dividere secundum datam
<lb/>proportionem. &amp; perche questa non è copiata dal mio libro (se bene è 
<lb/>tolta ad verbum dalli scritti del Fiammengo, dove ella è posta con l' essempio 
<lb/>medesimo de i tres viri, inter quos dividendus sit campus ABCD.)
<lb/>si mette à esaggerare la eccellenza dello Strumento per questa frivolissima 
<lb/>operazione; la quale primieramente hà la proposizione universale
<pb n = "28 recto"/>
<lb/>come si vede, mà la regola che poi si dà non si applica se non à i parallelogrammi, 
<lb/>nè può haver luogo se non in questi, ne i triangoli, &amp; nelle 
<lb/>figure mensali; le quali tutte figure seguitando la proporzione delle 
<lb/>lor basi, come dalla prima del sesto d' Euclide si fà manifesto, traducono 
<lb/>il presente problema al dover dividere una linea nelle date proporzioni, 
<lb/>&amp; non altro: la quale operazione è la medesima, giusto che la prima operazione 
<lb/>posta dal Capra, ciò è la medesima che la seconda mia; onde io 
<lb/>non sò perche il Capra l' habbia replicata quì trà le linee Geometriche, 
<lb/>le quali non ci hanno che far niente, nè l'istesso Capra se ne serve punto 
<lb/>per questa operazione. 
<lb/>Il cap. 14. che segue contiene due operazioni, l' una è per trovar la media 
<lb/>proporzionale, copiata ad verbum dalla mia 14. operazione; l'altra 
<lb/>è costituire un quadrato eguale à un dato triangolo, copiata di parola in 
<lb/>parola dalla seconda parte della mia operazione 31. 
<lb/>Nel cap. 15. sono diverse operazioni, &amp; però diverse cose da notarsi. 
<lb/>Et prima propone: Datis tribus superficiebus quartam proportionalem adiungere.
<lb/>comincia poi l' operazione cou queste parole: Sint duo circuli A 
<lb/>&amp; B. &amp; figura C. cui sit invenienda quarta proportionalis qualem proportionem
<lb/>habet A. ad B. ex linea superficierum quaeratur proportio A ad B. &amp;c.
<lb/>dalla qual frase di dire si può comprendere se il suo autore hà mai letti 
<lb/>libri di Matematica. seguita poi l' operazione sino alle parole, Non absimili,
<lb/>&amp; di lì sino à, Eadem fere operatione, insegna, si dentur duae superficies
<lb/>tertiam proportionalem invenire; l' una &amp; l' altra delle quali operazioni è 
<lb/>tolta da gli scritti del Fiammingo, &amp; è in questo luogo superflua; imperò
<lb/>che, se di sopra si è insegnato, date tre linee trovar la quarta, e datene 
<lb/>due trovar la terza proporzionale; &amp; essendo che, ogni volta che le linee 
<lb/>son proporzionali, ancora le lor figure simili son proporzionali, come 
<lb/>Euclide dimostra nella 22. del sesto; à che proposito s'introducono hora 
<lb/>queste due operazioni solamente per aggrandire il libro? mà quì noto 
<lb/>un' altra leggerezza del Cap. ciò è, che quì, dove non era necessario, 
<lb/>distingue la considerazion delle proporzioni delle linee da quella delle 
<lb/>lor figure; mà di sopra nel cap. 6 dove tal distinzione era sommamente 
<lb/>necessaria l'hà prese come se fossero la medesima cosa. In quel che segue 
<lb/>poi sino alle parole, Hincque habetur solutio, copia la operazione mia 10. dalla 
<lb/>quale depende, anzi è il medesimo à punto, quello in che egli si distende 
<lb/>sino à, Haecque proportionum methodus. Entra poi à voler metter non sò che 
<lb/>del suo, &amp; s'intriga in una certa anfora, scrivendo così: Illud tamen silentio 
<lb/>involvendum non credo, quod si proposita esset amphora continens mensuram, 
<pb n = "28 verso"/>
<lb/>&amp; quaereret aliquis aliam, quae duas, quae tres, vel quatuor contineret, hoc dicto 
<lb/>citius poterit absolvi; acceptis enim dimensionibus propositae amphorae, si illas 
<lb/>pro libitu applicuerimus aliquibus punctis huius lineae, tum ex immoto instrumento
<lb/>exceperimus duplum, triplum, vel quadruplum habebimus dimensiones
<lb/>amphorae petitae. dove il Capra mostra come egli non solo hà creduto 
<lb/>(come di sopra si è dichiarato) che le superficie seguitino le proporzioni 
<lb/>de i lati; mà che i solidi parimente seguino quelle delle lor superficie, 
<lb/>poiche in questa operazione apertamente si dichiara di credere, 
<lb/>che col raddoppiare, ò triplicare le superficie dell' anfora, sia parimente 
<lb/>raddoppiato, ò triplicato il suo contenuto, &amp; così nella dottrina del Capra
<lb/>la proporzione, che è trà due linee, si trova l' istessa ancora trà le figure 
<lb/>simili, tanto superficiali, quanto solide fatte da quelle; falsità conosciuta 
<lb/>da ogni muratore. 
<lb/>Nel cap. 16 vuol dichiarare la regola di costituire un rettilineo simile 
<lb/>ad uno, &amp; eguale ad un' altro dati; la quale operazione non è posta da me 
<lb/>nel mio libro, mà l'hò ben insegnata in voce à molti miei scolari in diversi 
<lb/>tempi; &amp; è necessario che da qualcuno sia stata mal referita al Cap.
<lb/>&amp; peggio intesa da lui; il che si fà manifesto dal confusissimo parlare, col 
<lb/>quale ei la descrive, &amp; pieno di improprietà, &amp; mancamenti; nel quale, 
<lb/>solamente da persone molto intendenti, si può vedere, come per nube la 
<lb/>regola buona di operare, mà infelicissimamente descritta. Et acciò che 
<lb/>quanto in ciò mi occorre dire meglio s' intenda, è necessario trascriver 
<lb/>quì la operaztione, con la sua figura: scrive dunque il Capra così.
<lb/> 
<lb/>Datam superficiem immutare in aliam, cuius alia sit aequalis primae datae. Esset 
<lb/>equidem haec operatio difficilis, sed omnem difficultatem superat instrumentum
<lb/>hoc nostrum; sit enim triangulus A, cui rombus aequalis triangulo A quo ad aream,
<lb/>sed rumbo B. similis fieri debeat. Primo quaeratur inter basim, &amp; dimidiam
<lb/>perpendicularem trianguli A. media proportionalis, quae sit C. deinde ipsius 
<lb/>rombi B. media etiam proportionalis, quae sit D. denique quaeratur quarta 
<lb/>proportionalis ipsarum DC. hoc scilicet modo; si latus quadrati quod est D. 
<lb/>rumbi B. dat latus falsum rombi B, quid dabit latus quadrati veri C. trianguli
<lb/>A. &amp; proveniet latus veri Rombi. Hoc est videas quam proportionem habeant
<lb/>latera rumbi falsi, ut puta F. C. &amp; proportionalis D, &amp; in hoc exemplo
<lb/>sit, ut 100. ad 53. postea secundum quantitatem lateris C. aperies in linea superfcierum 
<lb/>in 100. &amp; excipies distantiam inter puncta 53. 53. pro latere E. 
<lb/>indeque habere poteris solutionem probl. 7. prop. 25. lib. 6. Eucl. quo docet, dato 
<lb/>rectilineo simile similiterque positum, &amp; alteri dato aequale idem constituere. 
<lb/>Hora quì mi bisognano far due cose, prima dichiarare al Cap. quello 
<pb n = "29 recto"/>
<lb/>che ei medesimo hà voluto dire in questo cap. &amp; poi esplicar meglio quello 
<lb/>che bisognava che ei dicesse per dir perfettamente: Nel titolo, del quale 
<lb/>Edipo non troveria il senso, hà voluto dire: Datis duabus superficiebus 
<lb/>quibuscunque tertiam uni quidem datarum aequalem, alteri verò similem, describere.
<lb/>poi nelle parole inettissime: sit enim triangulus A. cui rombus aequalis 
<lb/>triangulo A quo ad aream, sed rumbo B similis fieri debeat. doveva dire parlando 
<lb/>da Geometra, &amp; stando nella proposizione universale, come fù 
<lb/>proposta: sit figura A. cui alia aequalis, sed ipsi figurae B similis constitui debeat; 
<lb/>doveva seguitar poi &amp; dire, inveniantur quadrata ipsis A. &amp; B. aequalia;
<lb/>per quello che egli scrive al cap. 40. copiato dalla mia operazione 30.
<lb/>quorum latera sint lineae CD. (perche le medie, delle quali ei parla, non servano 
<lb/>ad altro;) &amp; così sfuggiva quello impropriissimo modo di parlare.
<lb/>Deinde ipsius rombi B media etiam proportionalis, il quale, oltre al far la proposizione 
<lb/>particolare, dichiarerebbe per ignorante un che havesse più
<lb/>fama d'Archimede; e parimente doveva buttare à monte tutto il resto 
<lb/>del ciarpame che egli scrive con non minor confusione, &amp; improprietà, 
<lb/>intralasciandolo con lati veri, &amp; lati falsi di falsi quadrati, &amp; rombi veri, &amp; 
<lb/>dir solamente così: Deinde ut C ad D. ita fiat linea A. ad aliam E. ex quà describatur
<lb/>figura similis A. quae erit quoque figurae B aequalis; &amp; così veniva à 
<lb/>scansare ancora l'altro errore commesso nel dire, quaeratur quarta proportionalis 
<lb/>ipsarum DC. proponendo due linee solo per trovargli la quarta 
<lb/>proportionale.
<lb/>Nel cap. 17. trasporta le regole per l' estrazion della rad. quadrata, &amp; 
<lb/>per le ordinanze di fronte e fianco diseguali con tutti i lor casi, &amp; cauzioni,
<lb/>&amp; modi diversi di operare, copiate ad verbum dalle 12. &amp; 13. mie 
<pb n = "29 verso"/>
<lb/>operazioni. Et benche la prima regola posta dal Cap. per l' estrazion della 
<lb/>rad. non sia stampata nel mio libro, ella però si trova in molti manuscritti 
<lb/>dati da me alcuni anni adietro à diversi Signori, &amp; trà li altri è ne 
<lb/>gli scritti, che detti sei anni sono all' Illustriss. Sig. Iacop' Alvigi Cornaro, 
<lb/>essendo quella stata la prima maniera di operare, ridotta poi à maggior 
<lb/>facilità, come nelle altre tre regole stampate da me si vede, le quali due 
<lb/>regole, benche in apparenza differenti, sono però in essenza l' istessa. 
<lb/>Viene dipoi nel cap. 18. à trattar delle linee de i solidi, chiamate da 
<lb/>me Stereometriche, &amp; in quello esplica due operazioni, l'una di trovar 
<lb/>la proporzione tra due solidi simili proposti, l'altra per costituirne un 
<lb/>solo eguale à molti dati; le quali due operazioni sono copiate dalle 16. 
<lb/>&amp; 17. mie. 
<lb/>Nel cap. 19. vuole insegnare il modo di sottrarre un solido da un' altro 
<lb/>simile; operazione pretermessa da me per esser la conversa della precedente, 
<lb/>&amp; però manifestissima ad ogni persona. Replica poi nel fine la medesima 
<lb/>operazione posta nel capitolo precedente, essendo che il medesimo è 
<lb/>trovare la proporzione che hanno in peso due solidi simili, che trovare 
<lb/>la proporzione che hanno trà di loro; vedesi questo modo di operare 
<lb/>esemplificato nel fine della mia operazione 23. 
<lb/>Il cap. 20. è cavato da una parte della mia operazione 15. 
<lb/>Nel cap. 21. propone due operazioni non copiate dalle mie, dal che 
<lb/>ne sguita, in consequenza necessaria che non manchino di errori. Propone 
<lb/>dunque in universale, Datum solidum in partes petitas dividere; &amp; segue 
<lb/>il modo del dividerlo, così: Dividantur superficies solidi ea ratione qua 
<lb/>in linea superficierum cap. 10. &amp; 11. docuimus dividere superficies, nempe in 
<lb/>oppositis partibus, coniungantur parallelis lineis divisiones, dictumque solidum 
<lb/>divisum erit in partes petitas. dove io primieramente noto come il cap. 10. 
<lb/>&amp; 11. non hanno che fare in questo proposito; mà doveva citare il cap. 13. 
<lb/>dico in oltre, che mi maraviglierei se altri che il Capra si fusse persuaso, 
<lb/>che di un solido tagliato in diverse parti al modo del Cap. le parti solide 
<lb/>havessero trà di loro le medesime proporzioni, che le parti delle sue superficie 
<lb/>tagliate; mà del Cap. hormai non è più da meravigliarsene, anzi 
<lb/>saria da trasecolare quando egli havesse aperta la bocca senza mandar 
<lb/>fuori più sciocchezze che parole. Havevo pensato per salvare il Cap. di 
<lb/>dire, che ei non habbia cognizione di altri solidi che de i prismi, &amp; de i cilindri;
<lb/>&amp; che appresso di lui i coni, le piramidi, le sfere, i conoidali, &amp; 
<lb/>mille altri solidi non si ritrovassero al mondo; mà hò veduto poi che nè 
<lb/>anco questo lo mandava immune da ogni mancamento, perche, per segar 
<pb n = "30 recto"/>
<lb/>quei corpi detti non occorreva dividere altro che le loro altezze; talche 
<lb/>non lo posso in modo alcuno aiutare. Aggiugne poi nel fine il modo di 
<lb/>trovar solidi proporzionali, dicendo questa operazione proceder come 
<lb/>quella delle superficie; mà che in luogo delle linee delle superficie si piglino 
<lb/>le linee de i solidi; &amp; io gli dico, che, e queste, e quelle son superflue, 
<lb/>perche senza altre superficie, ò altri solidi basta pigliar le proporzionali 
<lb/>de i lati; perche quando i lati saranno proporzionali, saranno proporzionali 
<lb/>parimente le loro figure simili tanto piane quanto solide. 
<lb/>Propone nel cap. 22. Datis duobus solidis duo media proportionalia elicere. 
<lb/>dove perche la operazione è particolare de i solidi simili, bisognava 
<lb/>nel titolo dire, duobus solidis similibus; perche io non sò quanto il Capra si 
<lb/>sapesse distrigare, se alcuno gli proponesse una sfera, &amp; una piramide. la 
<lb/>operazione poi è la medesima che l' invenzion delle due medie proporzionali 
<lb/>trà due linee proposte, messa da me nella operazione 19. mà lui
<lb/>credendo di mascherarla, &amp; trafugarla l'hà proposta sotto titolo, in apparenza 
<lb/>solamente, differente. Mà forse hò torto à farlo così maliziuto, 
<lb/>potendo benissimo essere lui in questo, &amp; in tutti gli altri simili luoghi, 
<lb/>non per malizia, mà per pura ignoranza haver peccato. 
<lb/>Nel cap. 23. propone, Dato parallelepipedo aequale cubum construere. operazione 
<lb/>copiata ad verbum dalla mia 20. eccetto però che io non vi metto 
<lb/>sì grossa balorderia quanta è quella che il Cap. scrive nell'operazione dicendo,
<lb/>Deinde inter E quadratum basis parallelepipedi, &amp; ipsius altitudinem
<lb/>CD. duae mediae proportionales inveniantur; nè sò ancora tanta Geometria, 
<lb/>che io sapessi trovar due medie trà una superficie, &amp; una linea. 
<lb/>Insegna poi nel cap. 24. Mutare sphaeram in Cubum; mà già che voleva 
<lb/>metter mano à questa parte, doveva seguitar d' insegnare à ridurre in cubo 
<lb/>tutti gli altri solidi, si come io hò privatamente à diversi miei scolari 
<lb/>insegn~ato à fare; mà essendo le operazioni, che posso far col mio Strumento
<lb/>infinite, non hò voluto stampar se non quelle che all'uso comune 
<lb/>son più necessarie, si come nel mio libro hò detto. &amp; la presente operazione 
<lb/>hò io insegnata assai più speditamente, ciò è con applicare il diametro 
<lb/>della sfera alli punti 42. delle linee Stereometriche, pigliando poi 
<lb/>la distanza trà li punti 22. che sarà il lato cercato. imperò che essendo per 
<lb/>Archimede il Cubo, &amp; il Cilindro intorno alla sfera, come 42. à 33. &amp; il 
<lb/>Cilindro alla sfera come 33. à 22. patet propositum. 
<lb/>L'operazione 25. per l' invenzione delle due medie, è copiata dalla mia 
<lb/>13. ad verbum. 
<lb/>Nel cap. 26. mette tre regole per l' estrazion della rad. cuba. la prima è 
<pb n = "30 verso"/>
<lb/>tolta da quella che davo ne i miei scritti alcuni anni adietro, la quale si 
<lb/>troverà in mano di molti, &amp; quì in Padova in particolare ne gli scritti 
<lb/>che detti già sei anni all'Illustriss. Sig. Cornaro; le altre due sono copiate 
<lb/>ad verbum dalla mia operazione 18. stampata. 
<lb/>Viene poi à trattar delle linee metalliche nel cap. 27. nel quale mette 
<lb/>tre operazioni, copiate ad unguem dalle mie 21. &amp; 22. operazioni. 
<lb/>La operazione del cap. 28. è la medesima che la seconda delle tre operazioni 
<lb/>poste nel cap. precedente, &amp; si risolve nel medesimo modo à capello, 
<lb/>nè vi è bisogno di pigliare il lato del cubo AB. ò altra linea, si come 
<lb/>ad ogn' uno può esser manifesto per quello che scrivo nella sopracitata 
<lb/>mia operazione 22. 
<lb/>Propone nel cap. 29. Dato corpore metallico aliud construere aequalis ponderis, 
<lb/>sed diversae magnitudinis; mà la parola magnitudinis, deve dire, materiae,
<lb/>altrimente sarebbe uno sproposito. questa operazione è copiata dalla 
<lb/>21. del mio libro; mà notisi quello che è accaduto al Cap. per haver 
<lb/>voluto variar l' essempio, &amp; specificare in un cubo, quello che io esemplifico 
<lb/>in una palla; che è stato il dichiararsi troppo bruttamente di non intendere 
<lb/>ancora che cosa sia cubo, &amp; come egli hà 12. lati tutti eguali, sendo 
<lb/>contenuto da 6. quadrati; mà il Capra hà creduto che tutti i lati del 
<lb/>cubo sien diseguali. il che è chiaro dalle sue parole, che son queste: Aperiatur 
<lb/>in punctis stamni secundum omnia latera cubi, &amp; excipiatur intervallum 
<lb/>punctorum argenti, &amp; ex inventis lateribus argenti construatur cubus similis 
<lb/>alteri, qui magnitudine erit diversus &amp;c. dove dalle particole, omnia 
<lb/>latera, inventis lateribus. &amp; similis alteri. si scorge che egli hà creduto che 
<lb/>il cubo sia qualche corpo di lati diseguali; &amp; che possa essere che un cubo 
<lb/>sia dissimile da un altro; &amp; per assicurarci ben di questa sua credenza nel 
<lb/>fine del cap. havendo esplicata la operazione con l' essempio di un lato 
<lb/>solo, conclude, hacque eadem methodo omnia alia latera erunt accipienda denec 
<lb/>totus cubus sit constructus.
<lb/> 
<lb/>Nel cap. 30 hà cavato il tutto ad unguem dalla mia operazione 24. 
<lb/>dove mostro come il mio Strumento ci serva mirabilmente per Calibro 
<lb/>da Bombardieri, chiamati dal Cap. Libratores. 
<lb/>Il cap. 31. con tutte le sue circostanze è copiato ad verbum dalla mia 
<lb/>25. operazione. 
<lb/>Passa poi nel cap. 32. à trattar de gli usi della linea del quadrante, della 
<lb/>quale manca il mio Strumento; mà è stata tolta insieme con li suoi usi
<lb/>da gli scritti del Fiammingo. di questa ne pone il Cap. 4. operazioni ne i 
<lb/>quattro cap. seguenti, le quali però tutte si riducono in una sola, che è di 
<pb n = "31 recto"/>
<lb/>ritrovar i gradi di un' arco proposto, &amp; questa sola si risolve in farci conoscere, 
<lb/>che il Cap. non sà ancora quanto son grandi gli angoli di un triangolo,
<lb/>poiche in questa 32. stampa il triangolo posto di sopra, con angoli, 
<lb/>la cui amplitudine è gr. 183. se ben di tutti i triangoli gli angoli non sono 
<lb/>nè più nè meno di gr. 180. considerati gli angoli, come fà il Cap. nel 
<lb/>presente luogo, come costituiti nel centro del cerchio. l'operazione è ne 
<lb/>gli scritti del Fiammingo, mà senza errore, &amp; è esemplificata con un triangolo 
<lb/>scaleno, li cui angoli misura uno per 96. l'altro per 53. &amp; il terzo 
<lb/>per 31. che in tutto fanno 180. 
<lb/>Nel seguente cap. 33. quello che di sopra ci hà insegnato di fare in tre 
<lb/>archi suttendenti à gli angoli di un triangolo, ce lo replica quasi cosa differente, 
<lb/>in due altri archi misurando la lor quantità nel medesimo modo 
<lb/>ad unguem; è vero che ci aggiugne questa leggiadrissima operazione
<lb/>di trasportar ambidue li detti archi, li quali si suppongono esser tolti dal 
<lb/>medesimo cerchio, &amp; riunirgli nella medesima circonferenza; si dichiara 
<lb/>appresso non intender niente le definitioni, non pur le proporzioni, del 
<lb/>terzo d'Eucl. chiamando archi simili clne tagliati da l' istesso cerchio, de i 
<lb/>quali uno ne pone esser g. 43. &amp; l'altro 70. ignarus che gli archi si domandano 
<lb/>simili quando sottendono ad angoli eguali, &amp; non, come hà creduto 
<lb/>lui, quando son tagliati dal medesimo cerchio, &amp; inscius parimente, 
<lb/>che gli archi simili del medesimo cerchio sono tra di loro eguali.
<lb/>Ci insegna poi con la medesima insipidezza nell'altro cap. 34. Arcurn 
<lb/>datum multiplici proportione augere, col trasferirlo in somma molte volte
<lb/>sopra la circonferenza, della quale egli è parte. 
<lb/>Finalmente nell'altro cap. 35. ci insegna à misurar l'angolo del1' apertura 
<lb/>dello Strumento, il che si fà come à misurar l' angolo di ogni altro triangolo
<lb/>al modo che insegna nella prima operatione di queste linee, dove 
<lb/>insegna à misurar tre angoli, &amp; quì un solo col medesimo modo; &amp; 
<lb/>pur questa è operazione tolta dalli scritti del Fiammingo. 
<lb/>Passa nel cap. 36. alla dichiarazione della linea de i cerchi, detta da me 
<lb/>Poligrafica, della quale ne mette quei due medesimi usi, che ne pongo io 
<lb/>alle 26. &amp; 27. mie operazioni, de i quali, perche l' uno è il converso dell'
<lb/>altro, &amp; le divisioni di questa linea messe dal Cap. sono con ordine prepostero 
<lb/>di quelle che metto io nel mio Strumento; quindi è, che la regola, 
<lb/>che mette il Cap. per dividere il cerchio, è quella, che metto io per 
<lb/>descrivere i Poligoni, &amp; per il converso la regola scritta dal Cap. per descrivere 
<lb/>i Poligoni è l' istessa con quella che pongo io per dividere il cerchio. 
<lb/>Quello poi che mette nel fine di questo cap. di poter risolvere il 
<pb n = "31 verso"/>
<lb/>problema d'Eucl. posto alla proporzione 16. del 12. non può ricevere benefizio 
<lb/>alcuno da queste linee, chi non vi segnasse dentro i lati di infiniti 
<lb/>Poligoni, il che è impossibile à farsi. 
<lb/>Propone poi nel cap. 37. una operazione particolare, cioè, Dato latere 
<lb/>Pentagoni invenire suum circulum, la quale era molto meglio che fusse proposta 
<lb/>generalmente, &amp; con termini proprii della scienza, ciò è super data 
<lb/>recta linea Poligonum regulare describere, che questo è quello che nell'
<lb/>operazione si insegna. nel fine poi dell'operazione scordatosi di quello 
<lb/>che in essa hà insegnato mette questi corollarii. Ex quo habes etiam facillimam
<lb/>solutionem probl. 11. 4. Eucl. quo in dato circulo Pentagonum aequilaterum,
<lb/>&amp; aequiangulum inscribere docet, nec non probl. 15. &amp; 16. il che non è vero; 
<lb/>mà la soluzione di questi probl. depende, non da questa, mà dalla precedente 
<lb/>operazione, anzi è l'istessa; perche insegnandosi à dividere un cerchio, 
<lb/>v. g. in cinque parti si viene in conseguenza à inscrivervi un Pentagono; 
<lb/>mà in questa operazione si insegna dato il lato del Poligono circonscrivergli 
<lb/>il cerchio; veggasi dunque quanto accuratamente habbia 
<lb/>il Capra considerate queste cose. 
<lb/>Passa ne i due cap. 38. e 39. alli usi della linea quadratrice, detta da 
<lb/>me Tetragonica, ne i quali copia ad verbum la mia 28. operazione della 
<lb/>quadratura del cerchio, &amp; della trasmutazione de i Poligoni regolari 
<lb/>l' uno nell' altro. 
<lb/>Il cap. 40. è copiato dalla mia operazione 30. mà per mettervi il Cap. 
<lb/>qualche cosa del suo, l' hà adornato di due suoi errori indicanti il suo 
<lb/>non intender niente, nè anco il significato delle parole, il che pure hormai 
<lb/>si è sin quìcento volte veduto. Prima nel titolo chiama il cerchio &amp; 
<lb/>il quadrato figure irregolari, scrivendo così: Data figura quacunque irregulari, 
<lb/>hoc est circulo quadrato &amp;c. ipsi aequalem construere; le quali parole 
<lb/>mancano ancora di senso, si come ogn' uno che habbia senso può comprendere:
<lb/>mà non intendendo egli nè quello che ei scriveva, nè quello 
<lb/>d' onde copiava, hà scritto nel modo detto, in luogo di scrivere: data quacunque 
<lb/>figura rectilinea irregulari; circulum, quadratum, &amp;c. ipsi aequale construere. 
<lb/>vedesi poi nell'esplicazione dell' operazione; che appresso il Cap. 
<lb/>ogni rettilineo è un quadrilatero; perche vuole che si risolva in due triangoli, 
<lb/>scrivendo egli così: Hincque si vides manifestissimè pendet solutio probl. 2. 
<lb/>prop. 14. lib. 2 Eucl. nam si ex rectilineo constituemus duos triangulos &amp;c. &amp; 
<lb/>non sà ancora che un rettilineo può havere &amp; due, &amp; quattro, &amp; dieci, 
<lb/>&amp; cento triangoli. 
<lb/>Nel cap. 41. insegna à trovar una retta eguale alla circonferenza del 
<pb n = "32 recto"/>
<lb/>dato cerchio, il che fà col mezo di un punto posto da lui (però con l' aiuto 
<lb/>del Fiammingo, da gli scritti del quale è presa questa divisione) in queste 
<lb/>linee quadratrici; mà tale divisione è totalmente superflua, potendosi,
<lb/>&amp; più speditamente, conseguir l'istesso col mezo delle linee aritmetiche, 
<lb/>accommodando transversalmente il diametro del dato cerchio à i 
<lb/>punti 70. di quelle, &amp; poi pigliando l'intervallo trà i punti 220. il quale 
<lb/>darà la retta eguale alla circonferenza del cerchio conforme à le cose dimostrate 
<lb/>da Archimede. 
<lb/>Replica in questo cap. 42. molto inutilmente la medesima operazione 
<lb/>posta nel cap. 16. &amp; parendogli di non si haver in quella dichiarato à 
<lb/>bastanza per persona, che non intenda quello che ei voglia dire, ò fare; 
<lb/>ce ne reca in questo luogo altri nuovi testimonii. Propone dunque nel 
<lb/>presente cap. di voler constituire una figura simile ad un'altra data &amp; eguale 
<lb/>à un dato cerchio, ò Pentagono &amp;c. la quale operazione per il cap. 
<lb/>suo 16. ò per dir meglio, per quello che sopra vi hò insegnato io, si spedisce 
<lb/>subito; imperò che, trovati due quadrati eguali l'uno al dato cerchio, 
<lb/>&amp; l'altro alla data figura, &amp; fatto poi, come il lato del quadrato eguale 
<lb/>alla data figura, al lato del quadrato eguale al cerchio; così uno de i lati 
<lb/>della data figura ad un'altra linea, &amp; sopra quella come homologa del 
<lb/>lato preso della data figura, descrivendone una simile, sarà questa eguale 
<lb/>al dato cerchio. Mà il Cap. dopo haver detto che si trovino li due quadrati 
<lb/>eguali al cerchio, &amp; alla figura data, seguita così: Quod si quadratum 
<lb/>figurae aequale fuerit quadrato circuli iam intentionem consequutus eris; (è vero, 
<lb/>perche il cerchio ancora sarà eguale alla figura) sin minus detrahatur 
<lb/>minus quadratum ex maiore, &amp; ex residuo fiat figura aequalis dato circulo, &amp; 
<lb/>similis datae figurae. hor quì vorrei sapere quali compassi, ò quali computi 
<lb/>ci hanno à servire in questa operazione; perche posto v. g. che il cerchio, 
<lb/>&amp; per consequenza il suo quadrato fosse 100. &amp; la figura, &amp; perciò il suo 
<lb/>quadrato 120. operando secondo il precetto del Cap. bisogna sottrar 100. 
<lb/>da 120. resterà 20. &amp; di questo residuo, ciò è di 20. si hà da fare una figura 
<lb/>eguale al dato cerchio, ciò è à 100. bisognerà dunque stirarlo più che 
<lb/>mai fornaie stirassero lasagne. Segue poi, Si verò minus fuerit, ut in hoc 
<lb/>exemplo, differentia addatur minori quadrato, ut aequale fiat quadrato circuli, 
<lb/>reliqua fiunt iuxta tradita cap. 16. cauzione posta senza bisogno alcuno, &amp; 
<lb/>fatica, &amp; tempo perso à sproposito; perche havendo già il quadrato eguale 
<lb/>al cerchio, non occorre che io accresca l'altro quadrato per farlo eguale 
<lb/>à questo, mà mi servirò di questo in ogni occorrenza: in somma è una 
<lb/>gran cosa il non intender niente. non voglio dissimulare la ingegnosa division 
<pb n = "32 verso"/>
<lb/>trimembre, che il Cap. pone in questo luogo, la quale ristretta insieme
<lb/>suona così: questo quadrato ò è eguale all'altro, ò non è eguale, ò 
<lb/>è minore. torninsi à leggere le sue parole. 
<lb/>Nel cap. 43. copia la mia 29. operazione à capello. 
<lb/>Passa poi, nel cap. 44. alla linea chiamata da lui in questo luogo, Linea 
<lb/>quinque solidorum regulatorum; della quale mette quest'uso solo di trovare 
<lb/>i lati de i corpi regolari inscrittibili nella medesima sfera, la quale operazione 
<lb/>potendosi facilissimamente risolvere con le linee Geometriche,
<lb/>&amp; con le Poligrafiche (come di sopra hò insegnato) fà che queste tali linee 
<lb/>siano superfluamente poste in questo Strumento. 
<lb/>Speditosi finalmente da gli usi di queste linee, viene ad, usus quadratus, 
<lb/>(che tale è il titolo che lui scrive), ciò è, (che così credo che habbia voluto 
<lb/>intendere) à gli usi del quadrante, sopra il quale segna quello che 
<lb/>segno io sopra 'l mio (eccettuatane però la divisione per misurar le pendenze
<lb/>da lui pretermessa), cioè la squadra da Bombardieri, il quadrante 
<lb/>Astronomico, &amp; la divisione rispondente al quadrato Geometrico; mà 
<lb/>tralasciando le altre due divisioni, si riduce à trattar solamente delle regole 
<lb/>del misurar con la vista col mezo del detto quadrato Geometrico, 
<lb/>dicendo, che se bene questa parte à quampluribus aliis diffusè admodum
<lb/>sit tradita, tamen cum ab aliquibus secreti loco hic modus dimetiendi per hoc 
<lb/>instrumentum habeatur, la vuole, breviter, dilucidè tamen, ridurre à questo 
<lb/>suo Strumento; nelle quali parole se hà voluto (come io credo) intender 
<lb/>me per quello che tenga in luogo di segreto questi modi di misurare, 
<lb/>hà veramente havuto il torto; perche, se per segreto intende cosa 
<lb/>grandissima &amp; miracolosa, qual'è per essempio il segreto di sanare da lontan 
<lb/>paese un ferito col medicar solamente l' arme che lo ferì, ò una pezza 
<lb/>macchiata del suo sangue; &amp; il segreto di quella mirabile unzione, con 
<lb/>la quale toccandosi un ferro benche grossissimo, in poche hore si scavezza, 
<lb/>&amp; altri portenti di questo genere; io non solamente non hò stimate 
<lb/>queste regole di misurar per cose di questa meraviglia; mà hò sempre stimato,
<lb/>&amp; stimo, che tutte le Matematiche insieme non contenghino cosa 
<lb/>di tanto stupore; &amp; se per segreto intende cosa riservata, &amp; tenuta ascosa, 
<lb/>hà ancora il torto, &amp; maggiormente; non le havendo io nè celate, nè negate 
<lb/>ad alcuno che me l' habbia domandate, che pur sin' hora sono stati 
<lb/>centinaia di gentil'huomini; mà se finalmente per segreto vuole intender 
<lb/>cosa nuova, &amp; che habbia del peregrino; io credo bene, che molte delle 
<lb/>mie regole sien tali, &amp; quelle massime, li cui computi laboriosi sono da 
<lb/>me tolti via, &amp; col mezo del solo compasso, &amp; delle mie linee aritmetiche 
<pb n = "33 recto"/>
<lb/>risoluti con modi da niun' altro per addietro pensati; mà quando segreto 
<lb/>nissuno trà le mie regole del misurare si contenesse incognito alle altre 
<lb/>persone, assai pur ve ne sono segretissimi al Cap. e tanto incogniti, &amp; astrusi 
<lb/>per lui, che per ancora non gli hà potuti penetrare, si come nel deciferarglieli 
<lb/>più à basso si farà palese; onde ei non doveva così disprezzarli, &amp; 
<lb/>avvilirli come cose tanto triviali. Se il Cap. poi secondo la sua promessa
<lb/>habbia dilucidamente trattata questa parte, ò pure se egli nel trasportar 
<lb/>le cose scritte da me, &amp; niente assolutamente intese da lui, &amp; nel volerle 
<lb/>palliare, &amp; accomodare à sue sciocchissime immaginazioni habbia fatta 
<lb/>una confusione, &amp; un intrico inestricabile anco da Apolline, &amp; si sia in fine 
<lb/>palesato per tanto nudo di ogni intelligenza, che ei non habbia anco 
<lb/>inteso come lo Strumento và tenuto in mano, per far le operazioni del 
<lb/>misurar le distanze: col trascriver di parola in parola solamente due ò tre 
<lb/>di tali sue operazioni insieme con le proprie figure trasportate à capello, 
<lb/>&amp; col glosarvele per vostra minor fatica, vi farò in quest'ultimo, giudiziosi 
<lb/>Lettori, toccar con mano. Et pigliando il primo cap. de i 19. che il 
<lb/>Cap. pone per le dichiarazioni di tali misure, si legge nel titolo così. 
<lb/>Distantiam inter duos terminos in eodem plano (quasi che due termini, e 
<lb/>anco tre potessino non esser nel medesimo piano; era dunque meglio dire,
<lb/>in eodem Orizonte) ad quorum alterum tantum accedi possit indagare. Segue 
<lb/>poi: Notandum imprimis, quod haec extima circunferentia divisa in 200. 
<lb/>partes continet umbram rectam, &amp; umbram versam ipsius quadratus (ha voluto 
<lb/>dire ipsius quadrati) Geometrici; ideo ut illos centenarios distinguere valeamus. 
<lb/>E. g. dum per brachium CD. cernimus in proximè sequenti figura, qui
<lb/>iuxta mansoris oculum collocatus in superiori parte versus D. secundum, qui autem 
<lb/>illi opponitur primum semper nominabimus, primus enim nobis ostendit umbram 
<lb/>versam, secundus autem umbram rectam. Sit itaque investiganda distantia 
<lb/>AB. ut puta latitudo alicuius fluvii, à centro instrumenti dimittas perpendiculum 
<lb/>liberè cadentem, tunc constitutus in puncto A. observabis quodcunque signum 
<lb/>C. progressus verò ad locum C. per instrumenti brachium CD. (quod quidem 
<lb/>si duo pinnacidia habebit, ad hoc ut visus aberrare non valeat, observatio 
<lb/>erit exactior) respicies terminum B. Hor quì mi fermo alquanto, &amp; noto prima 
<lb/>come il Cap. piglia il punto C. à caso, il che è grande inavvertenza, 
<lb/>non gli potendo servire al suo bisogno, se non quando la linea prodotta 
<lb/>da esso al termine A. faccia angolo retto con la linea BA. adunque il punto 
<lb/>C è limitato, &amp; non è quodcunque signum, com' egli scrive; noto in oltre
<lb/>come essendo la distanza AB da misurarsi, una linea orizontale, come la 
<lb/>larghezza di un fiume, dalle parole del Cap. non si può intendere che la 
<pb n = "33 verso"/>
<lb/>distanza presa AC. sia ancor lei altrimenti che orizontale, perche se havesse 
<lb/>voluto intendere, che il termine C. fusse elevato, &amp; à perpendicolo 
<lb/>sopra 'l punto A della distanza AB. non haverebbe detto constitutus in A.
<lb/>observabis quodcunque signum C. perche in aria non si può osservar quodcunque
<lb/>signum; mà più presto dal punto sublime C. haveria notato qualche segno
<lb/>nell' orizonte: il dire ancora progressus ad locum C. mostra che si hà da camminare 
<lb/>in piano, &amp; non à salire; &amp; finalmente è chiaro che nell' immaginazion 
<lb/>del Cap. il punto C. non è in luogo sublime, perche se ciò fusse, questa 
<lb/>operazione saria per appunto la medesima nè pur in un sol capello alterata, 
<lb/>che quella, la quale egli scrive più à basso nel cap. 5. stanti queste 
<lb/>premesse seguita il Cap. &amp; scrive così: &amp; observabis quot partes, &amp; cuiusuam
<lb/>centenarii, an primi, an secundi secentur à perpendiculo; nam primo si secantur 
<lb/>aliquot partes primi centenarii, ut puta 18. tunc mensurabis distantiam AC. 
<lb/>(non dice, altitudinem, come haveria detto quando havesse voluto che il 
<lb/>punto C. fusse 
<lb/>stato sublime) 
<lb/>&amp; sit, e. g. 
<lb/>12. pedum, sicque 
<lb/>institues ratiocinium, 
<lb/>si partes 
<lb/>abscisse hoc est 
<lb/>18. dant 100. 
<lb/>quot dabut 12. 
<lb/>facta itaque operatione, 
<lb/>vel per 
<lb/>regulam trium, 
<lb/>vel per illa, quae 
<lb/>cap. 5 tradidimus
<lb/>invenies 
<lb/>66 2/ 3 quare inquies 
<lb/>distantiam 
<lb/>AB. esse pedum
<lb/>66 2/3. Si autem 
<lb/>perpendiculum 
<lb/>abscindet partes 
<lb/>secundi centenarii, tunc sic proponenda erit quaestio 100. dant partes abscissas 
<lb/>quot dabit AC. hoc est 12. pedes. Si tertio &amp; ultimo perpendiculum inter duos 
<lb/>centenarios cadet, tunc AB esset aequalis distantiae AC. quod apprimè semper 
<pb n = "34 recto"/>
<lb/>notandum erit. Hor quì manifestamente si vede, sì dalla figura, come da 
<lb/>quanto è scritto, che il Cap. stando nel punto C. vuole che lo Strumento 
<lb/>si costituisca non parallelo all' orizonte, mà per taglio, ciò è eretto, perche 
<lb/>altrimenti il perpendicolo non taglierebbe il quadrante, nè haverebbe 
<lb/>uso alcuno; mà se così hà da costituirsi lo Strumento, &amp; il punto C. è nell' 
<lb/>orizonte, come taglierà il perpendicolo hor l'uno hor l' altro centinaio, 
<lb/>se è impossibile che ne tagli alcuno? Mà quando pure per fare ogni agevolezza 
<lb/>al Cap. se li concedesse, che il misurante in C. stesse in piede, si che 
<lb/>nel traguardare il punto B. la coa CD. stesse alquanto inclinata, &amp; il perpendicolo
<lb/>in conseguenza tagliasse l'arco del quadrante, i punti tagliati 
<lb/>saranno per ordinario pochissimi, &amp; del primo centinaio, &amp; solo taglierà il 
<lb/>secondo quando la larghezza del fiume fusse minor che l' altezza di un'huomo;
<lb/>mà quando anco tutti questi diverticoli se li concedessero per salvar 
<lb/>pure, e nascondere in qualche modo la sua nulla intelligenza; la distanza CA. 
<lb/>&amp; i punti tagliati dal perpendicolo, &amp; il triangolo nell'orizonte CAB. &amp; 
<lb/>quello che si forma sopra lo Strumento non hanno che far niente insieme, 
<lb/>non possono servirci à cosa immaginabile, nè se risuscitasse Euclide
<lb/>potria trovare scusa, che salvasse questa troppo semplice fanciullezza. 
<lb/>Bisognava M. Capra tener lo Strumento equidistante all' orizonte, &amp; 
<lb/>non eretto, &amp; proceder conforme alla mia operazione posta nel mio lib. à 
<lb/>car. 28. b. la quale voi nelle vostre parole immediatamente seguenti copiate
<lb/>per far piazza alla vostra ignoranza da potermi tassare, e mordere scrivendo 
<lb/>così: Potest hoc idem absolvi hac alia ratione, prout aliqui volunt, statuunt 
<lb/>enim instrumentum in A. ita ut alter brachiorum recta respiciat B. alter verò 
<lb/>E tunc progressi ad punctum E ita disponunt instrumentum ut alter brachiorum recta 
<lb/>respiciat A perque centrum instrumenti aspicientes punctum B. animadvertunt
<lb/>partes abscissas à radio visuali, per quas postea ratiocinantur, ut superius dictum 
<lb/>fuit: à quo quidem modo, ut pauca de illo subiungam, in maximam ductus 
<lb/>sum admirationem, nec enim satis videre possum an isti revera sic credant, an 
<lb/>potius homines ad eo crassi cerebri existiment ut pro libitu illis imponere liceat, 
<lb/>quae enim qui fieri potest, ut in tanta partium angustia, &amp; multitudine mensoris oculus
<lb/>nulla adhibita dioptra non longe à vero aberret? quod si parvipendunt, re vera 
<lb/>nugantur, similiterque parvifieri merentur, &amp; ideo utiliora inquirentes, haec missa 
<lb/>faciamus. Hora perch' io son quello che scrivo nel luogo citato del mio 
<lb/>libro questo modo di misurare, &amp; io son quello che in esso taccio l'applicare 
<lb/>in tanta angustia di parti qualche diottra ò traguardo, &amp; niun' altro autore 
<lb/>hà mai scritta questa regola di misurare con questi difetti, fuor che io: 
<lb/>però contro di me solo, circonscritto con queste condizioni individuanti, 
<pb n = "34 verso"/>
<lb/>s'indirizzano le parole ingiuriose, &amp; io con pazienza le ricevo; pur che colui 
<lb/>che me le manda non recusi di soggiacere alla medesima sentenza, nè 
<lb/>si adiri se vedrà osservata ne i demeriti, &amp; nelle pene la nostra istessa geometrica 
<lb/>proporzione; che è anco l'anima che informa, tutto questo libro 
<lb/>che haviamo per le mani. Hà il Cap. copiato il mio libro, lo hà in molti 
<lb/>luoghi lodato, &amp; stimato; &amp; ammirato tanto, che hà procurato di farselo 
<lb/>suo, &amp; con lo splendor di quello dar luce alle sue tenebre, &amp; con le sue 
<lb/>preziose spoglie vestire, &amp; ricoprir la nuda sua ignoranza; &amp; nel denudar 
<lb/>me, venutagli in mano una piccolissima macchia quella sola mi vuol lasciar 
<lb/>per mia parte, &amp; per quella, &amp; già del resto denudato, mostrarmi à 
<lb/>dito per huomo contennendo. Io non sò trovare con qual diabolica coscienza 
<lb/>egli possa amar tanto le cose mie, &amp; odiar tanto me; nè sò vedere 
<lb/>qual cosa l' induca à non poter tollerare, che questo Strumento sia creduto,
<lb/>&amp; ricevuto per opera mia; se non forse la di lui troppa eccellenza: ma 
<lb/>che? tanto più acerba sarà la sua passione, nel veder, per tanti riscontri reso 
<lb/>il mondo più che certo che gli è mio, quanto più egli si troverà haverlo 
<lb/>celebrato, &amp; esaltato; si che più sicuro partito era per cibar la sua invidia
<lb/>l'intraprendere à biasimar &amp; condennar l'opera mia (che forse vi haveria 
<lb/>trovato qualche attacco) che il mettersi ad una impresa così difficile, anzi 
<lb/>impossibile, di volermi usurpare quello che infiniti sanno che è mio; &amp; 
<lb/>più persuadersi come cosa riuscibile, di poter far credere al mondo se esserne 
<lb/>il vero effettore; non si accorgendo se non altro, della manifesta contradizione, 
<lb/>che egli contro di questo suo pensiero in questo medesimo 
<lb/>libro apporta; poiche da quanto ei scrive nella dedicatoria apertamente 
<lb/>si scorge come non possono esser più di 4. anni, che à questi studii di Matematica 
<lb/>si è applicato, deponendo in quel luogo haver fatti i suoi studii di 
<lb/>Logica, &amp; Filosofia, &amp; esser già molto avanti ne gli studii di Medicina, quando, 
<lb/>persuaso da un luogo d'Ippocrate, si risolvette à volere studiar le Matematiche,
<lb/>&amp; non sendo egli al presente di età più che di 23. anni in circa, è 
<lb/>necessario, che pochi anni à dietro si sia applicato alle Matematiche. Mà 
<lb/>che occorre andar per conietture, se in quel medesimo luogo ei dice havere 
<lb/>havuto per suo primo institutore Simon Mario Gutzenhusano Alemanno, 
<lb/>il quale venne in Italia solamente 5. anni sono; mà il mio Strumento 
<lb/>è 10. anni che và in volta; adunque se è invenzione del Cap. grandissimo 
<lb/>miracolo sarà questo, che egli 6. anni avanti che attendesse à questi studii
<lb/>fusse inventor d'uno Strumento, del quale dopo 4. anni di studio non 
<lb/>intende pur un minimo uso. Mà tornando al mio instituto, m'incolpa il 
<lb/>Cap. che io creda di potere senza diottra, ò altro traguardo osservar l'incidenza 
<pb n = "35 recto"/>
<lb/>del raggio della vista trà le minute divisioni del quadrante; mà 
<lb/>chi gli hà detto che io nel misurare non mi serva di traguardi, ò di diottra;
<lb/>&amp; che nel mostrar queste operazioni à i miei scolari io non gli mostri 
<lb/>anco il modo di traguardare? dirà forse haver creduto ciò perche 
<lb/>io non ne fò menzione nel mio libro; &amp; perche non riprendermi più
<lb/>presto di haver taciuta tutta la fabrica dello Strumento, della quale questo 
<lb/>apparato di traguardi è una minimissima particella? &amp; quando hò io 
<lb/>stampato il mio libro per farlo venale, &amp; darlo ad altri che à i miei scolari, 
<lb/>insieme con lo Strumento fabricato, &amp; con la prattica insegnatali anco 
<lb/>con l' esperienza, &amp; con la viva voce? &amp; non hò io scritto nel mio libro, 
<lb/>&amp; mille volte detto in voce, che il libro senza lo Strumento non serve 
<lb/>à niente, &amp; che anco il libro con lo Strumento senza impararne gli usi 
<lb/>dalla viva voce, &amp; dal vederli mettere in atto, è tedioso, &amp; difficile, &amp; 
<lb/>privo delle sue maggiori meraviglie? Se dunque così è, doveva il Capra, 
<lb/>prima che venire à tassarmi, intendere da i miei scolari, se io gli proponevo 
<lb/>di dover osservar il taglio del raggio senza diottra; &amp; poi sentenziar 
<lb/>qual' era maggior balordaggine, ò la mia in voler trovar tale incidenza 
<lb/>senza traguardo, ò la sua in creder che io havessi questa opinione. 
<lb/>Mà poi che egli hà voluto, lasciando da una banda le mie regole, 
<lb/>proporne di più utili, sentiamole nel seguente suo capitolo; &amp; poi, hormai 
<lb/>sazii di cose tanto scempie, ponghiamo fine à questa scrittura. Scrive 
<lb/>dunque nel secondo capitolo così.
<lb/> 
<lb/>Idem interstitium inter ditos terminos eiusdem plani, in quorum nullo observari 
<lb/>possit, dum tamen in amborum directo accommodari valeat invenire. 
<lb/>Cap. 2. Sint duo termini A. &amp; B. in eodem plano, quorum cognoscenda sit distantia, 
<lb/>tam etsi ad neutrum illorum accedi possit ob aliquod obstaculum. 
<lb/>Mà prima che andiamo più avanti, avvertiscasi che il Capra nel dar le 
<lb/>stampe delle figure allo Stampatore hà (se io non m'inganno) posto nel 
<lb/>suo libro in questo luogo una figura per un'altra, &amp; quì deve essere quella, 
<lb/>che ei mette al capitolo 10. le quali per la similitudine hà cambiate;
<lb/>mà però quando l'autore volesse pur mantenere in questo luogo la figura 
<lb/>postavi da lui, basterà cambiare due lettere, &amp; nell' angolo C. porvi 
<lb/>E. &amp; nel punto F. notarvi un C. &amp; nel resto sono l' istessa cosa. Seguita: 
<lb/>Converte instrumentum in statione C. ita ut brachium CD. tendatur secundum 
<lb/>rectam terminorum A. &amp; B. &amp; per aliud C E. observabis quodcunque signum 
<lb/>F. cuius distantia per mensurationem possit à te perdisci, sit autem distantia.
<lb/>E. g. 30. pedum, progressus in F. ita dispones instrumentum, ut per 
<lb/>brachium, F.G. primum videas punctum A, deinde terminum B. &amp; in utraque 
<pb n = "35 verso"/>
<lb/>observatione notabis partes abscissas à perpendiculo, quae vel in utroque erunt 
<lb/>primi vel secundi centenarij, vel in una primi, in altera secundi. Io non sò 
<lb/>in qual genere di arte, ò scienza io deva riporre gli errori commessi in 
<lb/>questo luogo dal Capra, &amp; ne i quali in tutto il resto di questo capitolo 
<lb/>persiste; perche, si come un contadino nel fabricarsi malamente un 
<lb/>capannon di paglia, ò 'l pastore nel piantar male una steccaia per il suo 
<lb/>gregge, non acconciamente sariano ripresi da chi accusasse quello di 
<lb/>poca intelligenza de gli ordini di Architettura, &amp; questo d' imperfetta 
<lb/>perizia di fortificazione, ò castrametazione; così qui dove nè pur ombra, 
<lb/>ò vestigio alcuno è di Geometria, ò perspettiva, non posso ragionevolmente 
<lb/>biasimare il Capra di havere in tali scienze peccato; non 
<lb/>potendo al parer mio cadere errore di Geometria dove niente è di 
<lb/>Geometria: costui non è un sonator di Liuto, che erri nell' aria, nella 
<lb/>battuta, nel contrappunto; erra nel tener lo Strumento in mano, appoggiandosi 
<lb/>le corde al petto, &amp; applicando la man destra alla tastiera. 
<lb/>Vuole il Capra in questo luogo, si come nella precedente operazione, 
<lb/>&amp; nelle altre tre seguenti, misurar distanze poste nel medesimo piano 
<lb/>dell' orizonte; &amp; quì i termini A. B. C. F. sono tutti nell' istessa superficie, 
<lb/>&amp; venendo nella stazione F. &amp; tenendo, come dimostra la sua figura, 
<lb/>non l'angolo dello Strumento, ò centro del quadrante, verso l'occhio; 
<lb/>mà l'estremità d'una delle sue coste; traguarda per essa le note A. 
<lb/>B. e vuole osservare le sezzioni del perpendicolo sopra 'l quadrante. 
<lb/>Mà non vi accorgete voi M. Capra, che restando l' angolo dello Strumento 
<lb/>più basso che l' estremità della costa, appresso la quale voi ponete 
<lb/>l'occhio, il perpendicolo non può tagliare altrimenti il quadrante, 
<lb/>mà casca fuori dello Strumento? (dato però che voi non vogliate 
<lb/>seppellirvi sotto terra, acciò che i termini A. B. fussero più alti dell'occhio 
<lb/>vostro.) Bisogna che voi tenghiate l'angolo dello Strumento verso 
<lb/>l'occhio quando voi traguardate segni posti nel piano orizontale, se 
<lb/>voi volete che il perpendicolo seghi il quadrante. Hor direte voi, che 
<lb/>questo non sia un bel segreto? vedete dunque che pur vi sono de i segreti 
<lb/>à voi reconditi in queste misurazioni, li quali secondo la mia promessa
<lb/>vi anderò deciferando. Mà quando voi harete stando in F. traguardato 
<lb/>i punti AB. &amp; tenuto lo Strumento in modo, che si faccino le 
<lb/>sezzioni, utrum se voi harete rimediato all'altro non minor errore commesso 
<lb/>pur nel tener solamente lo Strumento in mano? &amp; che cosa volete 
<lb/>fare de i numeri tagliati così dal perpendicolo? niente. &amp; che hanno 
<lb/>che fare i triangoli AFC. BFC. formati in terra con questi che si 
<pb n = "36 recto"/>
<lb/>fanno sopra lo Strumento? niente. E se non hanno che far niente, 
<lb/>quanto benefizio vi apporteranno nel ritrovamento della distanza cercata? 
<lb/>niente. adunque, che cosa era meglio che voi faceste prima che 
<lb/>venire à perdervi in questi labirinti? niente. √à possibile, che nel cavar 
<lb/>questa dalla mia operazione posta à car. 30. non haviate almanco inteso,
<lb/>che lo Strumento per misurar queste distanze orizontali si colloca 
<lb/>non per taglio, mà 
<lb/>in piano, ciò è, non eretto 
<lb/>all' Orizonte, mà parallelo? 
<lb/>&amp; che l' angolo 
<lb/>si tien verso l' occhio, &amp; 
<lb/>non verso l' oggetto? &amp;
<lb/>eccovi il secondo non 
<lb/>men bel segreto. Credo 
<lb/>che se ci era al mondo 
<lb/>un terzo modo di potere 
<lb/>errare nell'applicazione 
<lb/>di questo Strumento all' 
<lb/>uso, il Capra non l' haveria 
<lb/>certo lasciato indietro 
<lb/>per danari. Seguita 
<lb/>poi così: Sint autem 
<lb/>primum in utraque observatione 
<lb/>secundi centenarij; 
<lb/>supponamus itaque 
<lb/>quod dum respicimus terminum 
<lb/>A. abscindantur
<lb/>80. partes, dum verò terminum 
<lb/>B. 40. sic procedendum
<lb/>erit, partes abscissae 
<lb/>dant 100. quot dabit distantia 
<lb/>CF. scilicet 30. duces 
<lb/>enim 100. in 30. productum
<lb/>erit 3000. hunc numerum 
<lb/>primum divides per 
<lb/>80. quotienserit 37 1/2. mox per 40. habebisque 75. subduces 37 1/2. ex 75. residuum
<lb/>erit 37 1/2. quare inquies distantiam AB esse pedum 37 1/2. Gran durezza 
<lb/>di destino contra il Cap. poiche nel suo parlare alla ventura (poiche 
<pb n = "36 verso"/>
<lb/>per dottrina non pun pure aprir la bocca) anco ne i dilemmi, che non 
<lb/>possono stare in più di due modi, mai non si abbatte à indivinare il vero. 
<lb/>Et lasciato per hora di replicar che questi punti tagliati così dal perpendicolo 
<lb/>siano totalmente inutili per il suo bisogno; anzi ritenendogli come 
<lb/>buoni; veggiamo in qual maniera il Capra se ne serva: &amp; prima non 
<lb/>è dubbio alcuno, che trovate che si siano le due lontananze CA. &amp; CB. 
<lb/>separatamente, &amp; sottratta l' una dall'altra, resta la distanza BA, &amp; è parimente 
<lb/>verissimo, che multiplicando l' intervallo FC. per 100. &amp; dividendo 
<lb/>il prodotto per li due numeri de i punti del quadrante, si hanno le 
<lb/>dette due lontananze CA. CB. mà questa regola non è vera, se non 
<lb/>quando i punti tagliati sono, non del centinaio nominato dal C. mà 
<lb/>dell'altro, nel quale i puuti tagliati nel traguardo FA. sono manco che 
<lb/>i punti del traguardo FB. &amp; come non s' è accorto il Capra, che ponendo 
<lb/>egli esser nel traguardare A. tagliati punti 80. &amp; nel traguardare B. 40. 
<lb/>nel venir poi al computo la distanza CA. gli tornava 37 1/2. &amp; CB. 75.? 
<lb/>mà così fa chi non intende nulla. havete dunque M. Capra scambiata 
<lb/>l'un' ombra dall' altra, &amp; applicato all'una il computo che serve per l'altra; 
<lb/>le quali due cose bisogna rimutare, se volete che quel che resta per 
<lb/>l' intera operazione di questo primo modo di misurare posto da voi in 
<lb/>questo secondo cap. sia medicato, &amp; però intorno ad esso non vi dico 
<lb/>altro; mà passo al secondo modo, il quale introducete con qneste parole, 
<lb/>&amp; con questa figura à capello rappresentata. Verum enimverò si liceret 
<lb/>quidem usque ad terminum B. accedere, non autem esset possibile constituere 
<lb/>lineam perpendicularem ad ipsum B. (non sono le linee perpendicolari 
<lb/>à i punti, mà all' altre linee, ò alle superficie, &amp; però doveva dire, ad ipsam 
<lb/>AB. ex B. &amp; non ad ipsum B.) sed propter loci angustiam necessum esset 
<lb/>versus D. procedere, tunc firmato instrumento in puncto B, ita ut recta etiam 
<lb/>respiciat punctum D. (&amp; con che? &amp; perche? con niente, &amp; per niente) 
<lb/>per brachium instrumenti BC. respiciendo punctum A. (non potrà dunque 
<lb/>con alcuna delle sue parti respicere recta punctum D) observabis partes abscissas 
<lb/>à perpendiculo, quae sint e. g. 40. progressus verò ad punctum D. per brachium 
<lb/>DE. iterum aspiciendo terminum A. denuo notabis partes abscissas, quae 
<lb/>sint 20. sit vero distantia DB. pedum 15. In somma non ci è mezo, che il 
<lb/>Capra voglia tener lo Strumento altrimenti che à rovescio secondo 
<lb/>l' uno, &amp; l' altro verso; &amp; perche? per scriver mostruosità di questa sorte. 
<lb/>Quì tenendo lo Strumento con l'angolo verso il termine A. bisogna sotterrarsi 
<lb/>due volte, in B. &amp; in D. chi vuol che il perpendicolo tagli il quadrante, 
<lb/>&amp; quando poi l'haverà tagliato, potremo buttare in un pozzo 
<pb n = "37 recto"/>
<lb/>i punti segati, insieme col perpendicolo, &amp; con tutto lo Strumento, 
<lb/>come cose inutili al nostro proposito; sono quì dunque tutte le medesime 
<lb/>esorbitanze circa l'applicare all'uso lo Strumento, che nella operazione 
<lb/>precedente, &amp; però non occorre replicarci altro, mà passare
<lb/>à vedere se, dato che i punti fossero ben trovati, sono poi bene applicati 
<lb/>alla regola, ò pur secondo l' usanza fuori di proposito. Seguita 
<lb/>dunque così. Quoniam haec operatio 
<lb/>per numeros est satis laboriosa, 
<lb/>primus enim numerus in seipsum ducendus 
<lb/>esset, productum esset 1600. 
<lb/>cui addendum esset quadratum ipsius 
<lb/>BD. scilicet 225. summa esset 1825. 
<lb/>huius numeri indaganda esset radix
<lb/>quadrata, nempe 42. haec ducenda 
<lb/>esset per 15. productum erit 630. quod 
<lb/>dividendum foret per 20. per differentiam 
<lb/>scilicet acceptarum partium, 
<lb/>productumque ostenderet distantiam 
<lb/>AB. In questa regola di computare 
<lb/>è copiata ad unguem quella, 
<lb/>che io metto nella terza mia operazione 
<lb/>per misurar le distanze posta 
<lb/>nel mio libro à carte 29. &amp; perche 
<lb/>nell'essempio, che io pongo, 
<lb/>metto che la distanza trà le stazioni 
<lb/>BD. sia 100. passi, &amp; essendo in 
<lb/>oltre 100. ancora le divisioni dell'
<lb/>una, &amp; dell' altr' ombra del quadrante, 
<lb/>&amp; occorrendo servirsi nel calcolo hora del 100. de i passi, &amp; 
<lb/>hora del 100. del quadrante, il buon Capra non intendendo niente, 
<lb/>è guidato dalla sua perfida Stella, che non lo lascia indivinare, hà creduto,
<lb/>che io mi prevaglia sempre del 100. come numero de i passi, &amp; 
<lb/>hà inserito nella regola mia buona, una solennissima pecoraggine, per 
<lb/>la quale hà resa la regola scritta da lui falsissima, &amp; dove dice, che al 
<lb/>prodotto del primo numero multiplicato in se, ciò è à 1600. addendum
<lb/>esset quadratum ipsius BD. scilicet 225. non è vero, mà bisogna aggiugnervi 
<lb/>sempre 10000. cioè il quadrato dell'intero centinaio dello Strumento, 
<lb/>&amp; non il quadrato del numero de i piedi trà le stazioni BD. &amp; 
<pb n = "37 verso"/>
<lb/>così si haverà 11600. della qual somma si deve poi fare il resto, si come 
<lb/>lui senza farvi più errori copia da me, ciò è, cavarne prima la radice 
<lb/>quadrata, che è 107 2/3. prossimamente, questa poi si deve multiplicare 
<lb/>per il numero BD. ciò è per 15. fà 1615. il qual numero si deve 
<lb/>finalmente dividere per la differenza delle parti, ciò è per 20. ne viene 
<lb/>80 3/4. per la distanza BA. &amp; non 31 1/2. come la regola depravata dal 
<lb/>Capra ci renderebbe: Et si come hà 
<lb/>intromesso questo fallo nel computo 
<lb/>numerale, così l'ha poi, in consequenza
<lb/>trasferito nella regola, che 
<lb/>ei soggiugne per trovar il medesimo 
<lb/>col mezo del compasso, &amp; delle linee 
<lb/>delle linee solamente, senza altre manifatture 
<lb/>di numeri, il qual modo è 
<lb/>pure ad verbum copiato da quello, 
<lb/>che scrivo io nella mia medesima operazione 
<lb/>sopracitata, mà però messo 
<lb/>da me senza errore, il quale si lascia 
<lb/>alle aggiunte del Capra. Terrete 
<lb/>dunque bene à memoria M. Capra, 
<lb/>come si hà da aggiugner sempre 
<lb/>il quadrato dell'intero centinaio, &amp; 
<lb/>non il quadrato de i piedi BD; e 
<lb/>questo per voi non è picciol segreto. 
<lb/>Torna poi di nuovo pur nell'istesso 
<lb/>capitolo à misurare una distanza 
<lb/>trà due luoghi; &amp; ne pone la seguente 
<lb/>operazione, &amp; figura trascritta puntalmente 
<lb/>dalla sua. Insuper si necessum
<lb/>esset observare distantiam AB. nec 
<lb/>esset possibile per rectam lineam illos 
<lb/>duos terminos AB. aspicere, ut apparet 
<lb/>in exemplo, nec enim, ex loco C. nec 
<lb/>ex loco D. id fieri potest, ideo sic procedendum 
<lb/>erit; constituti in statione D. 
<lb/>ita ut per lineam rectam videamus terminum 
<lb/>A. (quasi che si potesse veder per linea non retta) &amp; per aliam 
<lb/>quodcunque signum C. per brachium instrumenti DE. aspicientes terminum 
<pb n = "38 recto"/>
<lb/>B. notabimus partes abscissas à perpendiculo, sint autem exempli gratia 
<lb/>88. tunc progressi ad stationem C. ita ut linea CD. sit ad angulos rectos 
<lb/>cum linea DA. per brachium instrumenti CF. aspicientes terminum A. notabimus 
<lb/>partes abscissas à perpendiculo, quae sint 38. ulterius etiam mensurabimus 
<lb/>distantiam CD. quae sit pedum 60. Persiste, come si vede, nelle 
<lb/>medesime inezzie di ritener pur lo Strumento non con l'angolo verso 
<lb/>l'occhio, mà con l'estremità della costa, &amp; non equidistante all' Orizonte, 
<lb/>mà eretto; &amp; essendo impossibile, che sia dal perpendicolo tagliata 
<lb/>la circonferenza del quadrante, s' immagina pur che ella sia tagliata, 
<lb/>&amp; che quei numeri de i punti gli possino servire al suo bisogno, 
<lb/>ancor che niente facessero al proposito, quando bene fussero dal perpendicolo 
<lb/>segati; &amp; oltre à queste esorbitanze ne introduce alcune altre, 
<lb/>come è il por la distanza CD. senza alcuna limitazione, la quale 
<lb/>però deve esser tale, e tanta, che li due raggi DA. CB. venghino ad esser 
<lb/>trà di loro paralleli, &amp; ad angoli retti sopra la linea DC. il che egli 
<lb/>non hà nè detto, nè avvertito, poiche nella scrittura non ce ne è menzione, 
<lb/>e nella figura si veggono le linee DA. CB, che non sono equidistanti; 
<lb/>adunque la stazione C. si deve con diligenza investigare, &amp; 
<lb/>non à caso porre, la qual cosa sin quì stata segreta al Capra. &amp; tutta 
<lb/>questa faragine di stravaganze depende dal non haver inteso niente la 
<lb/>mia operazione posta à car. 30. b. la quale hà volsuta copiare in questo 
<lb/>luogo; io non sò poi perche habbia tralasciata la operazione numerale
<lb/>postavi pur da me assai chiaramente, &amp; solo ci habbia trasferita 
<lb/>à parola à parola l'invenzione di questa medesima distanza col mezo 
<lb/>del compasso, &amp; delle linee aritmetiche, messa da me nel medesimo 
<lb/>luogo. Finalmente per l'ultima operazione di questo capit. mette 
<lb/>l'ultima del mio libro, persistendo però nelle medesime esorbitanze 
<lb/>circa 'l tenere lo Strumento al contrario; &amp; più pretermette il computo 
<lb/>numerale posto da me, forse perche è troppo difficile, se ben per 
<lb/>lui tutti sono difficili egualmente, &amp; solamente ne trascrive ad unguem
<lb/>il conto ritrovato col mezo delle linee aritmetiche. Eccovi giudiziosi 
<lb/>Lettori dato in questi due primi capitoli un poco di saggio delle cose 
<lb/>più utili ritrovate dal Capra, doppo che egli si hà burlato di mè, &amp; 
<lb/>chiamatomi degno di disprezzo, &amp; tassato di inavvertenza, per havere 
<lb/>tralasciato di parlare del traguardo, col quale io osservo l'incidenza 
<lb/>del raggio sopra le divisioni del quadrante. 
<lb/>E quì vorrei, che il Capra medesimo per via della regola aurea mi 
<lb/>facesse un' altro computo, mà lo vorrei giusto, e retto; e che dicesse: 
<pb n = "38 verso"/>
<lb/>Se al Galilei, vero &amp; legittimo inventore di questo Strumento, e di 
<lb/>tante sue mirabili operazioni, descritte, &amp; esplicate da lui senza errore 
<lb/>alcuno, per haver solo lasciato in dietro un capello (che altro non 
<lb/>è una piccola setoletta, la quale io uso per traguardo) se li conviene 
<lb/>di esser notato per inconsiderato, schernitore, e degno di disprezzo; 
<lb/>che si perverrà al Capra, il quale usurpandosi quest'opera, e chiamando 
<lb/>il suo vero inventore sfacciato usurpatore, &amp; indegno di comparir 
<lb/>trà gli uomini ingenui, la imbratta di innumerabili, e gravissimi 
<lb/>errori, non in un solo capello manca; mà la totale intelligenza dell'
<lb/>applicazione di questo Strumento alle sue operazioni nè pure un capello 
<lb/>intende? Io non saprei fare questo computo, nè sò numerare 
<lb/>l' innumerabile, e se bene io sapessi, non voglio; vorrei che il Capra 
<lb/>medesimo almanco dentro della sua coscienza lo calcolasse; che io sò 
<lb/>bene, che quando ei volesse con giusta libra pesare il suo grave demerito, 
<lb/>non mi daria titolo di oblatratore di livido morso, quale egli si 
<lb/>era per se stesso pronosticato, che io gli dovessi essere per la publicazione 
<lb/>di questa sua opera; mà conoscerebbe come io astretto da estrema 
<lb/>necessità, hò procurato quel restauramento, che all'honor mio troppo 
<lb/>obbrobriosamente da lui calpestato, era necessario; anzi di più manifestamente 
<lb/>scorgeria di quanto più gran giovamento all' honor suo 
<lb/>gli sarei stato io nel fargli supprimer, &amp; levar dalla vista del mondo sì 
<lb/>gran moltitudine di errori, che nel suo libro si ritrovano; (testimonii 
<lb/>irrefragabili del non sapere egli più ciò che in questo Strumento, ò in 
<lb/>tutto 'l resto delle Matematiche si contenga, di quello che ei sà di presente 
<lb/>ciò che si tratta sotto il Polo Antartico) che le persuasioni de i 
<lb/>poco, ò nulla intendenti, che alla publicazione di quelli l' hanno persuaso, 
<lb/>&amp; promosso; gli sarei stato, dico, quando l' ardente suo desiderio 
<lb/>di sparger pel mondo la mia ignominia, non l'havesse così subitaneamente, 
<lb/>&amp; anco contro al divieto della giustizia, sospinto à far volar 
<lb/>buon numero de i suoi libri per diverse parti d'Italia, &amp; di tutta 
<lb/>Europa, &amp; in particolare in mano di quei Signori, appresso i quali ei 
<lb/>sapeva ritrovarsi i miei libri, &amp; Strumenti da me ricevuti; perche quando 
<lb/>ciò non fosse seguito; mà che insieme con tutti i suoi libri si fusse 
<lb/>potuto il suo vero, &amp; il mio indegno obbrobrio supprimere, io, senz'
<lb/>alcun dubbio, mi sarei parimente astenuto dallo scriver, con tanto 
<lb/>mio tedio, la presente necessaria difesa: la quale, si come non può parere 
<lb/>agra à chi spogliato di passione, &amp; interesse, la mia giustissima 
<lb/>causa considera, così non dover gravare il medesimo Capra, poiche 
<pb n = "39 recto"/>
<lb/>gli porge occasione di avanzarsi nelle scienze Matematiche in questa 
<lb/>breve lettura incomparabilmente più di quello, che nello studio di 
<lb/>molti anni non si è avanzato. 
<lb/>Volevo cortesi Lettori finir quì, nè più tenervi occupati nell' ascoltar 
<lb/>gli altri errori, de i quali sono sparsi i rimanenti 17. capitoli posti 
<lb/>dal Capra pur del misurar con la vista; li quali volentieri haverei pretermessi, 
<lb/>non tanto per liberarmi da questo impaccio, quanto perche 
<lb/>non sono intorno à cose tratte dal mio libro (fuor che i computi fatti 
<lb/>con lo Strumento, quali son presi da me) mà da i libri dell'Eccellen. 
<lb/>Sig. Antonio Magini Matematico di Bologna, benche dal Capra non 
<lb/>mai nominato: mà considerando poi quanto il Capra sia bramoso di 
<lb/>riprendermi, &amp; biasimarmi; hò dubitato, che quando io questo avanzo 
<lb/>di errori havessi dissimulati, egli non à dissimulazione, mà ad inavvertenza,
<lb/>ò ad ignoranza me l'attribuisse; &amp; che per dichiararmi, e poco 
<lb/>avveduto, &amp; molto ignorante, à palesargli egli medesimo si riducesse;
<lb/>non curando di cavar, com' è in proverbio, un occhio à sè, per 
<lb/>trarne à me due, nella maniera che egli, dopo l'havere io palesato il 
<lb/>suo furto, continuando nel voler sostentar nelle menti de gli huomini 
<lb/>il sinistro concetto, che egli hà creduto suscitarvi di me, ad alcuni 
<lb/>và affermando quello, che egli hà stampato esser' opera del suo Maestro; 
<lb/>ad altri predica, che questo Strumento è invenzione di Tico 
<lb/>Brae, &amp; per Padova comunemente và dicendo che io hò presa questa 
<lb/>invenzione da un libro per avanti stampato, &amp; publicato in Germania 
<lb/>in lingua Tedesca, il quale à confusion mia vuol far venire, &amp; 
<lb/>farlo vedere à tutti; &amp; non considerando, che quanto ei dice è egualmente 
<lb/>pregiudiziale all' honor mio, &amp; al suo (non havendo egli nel 
<lb/>suo libro nominato altri che sè per autore di quest' opera) sù la speranza 
<lb/>che qualche osso, ò lisca possa attraversarsi in gola à me, si mette 
<lb/>à inghiottire bocconi mal masticati, &amp; ossi molto duri da rodere;
<lb/>ò pure vorrem noi credere, che egli alla caduta della sua reputazione, 
<lb/>che da troppo alto precipizio rovina nel concetto de gli huomini, vada 
<lb/>mettendo sotto, per ritardar la percossa, guanciali di vane speranze,
<lb/>&amp; di giustificazioni da paesi lontani aspettate? si come quelli, che da 
<lb/>un' alto edifizio dovendo saltare à basso, per non ricever così dura percossa, 
<lb/>con paglia, ò fieno, ò altra materia cedente si fanno stramazzo:
<lb/>verrà dunque il libro stampato in Alemagna, &amp; per quanto intendo il 
<lb/>Gromo ne sarà apportatore; mà bisognerà che il Capra sia di questo 
<lb/>secondo miglior custode, che dell'altro, il quale già hebbe (ch pur è 
<pb n = "39 verso"/>
<lb/>forza, che egli altra volta l' habbia havuto, poiche sà, come in quello 
<lb/>si contiene quanto io hò dato fuori per invenzion mia) per poterlo 
<lb/>mostrare à chi non credesse alle sue semplici parole. Per questo rispetto 
<lb/>dunque, &amp; oltre à ciò per non mancare à quanto di sopra mi obligai, 
<lb/>che fù, se ben mi ricorda, di far constare come nel libro del Capra 
<lb/>niente vi era del suo, dagli errori in poi; non posso restar di far palesi
<lb/>i luoghi, onde le cose che restano sono copiate, &amp; gli errori del Capra 
<lb/>disseminativi, tenendovi ancora per breve tempo occupati in altre 
<lb/>inezzie, Degne di riso, e di compassione. 
<lb/>Già di sopra si è parlato intorno al primo, &amp; al 2. cap. quanto bastava. 
<lb/>Nel terzo cap. del Capra sono trasportate tre proposizioni del Magini, 
<lb/>ciò è la undecima, la decimaquarta, &amp; la decimasettima del primo 
<lb/>libro de distantiis; solo vi mette il Capra di suo l'errore che è in quelle 
<lb/>parole della prima di queste operazioni: Si verò secuerit primum centenariurn, 
<lb/>ut exempli gratia 70. tunc sic procedendum erit, primum debes 
<lb/>elicere radicem quadratam ex quadrato perpendiculi ED. dove bisognava 
<lb/>dire, debes elicere radicem quadratam ex aggregato quadratorum integri 
<lb/>centenarii, &amp; numeri 70. Erra parimente nell'altra operazione, quando 
<lb/>dice: Primo autem ponamus, quod in utraque statione perpendiculum intersecet 
<lb/>secundum centenarium in F. quidem 93. in A vero 48. la qual cosa 
<lb/>è impossibile che avvenga, ciò è, che siano tagliati più punti in F. 
<lb/>che in A. mà accade tutto l'opposito. Erra ancora poco più à basso, 
<lb/>dove scrive: Quare dices distantiam FB esse pedum 41. dove non è vero, 
<lb/>che dalla operazione scritta si trovi la distanza FB. mà la AB. (&amp; 
<lb/>avvertiscasi, che niuno di questi errori, nè, per mio parere, alcun altro
<lb/>sono ne i libri del Magini.) copia poi l'altra operazione senza errori, 
<lb/>mà à sproposito di questo luogo, trattando di materia differente dalla 
<lb/>proposta in questo capitolo, nella quale ei fà passaggio; senza pur dir 
<lb/>quello che egli intenda di voler fare. I calcoli poi, che egli e quì, &amp;
<lb/>nelle altre seguenti, &amp; passate operazioni fà col mezo delle linee aritmetiche 
<lb/>dello Strumento son tutti cavati dal mio libro, nè sono per lo 
<lb/>più altro che la regola aurea posta da me nell' operazione quarta, &amp; il 
<lb/>modo dell'estrar la radice quadrata dell' aggregato de i quadrati di due 
<lb/>numeri con le medesime linee aritmetiche poste à squadra, il che insegno 
<lb/>nel terzo modo del misurar le distanze, à car. 29. 
<lb/>Nel quarto cap. copia la proposizione 19. del Magini; mà nel fine vi 
<lb/>mette di suo un' errore grandissimo, scrivendo: Tertio &amp; ultimo intersecet 
<lb/>in prima statione secundum centenarium, in secunda autem primum, 
<pb n = "40 recto"/>
<lb/>operatio est omnino eadem ac in proximo superiori casu, quare ab exemplo abstinendum 
<lb/>credo. questo che ei dice è falsissimo, &amp; chi seguisse questa falsa 
<lb/>dottrina troveria la distanza cercata nel sopraposto essempio esser 
<lb/>più di 9. La quale secondo il vero, è manco di 6. mà perche il Magini nell'
<lb/>esplicar questo caso hà scritto: Operatio est ferè eadem, seguendo poi di 
<lb/>esplicarla bene, il Cap. per abbreviare hà fatto, che operatio sit omnino eadem. 
<lb/>La seguente quinta del Capra, è la 22. del Magini. 
<lb/>Nella sesta del Capra sono la 24. &amp; la 26. del Magini. 
<lb/>La settima del Capra, è la 28. del Magini. 
<lb/>L'ottava del Capra, è la terza del Magini, De Altitudinibus. 
<lb/>La nona del Capra, è la sesta del Magini, mà con un poco di giunta 
<lb/>nel fine; perche chi operasse secondo le parole del Capra, iterumque 
<lb/>dicendum, si quartus numerus mox indagatus dat 100. faria una falsissima 
<lb/>operazione; mà bisogna ex numero mox invento demere partes 
<lb/>abscissas in viciniori statione, deinde dicatur, si hoc residuum dat 100. quot 
<lb/>dabit &amp;c. Mà quando da niun' altra cosa havesse il Capra saputo accorgersi 
<lb/>dell'errore, doveva pur comprenderlo da questo, ciò è che l'osservazione 
<lb/>fatta nella stazione più vicina saria stata superflua non entrando 
<lb/>nel computo: onde anco i piedi, ò passi della distanza trà le stazioni 
<lb/>erano inutili, &amp; potevano porsi ad arbitrio 10. 20. 100. ò 500.
<lb/>&amp; sempre il conto saria tornato giusto. Et così ponendo per essempio, 
<lb/>che i punti della stazione più vicina fossero 80. gli altri della stazione 
<lb/>lontana 90. &amp; la distanza trà le stazioni piedi 40. operando secondo 
<lb/>il Capra, l'altezza creata si troveria 36. piedi, la quale secondo 
<lb/>la retta operazione, &amp; secondo la verità, è più di 129. 
<lb/>Mà quelle, che egli scrive nel capitolo decimo, son veramente cose 
<lb/>ridicolose: hà in quel luogo voluto trasportar la regola per investigar 
<lb/>una parte di un' altezza stando nel piano, &amp; lontano dalla base di quella 
<lb/>per una conosciuta distanza; posta dal Magini all' ottava proposizione 
<lb/>de Altitudinibus: mà perche il Magini in quel luogo, per non replicar 
<lb/>due volte la medesima cosa, si rimette à quello che hà messo innanzi 
<lb/>nella sesta proposizione de distantiis, dicendo, che le regole scritte 
<lb/>quivi, &amp; accommodate per le misure in piano orizontale, servono ancora 
<lb/>quì per quest'altezza; il Capra non havendo saputa far questa applicazione, 
<lb/>benche facilissima, hà ripieno questo capitolo di falsità. 
<lb/>la prima delle quali è in quelle parole: Abscindat primo in utraque observatione 
<lb/>primum centenarium, ita dicendum, si differentia partium abscissarum,
<lb/>in utraque observatione dat 100. quot dabit distantia CE. la qual 
<pb n = "40 verso"/>
<lb/>cosa è falsissima; perche, non ut dicta differentia ad 100. ita est distantia
<lb/>CE ad altitudinem BA. quaesitam; mà è tutto l'opposito, nempe ut 
<lb/>centum ad illam differentiam, ita distantia CE. ad quaesitam altitudinem. 
<lb/>onde chi operasse secondo la regola del Capra, &amp; l' essempio da lui posto, 
<lb/>troveria la detta altezza esser più di 191. la quale, operando conforme 
<lb/>al vero modo, è meno di 53. mà perche io son certo, che il Capra 
<lb/>non può scrivere una sola parola, la quale egli ò bene, ò male non 
<lb/>cavi da altri, mi sono accorto nel vedere il detto luogo del Magini, di 
<lb/>dove il Capra habbia cavato il suo errore; imperò che scrivendo il Magini 
<lb/>così: Notenturque partes HI. differentiae utriusque intersectionis. Ad has 
<lb/>enim eam habet proportionem totum latus (nempe 100) CG. quam habet 
<lb/>distantia CE. ad altitudinem AB. dove notandosi dal Magini i primi tre 
<lb/>termini de i quattro proporzionali, nel primo luogo vien nominata la 
<lb/>detta differenza delle parti, nel secondo tutto il lato, ciò è 100. &amp; nel 
<lb/>terzo la distanza CE. il buon Capra non pensando al senso delle parole 
<lb/>del Magini, ò (per dir meglio) non le intendendo, &amp; solamente considerando 
<lb/>l' ordine di primo, secondo, e terzo, secondo il quale tali termini 
<lb/>sono connumerati, non ponendo mente à troppe grammatiche, 
<lb/>nè à casi retti, ò obliqui; hà fatto conto che sia scritto; hae enim eam habent 
<lb/>proportionem ad totum latus CG. quam habet distantia CE. ad altitudem 
<lb/>AB. Passa poi avanti, &amp; (quello che ei non hà fatto in molte 
<lb/>delle precedenti operazioni) vuol dichiarar questa con l' essempio, per 
<lb/>aggiugnerci, guidato dalla sua Stella, altri mancamenti; &amp; scrive così: 
<lb/>Sed lubent hoc loco uti exemplo, ne dum nimiam brevitatem desideramus, obscuritatem 
<lb/>consequi videamur. Sit itaque distantia CE per mensurationem 
<lb/>nota pedum 86. partes abscissae in prima, ut puta CA. 15. in secunda CB. 60. 
<lb/>la qual cosa è impossibile che accaschi, ciò è, che (tagliando il perpendicolo, 
<lb/>come egli suppone il primo centinaio,) nel traguardare il punto 
<lb/>più alto A. tagli minor numero, &amp; nel traguardar il più basso termine 
<lb/>B. tagli numero maggiore di punti; mà è necessario che avvenga tutto 
<lb/>l' opposito, come ogn' uno, benche superficialmente intendente, può
<lb/>benissimo vedere: tal che sin' hora il Capra, &amp; nel dar la regola hà scritto 
<lb/>il falso, &amp; nello esemplificarla hà posto il contrario del vero; dal qual 
<lb/>modo di operare viene à insegnarci, che l' altezza cercata sia 191. piedi, 
<lb/>non sendo ella più di 52 1/ 3. Seguita poi: Quod si secundo intersecet in utraque 
<lb/>statione secundum centenariurn &amp;c. dove egli dice, che queste operazioni 
<lb/>che restano, dependono dal suo cap. 9. il qual capitolo non hà che 
<lb/>fare in questo proposito; &amp; però credo, che habbia voluto citare il capit. 
<pb n = "41 recto"/>
<lb/>2, &amp; se così è, non meno che nel primo caso, viene à pigliare in questo 
<lb/>secondo ancora i termini al contrario, dal che l' operazione ne viene 
<lb/>esorbitantissima. Mette poi nel fine di questo medesimo capitolo 
<lb/>la undecima proposizione del Magini. 
<lb/>La undecima del Capra, è la duodecima del Magini. 
<lb/>La duodecima del Capra, è la decimaquinta del Magini. 
<lb/>Nel capitolo 13. del Capra, sono la 17. &amp; la 19. del Magini. 
<lb/>La 14. del Capra, è la 21. del Magini. 
<lb/>La 15. del Capra, è la 22. del Magini. 
<lb/>La 16. del Capra, è la 24. del Magini. 
<lb/>Nel cap. 17 del Capra, si contengono la seconda, &amp; la quarta
<lb/>del Magini, De profunditatibus.
<lb/>La 18. del Capra, è la sesta del Magini; mà con l'aggiunta di un errore 
<lb/>del Capra, il quale, volendo mettere un poco di operazioncella fatta 
<lb/>sopra le linee aritmetiche, si perde, &amp; dovendo pigliare sopra le dette 
<lb/>linee, messe à squadra, l'intervallo della metà del numero della distanza 
<lb/>AC. che è la lunghezza della declività del monte, scrive che excipiatur 
<lb/>intervallum inter dimidium partium abscissarum, che sono i punti tagliati 
<lb/>dal perpendicolo sopra lo Strumento, il che saria error grande, 
<lb/>&amp; l' operazione falsa. 
<lb/>La decimanona, &amp; ultima del Capra, è la nona del Magini; Et tutte 
<lb/>queste regole non solo quanto all'essenza delle operazioni; mà per 
<lb/>lo più ancora quanto à le parole stesse son copiate da i luoghi citati: 
<lb/>avvertendo però, che mettendo il Magini due regole da misurare, una 
<lb/>col quadrante, &amp; l' altra col quadrato Geometrico, &amp; mettendo sempre 
<lb/>innanzi le operazioni del quadrante; i titoli di queste operazioni 
<lb/>poste dal Capra, si trovano per lo più nelle operazioni del Magini fatte 
<lb/>col quadrante, &amp; però nella operazione del Magini, che precede à 
<lb/>quella, che quì vien da me citata; mà il modo poi dell'operare, si trova 
<lb/>nel Magini nelle proposizioni stesse, citate da me. 
<lb/>Hor eccovi Giudiziosi Lettori, tutti i motivi, le concitazioni, le esecuzioni, 
<lb/>i progressi, &amp; in fine l'ultima riuscita di questa disonorata Machinazione 
<lb/>di Baldessar Capra Milanese contro la riputazion mia; la quale 
<lb/>impresa, benche superi ogni nostra immaginazione, non avanza per
<lb/>l' animosità sua, sentendosi egli un cuor di Lione, per far prede ancor 
<lb/>più grandi, qualunque volta questa appresso il Mondo havesse havuto 
<lb/>spaccio; di che egli per se stesso è chiaro testimonio, concludendo la sua 
<lb/>prefazione con queste parole: Interim te compello, &amp; rogo candide Lector, 
<pb n = "41 verso"/>
<lb/>ut has meas lucubrationes boni aequique consulas, quod si facies ut in posterum.
<lb/>Maiora his audeam, non minimam occasionem partes. Et quì sarebbe il 
<lb/>luogo, &amp; il tempo di esaminare qual fusse il meritato castigo della sua 
<lb/>temerità; mà ciò non farò io; facciane il giudicio la prudenza vostra; 
<lb/>anzi pure voglio, che siamo così benigni, &amp; pietosi giudici, che ci 
<lb/>contentiamo, che questo reo alla sola sentenza, da se medesimo contro 
<lb/>il suo gravissimo delitto pronunziata, soggiaccia; che è: Ut, 
<lb/>Qui alterius inventionem impudenter sibi arrogant, 
<lb/>patefacto vero, &amp; germano effectore, magno 
<lb/>suo cum dedecore erubescant, &amp; coram 
<lb/>literatis, &amp; candidis Viris posthac 
<lb/>se offerre amplins non 
<lb/>audeant. 
<lb/>IL FINE. 
<pb n = "42 recto"/>
<lb/>COPIA. 
<lb/>Gli Eccell.mi Signori Capi dell' Eccelso Cons. di X infrascritti
<lb/>havuta fede dalli Signori Riformatori del 
<lb/>Studio di Padova per relatione delli due à questo deputati,
<lb/>cioè del Reverendo Padre Inquisitor, &amp; del 
<lb/>Circonspetto Segretario del Senato Zuane Meraveglia, con giuramento, 
<lb/>che nel libro intitolato: Difesa di Galileo Galilei Nobile 
<lb/>Fiorentino, Lettore delle Mathematiche nello studio di Padova &amp;c. 
<lb/>non si trova cosa contra le leggi, &amp; è degno di Stampa, concedono 
<lb/>licentua, che possa essere stampato in questa Città. 
<lb/>Datum die 2. Augusti 1607. 
<lb/>D. Vicenzo Dandolo
<lb/>D. Tomà Contarini K.r 
<lb/>D. Antonio Bragacdin 
<lb/>Capi dell'Eccelso Cons. de X.
<lb/>Illustriss. Consilii X. Secretarius
<lb/>Bartholomeus Cominus.
<lb/>1607. à 4. Agosto. Regist. in lib. à car. 174. 
<lb/>Antonius Lauredanus Officij 
<lb/>contra Blasph. Coad. 
<pb n = "42 verso"/>
<lb/>FEDE DE GL' ILLUSTRISSIMI SIG. 
<lb/>PODESTÀ ET CAPIT. DI PADOVA. 
<lb/>Noi Almorò Zane Podestà, &amp; Zuanne Malipiero Capitano 
<lb/>per la Sereniss. Signoria di Venetia &amp;c. Rettori di Padova, 
<lb/>facciamo fede publica colle presenti Che le sottonominate 
<lb/>fedi, e scritture presentate nella Cancellaria 
<lb/>nostra Pretoria sono di nostro ordine ad instanza dell'
<lb/>Eccell. D. Galileo Galilei state da gli Auttori, ò esshibitori d'esse riconosciute 
<lb/>per vere, &amp; per incontro fatto nelle parti citate nell' opera presente 
<lb/>del medesimo Galilei ritrovate concordi; onde in confermatione 
<lb/>della verità à notitia, e requisitione di ciascheduno restano riservati gli 
<lb/>originali presso l' ordinario Nodaro Coaiutore dell' istessa Cancellaria 
<lb/>nostra. In quorum &amp;c. 
<lb/>Di Padova li 23. Giugno 1607. 
<lb/>Nota delle fedi, e scritture de le quali sopra. 
<lb/>Una fede del Clariss. Sig. Giacom' Alvise Cornaro fatta sotto li 15. Aprile
<lb/>1607. in Padova, con la contestatione del Sig. Francesco del Clariss. Sign. 
<lb/>Tadeo Contarini. 
<lb/>Una fede del Sig. Giacomo Badovere fatta in Padova li 13. Maggio 1607. 
<lb/>Una fede di Domino Marc' Antonio Mazzoleni sotto li 24. del medesimo 
<lb/>in Padova. 
<lb/>Una fede del Clariss. Sig. Giacom' Alvise Cornaro sotto li 6. d' Aprile passato 
<lb/>in Padova. 
<lb/>Una lettera del Clariss. Sig. Giacom' Alvise Cornaro scritta al Sig. Aurelio Capra
<lb/>sotto li 4. del medesimo. 
<lb/>Una fede del Clariss. Sig. Giacom' Alvise Cornaro sottoli 14. dell'istesso in Padova 
<lb/>con la contestatione del Sig. Pompeo di Conti da Pannighi. 
<lb/>Due quesiti di mano lel Clariss. Sig. Giacom' Alvise Cornaro fatti all'Auttore 
<lb/>di ordine di Baldessar Capra. 
<lb/>Copia d'una lettera di mano del Rever. Do. Antonio Alberti scritta al Clariss. 
<lb/>Sig. Gio. Malipiero sotto li 17. Decembre 1604. 
<pb n = "43 recto"/>
<lb/>Alcuni scritti à mano riconosciuti da M. Gasparo Pignani per quell' istessi,
<lb/>c' hebbe già cinque anni sono dal Sig. Michiele Victor Vustroa di Bransvich, 
<lb/>il qual Signore disse havergli ricevuti nell' istesso tempo da M. Giovanni 
<lb/>Eutel Zieckmeser Fiammingo. 
<lb/>Alcuni scritti vecchi sopra l'uso del Compasso Geometrico &amp; Militare dell' 
<lb/>Auttore presentatici dal Clariss. Sign. Giacom' Alvise Cornaro, qual disse 
<lb/>haverli ricevuti dal detto Auttore sei anni avanti. 
<lb/>Una lettera Apologetica di D. Girolamo Spinelli. 
<lb/>Almorò Zane. Podestà. 
<lb/>Zuanne Malipiero Cap. 
<lb/>Giorgio Vecchioni Cancelliero Pret. 
<lb/>sottoscrisse, e sigillò.
<pb n = "43 verso"/>
<lb/>Errori occorsi nello stampare.
<lb/>	Errori	Correzioni		Errori Correzioni
<lb/>Carte 4. 	nella postilla al. c	leggi à carte	Car. 22. b. ver. 7. L'uso	Le operazioni
<lb/>Car. 5. ver. 7.	furno	furon	C. 23. ver. 18.	verissima	verissimo
<lb/>Car. 5.b.ver.15.	nnova	nuova	C.24.b.v.6.	segnarla.posto	sengarla posto
<lb/>C.8.b.ver.14.	creare	cercare	C.27.ver.1.	posso	passo.
<lb/>C.13.b.ver.17.	expeditissimaque	expeditissima	C.32.ver.16.	tronati	trovati
<lb/>				promptissimaque	C.33.ver.25.	mansoris	mensoris
<lb/>C.14.b.ver.13.	havendo	havere	C.34.ver.9.	coa	costa
<lb/>C.16.ver.2.	possa	posso	C.34.b.v.18.	intrapendere	intraprendere.
<lb/>C.16.b.ver.31.	posta	. Posta	C.40.ver.24.	creata	cercata
<lb/>IN VENETIA, MDCVII.
<lb/>Presso Tomaso Baglioni.	
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</text>
</TEI>
Galileo's Difesa (1607): A Basic TEI Edition Galileo’s Library Digitization Project Crystal Hall OCR cleaning Jonathan Lerdau XML creation the TEI Archiving, Publishing, and Access Service (TAPAS)
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"Based on the national edition corrected to ETH-Bibliothek Zurich Shelf Mark: Rar 4432: 3; Persistent Link: http://dx.doi.org/10.3931/e-rara-1296" Difesa di Galileo Galilei nobile fiorentino, Lettore delle Matematiche nello Studio di Padova contro le calunnie ed imposture di Baldassar Capra milanese: Usategli si' nella Consideratione Astronomica sopra la nuova stella del MDCIIII, come (et assai più) nel pubblicare nuovamente come sua l'invenzione, la fabbrica e gli usi del Compasso Geometrico, et Militare, sotto il titolo: Usus et fabrica Circini cujusdam proportionis, ecc. Galilei, Galileo Venice Baglioni, Tommaso 1607

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This work was chosen to maintain a balance in the corpus of works by Galileo, his opponents, and authors not usually studied in the history of science.

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Difesa di Galileo Galilei nobile fiorentino, Lettore delle Matematiche nello Studio di Padova contro le calunnie ed imposture di Baldassar Capra milanese: Usategli si' nella Consideratione Astronomica sopra la nuova stella del MDCIIII, come (et assai più) nel pubblicare nuovamente come sua l'invenzione, la fabbrica e gli usi del Compasso Geometrico, et Militare, sotto il titolo: Usus et fabrica Circini cujusdam proportionis, ecc.
1607
DIFESA DI GALILEO GALILEI NOBILE FIORENTINO, Lettore delle Matematiche nello Studio di Padova, Contro alle Calunnie & imposture DI BALDESSAR CAPRA MILANESE, Usategli sì nella Considerazione Astronomica sopra la nuova Stella del MDCIIII. come (& assai più) nel publicare nuovamente come sua invenzione la fabrica, & gli usi del Compasso Geometrico, & Militare, sotto il titolo di Usus & fabrica Circini cuiusdam proportionis, &c. CUM PRIVILEGIO. IN VENETIA, MDCVII. Presso Tomaso Baglioni. GALILEO GALILEI A I LETTORI. IO non credo, prudenti Lettori, che verun' altro dolore à quello si agguagli, il quale l'animo di persona ben nata, trà costumi honesti allevata, & in virtuosamente operare sempre occupata, affligge, e tormenta, quando dalla malignità di temerario calunniatore, senza alcun suo demerito, dell'honore, con le proprie azioni virtuose meritato, & conseguito, non meno inaspettatamente che ingiuriosamente si vede spogliare. E stimata la perdita de i figliuoli apportatrice di sommo cordoglio; mà chi ben considera, che altro perde chi de i figliuoli resta privo, che quello, che non pure in poter di ogn' huomo, mà dell'impeto di ogni fiera è in potestà di produrre, e di rigenerare? Si dorrà forse alcuno, e non senza urgente cagione, nel vedersi spogliare, e denudare di ogni sustanza, & di tutte le sue facultadi; mà che? se gliene sortì il padronaggio per eredità, qual più legittimo dominio vi hebbe sopra, che qualunque altro, à cui la sorte, ò il caso solamente tal possessione contese? & se per propria industria ne fece aqquisto, non si doglia altrimenti implacabilmente, restandogli ancora il modo di poter fare il secondo con maggior lode di quella, con che ne fece il primo guadagno. Dirà forse alcuno, acerbissimo essere il duolo della perdita della vita; anzi pur, dirò io, questo esser minor de gli altri; poiche colui che della vita ci spoglia, ci priva nell'istesso punto del poterci noi più, nè di questa, nè di altra perdita lamentare. Solamente in estremo grado di dolore ci riduce colui, che dell'honore, della fama, & della meritata gloria, bene non ereditato, non dalla natura, non dalla sorte, ò dal caso, ma da i nostri studii, dalle proprie fatiche, dalle lunghe vigilie contribuitoci, con false imposture, con fraudolenti inganni, & con temerarii usurpamenti ci spoglia; poiche restando noi in vita, ogni virtuosa persona non pur come tronchi infruttuosi, non solo come mendici, mà più che i fetenti cadaveri ci sprezza, ci sfugge, ci aborrisce. In questo di miserie ultimo, & infelicissimo stato hà con fraude inaudita, e con temerità senza essempio procurato Baldessar Capra Milanese di ridur me col publicare ultimamente, & dare alle stampe come sua propria invenzione, e come parto del suo ingegno (che così nell' opera sua lo chiama) il mio Compasso Geometrico, & Militare, da me solo già sono dieci anni immaginato, ritrovato, e perfezionato, si che altri non ve ne hà parte alcuna; da me solo da quel tempo in quà conferito, participato, & donato à molti grandissimi Principi, & ad altri nobili Signori; & finalmente da me solo un' anno fà stampatone le operazioni, & al glorioso nome del Serenissimo Principe di Toscana mio Signore consecrate. Del quale Strumento non solo il sopranomato Baldessar Capra si fà autore, mà ne predica me (e tali sono le sue parole) per usurpatore sfacciato, & però meritevole di arrossirmi con mio sommo obbrobrio, & indegno di comparire nel conspetto di huomini letterati, & ingenui. Nella quale insolentissima impresa io non sò giudicare à quale di queste tre qualità del Capra si deva il primato; se alla temerità, alla ignoranza, ò pure alla pazzia, & però tal giudizio lascio io alla prudenza vostra Discreti Lettori, dopo che questa mia scrittura havrete letta; & solo proporrò, somma essere stata la sua temerità, poiche non si è peritato in questa medesima città di Padova, dove comunemente da 15. anni in quà abitiamo, stamparmi in faccia l'opera dal mio libro puntalmente trasportata; in questa Città dico, dove da dieci anni in quà hò fatti fabricar 100. di questi miei Strumenti, & egli li hà veduti, dove io à lui medesimo, & à suo padre già molti anni sono alla presenza di terze persone hò mostrato questo Strumento, & diverse sue operazioni; & dove finalmente esso si hà da terza persona fatto prestare uno di questi miei strumenti per studiarlo, & procurar d'intenderlo, & molti mesi l'hà ritenuto nelle mani; le quali cose tutte amplamente saranno più à basso dimostrate; Che somma sia la sua ignoranza in queste scienze, non più lungo tempo ricerco per farvi toccar con mano, di quello, che nella lezione di questa scrittura consumerete, mà nè à questa, nè à quella cede in grandezza la pazzia di costui, essendosi egli persuaso, ò che io non fussi per conoscere il suo furto, & le sue calunnie; ò che io fussi per dissimularle; ò che io fussi per tollerarle; ò che non si fusse per poter trovar compenso da manifestarle, repriprimerle, & castigarle. Ma perche nel giustificar la causa mia io non hò cosa che sì mi pregiudichi, quanto la grandezza medesima dell'eccesso del Capra, la quale, superando ogni immaginabile verisimile, non può nell'humano intelletto, nella prima apprensione, non suscitare qualche dubitanza intorno al vero; io, prima che ad altro descenda, toccherò due cagioni, le quali, s'io non m'inganno, sono state delle più potenti à far precipitare il Capra in questa disonorata operazione. La prima sono state le suggestioni del mio antico avversario, invido inimico non sol di me, mà di tutto 'l genere humano, quello la cui mordace, & mendace lingua apparecchiata sempre à lacerare, e dilaniare tutti i buoni, sempre occupata in consultare diabolici trattati, fà che assai fortunati si stimano, e chiamano coloro, li quali, conoscendo lui, da lui non sono conosciuti, non essendo al mondo altro schermo contro 'l veleno di questo Basilisco, che il non esser da lui veduto; costui, che altre volte con altre sue machine hà tentato il mio precipizio, hà, per mio avviso, concitato il Capra, già per propria inclinazione contro di me male affetto, & pensando più à sfamare le sue ingorde brame, fameliche del mio disonore, che al pericolo al quale col suo perverso consiglio esponeva l'amico; l' hà finalmente ridotto, confermato, & mantenuto nell' esecuzione di questa opera vergognosa. L'altra cosa che hà allettato, & assicurato il Capra à questa impresa, è stata la mia connivenza, & l'havere io dis.simulate altre sue arditissime calunnie, & imposture publicate contro di me nella considerazione astronomica circa la nuova Stella del 1604. stampata da lui più di due anni sono, le quali per non li havere io risposto, nè permesso che altri per me risponda, hanno tant' oltre promossa la confidente sua petulanza, che finalmente non si è peritato di osar tant' oltre. Ma poiche la sua importunità ha vinta la mia sofferenza, io per palesare la sua obliqua affezione verso di me, cominciata, e continuatasi poi gran tempo, verrò insieme à raccontare, anco per mio scarico dalle altre sue calunnie, quanto sin quì ho taciuto. Cominciò dunque con l' a1jparir della nuova Stella del 1604. à germogliare, & à farsi vedere, quella prava affezione del Cap. verso di me, che per avanti haveva solamente sparse le sue radici, & fatto cespo sotto 'l terreno assai tenero, & facile ad impinguarsi del succo avvelenato, che dal putrido concime dal suo pessimo cultore, e consultore, ò pessimi cultori, e consultori, in lui discolava; Et essendo egli, & il suo maestro, che per pratticare le operazioni del quadrante facevano ogni notte diverse osservazioni, stati in Padova i primi ad accorgersi di quella nuova apparizione, si che da loro per mezo dell' Illu.strissimo Sig. Iacop' Alvigi Cornaro, gentil' huomo Veneziano non meno per nobiltà di sangue che per molte sue veramente regie condizioni illustre, & cospicuo, à me ne passò l'avviso; venne il detto Capra in opinione, per quanto io credo (ned è la mia credenza iperbolica, come appresso farò palese;) che quanta intelligenza io hò delle cose celesti, col tramesso dell'annunzio del suo nuovo scoprimento, facesse nella mia testa tragitto, & quivi trasportasse quanto io sopra la nuova Stella in tre mie lunghe lezioni à più di mille uditori feci sentire; & à ciò credere m'induce l'essersi da i suoi maligni consultori, li quali l'applauso universale delle mie lezioni veder e sentir non potevano, sparsa voce, & tuttavia mantenersi, che quanto io di buono dissi, fù per li avvisi ricevuti dal Capra, & suo Maestro, & che io per me senza le loro lezioni, non ero atto à parlar in quella maniera di materie così alte: nè furno in somma li avvisi & le loro lezioni altro, che l'intender' io da terze persone come loro erano stati i primi osservatori dell' apparizion della nuova Stella; il qual primato se deve esser tenuto in così grande stima, sarà bene che quelli, che nelle scienze Matematiche aspirano à qualche nobil grado di gloria, trapassino tutte le notti della lor vita, in osservar con gran vigilanza sopra i colmi delle case loro, se qualche nuova,stella apparisce; acciò che altri, à i quali il caso fusse più favorevole, non riportassero la palma di così glorioso scoprimento. Sapevo benissimo, che questa era per esser' una delle maggior lodi, che il Cap. fusse per guadagnarsi in tutto il corso de i suoi studii matematici, & perciò non volsi defraudarlo di quel merito che se li perveniva, & nella mia prima lezione sopra la Stella nuova, presente lui, & suo Maestro, dissi con parole di laude, come loro ne erano stati i primi osservatori in questa Città. Onde non hò potuto poi à bastanza meravigliarmi, perche egli si sia contro di me doluto nel suo libro stampato sopra la detta Stella, che io non habbia resa la gloria à chi si doveva. Mà notisi in cortesia quanto il desiderio di appuntar, benche irragionevolmente le azioni mie, avanzi nel Cap. la volontà di deporre un vero, che non porti in fronte qualche macchia per l'honor mio; poiche non potendo egli negare, che io non attribuissi al suo Maestro il vanto cl' essere stato il primo, che in Padova osservasse la nuova Stella, passa sotto silenzio la honesta menzione che io feci di ciò, & m'impone à mancamento che io non nominassi l'Illustriss. Sig. Cornaro, il quale fù solamente semplice relatore di quanto il Ca. li haveva detto havere insieme con suo Maestro osservato. Veggasi quello che in questo proposito scrive nel lib. della nuova Stella, à car. 7. b. dove in ultimo conclude con queste parole: Da questo cavasi una conclusione necessaria, cioè che l' Eccell. Galileo habbia havuto il tempo, & il loco di questo nuovo portento dall' lllustr. Cornaro, delche nondimeno non ne hà lui fatta alcuna menzione nelle sue lezioni: Ma se io nominai il suo Maestro, da cui ne fui fatto avvisato per mezo del Sig. Cornaro, perche tacer questo, e biasimarmi perche io non nominassi il detto Signore? Mà per seguire quello che è il mio presente intento, cioè di mostrare con quali in parte frivolissime, & in parte falsissime imposture costui sino da quel tempo procurasse di avvilire l'honore, & la riputazion mia,; considerisi prima la incivile, anzi villanesca, e temeraria sua maniera di operare, mentre che, per farsi campo da potermi lacerare, si piglia ardire di por mano à stampar quello che si immagina che io habbia detto nelle mie lezioni, & quello che non hò voluto publicare io con le stampe; bisogna dunque che altri vada molto circonspetto nel parlare alla presenza di questi tali, li quali, quasi spie del mondo, quello che altri ò trasportato dal corso delle parole, ò per inavvertenza, ò pur per ignoranza si lascia uscir di bocca, molto sottilmente raccolgono, & all' orecchie dell'universo fanno pervenire; adunque i privilegii & le habilità, che il tempo concede alli studiosi di poter accorgersi de gli errori, emendarli; una, due, e cento volte rivedere, limare, & castigare li scritti proprii, saranno dalle petulanti, & vigilanti censure di costoro aboliti, & annullati? Io non sò in quali scuole habbia il Capra imparato questa bruttissima creanza; dal suo maestro Alemanno non credo certo, perche facendosi egli scolare di Tico Brae, haveva da quello potuto imparare, & al suo discepolo mostrare, quali termini usare si devino nel publicare non solamente le cose dette da altri, mà le già communicate, e mandate attorno con scritture private; & ambidue, come studiosi del medesimo Autore, potevano havere appresa la modestia da quello, il quale volendo inserir ne' suoi scritti alcune cose di un' amico suo, che ancor viveva, & pure in materia della nuova Stella di Cassiopea, prima ne ricercò il consenso da lui, & poi, dovendole addurre, premesse à quelle in sua scusa queste parole: Scio etiam bona authoris venia id fieri, ut nonnulla licet non publicata immisceam, ipsemet enim per literas id mihi libenter concessit; & pure non adduceva tali cose per biasimarle, ò contradirli. Ma perche devo io dubitare se il Cap. sapessi, queste azioni esser di pessima creanza? anzi è pur chiara cosa ch'egli hà stimato atto ancora di malignità il porsi à mordere le cose da i suoi proprii autori già stampate, & publicate; dolendosi egli nel principio de i suoi Tirocinii astronomici della temerità de i Critici, & scrivendo queste parole: Quandoquidem in hac vitae tragicomoedia ea est humanae miseria calamitas, ut si quis iuvandi mortales studio, vel ab amicis impulsus aliquid publici iuris faciat statim non desint, qui illum vel iure, vel iniuria carpere velint, &c. Mà, oh vista humana di talpa ne' proprii difetti, di aquila, e di serpente nell' altrui operazioni, oh mente nostra offuscata, & affascinata da i proprii affetti, & interessi: biasima questo poverello nella corruttela di questo nostro secolo le vigilanti insidie de i critici, che sempre in guisa di rapaci avvoltoi stanno sù le ali apparecchiati per buttarsi addosso à i parti novelli appena usciti di sotto le penne cle i padri loro, & lacerargli co i mordaci rostri, & battergli co i pungenti artigli, si che per loro oppressi nel primo volo, non possino spiegar le ali verso il cielo, & goder gli spaziosi campi dell' aura popolare; & non si accorge, come egli, stimolato da vie più fameliche brame, trapassa ne gli altrui nidi, & rompendo la scorza de i parti ancora non nati, lacera i piccoli figli, le cui tenere membra per meglio formarsi, invigorirsi, & consolidarsi, sotto l' amato caldo del paziente padre venivano ancora covate. Biasima dunque in altri il Cap. la mordacità contro le opere già, da i loro proprii autori stampate, & tollera in se stesso la impazienza di non poter aspettar che io stampi le mie; anzi spinto da bramosità di lacerarle, impaziente, & pauroso pur di perdere sì belle occasioni, si risolve, arditamente à publicarle, & dilaniarle poi egli medesimo. Questa è veramente, giudiziosi Lettori, audacia grandissima; mà pure piccola, tollerabile, & scusabile la rende, un' altra temerità immensa, & per avventura s enza esempio, usata contro di me da costui; il quale, non havendo sentito nelle mie lezioni cosa alcuna degna della sua mordacità, & pur bramando di lacerarmi, hà scritto che io habbia dette cose, le quali mai dalla mia bocca non uscirno; si come appresso con infinita ammirazione vi farò toccar con mano. Et avvertite che io non vi produrrò per grande argomento della sua malignità quello che egli à carte 5. della sua Considerazione Astrononomica, attribuendomi à gran nota, introduce molto à sproposito di quel luogo, & solo à proposito della sua mordacità, ciò è, che io apertamente non mi dichiarassi circa 'l tempo dell' apparizion della Stella nuova, & che io confusamente dicessi quella trovarsi circa 18. gradi di Sagittario con quasi due gr. di latitudine boreale; replicando pur di nuovo il medesimo à carte 6. & attribuendomi à grave mancamento l'haver confuso il giorno ottavo col nono, & col decimo, si che non fusse possibile sapere da mè se la Stella apparse alli 8. alli 9. ò alli 10. soggiugnendo che questo si doveva con diligenza descrivere, & replicando di nuovo che io non posi precisamente il luogo suo rispetto all' Eclittica; Le quali cose, quando ben fossero vere, come leggerissime, & non necessarie all'intento delle mie lezioni, che fù di provare solamente come la Stella nuova era fuori della sfera elementare, per il che dimostrare niente importava il determinare il giorno della sua apparizione, nè anco scrupolosamente assegnare il suo sito rispetto all' Eclittica, proveriano molto maggior mancamento nella modestia del Cap. che nella dottrina delle mie lezioni; mà essendo di più false, oltre alla immodestia, notano il suo prolatore per falsidico, & temerario; nè io dissi confusamente il giorno della prima apparizione della Stella; anzi le prime parole della mia prima lezione furno queste: Lux quaedam peregrina die 10. Octobris primo in sublimi conspecta est. Vero è, che poco dopo havendo io parlato della congiunzione di Giove, & di Marte, che fù il giorno 8. & dovendo replicare che il 10. fù veduta la Stella, dissi, die itaque octava, quinimo die decima observata fuit, correggendo immediate la scorsa della lingua. & queste furno le confusioni circa 'l tempo della sua prima apparizione; mancamento, che con la sua piccolezza diinostra l'immensità della malignità di chi lo nota. Quanto poi al sito, io non sò perceh in un ragionamento corrente, & dove niente era necessario di offuscar la mente de gli ascoltanti con gradi & loro frazioni, non bastasse, anzi fosse meglio, dire, in 18. g. in circa di Sagittario, con 2. g. in circa di latitudine, in luogo di dire: in 17. gr. 41. min. di Sagittario, con 1. g. 51. min. di latit. boreale. Mà se si deve esser così severo critico in queste precisioni, perche non si è posto il Cap. à riprendere in Tico Brae, prima il medesimo Ticone, & poi tanti autori segnalati, le scritture de i quali sono da lui registrate nei Proginnasmati, li quali sono così poco scrupolosi nell'assegnare il luogo, & il tempo dell' apparizione della Stella di Cassiopea? Poiche l'Illustrissimo Principe Wilhelmo Landgravio di Assia, come si vede ne i Proginnasrnati di Tico Brae, car. 491. mandando al medesimo Tico le sue osservazioni intorno alla nuova Stella di Cassiopea, scrive così: Anno salutiferi partus 1572. die 3. Decembris monente Electore Saxone primum vidi & observavi Stellam novam ipsa Venere maiorem, & clariorem in Asterismo Cassiopeae. Et nell'investigare il vero sito di detta Stella, si vede nel raccor la sua ascension retta, & nello stabilire la sua declinazione col mezo delle molte osservazioni fatte dal medesimo Principe con esquisitissimi strumenti, diversità, circa le ascensioni di più di due gradi, & nelle declinazioni, di 37 minuti in circa. Taddeo Hagecio Boemo nel suo libro inscritto Dialexim de novae & prius incognitae Stellae, &c. nell'assegnare il tempo, dice haverla la prima volta veduta intorno alla Natività di N. Signore. è Gaspare Peucero, in una sua lettera delli 7. Dicembre 1572. scrive: Has ut submitterem fecit novum Sydus, quod in septimanam quartam sub Asterismo Cassiopeae conspicamur haerere, &c. Paulo Hainzelio scrisse: Quod lumen ego die 7. Novembris in decima domo primum conspexi. Michel Mestlino scrive: Anno superiori 1572. prima mensis Novembris Hebdomada, nova quaedam Stella in sedili Cassiopeae, marginem Galaxiae attingens apparere coepit. Cornelio Gemma scrisse: Hanc Stellam incepisse 9. die Novembris. Girolamo Munosio Spagnuolo, Matematico professore in Valenza, non scrive del tempo più precisamente, senon che, certo cognoscit, quod secundo Novembris 1572. haec Stellci nondum apparuerit. L' istesso Brae non si assicura di affermare altro, senon che incominciò ad esser veduta circa finem anni 1572. utpote mense Novembri prope huius primordia, vel saltem in prima eius triade. Et circa il luogo poi della medesima Stella, si troverà ne i medesimi Autori, diversità di molti minuti. Mà quando bene il luogo della Stella nuova non mi fusse anco stato così precisamente noto quando io feci le mie lezioni, (il che fù non molti giorni dopo la sua apparizione) saria stato da riprendere il non mi essere assicurato di volere sino ad un minuto determinare il suo sito? ò pur da lodarmi, di non haver ardito di assegnare quella precisione à capello, che non si può conseguire senza una diligentissima, & molte volte replicata osservazione? si come nel legger le diversità de i luoghi assegnati à quella di Cassiopea, & à questa da diversi osservatori si fà manifesto. Mà, Dio immortale, come riprende in me il Capra la negligenza in una precisione di una Stella l' altr' ieri apparsa, & non condanna la sua grande ignoranza nell'assegnare il diametro visuale dell'antichissima Luna da mille, & mille misurato; il quale esso à car. 9. dice in cielo non occupare più di mezo grado, che sono 30. m. & pure è noto da i libri di tutti gli Astronomi, come la Luna in diversi giorni del mese occupa hora 30. hora 31. hora 32. & 33. & 34. m. del suo cielo, & talvolta anco meno di 29. questo sì che è errore inescusabile, & argumento certo di somma ignoranza: nè minor di questo fallo, sarà quello che egli scrive à c. 20. dicendo così: Mà sopra tutte le ragioni il non haver questa Stella alcuna paralasse, è evidentissima demostrazione che non possi essere senon fra le stelle fisse, nel qual loco la paralasse per la sua picciolezza non è sensibile. Pone dunque nelle stelle fisse alcuna paralasse; nè si accorge, nè intende ancora come nelle stelle fisse nè vi è, nè vi può esser paralasse, essendo quelle gli ultimi, & altissimi corpi visibili, in relazion de i quali le stelle inferiori, & molto à noi vicine fanno la diversità di aspetto, detta da li Astronomi paralaxe. Queste cose, dico, discreti Lettori, non vi propongo io per il principale argomento della minima scienza, & somma arroganza mostrata dal Cap. nel suo libro sopra la nuova Stella; mà vi chiamo ad ascoltare attentamente quanto mi occorre dirvi circa quello, che egli nel medesimo libro scrive à car. 18 b. dove, benche quanto quivi racconta niente faccia al suo proposito, mà solo sia introdotto per tassarmi, scrive che io habbia detto nelle mie lezioni, la nuova Stella essere stata in linea retta con la lucida della Corona boreale, & con la lucida nella coda del Cigno, & poi trapassa à condennare come imperfetto & inutile il modo, col quale io dissi di essermi accertato della immobilità di detta Stella, perche sempre mantenne la medesima retta linea con due stelle fisse. Hora, io non dissi mai che, la Stella nuova fosse in linea retta con la lucida della Corona, & con la coda del Cigno; mà si bene con la lucida della Corona, & con la prima delle tre nella coda di Elice; mà perche egli hà per avventura creduto che Elice voglia dir Cigno, & non Orsa, quello che è stato errore della sua ignoranza, hà voluto ascriverlo per fallo, & per inavvertenza mia; & che io non ponessi mai la nuova Stella in retta linea con la Corona & col Cigno, oltre alle testimonianze che potrei produr di moltissimi che fourno presenti alle mie lezioni, & che sino al presente ne hanno memoria; si trova ancora appresso di me la copia di una quasi epitome delle mie lezioni, scritta in forma di lettera dal M. Rever. Sig. Antonio Alberti Arciprete di Abano al Clariss. Sig. Giovanni Malipiero, sino alli 17. del mese di Dicembre, che fù due mesi avanti la publicazion del libro del Cap. della quale ne sarà quìà basso trascritta quella parte che fà al presente proposito, riscontrata & autenticata, come nel fine di questo discorso si vede: mà quello che più importa, & che rende la temerità del Capra senza essempio, è questo: Un mese avanti che il Cap. stampasse il suo libro, fù dall' Illustriss. Sig. Iacop' Alvigi Cornaro, e sopra un poco di carta li diede due interrogazioni, & le lascia à detto Signore, acciò me ne domandasse in suo nome; venne immediate il medesimo Signore à trovarmi insieme con l'Ecc. Signor Francesco del Clariss. Sig. Taddeo Contarini, gentil' huomo di nobilissimi costumi, & oltre ali' intelligernm delle leggi, della Filosofia, &della sacra Teologia, di Poesie Toscane leggiadrissimo scrittore, & mi portò la poliza con le interrogazioni, la quale si trova ancora appresso di me, le cui parole precise son queste: Si dubita se stia bene à dire che la nuova Stella con la lucida della Corona boreale, & con la lucida della coda del Cigno faccino sempre una retta linea; & che più facendo le sudette stelle, overo altre che fussero una retta linea, come sia possibile che si conservi la retta linea variando la nuova Stella la siue altezza? Sopra di che io risposi à quei Signori, che non mi meravigliavo, che al Capra giugnesse nuovo questo modo di osservare la immobilità di una stella col referirla à due fisse, con 1e quali si trovi in retta linea, essendo egli ancor giovine, & principiante in questi studii; mà dissi che restavo bene con qualche ammirazione, come ciò non fusse noto al suo maestro, senza saputa del quale non era credibile, che il Cap. havesse fatte le interrogazioni; essendo che di simil modo di osservare ne sono poco meno di 50. essempi posti in Tolomeo al cap. 1. del libro 7. del suo Almagesto: & soggiunsi, che haverei anco potuto scu.sare il detto suo maestro dal non haver ciò veduto in Tolomeo, la cui ]ezione, per esser difficilissima, non è per le inani di ogn' uno; mà non potevo già scusarli dal non haver simil maniera di osservare veduta in Tico Brae, del quale si fanno descendenti in dottrina, & dal medesimo molto celebrata nella scrittura di Michel Mestlino fatta sopra la Stella nuova del 1572. il cui sito, immobilità, & carenzia di paralasse con altro egli non osservò, che con un filo, trovandola sempre in linea retta con due coppie di stelle fisse; & di più diedi à quei Signori in nota il luogo di Tico Brae ne i suoi Progim. acci√≥ lo mostrassero al Cap. il qual luogo è à car. 544. Quanto poi all'altra parte, li risposi esser falso, che la nuova Stella fosse in linea retta col Cigno, & con la Corona, mà li dissi che ·•≤a in retta linea con la Corona, & con la prima delle tre nella coda dell' Orsa maggiore, detta Elice; & di più accostatomi con i medesimi Signori ad un Globo celeste, che sopra una tavola havevo, feci loro vedere come il medesimo cerchio massimo passava per il luogo della nuova Stella, & per la Corona, & per la coda di Elice; soggiugnendo, che l'istesso era esser nel medesimo cerchio massimo, che nella medesima linea retta. Questo che io risposi fù dall'Illustr. Sig. Cornaro riferito al Capra, mà però senza profitto alcuno della sua temerità, & della sua ignoranza; non restando egli con tutto questo di stampare un mese dopo il libro già preparato con le medesime imputazioni contro di me, perseverando pure in asserire che io dicessi, la nuova Stella essere in retta linea con la Corona,& col Cigno; & persistendo nella medesima ostinazione, che l'osservar il sito, & l'immobilità di una stella, col referirla ad altre, con le quali si trovi in retta linea, sia al dispetto di Tolomeo, & prima di lui di Ipparco, e di Aristillo, e di Democare, & dopo di Ticone, & di Mestlino, & di altri infiniti, sia dico, un modo fallace, & imperfetto. oh temerità inaudita, oh ignoranza ostinata. Hor quale schermo havrem noi contro alle calunnie di costui, qualvolta ei voglia imporne qualche menzogna; già che non solo il non haver detta una follia, mà il replicare à lui con l'intervento di più testimonii di non haverla nè detta, nè immaginata, non basta à raffrenar la sua sboccata penna, che non trascorra in falsamente, & arrogantemente imporlaci? Ma notisi dal discreto Lettore l'inavvertenza di costui congiunta con la malignità, poiche si è immaginato di poter far creder altrui, che io, troppo inverisimilmente habbia equivocato nel conoscer il carro, conosciuto insin da i buoi, ò almanco da i boari, & dir ch' io l'habbia cambiato col Cigno, costellazione da quella, non men lontana, e diversa, di quel che un'Orso vero sia da un vivo Cigno. Mà ponghiamo le attestazioni attenenti à questo luogo, & poi passiamo più avanti. Estratto dalla lettera del M. Rever. Sig. Antonio Alberti Arciprete d'Abano scritta li 17. Dicembre 1604. Ma si fà chiaro anco per le seguenti ragioni, che nè anco può esser sotto 'l ciel della Luna. Prima se fosse nella regione elementare, ancor che in parte altissima, haverebbe diversità di aspetto, il che non è, perche l'Eccellentiss. Sig. Galilei sopranominato l' hà diligentissiniamente osservata in linea retta con la prima stella delle tre nella coda dell' Orsa maggiore, & con la lucida della Corona, & l' hà sempre in quella linea retta rifrovata, &c. A di 15. d' Aprile 1607. in Padova. Affermo & attesto io Giacomo Alvise Cornaro come è la verità, che circa un mese avanti che Domino Baldissera Capra stampasse il suo trattato sopra la Stella nuova, mi dette sopra un poco di carta due interrogationi, acciòv che io da parte sua le mostrassi al Sig. Galileo Matematico, & ne pigliassi da lui risposta, le quali interrogationi in somma contenevano questo. Prima se era ben detto che la Stella nuova facesse linea retta con la coda del Cigno, & con la lucida della Corona boreale, & l' altra quanto fusse sicuro modo questo di conoscere il sito ò moto d'una stella con l' osservare con quali altre fosse in linea retta, non si potendo mantenere la medesima retta variando altezza la nuova Stella; al che rispose il detto Signor Matematico, che quanto all'osservare il moto, ò sito d'una stella, cioè dove sia collocata, & se habbia altro moto che le fisse, quello del vedere con quali fisse faccia linea retta, era un modo sicurissimo, & usato da Tolomeo e dalli altri Astrologi avanti, & doppo di lui; & più mi mostrò & dette in nota il luoco di Tico Brae, il quale mette per eccellentissima la regola di Mestlino, il quale col filo osservò & ritrovò il sito della Stella nuova del 72. & circa l'altra dimanda mi rispose, che la Stella nuova del 1604. non faceva retta con la coda del Cigno, & con la Corona, ma con la coda dell'Orsa, & con la corona; mi mostrò anco di più ciò esser vero sopra un Globo celeste, & à tutto questo fù presente ancora il Signor Francesco Contarini, & il tutto fù da mè puntalmente riferito al detto Capra il giorno seguente. In fede di che hò fatta la presente testificatione di propria mano, siggillata con il mio siggillo. Io Giacomo Alvise Cornaro affermo ut supra. Io Francesco Contarini del Clariss. Sig. Taddeo fui presente, & affermo esser la verità quanto di sopra è narrato. Condanna dunque il Cap. nel sopracitato luogo il modo dell' investigare la immobilità di una stella con l'osservare se persiste sempre in linea retta con due medesime fisse, & dice, Questo modo non essere in tutto sicuro, perche, se bene quando la Stella nuova era alquanto elevata faceva una retta con due fisse supposte, vicina poi all' orizonte per la refrazione de i vapori non poteva fare detta linea retta; dal che ogn'uno che mediocremente intenda le primizie dell'Astronomia, potrà chiaramente comprendere come il Cap. non intende niente questo modo di osservare la immobilità di una stella, il qual' ei piglia ad impugnar come fallace. Hà creduto il Ca. come dalle sue parole necessariamente si raccoglie, che io, & gli altri Astronomi, havendo osservate tre stelle in linea retta, per accertarci se alcuna di esse hà moto proprio, ritorniamo poche hore dopo ad osservar di nuovo se quelle mantengono la medesima linea, nel qual riscontro potendo accader fallacia, rispetto alle refrazioni, & all' haver le dette stelle mutato sito sopra l' orizonte, non si deve stabilire alcuna certa scienza: ma chi vi hà detto M. Capra, che trà l'una, & l'altra osservazione si devino traporre alcune poche ore? ò chi sarà quello di cosìgrosso ingegno che creda nè anco il moto di Giove, non che quello di Saturno, ò di altra, se si trovasse, stella più pigra, potersi avvertire con osservazioni sì poco distanti di tempo? ci vogliono, non hore, mà giorni, settimane, mesi, anni, & anco secoli trà l'una, & l' altra osservazione, prima che possiamo asseverantemente stabilire che una stella non habbia moto diverso dalle altre. asserì Tolomeo le stelle fisse non mutarsi trà di loro, perche? perche tutte quelle triplicità, che egli trovò rispondersi per retta linea furno molte centinaia di anni avanti da Aristillo, e Timocare, e poi da Ipparco ritrovate nelle medesime rette; & io dissi che la Stella nuova non mostrava di haver moto proprio, perche havendola ritrovata da principio in retta linea con le dette due fisse, molti giorni, & settimane dopo, & non alcune hore, si era mostrata nella medesima retta; nelle quali osservazioni che hanno, per vita vostra, che fare le refrazioni? & chi mi vieta di far le osservazioni quando la Stella sia nelle medesime altezze sopra l' orfizonte? riprendete dunque il vostro niente sapere, & il vostro niente intendere, & non le operazioni ottimamente da me, & prima da tutti gli altri Astronomi fatte. Credo giudiziosi Lettori, haver sin quìassai apertamente dimostrata la malevola disposizione del Ca. verso di me, cominciata à discoprirsi più anni sono, anzi pur senza alcun freno di modestia traboccata con una troppo licentiosa audacia nelle false imposture contro di me, le quali sin quì havete intese. Hor quì lascio à voi pensare quali creder si possa che siano state le calunnie, le maledicenze, & le insidie, sparse, vomitate, & machinate contro alla riputazion mia, & in palese, & ascosamente da costui, & da i suoi pessimi consultori, pratticando 14. ò 15. anni nella medesima Città, & vedendomi ogni giorno; che se con tanta falsita, & con tanta impudenza, non si è ritenuto di publicar le sopranarrate imposture, in modo che non poteva non esser sicuro che all' orecchie mi erano per pervenire, quali credete che siano stati i suoi concetti ne i ragionamenti privati, & quali le calunnie che haverà creduto di potere in questo, & in quel particolare ascosamente imprimere? Mà perche parrà forse ad alcuno impossibil cosa che nell' animo del Cap. si sia così saldamente radicato un' odio intestino contro di me, senza havergliene io data qualche grave occasione, offendendo ò lui, ò suo padre, ò altro suo intrinseco, ò con fatti, ò con parole, & che non possa l' inimicizia naturale dell'ignoranza contro la virtù, per se sola esser stata bastante à provocarmi così aspramente la rabbia di costui; non voglio restar di dire come io non mi sono con loro abboccato, in tutto 'l tempo, che sono stato in questa Città, piùdi tre, ò quattro volte, & ciò solamente per qualche loro beneficio, & credo, se ben mi ricorda, che il primo abboccamento fosse con il consegnare à suo padre per scolare nella scherma il M. Ill. Sig. Conte Alfonso di Porcia, Gentil' huomo Furlano; la seconda volta fui col padre, e col figlio in casa dell'Illustriss. Sig. Iacop' Alvigi Cornaro, pregato da loro per mostrargli il mio Compasso, & alcune sue operazioni, come più à basso nell' attestazione del medesimo Sig. Cornaro si vede; terzo, sentendo essere in mano dell' Illustriss. Sig. Horazio de i Marchesi del Monte un' ordine di un grandissimo Principe di procurar di havere un certo segreto, & che non si guardasse à spesa alcuna, & venendo detto Signore ad informarsi da me, se io conoscessi un tale nominato da quel Principe per huomo che possedesse il segreto desiderato, gli dissi che sì, mà che egli allora non era in queste parti; & così mi licenziai dal detto Sig. Horazio; immaginandomi poi che il medesimo segreto potesse essere anco appresso M. Aurelio Capra, padre di questo mio avversario, mi abboccai seco per intendere se havesse il detto segreto, & se, havendolo, & potendo riceverne da un grandissimo Principe una larghissima recognizione, si saria contentato di communicarglielo; mi rispose di sì; & io subito fui à trovare il Sig. Horazio, dicendoli che havevo trovato un' altro, che possedeva il segreto desiderato, & che, stimando che à quel Principe poco importasse l'havere il segreto più da quella persona che fù da lui nominata, che da altri, & giudicando il detto Sig. Horazio il medesiino, condussi S. Sig. dal Capra, & li lasciai nel maneggio di questo negozio, il quale credo anco che sortisse con satisfazione dell' una & dell' altra parte. Et questo è quanto io mi ricordo havere havuto che trattare con costoro; da i quali trattamenti veggasi se hò demeritato di esser così mal trattato da loro. Mà à che mi vò io affaticando in voler con altre deposizioni giustificarmi di non lo haver mai offeso? Qual più intero testimonio devo io cercare in confirmazione dell' animo mio bene affetto verso di lui, che la tolleranza havuta da me più di due anni coutinui, che la sua considerazione astronomica, nella quale così falsamente, & mordacemente mi pugne, vadia intorno senza mia risposta, potendo io così facilmente purgar me, & mostrare al mondo le sue falsità, non meno nel detrarre à me, che nella sua dottrina? il che però non hò mai voluto fare, nè mai l'haverei fatto se la ostinata, incomparabile, & incomportabile sua temerità sonon havesse finalmente con questa sua ultima azione, vinta, anzi sforzata la mia sofferenza. Mà che dico io di essermi voluto astenere dal rispondere, & scoprire le sue inezie, & malignità? diciamo pure (e forse con maggior nota della mia riputazione, che con laude della mia indulgenza) dell' havere io vietato che sia data alle stampe una lettera in forma di apologia scritta da un mio scolare in mia difesa intorno alle calunnie, & inezzie del Capra poste da lui contro di me nella detta considerazione astronomica, la quale apologia con bellissimo artifizio fù composta subito dopo la publicazione della detta considerazione, & nel portarmela il detto mio scolare à rivedere, la ritenni appresso di me, & ancora la hò, nè volsi che fusse publicata, compassionando al giovine Cap. & sperando pure che dal Padre, ò da altri suoi amici dovesse senza tanto suo rossore esser corretta, & per l'innanzi modificata la sua arroganza: & acciò che alcuno non credesse quanto hò adesso detto essere una finzione, sarà nel fine di questa difesa nominata la detta lettera apologetica presentata da me avanti gli Illustrissimi SS Podestà & Capitano di Padova, & da loro SS Illustriss. veduta, riconosciuta, & per fede del proprio autore, autenticata, dove ancora saranno nominate, & autenticate tutte le altre scritture, & attestazioni fatte in Padova, che in questa difesa da me saranno prodotte, delle quali gli originali resteranno nella cancelleria dell' Illustriss. Sig. Podestà, per esser mostrati à chi volesse vedergli. & le altre fedi, che produco, & che sono fatte in Venezia, presentati gli originali, & riconosciuti da gl' Illustriss. & Eccellentiss. SS. Riformatori, saranno da loro SS. in simile maniera autenticate. Questa mia così humana, & lunga sofferenza, questa mia dissimulazione de i villaneschi affronti fattimi da costui, la quale in ogn' altro havria finalmente col rimorso della coscienza suscitato un ravvedimento de i proprii falli, & raddolcita ogni amarezza, la quale essendo internata nel suo gusto, le operazioni mie honorate non senza nausea sentir gli faceva, hà per il contrario talmente gonfiata la vanissima sua follia, promossa l'arroganza, inanimita l'audacia, smorsata la temerità, & inacerbito il veleno, che tutti i sensi, e più la lingua gli occupa; mà sopra tutto il resto (e ciò per concession di Dio) offuscatogli così ogni lume di mente; e tolto, per suo castigo, ogni giudizio, e discorso, che reputando egli la mia tolleranza una timidità, la mia dissimulazione una stolidità, il mio disprezzo delle sue sciocchezze, una mia crassissima ignoranza, si hà lasciato trasportare in questa sua ultima abominevole, infame, & detestabile operazione; nella quale si è creduto e persuaso di poter non solamente diffamar me; mà burlare, & aggirare tante, e tante altre persone, che della verità del fatto sono benissimo consapevoli. Quale sia stata questa sua sì vergognosa azione restami finalmente di far manifesto al mondo; & quì mi perdonerete Lettori pii, & del giusto amatori, se forse con troppo tedio vi terrò occupati in leggere questa mia difesa; & mi scuserete se troppo minutamente anderò ancora ritrovando gli errori di costui, per far costare la sua ignoranza non cedere un pelo alla temerità, & alla pazzia. Dico dunque, che sono già dieci anni, che havendo io ridotto à perfezione un mio strumento, da me chiamato, Compasso Geometrico, & Militare, cominciai à lasciarlo vedere à diversi gentil' huomini, mostrandone loro l' uso, & dandogli lo strumento, & le sue operazioni dichiarate in scrittura; il quale Strumento è stato così aggradito, che da quel tempo in quà per satisfare à molti Principi, & Signori di diverse nazioni, mi è convenuto farne fabricare in questa Città oltre al numero di cento, senza quelli che in Urbino, in Firenze, & in alcuni luoghi di Alemagna sono di mio ordine stati lavorati; si che poche restano le Provincie di Europa, nelle quali da miei scolari non siano stati di tali strumenti trasportati; & finalmente parendomi cosa assai pericolosa, che venendo questa mia invenzione in tante mani, potesse incontrarsi in alcuno che se la attribuisse; anzi pure essendo io un' anno fà stato fatto avvertito, che quando io non ci havessi preso provedimento, qualcun' altro si sarebbe fatto bello delle mie fatiche; mi risolvetti à stamparne le operazioni; ilche feci quì in Padova sono già 13 mesi, credendo in questa guisa haver precisa la strada à i latrocinii di coloro, che trapassando la vita in ozio, vogliono con l'altrui vigilie suscitarsi fama di literati. Mà poco mi hà questa mia provisione giovato; poiche Baldessar Capra Milanese in questa medesima Città, dove da 12. ò 14. anni in quà dimora, trasportando il mio libro di Toscano in Latino, & alcune frivolissime cose aggiugnendovi, lo ristampa tre mesi sono, facendo sè di tale invenzione autore, & dichiarandone me per impudente usurpatore. oh ardire, oh temerità. Mà perche molte circonstanze, che sono intorno à questo maneggio del Cap. aggravano infinitamente il suo delitto, & rendono questa azione vergognosissima, non voglio tralasciarle, mà produrle, & con fedi autenticissime confermarle. Et prima; che io habbia cominciato da dieci anni in quà à far fabricare di questi Strumenti, & li sia andati di anno in anno communicando, & participando con Signori di diverse nazioni, potrà esser certo quasi in tutte le provincie di Europa, dove questa mia scrittura arriverà, ritrovandosi in ciascuna di esse, ò pochi, ò molti di questi miei Compassi, trasportativi da Signori, li quali in Padova da me gli hanno ricevuti con il loro uso in voce, & in scritto. Imperòche oltre à quelli che hanno havuti in Italia i Serenissimi di Toscana, & di Mantova, & l' Illustriss. & Eccellentiss. Sig. Duca di Cerenza; in Germania il Sereniss. D. Ferdinando Arciduca d'Austria; gl'lllustrissimi & Eccellentissimi SS. Filippo Landgravio di Assia, & Gio. Federico Principe di Olsazia; in Polonia gl' Illustriss. & Eccellentiss. SS. Christoforo Duca di Sbaras, Gabriello, & Giovanni Conti di Tencim, Raffaello Lenscinshi; in Francia gl' Illustrissimi SS. Francesco Conte di Noaglies, & Gilberto Gasparo di Senteran; molti se ne ritrovano in mano di altri Signori ne i sopradetti luoghi, & quasi in ogn'altra provincia di Germania, & di Francia; e più in Fiandra, in Inghilterra, e Scozia, presso tanti Gentil' huomini, che troppo lungo sarebbe il nominargli tutti. Onde, solamente per soprabondante cauzione, mi è parso à bastanza, delle molte che haverei potuto in questo luogo produrre, metter solo tre attestazioni: una del Clariss. Sig. Gianfrancesco Sagredo, una dell'Illust. Sig. Iacopo Badovere Gentil'huomo Francese, & la terza poco più à basso del M. Rever. Padre Maestro Paolo de i Servi Teologo della Sereniss. Signoria di Venezia, li quali sono dieci anni, che veddono da me questo strumento, & otto e nove anni fà ne hebbero uno per uno insieme con l'uso; porrò appresso la fede dello artefice, il quale in Padova da dieci anni in quà me ne hà fabricati circa 100. 1607. Adi primo di Giugno in Venezia. Faccio fede io Giovanfrancesco Sagredo dell' Illustriss. Sig. Niccolò haver già nove in dieci anni in circa, havuto dall' Eccellentiss. Sig. Galileo Galilei Lettor delle Matematiche in Padova, uno de' suoi strumenti chiamato da lui, Compasso Geometrico, & Militare, & un' altro simile, poco dopo con alcune divisioni un poco mutate, & con altre estese à maggiori numeri, il quale strumento è quello stesso à punto, del quale l'anno passato ne stampò l' uso sotto questo titolo: Le Operazioni del Compasso Geometrico, & Militare di Galileo Galilei, &c. la qual dichiarazione hebbi in scrittura, & in voce insieme con lo strumento al sopradetto tempo, & ancora si ritrova appresso di me; & in fede della verità hò fatta la presente di propria mano. Io Giovanfrancesco Sagredo sopradetto scrissi manu propria. Adi 13. di Maggio 1607. in Padova. Io Giacomo Badovere Francese espongo & attesto come è la verità, che sendo io già nove anni passati allogiato nella propria casa, & in compagnia del Sig. Galileo Galilei Fiorentino Lettor delle Matematiche in quello Studio, & imparando da esso Galilei le scienze Matematiche, non pure viddi diversi de' suoi Compassi Geometrici, & Militari, mà ne fui gratificato di uno, & di più della sua dichiarazione, mostrandomi in oltre le regole che teneva intorno al modo del comporlo, & segnare le sue divisioni, intorno alle quali in quel tempo era occupato, & ne mutò, & migliorò alcune da quello che ne gli altri suoi Compassi prima fatti fabricare sino à quel tempo haveva posto. E più viddi mentre dimorai nel medesimo luogo, come molti de i medesimi strumenti furono dal sopradetto suo Autore communicati à diversi Gentil'huomini di diverse nazioni: il quale strumento è il medesimo che questo, le cui operazioni sono state l'anno passato dall'Autore stampate quì in Padova sotto il titolo di Le Operazioni del Compasso Geometrico, & Militare di Galileo Galilei, &c. Et di più havendo lasciato l'altro mio in Francia ne hò circa quattro mesi sono havuto un' altro dal medesimo Autore con la sua dichiaratione stampata; in fede di che hò fatta la presente attestatione manu propria. Io Giacomo Badovere scrissi. Adi 24. di Maggio 1607. in Padova. Depongo, & affermo io Marcantonio Mazzoleni di Domino Paolo Mazzoleni come è la verità, che da dieci anni in quà ho continuamente lavorati all'Eccellentiss. Sig. Galileo Galilei Lettore delle Matematiche nello Studio di Padova de'suoi Compassi Geometrici, & Militari secondo l'ordine, & le divisioni datemi da lui sino dal principio, de' quali gne ne hò fabricati dua di argento, uno che mi disse esser per il Serenissimo Arciduca Ferdinando d' Austria, & l'altro per uno de gl' Illustrissimi & Eccellentissimi Landgravii di Assia, & altri di ottone circa il numerodi cento per diversi altri Signori suoi scolari. Et più affermo, molti di questi compassi essere stati veduti in casa mia dove lavoro dal Sig. Balessar Capra Milanese, pratticandovi lui da quattro anni in quà spesse volte, dal qual Signor Baldessar non hò mai sentito dire che tali compassi fussinio invenzion sua; & in fede della verità hò fatta la presente attestazione da potersi produrre in ogni luogo come verissima che essa è. Io Marcantonio Mazzoleni sopradetto scrissi di propria mano. E che questa quantità di Strmnenti siano stati da me fatti fabricare in questa Città in tutto questo tempo, è stato benissimo saputo dalCap. mà pure, quando ei volesse dissimulare, ò negare questa notizia, non potrà egli certo negare quello che di sopra è stato deposto nella fede di Maestro Marcantonio, ciò è che egli pratticando da quattro anni in quà frequentemente nella sua bottega habbia veduto fabbricare più di 30. di tali miei strumenti, nè però li hà mai conosciuti per sua invenzione. In oltre non potrà negare come già sono cinque anni egli & suo Padre mi fecero pregare dall'Illustrissimo Sig. Iacop'Alvigi Cornaro, in casa del quale molto familiarmente pratticavano, che io fussi contento di lasciar loro vedere questo mio strumento, & le sue operazioni, il che io feci, richiestone dal detto Signore in casa sua, come dalla sottoposta sua fede si fa palese; nella quale si vedrà ancora come, due anni sono il padre del Capra pregò instantemente il medesimo Signore, che fusse contento di prestargli uno de i miei strumenti, che appresso detto Signore ancor si ritrova, dicendo, che Baldessar suo figliuolo vi voleva fare attorno studio, & procurar d'intenderlo, & anco fabricarsene uno per se, il che gli fù da detto Signore conceduto, com appresso s'intende. Adi 6. d'Aprile 1607. in Padova. Faccio fede io Giacomo Alvise Cornaro appresso tutti quei luoghi dove la presente attestazione di mia propria mano & siggillata con il mio siggillo fosse presentata, qualmente è la verità che 'l Signor Aurelio Capra Milanese, & il Signor Baldessare suo figliuolo, già circa cinque anni sono, mi ricercorno con instanza, ch'io pregassi il Sig. Galileo Galilei Matematico di questo Studio, che volesse esser contento di far loro vedere alcune operazioni del suo istrumento chiamato da lui Compasso Geometrico, & Militare, il che feci io quà in casa mia, dove fui dal Sig. Galileo compiaciuto, il quale alla mia presenza mostrò alli detti diverse operationi sopra il detto suo istrumento; e di più affermo come li medesimi Aurelio e Baldessare circa due anni sono, mi ricercorno con instanza grande, ch'io volessi prestar loro uno delli detti compassi del Sig, Galileo, che da esso suo inventore & autore io hebbi, asserendo Baldassarre volervi far sopra studio, & fabricarsene uno per se, nel che furono da me compiaciuti, prestandoli io il detto Strumento, che è quello stesso del quale l' anno passato ne fù dal suddetto Sign. Galileo Galilei stampato l'uso sotto questo titolo, Le Operazioni del Compasso Geometrico, & Militare di Galileo Galilei, &c. il quale strumento doppo haverlo li detti Aurelio e Baldassarre tenuto appresso di loro alquanti mesi mi restituirono, e tutto questo con pura & intiera verità; in fede di che hò fatto sò di mia propria mano la presente attestazione questo giorno sopradetto. Io Giacomo Alvise Cornaro sopradetto. Da queste cose dunque è manifestissimo, che non solamente il Capra, in sua conscienza sapeva benissimo da gran tempo in quàm che questo strumento era mia invenzione, & non sua; ma sapeva di più, che diversi ancora in questa Città sapevano, come lui questa verità conosceva, & ammetteva; poiche in mano mia, & dell' lllustriss. Sig. Cornaro, & cento volte in mano dell' artefice haveva nello spazio di molti anni passati veduto questo strumento, nè mai per suo l' haveva conosciuto, ò nominato; & con tutto questo non si è peritato, ò vergognato di stamparlo adesso per cosa sua, benche io medesimo in questo medesimo luogo ne stampassi finalmente l' anno passato le operazioni. anzi di più, scorto dalla medesima impudenza, & imprudenza, subito finita di stampar la sua opera, ne mandò (& il portatore fù suo padre) una copia al medesimo Signor Cornaro, acciò che S. Sig. Ill. vedesse quello che 'l suo 'ngegno havea saputo effettuare; la qual copia restata appresso detto Signore, & partitosi il Cap. fù considerata; & accortosi S. Sig. Illust. come era il mio libro trasportato in Latino, mi mandò subito à chiamare, essendo la mia casa contigua à quella di SS. & non seuza sdegnose esclamazioni mi fece vedere la insolenza usata dal Cap. & incontrando più minutamente questo libro col mio, & di più abbattendoci nelle parole ingiuriose, che in quello si veggono contro di me, spinto da nobile sdegno contra costoro; i quali della sua cortesia si erano serviti per istrumento da machinar sì vergognosa truffa, li scrisse, rimandandogli il lor libro indietro, la seguente lettera. AL M. MAGNIFICO SIGNOR AURELIO CAPRA. Molto Magnifico Signor honorandissimo. Partita hieri l'altro V.S. molto Magnifia da me, andai trascorrendo il libro posto in luce da nuovo dal Signor suo figliuolo donatomi da lei: nel quale trovando trasportato dal volgare in Latino tutte le operationi del Compasso Geometrico, & Militare del Signor Galilei stampate da lui l' anno passato, mi posi con grande ansità à leggerlo, credendo certo di trovare, come era bem ragionevole, alcuna honorata menzione del suddetto Autore, ma mi avvenne in contrario: perciòche incontrando in un' ingiurioso modo di parlare ad Lectorem, in dishonore del mio amatissimo & honorandissimo amico, tenuto da me, come da altri Gentil'huomini & Principi in suprema stima per la incomparabil sua dottrina, & altre degne qualità che in lui risplendono, son' andato pensando à qual fine si possi esser impiegato il Signor Baldassare in così fatta azione di mala creanza, ponendo mano nelle opere altrui, senza riguardo d'alcun convenevole rispetto, che doveva havere: nè al fine hò saputo trovar altra causa, che la sua mala volontà, mostrata ancora contra il Signor Galileo in altro suo libro publicato già sopra la Stella, che apparve l'anno 1604. della quale continuata malevolenza senza ragione, hò sentito, & sento sì gran dispiacere, che non posso restare di non dolermene con V. S. che hà assentito ad operatione disconvenevole à Gentilhuomo ingenuo; nè più à lungo le dico per non moltiplicare in parole, & ufficii dispiacevoli, abborriti sopra modo da me in ogni caso, & sopra tutti in questo che convengo fare con V.S. che è stata sempre in molta mia stima, alla quale rimando con questa anco il libro, che ella mi diede, per non mostrare di consentire à cosa ch'io abborrisco. Di Casa li 4. Aprile 1607. Giac. Alvise Cornaro. Io poi immediatamente procurai di havere un' altro di quei libri, & tornando con maggior diligenza à rileggerlo, per veder pur se vi era scritto quello, che mi pareva impossibile potervi essere, & vedendo sempre più la cosa chiara, & manifesta; stetti gran pezzo in dubbio se io sognavo, ò se pure ero desto; & soprapreso da stupore, da sdegno, & da travaglio insieme, un presentaneo soccorso mi fù dalla fortuna apparecchiato, & questo fù un numero grandissimo di nefandissimi errori sparsi per tutta quell' opera nel volere il suo mentito autore, ò mascherare alcuna delle cose copiate dal mio libro, ò pure introdurvene alcune altre non copiate da quello; la quale crassissima ignoranza stimai (si come è poi seguito) potermi esser per saldissimo argmnento, quando tutte le altre giustificazioni mi fussero mancate, à far costare la verità, col dichiarar lui impudente, & non meno stolto, usurpatore delle invenzioni mie. Et fù questa speranza raccogliendo alquanto gli spiriti, & cominciando à pensare al modo che io dovessi tenere, acciòche al mondo venisse in luce la verità, nè rimanesse una mia tanta ingiuria impunita; presi per il migliore di tutti i partiti il trasferirmi à Venezia avanti à gl' Illustriss. & Eccellentiss. SS. Riformatori dello Studio di Padova, & à quelli espor il mio aggravio; sicuro che la prudenza, & giustizia loro non solo haverebbe abbracciata questa mia causa, mà non haverebbe lasciato incastigato un tale affronto; il quale non tanto la mia persona privata, mà il publico luogo che tengo in questo Studio, & appresso la vigilanza di lor Signorie Illustriss. & Eccellentissime con grave nota macchiava. Andai dunque il dì 7. di Aprile, che fù il Sabbato avanti la Domenica delle Palme, à Venezia, & il Lunedì Santo comparsi avanti li sopradetti Illustriss. & Eccellentiss. SS. Riformatori, à i quali esposi la mia querela, & mostrai l'uno e l'altro libro, ciò è il mio stampato & publicato sotto li 10. di Giugno del 1606. & l'altro del Cap. stampato & publicato li 7. di Marzo del 1607. adducendo à loro Signorie Illustriss. & Eccellentiss. autentiche prove come quella era opera mia, & più facendoli vedere le parole ingiuriose, con le quali dal Capra venivo diffamato; sopra di che determinarono detti Signori di scrivere una lettera à gl' Illustriss. Signori Rettori di Padova il Sig. Almorò Zane, & il Sig. Giovanni Malipiero, ricercando lor SS. Illustrissime, che facessero immediate torre in nota tutti i libri del Cap. che si trovavano tanto appresso il libraio, quanto appresso lo stampatore, & autore, à i quali sotto gravi pene si prohibisse il darne più fuora alcuno sino à nuovo ordine di loro Signorie Illustrissime & Eccellentissime; & di più che facessero citare il detto Capra à dover comparire la mattina delli 18. di Aprile (dando luogo à i giorni Santi, & alle feste della santissima Pasqua) avanti le porte del Collegio in Venezia, dove sariano ridotti detti Illustriss. & Eccellentiss. Signori Riformatori, per dover produr sue ragioni circa il sopranarrato fatto; furno esequite le lettere, sospesi, e tolti in nota i libri, de i quali 440 ne manifestò il libraio che li fece stampare, che fù D. Pietro Paolo Tozzi, & 43. disse trovarsene in mano dell' autore; il quale fù parimente citato per dover comparire, come di sopra. Presentatici dunque il giorno 18. predetto avanti le porte del Collegio, il Sig. Paolo Ciera Segretario de gl'Illustriss. & Eccellentiss. Signori Riformatori, di ordine di loro Signorie ci disse, come per quella mattina non si saria fatto altro, essendo li Signori Riformatori occupati; mà che noi fussimo il seguente giorno sù l'hora di vespro à casa dell'Illustriss. & Eccellentiss. Sig. Francesco da Molino Cav. & Proc. che è uno de i Signori Riformatori, dove gli altri due ancora si sariano ridotti. Si ridussono i Signori Riformatori al luogo, & tempo detto; & io, comparso alla presenza di loro Signorie Illustriss. & Eccellentiss. sentendo il Capra di nuovo esporsi la mia querela, dolendomi, come havendo io già dieci anni, ritrovato, & inventato un mio strumento, & quello poi nel progresso del tempo conferito, & communicato per mia invenzione, come veramente è, à moltissimi Signori, & Principi grandi di diverse nazioni, & finalmente stampatone l'anno precedente le sue operazioni, dedicandole al Sereniss. Principe di Toscana mio Signore, Baldessar Capra Milanese quivi presente venisse hora à trasportar detta mia opera di Toscano in Latino, & à stamparla per sua fatica, & invenzione, facendone di più con parole ingiuriosissime me impudente usurpatore, & perciò indegno di comparire nel cospetto degli huomini ingenui & letterati; & che per tanto sendo questa sua azione erronea, termeraria, & diffamatoria dell'honor mio, del luogo che tengo nello Studio di Padova, & pregiudiciale ancora alla vigilanza, con la quale devono provedere loro Signorie Illustriss. & Eccellentiss. alle cose dello Studio, mantenendolo fornito di huomini sufficienti à i lor carichi, dovessero loro Signorie Illlustriss. & Eccellentiss. conosciuta la verità del fatto, provedere secondo la lor somma prudenza alla redintegrazione dell'honor mio, col dare il meritato castigo al delinquente; protestandomi di più larghissimamente, che qualunque volta potesse mai constare, che io, non solo tutta l'invenzione del mio Strumento; ma qualunque minima parte di quella havessi usurpata, non pur dal Capra, mà da qual si voglia altro autore, ò huomo del mondo, già de fatto mi dichiaravo, & sentenziavo degno delle note attribuitemi dal Cap. & di maggiori ancora; mà all'incontro supplicavo lor Signorie Illustr. & Eccell. che dopo che io li havessi fatto constare come il Cap. era usurpatore del l'opera mia, volessero usare quel medesimo rigar di giuitizia verso il mio avversario, al quale io spontaneamente;mi sottoponevo. A quanto fù da me con simili parole proposto, rispose il Capra, dicendo primieramente increscerli di dover tediare à mia richiesta le loro Sig. Ill. & Eccell. & che il mio comparir là non era necessario, & che, se io mi sentivo da i suoi scritti aggravato, la penna, & la carta erano le armi de i letterati; ma già che mi era parso tener questa strada, lui era comparso à render buon conto di sè; & che per tanto lui primieraii1ente negava di essersi fatto autore di quell'opera, mostrando per attestazion di questo un luogo nella prefazione ad Lectorem, nel quale da queste parole; Nec obijciat quispiam me haec non excogitasse, nam istos libenter audire velim, quod responsuri sint ad quaestionem qua senex quidam doctus alterum interrogavit: Quot putas (inquit) haberemus hodie in mundo doctos viros, si non uteremur aliorum inventis? diceva manifestamente comprendersi come ei non si faceva autore di quest'opera, & un'altro luogo produsse in confermazione di questo medesimo nella dedicatoria, in quelle parole: Cum itaque hic, licet imperfectus sit praestantssimi viri culturae fructus, iure ille tibi Illustrissimo Principi debetur. Rispose in oltre, che egli non faceva me usurpatore di quest' opera, & che le parole d' ingiuria, che io dicevo esser nel suo libro, non riguardavano la persona mia, non vi essendo mai in tutta l'opera nominato; si che l'addossarmi quelle ingiurie era più presto una mia fantasia, che volontà sua; negò finalmente esser vero, che il mio libro fosse da lui stato trasportato nel suo, dove molte cose, diceva, ritrovarsi, le quali non erano nel mio; come la fabrica dello strumento, & molte delle operazioni; anzi disse non haver veduto il mio libro stampato; & che perciò essendo quanto egli diceva chiaro, & manifesto, doveva esso, & il suo libro essere licenziato, & rimesso alla publica vendita. Gli fù da me alla prima parte risposto, che la carta, & la penna erano il campo & le armi de i letterati, quando si havessero à decidere differenze di lettere, mà che il giudizio trà un letterato, & uno infamatore arrogante, doveva domandarsi da un foro simile à quello dove l'havevo convenuto. Alla sua seconda risposta replicai, che nel primo luogo da lui addotto, non vi era specificazione alcuna, per la quale costasse, che ei si nominasse non autore di quest'opera, & quelle & simili altre parole potevano dal Lettore esser benissimo interpretate come dette per una certa modestia; & quanto all' altro luogo da lui addotto, quello non fà punto al proposito; perche quivi egli altro non dice, se non che questo libro è frutto, benche imperfetto, della cultura del suo prestantissimo maestro; mà tal cultura non è altro che la scienza dell'ingegno del Capra; adunque quest' opera è frutto imperfetto della scienza dell'ingegno del Capra: Essendo dunque questi modi di parlare ò molto ambigui, ò fuori del proposito, che egli di provar cercava, invitai gl' Illustr. & Eccellentiss. SS. Riformatori à vedere i luoghi, ne i quali apertissimamente il Capra chiama questa opera, sua, scrivendo in tutti questi luoghi; prima nella prefazone à car. 5. b, dipoi à car. 16. a, car. 28. a., à car. 38. a, car. 40. b, car. 56. a. Hoc nostrum instrumentum. Di più produssi un luogo della dedicatoria, le parole del quale sono queste: Quare his relictis, ad propositum meum magis accidens, cum satis diu fabricam & usum huius Circini proportionis, quem non immeritò totius Geometria compendium nominavi, volutassem. dal quale il Lettore altro non può cavare, se non che il Caprai sia inventore della fabrica & dell' uso di questo Strumento, il quale ei vuole stampare; perche per stampare una composizione di un' altro, non occorre rivolgersela per le mani assai lungo tempo, come il Capra afferma haver rivoltosi questa. Finalmente produssi quello che egli hà stampato nella lettera, che ei prepone all'opera, finta che gli sia scritta, ò pur veramente scrittagli, che ciò poco importa dandogli lui l' assenso, & stampandola, crederò io, come veridica, & non come falsaria; le cui parole son queste: Interim maximopere cupio, cupiuntque communes amici ut recentem foeturam magnis à te laboribus elucubratam, nempe egregium illud instrumentum Geometricum Arithmeticumque, quod Circinum proportionis apte inscribendum putasti, in lucem conspectumque hominum prodire sinas. non vulgarem enim Geometricae & Arithmeticae scientiae studiosis afferes utilitatem, & lumen non exiguum, si quidem huius instrumenti ope non solum cuncta propemodem Euclidis problemata, ac plura alia, ne dicam innumerabilia quaesita brevissimè facillimeque resolvent; sed etiam iisdem ad omnes altitudines, profunditates, necnon locorum intercapedines dimetiendas expeditissimaque patebit via. ad quod imprimendum, publicandumque praeter communem utilitatem, cui ferè soli vel Platonis testimonio homo natus esse videtur, & praeter amicorum utilitatem, nostramque illam dulcem & studiorum & animorum coniunctionem, quae apud te pro tua benignitate non me latet esse alicuius momenti; illud quoque non minimum te movere debet, ut qui huiusce instriementi inventionem impudenter sibi arrogant, patefacto vero & germano effectore magno suo cum dedecore erubescant, & coram literatis & candidis viris posthac sese offerre amplius non audeant. Dove primieramente egli assentisce & ammette, che questo Strumento Geometrico & Aritmetico è parto novello da sè con gran fatica elucubrato. Di più, si come apertissimamente si scorge, viene da lui esibito, che dalla publicazione di questa sua opera sarà fatto palese chi ne sia il vero, & legittimo effettore; si che quelli, che sfacciatamente si arrogano l' invenzion di questo Strumento, con loro grande obbrobrio si arrossischino, nè più per l'avvenire ardischino di comparire nel cospetto de gli huomini letterati, & ingenui. Hora veggasi, & riveggasi, leggasi, & rileggasi mille volte tutto il suo libro, non si troverà che sia fatto palese, che altri che lui ne sia il vero, & legittimo effettore, non essendo mai attribuita questa invenzione ad alcun' altro, ma si bene à se solo in tutti i sopracitati luoghi: dal che conclusi io, oltre à qualche altro luogo che haverei potuto addurre, essere questa parte del far' il Cap. se stesso inventor dello Strumento, chiarissimamente provata. Passai dipoi à dimostrare, che, si come la vera mira del Capra era di ferir me con le sue parole ingiuriose, così niuno che leggesse il suo libro haveria mai potuto stimare, che ad altri che à me fossero indirizzati i fulmini delle sue maledicenze, essendo che niuno altro chenio si era mai attribuita l'invenzione di questo Strumento; io l'ho conferito da dieci anni in quà à moltissimi Signori di diverse nazioni, chiamandomene sempre con tutti autore, & inventore; io come cosa mia ne hò fatti fabricare più di cento in Padova, & in altre Città; io finalmente come cosa mia l'hò stampato, nè altri che io l'hà mai palesato per cosa sua; adunque à me conviene per detto del Capra, l'arrossirmi come impudente, & il fuggire, come temerario usurpator delle fatiche altrui, la presenza de gli huomini. Di più, acciò che non paresse à gl'Illustriss. & Eccellentiss. SS. Riformatori questa del Cap. audacia incredibile, & inverisimile l' avidità di calunniarmi, & lacerar l' honor mio; produssi le incominciate sue persecuzioni sin nel suo libro della nuova Stella, raccontate di sopra, & di più feci vedere un' altro suo luogo in questo medesimo libro del Circino à car. 41. dove havendo egli prima trascritta una delle mie regole per misurar con la vista, posta da me nel mio libro à car. 28. b. per venir poi à biasimarla & morder me, scrive così: Potest hoc idem absolvi alia ratione, prout aliqui volunt, statuunt enim instrumentum in A, ita ut alter brachiorum recta respiciat B, alterum E, tunc progressi ad punctum E ita disponunt instrumentum ut alter brachiorurn recta respiciat A, perque centrum instrumenti aspicientes punctum B, animadvertunt partes abscissas à radio visuali, per quas postea ratiocinantur, ut superius dictum fuit. A quo quidem modo, ut pauca de illo subiungam in maximam ductus sum admirationem, nec enim satis videre possum an isti re vera sic credant, an potius homines adeo crassi cerebri existiment, ut prolibitu illis imponere liceat, quaeso enim qui fieri potest ut in tanta partium angustia, mensoris oculus nulla adhibita dioptra non longe à vero aberret? quod si parvipendunt revera nugantur, similiterque parvisieri merentur, & ideo utiliora inquirentes haec missa faciamus. Dove, essendo io quello che scrivo, che si osservi dove il raggio della vista taglia, senza aggiugnervi altro di diottra, ò traguardo, la nota di esser degno di disprezzo, & forse di esser di grosso ingegno, & di huomo che si diletti di schernire altri, senza alcuna replica si addossa sopra di me. Speditomi da questa parte, passai à quello che finalmente restava, che era di far palese come il mio libro, eccettuatone alcune pochissime cose, si che non erano la vigesima parte del tutto, erano dal Capra state copiate & trasportate nel suo; nel che per esser cosa che consisteva in fatto ci fù poco da dire, già che havevo l'uno & l'altro libro in mano, contrassegnati ambidue con richiami in margine da potergli ciascheduno, senza havere à cercare i luoghi, in un subito conferire, e riscontrare; il che però stimorno per allora li Signori Riformatori superfluo; mà ben mi commesson poi, che io facessi riscontrar detti libri dal M. Rever. Padre Maestro Paolo, il che fece egli, & questa appresso fù la fede, la quale ei ne depose. Adi 20. Aprile 1607. in Venezia. Affermo & attesto io Frà Paolo di Venezia de' Servi haver con diligenza conferito, & riscontrato il libro stampato in Padova circa dieci mesi sono dal Sign. Galileo Galilei Matematico, sotto questo titolo, Le Operazioni del Compasso Geometrico, & Militare di Galileo Galilei, &c. col libro stampato pur in Padova circa un mese fà da Baldessar Capra Milanese, sotto questo titolo, Usus, & fabrica Circini cuisdam proportionis, &c. & havendo in questo del Capra ritrovate trasportate di Toscano in Latino tutte le operazioni, che sono contenute nel libro del Galilei, eccettuatane la 31. che è circa la quadratura delle parti del Cerchio, & delle figure miste; & due altre operazioni attenenti à due linee del quadrante, & eccettuatene forse alcune poche di quelle che servono per misurare con la vista, dico forse, perche non hò potuto ben conseguire l' intentione del Capra, & come procedino quelle regole sue circa tali misure. In oltre hò osservate alcune altre, mà pochissime, si che non eccedono tre in numero, le quali nel libro del Capra sono alquanto palliate; mà però à chi ben le considera, si manifesta ritrovarsi le medesime nell' opera del Galilei. Faccio fede ancora, che in Padova già circa dieci anni mi fù mostrato dall' istesso Signor Galileo l'Istrumento, del quale si tratta nelli sudetti libri, insieme con l' uso di quello, & doppo circa clue anni il detto Signore me ne fece dono di uno, il quale ancora tengo appressodi me. Et in fede della verità &c. Io F. Paolo soprascritto. Volse pure il Capra replicare, che non haveva inteso di offender la persona mia con le parole ingiuriose, & che non era assolutamente vero che non ci fusse stato alcun' altro, che si havesse voluto attribuire questo Strumento, anzi soggiunse, che era stato alcuni anni avanti in Padova un Alemanno, il quale in faccia mia si era professato autor del medesimo Strumento; & di più soggiunse, che l'interpretare i sensi delle sue parole non toccava ad altri che à lui, & che ei solo poteva esser consapevole di cui haveva, nelle da me citate parole, voluto parlare. Onde quì mi fù necessario raccontare l' istoria, del Fiammingo, & non come disse il Cap. Alemanno, che fù un tal Giovanni Eutel Zieckmeser, il quale cinque anni dopo che hebbi ritrovato, & cominciato à publicare il mio Strumento, si che à quel tempo ne erano già andati attorno per diverse provincie più di 40. arrivò in Padova, & havendo uno Strumento nel quale haveva trasportate alcune linee cavate dal mio, & altre tralasciatene, & in luogo di quelle aggiuntevene alcune altre, & per avventura non sapendo che in Padova si ritrovava il primo & vero inventor di tale Strumento, s'incontrò con il Sig. Michel Victor Vustrou di Bransvich mio scolare, il quale da me già haveva appreso l'uso del mio Strumento, & dicendogli di havere una mirabile invenzione, lo messe in desiderio di volerla vedere, & finalmente gli mostrò quello Strumento, il quale subito fù riconosciuto dal detto gentil'huomo, che immediate à me, che ero in letto indisposto, lo fece sapere, & di lì à pochi giorni si partì di Padova; io come prima fui risanato sentendo come già i miei emuli, & sopra tutti il mio antico avversario, si erano aperta la strada al mordermi, & lacerarmi con l'occasione della venuta di questo Fiammingo, & dello Strumento che seco haveva, & già spargevano voce, che 1'invenzione di quello Strumento poteva non esser mia, contro à quello che sempre havevo detto, mà presa dal Fiammingo; fui forzato à procurar, benche con grandissima difficultà, di far che il detto Fiammingo si abboccasse meco, acciò che da tal congresso si facesse palese à chi havesse voluto saperlo, qual di noi fusse il legittimo inventore di questo Strumento, poiche esso per le parole dette da lui nel suo primo arrivo in Padova si era quasi messo in necessità di mantener se esserne autore, il qual concetto quando fusse restato impresso nel popolo, come già i maligni havevano procurato di fare, saria stato troppo pregiudiciale all' honor mio; finalmente dopo molte repulse, si lasciò persuadere à comparire in casa dell'Illustriss. Sign. Iacop' Alvigi Cornaro, dove primieramente disse, non haver mai asserito, che io havessi tolta la mia invenzione da lui, anzi che ciò non era possibile, non havendo egli dato il suo Strumento ad alcuno; dipoi mostrò il suo Strumento in molte cose molto differente dal mio; mà soggiungendoli io, che in quelle cose, che pur erano molte, nelle quali il suo Strumento conveniva col mio, era necessario che un di noi havesse preso dall' altro, & che però acciò che la verità venisse in luce (e questo à confusione de i miei emuli, & non à diminuzione della reputazion di quello) era bisogno discorrer sopra le dette cose; venni finalmente à diverse interrogazioni, le quali egli non potette risolvere, onde à molti gentil'huomini di diverse nazioni, che si trovorno presenti, restò palese & chiaro come non poteva essere che il Fiammingo non havesse cavato dal mio Strumento quello che era di commune nell'uno, & nell'altro. della qual verità ne sono quì appresso le fedi di due di quelli che furono presenti al detto cimento. 1607. Adi 14. Aprile in Padova. Per piena fede della verità affermo io Giacomo Alvise Cornaro come sono circa quattro anni, che venne à Padova un tale Giovanni Fiammingo, il quale haveva un compasso con alcune divisioni simili ad alcune che si trovano sopra il Compasso Geometrico & Militare del Signor Galileo Galilei Matematico, il che essendo pervenuto all' orecchie di detto Galilei, & più sentendo come detto Fiammingo asseriva non haver veduto il detto compasso del detto Galilei, & più sentendo il medesimo Galilei, che alcuni per detrarre alla sua fama andavano parlando che poteva essere che 'l Galilei havesse presa la sua inventione dal Fiammingo, se bene esso Galilei cinque anni avanti haveva fatto vedere il suo Strumento, & fattone fabricar molti in questa Terra, per levare ogni mal' ombra di sospetto, si risolse di far chiamare il Fiammingo in casa mia col suo compasso in presenza di molti Gentil'huomini, & incontrandolo col suo, prima fece vedere che vi erano alcune diversità, & poi, che in quello che erano conformi il Fiammingo lo haveva preso da quello del Galilei, poiche facendoli esso Galilei molte interrogationi, & quesiti circa le operationi di detto compasso, non seppe il Fiammingo distrigarsi altrimente, anzi apertamente restò manifesto come detto Fiammingo haveva preso dal Galilei, & à questo furno presenti molti di diverse nazioni, & fra gli altri che solo di quelli quì si ritrova è il Sig. Cavalier Pompeo de' Conti da Pannichi; in fede della qual verità hò fatto la presente di mia propria mano, sigillata con il mio sigillo. Idem qui supra. Io Pompeo de' Conti Pannichi fui presente à quanto è di sopra. All'altra risposta del Capra, ciò è che à lui solo, & non ad altri toccava ad esser interprete delle sue parole, risposi, che questo saria stato vero quando la sentenza, ò la costruzione delle parole fusse inintelligibile, si che da gli altri non se ne potesse trar senso; mà che nelle parole di sentenza apertissima come erano quelle, non haveria mai il Lettore fatto ricorso all' autor dell'opera, non si incontrando in niuna sorte di ambiguità. Finalmente parendomi haver apertissimamente fatto constare à gl' Illustriss. & Eccellentiss. SS. Riformatori come il Capra veramente si faceva autore dello Strumento, & del libro; & più, come con aggravarmi di ignominiose note, ne faceva me impudente usurpatore, & vedendo che altro non mi restava che il render certissimi i medesimi Illustr. & Eccell. Signori come la verità del fatto era tutta all'opposito; parlai à quei SS. in questa guisa. Ancor che (Illustriss. & Eccellentiss. SS.) à me non manchino infiniti testimonii, dalla deposizion de i quali io pienissimamente posso far constare alle SS. VV. come l'opera della quale si tratta, non trovato moderno del Capra, mà è mia antica invenzione, la quale io non hò usurpata da altri, & molto meno da costui; tuttavia quando ogn'altra giustificazione mi mancasse, questa una certo non mi verrà mai meno, la quale è, che io possa far apertamente constare, con l' interrogare il medesimo Cap. sopra il libro da esso stampato, che tantum abest, che egli de facto sia inventore di questa opera, mà che è impossibil cosa che lui mai una tal cosa, nè simile à gran pezzo potesse haver' immaginata, ò ritrovata; essendo che egli Niente, Niente, Niente intende di queste professioni, dico nè anco i primi elementi le prime definizioni, i primi termini. Dipoi rivolto al Cap. & tenendo in mano il libro stampato da lui, lo interroga, se in quel libro vi fusse alcuna cosa del suo; al che egli non mi rispose; onde io tornai ad interrogarlo la seconda, & poi la terza volta, mà sempre senza poterne cavar risposta alcuna; si che uno de i SS. Riformatori gli ordinò che dovesse rispondere alla mia domanda, ciò è, se in quel libro fusse cosa alcuna del suo; al che, astretto di rispondere, si lasciò uscir di bocca, che sì, & che vi era la fabrica dello Strumento, & molte operazioni sue: onde io subito soggiunsi rivolto à i SS. Riformatori, che per speditissima giustificazione della causa mia, mi legavo à questo strettissimo obligo, ciò è d' interrogare (quando così fusse piaciuto alle loro Signorie Illust. & Eccell.) alla presenza loro il Cap. solamente sopra le cose non copiate dal mio libro, mà postevi come sue, & in quelle mostrare come vi erano molti errori inescusabili, & tali, che ciascuno di essi era per se solo bastante à manifestare il Cap. per nudissimo di ogni intelligenza di questa professione; & oltre à ciò mi offerivo non tanto di mostrar come le aggiunte del Cap. erano piene di errori, mà di più immediatamente esplicare come le sue proposizioni doveriano stare, per star bene; dal che, quando fosse in tal maniera puntalmente da me esequito; & dichiarato, come veramente dovevano risolversi le operazioni proposte dal Cap. haverei lasciato poi inferire dalla prudenza di loro SS. Illustrissime se in quelle cose, sopra le quali havevo havuto quallti anni di tempo mi erano parsi da potervi pensar sopra, era credibile che io habbia havuto bisogno di usurpar cosa alcuna ò dal Cap. ò da altri. Udita da i SS. Riformatori questa mia oblazione, fù domandato il Cap. se si sentiva di poter render conto sopra le cose sue, il quale, dopo qualche titubazione, rispose di sì: onde li fù da quei Signori assegnato per termine la mattina del seguente giorno per doversi ritrovare nel medesimo luogo (che fù la casa dell'Illustriss. & Eccellentiss. S. Francesco Molino Cav. & Proc.) à dover rispondere alle interrogazimli che io li farei sopra le cose aggiunte da lui nel libro stampato; & detto questo uno de i SS. Riformatori, che fù l'Illustriss. Sig. Antonio Quirini si partì; essendo l'hora di ritrovarsi in Cons. di X. Partì ancora il Capra insieme con suo Padre, mà avanti la sua partita domandò che io li concedessi il libro mio per poterlo rivedere, & incontrarlo col suo, il quale di volontà de gl' Illustriss. & Eccell. Signori Riformatori li fù da me conceduto. Partito il Cap. mi accostai all'Illustriss. & Eccellentiss. Sig. Molino, il quale impedito alquanto dalla podagra giacea in letto, & li dissi, che dovendosi far questo congresso in casa di S. Ecc. quando fusse stato con buona grazia di quella, io haverei havuto per sommo favore di potervi convocare tre ò quattro gentil' huomini di Venezia intendenti della professione, acciò fussero presenti à quanto era per seguire, & questo non perche loro Signorie Illustriss. & Eccell. havessero à prendere da i detti Gentil'huomini sò informazione alcuna sopra le risposte, & portamenti del Cap. sapendo io come per loro medesime erano intelligentissime; mà solamente acciò che per detti Gentil' huomini potesse fuora esser dato conto della sufficienza di colui, che haveva osato publicar me per usurpatore, & se per vero inventore di quell' opera: di questo fui graziato da Sua Eccell. & dall'altro Riformatore ivi ancora presente, che era l' Illustriss. Sign. Girolamo Cappello, il quale mi soggiunse, che saria stato bene haverne ancora l'assenso dall'Illust. S. Quirini, il quale, partendomi io subito, haverei ancora potuto trovare nella camera de gli Scarlatti avanti che fusse entrato in Consiglio de i X. onde io partii subito; trovai l'Illustriss. Sig. Quirini, ne hebbi l'assenso, & tornai con la risposta à gli altri due SS. Riformatori: li quali mentre ero stato fuori, havevano con somma prudenza trà loro considerato, che, volendo io chiamare alcuni Gentil'huomini miei confidenti, saria stato bene farlo sapere alla parte, acciò che, se così li fusse piaciuto, potesse esso ancora convocare suoi amici; il che à me non solamente fù grato, mà risposi che quante più persone vi fossero state presenti, tanto più ne haveria sentito contento; & una, & due volte supplicai loro SS. à dover dare ogni maggior satisfazione al Capra, acciò in ogni caso di sentenzia non conforme al suo gusto, non havesse appicco di poter lamentarsi di altri che di se medesimo posta questa determinazione, & essendo già, come hò detto, partito il Cap. nè si potendo fino alla mattina seguente rivedere per fargli intendere questo particolare di potere egli convocare alcuno suo confidente, giudicorno i SS. Riformatori esser necessario differire il congresso à qualche altro giorno, il che laudando io, anzi facendone instanza, per poter dare al Cap. maggior intervallo di tempo da potersi preparare, acciò non gli restasse attacco alcuno di potersi dolere di esser colto troppo improvisamente; quello, che doveva seguire il seguente giorno, fù rimesso cinque giorni dopo, ciò è alla vigilia di S. Marco, nel qual giorno dovendosi tutta la Signoria ritrovare al vespro in S. Marco, potevano commodamente li SS. Riformatori, finito il divino uffizio, ridursi insieme in qualche stanza del Palazzo, & quivi di nuovo ascoltarci. Venne finalmente il giorno stabilito, & dopo il vespro avanzando ancora circa due hore à notte, si ridussono gl' Illustriss. & Eccell. SS. Riformatori in Palazzo di S. Marco nella sala dell'Eccellentiss. Consiglio de i XL. crimin. dove ancora si congregorno molti nobili Veneziani, & altri gentil' huomini, trà i quali intendentissimi delle scienze Matematiche, vi erano il M. Rever. Padre Maestro Paolo de i Servi Teologo della Sereniss. Signoria, del quale posso senza iperbole alcuna affermare, che niuno l'avanza in Europa di cognizione di queste scienze, vi erano gl' Illustriss. Sign. Agostino da Mula, & Sebastiano Veniero, & l' Illust. Sig. Antonio Santini Gentil' huomo Lucchese, à i quali, & à gli altri Signori circostanti insieme, con brevissime parole (essendosi già gl'Illust. & Eccel. SS. Riformatori posti à sedere) esposi la causa di quel congresso; dipoi alli detti SS. Riformatori dissi, che saria stato necessario, che gli fusse condotto avanti un tavolino da potervi posar sopra un libro, un compasso, un poco di carta con penna & inchiostro, il quale fù immediate portato; & mentre alcuni ministri andorno à pigliarlo, il Cap. fattosi avanti, cominciò à dire, che non era bene stare à tediare gl' Illustriss. & Eccellentiss. SS. Riformatori, & quelli altri Signori con altre interrogazioni; & che conceduto, che nel suo libro niente vi fusse che stesse bene, & che esso à cosa alcuna non sapesse rispondere, ciò non risultava in alcuna mia utilità; & che egli quivi si era condotto per darmi ogni satisfazione, & che non intendendo di volere in conto alcuno pregiudicare all' honor mio, era pronto, quando io mi sentissi aggravato, di formare una scrittura à mia satisfazione, & quella stampare, & publicare, & in somma non lasciare indietro cosa alcuna, la quale potesse bastare al resarcimento della fama, & della riputazion mia; io brevemente li risposi, che la redintegrazione dell' honor mio era in buone mani, appoggiandosi sopra la prudenza di quelli Illustriss. & Eccellentissimi SS. di dove io non intendevo rimuoverla; & che non mi faceva bisogno ricever da sue scritture satisfazione, la quale bene spesso non si nega anco à quelli, che meritamente, & con verità si sono offesi, & che in conto alcuno non desideravo che egli si rimovesse dal suo proposito, giudicando io che il medicamento di una scrittura si deva alle gravissime offese applicare solamente, quando tutte le altre giustificazioni sono scarse, nè si può senza qualche ritirata dell'avversario restaurare, sollevare, ò puntellare la reputazion dell' offeso; i quali pannicelli caldi, per la Dio grazia, non bisognavano al mio stomaco, assai gagliardo per digerire, & espurgare i tristi humori, che l'aggravavano. In oltre li dissi, che la mia querela era con due, ciò è con lui, & col suo libro, & che quando bene egli col ritirarsi, & disdirsi havesse potuto ottener da me perdono, dovevo però procurare il meritato castigo al suo libro, il quale quantunque volte io pur tornavo à rileggere, sempre lo ritrovavo contumace, & ostinatissimo nel lacerare, & contaminar l' honor mio; & finalmente li conclusi, che noi non eramo convenuti la per questo, & che però attendesse all' appuntamento stabilito, & procurasse pur di render buon conto de i suoi stndii, & del suo libro. Voleva pur il Capra replicare altre cose, & procurar di consumare in ciancie quel breve tempo, che sino alla notte ci avanzava; ma finalmente instandolo io, & sfuggendo ogn' altro diverticolo, al preparato tavolino lo condussi. Et aperto il suo libro mi venne per le mani la seguente figura, che egli pone à carte 14. per cavar da essa i lati de i corpi regolari, & segnarli sopra lo Strumento, la qual divisione è di quelle, che non sono poste da me nel mio Strumento; & interrogatolo quello che intendeva di fare con quella figura, niente hebbi per risposta; & pur tornando ad interrogarlo di nuovo, mi disse che io leggessi il libro, & l' haverei veduto: pur finalmente dopo altre interrogazioni disse, che quella era una figura di Euclide per trovare i corpi regolari. Allhora io primieramente feci avvertiti i circonstanti, come havendo il Padre Clavio alterata un poco la figura posta da Euclide, si che per trovare quello che Euclide, & il Comandino, & gli altri espositori trovano col descrivere il triangolo AOC. il Padre Clavio, lasciando il detto triangolo trova l'istesso col tagliare la linea AH nel punto I. si che la parte H I. sia lato del decagono descritto nel cerchio, il cui semidiametro sia la linea BH. tirando poi dal punto B la linea BI. il Capra non intendendo nè l'uno nè altro, & forse dubitando, che alcuno di loro havesse lasciato indietro qualcosa, mette l' una & l' altra descrizione superfluamente: mà questo errore è reso leggerissimo da gli altri più gravi che vi sono. domandai dipoi il Cap. quanti fossero i corpi regolari: il quale dopo un lungo pensare, disse che non lo sapeva, & che non era venuto quivi per dottorarsi in Matematica, & che questa non era la sua professione, mà che, piacendo à Dio, voleva dottorarsi in Medicina (& già si era scordato come nella dedicatoria della sua considerazione Astronomica, non solo Matematico, mà protettor delle Matematiche si era nominato, & come nella dedicatoria di questo medesimo libro dopo havere essaltato il metodo del suo Maestro nell' insegnarli, haveva scritte queste parole: Ut si verum dicere fas est, mihi potius mirandum sit propter hominis industriam, quam laetandum propter iam adeptam scientiam.). Allhora replicandogli io come nel titolo di questo cap. 8. haveva posto il numero di questi corpi solidi, & che però doveva pur saperlo; rispose, che se l' era scordato; & che essendo colto così improvviso, non era meraviglia se non sapeva rispondere ad ogni interrogazione. (si era già scordato quello che haveva stampato un mese avanti, & era colto improvviso in quello, sopra che haveva havuto cinque giorni & cinque notti di tempo da pensarvi) udendo io questo, gli lessi il detto titolo, le cui parole sono queste: Postremam & ultimam lineam quinque solidorum dictam describere, mostrandogli come haveva detto, che i corpi regolari erano cinque; & poi l' interrogai, se tali corpi erano talmente cinque, che non potessero esser nè più, nè meno di tanti, ò pur se ad arbitrio de gli huomini se ne potevano altri figurare; A questo dopo un lungo pensare rispose, indovinandola per ventura, che non potevano esser più di cinque, il che, havendogli io fatto replicare due, ò tre volte, gli domandai in qual maniera nel fine del medesimo cap. li connumerava sei? Hor quì non si potendo egli, per quanto io credo, immaginare, che quello, da chi il presente cap. senza molto considerarlo haveva copiato, potesse havere ammesso un' errore così grosso, fattosi alquanto più ardito, quasi negò che ciò potesse essere: onde mi bisognò leggergli il suo testo, le cui parole son queste: Circino itaque aliquo accipias quantitatem lineae BK, quae nobis significat latus dodecaedri, firmato uno pede circini in centro instrumenti alio secabis tuam lineam, ubi facta nota illam signabis per 12. deinde accipies quantitatem lineae BI, quae ostendit latus I cosaedri; firmato uno circini pede in centro instrumenti ubi alius ceciderit, ibi facto puncto inscribes 5. tertio accipies quantitatem lineae AP quae ostendit latus hexaedri, hunc transferes in tuam lineam, & illum signabis per 20. quarto accipies quantitatem B G. quae latus cubi praebet, & per hanc secabis lineam instrumenti, & ubi nota erit signabis 2. quinto accipies quantitatem lineae FA. pro latere octoedri, ubi ceciderit alter pes circini ibi inscribes 8. sexto, & ultimo accipies quantitatem GA. quae tetraedri, seu piramidis latus exibet, secundum quam à centro instrmnenti secabis lineam quinque solidorum, & in intersectione inscribes 4. (io lascio quì considerare à voi discreti Lettori, se costui sà nè anco che cosa siano i corpi regolari, poiche nel segnarli co i loro numeri nota il dodecaedro per 12. & questo bene, mà l' Icosaedro che hà 20. base, lo nota per 5, l' Exaedro che ne hà 6. lo nota per 20. & il Cubo per 2.) sendo il Capra restato molto attonito per questo incontro, fù da me domandato dove egli credeva di havere errato, ò nel titolo dove gli mette 5. ò nel fine del cap. dove gli numera, & nomina 6. quì crebbe la sua confusione, nè poteva egli distrigarsi, se io dopo l'haverlo lasciato pensare alquanto, non gli domandavo, qual differenza ci poneva trà l' Exaedro, & il Cubo; dalla qual maniera di domandare risvegliato un poco, & fatto animo disse, che de i corpi da lui nominati uno vi era posto due volte sotto diversi nomi, & che questo non era error tale, che se n'havesse à far tanta stima. di nuovo domandandolo io, quali de i detti corpi nominati erano l'istesso; mi rispose questi (toccando col dito sopra 'l libro l' Exaedro, & il Cubo; trà i quali gli havevo domandato qual differenza ei ponesse) finalmente gli domandai se sapeva ancora per avanti che questi corpi fussero l'istesso, & ei rispose, di sì; mà non senza apertissima falsità, poiche nella sua scritttura nomina la linea AP. per lato dell' Exaedro, & la BG. per lato del Cubo, le quali linee sono molto diseguali. Tornando poi una carta indietro al cap. 7. il cui titolo è, Lineam quadrativam construere. lo domandai per qual cagione nel determinare in quel luogo le grandezze delle linee rette, le quali fussero diametro del cerchio, & lati del quadrato, pentagono, esagono, eptagono, &c. quando tali figure sono eguali, si era scordato del triangolo equilatero, che pur doveva essere il primo; il qual' errore veniva poi mirabilmente aggravato da quello che egli scrive à car. 38. al cap. 38. dove & nel titolo, & nella figura, & nel fine dell' operazione propone alla bella prima di fare il triangolo eguale al dato cerchio (le parole del titolo sono queste: Dato circulo aequalem triangulum quadratum, pentagonum &c. construere, la figura è un cerchio con un triangolo à quello eguale: le parole nella operazione sono, vel inter puncta trianguli pro triangulo AEF.) quì volse leggere il detto cap. 7. per vedere se era vero quanto io gli opponevo, & trovatolo vero, non ci fù altro che replicare. Allhora rivolto à quei Signori gli dissi: Hora vegghino le SS. VV. Illustriss. & Eccellentiss. se costui è inventor di quest' opera, ò pure se non l'ha nè anco mai considerata, nè letta, se non quanto l'ha ricopiata da altri, poiche propone nell' essempio di voler fabbricare il triangolo eguale al dato cerchio, & non si accorge, che nello Strumento non vi hà posto il modo di poterlo fare: & questo è quello Haver gran tempo voltata & rivoltata la fabrica & l'uso di questo Strumento, di che egli si vanta nella lettera dedicatoria à car. 2. b. con quelle parole: Quare his relictis ad propositum meum magis accedens, cum satis diu fabricam, & usum huius Circini proportionis, quem non immerito totius Geometriae compendium nominavi, volutassem, tandem, &c. Tornando poi al Capra, lo pregai che, già che egli haveva nel detto cap. poste le grandezze in numeri de i lati de gli altri poligoni trà loro eguali, e tralasciato il lato del triangolo, fusse in cortesia contento di ritrovarlo quivi alla presenza di quei Signori, essendo la sua invenzione facilissima & brevissima. allhora cominciò à dire, che quella fabrica che lui poneva non era altrimenti sua invenzione, mà l' haveva havuta dal suo maestro, & replicò che ei non era lì per dottorarsi in Matematica, mà che la sua professione era di Medicina. Ero io più che certo, che non bisognava aspettar tanto da lui, benche il trovar la quantità del lato del triangolo sia facilissimo, non vi bisognando altro che crescere in potenza sei volte il lato dell' Exagono già posto da lui nel detto cap. essere 54. & nove decimi. Perche poi fusse da lui tralasciato questo lato del triangolo, s'intender più à basso. Passai di poi (restando pur' ancora nella fabrica che lui prepone) alla divisione del quadrante in 200. parti, posta à car. 14. b. dove pone la seguente figura così à capello disegnata, ponendo un rombo in cambio di un quadrato, & per consequenza, in luogo di una quarta di cerchio, una porzione assai più piccola; & sopra à questa figura l'interrogai quello che volesse far di lei; rispose che voleva mostrare il modo del dividere il quadrante in 200 parti, trasportando in esso, col mezo di una riga fissa nell'angolo K, & applicata di punto in punto alle divisioni de i due lati VX. YX prima divisi ciascheduno in 100. parti eguali, le divisioni desiderate. allhora io li domandai, à che proposito ei venisse à collocare il quadrante nel quadrato, dividendo i lati di esso quadrato in 200. parti eguali, & queste poi con tanta manifattura trasportando nel quadrante; & non più presto divideva immediatamente esso quadrante in 200. parti, già che anco queste dovevano esser parti eguali; rispose, che faceva così per manco fatica; & replicandogli io, che all'incontro così veniva à raddoppiare, & non diminuir la fatica, essendo egualmente difficile, e tedioso il dividere li due lati del quadrato, che la circonferenza del quadrante in 200. parti eguali; & pur' interrogandolo ancora, se la detta circonferenza doveva esser divisa in parti eguali, & rispondendo egli di sì; prima gli dissi, quanto da questo apertamente si comprendeva, come egli mai non haveva considerato, non che pratticato questo Strumento, del quale si faceva inventore, già che non si era ancora accorto come le predette divisioni sopra 'l quadrante erano ineguali, venendosi sempre verso il mezo ristringendo; & più gli domandai come potessi essere che ei non intendesse essere impossibil cosa, che le dette divisioni cavate, nel modo che egli scrive, dal quadrato, venisser sopra il quadrante eguali, non essendo, nè potendo essere la circonferenza del detto quadrante parallela alli due lati del quadrato V X X Y. Quì fattosi egli forte, & dicendo, che sapeva benissimo, che le parti su 'l quadrante erano diseguali, & che non intendeva se non del quadrato, quando si era trattato di parti eguali; in luogo di ringraziarmi dell'avvertimento datogli, voleva dimostrarsene conoscitore per avanti; onde vedendo io questa ingratitudine, fui necessitato à mostrar che quanto diceva era falso, producendo le sue proprie parole, le quali nel medesimo luogo poco più à basso scrive, & sono queste: Sicque firmatis omnibus, applicataque regula centro K, & singulis quadratus divisionibus (bella grammatica, credendo che quadratum si declini quadratus quadratus quadratui, il che si vede anco à car. 40. a, in quel titolo: Usus quadratus, volendo dire, l'uso del quadrato) exteriorem periferiam arcus T diligentissime dividemus, prout unico exemplo demonstrare possumus, applicata namque regula ad punctum K. & ad primam divisionem lateris VX. secabimus exteriorem periferiam arcus T in puncto Z. sicque successive donec in 200. partes aequas illa fuerit divisa. il che inteso uno de i Sign. Riformatori disse, partes aequas vuol dire parti eguali: Et fè cadere à quel furor la vela. Spedita questa parte, egli stesso non sò con qual proposito trapassò à voler mostrare, come, contro à quello che io havevo altra volta detto à gl' Illustriss. & Eccellentiss. SS. Riformatori, nel suo libro erano moltissime operazioni, le quali nell'opera mia non si ritrovavano, & presentando una nota dove ne erano registrate molte per sue proprie (le quali però poco di sotto si risolveranno in niente) produsse per la prima quella, che egli pone nel suo primo cap. de gli usi dello Strumento, dicendo quella non essere altramente tolta dal mio libro, nè in quello ritrovarsi. (è vero che non era scopertamente tratta dal mio libro, mà era bene la mia seconda operazione mascherata; & la maschera non gli era stata messa dal Capra, mà dal Fiammingo sopranominato, il quale così palliata l'haveva lasciata trà certe sue poche scritture, che in Padova restorno del suo, dalle quali il Capra hà tolta la fabrica dello Strumento, & parte di quelle altre operazioni, che non sono, ò non paiono, tolte dal mio libro; si come più à basso manifestamente si conoscerà.) Havendo dunque il Capra prodotta in campo, per cosa non cavata dal mio libro, l'operazione contenuta nel suo primo capitolo, la quale è di comporre, con l'aiuto delle linee aritmetiche, così da me nominate, mà da lui linee delle linee, di compor dico, una linea la quale contenga un'altra alcune volte, & alcune sue frazioni: io primieramente mostrai, come questa sua prima operazione era in sustanza l' istessa, che la sua seconda, la qual sua seconda è copiata ad verbum da la seconda mia, onde in consequenza segue, che ancora la sua prima sia tolta da me, il che più di sotto apertamente consterà. Soggiunsi poi, che già che lui haveva detto questa prima operazione esser sua, & non tolta da me, mi haveva posto in libertà di poterli far sopra qualche interrogazione senza rompere il mio obligo, che era stato, di non lo interrogare, se non sopra le cose, che egli non haveva cavate dal mio libro, mà postevi come sue; & però che mi rispondesse in che modo ei voleva multiplicare 55 1/4 in se stesso, si che il prodotto fusse 45. si come egli scriveva in questa detta sua prima operazione à car. 16. in quelle parole: relicto immoto instrumento multiplicetur fractio 55 1/4 in se, productum erit 45. à questo interrogatorio restando alquanto stordito, & dubitando, che forse io non havessi corrotti i suoi testi, si cavò di tasca uno de i suoi libri, & cominciò con sò diligenza à leggere il detto luogo; al quale atto io non mi potetti contener di dirgli, che non si mettesse in sospetto, che io havessi alterata la sua scrittura; lesse, e rilesse molte volte il detto luogo, & sopra, & sotto, senza mai risponder niente; finalmente per aiutarlo io gli dissi, che ei poteva benissimo scusarsi con dire, che quello era error di stampa, come veramente poteva essere, & che doveva dire 11 1/4 & non 55 1/4 di che dissi, meravigliarmi molto, che ei non si fusse accorto, essendo che poco sopra, & poco sotto al detto luogo, dovendo nominare il medesimo numero, scrive 11 1/4 mà io veramente credo, che havendo copiato il Capra questa operazione dal manuscritto, li due 1.1. fussero segnati un poco storti, & che però fussero creduti, & presi per due 5. 5. & tanto più mi confermo in questa credenza quanto io veggo il Cap. à car. 23. b. verso il fine del cap. 7. incorrere in questo medesimo errore à capello, scrivendo così: Tunc videatur quo incidat quantitas lineae B. ut hic in 71. 71. Aperias itaque instrumentum donec quantitas lineae B accommodari possit punctis 60. 60. & immoto instrumento accipias distantiam inter puncta 75. 75. &c. dove li due 5. devono esser come di sopra due 1. Mà tornando al proposito, messa da me la scusa in bocca al Capra, egli secondo la sua natura, in luogo d'havermi grado dell'avvertimento, cominciò ad esclamare: Ecco i grandi errori, che mi vuole imputare il Matematico, errori frivolissimi di stampa; onde io che à maggiori angustie lo conducevo, gli domandai, se quando il 55 1/4. si fusse emendato in 11 1/4. il suo errore saria levato via, & rispondendomi egli animosamente di sì: adunque gli risposi io, multiplicate 11 1/4. in se stesso, & mostratemi come il prodotto sia 45. perche io trovo, che 11. solo multiplicato in se stesso fà 121. & poi vi si deve aggiugnere il quarto di 11. due volte, & di più il quarto di un quarto, tal che questo prodotto senz'altro sarà più di 126. & non, come voi dite, 45. A questo si trovò egli più che mai inviluppato; & finalmente per distrigarlo di là, ond' ei mai non si haverebbe sviluppato, bisognò che io gli dicessi come l' error suo era in quelle parole, multiplicetur fractio 11 1/4. in se; le quali dovevano dire: resolvatur numerus 11 1/4. in suam fractionem, nempe in quartas, provenient 45/4. & così stava bene, & serviva al proposito della operazione: & che però tenesse à memoria questo che li havevo insegnato, ciò è che molto differenti cose sono il multiplicare un numero in se stesso, & il risolvere un numero intero in qualche frazione. Volgendo poi alquante carte del suo libro, nelle quali sono cose solamente copiate dal mio, con l' aggiunta però di alcuni erroretti comportabili, li quali più da basso saranno posti in catalogo; mi fermai à car. 21. a. dove havendo finita di copiare la mia settima operazione, si hà voluto arrisicare à lasciarsi dalla banca, & eccolo con la bocca in terra. Havendo finita di trasportar la regola de gl' interessi à capo d'anno, che io pongo nel luogo detto, & havendola esemplificata con un essempio di guadagno à ragion di 6. per 100. in 4. anni: vuol metter di suo un' essempio di quanto perderiano scudi 240. à ragion di 10. per 100. in tre anni, & dice: Haec est conversa operatio prioris, ideo sic statiees numeros 110. remanent 100. quot remanebunt 240. Io gli domandai se questo suo era buon modo di operare; mà, essendo egli stato hormai tante volte scovato, non si assicurava più à rispondere nè sì, nè nò: onde mi bisognò mostrargli, come, se nel guadagno si dice; se 100. doventa 110. nella perdita si hà da dire, se 100 resta 90. & non se 110. resta 100. perche così saria un perdere à ragion di 10. per 110. & non di 10. per 100. lo domandai appresso, per qual ragione chiamava questa operazione conversa della passata, & di più qual proposizione s'intenda essere il converso di un'altra; quì bisognò rispondere, di non lo sapere, (& pure gli scritti di Logica, che hà stampati per suoi sono dottissimi) & io per non mancare al mio debito gli dissi, che una proposizione era il converso di un' altra, quando quello che era quesito nell'una si poneva per dato nell'altra; & che quì trattandosi ò di guadagno, ò di perdita, tanto nell'una, quanto nell'altra questione il quesito era il medesimo, ciò è, il primo capitale affetto dall'interesse, & dalla moltitudine de gli anni, & che però le due domande erano del medesimo genere, & non una la conversa dell' altra. Finalmente quelli Illustriss. & Eccellentiss. SS. chiarissimi hormai della verità del fatto, & forse compassionando al tormento, nel quale io ritenevo il mal'arrivato Capra: fecero cenno, che tanto bastava; & fù non piccola ventura del Capra, la quale da molto maggiori laberinti lo liberò. Pur tuttavia trovandomi il libro ancora dinanzi aperto à caso à car. 36. b. dove si vede la seguente figura, posta in fine del cap. 32. nel quale insegna à trovar le proporzioni trà gli angoli d'un triangolo, domandai ancora al Capra, chiesta buona licenza à quei Signori, quan fusser grandi gli angoli di un triangolo; Egli che nello studio de i cinque precedenti giorni haveva ciò imparato (perche, che egli avanti, ciò non sapesse, da questa sua figura è manifesto) rispose animosamente, che erano grandi 180. gradi, & che io non guardassi à quella figura, nella quale per error di stampa erano segnati gr. 183. al che io replicai, che essendo in tutti 3. gli angoli segnato tre volte 61. era gran cosa havere in tutti tre i luoghi errato, & massime cambiando un'0. con un'1. caratteri differentissimi; mà lasciati questi inverisirnili, gli domandai qual colpa poteva havere lo Stampatore, ò Compositore in una figura intagliata in legno, & prima sopra il medesimo legno, dalla sua propria mano, & non da altri, disegnata con li tre 61. 61. 61. ne gli angoli. Da questa troppo evidente, e manifesta colpa non l' haveria potuto scusar Demosthene; & però la scorrezzione restava della mano, & della scienza del Capra, & non di altri. E questi, prudente Lettore, son quelli, li quali non havendo prima che hieri l'altro imparato quanti gradi sottendono à gli angoli d' un triangolo, hanno più di un' anno avanti stampato metodi di risolver triangali sferici, calcoli di luoghi di Stelle per via di triangoli, computi di Ecclissi Solari, & sono di sì alto ingegno, che queste contemplazioni, & laboriosi computi, li quali nelle scuole de gli altri Astronomi sono stimati per le ultime, & più difficili fatture, nulladimeno appresso di loro sono scherzi, primizie, & tirocinii: & quel che è peggio, ci tengono per tanto stupidi, & insensati, che credono, che noi siamo per crederle, e per non vedere ond' elle sono cavate; mà perche io non intendo di trattare in questo luogo, se non di quelle cose, che appartengono al mio libro; & oltre à ciò non sono molto esercitato nell' indivinare i sensi di figure non Geometriche, mà peggio che ieroglifiche, poste senza costruzione, senza demostrazione, & forse senza proposizione, e senza proposito; & poste più, per mio avviso, per spaventare le menti de i semplici (ò forse perche questi che le pongono, veramente credino, che Tolomeo, Archimede, Apollonio, & gli altri Matematici le mettino ne i lor libri per ornamento, & che quelle tanto meglio comparischino quanti più cerchi, archi, & linee dritte e torte contengono) lascerò questa fatica à Giusto Birgio, ò à Niccolò Raimaro Urso Dithmarso di farsi render conto dal Capra sopra i Tirocinii Astronomici. Finito il congresso, & fattoci intendere dal Sig. Paolo Ciera Segretario de gl' Illustriss. & Eccellentiss. SS. Riformatori, che noi uscissimo fuori; dopo una breve consulta ci feciono dire dal sopranominato Signor loro Segretario, che per quella sera eramo licenziati, & che non stessimo ad aspettare altro. Partimmo, & ultimatamente non molti giorni dopo fù dalla somma prudenza, & clementissima giustizia di quei sapientissimi Signori prolata la seguente sentenza, & mandata à gl' Illustriss. SS. Rettori di Padova, acciò la facessero esequire; onde immediatamente à suon di trombe fù publicata nello Studio di Padova, nell'hora della maggior frequenza de gli Scolari. COPIA DELLA SENTENZA. 1607. a' 4. Maggio. Inteso da gli Eccellentissimi SS. Riformatori del Studio di Padova infrascritti l'aggravio di D. Galileo Galilei Lettor delle Matematiche in esso Studio, che havendo lui già molti anni publicato, et poi dato alla stampa nella Città predetta un suo libro intitolato, L'uso del Compasso Geometrico, & Militare, questo da Baldassar Capra Milanese gli sia stato in gran parte usurpato col mezo d'un altro libro fatto da esso stampar in Padova sotto titolo di Usus & Fabrica Circini cuiusdam &c. trasportandolo dal volgare al Latino; & intese ancora da loro Signorie Eccellentissime diverse considerationi & interrogationi, e risposte passate sopra l' uno, e l' altro di essi libri trà li predetti Galileo, e Capra, con la presenza di persone molto intelligenti di tal professione, non havendo il Capra saputo rispondere, nè render buon conto sopra le cose per lui aggiunte nel predetto libro, restorno detti Eccellentissimi Signori molto ben certi, che in effetto il predetto Capra havesse in gran parte trasportato il libro del predetto Galilei nel suo, per l' incontro ancora che ne è stato fatto, onde con tal operatione si causeria non picciolo scandolo, & intacco alla riputatione del medesimo Galilei Lettor in tal professione, & allo Studio ancora; perciò hanno tutti li antedetti Ecellentiss. Signori concordemente terminato, che tutti li volumi del predetto libro stampato, che si trovano tanto presso al sudetto Capra, quanto presso al Tozzi libraro, in tutto al numero di 483. non possino esser venduti, nè publicati in questa Città, mà debbino esser presentati innanzi le lor SS Eccell.me, per dover esser suppressi di quel modo che loro parerà, riservandosi di procedere contra il stampatore, & libraro, per le trasgressioni, che possono esser state commesse da loro contni la forma delle leggi in materia di stampe. ordinando così dover esser notato. D. Francesco Molin Cav. e Proc. D. Hieronimo Cappello D. Antonio Quirini Paolo Riform.ri del Studio di Padova. Paolo Ciera Secret. Furono anco il giorno stesso tutte le copie del libro del Capra inviate à Venetia à gl' Illustriss. & Eccellentiss. SS. Riformatori, delle quali ne furon trovate 440. appresso il Libraio, & 13. in casa dell' Autore, havendone esso per diverse parti di Europa distribuite già 30. per quanto il Padre in mia presenza referì all'Ill. & Eccellentiss. Sig. Giorgio Vecchioni Cancellier dell' Illustriss. Sign. Podestà di Padova, le quali copie sparse, poiche già haveranno diffusa pel mondo l'ignominia impostami, hanno messo me in necessità di stampar la sopraposta sentenza, & formar, e publicare la presente scrittura, & di più ad aggiugnere un particolar registro, nel quale si vegga quante, & quali siano le cose trasportate ad verbum dal mio libro in quello del Cap. & d'onde ancora siano prese quell'altre, le quali dal mio libro non son tolte; essendo in somma verissima, che Nel libro del Capra Niente penitus vi è del suo, da gli errori in fuori. Et prima quanto alla fabrica dello Strumento. Nel primo cap. mostra il Cap. la descrizion della linea delle linee, detta da me linea aritmetica; nella qual fabrica niuna invenzione vi è nè del Cap. nè di altri, essendo che questa linea và semplicemente divisa in parti eguali, secondo qual si voglia moltitudine; & io la divido in 250. vi sono però nel fine del cap. due cose del Cap. la prima è una contradizione à se stesso, dicendo egli quì, che il divider questa linea in molte parti eguali è cosa facilissima, & le sue parole son queste: Huius fabrica satis est facilis, postquam nullus est tam rudis artifex, qui non possit lineam aliquam propositam, in petitas aequas par.tes dividere. mà poi nel cap. 3. delle operazioni, il cui titolo è: Lineam propositam in aliquot petitas partes secare. dice tutto l' opposito, cominciando così: Nulli dubium est quod laboriosissimum sit dum aliquam lineam dividimus toties circinum constringere & dilatare donec voti compotes facti simus, &c. & più nel secondo cap. antecedente, parlando pur di una division di linea, la quale senza lo Strumento si conseguirebbe col divider la proposta linea in molte parti eguali, scrive così: Difficillimum enim esset ne dicam impossibile huiusmodi divisiones invenire, quas tamen statim nobis exhibet instrumentum hoc nostrum. L'altra cosa che io noto è quello che ei dice nelle ultime parole, parlando pure della medesima linea da dividersi, ciò è: Quae etiam summa facilitate dividi posset per illa quae cap. 3. istius instrumenti usum tradentes, explicabuntur. mà perche l'operazione, che si esplica al cap. 3. de gli usi, non si può far senza haver lo Strumento già fabricato, seguita per necessità, che il nostro autore, nel fabricar lo Strumento supponga haverlo già fabricato; la qual medesima inezia replica ancora à car. 13. b. pur nella fabrica dello Strumento, nella quale, venendogli bisogno di trovare in un cerchio dato il lato del decagono, dice così: Quod facillimum esset si haberes instrumentum factum per ea quae dicentur cap. 34. Passa poi il Cap. nelli due cap. 2. & 3. alla descrizione della linea delle superficie, & della linea de i solidi, chiamate da mè, Linea Geometrica, & Linea Stereometrica: per il che fare propone due tavole, una delle radici quadrate, & l' altra delle radici cube. Mà qui, avanti che io passi più oltre, devo discreti Lettori farvi sapere, come quel Fiammingo, del quale si è di sopra fatta menzione, il quale cinque anni sono fù in Padova, & lasciò vedere uno Strumento in gran parte cavato dal mio, nel partirsi di quà lasciò all' Illustre Sig. Michele Victor di Vustrou di Bransvich, il quale prima da me haveva imparato l'uso del mio Strumento, alcuni pochi scritti attenenti alla fabrica, & ad alcuni usi del detto Strumento, li quali scritti passorno poi dal detto Signore in mano di M. Gasparo Pignani esquisitissimo fabricator di ogni sorte di strumento Matematico, & dell'istessa scienza non vulgarmente intendente, i quali scritti, havendone egli ad altri fatto copia, è necessario che siano venuti in mano del Cap. poiche diverse cose in detti scritti contenute si ritrovano nel libro del detto Capra ad unguem, come nel progresso si mostrerà; questi scritti hò io fatti proclurre avanti gl' Illustriss. Rettori di Padova, li quali ricevuto il giuramento da detto M. Gasparo, come lui li hà già cinque anni sono ricevuti dal detto Sign. Alemanno, li hanno autenticati, come nel fine di questo discorso si vede. in oltre non voglio tacere, come in questi scritti, oltre al mancarvi moltissime operazioni, & le principali del mio Strumento, vi manca ancora interamente la descrizione, & gli usi delle linee, che io chiamo Aggiunte per la quadratura delle parti del cerchio, & delle figure contenute in qualunque modo da parti di circonferenze, ò da tali parti di circonferenze, & da linee rette; vi mancano interamente le linee Poligrafiche al modo che le pongo io; la squadra da' Bombardieri usata al modo mio, la divisione per misurar le pendenze, & la divisione del quadrante per misurar con la vista: in oltre dal nominarmi che fà il detto Fiammingo più volte in questi brevissimi scritti, si vede come egli haveva vedute le scritture mie, benche non ancora stampate, e con migliore, e più civil creanza di quella del Cap. non haveva procurato di asconder questa verità. Hora tornando al nostro proposito, propone il Cap. per la descrizione delle sopranominate linee, due tavole, una delle radici quadrate, & l' altra delle cube, le quali ne i predetti scritti si veggono poste per il medesimo fine. Segue il Capra nel cap. 4. la costruzione delle linee metalliche, & mette una tavoletta contenente le proporzioni, che hanno in peso trà di loro tutti i metalli, cavata pur da i medesimi scritti; le quali proporzioni oltre che sono diverse dalle vere, che sono quelle che li dò io nel mio Strumento, sono ancora poste senza la dimostrazione, ò dichiarazione del modo dell'investigarle, cosa che saria necessaria da farsi volendo aqquistar fede à quello che si propone; mà il Cap. havendole trovate così senza dimostrazione, senza dimostrazione le hà poste. Nel 5. cap. mette la division della linea del quadrante, mà fatta solamente mecanicamente, sendo per avventura riuscita troppo difficile da intendersi una tavola, la quale per il medesimo uffizio è posta negli scritti del Fiammingo; mà io come quello che non hò voluto trattar nel mio Strumento operatione alcuna, che si indirizzi à cose astronomiche, non hò cercate simili descrizioni; si come anco lasciai da parte gli usi del quadrante astronomico, benche da me disegnato sopra 'l mio Strumento. quì chi volesse sottilmente esaminare ogni cosa, potria domandare al Capra à che proposito nel trovar queste divisioni descrive nella figura il mezo cerchio BCD. il quale non vi serve à niente. Nel cap. 6. inscrive nello Strumento la linea de i cerchi, detta da me Poligrafica. Le divisioni di questa linea sono parimente trovate dal Cap. mecanicamente, le quali il Fiammingo pone trà i suoi scritti in una tavola cavata dalle tavole de i sini, ò de gli archi & corde. in questo cap. vuole il Cap. che la suttendente alla terza parte della circonferenza, ciò è il lato del triangolo, sia notato con due caratteri, ciò è per 3. & per 7. scrivendo così: Tertiamque hanc partem notabis in instrumento non solum per 3. sed etiam per 7. nam non significat solum tertiam circuli partem, sed etiam latus hexaedri. dove io noto primieramente, che di questo punto segnato per 7. venendo à gli usi dello Strumento, non se ne fà mai più menzione nel suo libro; in oltre credo che ogni Matematico dubiterà quello che habbia che far questa linea suttendente alla terza parte della circonferenza col lato dell'Esaedro, che è minore assaissimo di questa linea, si come il medesimo Cap. in coutradizion di questo luogo dice nel seguente cap. 8. à car. 14. a. Nel cap. 7. mette la costruzione della linea quadrativa, chiamata da me Tetragonica, & il modo del segnarla. posto dal Capra, e preso ad unguem da una tavoletta de i lati de i poligoni regolari eguali, posta trà gli scritti del Fiammingo, il quale però non lascia indietro il lato del triangolo, come fà il Capra, si come di sopra hò altra volta detto; di che essendomi io meravigliato, venendomi finalmente questi scritti in mano, mi hanno fatta cessar la meraviglia col manifestarmi la causa, per la quale il Cap. hà lasciato indietro il detto lato del triangolo; che è, perche nella detta tavoletta il Fiammingo scrivendo in luogo di latus trianguli aequilateri: isopleuri latus, hà forse con la novità di questa parola strana spaventato il Capra, il quale si hà per miglior consiglio eletto più presto di lasciare star questa figura, che mettersi à rischio di scriver qualche cosa spaventevole. La divisione di questa linea si stende appresso 'l Cap. sino al lato dell' ottangolo, che più non ne hà trovati scritti dal Fiammingo, mà però ne' miei Strumenti contiene sino alla figura di 13. lati. Passa poi nel cap. 8. alla descrizion della linea per i corpi regolari, cavata da Euclide alla 18. del 13. mà con l'aggiunta de gli errori sopra considerati. Questa linea è totalmente superflua in questo Strumento; perche, già che non serve per altro, che per trovare i lati de i corpi regolari inscrittibili nella data sfera, questi si potranno trovare facilissimamente col mezo delle altre linee dello Strumento; perche, essendo il Diametro della sfera in potenza sesquialtero al lato della Piramide: doppio al lato dell'Ottaedro, triplo al lato del Cubo; in oltre essendo la porzion maggiore del lato del Cubo segato, extrema, & media ratione, lato del Dodecaedro, & comprendendo il medesimo cerchio il pentagono del Dodecaedro, & il triangolo dell'Icosaedro: col mezo delle linee Geometriche, & delle Poligrafiche solamente si troverà il tutto, perche le Geometriche ci daranno i lati della Piramide dell'Ottaedro, & del Cubo, & con le Poligrafiche divideremo il lato del Cubo secondo l'estrema, e meza proporzione per il lato del Dodecaedro, il qual lato ritrovato ci darà in virtù delle medesime linee il lato dell'Icosaedro; si come à diversi miei scolari particolarmente hò insegnato. Passa poi nel medesimo cap. alla division del quadrante; sopra il quale costituisce tre divisioni, una per la squadra da Bombardieri, l'altra per il quadrante astronomico, & queste dovendo essere in parti eguali, non hanno artifizio alcuno nelle loro divisioni; la terza, che è per le divisioni del quadrato Geometrico, benche egli habbia cento volte veduto il modo del dividerla in casa dell' artefice che mi lavora, che è il modo descritto da lui, con tutto ciò quanto bene egli l'habbia avvertito, da quanto si è detto di sopra, è manifesto. tralascia poi la division che è sopra il quadrante del mio Strumento per misurar le pendenze, per essere un poco più astrusa, & per non haver egli havuto onde cavarla. Questo è quanto alla fabrica di questo StrUmento, secondo che il Fiammingo, da chi il Capra hà copiato, si è immaginato che vadino ritrovate le divisioni di quelle linee, che sono prese dal mio Strumento, delle quali regole io non reprobo per falsa, se non quella de i Metalli; mà dico bene, che dovevano esser poste con le loro dimostrazioni, & di più dico, che i modi che hò tenuti io per conseguir queste, & le altre divisioni, che metto nel mio Strumento sono per vie più spedite, & più esatte, come al suo tempo farò toccar con mano. Fatte queste considerazioni intorno alla fabrica, comincio à considerar la prima operazione posta nel primo cap. nella quale vuole il Cap. insegnare à comporre una linea che contenga alcune parti, & frazioni di parti, la quale operazione è la medesima che la seguente posta da lui nel secondo cap. solamente immascherata; vero è, che nel mettergli la maschera fece gli errori, de i quali sopra·†≥i è parlato; mà che ella sia la medesima della seguente, facilmente potrà ogn'uno comprendere; imperò che (stando nel suo essempio) il trasferir la intera linea AB. 4. ò 5. volte nella CD. non è niente; & il prender poi 7. piedi, & 6/7. de i quali piedi tutta la AB. ne contenga 12. non è altro che pigliare delle 84. parti di tutta la AB. le 55. imperò che sendo la AB. figurata contener 12. piedi, risolvendola in settimi di piede, viene à contenere di tali particelle 84. & risolvendo li 7. piedi e 6/7. che prender ne doviamo, parimente in settimi di piedi, habbiamo delle medesime particelle 55. tal che il problema tutto, che si hà da far col mezo dello Strumento, non contiene altro, che pigliar delle 84. parti della linea AB. le 55. essendo il resto dell'operazione, ciò è il risolvere quei numeri nelle loro frazioni, opera del nostro discorso, e non fatta col mezo dello Strumento. e nel secondo cap. che altro s'insegna dal Cap. che Alicuius datae lineae omnes petitas partes invenire? Mà Il secondo cap. è copiato ad unguem dalla seconda operazione del mio libro; adunque in questi due capitoli non resta altro all'invenzion del Capra, che gli errori; à i quali si deve pure aggiugner quello, che ei commette verso il fine di questo secondo, quando dice: Insuper si esset data linea 100. partium, & peterentiur 3/100. 4. vel 5. quae propè centrum instrumenti accipi non possunt, illae accipiantur ex altera parte instrumenti, vide licet prope 100. ascendendo &c. il che non è ben detto, mà bisognava dire, accipiatur residuum illarum partium, nempe 97. vel 96. vel 95. propè 100. & non illae accipiantur. & questa cauzione, eccettuatone però l' errore, è pur essa ancora presa da due luoghi della mia prima operazione. Il terzo cap. Lineam propositam in aliquot petitas partes secare, contiene quattro parti; le prime tre per dividere le linee mediocri, le minime, & le massime, sono opiate ad verbum della mia prima operazione, eccettuatone l'errore che il Capra commette nel voler palliare un poco la terza, dove chi facesse al modo che egli scrive, dicendo: & immoto instrumento accipiatur una septima illus IK, quae addatur singulis partibus prius acceptis in linea HK. farebbe grand' errore, mà bisogna che, illa septima addatur primae parti semel, secundae parti bis, tertiae ter &c. La quarta parte, nella quale egli insegna; date due linee diseguali, dalla maggiore tagliarne una eguale alla minore, & ci fà prima veder quanti punti contien l'una, & poi quanti ne contien l'altra, & poi cavar il numero minore dal maggiore, & poi tornare à pigliare il residuo dallo Strumento, & poi trasportarlo sopra la maggiore; voglio che ci contentiamo di lasciarla per trovato singolare dell'ingegno del Capra. La quarta Operatione, secundum dcttam lineam divisam secare aliam, è tolta dal Fiammingo; mà si poteva più speditamente risolvere per la terza mia: anzi, quanto all'operazione, è l'istessa à capello; mà dove in questa le parti trovate si notano nella medesima retta, nella mia con le linee trovate si costruisce una figura. Nel quinto cap. sono diverse operazioni di aritmetica trasportate tutte dal mio libro; & prima dal principio del cap. sino à quelle parole: Non hic iacet huius instrumenti usus. è copiato tutto à capello dalla mia quarta operazione; dove si noti, come, havendo tralasciato il Cap. nel copiare il primo caso di questa operatione quello che io scrivo in quel proposito; ciò è, che, per risolver le questioni della regola aurea; delli tre numeri proposti si può ad arbitrio nostro, per aggiustar lo strumento pigliare il secondo, overo il terzo, & applicarlo al primo, non havendo esso fatto menzione di ciò; seguita poi di copiare, & scrive: Sed si quaestio esset 10. exhibent 30. quot dabunt 80. nec secundus nec tertius numerus ex scala immobili acceptus potest primo per transversum accommodari. Mà se di sopra non hà mai fatto menzione di accommodare altro che il secondo, perche dice hora, mà se nè il secondo, nè il terzo si potrà accommodare? bastava dire, quia secundus non potest accommodari &c. copia dunque solamente, mà non intende. L'altra operatione poi contenuta sino alle parole, Non minori facilitate resolvuntur: non aggiugne niente di nuovo à quante è insegnato di sopra, perche non è altro che la medesima regola aurea replicata tre volte; mà perche nell'aggiustare lo strumento si adoprano solamente il primo & secondo numero, li quali in tutte tre le operationi sono sempre i medesimi; quindi è, che aggiustato una volta ci serve poi senza più muoverlo per trovare tutti gli altri numeri rispondenti à quelli, che nella regola occupano il terzo luogo. La operatione, che segue sino alle parole, verum si quis. è la regola inversa copiata ad verbum dalla mia operazione 5. L'altra che segue sino alle parole, Non absimili negocio, è la trasmutazione delle monete posta da me nella mia sesta. Quello che segue sino alle parole, insuper si aliquis. è l'operazione per gl'interessi à capo d'anno risoluta in due modi diversi, copiati l'uno, & l'altro à parola a parola dalla mia settima. In quel che segue sino alle parole, sed ut melius, il Capra si è arrisicato à non voler copiare ad verbum, & se bene segue la medesima operazione commette g]i errori notati di sopra nella narrazione delle sue risposte in voce. Quello finalmente che resta sino al fine del cap. si lascia intatto all'invenzione del Cap. essendo un affaticarsi per impoverire; poiche introduce per far le medesime cose già fatte, un'altra scala mobile, potendosi servir della stabile, hà da muover lo Strumento una volta di più, adoperare due compassi, & cercare infine con tedio transversalmente il numero desiderato, le quali manifatture sono tutte non pur disutili, mà dannose. Nel cap. 6 propone: Figuram aliquam superficialem adaugere vel diminuere. & ciò dichiara, con due essempi, il primo è in un triangolo solo, il secondo è in un rettilineo di molti lati; & perche il primo essernpio non è copiato dal mio libro, un solennissimo errore non manca; imperò che proponendo egli con queste parole, (Sit triangulus ABC. secundum quem alius triangulus constitui debeat qu sit ter maior,) di voler fare un triangolo triplo di un' altro, venendo poi all' operazione cresce i lati del proposto secondo la proporzion tripla, & crede di haver secondo la medesima proportione cresciuto il triangolo, nè sa ancora che il triangolo non tre volte, mà nove volte sarà maggiore del proposto; l' altro essempio poi che egli diffusamenfo descrive è puntalmente copiato dalla mia operazione 3. Propone nel cap. 7. Datis duabus lineis tertiam roportionalem adiungere. & questo non è copiato dal mio libro, mà cavato da gli scritti del Fiammingo, dove oltre à quello che hò notato di sopra intorno à questo cap. scrivendo le sue risposte in voce, noto adesso il principio dove scrive così: Sint duae lineae A. & B. quibus invenienda sit tertia proportionalis continua &c. dove la parola, continua, per esservi superflua, denota che il Cap. non sà, che una terza linea proporzionale aggiunta à due altre date, non può non essere in proporzionalità continua, & pur queste son minime bagattelluzze. poteva in oltre questa operazione, come dependente da cose poste da me, molto più destramente esser resoluta; & senza havere à muovere lo Strumento più di una sola volta: imperò che misurata rettamente la linea B. & applicata poi transversalmente alla quantità della A. misurata su la medesima scala retta, & preso poi transversalmente il numero della B. si haverà la C. mà che bisognava perder tempo in questa & nelle due seguenti operationi, se sono la medesima cosa ad unguem, che la regola aurea posta da me, & trascritta dal Capra? Per dir quanto mi occorre, con maggior brevità & chiarezza, intorno al cap. 8. del Capra, è necessario trascriverlo in questo luogo. Dice dunque nel titolo: Datis duabus lineis tertiam, tertiae quartam, quartae quintam &c. continuas proportionales adinvenire, & segue. Per hanc operationem facillimum erit è resolvere probl. 4. prop. 12. lib. VI. Eucl. si. namque propositarum linearum nota sit proportio, ut iam supra docuimus cap. 5. inquiratur differentia inter dictas duas lineas, tunc aperto instrumento secundum quantitatem maioris lineae excipiantur intervalla differentiarum, ut e.g. dentur lineae A. & B. in proportione, ut 21. ad 28. aperiatur secundum quantitatem lineae B in 21. immotoque instrumento excipiatur distantia inter puncta 35. 35. pro linea C. inter puncta 42. 42 pro linea D. & sic de reliquis. Quì primieramente si nota come il volere che, excipiantur intervalla diffrentiarum, non hà che fare niente in questo luogo, nè all' operazione quando si facesse bene, nè al farla male, come seguita di fare il Capra, & doveva (volendo concordar con quel che segue) dire, excipiantur intervalla numerorum crescentium ultra 28. per differentiam 21. ad 28. li quali sono quelli che nomina, ciò è 35.42. &c. passo poi à considerare un' altro errore, & è che, sendo la B. 28. & la A. 21. per trovare la terza C. vuole che; Instrumentum aperiatur secundum quantitatem lineae B. in 21. & che, illo immoto, excipiatur distantiam inter puncta 35. pro linea C. il che è falsissimo; mà bisogna excipere distantiam inter puncta 28. Vi è oltre à questo il terzo non minore errore, il quale è, che egli s' immagina, che quando haverà presi gl' intervalli trà i punti 35. 35 & 42. 42. questi siano le lunghezze di linee continue proporzionali; cosa parimente falsissima, & argomento di niente intendere; perche le distanze trà i punti 21. 21. & 28. 28. & 35. 35. & 42. 42. ci danno linee di eguali eccessi, & ordinate in proporzione aritmetica, cosa che non fà al presente proposito; mà se voleva conseguire l' intento bisognava applicar la B al 21. & prendere il 28. che gli dava la terza C. & questa applicata, (aprendo più lo strumento) pur al 21. pigliando il 28. si haveva la quarta D. la quale applicata similmente al 21. & preso il 28. ci dava la quinta E. & così in infinito. Vedete intendenti Lettori in quali puerizie mi bisogna consumare il tempo, e pure è forza trattarne. Il nono cap. Datis tribus lineis, quartam proportionalem investigare, ha, si come il Cap. medesimo confessa, la medesima operazione che la precedente, & non può essere aggiunto per altro, se non per dar luogo à un nuovo errore, che non poteva capire nel passato cap. quì, stando nella figura precedente, & volendo alle tre proposte linee soggiugnere la quarta proportionale, dice, inquiratur proportio lineae A. ad B. ut aperiatur secundum quantitatem B. in 50. 50. A. cadet in 38. 1/ 2. itaque circino aliquo accipias quantitatem lineae C. hanc punctis 38 1/ 2. per transversum accommodabis, & immoto instrumento accipies distantiam inter puncta 50. 50. quae exhibet lineam E. quartam proportionalem. quod nihil aliud erit quàm resolvere problema Pappi, quo docet, tribus datis rectis lineis quartam invenire, quae sit ad tertiam, ut prima ad secundam. hora quì non hà che far Pappo, nè questo è altro problema che il quarto del sesto ll'Eucl. prop. 12. & non è vero che in questa operazione si trovi una quarta linea, la quale sia alla terza, come la prima alla seconda; mà si trova la quarta, alla quale la terza è come la prima alla seconda. L'operazione decima è, secare datam rectam quamlibet secundum duo extrema ac media ratione. dove quelle parole, secundum duo, le quali non vi hanno che fare, bastano à far conoscere ad una persona della professione, che il Capra non hà mai letto alcuno autore Matematico. Questa operatione è copiata da gli scritti del Fiammengo, & è falsa; perche, posto come dice il Capra, che tutta la linea data sia 100. fà poi che la minor porzione sia 38. & per conseguenza la maggiore 62. mà 100. 62. & 38. non sono altrimenti proporzionali, perche il quadrato di 62. è 3844. & il rettangolo di 100. & 38. è 3800. mà non solamente col rnezo di questi numeri non si segherà la data linea secondo l'estrema, & meza proporzione, mà nè secondo alcuni altri, & siano quali si voglino, essendo tal divisione irrazionale, si che posta tutta la linea come di sopra 100. sariano le sue parti segandola nella proporzione detta una rad. 12500. m. 50. & l'altra 150. m. radice 12500. mà queste cose avanzano di troppo la capacità del Capra. & se bene questa divisione non si può trovare col mezo delle linee delle linee, si può nondimeno fare con altre linee dello Strumento; mà questa è una cognizione molto lontana dall' intelligenza del Cap. benche l' operazione sia facilissima, & non si hà da far altro, che applicar tutta la linea proposta trasversalmente alli punti 6. 6. delle linee, che il Cap. chiama lineae circulorum, pigliando poi senza muover lo Strumento l'intervallo tra li punti 10. 10. delle medesime linee, & questa sarà una delle parti della linea da dividersi. Mà sopra le mie linee Poligrafiche si applicherà tutta la linea alli punti 10. 10. pigliando poi la distanza trà li punti 6. 6. & sarà fatto. Passa nel cap. 11 nelle operazioni delle linee delle superficie dette da me geometriche; & in questo cap. mette sotto pochissime parole tre operazioni tolte à capello dalle 9. 10. & 11. mie; mà incantucciate quì, parendo pure al Cap. furto troppo enormemente spaccato il copiar sempre il tutto à parola à parola. Nel cap. 12. propone, Datum triangulum dividere lineis aequidistantibus in partes aequales. questa operazione è tolta ad unguem da gli scritti del Fiammingo, & non è altro che la mia ottava mascherata; imperò che io insegno quivi crescere, ò diminuire qualunque figura superficiale secondo qual si voglia proporzione; & quì, che altro è il dividere il triangolo proposto in cinque parti eguali, per star nell' essempio del Capra, che trovarne uno che sia la quinta parte di quello, un' altro che sia li 2/5. uno che sia li 3/5. &c? Propone nel cap. 13. Datam aliquam superficiem, dividere secundum datam proportionem. & perche questa non è copiata dal mio libro (se bene è tolta ad verbum dalli scritti del Fiammengo, dove ella è posta con l' essempio medesimo de i tres viri, inter quos dividendus sit campus ABCD.) si mette à esaggerare la eccellenza dello Strumento per questa frivolissima operazione; la quale primieramente hà la proposizione universale come si vede, mà la regola che poi si dà non si applica se non à i parallelogrammi, nè può haver luogo se non in questi, ne i triangoli, & nelle figure mensali; le quali tutte figure seguitando la proporzione delle lor basi, come dalla prima del sesto d' Euclide si fà manifesto, traducono il presente problema al dover dividere una linea nelle date proporzioni, & non altro: la quale operazione è la medesima, giusto che la prima operazione posta dal Capra, ciò è la medesima che la seconda mia; onde io non sò perche il Capra l' habbia replicata quì trà le linee Geometriche, le quali non ci hanno che far niente, nè l'istesso Capra se ne serve punto per questa operazione. Il cap. 14. che segue contiene due operazioni, l' una è per trovar la media proporzionale, copiata ad verbum dalla mia 14. operazione; l'altra è costituire un quadrato eguale à un dato triangolo, copiata di parola in parola dalla seconda parte della mia operazione 31. Nel cap. 15. sono diverse operazioni, & però diverse cose da notarsi. Et prima propone: Datis tribus superficiebus quartam proportionalem adiungere. comincia poi l' operazione cou queste parole: Sint duo circuli A & B. & figura C. cui sit invenienda quarta proportionalis qualem proportionem habet A. ad B. ex linea superficierum quaeratur proportio A ad B. &c. dalla qual frase di dire si può comprendere se il suo autore hà mai letti libri di Matematica. seguita poi l' operazione sino alle parole, Non absimili, & di lì sino à, Eadem fere operatione, insegna, si dentur duae superficies tertiam proportionalem invenire; l' una & l' altra delle quali operazioni è tolta da gli scritti del Fiammingo, & è in questo luogo superflua; imperò che, se di sopra si è insegnato, date tre linee trovar la quarta, e datene due trovar la terza proporzionale; & essendo che, ogni volta che le linee son proporzionali, ancora le lor figure simili son proporzionali, come Euclide dimostra nella 22. del sesto; à che proposito s'introducono hora queste due operazioni solamente per aggrandire il libro? mà quì noto un' altra leggerezza del Cap. ciò è, che quì, dove non era necessario, distingue la considerazion delle proporzioni delle linee da quella delle lor figure; mà di sopra nel cap. 6 dove tal distinzione era sommamente necessaria l'hà prese come se fossero la medesima cosa. In quel che segue poi sino alle parole, Hincque habetur solutio, copia la operazione mia 10. dalla quale depende, anzi è il medesimo à punto, quello in che egli si distende sino à, Haecque proportionum methodus. Entra poi à voler metter non sò che del suo, & s'intriga in una certa anfora, scrivendo così: Illud tamen silentio involvendum non credo, quod si proposita esset amphora continens mensuram, & quaereret aliquis aliam, quae duas, quae tres, vel quatuor contineret, hoc dicto citius poterit absolvi; acceptis enim dimensionibus propositae amphorae, si illas pro libitu applicuerimus aliquibus punctis huius lineae, tum ex immoto instrumento exceperimus duplum, triplum, vel quadruplum habebimus dimensiones amphorae petitae. dove il Capra mostra come egli non solo hà creduto (come di sopra si è dichiarato) che le superficie seguitino le proporzioni de i lati; mà che i solidi parimente seguino quelle delle lor superficie, poiche in questa operazione apertamente si dichiara di credere, che col raddoppiare, ò triplicare le superficie dell' anfora, sia parimente raddoppiato, ò triplicato il suo contenuto, & così nella dottrina del Capra la proporzione, che è trà due linee, si trova l' istessa ancora trà le figure simili, tanto superficiali, quanto solide fatte da quelle; falsità conosciuta da ogni muratore. Nel cap. 16 vuol dichiarare la regola di costituire un rettilineo simile ad uno, & eguale ad un' altro dati; la quale operazione non è posta da me nel mio libro, mà l'hò ben insegnata in voce à molti miei scolari in diversi tempi; & è necessario che da qualcuno sia stata mal referita al Cap. & peggio intesa da lui; il che si fà manifesto dal confusissimo parlare, col quale ei la descrive, & pieno di improprietà, & mancamenti; nel quale, solamente da persone molto intendenti, si può vedere, come per nube la regola buona di operare, mà infelicissimamente descritta. Et acciò che quanto in ciò mi occorre dire meglio s' intenda, è necessario trascriver quì la operaztione, con la sua figura: scrive dunque il Capra così. Datam superficiem immutare in aliam, cuius alia sit aequalis primae datae. Esset equidem haec operatio difficilis, sed omnem difficultatem superat instrumentum hoc nostrum; sit enim triangulus A, cui rombus aequalis triangulo A quo ad aream, sed rumbo B. similis fieri debeat. Primo quaeratur inter basim, & dimidiam perpendicularem trianguli A. media proportionalis, quae sit C. deinde ipsius rombi B. media etiam proportionalis, quae sit D. denique quaeratur quarta proportionalis ipsarum DC. hoc scilicet modo; si latus quadrati quod est D. rumbi B. dat latus falsum rombi B, quid dabit latus quadrati veri C. trianguli A. & proveniet latus veri Rombi. Hoc est videas quam proportionem habeant latera rumbi falsi, ut puta F. C. & proportionalis D, & in hoc exemplo sit, ut 100. ad 53. postea secundum quantitatem lateris C. aperies in linea superfcierum in 100. & excipies distantiam inter puncta 53. 53. pro latere E. indeque habere poteris solutionem probl. 7. prop. 25. lib. 6. Eucl. quo docet, dato rectilineo simile similiterque positum, & alteri dato aequale idem constituere. Hora quì mi bisognano far due cose, prima dichiarare al Cap. quello che ei medesimo hà voluto dire in questo cap. & poi esplicar meglio quello che bisognava che ei dicesse per dir perfettamente: Nel titolo, del quale Edipo non troveria il senso, hà voluto dire: Datis duabus superficiebus quibuscunque tertiam uni quidem datarum aequalem, alteri verò similem, describere. poi nelle parole inettissime: sit enim triangulus A. cui rombus aequalis triangulo A quo ad aream, sed rumbo B similis fieri debeat. doveva dire parlando da Geometra, & stando nella proposizione universale, come fù proposta: sit figura A. cui alia aequalis, sed ipsi figurae B similis constitui debeat; doveva seguitar poi & dire, inveniantur quadrata ipsis A. & B. aequalia; per quello che egli scrive al cap. 40. copiato dalla mia operazione 30. quorum latera sint lineae CD. (perche le medie, delle quali ei parla, non servano ad altro;) & così sfuggiva quello impropriissimo modo di parlare. Deinde ipsius rombi B media etiam proportionalis, il quale, oltre al far la proposizione particolare, dichiarerebbe per ignorante un che havesse più fama d'Archimede; e parimente doveva buttare à monte tutto il resto del ciarpame che egli scrive con non minor confusione, & improprietà, intralasciandolo con lati veri, & lati falsi di falsi quadrati, & rombi veri, & dir solamente così: Deinde ut C ad D. ita fiat linea A. ad aliam E. ex quà describatur figura similis A. quae erit quoque figurae B aequalis; & così veniva à scansare ancora l'altro errore commesso nel dire, quaeratur quarta proportionalis ipsarum DC. proponendo due linee solo per trovargli la quarta proportionale. Nel cap. 17. trasporta le regole per l' estrazion della rad. quadrata, & per le ordinanze di fronte e fianco diseguali con tutti i lor casi, & cauzioni, & modi diversi di operare, copiate ad verbum dalle 12. & 13. mie operazioni. Et benche la prima regola posta dal Cap. per l' estrazion della rad. non sia stampata nel mio libro, ella però si trova in molti manuscritti dati da me alcuni anni adietro à diversi Signori, & trà li altri è ne gli scritti, che detti sei anni sono all' Illustriss. Sig. Iacop' Alvigi Cornaro, essendo quella stata la prima maniera di operare, ridotta poi à maggior facilità, come nelle altre tre regole stampate da me si vede, le quali due regole, benche in apparenza differenti, sono però in essenza l' istessa. Viene dipoi nel cap. 18. à trattar delle linee de i solidi, chiamate da me Stereometriche, & in quello esplica due operazioni, l'una di trovar la proporzione tra due solidi simili proposti, l'altra per costituirne un solo eguale à molti dati; le quali due operazioni sono copiate dalle 16. & 17. mie. Nel cap. 19. vuole insegnare il modo di sottrarre un solido da un' altro simile; operazione pretermessa da me per esser la conversa della precedente, & però manifestissima ad ogni persona. Replica poi nel fine la medesima operazione posta nel capitolo precedente, essendo che il medesimo è trovare la proporzione che hanno in peso due solidi simili, che trovare la proporzione che hanno trà di loro; vedesi questo modo di operare esemplificato nel fine della mia operazione 23. Il cap. 20. è cavato da una parte della mia operazione 15. Nel cap. 21. propone due operazioni non copiate dalle mie, dal che ne sguita, in consequenza necessaria che non manchino di errori. Propone dunque in universale, Datum solidum in partes petitas dividere; & segue il modo del dividerlo, così: Dividantur superficies solidi ea ratione qua in linea superficierum cap. 10. & 11. docuimus dividere superficies, nempe in oppositis partibus, coniungantur parallelis lineis divisiones, dictumque solidum divisum erit in partes petitas. dove io primieramente noto come il cap. 10. & 11. non hanno che fare in questo proposito; mà doveva citare il cap. 13. dico in oltre, che mi maraviglierei se altri che il Capra si fusse persuaso, che di un solido tagliato in diverse parti al modo del Cap. le parti solide havessero trà di loro le medesime proporzioni, che le parti delle sue superficie tagliate; mà del Cap. hormai non è più da meravigliarsene, anzi saria da trasecolare quando egli havesse aperta la bocca senza mandar fuori più sciocchezze che parole. Havevo pensato per salvare il Cap. di dire, che ei non habbia cognizione di altri solidi che de i prismi, & de i cilindri; & che appresso di lui i coni, le piramidi, le sfere, i conoidali, & mille altri solidi non si ritrovassero al mondo; mà hò veduto poi che nè anco questo lo mandava immune da ogni mancamento, perche, per segar quei corpi detti non occorreva dividere altro che le loro altezze; talche non lo posso in modo alcuno aiutare. Aggiugne poi nel fine il modo di trovar solidi proporzionali, dicendo questa operazione proceder come quella delle superficie; mà che in luogo delle linee delle superficie si piglino le linee de i solidi; & io gli dico, che, e queste, e quelle son superflue, perche senza altre superficie, ò altri solidi basta pigliar le proporzionali de i lati; perche quando i lati saranno proporzionali, saranno proporzionali parimente le loro figure simili tanto piane quanto solide. Propone nel cap. 22. Datis duobus solidis duo media proportionalia elicere. dove perche la operazione è particolare de i solidi simili, bisognava nel titolo dire, duobus solidis similibus; perche io non sò quanto il Capra si sapesse distrigare, se alcuno gli proponesse una sfera, & una piramide. la operazione poi è la medesima che l' invenzion delle due medie proporzionali trà due linee proposte, messa da me nella operazione 19. mà lui credendo di mascherarla, & trafugarla l'hà proposta sotto titolo, in apparenza solamente, differente. Mà forse hò torto à farlo così maliziuto, potendo benissimo essere lui in questo, & in tutti gli altri simili luoghi, non per malizia, mà per pura ignoranza haver peccato. Nel cap. 23. propone, Dato parallelepipedo aequale cubum construere. operazione copiata ad verbum dalla mia 20. eccetto però che io non vi metto sì grossa balorderia quanta è quella che il Cap. scrive nell'operazione dicendo, Deinde inter E quadratum basis parallelepipedi, & ipsius altitudinem CD. duae mediae proportionales inveniantur; nè sò ancora tanta Geometria, che io sapessi trovar due medie trà una superficie, & una linea. Insegna poi nel cap. 24. Mutare sphaeram in Cubum; mà già che voleva metter mano à questa parte, doveva seguitar d' insegnare à ridurre in cubo tutti gli altri solidi, si come io hò privatamente à diversi miei scolari insegn~ato à fare; mà essendo le operazioni, che posso far col mio Strumento infinite, non hò voluto stampar se non quelle che all'uso comune son più necessarie, si come nel mio libro hò detto. & la presente operazione hò io insegnata assai più speditamente, ciò è con applicare il diametro della sfera alli punti 42. delle linee Stereometriche, pigliando poi la distanza trà li punti 22. che sarà il lato cercato. imperò che essendo per Archimede il Cubo, & il Cilindro intorno alla sfera, come 42. à 33. & il Cilindro alla sfera come 33. à 22. patet propositum. L'operazione 25. per l' invenzione delle due medie, è copiata dalla mia 13. ad verbum. Nel cap. 26. mette tre regole per l' estrazion della rad. cuba. la prima è tolta da quella che davo ne i miei scritti alcuni anni adietro, la quale si troverà in mano di molti, & quì in Padova in particolare ne gli scritti che detti già sei anni all'Illustriss. Sig. Cornaro; le altre due sono copiate ad verbum dalla mia operazione 18. stampata. Viene poi à trattar delle linee metalliche nel cap. 27. nel quale mette tre operazioni, copiate ad unguem dalle mie 21. & 22. operazioni. La operazione del cap. 28. è la medesima che la seconda delle tre operazioni poste nel cap. precedente, & si risolve nel medesimo modo à capello, nè vi è bisogno di pigliare il lato del cubo AB. ò altra linea, si come ad ogn' uno può esser manifesto per quello che scrivo nella sopracitata mia operazione 22. Propone nel cap. 29. Dato corpore metallico aliud construere aequalis ponderis, sed diversae magnitudinis; mà la parola magnitudinis, deve dire, materiae, altrimente sarebbe uno sproposito. questa operazione è copiata dalla 21. del mio libro; mà notisi quello che è accaduto al Cap. per haver voluto variar l' essempio, & specificare in un cubo, quello che io esemplifico in una palla; che è stato il dichiararsi troppo bruttamente di non intendere ancora che cosa sia cubo, & come egli hà 12. lati tutti eguali, sendo contenuto da 6. quadrati; mà il Capra hà creduto che tutti i lati del cubo sien diseguali. il che è chiaro dalle sue parole, che son queste: Aperiatur in punctis stamni secundum omnia latera cubi, & excipiatur intervallum punctorum argenti, & ex inventis lateribus argenti construatur cubus similis alteri, qui magnitudine erit diversus &c. dove dalle particole, omnia latera, inventis lateribus. & similis alteri. si scorge che egli hà creduto che il cubo sia qualche corpo di lati diseguali; & che possa essere che un cubo sia dissimile da un altro; & per assicurarci ben di questa sua credenza nel fine del cap. havendo esplicata la operazione con l' essempio di un lato solo, conclude, hacque eadem methodo omnia alia latera erunt accipienda denec totus cubus sit constructus. Nel cap. 30 hà cavato il tutto ad unguem dalla mia operazione 24. dove mostro come il mio Strumento ci serva mirabilmente per Calibro da Bombardieri, chiamati dal Cap. Libratores. Il cap. 31. con tutte le sue circostanze è copiato ad verbum dalla mia 25. operazione. Passa poi nel cap. 32. à trattar de gli usi della linea del quadrante, della quale manca il mio Strumento; mà è stata tolta insieme con li suoi usi da gli scritti del Fiammingo. di questa ne pone il Cap. 4. operazioni ne i quattro cap. seguenti, le quali però tutte si riducono in una sola, che è di ritrovar i gradi di un' arco proposto, & questa sola si risolve in farci conoscere, che il Cap. non sà ancora quanto son grandi gli angoli di un triangolo, poiche in questa 32. stampa il triangolo posto di sopra, con angoli, la cui amplitudine è gr. 183. se ben di tutti i triangoli gli angoli non sono nè più nè meno di gr. 180. considerati gli angoli, come fà il Cap. nel presente luogo, come costituiti nel centro del cerchio. l'operazione è ne gli scritti del Fiammingo, mà senza errore, & è esemplificata con un triangolo scaleno, li cui angoli misura uno per 96. l'altro per 53. & il terzo per 31. che in tutto fanno 180. Nel seguente cap. 33. quello che di sopra ci hà insegnato di fare in tre archi suttendenti à gli angoli di un triangolo, ce lo replica quasi cosa differente, in due altri archi misurando la lor quantità nel medesimo modo ad unguem; è vero che ci aggiugne questa leggiadrissima operazione di trasportar ambidue li detti archi, li quali si suppongono esser tolti dal medesimo cerchio, & riunirgli nella medesima circonferenza; si dichiara appresso non intender niente le definitioni, non pur le proporzioni, del terzo d'Eucl. chiamando archi simili clne tagliati da l' istesso cerchio, de i quali uno ne pone esser g. 43. & l'altro 70. ignarus che gli archi si domandano simili quando sottendono ad angoli eguali, & non, come hà creduto lui, quando son tagliati dal medesimo cerchio, & inscius parimente, che gli archi simili del medesimo cerchio sono tra di loro eguali. Ci insegna poi con la medesima insipidezza nell'altro cap. 34. Arcurn datum multiplici proportione augere, col trasferirlo in somma molte volte sopra la circonferenza, della quale egli è parte. Finalmente nell'altro cap. 35. ci insegna à misurar l'angolo del1' apertura dello Strumento, il che si fà come à misurar l' angolo di ogni altro triangolo al modo che insegna nella prima operatione di queste linee, dove insegna à misurar tre angoli, & quì un solo col medesimo modo; & pur questa è operazione tolta dalli scritti del Fiammingo. Passa nel cap. 36. alla dichiarazione della linea de i cerchi, detta da me Poligrafica, della quale ne mette quei due medesimi usi, che ne pongo io alle 26. & 27. mie operazioni, de i quali, perche l' uno è il converso dell' altro, & le divisioni di questa linea messe dal Cap. sono con ordine prepostero di quelle che metto io nel mio Strumento; quindi è, che la regola, che mette il Cap. per dividere il cerchio, è quella, che metto io per descrivere i Poligoni, & per il converso la regola scritta dal Cap. per descrivere i Poligoni è l' istessa con quella che pongo io per dividere il cerchio. Quello poi che mette nel fine di questo cap. di poter risolvere il problema d'Eucl. posto alla proporzione 16. del 12. non può ricevere benefizio alcuno da queste linee, chi non vi segnasse dentro i lati di infiniti Poligoni, il che è impossibile à farsi. Propone poi nel cap. 37. una operazione particolare, cioè, Dato latere Pentagoni invenire suum circulum, la quale era molto meglio che fusse proposta generalmente, & con termini proprii della scienza, ciò è super data recta linea Poligonum regulare describere, che questo è quello che nell' operazione si insegna. nel fine poi dell'operazione scordatosi di quello che in essa hà insegnato mette questi corollarii. Ex quo habes etiam facillimam solutionem probl. 11. 4. Eucl. quo in dato circulo Pentagonum aequilaterum, & aequiangulum inscribere docet, nec non probl. 15. & 16. il che non è vero; mà la soluzione di questi probl. depende, non da questa, mà dalla precedente operazione, anzi è l'istessa; perche insegnandosi à dividere un cerchio, v. g. in cinque parti si viene in conseguenza à inscrivervi un Pentagono; mà in questa operazione si insegna dato il lato del Poligono circonscrivergli il cerchio; veggasi dunque quanto accuratamente habbia il Capra considerate queste cose. Passa ne i due cap. 38. e 39. alli usi della linea quadratrice, detta da me Tetragonica, ne i quali copia ad verbum la mia 28. operazione della quadratura del cerchio, & della trasmutazione de i Poligoni regolari l' uno nell' altro. Il cap. 40. è copiato dalla mia operazione 30. mà per mettervi il Cap. qualche cosa del suo, l' hà adornato di due suoi errori indicanti il suo non intender niente, nè anco il significato delle parole, il che pure hormai si è sin quìcento volte veduto. Prima nel titolo chiama il cerchio & il quadrato figure irregolari, scrivendo così: Data figura quacunque irregulari, hoc est circulo quadrato &c. ipsi aequalem construere; le quali parole mancano ancora di senso, si come ogn' uno che habbia senso può comprendere: mà non intendendo egli nè quello che ei scriveva, nè quello d' onde copiava, hà scritto nel modo detto, in luogo di scrivere: data quacunque figura rectilinea irregulari; circulum, quadratum, &c. ipsi aequale construere. vedesi poi nell'esplicazione dell' operazione; che appresso il Cap. ogni rettilineo è un quadrilatero; perche vuole che si risolva in due triangoli, scrivendo egli così: Hincque si vides manifestissimè pendet solutio probl. 2. prop. 14. lib. 2 Eucl. nam si ex rectilineo constituemus duos triangulos &c. & non sà ancora che un rettilineo può havere & due, & quattro, & dieci, & cento triangoli. Nel cap. 41. insegna à trovar una retta eguale alla circonferenza del dato cerchio, il che fà col mezo di un punto posto da lui (però con l' aiuto del Fiammingo, da gli scritti del quale è presa questa divisione) in queste linee quadratrici; mà tale divisione è totalmente superflua, potendosi, & più speditamente, conseguir l'istesso col mezo delle linee aritmetiche, accommodando transversalmente il diametro del dato cerchio à i punti 70. di quelle, & poi pigliando l'intervallo trà i punti 220. il quale darà la retta eguale alla circonferenza del cerchio conforme à le cose dimostrate da Archimede. Replica in questo cap. 42. molto inutilmente la medesima operazione posta nel cap. 16. & parendogli di non si haver in quella dichiarato à bastanza per persona, che non intenda quello che ei voglia dire, ò fare; ce ne reca in questo luogo altri nuovi testimonii. Propone dunque nel presente cap. di voler constituire una figura simile ad un'altra data & eguale à un dato cerchio, ò Pentagono &c. la quale operazione per il cap. suo 16. ò per dir meglio, per quello che sopra vi hò insegnato io, si spedisce subito; imperò che, trovati due quadrati eguali l'uno al dato cerchio, & l'altro alla data figura, & fatto poi, come il lato del quadrato eguale alla data figura, al lato del quadrato eguale al cerchio; così uno de i lati della data figura ad un'altra linea, & sopra quella come homologa del lato preso della data figura, descrivendone una simile, sarà questa eguale al dato cerchio. Mà il Cap. dopo haver detto che si trovino li due quadrati eguali al cerchio, & alla figura data, seguita così: Quod si quadratum figurae aequale fuerit quadrato circuli iam intentionem consequutus eris; (è vero, perche il cerchio ancora sarà eguale alla figura) sin minus detrahatur minus quadratum ex maiore, & ex residuo fiat figura aequalis dato circulo, & similis datae figurae. hor quì vorrei sapere quali compassi, ò quali computi ci hanno à servire in questa operazione; perche posto v. g. che il cerchio, & per consequenza il suo quadrato fosse 100. & la figura, & perciò il suo quadrato 120. operando secondo il precetto del Cap. bisogna sottrar 100. da 120. resterà 20. & di questo residuo, ciò è di 20. si hà da fare una figura eguale al dato cerchio, ciò è à 100. bisognerà dunque stirarlo più che mai fornaie stirassero lasagne. Segue poi, Si verò minus fuerit, ut in hoc exemplo, differentia addatur minori quadrato, ut aequale fiat quadrato circuli, reliqua fiunt iuxta tradita cap. 16. cauzione posta senza bisogno alcuno, & fatica, & tempo perso à sproposito; perche havendo già il quadrato eguale al cerchio, non occorre che io accresca l'altro quadrato per farlo eguale à questo, mà mi servirò di questo in ogni occorrenza: in somma è una gran cosa il non intender niente. non voglio dissimulare la ingegnosa division trimembre, che il Cap. pone in questo luogo, la quale ristretta insieme suona così: questo quadrato ò è eguale all'altro, ò non è eguale, ò è minore. torninsi à leggere le sue parole. Nel cap. 43. copia la mia 29. operazione à capello. Passa poi, nel cap. 44. alla linea chiamata da lui in questo luogo, Linea quinque solidorum regulatorum; della quale mette quest'uso solo di trovare i lati de i corpi regolari inscrittibili nella medesima sfera, la quale operazione potendosi facilissimamente risolvere con le linee Geometriche, & con le Poligrafiche (come di sopra hò insegnato) fà che queste tali linee siano superfluamente poste in questo Strumento. Speditosi finalmente da gli usi di queste linee, viene ad, usus quadratus, (che tale è il titolo che lui scrive), ciò è, (che così credo che habbia voluto intendere) à gli usi del quadrante, sopra il quale segna quello che segno io sopra 'l mio (eccettuatane però la divisione per misurar le pendenze da lui pretermessa), cioè la squadra da Bombardieri, il quadrante Astronomico, & la divisione rispondente al quadrato Geometrico; mà tralasciando le altre due divisioni, si riduce à trattar solamente delle regole del misurar con la vista col mezo del detto quadrato Geometrico, dicendo, che se bene questa parte à quampluribus aliis diffusè admodum sit tradita, tamen cum ab aliquibus secreti loco hic modus dimetiendi per hoc instrumentum habeatur, la vuole, breviter, dilucidè tamen, ridurre à questo suo Strumento; nelle quali parole se hà voluto (come io credo) intender me per quello che tenga in luogo di segreto questi modi di misurare, hà veramente havuto il torto; perche, se per segreto intende cosa grandissima & miracolosa, qual'è per essempio il segreto di sanare da lontan paese un ferito col medicar solamente l' arme che lo ferì, ò una pezza macchiata del suo sangue; & il segreto di quella mirabile unzione, con la quale toccandosi un ferro benche grossissimo, in poche hore si scavezza, & altri portenti di questo genere; io non solamente non hò stimate queste regole di misurar per cose di questa meraviglia; mà hò sempre stimato, & stimo, che tutte le Matematiche insieme non contenghino cosa di tanto stupore; & se per segreto intende cosa riservata, & tenuta ascosa, hà ancora il torto, & maggiormente; non le havendo io nè celate, nè negate ad alcuno che me l' habbia domandate, che pur sin' hora sono stati centinaia di gentil'huomini; mà se finalmente per segreto vuole intender cosa nuova, & che habbia del peregrino; io credo bene, che molte delle mie regole sien tali, & quelle massime, li cui computi laboriosi sono da me tolti via, & col mezo del solo compasso, & delle mie linee aritmetiche risoluti con modi da niun' altro per addietro pensati; mà quando segreto nissuno trà le mie regole del misurare si contenesse incognito alle altre persone, assai pur ve ne sono segretissimi al Cap. e tanto incogniti, & astrusi per lui, che per ancora non gli hà potuti penetrare, si come nel deciferarglieli più à basso si farà palese; onde ei non doveva così disprezzarli, & avvilirli come cose tanto triviali. Se il Cap. poi secondo la sua promessa habbia dilucidamente trattata questa parte, ò pure se egli nel trasportar le cose scritte da me, & niente assolutamente intese da lui, & nel volerle palliare, & accomodare à sue sciocchissime immaginazioni habbia fatta una confusione, & un intrico inestricabile anco da Apolline, & si sia in fine palesato per tanto nudo di ogni intelligenza, che ei non habbia anco inteso come lo Strumento và tenuto in mano, per far le operazioni del misurar le distanze: col trascriver di parola in parola solamente due ò tre di tali sue operazioni insieme con le proprie figure trasportate à capello, & col glosarvele per vostra minor fatica, vi farò in quest'ultimo, giudiziosi Lettori, toccar con mano. Et pigliando il primo cap. de i 19. che il Cap. pone per le dichiarazioni di tali misure, si legge nel titolo così. Distantiam inter duos terminos in eodem plano (quasi che due termini, e anco tre potessino non esser nel medesimo piano; era dunque meglio dire, in eodem Orizonte) ad quorum alterum tantum accedi possit indagare. Segue poi: Notandum imprimis, quod haec extima circunferentia divisa in 200. partes continet umbram rectam, & umbram versam ipsius quadratus (ha voluto dire ipsius quadrati) Geometrici; ideo ut illos centenarios distinguere valeamus. E. g. dum per brachium CD. cernimus in proximè sequenti figura, qui iuxta mansoris oculum collocatus in superiori parte versus D. secundum, qui autem illi opponitur primum semper nominabimus, primus enim nobis ostendit umbram versam, secundus autem umbram rectam. Sit itaque investiganda distantia AB. ut puta latitudo alicuius fluvii, à centro instrumenti dimittas perpendiculum liberè cadentem, tunc constitutus in puncto A. observabis quodcunque signum C. progressus verò ad locum C. per instrumenti brachium CD. (quod quidem si duo pinnacidia habebit, ad hoc ut visus aberrare non valeat, observatio erit exactior) respicies terminum B. Hor quì mi fermo alquanto, & noto prima come il Cap. piglia il punto C. à caso, il che è grande inavvertenza, non gli potendo servire al suo bisogno, se non quando la linea prodotta da esso al termine A. faccia angolo retto con la linea BA. adunque il punto C è limitato, & non è quodcunque signum, com' egli scrive; noto in oltre come essendo la distanza AB da misurarsi, una linea orizontale, come la larghezza di un fiume, dalle parole del Cap. non si può intendere che la distanza presa AC. sia ancor lei altrimenti che orizontale, perche se havesse voluto intendere, che il termine C. fusse elevato, & à perpendicolo sopra 'l punto A della distanza AB. non haverebbe detto constitutus in A. observabis quodcunque signum C. perche in aria non si può osservar quodcunque signum; mà più presto dal punto sublime C. haveria notato qualche segno nell' orizonte: il dire ancora progressus ad locum C. mostra che si hà da camminare in piano, & non à salire; & finalmente è chiaro che nell' immaginazion del Cap. il punto C. non è in luogo sublime, perche se ciò fusse, questa operazione saria per appunto la medesima nè pur in un sol capello alterata, che quella, la quale egli scrive più à basso nel cap. 5. stanti queste premesse seguita il Cap. & scrive così: & observabis quot partes, & cuiusuam centenarii, an primi, an secundi secentur à perpendiculo; nam primo si secantur aliquot partes primi centenarii, ut puta 18. tunc mensurabis distantiam AC. (non dice, altitudinem, come haveria detto quando havesse voluto che il punto C. fusse stato sublime) & sit, e. g. 12. pedum, sicque institues ratiocinium, si partes abscisse hoc est 18. dant 100. quot dabut 12. facta itaque operatione, vel per regulam trium, vel per illa, quae cap. 5 tradidimus invenies 66 2/ 3 quare inquies distantiam AB. esse pedum 66 2/3. Si autem perpendiculum abscindet partes secundi centenarii, tunc sic proponenda erit quaestio 100. dant partes abscissas quot dabit AC. hoc est 12. pedes. Si tertio & ultimo perpendiculum inter duos centenarios cadet, tunc AB esset aequalis distantiae AC. quod apprimè semper notandum erit. Hor quì manifestamente si vede, sì dalla figura, come da quanto è scritto, che il Cap. stando nel punto C. vuole che lo Strumento si costituisca non parallelo all' orizonte, mà per taglio, ciò è eretto, perche altrimenti il perpendicolo non taglierebbe il quadrante, nè haverebbe uso alcuno; mà se così hà da costituirsi lo Strumento, & il punto C. è nell' orizonte, come taglierà il perpendicolo hor l'uno hor l' altro centinaio, se è impossibile che ne tagli alcuno? Mà quando pure per fare ogni agevolezza al Cap. se li concedesse, che il misurante in C. stesse in piede, si che nel traguardare il punto B. la coa CD. stesse alquanto inclinata, & il perpendicolo in conseguenza tagliasse l'arco del quadrante, i punti tagliati saranno per ordinario pochissimi, & del primo centinaio, & solo taglierà il secondo quando la larghezza del fiume fusse minor che l' altezza di un'huomo; mà quando anco tutti questi diverticoli se li concedessero per salvar pure, e nascondere in qualche modo la sua nulla intelligenza; la distanza CA. & i punti tagliati dal perpendicolo, & il triangolo nell'orizonte CAB. & quello che si forma sopra lo Strumento non hanno che far niente insieme, non possono servirci à cosa immaginabile, nè se risuscitasse Euclide potria trovare scusa, che salvasse questa troppo semplice fanciullezza. Bisognava M. Capra tener lo Strumento equidistante all' orizonte, & non eretto, & proceder conforme alla mia operazione posta nel mio lib. à car. 28. b. la quale voi nelle vostre parole immediatamente seguenti copiate per far piazza alla vostra ignoranza da potermi tassare, e mordere scrivendo così: Potest hoc idem absolvi hac alia ratione, prout aliqui volunt, statuunt enim instrumentum in A. ita ut alter brachiorum recta respiciat B. alter verò E tunc progressi ad punctum E ita disponunt instrumentum ut alter brachiorum recta respiciat A perque centrum instrumenti aspicientes punctum B. animadvertunt partes abscissas à radio visuali, per quas postea ratiocinantur, ut superius dictum fuit: à quo quidem modo, ut pauca de illo subiungam, in maximam ductus sum admirationem, nec enim satis videre possum an isti revera sic credant, an potius homines ad eo crassi cerebri existiment ut pro libitu illis imponere liceat, quae enim qui fieri potest, ut in tanta partium angustia, & multitudine mensoris oculus nulla adhibita dioptra non longe à vero aberret? quod si parvipendunt, re vera nugantur, similiterque parvifieri merentur, & ideo utiliora inquirentes, haec missa faciamus. Hora perch' io son quello che scrivo nel luogo citato del mio libro questo modo di misurare, & io son quello che in esso taccio l'applicare in tanta angustia di parti qualche diottra ò traguardo, & niun' altro autore hà mai scritta questa regola di misurare con questi difetti, fuor che io: però contro di me solo, circonscritto con queste condizioni individuanti, s'indirizzano le parole ingiuriose, & io con pazienza le ricevo; pur che colui che me le manda non recusi di soggiacere alla medesima sentenza, nè si adiri se vedrà osservata ne i demeriti, & nelle pene la nostra istessa geometrica proporzione; che è anco l'anima che informa, tutto questo libro che haviamo per le mani. Hà il Cap. copiato il mio libro, lo hà in molti luoghi lodato, & stimato; & ammirato tanto, che hà procurato di farselo suo, & con lo splendor di quello dar luce alle sue tenebre, & con le sue preziose spoglie vestire, & ricoprir la nuda sua ignoranza; & nel denudar me, venutagli in mano una piccolissima macchia quella sola mi vuol lasciar per mia parte, & per quella, & già del resto denudato, mostrarmi à dito per huomo contennendo. Io non sò trovare con qual diabolica coscienza egli possa amar tanto le cose mie, & odiar tanto me; nè sò vedere qual cosa l' induca à non poter tollerare, che questo Strumento sia creduto, & ricevuto per opera mia; se non forse la di lui troppa eccellenza: ma che? tanto più acerba sarà la sua passione, nel veder, per tanti riscontri reso il mondo più che certo che gli è mio, quanto più egli si troverà haverlo celebrato, & esaltato; si che più sicuro partito era per cibar la sua invidia l'intraprendere à biasimar & condennar l'opera mia (che forse vi haveria trovato qualche attacco) che il mettersi ad una impresa così difficile, anzi impossibile, di volermi usurpare quello che infiniti sanno che è mio; & più persuadersi come cosa riuscibile, di poter far credere al mondo se esserne il vero effettore; non si accorgendo se non altro, della manifesta contradizione, che egli contro di questo suo pensiero in questo medesimo libro apporta; poiche da quanto ei scrive nella dedicatoria apertamente si scorge come non possono esser più di 4. anni, che à questi studii di Matematica si è applicato, deponendo in quel luogo haver fatti i suoi studii di Logica, & Filosofia, & esser già molto avanti ne gli studii di Medicina, quando, persuaso da un luogo d'Ippocrate, si risolvette à volere studiar le Matematiche, & non sendo egli al presente di età più che di 23. anni in circa, è necessario, che pochi anni à dietro si sia applicato alle Matematiche. Mà che occorre andar per conietture, se in quel medesimo luogo ei dice havere havuto per suo primo institutore Simon Mario Gutzenhusano Alemanno, il quale venne in Italia solamente 5. anni sono; mà il mio Strumento è 10. anni che và in volta; adunque se è invenzione del Cap. grandissimo miracolo sarà questo, che egli 6. anni avanti che attendesse à questi studii fusse inventor d'uno Strumento, del quale dopo 4. anni di studio non intende pur un minimo uso. Mà tornando al mio instituto, m'incolpa il Cap. che io creda di potere senza diottra, ò altro traguardo osservar l'incidenza del raggio della vista trà le minute divisioni del quadrante; mà chi gli hà detto che io nel misurare non mi serva di traguardi, ò di diottra; & che nel mostrar queste operazioni à i miei scolari io non gli mostri anco il modo di traguardare? dirà forse haver creduto ciò perche io non ne fò menzione nel mio libro; & perche non riprendermi più presto di haver taciuta tutta la fabrica dello Strumento, della quale questo apparato di traguardi è una minimissima particella? & quando hò io stampato il mio libro per farlo venale, & darlo ad altri che à i miei scolari, insieme con lo Strumento fabricato, & con la prattica insegnatali anco con l' esperienza, & con la viva voce? & non hò io scritto nel mio libro, & mille volte detto in voce, che il libro senza lo Strumento non serve à niente, & che anco il libro con lo Strumento senza impararne gli usi dalla viva voce, & dal vederli mettere in atto, è tedioso, & difficile, & privo delle sue maggiori meraviglie? Se dunque così è, doveva il Capra, prima che venire à tassarmi, intendere da i miei scolari, se io gli proponevo di dover osservar il taglio del raggio senza diottra; & poi sentenziar qual' era maggior balordaggine, ò la mia in voler trovar tale incidenza senza traguardo, ò la sua in creder che io havessi questa opinione. Mà poi che egli hà voluto, lasciando da una banda le mie regole, proporne di più utili, sentiamole nel seguente suo capitolo; & poi, hormai sazii di cose tanto scempie, ponghiamo fine à questa scrittura. Scrive dunque nel secondo capitolo così. Idem interstitium inter ditos terminos eiusdem plani, in quorum nullo observari possit, dum tamen in amborum directo accommodari valeat invenire. Cap. 2. Sint duo termini A. & B. in eodem plano, quorum cognoscenda sit distantia, tam etsi ad neutrum illorum accedi possit ob aliquod obstaculum. Mà prima che andiamo più avanti, avvertiscasi che il Capra nel dar le stampe delle figure allo Stampatore hà (se io non m'inganno) posto nel suo libro in questo luogo una figura per un'altra, & quì deve essere quella, che ei mette al capitolo 10. le quali per la similitudine hà cambiate; mà però quando l'autore volesse pur mantenere in questo luogo la figura postavi da lui, basterà cambiare due lettere, & nell' angolo C. porvi E. & nel punto F. notarvi un C. & nel resto sono l' istessa cosa. Seguita: Converte instrumentum in statione C. ita ut brachium CD. tendatur secundum rectam terminorum A. & B. & per aliud C E. observabis quodcunque signum F. cuius distantia per mensurationem possit à te perdisci, sit autem distantia. E. g. 30. pedum, progressus in F. ita dispones instrumentum, ut per brachium, F.G. primum videas punctum A, deinde terminum B. & in utraque observatione notabis partes abscissas à perpendiculo, quae vel in utroque erunt primi vel secundi centenarij, vel in una primi, in altera secundi. Io non sò in qual genere di arte, ò scienza io deva riporre gli errori commessi in questo luogo dal Capra, & ne i quali in tutto il resto di questo capitolo persiste; perche, si come un contadino nel fabricarsi malamente un capannon di paglia, ò 'l pastore nel piantar male una steccaia per il suo gregge, non acconciamente sariano ripresi da chi accusasse quello di poca intelligenza de gli ordini di Architettura, & questo d' imperfetta perizia di fortificazione, ò castrametazione; così qui dove nè pur ombra, ò vestigio alcuno è di Geometria, ò perspettiva, non posso ragionevolmente biasimare il Capra di havere in tali scienze peccato; non potendo al parer mio cadere errore di Geometria dove niente è di Geometria: costui non è un sonator di Liuto, che erri nell' aria, nella battuta, nel contrappunto; erra nel tener lo Strumento in mano, appoggiandosi le corde al petto, & applicando la man destra alla tastiera. Vuole il Capra in questo luogo, si come nella precedente operazione, & nelle altre tre seguenti, misurar distanze poste nel medesimo piano dell' orizonte; & quì i termini A. B. C. F. sono tutti nell' istessa superficie, & venendo nella stazione F. & tenendo, come dimostra la sua figura, non l'angolo dello Strumento, ò centro del quadrante, verso l'occhio; mà l'estremità d'una delle sue coste; traguarda per essa le note A. B. e vuole osservare le sezzioni del perpendicolo sopra 'l quadrante. Mà non vi accorgete voi M. Capra, che restando l' angolo dello Strumento più basso che l' estremità della costa, appresso la quale voi ponete l'occhio, il perpendicolo non può tagliare altrimenti il quadrante, mà casca fuori dello Strumento? (dato però che voi non vogliate seppellirvi sotto terra, acciò che i termini A. B. fussero più alti dell'occhio vostro.) Bisogna che voi tenghiate l'angolo dello Strumento verso l'occhio quando voi traguardate segni posti nel piano orizontale, se voi volete che il perpendicolo seghi il quadrante. Hor direte voi, che questo non sia un bel segreto? vedete dunque che pur vi sono de i segreti à voi reconditi in queste misurazioni, li quali secondo la mia promessa vi anderò deciferando. Mà quando voi harete stando in F. traguardato i punti AB. & tenuto lo Strumento in modo, che si faccino le sezzioni, utrum se voi harete rimediato all'altro non minor errore commesso pur nel tener solamente lo Strumento in mano? & che cosa volete fare de i numeri tagliati così dal perpendicolo? niente. & che hanno che fare i triangoli AFC. BFC. formati in terra con questi che si fanno sopra lo Strumento? niente. E se non hanno che far niente, quanto benefizio vi apporteranno nel ritrovamento della distanza cercata? niente. adunque, che cosa era meglio che voi faceste prima che venire à perdervi in questi labirinti? niente. √à possibile, che nel cavar questa dalla mia operazione posta à car. 30. non haviate almanco inteso, che lo Strumento per misurar queste distanze orizontali si colloca non per taglio, mà in piano, ciò è, non eretto all' Orizonte, mà parallelo? & che l' angolo si tien verso l' occhio, & non verso l' oggetto? & eccovi il secondo non men bel segreto. Credo che se ci era al mondo un terzo modo di potere errare nell'applicazione di questo Strumento all' uso, il Capra non l' haveria certo lasciato indietro per danari. Seguita poi così: Sint autem primum in utraque observatione secundi centenarij; supponamus itaque quod dum respicimus terminum A. abscindantur 80. partes, dum verò terminum B. 40. sic procedendum erit, partes abscissae dant 100. quot dabit distantia CF. scilicet 30. duces enim 100. in 30. productum erit 3000. hunc numerum primum divides per 80. quotienserit 37 1/2. mox per 40. habebisque 75. subduces 37 1/2. ex 75. residuum erit 37 1/2. quare inquies distantiam AB esse pedum 37 1/2. Gran durezza di destino contra il Cap. poiche nel suo parlare alla ventura (poiche per dottrina non pun pure aprir la bocca) anco ne i dilemmi, che non possono stare in più di due modi, mai non si abbatte à indivinare il vero. Et lasciato per hora di replicar che questi punti tagliati così dal perpendicolo siano totalmente inutili per il suo bisogno; anzi ritenendogli come buoni; veggiamo in qual maniera il Capra se ne serva: & prima non è dubbio alcuno, che trovate che si siano le due lontananze CA. & CB. separatamente, & sottratta l' una dall'altra, resta la distanza BA, & è parimente verissimo, che multiplicando l' intervallo FC. per 100. & dividendo il prodotto per li due numeri de i punti del quadrante, si hanno le dette due lontananze CA. CB. mà questa regola non è vera, se non quando i punti tagliati sono, non del centinaio nominato dal C. mà dell'altro, nel quale i puuti tagliati nel traguardo FA. sono manco che i punti del traguardo FB. & come non s' è accorto il Capra, che ponendo egli esser nel traguardare A. tagliati punti 80. & nel traguardare B. 40. nel venir poi al computo la distanza CA. gli tornava 37 1/2. & CB. 75.? mà così fa chi non intende nulla. havete dunque M. Capra scambiata l'un' ombra dall' altra, & applicato all'una il computo che serve per l'altra; le quali due cose bisogna rimutare, se volete che quel che resta per l' intera operazione di questo primo modo di misurare posto da voi in questo secondo cap. sia medicato, & però intorno ad esso non vi dico altro; mà passo al secondo modo, il quale introducete con qneste parole, & con questa figura à capello rappresentata. Verum enimverò si liceret quidem usque ad terminum B. accedere, non autem esset possibile constituere lineam perpendicularem ad ipsum B. (non sono le linee perpendicolari à i punti, mà all' altre linee, ò alle superficie, & però doveva dire, ad ipsam AB. ex B. & non ad ipsum B.) sed propter loci angustiam necessum esset versus D. procedere, tunc firmato instrumento in puncto B, ita ut recta etiam respiciat punctum D. (& con che? & perche? con niente, & per niente) per brachium instrumenti BC. respiciendo punctum A. (non potrà dunque con alcuna delle sue parti respicere recta punctum D) observabis partes abscissas à perpendiculo, quae sint e. g. 40. progressus verò ad punctum D. per brachium DE. iterum aspiciendo terminum A. denuo notabis partes abscissas, quae sint 20. sit vero distantia DB. pedum 15. In somma non ci è mezo, che il Capra voglia tener lo Strumento altrimenti che à rovescio secondo l' uno, & l' altro verso; & perche? per scriver mostruosità di questa sorte. Quì tenendo lo Strumento con l'angolo verso il termine A. bisogna sotterrarsi due volte, in B. & in D. chi vuol che il perpendicolo tagli il quadrante, & quando poi l'haverà tagliato, potremo buttare in un pozzo i punti segati, insieme col perpendicolo, & con tutto lo Strumento, come cose inutili al nostro proposito; sono quì dunque tutte le medesime esorbitanze circa l'applicare all'uso lo Strumento, che nella operazione precedente, & però non occorre replicarci altro, mà passare à vedere se, dato che i punti fossero ben trovati, sono poi bene applicati alla regola, ò pur secondo l' usanza fuori di proposito. Seguita dunque così. Quoniam haec operatio per numeros est satis laboriosa, primus enim numerus in seipsum ducendus esset, productum esset 1600. cui addendum esset quadratum ipsius BD. scilicet 225. summa esset 1825. huius numeri indaganda esset radix quadrata, nempe 42. haec ducenda esset per 15. productum erit 630. quod dividendum foret per 20. per differentiam scilicet acceptarum partium, productumque ostenderet distantiam AB. In questa regola di computare è copiata ad unguem quella, che io metto nella terza mia operazione per misurar le distanze posta nel mio libro à carte 29. & perche nell'essempio, che io pongo, metto che la distanza trà le stazioni BD. sia 100. passi, & essendo in oltre 100. ancora le divisioni dell' una, & dell' altr' ombra del quadrante, & occorrendo servirsi nel calcolo hora del 100. de i passi, & hora del 100. del quadrante, il buon Capra non intendendo niente, è guidato dalla sua perfida Stella, che non lo lascia indivinare, hà creduto, che io mi prevaglia sempre del 100. come numero de i passi, & hà inserito nella regola mia buona, una solennissima pecoraggine, per la quale hà resa la regola scritta da lui falsissima, & dove dice, che al prodotto del primo numero multiplicato in se, ciò è à 1600. addendum esset quadratum ipsius BD. scilicet 225. non è vero, mà bisogna aggiugnervi sempre 10000. cioè il quadrato dell'intero centinaio dello Strumento, & non il quadrato del numero de i piedi trà le stazioni BD. & così si haverà 11600. della qual somma si deve poi fare il resto, si come lui senza farvi più errori copia da me, ciò è, cavarne prima la radice quadrata, che è 107 2/3. prossimamente, questa poi si deve multiplicare per il numero BD. ciò è per 15. fà 1615. il qual numero si deve finalmente dividere per la differenza delle parti, ciò è per 20. ne viene 80 3/4. per la distanza BA. & non 31 1/2. come la regola depravata dal Capra ci renderebbe: Et si come hà intromesso questo fallo nel computo numerale, così l'ha poi, in consequenza trasferito nella regola, che ei soggiugne per trovar il medesimo col mezo del compasso, & delle linee delle linee solamente, senza altre manifatture di numeri, il qual modo è pure ad verbum copiato da quello, che scrivo io nella mia medesima operazione sopracitata, mà però messo da me senza errore, il quale si lascia alle aggiunte del Capra. Terrete dunque bene à memoria M. Capra, come si hà da aggiugner sempre il quadrato dell'intero centinaio, & non il quadrato de i piedi BD; e questo per voi non è picciol segreto. Torna poi di nuovo pur nell'istesso capitolo à misurare una distanza trà due luoghi; & ne pone la seguente operazione, & figura trascritta puntalmente dalla sua. Insuper si necessum esset observare distantiam AB. nec esset possibile per rectam lineam illos duos terminos AB. aspicere, ut apparet in exemplo, nec enim, ex loco C. nec ex loco D. id fieri potest, ideo sic procedendum erit; constituti in statione D. ita ut per lineam rectam videamus terminum A. (quasi che si potesse veder per linea non retta) & per aliam quodcunque signum C. per brachium instrumenti DE. aspicientes terminum B. notabimus partes abscissas à perpendiculo, sint autem exempli gratia 88. tunc progressi ad stationem C. ita ut linea CD. sit ad angulos rectos cum linea DA. per brachium instrumenti CF. aspicientes terminum A. notabimus partes abscissas à perpendiculo, quae sint 38. ulterius etiam mensurabimus distantiam CD. quae sit pedum 60. Persiste, come si vede, nelle medesime inezzie di ritener pur lo Strumento non con l'angolo verso l'occhio, mà con l'estremità della costa, & non equidistante all' Orizonte, mà eretto; & essendo impossibile, che sia dal perpendicolo tagliata la circonferenza del quadrante, s' immagina pur che ella sia tagliata, & che quei numeri de i punti gli possino servire al suo bisogno, ancor che niente facessero al proposito, quando bene fussero dal perpendicolo segati; & oltre à queste esorbitanze ne introduce alcune altre, come è il por la distanza CD. senza alcuna limitazione, la quale però deve esser tale, e tanta, che li due raggi DA. CB. venghino ad esser trà di loro paralleli, & ad angoli retti sopra la linea DC. il che egli non hà nè detto, nè avvertito, poiche nella scrittura non ce ne è menzione, e nella figura si veggono le linee DA. CB, che non sono equidistanti; adunque la stazione C. si deve con diligenza investigare, & non à caso porre, la qual cosa sin quì stata segreta al Capra. & tutta questa faragine di stravaganze depende dal non haver inteso niente la mia operazione posta à car. 30. b. la quale hà volsuta copiare in questo luogo; io non sò poi perche habbia tralasciata la operazione numerale postavi pur da me assai chiaramente, & solo ci habbia trasferita à parola à parola l'invenzione di questa medesima distanza col mezo del compasso, & delle linee aritmetiche, messa da me nel medesimo luogo. Finalmente per l'ultima operazione di questo capit. mette l'ultima del mio libro, persistendo però nelle medesime esorbitanze circa 'l tenere lo Strumento al contrario; & più pretermette il computo numerale posto da me, forse perche è troppo difficile, se ben per lui tutti sono difficili egualmente, & solamente ne trascrive ad unguem il conto ritrovato col mezo delle linee aritmetiche. Eccovi giudiziosi Lettori dato in questi due primi capitoli un poco di saggio delle cose più utili ritrovate dal Capra, doppo che egli si hà burlato di mè, & chiamatomi degno di disprezzo, & tassato di inavvertenza, per havere tralasciato di parlare del traguardo, col quale io osservo l'incidenza del raggio sopra le divisioni del quadrante. E quì vorrei, che il Capra medesimo per via della regola aurea mi facesse un' altro computo, mà lo vorrei giusto, e retto; e che dicesse: Se al Galilei, vero & legittimo inventore di questo Strumento, e di tante sue mirabili operazioni, descritte, & esplicate da lui senza errore alcuno, per haver solo lasciato in dietro un capello (che altro non è una piccola setoletta, la quale io uso per traguardo) se li conviene di esser notato per inconsiderato, schernitore, e degno di disprezzo; che si perverrà al Capra, il quale usurpandosi quest'opera, e chiamando il suo vero inventore sfacciato usurpatore, & indegno di comparir trà gli uomini ingenui, la imbratta di innumerabili, e gravissimi errori, non in un solo capello manca; mà la totale intelligenza dell' applicazione di questo Strumento alle sue operazioni nè pure un capello intende? Io non saprei fare questo computo, nè sò numerare l' innumerabile, e se bene io sapessi, non voglio; vorrei che il Capra medesimo almanco dentro della sua coscienza lo calcolasse; che io sò bene, che quando ei volesse con giusta libra pesare il suo grave demerito, non mi daria titolo di oblatratore di livido morso, quale egli si era per se stesso pronosticato, che io gli dovessi essere per la publicazione di questa sua opera; mà conoscerebbe come io astretto da estrema necessità, hò procurato quel restauramento, che all'honor mio troppo obbrobriosamente da lui calpestato, era necessario; anzi di più manifestamente scorgeria di quanto più gran giovamento all' honor suo gli sarei stato io nel fargli supprimer, & levar dalla vista del mondo sì gran moltitudine di errori, che nel suo libro si ritrovano; (testimonii irrefragabili del non sapere egli più ciò che in questo Strumento, ò in tutto 'l resto delle Matematiche si contenga, di quello che ei sà di presente ciò che si tratta sotto il Polo Antartico) che le persuasioni de i poco, ò nulla intendenti, che alla publicazione di quelli l' hanno persuaso, & promosso; gli sarei stato, dico, quando l' ardente suo desiderio di sparger pel mondo la mia ignominia, non l'havesse così subitaneamente, & anco contro al divieto della giustizia, sospinto à far volar buon numero de i suoi libri per diverse parti d'Italia, & di tutta Europa, & in particolare in mano di quei Signori, appresso i quali ei sapeva ritrovarsi i miei libri, & Strumenti da me ricevuti; perche quando ciò non fosse seguito; mà che insieme con tutti i suoi libri si fusse potuto il suo vero, & il mio indegno obbrobrio supprimere, io, senz' alcun dubbio, mi sarei parimente astenuto dallo scriver, con tanto mio tedio, la presente necessaria difesa: la quale, si come non può parere agra à chi spogliato di passione, & interesse, la mia giustissima causa considera, così non dover gravare il medesimo Capra, poiche gli porge occasione di avanzarsi nelle scienze Matematiche in questa breve lettura incomparabilmente più di quello, che nello studio di molti anni non si è avanzato. Volevo cortesi Lettori finir quì, nè più tenervi occupati nell' ascoltar gli altri errori, de i quali sono sparsi i rimanenti 17. capitoli posti dal Capra pur del misurar con la vista; li quali volentieri haverei pretermessi, non tanto per liberarmi da questo impaccio, quanto perche non sono intorno à cose tratte dal mio libro (fuor che i computi fatti con lo Strumento, quali son presi da me) mà da i libri dell'Eccellen. Sig. Antonio Magini Matematico di Bologna, benche dal Capra non mai nominato: mà considerando poi quanto il Capra sia bramoso di riprendermi, & biasimarmi; hò dubitato, che quando io questo avanzo di errori havessi dissimulati, egli non à dissimulazione, mà ad inavvertenza, ò ad ignoranza me l'attribuisse; & che per dichiararmi, e poco avveduto, & molto ignorante, à palesargli egli medesimo si riducesse; non curando di cavar, com' è in proverbio, un occhio à sè, per trarne à me due, nella maniera che egli, dopo l'havere io palesato il suo furto, continuando nel voler sostentar nelle menti de gli huomini il sinistro concetto, che egli hà creduto suscitarvi di me, ad alcuni và affermando quello, che egli hà stampato esser' opera del suo Maestro; ad altri predica, che questo Strumento è invenzione di Tico Brae, & per Padova comunemente và dicendo che io hò presa questa invenzione da un libro per avanti stampato, & publicato in Germania in lingua Tedesca, il quale à confusion mia vuol far venire, & farlo vedere à tutti; & non considerando, che quanto ei dice è egualmente pregiudiziale all' honor mio, & al suo (non havendo egli nel suo libro nominato altri che sè per autore di quest' opera) sù la speranza che qualche osso, ò lisca possa attraversarsi in gola à me, si mette à inghiottire bocconi mal masticati, & ossi molto duri da rodere; ò pure vorrem noi credere, che egli alla caduta della sua reputazione, che da troppo alto precipizio rovina nel concetto de gli huomini, vada mettendo sotto, per ritardar la percossa, guanciali di vane speranze, & di giustificazioni da paesi lontani aspettate? si come quelli, che da un' alto edifizio dovendo saltare à basso, per non ricever così dura percossa, con paglia, ò fieno, ò altra materia cedente si fanno stramazzo: verrà dunque il libro stampato in Alemagna, & per quanto intendo il Gromo ne sarà apportatore; mà bisognerà che il Capra sia di questo secondo miglior custode, che dell'altro, il quale già hebbe (ch pur è forza, che egli altra volta l' habbia havuto, poiche sà, come in quello si contiene quanto io hò dato fuori per invenzion mia) per poterlo mostrare à chi non credesse alle sue semplici parole. Per questo rispetto dunque, & oltre à ciò per non mancare à quanto di sopra mi obligai, che fù, se ben mi ricorda, di far constare come nel libro del Capra niente vi era del suo, dagli errori in poi; non posso restar di far palesi i luoghi, onde le cose che restano sono copiate, & gli errori del Capra disseminativi, tenendovi ancora per breve tempo occupati in altre inezzie, Degne di riso, e di compassione. Già di sopra si è parlato intorno al primo, & al 2. cap. quanto bastava. Nel terzo cap. del Capra sono trasportate tre proposizioni del Magini, ciò è la undecima, la decimaquarta, & la decimasettima del primo libro de distantiis; solo vi mette il Capra di suo l'errore che è in quelle parole della prima di queste operazioni: Si verò secuerit primum centenariurn, ut exempli gratia 70. tunc sic procedendum erit, primum debes elicere radicem quadratam ex quadrato perpendiculi ED. dove bisognava dire, debes elicere radicem quadratam ex aggregato quadratorum integri centenarii, & numeri 70. Erra parimente nell'altra operazione, quando dice: Primo autem ponamus, quod in utraque statione perpendiculum intersecet secundum centenarium in F. quidem 93. in A vero 48. la qual cosa è impossibile che avvenga, ciò è, che siano tagliati più punti in F. che in A. mà accade tutto l'opposito. Erra ancora poco più à basso, dove scrive: Quare dices distantiam FB esse pedum 41. dove non è vero, che dalla operazione scritta si trovi la distanza FB. mà la AB. (& avvertiscasi, che niuno di questi errori, nè, per mio parere, alcun altro sono ne i libri del Magini.) copia poi l'altra operazione senza errori, mà à sproposito di questo luogo, trattando di materia differente dalla proposta in questo capitolo, nella quale ei fà passaggio; senza pur dir quello che egli intenda di voler fare. I calcoli poi, che egli e quì, & nelle altre seguenti, & passate operazioni fà col mezo delle linee aritmetiche dello Strumento son tutti cavati dal mio libro, nè sono per lo più altro che la regola aurea posta da me nell' operazione quarta, & il modo dell'estrar la radice quadrata dell' aggregato de i quadrati di due numeri con le medesime linee aritmetiche poste à squadra, il che insegno nel terzo modo del misurar le distanze, à car. 29. Nel quarto cap. copia la proposizione 19. del Magini; mà nel fine vi mette di suo un' errore grandissimo, scrivendo: Tertio & ultimo intersecet in prima statione secundum centenarium, in secunda autem primum, operatio est omnino eadem ac in proximo superiori casu, quare ab exemplo abstinendum credo. questo che ei dice è falsissimo, & chi seguisse questa falsa dottrina troveria la distanza cercata nel sopraposto essempio esser più di 9. La quale secondo il vero, è manco di 6. mà perche il Magini nell' esplicar questo caso hà scritto: Operatio est ferè eadem, seguendo poi di esplicarla bene, il Cap. per abbreviare hà fatto, che operatio sit omnino eadem. La seguente quinta del Capra, è la 22. del Magini. Nella sesta del Capra sono la 24. & la 26. del Magini. La settima del Capra, è la 28. del Magini. L'ottava del Capra, è la terza del Magini, De Altitudinibus. La nona del Capra, è la sesta del Magini, mà con un poco di giunta nel fine; perche chi operasse secondo le parole del Capra, iterumque dicendum, si quartus numerus mox indagatus dat 100. faria una falsissima operazione; mà bisogna ex numero mox invento demere partes abscissas in viciniori statione, deinde dicatur, si hoc residuum dat 100. quot dabit &c. Mà quando da niun' altra cosa havesse il Capra saputo accorgersi dell'errore, doveva pur comprenderlo da questo, ciò è che l'osservazione fatta nella stazione più vicina saria stata superflua non entrando nel computo: onde anco i piedi, ò passi della distanza trà le stazioni erano inutili, & potevano porsi ad arbitrio 10. 20. 100. ò 500. & sempre il conto saria tornato giusto. Et così ponendo per essempio, che i punti della stazione più vicina fossero 80. gli altri della stazione lontana 90. & la distanza trà le stazioni piedi 40. operando secondo il Capra, l'altezza creata si troveria 36. piedi, la quale secondo la retta operazione, & secondo la verità, è più di 129. Mà quelle, che egli scrive nel capitolo decimo, son veramente cose ridicolose: hà in quel luogo voluto trasportar la regola per investigar una parte di un' altezza stando nel piano, & lontano dalla base di quella per una conosciuta distanza; posta dal Magini all' ottava proposizione de Altitudinibus: mà perche il Magini in quel luogo, per non replicar due volte la medesima cosa, si rimette à quello che hà messo innanzi nella sesta proposizione de distantiis, dicendo, che le regole scritte quivi, & accommodate per le misure in piano orizontale, servono ancora quì per quest'altezza; il Capra non havendo saputa far questa applicazione, benche facilissima, hà ripieno questo capitolo di falsità. la prima delle quali è in quelle parole: Abscindat primo in utraque observatione primum centenarium, ita dicendum, si differentia partium abscissarum, in utraque observatione dat 100. quot dabit distantia CE. la qual cosa è falsissima; perche, non ut dicta differentia ad 100. ita est distantia CE ad altitudinem BA. quaesitam; mà è tutto l'opposito, nempe ut centum ad illam differentiam, ita distantia CE. ad quaesitam altitudinem. onde chi operasse secondo la regola del Capra, & l' essempio da lui posto, troveria la detta altezza esser più di 191. la quale, operando conforme al vero modo, è meno di 53. mà perche io son certo, che il Capra non può scrivere una sola parola, la quale egli ò bene, ò male non cavi da altri, mi sono accorto nel vedere il detto luogo del Magini, di dove il Capra habbia cavato il suo errore; imperò che scrivendo il Magini così: Notenturque partes HI. differentiae utriusque intersectionis. Ad has enim eam habet proportionem totum latus (nempe 100) CG. quam habet distantia CE. ad altitudinem AB. dove notandosi dal Magini i primi tre termini de i quattro proporzionali, nel primo luogo vien nominata la detta differenza delle parti, nel secondo tutto il lato, ciò è 100. & nel terzo la distanza CE. il buon Capra non pensando al senso delle parole del Magini, ò (per dir meglio) non le intendendo, & solamente considerando l' ordine di primo, secondo, e terzo, secondo il quale tali termini sono connumerati, non ponendo mente à troppe grammatiche, nè à casi retti, ò obliqui; hà fatto conto che sia scritto; hae enim eam habent proportionem ad totum latus CG. quam habet distantia CE. ad altitudem AB. Passa poi avanti, & (quello che ei non hà fatto in molte delle precedenti operazioni) vuol dichiarar questa con l' essempio, per aggiugnerci, guidato dalla sua Stella, altri mancamenti; & scrive così: Sed lubent hoc loco uti exemplo, ne dum nimiam brevitatem desideramus, obscuritatem consequi videamur. Sit itaque distantia CE per mensurationem nota pedum 86. partes abscissae in prima, ut puta CA. 15. in secunda CB. 60. la qual cosa è impossibile che accaschi, ciò è, che (tagliando il perpendicolo, come egli suppone il primo centinaio,) nel traguardare il punto più alto A. tagli minor numero, & nel traguardar il più basso termine B. tagli numero maggiore di punti; mà è necessario che avvenga tutto l' opposito, come ogn' uno, benche superficialmente intendente, può benissimo vedere: tal che sin' hora il Capra, & nel dar la regola hà scritto il falso, & nello esemplificarla hà posto il contrario del vero; dal qual modo di operare viene à insegnarci, che l' altezza cercata sia 191. piedi, non sendo ella più di 52 1/ 3. Seguita poi: Quod si secundo intersecet in utraque statione secundum centenariurn &c. dove egli dice, che queste operazioni che restano, dependono dal suo cap. 9. il qual capitolo non hà che fare in questo proposito; & però credo, che habbia voluto citare il capit. 2, & se così è, non meno che nel primo caso, viene à pigliare in questo secondo ancora i termini al contrario, dal che l' operazione ne viene esorbitantissima. Mette poi nel fine di questo medesimo capitolo la undecima proposizione del Magini. La undecima del Capra, è la duodecima del Magini. La duodecima del Capra, è la decimaquinta del Magini. Nel capitolo 13. del Capra, sono la 17. & la 19. del Magini. La 14. del Capra, è la 21. del Magini. La 15. del Capra, è la 22. del Magini. La 16. del Capra, è la 24. del Magini. Nel cap. 17 del Capra, si contengono la seconda, & la quarta del Magini, De profunditatibus. La 18. del Capra, è la sesta del Magini; mà con l'aggiunta di un errore del Capra, il quale, volendo mettere un poco di operazioncella fatta sopra le linee aritmetiche, si perde, & dovendo pigliare sopra le dette linee, messe à squadra, l'intervallo della metà del numero della distanza AC. che è la lunghezza della declività del monte, scrive che excipiatur intervallum inter dimidium partium abscissarum, che sono i punti tagliati dal perpendicolo sopra lo Strumento, il che saria error grande, & l' operazione falsa. La decimanona, & ultima del Capra, è la nona del Magini; Et tutte queste regole non solo quanto all'essenza delle operazioni; mà per lo più ancora quanto à le parole stesse son copiate da i luoghi citati: avvertendo però, che mettendo il Magini due regole da misurare, una col quadrante, & l' altra col quadrato Geometrico, & mettendo sempre innanzi le operazioni del quadrante; i titoli di queste operazioni poste dal Capra, si trovano per lo più nelle operazioni del Magini fatte col quadrante, & però nella operazione del Magini, che precede à quella, che quì vien da me citata; mà il modo poi dell'operare, si trova nel Magini nelle proposizioni stesse, citate da me. Hor eccovi Giudiziosi Lettori, tutti i motivi, le concitazioni, le esecuzioni, i progressi, & in fine l'ultima riuscita di questa disonorata Machinazione di Baldessar Capra Milanese contro la riputazion mia; la quale impresa, benche superi ogni nostra immaginazione, non avanza per l' animosità sua, sentendosi egli un cuor di Lione, per far prede ancor più grandi, qualunque volta questa appresso il Mondo havesse havuto spaccio; di che egli per se stesso è chiaro testimonio, concludendo la sua prefazione con queste parole: Interim te compello, & rogo candide Lector, ut has meas lucubrationes boni aequique consulas, quod si facies ut in posterum. Maiora his audeam, non minimam occasionem partes. Et quì sarebbe il luogo, & il tempo di esaminare qual fusse il meritato castigo della sua temerità; mà ciò non farò io; facciane il giudicio la prudenza vostra; anzi pure voglio, che siamo così benigni, & pietosi giudici, che ci contentiamo, che questo reo alla sola sentenza, da se medesimo contro il suo gravissimo delitto pronunziata, soggiaccia; che è: Ut, Qui alterius inventionem impudenter sibi arrogant, patefacto vero, & germano effectore, magno suo cum dedecore erubescant, & coram literatis, & candidis Viris posthac se offerre amplins non audeant. IL FINE. COPIA. Gli Eccell.mi Signori Capi dell' Eccelso Cons. di X infrascritti havuta fede dalli Signori Riformatori del Studio di Padova per relatione delli due à questo deputati, cioè del Reverendo Padre Inquisitor, & del Circonspetto Segretario del Senato Zuane Meraveglia, con giuramento, che nel libro intitolato: Difesa di Galileo Galilei Nobile Fiorentino, Lettore delle Mathematiche nello studio di Padova &c. non si trova cosa contra le leggi, & è degno di Stampa, concedono licentua, che possa essere stampato in questa Città. Datum die 2. Augusti 1607. D. Vicenzo Dandolo D. Tomà Contarini K.r D. Antonio Bragacdin Capi dell'Eccelso Cons. de X. Illustriss. Consilii X. Secretarius Bartholomeus Cominus. 1607. à 4. Agosto. Regist. in lib. à car. 174. Antonius Lauredanus Officij contra Blasph. Coad. FEDE DE GL' ILLUSTRISSIMI SIG. PODEST√Ä ET CAPIT. DI PADOVA. Noi Almorò Zane Podestà, & Zuanne Malipiero Capitano per la Sereniss. Signoria di Venetia &c. Rettori di Padova, facciamo fede publica colle presenti Che le sottonominate fedi, e scritture presentate nella Cancellaria nostra Pretoria sono di nostro ordine ad instanza dell' Eccell. D. Galileo Galilei state da gli Auttori, ò esshibitori d'esse riconosciute per vere, & per incontro fatto nelle parti citate nell' opera presente del medesimo Galilei ritrovate concordi; onde in confermatione della verità à notitia, e requisitione di ciascheduno restano riservati gli originali presso l' ordinario Nodaro Coaiutore dell' istessa Cancellaria nostra. In quorum &c. Di Padova li 23. Giugno 1607. Nota delle fedi, e scritture de le quali sopra. Una fede del Clariss. Sig. Giacom' Alvise Cornaro fatta sotto li 15. Aprile 1607. in Padova, con la contestatione del Sig. Francesco del Clariss. Sign. Tadeo Contarini. Una fede del Sig. Giacomo Badovere fatta in Padova li 13. Maggio 1607. Una fede di Domino Marc' Antonio Mazzoleni sotto li 24. del medesimo in Padova. Una fede del Clariss. Sig. Giacom' Alvise Cornaro sotto li 6. d' Aprile passato in Padova. Una lettera del Clariss. Sig. Giacom' Alvise Cornaro scritta al Sig. Aurelio Capra sotto li 4. del medesimo. Una fede del Clariss. Sig. Giacom' Alvise Cornaro sottoli 14. dell'istesso in Padova con la contestatione del Sig. Pompeo di Conti da Pannighi. Due quesiti di mano lel Clariss. Sig. Giacom' Alvise Cornaro fatti all'Auttore di ordine di Baldessar Capra. Copia d'una lettera di mano del Rever. Do. Antonio Alberti scritta al Clariss. Sig. Gio. Malipiero sotto li 17. Decembre 1604. Alcuni scritti à mano riconosciuti da M. Gasparo Pignani per quell' istessi, c' hebbe già cinque anni sono dal Sig. Michiele Victor Vustroa di Bransvich, il qual Signore disse havergli ricevuti nell' istesso tempo da M. Giovanni Eutel Zieckmeser Fiammingo. Alcuni scritti vecchi sopra l'uso del Compasso Geometrico & Militare dell' Auttore presentatici dal Clariss. Sign. Giacom' Alvise Cornaro, qual disse haverli ricevuti dal detto Auttore sei anni avanti. Una lettera Apologetica di D. Girolamo Spinelli. Almorò Zane. Podestà. Zuanne Malipiero Cap. Giorgio Vecchioni Cancelliero Pret. sottoscrisse, e sigillò. Errori occorsi nello stampare. Errori Correzioni Errori Correzioni Carte 4. nella postilla al. c leggi à carte Car. 22. b. ver. 7. L'uso Le operazioni Car. 5. ver. 7. furno furon C. 23. ver. 18. verissima verissimo Car. 5.b.ver.15. nnova nuova C.24.b.v.6. segnarla.posto sengarla posto C.8.b.ver.14. creare cercare C.27.ver.1. posso passo. C.13.b.ver.17. expeditissimaque expeditissima C.32.ver.16. tronati trovati promptissimaque C.33.ver.25. mansoris mensoris C.14.b.ver.13. havendo havere C.34.ver.9. coa costa C.16.ver.2. possa posso C.34.b.v.18. intrapendere intraprendere. C.16.b.ver.31. posta . Posta C.40.ver.24. creata cercata IN VENETIA, MDCVII. Presso Tomaso Baglioni.

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"Based on the national edition corrected to ETH-Bibliothek Zurich Shelf Mark: Rar 4432: 3; Persistent Link: http://dx.doi.org/10.3931/e-rara-1296" Difesa di Galileo Galilei nobile fiorentino, Lettore delle Matematiche nello Studio di Padova contro le calunnie ed imposture di Baldassar Capra milanese: Usategli si' nella Consideratione Astronomica sopra la nuova stella del MDCIIII, come (et assai più) nel pubblicare nuovamente come sua l'invenzione, la fabbrica e gli usi del Compasso Geometrico, et Militare, sotto il titolo: Usus et fabrica Circini cujusdam proportionis, ecc. Galilei, Galileo Venice Baglioni, Tommaso 1607

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Difesa di Galileo Galilei nobile fiorentino, Lettore delle Matematiche nello Studio di Padova contro le calunnie ed imposture di Baldassar Capra milanese: Usategli si' nella Consideratione Astronomica sopra la nuova stella del MDCIIII, come (et assai più) nel pubblicare nuovamente come sua l'invenzione, la fabbrica e gli usi del Compasso Geometrico, et Militare, sotto il titolo: Usus et fabrica Circini cujusdam proportionis, ecc.
1607
DIFESA DI GALILEO GALILEI NOBILE FIORENTINO, Lettore delle Matematiche nello Studio di Padova, Contro alle Calunnie & imposture DI BALDESSAR CAPRA MILANESE, Usategli sì nella Considerazione Astronomica sopra la nuova Stella del MDCIIII. come (& assai più) nel publicare nuovamente come sua invenzione la fabrica, & gli usi del Compasso Geometrico, & Militare, sotto il titolo di Usus & fabrica Circini cuiusdam proportionis, &c. CUM PRIVILEGIO. IN VENETIA, MDCVII. Presso Tomaso Baglioni. GALILEO GALILEI A I LETTORI. IO non credo, prudenti Lettori, che verun' altro dolore à quello si agguagli, il quale l'animo di persona ben nata, trà costumi honesti allevata, & in virtuosamente operare sempre occupata, affligge, e tormenta, quando dalla malignità di temerario calunniatore, senza alcun suo demerito, dell'honore, con le proprie azioni virtuose meritato, & conseguito, non meno inaspettatamente che ingiuriosamente si vede spogliare. E stimata la perdita de i figliuoli apportatrice di sommo cordoglio; mà chi ben considera, che altro perde chi de i figliuoli resta privo, che quello, che non pure in poter di ogn' huomo, mà dell'impeto di ogni fiera è in potestà di produrre, e di rigenerare? Si dorrà forse alcuno, e non senza urgente cagione, nel vedersi spogliare, e denudare di ogni sustanza, & di tutte le sue facultadi; mà che? se gliene sortì il padronaggio per eredità, qual più legittimo dominio vi hebbe sopra, che qualunque altro, à cui la sorte, ò il caso solamente tal possessione contese? & se per propria industria ne fece aqquisto, non si doglia altrimenti implacabilmente, restandogli ancora il modo di poter fare il secondo con maggior lode di quella, con che ne fece il primo guadagno. Dirà forse alcuno, acerbissimo essere il duolo della perdita della vita; anzi pur, dirò io, questo esser minor de gli altri; poiche colui che della vita ci spoglia, ci priva nell'istesso punto del poterci noi più, nè di questa, nè di altra perdita lamentare. Solamente in estremo grado di dolore ci riduce colui, che dell'honore, della fama, & della meritata gloria, bene non ereditato, non dalla natura, non dalla sorte, ò dal caso, ma da i nostri studii, dalle proprie fatiche, dalle lunghe vigilie contribuitoci, con false imposture, con fraudolenti inganni, & con temerarii usurpamenti ci spoglia; poiche restando noi in vita, ogni virtuosa persona non pur come tronchi infruttuosi, non solo come mendici, mà più che i fetenti cadaveri ci sprezza, ci sfugge, ci aborrisce. In questo di miserie ultimo, & infelicissimo stato hà con fraude inaudita, e con temerità senza essempio procurato Baldessar Capra Milanese di ridur me col publicare ultimamente, & dare alle stampe come sua propria invenzione, e come parto del suo ingegno (che così nell' opera sua lo chiama) il mio Compasso Geometrico, & Militare, da me solo già sono dieci anni immaginato, ritrovato, e perfezionato, si che altri non ve ne hà parte alcuna; da me solo da quel tempo in quà conferito, participato, & donato à molti grandissimi Principi, & ad altri nobili Signori; & finalmente da me solo un' anno fà stampatone le operazioni, & al glorioso nome del Serenissimo Principe di Toscana mio Signore consecrate. Del quale Strumento non solo il sopranomato Baldessar Capra si fà autore, mà ne predica me (e tali sono le sue parole) per usurpatore sfacciato, & però meritevole di arrossirmi con mio sommo obbrobrio, & indegno di comparire nel conspetto di huomini letterati, & ingenui. Nella quale insolentissima impresa io non sò giudicare à quale di queste tre qualità del Capra si deva il primato; se alla temerità, alla ignoranza, ò pure alla pazzia, & però tal giudizio lascio io alla prudenza vostra Discreti Lettori, dopo che questa mia scrittura havrete letta; & solo proporrò, somma essere stata la sua temerità, poiche non si è peritato in questa medesima città di Padova, dove comunemente da 15. anni in quà abitiamo, stamparmi in faccia l'opera dal mio libro puntalmente trasportata; in questa Città dico, dove da dieci anni in quà hò fatti fabricar 100. di questi miei Strumenti, & egli li hà veduti, dove io à lui medesimo, & à suo padre già molti anni sono alla presenza di terze persone hò mostrato questo Strumento, & diverse sue operazioni; & dove finalmente esso si hà da terza persona fatto prestare uno di questi miei strumenti per studiarlo, & procurar d'intenderlo, & molti mesi l'hà ritenuto nelle mani; le quali cose tutte amplamente saranno più à basso dimostrate; Che somma sia la sua ignoranza in queste scienze, non più lungo tempo ricerco per farvi toccar con mano, di quello, che nella lezione di questa scrittura consumerete, mà nè à questa, nè à quella cede in grandezza la pazzia di costui, essendosi egli persuaso, ò che io non fussi per conoscere il suo furto, & le sue calunnie; ò che io fussi per dissimularle; ò che io fussi per tollerarle; ò che non si fusse per poter trovar compenso da manifestarle, repriprimerle, & castigarle. Ma perche nel giustificar la causa mia io non hò cosa che sì mi pregiudichi, quanto la grandezza medesima dell'eccesso del Capra, la quale, superando ogni immaginabile verisimile, non può nell'humano intelletto, nella prima apprensione, non suscitare qualche dubitanza intorno al vero; io, prima che ad altro descenda, toccherò due cagioni, le quali, s'io non m'inganno, sono state delle più potenti à far precipitare il Capra in questa disonorata operazione. La prima sono state le suggestioni del mio antico avversario, invido inimico non sol di me, mà di tutto 'l genere humano, quello la cui mordace, & mendace lingua apparecchiata sempre à lacerare, e dilaniare tutti i buoni, sempre occupata in consultare diabolici trattati, fà che assai fortunati si stimano, e chiamano coloro, li quali, conoscendo lui, da lui non sono conosciuti, non essendo al mondo altro schermo contro 'l veleno di questo Basilisco, che il non esser da lui veduto; costui, che altre volte con altre sue machine hà tentato il mio precipizio, hà, per mio avviso, concitato il Capra, già per propria inclinazione contro di me male affetto, & pensando più à sfamare le sue ingorde brame, fameliche del mio disonore, che al pericolo al quale col suo perverso consiglio esponeva l'amico; l' hà finalmente ridotto, confermato, & mantenuto nell' esecuzione di questa opera vergognosa. L'altra cosa che hà allettato, & assicurato il Capra à questa impresa, è stata la mia connivenza, & l'havere io dis.simulate altre sue arditissime calunnie, & imposture publicate contro di me nella considerazione astronomica circa la nuova Stella del 1604. stampata da lui più di due anni sono, le quali per non li havere io risposto, nè permesso che altri per me risponda, hanno tant' oltre promossa la confidente sua petulanza, che finalmente non si è peritato di osar tant' oltre. Ma poiche la sua importunità ha vinta la mia sofferenza, io per palesare la sua obliqua affezione verso di me, cominciata, e continuatasi poi gran tempo, verrò insieme à raccontare, anco per mio scarico dalle altre sue calunnie, quanto sin quì ho taciuto. Cominciò dunque con l' a1jparir della nuova Stella del 1604. à germogliare, & à farsi vedere, quella prava affezione del Cap. verso di me, che per avanti haveva solamente sparse le sue radici, & fatto cespo sotto 'l terreno assai tenero, & facile ad impinguarsi del succo avvelenato, che dal putrido concime dal suo pessimo cultore, e consultore, ò pessimi cultori, e consultori, in lui discolava; Et essendo egli, & il suo maestro, che per pratticare le operazioni del quadrante facevano ogni notte diverse osservazioni, stati in Padova i primi ad accorgersi di quella nuova apparizione, si che da loro per mezo dell' Illu.strissimo Sig. Iacop' Alvigi Cornaro, gentil' huomo Veneziano non meno per nobiltà di sangue che per molte sue veramente regie condizioni illustre, & cospicuo, à me ne passò l'avviso; venne il detto Capra in opinione, per quanto io credo (ned è la mia credenza iperbolica, come appresso farò palese;) che quanta intelligenza io hò delle cose celesti, col tramesso dell'annunzio del suo nuovo scoprimento, facesse nella mia testa tragitto, & quivi trasportasse quanto io sopra la nuova Stella in tre mie lunghe lezioni à più di mille uditori feci sentire; & à ciò credere m'induce l'essersi da i suoi maligni consultori, li quali l'applauso universale delle mie lezioni veder e sentir non potevano, sparsa voce, & tuttavia mantenersi, che quanto io di buono dissi, fù per li avvisi ricevuti dal Capra, & suo Maestro, & che io per me senza le loro lezioni, non ero atto à parlar in quella maniera di materie così alte: nè furno in somma li avvisi & le loro lezioni altro, che l'intender' io da terze persone come loro erano stati i primi osservatori dell' apparizion della nuova Stella; il qual primato se deve esser tenuto in così grande stima, sarà bene che quelli, che nelle scienze Matematiche aspirano à qualche nobil grado di gloria, trapassino tutte le notti della lor vita, in osservar con gran vigilanza sopra i colmi delle case loro, se qualche nuova,stella apparisce; acciò che altri, à i quali il caso fusse più favorevole, non riportassero la palma di così glorioso scoprimento. Sapevo benissimo, che questa era per esser' una delle maggior lodi, che il Cap. fusse per guadagnarsi in tutto il corso de i suoi studii matematici, & perciò non volsi defraudarlo di quel merito che se li perveniva, & nella mia prima lezione sopra la Stella nuova, presente lui, & suo Maestro, dissi con parole di laude, come loro ne erano stati i primi osservatori in questa Città. Onde non hò potuto poi à bastanza meravigliarmi, perche egli si sia contro di me doluto nel suo libro stampato sopra la detta Stella, che io non habbia resa la gloria à chi si doveva. Mà notisi in cortesia quanto il desiderio di appuntar, benche irragionevolmente le azioni mie, avanzi nel Cap. la volontà di deporre un vero, che non porti in fronte qualche macchia per l'honor mio; poiche non potendo egli negare, che io non attribuissi al suo Maestro il vanto cl' essere stato il primo, che in Padova osservasse la nuova Stella, passa sotto silenzio la honesta menzione che io feci di ciò, & m'impone à mancamento che io non nominassi l'Illustriss. Sig. Cornaro, il quale fù solamente semplice relatore di quanto il Ca. li haveva detto havere insieme con suo Maestro osservato. Veggasi quello che in questo proposito scrive nel lib. della nuova Stella, à car. 7. b. dove in ultimo conclude con queste parole: Da questo cavasi una conclusione necessaria, cioè che l' Eccell. Galileo habbia havuto il tempo, & il loco di questo nuovo portento dall' lllustr. Cornaro, delche nondimeno non ne hà lui fatta alcuna menzione nelle sue lezioni: Ma se io nominai il suo Maestro, da cui ne fui fatto avvisato per mezo del Sig. Cornaro, perche tacer questo, e biasimarmi perche io non nominassi il detto Signore? Mà per seguire quello che è il mio presente intento, cioè di mostrare con quali in parte frivolissime, & in parte falsissime imposture costui sino da quel tempo procurasse di avvilire l'honore, & la riputazion mia,; considerisi prima la incivile, anzi villanesca, e temeraria sua maniera di operare, mentre che, per farsi campo da potermi lacerare, si piglia ardire di por mano à stampar quello che si immagina che io habbia detto nelle mie lezioni, & quello che non hò voluto publicare io con le stampe; bisogna dunque che altri vada molto circonspetto nel parlare alla presenza di questi tali, li quali, quasi spie del mondo, quello che altri ò trasportato dal corso delle parole, ò per inavvertenza, ò pur per ignoranza si lascia uscir di bocca, molto sottilmente raccolgono, & all' orecchie dell'universo fanno pervenire; adunque i privilegii & le habilità, che il tempo concede alli studiosi di poter accorgersi de gli errori, emendarli; una, due, e cento volte rivedere, limare, & castigare li scritti proprii, saranno dalle petulanti, & vigilanti censure di costoro aboliti, & annullati? Io non sò in quali scuole habbia il Capra imparato questa bruttissima creanza; dal suo maestro Alemanno non credo certo, perche facendosi egli scolare di Tico Brae, haveva da quello potuto imparare, & al suo discepolo mostrare, quali termini usare si devino nel publicare non solamente le cose dette da altri, mà le già communicate, e mandate attorno con scritture private; & ambidue, come studiosi del medesimo Autore, potevano havere appresa la modestia da quello, il quale volendo inserir ne' suoi scritti alcune cose di un' amico suo, che ancor viveva, & pure in materia della nuova Stella di Cassiopea, prima ne ricercò il consenso da lui, & poi, dovendole addurre, premesse à quelle in sua scusa queste parole: Scio etiam bona authoris venia id fieri, ut nonnulla licet non publicata immisceam, ipsemet enim per literas id mihi libenter concessit; & pure non adduceva tali cose per biasimarle, ò contradirli. Ma perche devo io dubitare se il Cap. sapessi, queste azioni esser di pessima creanza? anzi è pur chiara cosa ch'egli hà stimato atto ancora di malignità il porsi à mordere le cose da i suoi proprii autori già stampate, & publicate; dolendosi egli nel principio de i suoi Tirocinii astronomici della temerità de i Critici, & scrivendo queste parole: Quandoquidem in hac vitae tragicomoedia ea est humanae miseria calamitas, ut si quis iuvandi mortales studio, vel ab amicis impulsus aliquid publici iuris faciat statim non desint, qui illum vel iure, vel iniuria carpere velint, &c. Mà, oh vista humana di talpa ne' proprii difetti, di aquila, e di serpente nell' altrui operazioni, oh mente nostra offuscata, & affascinata da i proprii affetti, & interessi: biasima questo poverello nella corruttela di questo nostro secolo le vigilanti insidie de i critici, che sempre in guisa di rapaci avvoltoi stanno sù le ali apparecchiati per buttarsi addosso à i parti novelli appena usciti di sotto le penne cle i padri loro, & lacerargli co i mordaci rostri, & battergli co i pungenti artigli, si che per loro oppressi nel primo volo, non possino spiegar le ali verso il cielo, & goder gli spaziosi campi dell' aura popolare; & non si accorge, come egli, stimolato da vie più fameliche brame, trapassa ne gli altrui nidi, & rompendo la scorza de i parti ancora non nati, lacera i piccoli figli, le cui tenere membra per meglio formarsi, invigorirsi, & consolidarsi, sotto l' amato caldo del paziente padre venivano ancora covate. Biasima dunque in altri il Cap. la mordacità contro le opere già, da i loro proprii autori stampate, & tollera in se stesso la impazienza di non poter aspettar che io stampi le mie; anzi spinto da bramosità di lacerarle, impaziente, & pauroso pur di perdere sì belle occasioni, si risolve, arditamente à publicarle, & dilaniarle poi egli medesimo. Questa è veramente, giudiziosi Lettori, audacia grandissima; mà pure piccola, tollerabile, & scusabile la rende, un' altra temerità immensa, & per avventura s enza esempio, usata contro di me da costui; il quale, non havendo sentito nelle mie lezioni cosa alcuna degna della sua mordacità, & pur bramando di lacerarmi, hà scritto che io habbia dette cose, le quali mai dalla mia bocca non uscirno; si come appresso con infinita ammirazione vi farò toccar con mano. Et avvertite che io non vi produrrò per grande argomento della sua malignità quello che egli à carte 5. della sua Considerazione Astrononomica, attribuendomi à gran nota, introduce molto à sproposito di quel luogo, & solo à proposito della sua mordacità, ciò è, che io apertamente non mi dichiarassi circa 'l tempo dell' apparizion della Stella nuova, & che io confusamente dicessi quella trovarsi circa 18. gradi di Sagittario con quasi due gr. di latitudine boreale; replicando pur di nuovo il medesimo à carte 6. & attribuendomi à grave mancamento l'haver confuso il giorno ottavo col nono, & col decimo, si che non fusse possibile sapere da mè se la Stella apparse alli 8. alli 9. ò alli 10. soggiugnendo che questo si doveva con diligenza descrivere, & replicando di nuovo che io non posi precisamente il luogo suo rispetto all' Eclittica; Le quali cose, quando ben fossero vere, come leggerissime, & non necessarie all'intento delle mie lezioni, che fù di provare solamente come la Stella nuova era fuori della sfera elementare, per il che dimostrare niente importava il determinare il giorno della sua apparizione, nè anco scrupolosamente assegnare il suo sito rispetto all' Eclittica, proveriano molto maggior mancamento nella modestia del Cap. che nella dottrina delle mie lezioni; mà essendo di più false, oltre alla immodestia, notano il suo prolatore per falsidico, & temerario; nè io dissi confusamente il giorno della prima apparizione della Stella; anzi le prime parole della mia prima lezione furno queste: Lux quaedam peregrina die 10. Octobris primo in sublimi conspecta est. Vero è, che poco dopo havendo io parlato della congiunzione di Giove, & di Marte, che fù il giorno 8. & dovendo replicare che il 10. fù veduta la Stella, dissi, die itaque octava, quinimo die decima observata fuit, correggendo immediate la scorsa della lingua. & queste furno le confusioni circa 'l tempo della sua prima apparizione; mancamento, che con la sua piccolezza diinostra l'immensità della malignità di chi lo nota. Quanto poi al sito, io non sò perceh in un ragionamento corrente, & dove niente era necessario di offuscar la mente de gli ascoltanti con gradi & loro frazioni, non bastasse, anzi fosse meglio, dire, in 18. g. in circa di Sagittario, con 2. g. in circa di latitudine, in luogo di dire: in 17. gr. 41. min. di Sagittario, con 1. g. 51. min. di latit. boreale. Mà se si deve esser così severo critico in queste precisioni, perche non si è posto il Cap. à riprendere in Tico Brae, prima il medesimo Ticone, & poi tanti autori segnalati, le scritture de i quali sono da lui registrate nei Proginnasmati, li quali sono così poco scrupolosi nell'assegnare il luogo, & il tempo dell' apparizione della Stella di Cassiopea? Poiche l'Illustrissimo Principe Wilhelmo Landgravio di Assia, come si vede ne i Proginnasrnati di Tico Brae, car. 491. mandando al medesimo Tico le sue osservazioni intorno alla nuova Stella di Cassiopea, scrive così: Anno salutiferi partus 1572. die 3. Decembris monente Electore Saxone primum vidi & observavi Stellam novam ipsa Venere maiorem, & clariorem in Asterismo Cassiopeae. Et nell'investigare il vero sito di detta Stella, si vede nel raccor la sua ascension retta, & nello stabilire la sua declinazione col mezo delle molte osservazioni fatte dal medesimo Principe con esquisitissimi strumenti, diversità, circa le ascensioni di più di due gradi, & nelle declinazioni, di 37 minuti in circa. Taddeo Hagecio Boemo nel suo libro inscritto Dialexim de novae & prius incognitae Stellae, &c. nell'assegnare il tempo, dice haverla la prima volta veduta intorno alla Natività di N. Signore. è Gaspare Peucero, in una sua lettera delli 7. Dicembre 1572. scrive: Has ut submitterem fecit novum Sydus, quod in septimanam quartam sub Asterismo Cassiopeae conspicamur haerere, &c. Paulo Hainzelio scrisse: Quod lumen ego die 7. Novembris in decima domo primum conspexi. Michel Mestlino scrive: Anno superiori 1572. prima mensis Novembris Hebdomada, nova quaedam Stella in sedili Cassiopeae, marginem Galaxiae attingens apparere coepit. Cornelio Gemma scrisse: Hanc Stellam incepisse 9. die Novembris. Girolamo Munosio Spagnuolo, Matematico professore in Valenza, non scrive del tempo più precisamente, senon che, certo cognoscit, quod secundo Novembris 1572. haec Stellci nondum apparuerit. L' istesso Brae non si assicura di affermare altro, senon che incominciò ad esser veduta circa finem anni 1572. utpote mense Novembri prope huius primordia, vel saltem in prima eius triade. Et circa il luogo poi della medesima Stella, si troverà ne i medesimi Autori, diversità di molti minuti. Mà quando bene il luogo della Stella nuova non mi fusse anco stato così precisamente noto quando io feci le mie lezioni, (il che fù non molti giorni dopo la sua apparizione) saria stato da riprendere il non mi essere assicurato di volere sino ad un minuto determinare il suo sito? ò pur da lodarmi, di non haver ardito di assegnare quella precisione à capello, che non si può conseguire senza una diligentissima, & molte volte replicata osservazione? si come nel legger le diversità de i luoghi assegnati à quella di Cassiopea, & à questa da diversi osservatori si fà manifesto. Mà, Dio immortale, come riprende in me il Capra la negligenza in una precisione di una Stella l' altr' ieri apparsa, & non condanna la sua grande ignoranza nell'assegnare il diametro visuale dell'antichissima Luna da mille, & mille misurato; il quale esso à car. 9. dice in cielo non occupare più di mezo grado, che sono 30. m. & pure è noto da i libri di tutti gli Astronomi, come la Luna in diversi giorni del mese occupa hora 30. hora 31. hora 32. & 33. & 34. m. del suo cielo, & talvolta anco meno di 29. questo sì che è errore inescusabile, & argumento certo di somma ignoranza: nè minor di questo fallo, sarà quello che egli scrive à c. 20. dicendo così: Mà sopra tutte le ragioni il non haver questa Stella alcuna paralasse, è evidentissima demostrazione che non possi essere senon fra le stelle fisse, nel qual loco la paralasse per la sua picciolezza non è sensibile. Pone dunque nelle stelle fisse alcuna paralasse; nè si accorge, nè intende ancora come nelle stelle fisse nè vi è, nè vi può esser paralasse, essendo quelle gli ultimi, & altissimi corpi visibili, in relazion de i quali le stelle inferiori, & molto à noi vicine fanno la diversità di aspetto, detta da li Astronomi paralaxe. Queste cose, dico, discreti Lettori, non vi propongo io per il principale argomento della minima scienza, & somma arroganza mostrata dal Cap. nel suo libro sopra la nuova Stella; mà vi chiamo ad ascoltare attentamente quanto mi occorre dirvi circa quello, che egli nel medesimo libro scrive à car. 18 b. dove, benche quanto quivi racconta niente faccia al suo proposito, mà solo sia introdotto per tassarmi, scrive che io habbia detto nelle mie lezioni, la nuova Stella essere stata in linea retta con la lucida della Corona boreale, & con la lucida nella coda del Cigno, & poi trapassa à condennare come imperfetto & inutile il modo, col quale io dissi di essermi accertato della immobilità di detta Stella, perche sempre mantenne la medesima retta linea con due stelle fisse. Hora, io non dissi mai che, la Stella nuova fosse in linea retta con la lucida della Corona, & con la coda del Cigno; mà si bene con la lucida della Corona, & con la prima delle tre nella coda di Elice; mà perche egli hà per avventura creduto che Elice voglia dir Cigno, & non Orsa, quello che è stato errore della sua ignoranza, hà voluto ascriverlo per fallo, & per inavvertenza mia; & che io non ponessi mai la nuova Stella in retta linea con la Corona & col Cigno, oltre alle testimonianze che potrei produr di moltissimi che fourno presenti alle mie lezioni, & che sino al presente ne hanno memoria; si trova ancora appresso di me la copia di una quasi epitome delle mie lezioni, scritta in forma di lettera dal M. Rever. Sig. Antonio Alberti Arciprete di Abano al Clariss. Sig. Giovanni Malipiero, sino alli 17. del mese di Dicembre, che fù due mesi avanti la publicazion del libro del Cap. della quale ne sarà quìà basso trascritta quella parte che fà al presente proposito, riscontrata & autenticata, come nel fine di questo discorso si vede: mà quello che più importa, & che rende la temerità del Capra senza essempio, è questo: Un mese avanti che il Cap. stampasse il suo libro, fù dall' Illustriss. Sig. Iacop' Alvigi Cornaro, e sopra un poco di carta li diede due interrogazioni, & le lascia à detto Signore, acciò me ne domandasse in suo nome; venne immediate il medesimo Signore à trovarmi insieme con l'Ecc. Signor Francesco del Clariss. Sig. Taddeo Contarini, gentil' huomo di nobilissimi costumi, & oltre ali' intelligernm delle leggi, della Filosofia, &della sacra Teologia, di Poesie Toscane leggiadrissimo scrittore, & mi portò la poliza con le interrogazioni, la quale si trova ancora appresso di me, le cui parole precise son queste: Si dubita se stia bene à dire che la nuova Stella con la lucida della Corona boreale, & con la lucida della coda del Cigno faccino sempre una retta linea; & che più facendo le sudette stelle, overo altre che fussero una retta linea, come sia possibile che si conservi la retta linea variando la nuova Stella la siue altezza? Sopra di che io risposi à quei Signori, che non mi meravigliavo, che al Capra giugnesse nuovo questo modo di osservare la immobilità di una stella col referirla à due fisse, con 1e quali si trovi in retta linea, essendo egli ancor giovine, & principiante in questi studii; mà dissi che restavo bene con qualche ammirazione, come ciò non fusse noto al suo maestro, senza saputa del quale non era credibile, che il Cap. havesse fatte le interrogazioni; essendo che di simil modo di osservare ne sono poco meno di 50. essempi posti in Tolomeo al cap. 1. del libro 7. del suo Almagesto: & soggiunsi, che haverei anco potuto scu.sare il detto suo maestro dal non haver ciò veduto in Tolomeo, la cui ]ezione, per esser difficilissima, non è per le inani di ogn' uno; mà non potevo già scusarli dal non haver simil maniera di osservare veduta in Tico Brae, del quale si fanno descendenti in dottrina, & dal medesimo molto celebrata nella scrittura di Michel Mestlino fatta sopra la Stella nuova del 1572. il cui sito, immobilità, & carenzia di paralasse con altro egli non osservò, che con un filo, trovandola sempre in linea retta con due coppie di stelle fisse; & di più diedi à quei Signori in nota il luogo di Tico Brae ne i suoi Progim. acci√≥ lo mostrassero al Cap. il qual luogo è à car. 544. Quanto poi all'altra parte, li risposi esser falso, che la nuova Stella fosse in linea retta col Cigno, & con la Corona, mà li dissi che ·•≤a in retta linea con la Corona, & con la prima delle tre nella coda dell' Orsa maggiore, detta Elice; & di più accostatomi con i medesimi Signori ad un Globo celeste, che sopra una tavola havevo, feci loro vedere come il medesimo cerchio massimo passava per il luogo della nuova Stella, & per la Corona, & per la coda di Elice; soggiugnendo, che l'istesso era esser nel medesimo cerchio massimo, che nella medesima linea retta. Questo che io risposi fù dall'Illustr. Sig. Cornaro riferito al Capra, mà però senza profitto alcuno della sua temerità, & della sua ignoranza; non restando egli con tutto questo di stampare un mese dopo il libro già preparato con le medesime imputazioni contro di me, perseverando pure in asserire che io dicessi, la nuova Stella essere in retta linea con la Corona,& col Cigno; & persistendo nella medesima ostinazione, che l'osservar il sito, & l'immobilità di una stella, col referirla ad altre, con le quali si trovi in retta linea, sia al dispetto di Tolomeo, & prima di lui di Ipparco, e di Aristillo, e di Democare, & dopo di Ticone, & di Mestlino, & di altri infiniti, sia dico, un modo fallace, & imperfetto. oh temerità inaudita, oh ignoranza ostinata. Hor quale schermo havrem noi contro alle calunnie di costui, qualvolta ei voglia imporne qualche menzogna; già che non solo il non haver detta una follia, mà il replicare à lui con l'intervento di più testimonii di non haverla nè detta, nè immaginata, non basta à raffrenar la sua sboccata penna, che non trascorra in falsamente, & arrogantemente imporlaci? Ma notisi dal discreto Lettore l'inavvertenza di costui congiunta con la malignità, poiche si è immaginato di poter far creder altrui, che io, troppo inverisimilmente habbia equivocato nel conoscer il carro, conosciuto insin da i buoi, ò almanco da i boari, & dir ch' io l'habbia cambiato col Cigno, costellazione da quella, non men lontana, e diversa, di quel che un'Orso vero sia da un vivo Cigno. Mà ponghiamo le attestazioni attenenti à questo luogo, & poi passiamo più avanti. Estratto dalla lettera del M. Rever. Sig. Antonio Alberti Arciprete d'Abano scritta li 17. Dicembre 1604. Ma si fà chiaro anco per le seguenti ragioni, che nè anco può esser sotto 'l ciel della Luna. Prima se fosse nella regione elementare, ancor che in parte altissima, haverebbe diversità di aspetto, il che non è, perche l'Eccellentiss. Sig. Galilei sopranominato l' hà diligentissiniamente osservata in linea retta con la prima stella delle tre nella coda dell' Orsa maggiore, & con la lucida della Corona, & l' hà sempre in quella linea retta rifrovata, &c. A di 15. d' Aprile 1607. in Padova. Affermo & attesto io Giacomo Alvise Cornaro come è la verità, che circa un mese avanti che Domino Baldissera Capra stampasse il suo trattato sopra la Stella nuova, mi dette sopra un poco di carta due interrogationi, acciòv che io da parte sua le mostrassi al Sig. Galileo Matematico, & ne pigliassi da lui risposta, le quali interrogationi in somma contenevano questo. Prima se era ben detto che la Stella nuova facesse linea retta con la coda del Cigno, & con la lucida della Corona boreale, & l' altra quanto fusse sicuro modo questo di conoscere il sito ò moto d'una stella con l' osservare con quali altre fosse in linea retta, non si potendo mantenere la medesima retta variando altezza la nuova Stella; al che rispose il detto Signor Matematico, che quanto all'osservare il moto, ò sito d'una stella, cioè dove sia collocata, & se habbia altro moto che le fisse, quello del vedere con quali fisse faccia linea retta, era un modo sicurissimo, & usato da Tolomeo e dalli altri Astrologi avanti, & doppo di lui; & più mi mostrò & dette in nota il luoco di Tico Brae, il quale mette per eccellentissima la regola di Mestlino, il quale col filo osservò & ritrovò il sito della Stella nuova del 72. & circa l'altra dimanda mi rispose, che la Stella nuova del 1604. non faceva retta con la coda del Cigno, & con la Corona, ma con la coda dell'Orsa, & con la corona; mi mostrò anco di più ciò esser vero sopra un Globo celeste, & à tutto questo fù presente ancora il Signor Francesco Contarini, & il tutto fù da mè puntalmente riferito al detto Capra il giorno seguente. In fede di che hò fatta la presente testificatione di propria mano, siggillata con il mio siggillo. Io Giacomo Alvise Cornaro affermo ut supra. Io Francesco Contarini del Clariss. Sig. Taddeo fui presente, & affermo esser la verità quanto di sopra è narrato. Condanna dunque il Cap. nel sopracitato luogo il modo dell' investigare la immobilità di una stella con l'osservare se persiste sempre in linea retta con due medesime fisse, & dice, Questo modo non essere in tutto sicuro, perche, se bene quando la Stella nuova era alquanto elevata faceva una retta con due fisse supposte, vicina poi all' orizonte per la refrazione de i vapori non poteva fare detta linea retta; dal che ogn'uno che mediocremente intenda le primizie dell'Astronomia, potrà chiaramente comprendere come il Cap. non intende niente questo modo di osservare la immobilità di una stella, il qual' ei piglia ad impugnar come fallace. Hà creduto il Ca. come dalle sue parole necessariamente si raccoglie, che io, & gli altri Astronomi, havendo osservate tre stelle in linea retta, per accertarci se alcuna di esse hà moto proprio, ritorniamo poche hore dopo ad osservar di nuovo se quelle mantengono la medesima linea, nel qual riscontro potendo accader fallacia, rispetto alle refrazioni, & all' haver le dette stelle mutato sito sopra l' orizonte, non si deve stabilire alcuna certa scienza: ma chi vi hà detto M. Capra, che trà l'una, & l'altra osservazione si devino traporre alcune poche ore? ò chi sarà quello di cosìgrosso ingegno che creda nè anco il moto di Giove, non che quello di Saturno, ò di altra, se si trovasse, stella più pigra, potersi avvertire con osservazioni sì poco distanti di tempo? ci vogliono, non hore, mà giorni, settimane, mesi, anni, & anco secoli trà l'una, & l' altra osservazione, prima che possiamo asseverantemente stabilire che una stella non habbia moto diverso dalle altre. asserì Tolomeo le stelle fisse non mutarsi trà di loro, perche? perche tutte quelle triplicità, che egli trovò rispondersi per retta linea furno molte centinaia di anni avanti da Aristillo, e Timocare, e poi da Ipparco ritrovate nelle medesime rette; & io dissi che la Stella nuova non mostrava di haver moto proprio, perche havendola ritrovata da principio in retta linea con le dette due fisse, molti giorni, & settimane dopo, & non alcune hore, si era mostrata nella medesima retta; nelle quali osservazioni che hanno, per vita vostra, che fare le refrazioni? & chi mi vieta di far le osservazioni quando la Stella sia nelle medesime altezze sopra l' orfizonte? riprendete dunque il vostro niente sapere, & il vostro niente intendere, & non le operazioni ottimamente da me, & prima da tutti gli altri Astronomi fatte. Credo giudiziosi Lettori, haver sin quìassai apertamente dimostrata la malevola disposizione del Ca. verso di me, cominciata à discoprirsi più anni sono, anzi pur senza alcun freno di modestia traboccata con una troppo licentiosa audacia nelle false imposture contro di me, le quali sin quì havete intese. Hor quì lascio à voi pensare quali creder si possa che siano state le calunnie, le maledicenze, & le insidie, sparse, vomitate, & machinate contro alla riputazion mia, & in palese, & ascosamente da costui, & da i suoi pessimi consultori, pratticando 14. ò 15. anni nella medesima Città, & vedendomi ogni giorno; che se con tanta falsita, & con tanta impudenza, non si è ritenuto di publicar le sopranarrate imposture, in modo che non poteva non esser sicuro che all' orecchie mi erano per pervenire, quali credete che siano stati i suoi concetti ne i ragionamenti privati, & quali le calunnie che haverà creduto di potere in questo, & in quel particolare ascosamente imprimere? Mà perche parrà forse ad alcuno impossibil cosa che nell' animo del Cap. si sia così saldamente radicato un' odio intestino contro di me, senza havergliene io data qualche grave occasione, offendendo ò lui, ò suo padre, ò altro suo intrinseco, ò con fatti, ò con parole, & che non possa l' inimicizia naturale dell'ignoranza contro la virtù, per se sola esser stata bastante à provocarmi così aspramente la rabbia di costui; non voglio restar di dire come io non mi sono con loro abboccato, in tutto 'l tempo, che sono stato in questa Città, piùdi tre, ò quattro volte, & ciò solamente per qualche loro beneficio, & credo, se ben mi ricorda, che il primo abboccamento fosse con il consegnare à suo padre per scolare nella scherma il M. Ill. Sig. Conte Alfonso di Porcia, Gentil' huomo Furlano; la seconda volta fui col padre, e col figlio in casa dell'Illustriss. Sig. Iacop' Alvigi Cornaro, pregato da loro per mostrargli il mio Compasso, & alcune sue operazioni, come più à basso nell' attestazione del medesimo Sig. Cornaro si vede; terzo, sentendo essere in mano dell' Illustriss. Sig. Horazio de i Marchesi del Monte un' ordine di un grandissimo Principe di procurar di havere un certo segreto, & che non si guardasse à spesa alcuna, & venendo detto Signore ad informarsi da me, se io conoscessi un tale nominato da quel Principe per huomo che possedesse il segreto desiderato, gli dissi che sì, mà che egli allora non era in queste parti; & così mi licenziai dal detto Sig. Horazio; immaginandomi poi che il medesimo segreto potesse essere anco appresso M. Aurelio Capra, padre di questo mio avversario, mi abboccai seco per intendere se havesse il detto segreto, & se, havendolo, & potendo riceverne da un grandissimo Principe una larghissima recognizione, si saria contentato di communicarglielo; mi rispose di sì; & io subito fui à trovare il Sig. Horazio, dicendoli che havevo trovato un' altro, che possedeva il segreto desiderato, & che, stimando che à quel Principe poco importasse l'havere il segreto più da quella persona che fù da lui nominata, che da altri, & giudicando il detto Sig. Horazio il medesiino, condussi S. Sig. dal Capra, & li lasciai nel maneggio di questo negozio, il quale credo anco che sortisse con satisfazione dell' una & dell' altra parte. Et questo è quanto io mi ricordo havere havuto che trattare con costoro; da i quali trattamenti veggasi se hò demeritato di esser così mal trattato da loro. Mà à che mi vò io affaticando in voler con altre deposizioni giustificarmi di non lo haver mai offeso? Qual più intero testimonio devo io cercare in confirmazione dell' animo mio bene affetto verso di lui, che la tolleranza havuta da me più di due anni coutinui, che la sua considerazione astronomica, nella quale così falsamente, & mordacemente mi pugne, vadia intorno senza mia risposta, potendo io così facilmente purgar me, & mostrare al mondo le sue falsità, non meno nel detrarre à me, che nella sua dottrina? il che però non hò mai voluto fare, nè mai l'haverei fatto se la ostinata, incomparabile, & incomportabile sua temerità sonon havesse finalmente con questa sua ultima azione, vinta, anzi sforzata la mia sofferenza. Mà che dico io di essermi voluto astenere dal rispondere, & scoprire le sue inezie, & malignità? diciamo pure (e forse con maggior nota della mia riputazione, che con laude della mia indulgenza) dell' havere io vietato che sia data alle stampe una lettera in forma di apologia scritta da un mio scolare in mia difesa intorno alle calunnie, & inezzie del Capra poste da lui contro di me nella detta considerazione astronomica, la quale apologia con bellissimo artifizio fù composta subito dopo la publicazione della detta considerazione, & nel portarmela il detto mio scolare à rivedere, la ritenni appresso di me, & ancora la hò, nè volsi che fusse publicata, compassionando al giovine Cap. & sperando pure che dal Padre, ò da altri suoi amici dovesse senza tanto suo rossore esser corretta, & per l'innanzi modificata la sua arroganza: & acciò che alcuno non credesse quanto hò adesso detto essere una finzione, sarà nel fine di questa difesa nominata la detta lettera apologetica presentata da me avanti gli Illustrissimi SS Podestà & Capitano di Padova, & da loro SS Illustriss. veduta, riconosciuta, & per fede del proprio autore, autenticata, dove ancora saranno nominate, & autenticate tutte le altre scritture, & attestazioni fatte in Padova, che in questa difesa da me saranno prodotte, delle quali gli originali resteranno nella cancelleria dell' Illustriss. Sig. Podestà, per esser mostrati à chi volesse vedergli. & le altre fedi, che produco, & che sono fatte in Venezia, presentati gli originali, & riconosciuti da gl' Illustriss. & Eccellentiss. SS. Riformatori, saranno da loro SS. in simile maniera autenticate. Questa mia così humana, & lunga sofferenza, questa mia dissimulazione de i villaneschi affronti fattimi da costui, la quale in ogn' altro havria finalmente col rimorso della coscienza suscitato un ravvedimento de i proprii falli, & raddolcita ogni amarezza, la quale essendo internata nel suo gusto, le operazioni mie honorate non senza nausea sentir gli faceva, hà per il contrario talmente gonfiata la vanissima sua follia, promossa l'arroganza, inanimita l'audacia, smorsata la temerità, & inacerbito il veleno, che tutti i sensi, e più la lingua gli occupa; mà sopra tutto il resto (e ciò per concession di Dio) offuscatogli così ogni lume di mente; e tolto, per suo castigo, ogni giudizio, e discorso, che reputando egli la mia tolleranza una timidità, la mia dissimulazione una stolidità, il mio disprezzo delle sue sciocchezze, una mia crassissima ignoranza, si hà lasciato trasportare in questa sua ultima abominevole, infame, & detestabile operazione; nella quale si è creduto e persuaso di poter non solamente diffamar me; mà burlare, & aggirare tante, e tante altre persone, che della verità del fatto sono benissimo consapevoli. Quale sia stata questa sua sì vergognosa azione restami finalmente di far manifesto al mondo; & quì mi perdonerete Lettori pii, & del giusto amatori, se forse con troppo tedio vi terrò occupati in leggere questa mia difesa; & mi scuserete se troppo minutamente anderò ancora ritrovando gli errori di costui, per far costare la sua ignoranza non cedere un pelo alla temerità, & alla pazzia. Dico dunque, che sono già dieci anni, che havendo io ridotto à perfezione un mio strumento, da me chiamato, Compasso Geometrico, & Militare, cominciai à lasciarlo vedere à diversi gentil' huomini, mostrandone loro l' uso, & dandogli lo strumento, & le sue operazioni dichiarate in scrittura; il quale Strumento è stato così aggradito, che da quel tempo in quà per satisfare à molti Principi, & Signori di diverse nazioni, mi è convenuto farne fabricare in questa Città oltre al numero di cento, senza quelli che in Urbino, in Firenze, & in alcuni luoghi di Alemagna sono di mio ordine stati lavorati; si che poche restano le Provincie di Europa, nelle quali da miei scolari non siano stati di tali strumenti trasportati; & finalmente parendomi cosa assai pericolosa, che venendo questa mia invenzione in tante mani, potesse incontrarsi in alcuno che se la attribuisse; anzi pure essendo io un' anno fà stato fatto avvertito, che quando io non ci havessi preso provedimento, qualcun' altro si sarebbe fatto bello delle mie fatiche; mi risolvetti à stamparne le operazioni; ilche feci quì in Padova sono già 13 mesi, credendo in questa guisa haver precisa la strada à i latrocinii di coloro, che trapassando la vita in ozio, vogliono con l'altrui vigilie suscitarsi fama di literati. Mà poco mi hà questa mia provisione giovato; poiche Baldessar Capra Milanese in questa medesima Città, dove da 12. ò 14. anni in quà dimora, trasportando il mio libro di Toscano in Latino, & alcune frivolissime cose aggiugnendovi, lo ristampa tre mesi sono, facendo sè di tale invenzione autore, & dichiarandone me per impudente usurpatore. oh ardire, oh temerità. Mà perche molte circonstanze, che sono intorno à questo maneggio del Cap. aggravano infinitamente il suo delitto, & rendono questa azione vergognosissima, non voglio tralasciarle, mà produrle, & con fedi autenticissime confermarle. Et prima; che io habbia cominciato da dieci anni in quà à far fabricare di questi Strumenti, & li sia andati di anno in anno communicando, & participando con Signori di diverse nazioni, potrà esser certo quasi in tutte le provincie di Europa, dove questa mia scrittura arriverà, ritrovandosi in ciascuna di esse, ò pochi, ò molti di questi miei Compassi, trasportativi da Signori, li quali in Padova da me gli hanno ricevuti con il loro uso in voce, & in scritto. Imperòche oltre à quelli che hanno havuti in Italia i Serenissimi di Toscana, & di Mantova, & l' Illustriss. & Eccellentiss. Sig. Duca di Cerenza; in Germania il Sereniss. D. Ferdinando Arciduca d'Austria; gl'lllustrissimi & Eccellentissimi SS. Filippo Landgravio di Assia, & Gio. Federico Principe di Olsazia; in Polonia gl' Illustriss. & Eccellentiss. SS. Christoforo Duca di Sbaras, Gabriello, & Giovanni Conti di Tencim, Raffaello Lenscinshi; in Francia gl' Illustrissimi SS. Francesco Conte di Noaglies, & Gilberto Gasparo di Senteran; molti se ne ritrovano in mano di altri Signori ne i sopradetti luoghi, & quasi in ogn'altra provincia di Germania, & di Francia; e più in Fiandra, in Inghilterra, e Scozia, presso tanti Gentil' huomini, che troppo lungo sarebbe il nominargli tutti. Onde, solamente per soprabondante cauzione, mi è parso à bastanza, delle molte che haverei potuto in questo luogo produrre, metter solo tre attestazioni: una del Clariss. Sig. Gianfrancesco Sagredo, una dell'Illust. Sig. Iacopo Badovere Gentil'huomo Francese, & la terza poco più à basso del M. Rever. Padre Maestro Paolo de i Servi Teologo della Sereniss. Signoria di Venezia, li quali sono dieci anni, che veddono da me questo strumento, & otto e nove anni fà ne hebbero uno per uno insieme con l'uso; porrò appresso la fede dello artefice, il quale in Padova da dieci anni in quà me ne hà fabricati circa 100. 1607. Adi primo di Giugno in Venezia. Faccio fede io Giovanfrancesco Sagredo dell' Illustriss. Sig. Niccolò haver già nove in dieci anni in circa, havuto dall' Eccellentiss. Sig. Galileo Galilei Lettor delle Matematiche in Padova, uno de' suoi strumenti chiamato da lui, Compasso Geometrico, & Militare, & un' altro simile, poco dopo con alcune divisioni un poco mutate, & con altre estese à maggiori numeri, il quale strumento è quello stesso à punto, del quale l'anno passato ne stampò l' uso sotto questo titolo: Le Operazioni del Compasso Geometrico, & Militare di Galileo Galilei, &c. la qual dichiarazione hebbi in scrittura, & in voce insieme con lo strumento al sopradetto tempo, & ancora si ritrova appresso di me; & in fede della verità hò fatta la presente di propria mano. Io Giovanfrancesco Sagredo sopradetto scrissi manu propria. Adi 13. di Maggio 1607. in Padova. Io Giacomo Badovere Francese espongo & attesto come è la verità, che sendo io già nove anni passati allogiato nella propria casa, & in compagnia del Sig. Galileo Galilei Fiorentino Lettor delle Matematiche in quello Studio, & imparando da esso Galilei le scienze Matematiche, non pure viddi diversi de' suoi Compassi Geometrici, & Militari, mà ne fui gratificato di uno, & di più della sua dichiarazione, mostrandomi in oltre le regole che teneva intorno al modo del comporlo, & segnare le sue divisioni, intorno alle quali in quel tempo era occupato, & ne mutò, & migliorò alcune da quello che ne gli altri suoi Compassi prima fatti fabricare sino à quel tempo haveva posto. E più viddi mentre dimorai nel medesimo luogo, come molti de i medesimi strumenti furono dal sopradetto suo Autore communicati à diversi Gentil'huomini di diverse nazioni: il quale strumento è il medesimo che questo, le cui operazioni sono state l'anno passato dall'Autore stampate quì in Padova sotto il titolo di Le Operazioni del Compasso Geometrico, & Militare di Galileo Galilei, &c. Et di più havendo lasciato l'altro mio in Francia ne hò circa quattro mesi sono havuto un' altro dal medesimo Autore con la sua dichiaratione stampata; in fede di che hò fatta la presente attestatione manu propria. Io Giacomo Badovere scrissi. Adi 24. di Maggio 1607. in Padova. Depongo, & affermo io Marcantonio Mazzoleni di Domino Paolo Mazzoleni come è la verità, che da dieci anni in quà ho continuamente lavorati all'Eccellentiss. Sig. Galileo Galilei Lettore delle Matematiche nello Studio di Padova de'suoi Compassi Geometrici, & Militari secondo l'ordine, & le divisioni datemi da lui sino dal principio, de' quali gne ne hò fabricati dua di argento, uno che mi disse esser per il Serenissimo Arciduca Ferdinando d' Austria, & l'altro per uno de gl' Illustrissimi & Eccellentissimi Landgravii di Assia, & altri di ottone circa il numerodi cento per diversi altri Signori suoi scolari. Et più affermo, molti di questi compassi essere stati veduti in casa mia dove lavoro dal Sig. Balessar Capra Milanese, pratticandovi lui da quattro anni in quà spesse volte, dal qual Signor Baldessar non hò mai sentito dire che tali compassi fussinio invenzion sua; & in fede della verità hò fatta la presente attestazione da potersi produrre in ogni luogo come verissima che essa è. Io Marcantonio Mazzoleni sopradetto scrissi di propria mano. E che questa quantità di Strmnenti siano stati da me fatti fabricare in questa Città in tutto questo tempo, è stato benissimo saputo dalCap. mà pure, quando ei volesse dissimulare, ò negare questa notizia, non potrà egli certo negare quello che di sopra è stato deposto nella fede di Maestro Marcantonio, ciò è che egli pratticando da quattro anni in quà frequentemente nella sua bottega habbia veduto fabbricare più di 30. di tali miei strumenti, nè però li hà mai conosciuti per sua invenzione. In oltre non potrà negare come già sono cinque anni egli & suo Padre mi fecero pregare dall'Illustrissimo Sig. Iacop'Alvigi Cornaro, in casa del quale molto familiarmente pratticavano, che io fussi contento di lasciar loro vedere questo mio strumento, & le sue operazioni, il che io feci, richiestone dal detto Signore in casa sua, come dalla sottoposta sua fede si fa palese; nella quale si vedrà ancora come, due anni sono il padre del Capra pregò instantemente il medesimo Signore, che fusse contento di prestargli uno de i miei strumenti, che appresso detto Signore ancor si ritrova, dicendo, che Baldessar suo figliuolo vi voleva fare attorno studio, & procurar d'intenderlo, & anco fabricarsene uno per se, il che gli fù da detto Signore conceduto, com appresso s'intende. Adi 6. d'Aprile 1607. in Padova. Faccio fede io Giacomo Alvise Cornaro appresso tutti quei luoghi dove la presente attestazione di mia propria mano & siggillata con il mio siggillo fosse presentata, qualmente è la verità che 'l Signor Aurelio Capra Milanese, & il Signor Baldessare suo figliuolo, già circa cinque anni sono, mi ricercorno con instanza, ch'io pregassi il Sig. Galileo Galilei Matematico di questo Studio, che volesse esser contento di far loro vedere alcune operazioni del suo istrumento chiamato da lui Compasso Geometrico, & Militare, il che feci io quà in casa mia, dove fui dal Sig. Galileo compiaciuto, il quale alla mia presenza mostrò alli detti diverse operationi sopra il detto suo istrumento; e di più affermo come li medesimi Aurelio e Baldessare circa due anni sono, mi ricercorno con instanza grande, ch'io volessi prestar loro uno delli detti compassi del Sig, Galileo, che da esso suo inventore & autore io hebbi, asserendo Baldassarre volervi far sopra studio, & fabricarsene uno per se, nel che furono da me compiaciuti, prestandoli io il detto Strumento, che è quello stesso del quale l' anno passato ne fù dal suddetto Sign. Galileo Galilei stampato l'uso sotto questo titolo, Le Operazioni del Compasso Geometrico, & Militare di Galileo Galilei, &c. il quale strumento doppo haverlo li detti Aurelio e Baldassarre tenuto appresso di loro alquanti mesi mi restituirono, e tutto questo con pura & intiera verità; in fede di che hò fatto sò di mia propria mano la presente attestazione questo giorno sopradetto. Io Giacomo Alvise Cornaro sopradetto. Da queste cose dunque è manifestissimo, che non solamente il Capra, in sua conscienza sapeva benissimo da gran tempo in quàm che questo strumento era mia invenzione, & non sua; ma sapeva di più, che diversi ancora in questa Città sapevano, come lui questa verità conosceva, & ammetteva; poiche in mano mia, & dell' lllustriss. Sig. Cornaro, & cento volte in mano dell' artefice haveva nello spazio di molti anni passati veduto questo strumento, nè mai per suo l' haveva conosciuto, ò nominato; & con tutto questo non si è peritato, ò vergognato di stamparlo adesso per cosa sua, benche io medesimo in questo medesimo luogo ne stampassi finalmente l' anno passato le operazioni. anzi di più, scorto dalla medesima impudenza, & imprudenza, subito finita di stampar la sua opera, ne mandò (& il portatore fù suo padre) una copia al medesimo Signor Cornaro, acciò che S. Sig. Ill. vedesse quello che 'l suo 'ngegno havea saputo effettuare; la qual copia restata appresso detto Signore, & partitosi il Cap. fù considerata; & accortosi S. Sig. Illust. come era il mio libro trasportato in Latino, mi mandò subito à chiamare, essendo la mia casa contigua à quella di SS. & non seuza sdegnose esclamazioni mi fece vedere la insolenza usata dal Cap. & incontrando più minutamente questo libro col mio, & di più abbattendoci nelle parole ingiuriose, che in quello si veggono contro di me, spinto da nobile sdegno contra costoro; i quali della sua cortesia si erano serviti per istrumento da machinar sì vergognosa truffa, li scrisse, rimandandogli il lor libro indietro, la seguente lettera. AL M. MAGNIFICO SIGNOR AURELIO CAPRA. Molto Magnifico Signor honorandissimo. Partita hieri l'altro V.S. molto Magnifia da me, andai trascorrendo il libro posto in luce da nuovo dal Signor suo figliuolo donatomi da lei: nel quale trovando trasportato dal volgare in Latino tutte le operationi del Compasso Geometrico, & Militare del Signor Galilei stampate da lui l' anno passato, mi posi con grande ansità à leggerlo, credendo certo di trovare, come era bem ragionevole, alcuna honorata menzione del suddetto Autore, ma mi avvenne in contrario: perciòche incontrando in un' ingiurioso modo di parlare ad Lectorem, in dishonore del mio amatissimo & honorandissimo amico, tenuto da me, come da altri Gentil'huomini & Principi in suprema stima per la incomparabil sua dottrina, & altre degne qualità che in lui risplendono, son' andato pensando à qual fine si possi esser impiegato il Signor Baldassare in così fatta azione di mala creanza, ponendo mano nelle opere altrui, senza riguardo d'alcun convenevole rispetto, che doveva havere: nè al fine hò saputo trovar altra causa, che la sua mala volontà, mostrata ancora contra il Signor Galileo in altro suo libro publicato già sopra la Stella, che apparve l'anno 1604. della quale continuata malevolenza senza ragione, hò sentito, & sento sì gran dispiacere, che non posso restare di non dolermene con V. S. che hà assentito ad operatione disconvenevole à Gentilhuomo ingenuo; nè più à lungo le dico per non moltiplicare in parole, & ufficii dispiacevoli, abborriti sopra modo da me in ogni caso, & sopra tutti in questo che convengo fare con V.S. che è stata sempre in molta mia stima, alla quale rimando con questa anco il libro, che ella mi diede, per non mostrare di consentire à cosa ch'io abborrisco. Di Casa li 4. Aprile 1607. Giac. Alvise Cornaro. Io poi immediatamente procurai di havere un' altro di quei libri, & tornando con maggior diligenza à rileggerlo, per veder pur se vi era scritto quello, che mi pareva impossibile potervi essere, & vedendo sempre più la cosa chiara, & manifesta; stetti gran pezzo in dubbio se io sognavo, ò se pure ero desto; & soprapreso da stupore, da sdegno, & da travaglio insieme, un presentaneo soccorso mi fù dalla fortuna apparecchiato, & questo fù un numero grandissimo di nefandissimi errori sparsi per tutta quell' opera nel volere il suo mentito autore, ò mascherare alcuna delle cose copiate dal mio libro, ò pure introdurvene alcune altre non copiate da quello; la quale crassissima ignoranza stimai (si come è poi seguito) potermi esser per saldissimo argmnento, quando tutte le altre giustificazioni mi fussero mancate, à far costare la verità, col dichiarar lui impudente, & non meno stolto, usurpatore delle invenzioni mie. Et fù questa speranza raccogliendo alquanto gli spiriti, & cominciando à pensare al modo che io dovessi tenere, acciòche al mondo venisse in luce la verità, nè rimanesse una mia tanta ingiuria impunita; presi per il migliore di tutti i partiti il trasferirmi à Venezia avanti à gl' Illustriss. & Eccellentiss. SS. Riformatori dello Studio di Padova, & à quelli espor il mio aggravio; sicuro che la prudenza, & giustizia loro non solo haverebbe abbracciata questa mia causa, mà non haverebbe lasciato incastigato un tale affronto; il quale non tanto la mia persona privata, mà il publico luogo che tengo in questo Studio, & appresso la vigilanza di lor Signorie Illustriss. & Eccellentissime con grave nota macchiava. Andai dunque il dì 7. di Aprile, che fù il Sabbato avanti la Domenica delle Palme, à Venezia, & il Lunedì Santo comparsi avanti li sopradetti Illustriss. & Eccellentiss. SS. Riformatori, à i quali esposi la mia querela, & mostrai l'uno e l'altro libro, ciò è il mio stampato & publicato sotto li 10. di Giugno del 1606. & l'altro del Cap. stampato & publicato li 7. di Marzo del 1607. adducendo à loro Signorie Illustriss. & Eccellentiss. autentiche prove come quella era opera mia, & più facendoli vedere le parole ingiuriose, con le quali dal Capra venivo diffamato; sopra di che determinarono detti Signori di scrivere una lettera à gl' Illustriss. Signori Rettori di Padova il Sig. Almorò Zane, & il Sig. Giovanni Malipiero, ricercando lor SS. Illustrissime, che facessero immediate torre in nota tutti i libri del Cap. che si trovavano tanto appresso il libraio, quanto appresso lo stampatore, & autore, à i quali sotto gravi pene si prohibisse il darne più fuora alcuno sino à nuovo ordine di loro Signorie Illustrissime & Eccellentissime; & di più che facessero citare il detto Capra à dover comparire la mattina delli 18. di Aprile (dando luogo à i giorni Santi, & alle feste della santissima Pasqua) avanti le porte del Collegio in Venezia, dove sariano ridotti detti Illustriss. & Eccellentiss. Signori Riformatori, per dover produr sue ragioni circa il sopranarrato fatto; furno esequite le lettere, sospesi, e tolti in nota i libri, de i quali 440 ne manifestò il libraio che li fece stampare, che fù D. Pietro Paolo Tozzi, & 43. disse trovarsene in mano dell' autore; il quale fù parimente citato per dover comparire, come di sopra. Presentatici dunque il giorno 18. predetto avanti le porte del Collegio, il Sig. Paolo Ciera Segretario de gl'Illustriss. & Eccellentiss. Signori Riformatori, di ordine di loro Signorie ci disse, come per quella mattina non si saria fatto altro, essendo li Signori Riformatori occupati; mà che noi fussimo il seguente giorno sù l'hora di vespro à casa dell'Illustriss. & Eccellentiss. Sig. Francesco da Molino Cav. & Proc. che è uno de i Signori Riformatori, dove gli altri due ancora si sariano ridotti. Si ridussono i Signori Riformatori al luogo, & tempo detto; & io, comparso alla presenza di loro Signorie Illustriss. & Eccellentiss. sentendo il Capra di nuovo esporsi la mia querela, dolendomi, come havendo io già dieci anni, ritrovato, & inventato un mio strumento, & quello poi nel progresso del tempo conferito, & communicato per mia invenzione, come veramente è, à moltissimi Signori, & Principi grandi di diverse nazioni, & finalmente stampatone l'anno precedente le sue operazioni, dedicandole al Sereniss. Principe di Toscana mio Signore, Baldessar Capra Milanese quivi presente venisse hora à trasportar detta mia opera di Toscano in Latino, & à stamparla per sua fatica, & invenzione, facendone di più con parole ingiuriosissime me impudente usurpatore, & perciò indegno di comparire nel cospetto degli huomini ingenui & letterati; & che per tanto sendo questa sua azione erronea, termeraria, & diffamatoria dell'honor mio, del luogo che tengo nello Studio di Padova, & pregiudiciale ancora alla vigilanza, con la quale devono provedere loro Signorie Illustriss. & Eccellentiss. alle cose dello Studio, mantenendolo fornito di huomini sufficienti à i lor carichi, dovessero loro Signorie Illlustriss. & Eccellentiss. conosciuta la verità del fatto, provedere secondo la lor somma prudenza alla redintegrazione dell'honor mio, col dare il meritato castigo al delinquente; protestandomi di più larghissimamente, che qualunque volta potesse mai constare, che io, non solo tutta l'invenzione del mio Strumento; ma qualunque minima parte di quella havessi usurpata, non pur dal Capra, mà da qual si voglia altro autore, ò huomo del mondo, già de fatto mi dichiaravo, & sentenziavo degno delle note attribuitemi dal Cap. & di maggiori ancora; mà all'incontro supplicavo lor Signorie Illustr. & Eccell. che dopo che io li havessi fatto constare come il Cap. era usurpatore del l'opera mia, volessero usare quel medesimo rigar di giuitizia verso il mio avversario, al quale io spontaneamente;mi sottoponevo. A quanto fù da me con simili parole proposto, rispose il Capra, dicendo primieramente increscerli di dover tediare à mia richiesta le loro Sig. Ill. & Eccell. & che il mio comparir là non era necessario, & che, se io mi sentivo da i suoi scritti aggravato, la penna, & la carta erano le armi de i letterati; ma già che mi era parso tener questa strada, lui era comparso à render buon conto di sè; & che per tanto lui primieraii1ente negava di essersi fatto autore di quell'opera, mostrando per attestazion di questo un luogo nella prefazione ad Lectorem, nel quale da queste parole; Nec obijciat quispiam me haec non excogitasse, nam istos libenter audire velim, quod responsuri sint ad quaestionem qua senex quidam doctus alterum interrogavit: Quot putas (inquit) haberemus hodie in mundo doctos viros, si non uteremur aliorum inventis? diceva manifestamente comprendersi come ei non si faceva autore di quest'opera, & un'altro luogo produsse in confermazione di questo medesimo nella dedicatoria, in quelle parole: Cum itaque hic, licet imperfectus sit praestantssimi viri culturae fructus, iure ille tibi Illustrissimo Principi debetur. Rispose in oltre, che egli non faceva me usurpatore di quest' opera, & che le parole d' ingiuria, che io dicevo esser nel suo libro, non riguardavano la persona mia, non vi essendo mai in tutta l'opera nominato; si che l'addossarmi quelle ingiurie era più presto una mia fantasia, che volontà sua; negò finalmente esser vero, che il mio libro fosse da lui stato trasportato nel suo, dove molte cose, diceva, ritrovarsi, le quali non erano nel mio; come la fabrica dello strumento, & molte delle operazioni; anzi disse non haver veduto il mio libro stampato; & che perciò essendo quanto egli diceva chiaro, & manifesto, doveva esso, & il suo libro essere licenziato, & rimesso alla publica vendita. Gli fù da me alla prima parte risposto, che la carta, & la penna erano il campo & le armi de i letterati, quando si havessero à decidere differenze di lettere, mà che il giudizio trà un letterato, & uno infamatore arrogante, doveva domandarsi da un foro simile à quello dove l'havevo convenuto. Alla sua seconda risposta replicai, che nel primo luogo da lui addotto, non vi era specificazione alcuna, per la quale costasse, che ei si nominasse non autore di quest'opera, & quelle & simili altre parole potevano dal Lettore esser benissimo interpretate come dette per una certa modestia; & quanto all' altro luogo da lui addotto, quello non fà punto al proposito; perche quivi egli altro non dice, se non che questo libro è frutto, benche imperfetto, della cultura del suo prestantissimo maestro; mà tal cultura non è altro che la scienza dell'ingegno del Capra; adunque quest' opera è frutto imperfetto della scienza dell'ingegno del Capra: Essendo dunque questi modi di parlare ò molto ambigui, ò fuori del proposito, che egli di provar cercava, invitai gl' Illustr. & Eccellentiss. SS. Riformatori à vedere i luoghi, ne i quali apertissimamente il Capra chiama questa opera, sua, scrivendo in tutti questi luoghi; prima nella prefazone à car. 5. b, dipoi à car. 16. a, car. 28. a., à car. 38. a, car. 40. b, car. 56. a. Hoc nostrum instrumentum. Di più produssi un luogo della dedicatoria, le parole del quale sono queste: Quare his relictis, ad propositum meum magis accidens, cum satis diu fabricam & usum huius Circini proportionis, quem non immeritò totius Geometria compendium nominavi, volutassem. dal quale il Lettore altro non può cavare, se non che il Caprai sia inventore della fabrica & dell' uso di questo Strumento, il quale ei vuole stampare; perche per stampare una composizione di un' altro, non occorre rivolgersela per le mani assai lungo tempo, come il Capra afferma haver rivoltosi questa. Finalmente produssi quello che egli hà stampato nella lettera, che ei prepone all'opera, finta che gli sia scritta, ò pur veramente scrittagli, che ciò poco importa dandogli lui l' assenso, & stampandola, crederò io, come veridica, & non come falsaria; le cui parole son queste: Interim maximopere cupio, cupiuntque communes amici ut recentem foeturam magnis à te laboribus elucubratam, nempe egregium illud instrumentum Geometricum Arithmeticumque, quod Circinum proportionis apte inscribendum putasti, in lucem conspectumque hominum prodire sinas. non vulgarem enim Geometricae & Arithmeticae scientiae studiosis afferes utilitatem, & lumen non exiguum, si quidem huius instrumenti ope non solum cuncta propemodem Euclidis problemata, ac plura alia, ne dicam innumerabilia quaesita brevissimè facillimeque resolvent; sed etiam iisdem ad omnes altitudines, profunditates, necnon locorum intercapedines dimetiendas expeditissimaque patebit via. ad quod imprimendum, publicandumque praeter communem utilitatem, cui ferè soli vel Platonis testimonio homo natus esse videtur, & praeter amicorum utilitatem, nostramque illam dulcem & studiorum & animorum coniunctionem, quae apud te pro tua benignitate non me latet esse alicuius momenti; illud quoque non minimum te movere debet, ut qui huiusce instriementi inventionem impudenter sibi arrogant, patefacto vero & germano effectore magno suo cum dedecore erubescant, & coram literatis & candidis viris posthac sese offerre amplius non audeant. Dove primieramente egli assentisce & ammette, che questo Strumento Geometrico & Aritmetico è parto novello da sè con gran fatica elucubrato. Di più, si come apertissimamente si scorge, viene da lui esibito, che dalla publicazione di questa sua opera sarà fatto palese chi ne sia il vero, & legittimo effettore; si che quelli, che sfacciatamente si arrogano l' invenzion di questo Strumento, con loro grande obbrobrio si arrossischino, nè più per l'avvenire ardischino di comparire nel cospetto de gli huomini letterati, & ingenui. Hora veggasi, & riveggasi, leggasi, & rileggasi mille volte tutto il suo libro, non si troverà che sia fatto palese, che altri che lui ne sia il vero, & legittimo effettore, non essendo mai attribuita questa invenzione ad alcun' altro, ma si bene à se solo in tutti i sopracitati luoghi: dal che conclusi io, oltre à qualche altro luogo che haverei potuto addurre, essere questa parte del far' il Cap. se stesso inventor dello Strumento, chiarissimamente provata. Passai dipoi à dimostrare, che, si come la vera mira del Capra era di ferir me con le sue parole ingiuriose, così niuno che leggesse il suo libro haveria mai potuto stimare, che ad altri che à me fossero indirizzati i fulmini delle sue maledicenze, essendo che niuno altro chenio si era mai attribuita l'invenzione di questo Strumento; io l'ho conferito da dieci anni in quà à moltissimi Signori di diverse nazioni, chiamandomene sempre con tutti autore, & inventore; io come cosa mia ne hò fatti fabricare più di cento in Padova, & in altre Città; io finalmente come cosa mia l'hò stampato, nè altri che io l'hà mai palesato per cosa sua; adunque à me conviene per detto del Capra, l'arrossirmi come impudente, & il fuggire, come temerario usurpator delle fatiche altrui, la presenza de gli huomini. Di più, acciò che non paresse à gl'Illustriss. & Eccellentiss. SS. Riformatori questa del Cap. audacia incredibile, & inverisimile l' avidità di calunniarmi, & lacerar l' honor mio; produssi le incominciate sue persecuzioni sin nel suo libro della nuova Stella, raccontate di sopra, & di più feci vedere un' altro suo luogo in questo medesimo libro del Circino à car. 41. dove havendo egli prima trascritta una delle mie regole per misurar con la vista, posta da me nel mio libro à car. 28. b. per venir poi à biasimarla & morder me, scrive così: Potest hoc idem absolvi alia ratione, prout aliqui volunt, statuunt enim instrumentum in A, ita ut alter brachiorum recta respiciat B, alterum E, tunc progressi ad punctum E ita disponunt instrumentum ut alter brachiorurn recta respiciat A, perque centrum instrumenti aspicientes punctum B, animadvertunt partes abscissas à radio visuali, per quas postea ratiocinantur, ut superius dictum fuit. A quo quidem modo, ut pauca de illo subiungam in maximam ductus sum admirationem, nec enim satis videre possum an isti re vera sic credant, an potius homines adeo crassi cerebri existiment, ut prolibitu illis imponere liceat, quaeso enim qui fieri potest ut in tanta partium angustia, mensoris oculus nulla adhibita dioptra non longe à vero aberret? quod si parvipendunt revera nugantur, similiterque parvisieri merentur, & ideo utiliora inquirentes haec missa faciamus. Dove, essendo io quello che scrivo, che si osservi dove il raggio della vista taglia, senza aggiugnervi altro di diottra, ò traguardo, la nota di esser degno di disprezzo, & forse di esser di grosso ingegno, & di huomo che si diletti di schernire altri, senza alcuna replica si addossa sopra di me. Speditomi da questa parte, passai à quello che finalmente restava, che era di far palese come il mio libro, eccettuatone alcune pochissime cose, si che non erano la vigesima parte del tutto, erano dal Capra state copiate & trasportate nel suo; nel che per esser cosa che consisteva in fatto ci fù poco da dire, già che havevo l'uno & l'altro libro in mano, contrassegnati ambidue con richiami in margine da potergli ciascheduno, senza havere à cercare i luoghi, in un subito conferire, e riscontrare; il che però stimorno per allora li Signori Riformatori superfluo; mà ben mi commesson poi, che io facessi riscontrar detti libri dal M. Rever. Padre Maestro Paolo, il che fece egli, & questa appresso fù la fede, la quale ei ne depose. Adi 20. Aprile 1607. in Venezia. Affermo & attesto io Frà Paolo di Venezia de' Servi haver con diligenza conferito, & riscontrato il libro stampato in Padova circa dieci mesi sono dal Sign. Galileo Galilei Matematico, sotto questo titolo, Le Operazioni del Compasso Geometrico, & Militare di Galileo Galilei, &c. col libro stampato pur in Padova circa un mese fà da Baldessar Capra Milanese, sotto questo titolo, Usus, & fabrica Circini cuisdam proportionis, &c. & havendo in questo del Capra ritrovate trasportate di Toscano in Latino tutte le operazioni, che sono contenute nel libro del Galilei, eccettuatane la 31. che è circa la quadratura delle parti del Cerchio, & delle figure miste; & due altre operazioni attenenti à due linee del quadrante, & eccettuatene forse alcune poche di quelle che servono per misurare con la vista, dico forse, perche non hò potuto ben conseguire l' intentione del Capra, & come procedino quelle regole sue circa tali misure. In oltre hò osservate alcune altre, mà pochissime, si che non eccedono tre in numero, le quali nel libro del Capra sono alquanto palliate; mà però à chi ben le considera, si manifesta ritrovarsi le medesime nell' opera del Galilei. Faccio fede ancora, che in Padova già circa dieci anni mi fù mostrato dall' istesso Signor Galileo l'Istrumento, del quale si tratta nelli sudetti libri, insieme con l' uso di quello, & doppo circa clue anni il detto Signore me ne fece dono di uno, il quale ancora tengo appressodi me. Et in fede della verità &c. Io F. Paolo soprascritto. Volse pure il Capra replicare, che non haveva inteso di offender la persona mia con le parole ingiuriose, & che non era assolutamente vero che non ci fusse stato alcun' altro, che si havesse voluto attribuire questo Strumento, anzi soggiunse, che era stato alcuni anni avanti in Padova un Alemanno, il quale in faccia mia si era professato autor del medesimo Strumento; & di più soggiunse, che l'interpretare i sensi delle sue parole non toccava ad altri che à lui, & che ei solo poteva esser consapevole di cui haveva, nelle da me citate parole, voluto parlare. Onde quì mi fù necessario raccontare l' istoria, del Fiammingo, & non come disse il Cap. Alemanno, che fù un tal Giovanni Eutel Zieckmeser, il quale cinque anni dopo che hebbi ritrovato, & cominciato à publicare il mio Strumento, si che à quel tempo ne erano già andati attorno per diverse provincie più di 40. arrivò in Padova, & havendo uno Strumento nel quale haveva trasportate alcune linee cavate dal mio, & altre tralasciatene, & in luogo di quelle aggiuntevene alcune altre, & per avventura non sapendo che in Padova si ritrovava il primo & vero inventor di tale Strumento, s'incontrò con il Sig. Michel Victor Vustrou di Bransvich mio scolare, il quale da me già haveva appreso l'uso del mio Strumento, & dicendogli di havere una mirabile invenzione, lo messe in desiderio di volerla vedere, & finalmente gli mostrò quello Strumento, il quale subito fù riconosciuto dal detto gentil'huomo, che immediate à me, che ero in letto indisposto, lo fece sapere, & di lì à pochi giorni si partì di Padova; io come prima fui risanato sentendo come già i miei emuli, & sopra tutti il mio antico avversario, si erano aperta la strada al mordermi, & lacerarmi con l'occasione della venuta di questo Fiammingo, & dello Strumento che seco haveva, & già spargevano voce, che 1'invenzione di quello Strumento poteva non esser mia, contro à quello che sempre havevo detto, mà presa dal Fiammingo; fui forzato à procurar, benche con grandissima difficultà, di far che il detto Fiammingo si abboccasse meco, acciò che da tal congresso si facesse palese à chi havesse voluto saperlo, qual di noi fusse il legittimo inventore di questo Strumento, poiche esso per le parole dette da lui nel suo primo arrivo in Padova si era quasi messo in necessità di mantener se esserne autore, il qual concetto quando fusse restato impresso nel popolo, come già i maligni havevano procurato di fare, saria stato troppo pregiudiciale all' honor mio; finalmente dopo molte repulse, si lasciò persuadere à comparire in casa dell'Illustriss. Sign. Iacop' Alvigi Cornaro, dove primieramente disse, non haver mai asserito, che io havessi tolta la mia invenzione da lui, anzi che ciò non era possibile, non havendo egli dato il suo Strumento ad alcuno; dipoi mostrò il suo Strumento in molte cose molto differente dal mio; mà soggiungendoli io, che in quelle cose, che pur erano molte, nelle quali il suo Strumento conveniva col mio, era necessario che un di noi havesse preso dall' altro, & che però acciò che la verità venisse in luce (e questo à confusione de i miei emuli, & non à diminuzione della reputazion di quello) era bisogno discorrer sopra le dette cose; venni finalmente à diverse interrogazioni, le quali egli non potette risolvere, onde à molti gentil'huomini di diverse nazioni, che si trovorno presenti, restò palese & chiaro come non poteva essere che il Fiammingo non havesse cavato dal mio Strumento quello che era di commune nell'uno, & nell'altro. della qual verità ne sono quì appresso le fedi di due di quelli che furono presenti al detto cimento. 1607. Adi 14. Aprile in Padova. Per piena fede della verità affermo io Giacomo Alvise Cornaro come sono circa quattro anni, che venne à Padova un tale Giovanni Fiammingo, il quale haveva un compasso con alcune divisioni simili ad alcune che si trovano sopra il Compasso Geometrico & Militare del Signor Galileo Galilei Matematico, il che essendo pervenuto all' orecchie di detto Galilei, & più sentendo come detto Fiammingo asseriva non haver veduto il detto compasso del detto Galilei, & più sentendo il medesimo Galilei, che alcuni per detrarre alla sua fama andavano parlando che poteva essere che 'l Galilei havesse presa la sua inventione dal Fiammingo, se bene esso Galilei cinque anni avanti haveva fatto vedere il suo Strumento, & fattone fabricar molti in questa Terra, per levare ogni mal' ombra di sospetto, si risolse di far chiamare il Fiammingo in casa mia col suo compasso in presenza di molti Gentil'huomini, & incontrandolo col suo, prima fece vedere che vi erano alcune diversità, & poi, che in quello che erano conformi il Fiammingo lo haveva preso da quello del Galilei, poiche facendoli esso Galilei molte interrogationi, & quesiti circa le operationi di detto compasso, non seppe il Fiammingo distrigarsi altrimente, anzi apertamente restò manifesto come detto Fiammingo haveva preso dal Galilei, & à questo furno presenti molti di diverse nazioni, & fra gli altri che solo di quelli quì si ritrova è il Sig. Cavalier Pompeo de' Conti da Pannichi; in fede della qual verità hò fatto la presente di mia propria mano, sigillata con il mio sigillo. Idem qui supra. Io Pompeo de' Conti Pannichi fui presente à quanto è di sopra. All'altra risposta del Capra, ciò è che à lui solo, & non ad altri toccava ad esser interprete delle sue parole, risposi, che questo saria stato vero quando la sentenza, ò la costruzione delle parole fusse inintelligibile, si che da gli altri non se ne potesse trar senso; mà che nelle parole di sentenza apertissima come erano quelle, non haveria mai il Lettore fatto ricorso all' autor dell'opera, non si incontrando in niuna sorte di ambiguità. Finalmente parendomi haver apertissimamente fatto constare à gl' Illustriss. & Eccellentiss. SS. Riformatori come il Capra veramente si faceva autore dello Strumento, & del libro; & più, come con aggravarmi di ignominiose note, ne faceva me impudente usurpatore, & vedendo che altro non mi restava che il render certissimi i medesimi Illustr. & Eccell. Signori come la verità del fatto era tutta all'opposito; parlai à quei SS. in questa guisa. Ancor che (Illustriss. & Eccellentiss. SS.) à me non manchino infiniti testimonii, dalla deposizion de i quali io pienissimamente posso far constare alle SS. VV. come l'opera della quale si tratta, non trovato moderno del Capra, mà è mia antica invenzione, la quale io non hò usurpata da altri, & molto meno da costui; tuttavia quando ogn'altra giustificazione mi mancasse, questa una certo non mi verrà mai meno, la quale è, che io possa far apertamente constare, con l' interrogare il medesimo Cap. sopra il libro da esso stampato, che tantum abest, che egli de facto sia inventore di questa opera, mà che è impossibil cosa che lui mai una tal cosa, nè simile à gran pezzo potesse haver' immaginata, ò ritrovata; essendo che egli Niente, Niente, Niente intende di queste professioni, dico nè anco i primi elementi le prime definizioni, i primi termini. Dipoi rivolto al Cap. & tenendo in mano il libro stampato da lui, lo interroga, se in quel libro vi fusse alcuna cosa del suo; al che egli non mi rispose; onde io tornai ad interrogarlo la seconda, & poi la terza volta, mà sempre senza poterne cavar risposta alcuna; si che uno de i SS. Riformatori gli ordinò che dovesse rispondere alla mia domanda, ciò è, se in quel libro fusse cosa alcuna del suo; al che, astretto di rispondere, si lasciò uscir di bocca, che sì, & che vi era la fabrica dello Strumento, & molte operazioni sue: onde io subito soggiunsi rivolto à i SS. Riformatori, che per speditissima giustificazione della causa mia, mi legavo à questo strettissimo obligo, ciò è d' interrogare (quando così fusse piaciuto alle loro Signorie Illust. & Eccell.) alla presenza loro il Cap. solamente sopra le cose non copiate dal mio libro, mà postevi come sue, & in quelle mostrare come vi erano molti errori inescusabili, & tali, che ciascuno di essi era per se solo bastante à manifestare il Cap. per nudissimo di ogni intelligenza di questa professione; & oltre à ciò mi offerivo non tanto di mostrar come le aggiunte del Cap. erano piene di errori, mà di più immediatamente esplicare come le sue proposizioni doveriano stare, per star bene; dal che, quando fosse in tal maniera puntalmente da me esequito; & dichiarato, come veramente dovevano risolversi le operazioni proposte dal Cap. haverei lasciato poi inferire dalla prudenza di loro SS. Illustrissime se in quelle cose, sopra le quali havevo havuto quallti anni di tempo mi erano parsi da potervi pensar sopra, era credibile che io habbia havuto bisogno di usurpar cosa alcuna ò dal Cap. ò da altri. Udita da i SS. Riformatori questa mia oblazione, fù domandato il Cap. se si sentiva di poter render conto sopra le cose sue, il quale, dopo qualche titubazione, rispose di sì: onde li fù da quei Signori assegnato per termine la mattina del seguente giorno per doversi ritrovare nel medesimo luogo (che fù la casa dell'Illustriss. & Eccellentiss. S. Francesco Molino Cav. & Proc.) à dover rispondere alle interrogazimli che io li farei sopra le cose aggiunte da lui nel libro stampato; & detto questo uno de i SS. Riformatori, che fù l'Illustriss. Sig. Antonio Quirini si partì; essendo l'hora di ritrovarsi in Cons. di X. Partì ancora il Capra insieme con suo Padre, mà avanti la sua partita domandò che io li concedessi il libro mio per poterlo rivedere, & incontrarlo col suo, il quale di volontà de gl' Illustriss. & Eccell. Signori Riformatori li fù da me conceduto. Partito il Cap. mi accostai all'Illustriss. & Eccellentiss. Sig. Molino, il quale impedito alquanto dalla podagra giacea in letto, & li dissi, che dovendosi far questo congresso in casa di S. Ecc. quando fusse stato con buona grazia di quella, io haverei havuto per sommo favore di potervi convocare tre ò quattro gentil' huomini di Venezia intendenti della professione, acciò fussero presenti à quanto era per seguire, & questo non perche loro Signorie Illustriss. & Eccell. havessero à prendere da i detti Gentil'huomini sò informazione alcuna sopra le risposte, & portamenti del Cap. sapendo io come per loro medesime erano intelligentissime; mà solamente acciò che per detti Gentil' huomini potesse fuora esser dato conto della sufficienza di colui, che haveva osato publicar me per usurpatore, & se per vero inventore di quell' opera: di questo fui graziato da Sua Eccell. & dall'altro Riformatore ivi ancora presente, che era l' Illustriss. Sign. Girolamo Cappello, il quale mi soggiunse, che saria stato bene haverne ancora l'assenso dall'Illust. S. Quirini, il quale, partendomi io subito, haverei ancora potuto trovare nella camera de gli Scarlatti avanti che fusse entrato in Consiglio de i X. onde io partii subito; trovai l'Illustriss. Sig. Quirini, ne hebbi l'assenso, & tornai con la risposta à gli altri due SS. Riformatori: li quali mentre ero stato fuori, havevano con somma prudenza trà loro considerato, che, volendo io chiamare alcuni Gentil'huomini miei confidenti, saria stato bene farlo sapere alla parte, acciò che, se così li fusse piaciuto, potesse esso ancora convocare suoi amici; il che à me non solamente fù grato, mà risposi che quante più persone vi fossero state presenti, tanto più ne haveria sentito contento; & una, & due volte supplicai loro SS. à dover dare ogni maggior satisfazione al Capra, acciò in ogni caso di sentenzia non conforme al suo gusto, non havesse appicco di poter lamentarsi di altri che di se medesimo posta questa determinazione, & essendo già, come hò detto, partito il Cap. nè si potendo fino alla mattina seguente rivedere per fargli intendere questo particolare di potere egli convocare alcuno suo confidente, giudicorno i SS. Riformatori esser necessario differire il congresso à qualche altro giorno, il che laudando io, anzi facendone instanza, per poter dare al Cap. maggior intervallo di tempo da potersi preparare, acciò non gli restasse attacco alcuno di potersi dolere di esser colto troppo improvisamente; quello, che doveva seguire il seguente giorno, fù rimesso cinque giorni dopo, ciò è alla vigilia di S. Marco, nel qual giorno dovendosi tutta la Signoria ritrovare al vespro in S. Marco, potevano commodamente li SS. Riformatori, finito il divino uffizio, ridursi insieme in qualche stanza del Palazzo, & quivi di nuovo ascoltarci. Venne finalmente il giorno stabilito, & dopo il vespro avanzando ancora circa due hore à notte, si ridussono gl' Illustriss. & Eccell. SS. Riformatori in Palazzo di S. Marco nella sala dell'Eccellentiss. Consiglio de i XL. crimin. dove ancora si congregorno molti nobili Veneziani, & altri gentil' huomini, trà i quali intendentissimi delle scienze Matematiche, vi erano il M. Rever. Padre Maestro Paolo de i Servi Teologo della Sereniss. Signoria, del quale posso senza iperbole alcuna affermare, che niuno l'avanza in Europa di cognizione di queste scienze, vi erano gl' Illustriss. Sign. Agostino da Mula, & Sebastiano Veniero, & l' Illust. Sig. Antonio Santini Gentil' huomo Lucchese, à i quali, & à gli altri Signori circostanti insieme, con brevissime parole (essendosi già gl'Illust. & Eccel. SS. Riformatori posti à sedere) esposi la causa di quel congresso; dipoi alli detti SS. Riformatori dissi, che saria stato necessario, che gli fusse condotto avanti un tavolino da potervi posar sopra un libro, un compasso, un poco di carta con penna & inchiostro, il quale fù immediate portato; & mentre alcuni ministri andorno à pigliarlo, il Cap. fattosi avanti, cominciò à dire, che non era bene stare à tediare gl' Illustriss. & Eccellentiss. SS. Riformatori, & quelli altri Signori con altre interrogazioni; & che conceduto, che nel suo libro niente vi fusse che stesse bene, & che esso à cosa alcuna non sapesse rispondere, ciò non risultava in alcuna mia utilità; & che egli quivi si era condotto per darmi ogni satisfazione, & che non intendendo di volere in conto alcuno pregiudicare all' honor mio, era pronto, quando io mi sentissi aggravato, di formare una scrittura à mia satisfazione, & quella stampare, & publicare, & in somma non lasciare indietro cosa alcuna, la quale potesse bastare al resarcimento della fama, & della riputazion mia; io brevemente li risposi, che la redintegrazione dell' honor mio era in buone mani, appoggiandosi sopra la prudenza di quelli Illustriss. & Eccellentissimi SS. di dove io non intendevo rimuoverla; & che non mi faceva bisogno ricever da sue scritture satisfazione, la quale bene spesso non si nega anco à quelli, che meritamente, & con verità si sono offesi, & che in conto alcuno non desideravo che egli si rimovesse dal suo proposito, giudicando io che il medicamento di una scrittura si deva alle gravissime offese applicare solamente, quando tutte le altre giustificazioni sono scarse, nè si può senza qualche ritirata dell'avversario restaurare, sollevare, ò puntellare la reputazion dell' offeso; i quali pannicelli caldi, per la Dio grazia, non bisognavano al mio stomaco, assai gagliardo per digerire, & espurgare i tristi humori, che l'aggravavano. In oltre li dissi, che la mia querela era con due, ciò è con lui, & col suo libro, & che quando bene egli col ritirarsi, & disdirsi havesse potuto ottener da me perdono, dovevo però procurare il meritato castigo al suo libro, il quale quantunque volte io pur tornavo à rileggere, sempre lo ritrovavo contumace, & ostinatissimo nel lacerare, & contaminar l' honor mio; & finalmente li conclusi, che noi non eramo convenuti la per questo, & che però attendesse all' appuntamento stabilito, & procurasse pur di render buon conto de i suoi stndii, & del suo libro. Voleva pur il Capra replicare altre cose, & procurar di consumare in ciancie quel breve tempo, che sino alla notte ci avanzava; ma finalmente instandolo io, & sfuggendo ogn' altro diverticolo, al preparato tavolino lo condussi. Et aperto il suo libro mi venne per le mani la seguente figura, che egli pone à carte 14. per cavar da essa i lati de i corpi regolari, & segnarli sopra lo Strumento, la qual divisione è di quelle, che non sono poste da me nel mio Strumento; & interrogatolo quello che intendeva di fare con quella figura, niente hebbi per risposta; & pur tornando ad interrogarlo di nuovo, mi disse che io leggessi il libro, & l' haverei veduto: pur finalmente dopo altre interrogazioni disse, che quella era una figura di Euclide per trovare i corpi regolari. Allhora io primieramente feci avvertiti i circonstanti, come havendo il Padre Clavio alterata un poco la figura posta da Euclide, si che per trovare quello che Euclide, & il Comandino, & gli altri espositori trovano col descrivere il triangolo AOC. il Padre Clavio, lasciando il detto triangolo trova l'istesso col tagliare la linea AH nel punto I. si che la parte H I. sia lato del decagono descritto nel cerchio, il cui semidiametro sia la linea BH. tirando poi dal punto B la linea BI. il Capra non intendendo nè l'uno nè altro, & forse dubitando, che alcuno di loro havesse lasciato indietro qualcosa, mette l' una & l' altra descrizione superfluamente: mà questo errore è reso leggerissimo da gli altri più gravi che vi sono. domandai dipoi il Cap. quanti fossero i corpi regolari: il quale dopo un lungo pensare, disse che non lo sapeva, & che non era venuto quivi per dottorarsi in Matematica, & che questa non era la sua professione, mà che, piacendo à Dio, voleva dottorarsi in Medicina (& già si era scordato come nella dedicatoria della sua considerazione Astronomica, non solo Matematico, mà protettor delle Matematiche si era nominato, & come nella dedicatoria di questo medesimo libro dopo havere essaltato il metodo del suo Maestro nell' insegnarli, haveva scritte queste parole: Ut si verum dicere fas est, mihi potius mirandum sit propter hominis industriam, quam laetandum propter iam adeptam scientiam.). Allhora replicandogli io come nel titolo di questo cap. 8. haveva posto il numero di questi corpi solidi, & che però doveva pur saperlo; rispose, che se l' era scordato; & che essendo colto così improvviso, non era meraviglia se non sapeva rispondere ad ogni interrogazione. (si era già scordato quello che haveva stampato un mese avanti, & era colto improvviso in quello, sopra che haveva havuto cinque giorni & cinque notti di tempo da pensarvi) udendo io questo, gli lessi il detto titolo, le cui parole sono queste: Postremam & ultimam lineam quinque solidorum dictam describere, mostrandogli come haveva detto, che i corpi regolari erano cinque; & poi l' interrogai, se tali corpi erano talmente cinque, che non potessero esser nè più, nè meno di tanti, ò pur se ad arbitrio de gli huomini se ne potevano altri figurare; A questo dopo un lungo pensare rispose, indovinandola per ventura, che non potevano esser più di cinque, il che, havendogli io fatto replicare due, ò tre volte, gli domandai in qual maniera nel fine del medesimo cap. li connumerava sei? Hor quì non si potendo egli, per quanto io credo, immaginare, che quello, da chi il presente cap. senza molto considerarlo haveva copiato, potesse havere ammesso un' errore così grosso, fattosi alquanto più ardito, quasi negò che ciò potesse essere: onde mi bisognò leggergli il suo testo, le cui parole son queste: Circino itaque aliquo accipias quantitatem lineae BK, quae nobis significat latus dodecaedri, firmato uno pede circini in centro instrumenti alio secabis tuam lineam, ubi facta nota illam signabis per 12. deinde accipies quantitatem lineae BI, quae ostendit latus I cosaedri; firmato uno circini pede in centro instrumenti ubi alius ceciderit, ibi facto puncto inscribes 5. tertio accipies quantitatem lineae AP quae ostendit latus hexaedri, hunc transferes in tuam lineam, & illum signabis per 20. quarto accipies quantitatem B G. quae latus cubi praebet, & per hanc secabis lineam instrumenti, & ubi nota erit signabis 2. quinto accipies quantitatem lineae FA. pro latere octoedri, ubi ceciderit alter pes circini ibi inscribes 8. sexto, & ultimo accipies quantitatem GA. quae tetraedri, seu piramidis latus exibet, secundum quam à centro instrmnenti secabis lineam quinque solidorum, & in intersectione inscribes 4. (io lascio quì considerare à voi discreti Lettori, se costui sà nè anco che cosa siano i corpi regolari, poiche nel segnarli co i loro numeri nota il dodecaedro per 12. & questo bene, mà l' Icosaedro che hà 20. base, lo nota per 5, l' Exaedro che ne hà 6. lo nota per 20. & il Cubo per 2.) sendo il Capra restato molto attonito per questo incontro, fù da me domandato dove egli credeva di havere errato, ò nel titolo dove gli mette 5. ò nel fine del cap. dove gli numera, & nomina 6. quì crebbe la sua confusione, nè poteva egli distrigarsi, se io dopo l'haverlo lasciato pensare alquanto, non gli domandavo, qual differenza ci poneva trà l' Exaedro, & il Cubo; dalla qual maniera di domandare risvegliato un poco, & fatto animo disse, che de i corpi da lui nominati uno vi era posto due volte sotto diversi nomi, & che questo non era error tale, che se n'havesse à far tanta stima. di nuovo domandandolo io, quali de i detti corpi nominati erano l'istesso; mi rispose questi (toccando col dito sopra 'l libro l' Exaedro, & il Cubo; trà i quali gli havevo domandato qual differenza ei ponesse) finalmente gli domandai se sapeva ancora per avanti che questi corpi fussero l'istesso, & ei rispose, di sì; mà non senza apertissima falsità, poiche nella sua scritttura nomina la linea AP. per lato dell' Exaedro, & la BG. per lato del Cubo, le quali linee sono molto diseguali. Tornando poi una carta indietro al cap. 7. il cui titolo è, Lineam quadrativam construere. lo domandai per qual cagione nel determinare in quel luogo le grandezze delle linee rette, le quali fussero diametro del cerchio, & lati del quadrato, pentagono, esagono, eptagono, &c. quando tali figure sono eguali, si era scordato del triangolo equilatero, che pur doveva essere il primo; il qual' errore veniva poi mirabilmente aggravato da quello che egli scrive à car. 38. al cap. 38. dove & nel titolo, & nella figura, & nel fine dell' operazione propone alla bella prima di fare il triangolo eguale al dato cerchio (le parole del titolo sono queste: Dato circulo aequalem triangulum quadratum, pentagonum &c. construere, la figura è un cerchio con un triangolo à quello eguale: le parole nella operazione sono, vel inter puncta trianguli pro triangulo AEF.) quì volse leggere il detto cap. 7. per vedere se era vero quanto io gli opponevo, & trovatolo vero, non ci fù altro che replicare. Allhora rivolto à quei Signori gli dissi: Hora vegghino le SS. VV. Illustriss. & Eccellentiss. se costui è inventor di quest' opera, ò pure se non l'ha nè anco mai considerata, nè letta, se non quanto l'ha ricopiata da altri, poiche propone nell' essempio di voler fabbricare il triangolo eguale al dato cerchio, & non si accorge, che nello Strumento non vi hà posto il modo di poterlo fare: & questo è quello Haver gran tempo voltata & rivoltata la fabrica & l'uso di questo Strumento, di che egli si vanta nella lettera dedicatoria à car. 2. b. con quelle parole: Quare his relictis ad propositum meum magis accedens, cum satis diu fabricam, & usum huius Circini proportionis, quem non immerito totius Geometriae compendium nominavi, volutassem, tandem, &c. Tornando poi al Capra, lo pregai che, già che egli haveva nel detto cap. poste le grandezze in numeri de i lati de gli altri poligoni trà loro eguali, e tralasciato il lato del triangolo, fusse in cortesia contento di ritrovarlo quivi alla presenza di quei Signori, essendo la sua invenzione facilissima & brevissima. allhora cominciò à dire, che quella fabrica che lui poneva non era altrimenti sua invenzione, mà l' haveva havuta dal suo maestro, & replicò che ei non era lì per dottorarsi in Matematica, mà che la sua professione era di Medicina. Ero io più che certo, che non bisognava aspettar tanto da lui, benche il trovar la quantità del lato del triangolo sia facilissimo, non vi bisognando altro che crescere in potenza sei volte il lato dell' Exagono già posto da lui nel detto cap. essere 54. & nove decimi. Perche poi fusse da lui tralasciato questo lato del triangolo, s'intender più à basso. Passai di poi (restando pur' ancora nella fabrica che lui prepone) alla divisione del quadrante in 200. parti, posta à car. 14. b. dove pone la seguente figura così à capello disegnata, ponendo un rombo in cambio di un quadrato, & per consequenza, in luogo di una quarta di cerchio, una porzione assai più piccola; & sopra à questa figura l'interrogai quello che volesse far di lei; rispose che voleva mostrare il modo del dividere il quadrante in 200 parti, trasportando in esso, col mezo di una riga fissa nell'angolo K, & applicata di punto in punto alle divisioni de i due lati VX. YX prima divisi ciascheduno in 100. parti eguali, le divisioni desiderate. allhora io li domandai, à che proposito ei venisse à collocare il quadrante nel quadrato, dividendo i lati di esso quadrato in 200. parti eguali, & queste poi con tanta manifattura trasportando nel quadrante; & non più presto divideva immediatamente esso quadrante in 200. parti, già che anco queste dovevano esser parti eguali; rispose, che faceva così per manco fatica; & replicandogli io, che all'incontro così veniva à raddoppiare, & non diminuir la fatica, essendo egualmente difficile, e tedioso il dividere li due lati del quadrato, che la circonferenza del quadrante in 200. parti eguali; & pur' interrogandolo ancora, se la detta circonferenza doveva esser divisa in parti eguali, & rispondendo egli di sì; prima gli dissi, quanto da questo apertamente si comprendeva, come egli mai non haveva considerato, non che pratticato questo Strumento, del quale si faceva inventore, già che non si era ancora accorto come le predette divisioni sopra 'l quadrante erano ineguali, venendosi sempre verso il mezo ristringendo; & più gli domandai come potessi essere che ei non intendesse essere impossibil cosa, che le dette divisioni cavate, nel modo che egli scrive, dal quadrato, venisser sopra il quadrante eguali, non essendo, nè potendo essere la circonferenza del detto quadrante parallela alli due lati del quadrato V X X Y. Quì fattosi egli forte, & dicendo, che sapeva benissimo, che le parti su 'l quadrante erano diseguali, & che non intendeva se non del quadrato, quando si era trattato di parti eguali; in luogo di ringraziarmi dell'avvertimento datogli, voleva dimostrarsene conoscitore per avanti; onde vedendo io questa ingratitudine, fui necessitato à mostrar che quanto diceva era falso, producendo le sue proprie parole, le quali nel medesimo luogo poco più à basso scrive, & sono queste: Sicque firmatis omnibus, applicataque regula centro K, & singulis quadratus divisionibus (bella grammatica, credendo che quadratum si declini quadratus quadratus quadratui, il che si vede anco à car. 40. a, in quel titolo: Usus quadratus, volendo dire, l'uso del quadrato) exteriorem periferiam arcus T diligentissime dividemus, prout unico exemplo demonstrare possumus, applicata namque regula ad punctum K. & ad primam divisionem lateris VX. secabimus exteriorem periferiam arcus T in puncto Z. sicque successive donec in 200. partes aequas illa fuerit divisa. il che inteso uno de i Sign. Riformatori disse, partes aequas vuol dire parti eguali: Et fè cadere à quel furor la vela. Spedita questa parte, egli stesso non sò con qual proposito trapassò à voler mostrare, come, contro à quello che io havevo altra volta detto à gl' Illustriss. & Eccellentiss. SS. Riformatori, nel suo libro erano moltissime operazioni, le quali nell'opera mia non si ritrovavano, & presentando una nota dove ne erano registrate molte per sue proprie (le quali però poco di sotto si risolveranno in niente) produsse per la prima quella, che egli pone nel suo primo cap. de gli usi dello Strumento, dicendo quella non essere altramente tolta dal mio libro, nè in quello ritrovarsi. (è vero che non era scopertamente tratta dal mio libro, mà era bene la mia seconda operazione mascherata; & la maschera non gli era stata messa dal Capra, mà dal Fiammingo sopranominato, il quale così palliata l'haveva lasciata trà certe sue poche scritture, che in Padova restorno del suo, dalle quali il Capra hà tolta la fabrica dello Strumento, & parte di quelle altre operazioni, che non sono, ò non paiono, tolte dal mio libro; si come più à basso manifestamente si conoscerà.) Havendo dunque il Capra prodotta in campo, per cosa non cavata dal mio libro, l'operazione contenuta nel suo primo capitolo, la quale è di comporre, con l'aiuto delle linee aritmetiche, così da me nominate, mà da lui linee delle linee, di compor dico, una linea la quale contenga un'altra alcune volte, & alcune sue frazioni: io primieramente mostrai, come questa sua prima operazione era in sustanza l' istessa, che la sua seconda, la qual sua seconda è copiata ad verbum da la seconda mia, onde in consequenza segue, che ancora la sua prima sia tolta da me, il che più di sotto apertamente consterà. Soggiunsi poi, che già che lui haveva detto questa prima operazione esser sua, & non tolta da me, mi haveva posto in libertà di poterli far sopra qualche interrogazione senza rompere il mio obligo, che era stato, di non lo interrogare, se non sopra le cose, che egli non haveva cavate dal mio libro, mà postevi come sue; & però che mi rispondesse in che modo ei voleva multiplicare 55 1/4 in se stesso, si che il prodotto fusse 45. si come egli scriveva in questa detta sua prima operazione à car. 16. in quelle parole: relicto immoto instrumento multiplicetur fractio 55 1/4 in se, productum erit 45. à questo interrogatorio restando alquanto stordito, & dubitando, che forse io non havessi corrotti i suoi testi, si cavò di tasca uno de i suoi libri, & cominciò con sò diligenza à leggere il detto luogo; al quale atto io non mi potetti contener di dirgli, che non si mettesse in sospetto, che io havessi alterata la sua scrittura; lesse, e rilesse molte volte il detto luogo, & sopra, & sotto, senza mai risponder niente; finalmente per aiutarlo io gli dissi, che ei poteva benissimo scusarsi con dire, che quello era error di stampa, come veramente poteva essere, & che doveva dire 11 1/4 & non 55 1/4 di che dissi, meravigliarmi molto, che ei non si fusse accorto, essendo che poco sopra, & poco sotto al detto luogo, dovendo nominare il medesimo numero, scrive 11 1/4 mà io veramente credo, che havendo copiato il Capra questa operazione dal manuscritto, li due 1.1. fussero segnati un poco storti, & che però fussero creduti, & presi per due 5. 5. & tanto più mi confermo in questa credenza quanto io veggo il Cap. à car. 23. b. verso il fine del cap. 7. incorrere in questo medesimo errore à capello, scrivendo così: Tunc videatur quo incidat quantitas lineae B. ut hic in 71. 71. Aperias itaque instrumentum donec quantitas lineae B accommodari possit punctis 60. 60. & immoto instrumento accipias distantiam inter puncta 75. 75. &c. dove li due 5. devono esser come di sopra due 1. Mà tornando al proposito, messa da me la scusa in bocca al Capra, egli secondo la sua natura, in luogo d'havermi grado dell'avvertimento, cominciò ad esclamare: Ecco i grandi errori, che mi vuole imputare il Matematico, errori frivolissimi di stampa; onde io che à maggiori angustie lo conducevo, gli domandai, se quando il 55 1/4. si fusse emendato in 11 1/4. il suo errore saria levato via, & rispondendomi egli animosamente di sì: adunque gli risposi io, multiplicate 11 1/4. in se stesso, & mostratemi come il prodotto sia 45. perche io trovo, che 11. solo multiplicato in se stesso fà 121. & poi vi si deve aggiugnere il quarto di 11. due volte, & di più il quarto di un quarto, tal che questo prodotto senz'altro sarà più di 126. & non, come voi dite, 45. A questo si trovò egli più che mai inviluppato; & finalmente per distrigarlo di là, ond' ei mai non si haverebbe sviluppato, bisognò che io gli dicessi come l' error suo era in quelle parole, multiplicetur fractio 11 1/4. in se; le quali dovevano dire: resolvatur numerus 11 1/4. in suam fractionem, nempe in quartas, provenient 45/4. & così stava bene, & serviva al proposito della operazione: & che però tenesse à memoria questo che li havevo insegnato, ciò è che molto differenti cose sono il multiplicare un numero in se stesso, & il risolvere un numero intero in qualche frazione. Volgendo poi alquante carte del suo libro, nelle quali sono cose solamente copiate dal mio, con l' aggiunta però di alcuni erroretti comportabili, li quali più da basso saranno posti in catalogo; mi fermai à car. 21. a. dove havendo finita di copiare la mia settima operazione, si hà voluto arrisicare à lasciarsi dalla banca, & eccolo con la bocca in terra. Havendo finita di trasportar la regola de gl' interessi à capo d'anno, che io pongo nel luogo detto, & havendola esemplificata con un essempio di guadagno à ragion di 6. per 100. in 4. anni: vuol metter di suo un' essempio di quanto perderiano scudi 240. à ragion di 10. per 100. in tre anni, & dice: Haec est conversa operatio prioris, ideo sic statiees numeros 110. remanent 100. quot remanebunt 240. Io gli domandai se questo suo era buon modo di operare; mà, essendo egli stato hormai tante volte scovato, non si assicurava più à rispondere nè sì, nè nò: onde mi bisognò mostrargli, come, se nel guadagno si dice; se 100. doventa 110. nella perdita si hà da dire, se 100 resta 90. & non se 110. resta 100. perche così saria un perdere à ragion di 10. per 110. & non di 10. per 100. lo domandai appresso, per qual ragione chiamava questa operazione conversa della passata, & di più qual proposizione s'intenda essere il converso di un'altra; quì bisognò rispondere, di non lo sapere, (& pure gli scritti di Logica, che hà stampati per suoi sono dottissimi) & io per non mancare al mio debito gli dissi, che una proposizione era il converso di un' altra, quando quello che era quesito nell'una si poneva per dato nell'altra; & che quì trattandosi ò di guadagno, ò di perdita, tanto nell'una, quanto nell'altra questione il quesito era il medesimo, ciò è, il primo capitale affetto dall'interesse, & dalla moltitudine de gli anni, & che però le due domande erano del medesimo genere, & non una la conversa dell' altra. Finalmente quelli Illustriss. & Eccellentiss. SS. chiarissimi hormai della verità del fatto, & forse compassionando al tormento, nel quale io ritenevo il mal'arrivato Capra: fecero cenno, che tanto bastava; & fù non piccola ventura del Capra, la quale da molto maggiori laberinti lo liberò. Pur tuttavia trovandomi il libro ancora dinanzi aperto à caso à car. 36. b. dove si vede la seguente figura, posta in fine del cap. 32. nel quale insegna à trovar le proporzioni trà gli angoli d'un triangolo, domandai ancora al Capra, chiesta buona licenza à quei Signori, quan fusser grandi gli angoli di un triangolo; Egli che nello studio de i cinque precedenti giorni haveva ciò imparato (perche, che egli avanti, ciò non sapesse, da questa sua figura è manifesto) rispose animosamente, che erano grandi 180. gradi, & che io non guardassi à quella figura, nella quale per error di stampa erano segnati gr. 183. al che io replicai, che essendo in tutti 3. gli angoli segnato tre volte 61. era gran cosa havere in tutti tre i luoghi errato, & massime cambiando un'0. con un'1. caratteri differentissimi; mà lasciati questi inverisirnili, gli domandai qual colpa poteva havere lo Stampatore, ò Compositore in una figura intagliata in legno, & prima sopra il medesimo legno, dalla sua propria mano, & non da altri, disegnata con li tre 61. 61. 61. ne gli angoli. Da questa troppo evidente, e manifesta colpa non l' haveria potuto scusar Demosthene; & però la scorrezzione restava della mano, & della scienza del Capra, & non di altri. E questi, prudente Lettore, son quelli, li quali non havendo prima che hieri l'altro imparato quanti gradi sottendono à gli angoli d' un triangolo, hanno più di un' anno avanti stampato metodi di risolver triangali sferici, calcoli di luoghi di Stelle per via di triangoli, computi di Ecclissi Solari, & sono di sì alto ingegno, che queste contemplazioni, & laboriosi computi, li quali nelle scuole de gli altri Astronomi sono stimati per le ultime, & più difficili fatture, nulladimeno appresso di loro sono scherzi, primizie, & tirocinii: & quel che è peggio, ci tengono per tanto stupidi, & insensati, che credono, che noi siamo per crederle, e per non vedere ond' elle sono cavate; mà perche io non intendo di trattare in questo luogo, se non di quelle cose, che appartengono al mio libro; & oltre à ciò non sono molto esercitato nell' indivinare i sensi di figure non Geometriche, mà peggio che ieroglifiche, poste senza costruzione, senza demostrazione, & forse senza proposizione, e senza proposito; & poste più, per mio avviso, per spaventare le menti de i semplici (ò forse perche questi che le pongono, veramente credino, che Tolomeo, Archimede, Apollonio, & gli altri Matematici le mettino ne i lor libri per ornamento, & che quelle tanto meglio comparischino quanti più cerchi, archi, & linee dritte e torte contengono) lascerò questa fatica à Giusto Birgio, ò à Niccolò Raimaro Urso Dithmarso di farsi render conto dal Capra sopra i Tirocinii Astronomici. Finito il congresso, & fattoci intendere dal Sig. Paolo Ciera Segretario de gl' Illustriss. & Eccellentiss. SS. Riformatori, che noi uscissimo fuori; dopo una breve consulta ci feciono dire dal sopranominato Signor loro Segretario, che per quella sera eramo licenziati, & che non stessimo ad aspettare altro. Partimmo, & ultimatamente non molti giorni dopo fù dalla somma prudenza, & clementissima giustizia di quei sapientissimi Signori prolata la seguente sentenza, & mandata à gl' Illustriss. SS. Rettori di Padova, acciò la facessero esequire; onde immediatamente à suon di trombe fù publicata nello Studio di Padova, nell'hora della maggior frequenza de gli Scolari. COPIA DELLA SENTENZA. 1607. a' 4. Maggio. Inteso da gli Eccellentissimi SS. Riformatori del Studio di Padova infrascritti l'aggravio di D. Galileo Galilei Lettor delle Matematiche in esso Studio, che havendo lui già molti anni publicato, et poi dato alla stampa nella Città predetta un suo libro intitolato, L'uso del Compasso Geometrico, & Militare, questo da Baldassar Capra Milanese gli sia stato in gran parte usurpato col mezo d'un altro libro fatto da esso stampar in Padova sotto titolo di Usus & Fabrica Circini cuiusdam &c. trasportandolo dal volgare al Latino; & intese ancora da loro Signorie Eccellentissime diverse considerationi & interrogationi, e risposte passate sopra l' uno, e l' altro di essi libri trà li predetti Galileo, e Capra, con la presenza di persone molto intelligenti di tal professione, non havendo il Capra saputo rispondere, nè render buon conto sopra le cose per lui aggiunte nel predetto libro, restorno detti Eccellentissimi Signori molto ben certi, che in effetto il predetto Capra havesse in gran parte trasportato il libro del predetto Galilei nel suo, per l' incontro ancora che ne è stato fatto, onde con tal operatione si causeria non picciolo scandolo, & intacco alla riputatione del medesimo Galilei Lettor in tal professione, & allo Studio ancora; perciò hanno tutti li antedetti Ecellentiss. Signori concordemente terminato, che tutti li volumi del predetto libro stampato, che si trovano tanto presso al sudetto Capra, quanto presso al Tozzi libraro, in tutto al numero di 483. non possino esser venduti, nè publicati in questa Città, mà debbino esser presentati innanzi le lor SS Eccell.me, per dover esser suppressi di quel modo che loro parerà, riservandosi di procedere contra il stampatore, & libraro, per le trasgressioni, che possono esser state commesse da loro contni la forma delle leggi in materia di stampe. ordinando così dover esser notato. D. Francesco Molin Cav. e Proc. D. Hieronimo Cappello D. Antonio Quirini Paolo Riform.ri del Studio di Padova. Paolo Ciera Secret. Furono anco il giorno stesso tutte le copie del libro del Capra inviate à Venetia à gl' Illustriss. & Eccellentiss. SS. Riformatori, delle quali ne furon trovate 440. appresso il Libraio, & 13. in casa dell' Autore, havendone esso per diverse parti di Europa distribuite già 30. per quanto il Padre in mia presenza referì all'Ill. & Eccellentiss. Sig. Giorgio Vecchioni Cancellier dell' Illustriss. Sign. Podestà di Padova, le quali copie sparse, poiche già haveranno diffusa pel mondo l'ignominia impostami, hanno messo me in necessità di stampar la sopraposta sentenza, & formar, e publicare la presente scrittura, & di più ad aggiugnere un particolar registro, nel quale si vegga quante, & quali siano le cose trasportate ad verbum dal mio libro in quello del Cap. & d'onde ancora siano prese quell'altre, le quali dal mio libro non son tolte; essendo in somma verissima, che Nel libro del Capra Niente penitus vi è del suo, da gli errori in fuori. Et prima quanto alla fabrica dello Strumento. Nel primo cap. mostra il Cap. la descrizion della linea delle linee, detta da me linea aritmetica; nella qual fabrica niuna invenzione vi è nè del Cap. nè di altri, essendo che questa linea và semplicemente divisa in parti eguali, secondo qual si voglia moltitudine; & io la divido in 250. vi sono però nel fine del cap. due cose del Cap. la prima è una contradizione à se stesso, dicendo egli quì, che il divider questa linea in molte parti eguali è cosa facilissima, & le sue parole son queste: Huius fabrica satis est facilis, postquam nullus est tam rudis artifex, qui non possit lineam aliquam propositam, in petitas aequas par.tes dividere. mà poi nel cap. 3. delle operazioni, il cui titolo è: Lineam propositam in aliquot petitas partes secare. dice tutto l' opposito, cominciando così: Nulli dubium est quod laboriosissimum sit dum aliquam lineam dividimus toties circinum constringere & dilatare donec voti compotes facti simus, &c. & più nel secondo cap. antecedente, parlando pur di una division di linea, la quale senza lo Strumento si conseguirebbe col divider la proposta linea in molte parti eguali, scrive così: Difficillimum enim esset ne dicam impossibile huiusmodi divisiones invenire, quas tamen statim nobis exhibet instrumentum hoc nostrum. L'altra cosa che io noto è quello che ei dice nelle ultime parole, parlando pure della medesima linea da dividersi, ciò è: Quae etiam summa facilitate dividi posset per illa quae cap. 3. istius instrumenti usum tradentes, explicabuntur. mà perche l'operazione, che si esplica al cap. 3. de gli usi, non si può far senza haver lo Strumento già fabricato, seguita per necessità, che il nostro autore, nel fabricar lo Strumento supponga haverlo già fabricato; la qual medesima inezia replica ancora à car. 13. b. pur nella fabrica dello Strumento, nella quale, venendogli bisogno di trovare in un cerchio dato il lato del decagono, dice così: Quod facillimum esset si haberes instrumentum factum per ea quae dicentur cap. 34. Passa poi il Cap. nelli due cap. 2. & 3. alla descrizione della linea delle superficie, & della linea de i solidi, chiamate da mè, Linea Geometrica, & Linea Stereometrica: per il che fare propone due tavole, una delle radici quadrate, & l' altra delle radici cube. Mà qui, avanti che io passi più oltre, devo discreti Lettori farvi sapere, come quel Fiammingo, del quale si è di sopra fatta menzione, il quale cinque anni sono fù in Padova, & lasciò vedere uno Strumento in gran parte cavato dal mio, nel partirsi di quà lasciò all' Illustre Sig. Michele Victor di Vustrou di Bransvich, il quale prima da me haveva imparato l'uso del mio Strumento, alcuni pochi scritti attenenti alla fabrica, & ad alcuni usi del detto Strumento, li quali scritti passorno poi dal detto Signore in mano di M. Gasparo Pignani esquisitissimo fabricator di ogni sorte di strumento Matematico, & dell'istessa scienza non vulgarmente intendente, i quali scritti, havendone egli ad altri fatto copia, è necessario che siano venuti in mano del Cap. poiche diverse cose in detti scritti contenute si ritrovano nel libro del detto Capra ad unguem, come nel progresso si mostrerà; questi scritti hò io fatti proclurre avanti gl' Illustriss. Rettori di Padova, li quali ricevuto il giuramento da detto M. Gasparo, come lui li hà già cinque anni sono ricevuti dal detto Sign. Alemanno, li hanno autenticati, come nel fine di questo discorso si vede. in oltre non voglio tacere, come in questi scritti, oltre al mancarvi moltissime operazioni, & le principali del mio Strumento, vi manca ancora interamente la descrizione, & gli usi delle linee, che io chiamo Aggiunte per la quadratura delle parti del cerchio, & delle figure contenute in qualunque modo da parti di circonferenze, ò da tali parti di circonferenze, & da linee rette; vi mancano interamente le linee Poligrafiche al modo che le pongo io; la squadra da' Bombardieri usata al modo mio, la divisione per misurar le pendenze, & la divisione del quadrante per misurar con la vista: in oltre dal nominarmi che fà il detto Fiammingo più volte in questi brevissimi scritti, si vede come egli haveva vedute le scritture mie, benche non ancora stampate, e con migliore, e più civil creanza di quella del Cap. non haveva procurato di asconder questa verità. Hora tornando al nostro proposito, propone il Cap. per la descrizione delle sopranominate linee, due tavole, una delle radici quadrate, & l' altra delle cube, le quali ne i predetti scritti si veggono poste per il medesimo fine. Segue il Capra nel cap. 4. la costruzione delle linee metalliche, & mette una tavoletta contenente le proporzioni, che hanno in peso trà di loro tutti i metalli, cavata pur da i medesimi scritti; le quali proporzioni oltre che sono diverse dalle vere, che sono quelle che li dò io nel mio Strumento, sono ancora poste senza la dimostrazione, ò dichiarazione del modo dell'investigarle, cosa che saria necessaria da farsi volendo aqquistar fede à quello che si propone; mà il Cap. havendole trovate così senza dimostrazione, senza dimostrazione le hà poste. Nel 5. cap. mette la division della linea del quadrante, mà fatta solamente mecanicamente, sendo per avventura riuscita troppo difficile da intendersi una tavola, la quale per il medesimo uffizio è posta negli scritti del Fiammingo; mà io come quello che non hò voluto trattar nel mio Strumento operatione alcuna, che si indirizzi à cose astronomiche, non hò cercate simili descrizioni; si come anco lasciai da parte gli usi del quadrante astronomico, benche da me disegnato sopra 'l mio Strumento. quì chi volesse sottilmente esaminare ogni cosa, potria domandare al Capra à che proposito nel trovar queste divisioni descrive nella figura il mezo cerchio BCD. il quale non vi serve à niente. Nel cap. 6. inscrive nello Strumento la linea de i cerchi, detta da me Poligrafica. Le divisioni di questa linea sono parimente trovate dal Cap. mecanicamente, le quali il Fiammingo pone trà i suoi scritti in una tavola cavata dalle tavole de i sini, ò de gli archi & corde. in questo cap. vuole il Cap. che la suttendente alla terza parte della circonferenza, ciò è il lato del triangolo, sia notato con due caratteri, ciò è per 3. & per 7. scrivendo così: Tertiamque hanc partem notabis in instrumento non solum per 3. sed etiam per 7. nam non significat solum tertiam circuli partem, sed etiam latus hexaedri. dove io noto primieramente, che di questo punto segnato per 7. venendo à gli usi dello Strumento, non se ne fà mai più menzione nel suo libro; in oltre credo che ogni Matematico dubiterà quello che habbia che far questa linea suttendente alla terza parte della circonferenza col lato dell'Esaedro, che è minore assaissimo di questa linea, si come il medesimo Cap. in coutradizion di questo luogo dice nel seguente cap. 8. à car. 14. a. Nel cap. 7. mette la costruzione della linea quadrativa, chiamata da me Tetragonica, & il modo del segnarla. posto dal Capra, e preso ad unguem da una tavoletta de i lati de i poligoni regolari eguali, posta trà gli scritti del Fiammingo, il quale però non lascia indietro il lato del triangolo, come fà il Capra, si come di sopra hò altra volta detto; di che essendomi io meravigliato, venendomi finalmente questi scritti in mano, mi hanno fatta cessar la meraviglia col manifestarmi la causa, per la quale il Cap. hà lasciato indietro il detto lato del triangolo; che è, perche nella detta tavoletta il Fiammingo scrivendo in luogo di latus trianguli aequilateri: isopleuri latus, hà forse con la novità di questa parola strana spaventato il Capra, il quale si hà per miglior consiglio eletto più presto di lasciare star questa figura, che mettersi à rischio di scriver qualche cosa spaventevole. La divisione di questa linea si stende appresso 'l Cap. sino al lato dell' ottangolo, che più non ne hà trovati scritti dal Fiammingo, mà però ne' miei Strumenti contiene sino alla figura di 13. lati. Passa poi nel cap. 8. alla descrizion della linea per i corpi regolari, cavata da Euclide alla 18. del 13. mà con l'aggiunta de gli errori sopra considerati. Questa linea è totalmente superflua in questo Strumento; perche, già che non serve per altro, che per trovare i lati de i corpi regolari inscrittibili nella data sfera, questi si potranno trovare facilissimamente col mezo delle altre linee dello Strumento; perche, essendo il Diametro della sfera in potenza sesquialtero al lato della Piramide: doppio al lato dell'Ottaedro, triplo al lato del Cubo; in oltre essendo la porzion maggiore del lato del Cubo segato, extrema, & media ratione, lato del Dodecaedro, & comprendendo il medesimo cerchio il pentagono del Dodecaedro, & il triangolo dell'Icosaedro: col mezo delle linee Geometriche, & delle Poligrafiche solamente si troverà il tutto, perche le Geometriche ci daranno i lati della Piramide dell'Ottaedro, & del Cubo, & con le Poligrafiche divideremo il lato del Cubo secondo l'estrema, e meza proporzione per il lato del Dodecaedro, il qual lato ritrovato ci darà in virtù delle medesime linee il lato dell'Icosaedro; si come à diversi miei scolari particolarmente hò insegnato. Passa poi nel medesimo cap. alla division del quadrante; sopra il quale costituisce tre divisioni, una per la squadra da Bombardieri, l'altra per il quadrante astronomico, & queste dovendo essere in parti eguali, non hanno artifizio alcuno nelle loro divisioni; la terza, che è per le divisioni del quadrato Geometrico, benche egli habbia cento volte veduto il modo del dividerla in casa dell' artefice che mi lavora, che è il modo descritto da lui, con tutto ciò quanto bene egli l'habbia avvertito, da quanto si è detto di sopra, è manifesto. tralascia poi la division che è sopra il quadrante del mio Strumento per misurar le pendenze, per essere un poco più astrusa, & per non haver egli havuto onde cavarla. Questo è quanto alla fabrica di questo StrUmento, secondo che il Fiammingo, da chi il Capra hà copiato, si è immaginato che vadino ritrovate le divisioni di quelle linee, che sono prese dal mio Strumento, delle quali regole io non reprobo per falsa, se non quella de i Metalli; mà dico bene, che dovevano esser poste con le loro dimostrazioni, & di più dico, che i modi che hò tenuti io per conseguir queste, & le altre divisioni, che metto nel mio Strumento sono per vie più spedite, & più esatte, come al suo tempo farò toccar con mano. Fatte queste considerazioni intorno alla fabrica, comincio à considerar la prima operazione posta nel primo cap. nella quale vuole il Cap. insegnare à comporre una linea che contenga alcune parti, & frazioni di parti, la quale operazione è la medesima che la seguente posta da lui nel secondo cap. solamente immascherata; vero è, che nel mettergli la maschera fece gli errori, de i quali sopra·†≥i è parlato; mà che ella sia la medesima della seguente, facilmente potrà ogn'uno comprendere; imperò che (stando nel suo essempio) il trasferir la intera linea AB. 4. ò 5. volte nella CD. non è niente; & il prender poi 7. piedi, & 6/7. de i quali piedi tutta la AB. ne contenga 12. non è altro che pigliare delle 84. parti di tutta la AB. le 55. imperò che sendo la AB. figurata contener 12. piedi, risolvendola in settimi di piede, viene à contenere di tali particelle 84. & risolvendo li 7. piedi e 6/7. che prender ne doviamo, parimente in settimi di piedi, habbiamo delle medesime particelle 55. tal che il problema tutto, che si hà da far col mezo dello Strumento, non contiene altro, che pigliar delle 84. parti della linea AB. le 55. essendo il resto dell'operazione, ciò è il risolvere quei numeri nelle loro frazioni, opera del nostro discorso, e non fatta col mezo dello Strumento. e nel secondo cap. che altro s'insegna dal Cap. che Alicuius datae lineae omnes petitas partes invenire? Mà Il secondo cap. è copiato ad unguem dalla seconda operazione del mio libro; adunque in questi due capitoli non resta altro all'invenzion del Capra, che gli errori; à i quali si deve pure aggiugner quello, che ei commette verso il fine di questo secondo, quando dice: Insuper si esset data linea 100. partium, & peterentiur 3/100. 4. vel 5. quae propè centrum instrumenti accipi non possunt, illae accipiantur ex altera parte instrumenti, vide licet prope 100. ascendendo &c. il che non è ben detto, mà bisognava dire, accipiatur residuum illarum partium, nempe 97. vel 96. vel 95. propè 100. & non illae accipiantur. & questa cauzione, eccettuatone però l' errore, è pur essa ancora presa da due luoghi della mia prima operazione. Il terzo cap. Lineam propositam in aliquot petitas partes secare, contiene quattro parti; le prime tre per dividere le linee mediocri, le minime, & le massime, sono opiate ad verbum della mia prima operazione, eccettuatone l'errore che il Capra commette nel voler palliare un poco la terza, dove chi facesse al modo che egli scrive, dicendo: & immoto instrumento accipiatur una septima illus IK, quae addatur singulis partibus prius acceptis in linea HK. farebbe grand' errore, mà bisogna che, illa septima addatur primae parti semel, secundae parti bis, tertiae ter &c. La quarta parte, nella quale egli insegna; date due linee diseguali, dalla maggiore tagliarne una eguale alla minore, & ci fà prima veder quanti punti contien l'una, & poi quanti ne contien l'altra, & poi cavar il numero minore dal maggiore, & poi tornare à pigliare il residuo dallo Strumento, & poi trasportarlo sopra la maggiore; voglio che ci contentiamo di lasciarla per trovato singolare dell'ingegno del Capra. La quarta Operatione, secundum dcttam lineam divisam secare aliam, è tolta dal Fiammingo; mà si poteva più speditamente risolvere per la terza mia: anzi, quanto all'operazione, è l'istessa à capello; mà dove in questa le parti trovate si notano nella medesima retta, nella mia con le linee trovate si costruisce una figura. Nel quinto cap. sono diverse operazioni di aritmetica trasportate tutte dal mio libro; & prima dal principio del cap. sino à quelle parole: Non hic iacet huius instrumenti usus. è copiato tutto à capello dalla mia quarta operazione; dove si noti, come, havendo tralasciato il Cap. nel copiare il primo caso di questa operatione quello che io scrivo in quel proposito; ciò è, che, per risolver le questioni della regola aurea; delli tre numeri proposti si può ad arbitrio nostro, per aggiustar lo strumento pigliare il secondo, overo il terzo, & applicarlo al primo, non havendo esso fatto menzione di ciò; seguita poi di copiare, & scrive: Sed si quaestio esset 10. exhibent 30. quot dabunt 80. nec secundus nec tertius numerus ex scala immobili acceptus potest primo per transversum accommodari. Mà se di sopra non hà mai fatto menzione di accommodare altro che il secondo, perche dice hora, mà se nè il secondo, nè il terzo si potrà accommodare? bastava dire, quia secundus non potest accommodari &c. copia dunque solamente, mà non intende. L'altra operatione poi contenuta sino alle parole, Non minori facilitate resolvuntur: non aggiugne niente di nuovo à quante è insegnato di sopra, perche non è altro che la medesima regola aurea replicata tre volte; mà perche nell'aggiustare lo strumento si adoprano solamente il primo & secondo numero, li quali in tutte tre le operationi sono sempre i medesimi; quindi è, che aggiustato una volta ci serve poi senza più muoverlo per trovare tutti gli altri numeri rispondenti à quelli, che nella regola occupano il terzo luogo. La operatione, che segue sino alle parole, verum si quis. è la regola inversa copiata ad verbum dalla mia operazione 5. L'altra che segue sino alle parole, Non absimili negocio, è la trasmutazione delle monete posta da me nella mia sesta. Quello che segue sino alle parole, insuper si aliquis. è l'operazione per gl'interessi à capo d'anno risoluta in due modi diversi, copiati l'uno, & l'altro à parola a parola dalla mia settima. In quel che segue sino alle parole, sed ut melius, il Capra si è arrisicato à non voler copiare ad verbum, & se bene segue la medesima operazione commette g]i errori notati di sopra nella narrazione delle sue risposte in voce. Quello finalmente che resta sino al fine del cap. si lascia intatto all'invenzione del Cap. essendo un affaticarsi per impoverire; poiche introduce per far le medesime cose già fatte, un'altra scala mobile, potendosi servir della stabile, hà da muover lo Strumento una volta di più, adoperare due compassi, & cercare infine con tedio transversalmente il numero desiderato, le quali manifatture sono tutte non pur disutili, mà dannose. Nel cap. 6 propone: Figuram aliquam superficialem adaugere vel diminuere. & ciò dichiara, con due essempi, il primo è in un triangolo solo, il secondo è in un rettilineo di molti lati; & perche il primo essernpio non è copiato dal mio libro, un solennissimo errore non manca; imperò che proponendo egli con queste parole, (Sit triangulus ABC. secundum quem alius triangulus constitui debeat qu sit ter maior,) di voler fare un triangolo triplo di un' altro, venendo poi all' operazione cresce i lati del proposto secondo la proporzion tripla, & crede di haver secondo la medesima proportione cresciuto il triangolo, nè sa ancora che il triangolo non tre volte, mà nove volte sarà maggiore del proposto; l' altro essempio poi che egli diffusamenfo descrive è puntalmente copiato dalla mia operazione 3. Propone nel cap. 7. Datis duabus lineis tertiam roportionalem adiungere. & questo non è copiato dal mio libro, mà cavato da gli scritti del Fiammingo, dove oltre à quello che hò notato di sopra intorno à questo cap. scrivendo le sue risposte in voce, noto adesso il principio dove scrive così: Sint duae lineae A. & B. quibus invenienda sit tertia proportionalis continua &c. dove la parola, continua, per esservi superflua, denota che il Cap. non sà, che una terza linea proporzionale aggiunta à due altre date, non può non essere in proporzionalità continua, & pur queste son minime bagattelluzze. poteva in oltre questa operazione, come dependente da cose poste da me, molto più destramente esser resoluta; & senza havere à muovere lo Strumento più di una sola volta: imperò che misurata rettamente la linea B. & applicata poi transversalmente alla quantità della A. misurata su la medesima scala retta, & preso poi transversalmente il numero della B. si haverà la C. mà che bisognava perder tempo in questa & nelle due seguenti operationi, se sono la medesima cosa ad unguem, che la regola aurea posta da me, & trascritta dal Capra? Per dir quanto mi occorre, con maggior brevità & chiarezza, intorno al cap. 8. del Capra, è necessario trascriverlo in questo luogo. Dice dunque nel titolo: Datis duabus lineis tertiam, tertiae quartam, quartae quintam &c. continuas proportionales adinvenire, & segue. Per hanc operationem facillimum erit è resolvere probl. 4. prop. 12. lib. VI. Eucl. si. namque propositarum linearum nota sit proportio, ut iam supra docuimus cap. 5. inquiratur differentia inter dictas duas lineas, tunc aperto instrumento secundum quantitatem maioris lineae excipiantur intervalla differentiarum, ut e.g. dentur lineae A. & B. in proportione, ut 21. ad 28. aperiatur secundum quantitatem lineae B in 21. immotoque instrumento excipiatur distantia inter puncta 35. 35. pro linea C. inter puncta 42. 42 pro linea D. & sic de reliquis. Quì primieramente si nota come il volere che, excipiantur intervalla diffrentiarum, non hà che fare niente in questo luogo, nè all' operazione quando si facesse bene, nè al farla male, come seguita di fare il Capra, & doveva (volendo concordar con quel che segue) dire, excipiantur intervalla numerorum crescentium ultra 28. per differentiam 21. ad 28. li quali sono quelli che nomina, ciò è 35.42. &c. passo poi à considerare un' altro errore, & è che, sendo la B. 28. & la A. 21. per trovare la terza C. vuole che; Instrumentum aperiatur secundum quantitatem lineae B. in 21. & che, illo immoto, excipiatur distantiam inter puncta 35. pro linea C. il che è falsissimo; mà bisogna excipere distantiam inter puncta 28. Vi è oltre à questo il terzo non minore errore, il quale è, che egli s' immagina, che quando haverà presi gl' intervalli trà i punti 35. 35 & 42. 42. questi siano le lunghezze di linee continue proporzionali; cosa parimente falsissima, & argomento di niente intendere; perche le distanze trà i punti 21. 21. & 28. 28. & 35. 35. & 42. 42. ci danno linee di eguali eccessi, & ordinate in proporzione aritmetica, cosa che non fà al presente proposito; mà se voleva conseguire l' intento bisognava applicar la B al 21. & prendere il 28. che gli dava la terza C. & questa applicata, (aprendo più lo strumento) pur al 21. pigliando il 28. si haveva la quarta D. la quale applicata similmente al 21. & preso il 28. ci dava la quinta E. & così in infinito. Vedete intendenti Lettori in quali puerizie mi bisogna consumare il tempo, e pure è forza trattarne. Il nono cap. Datis tribus lineis, quartam proportionalem investigare, ha, si come il Cap. medesimo confessa, la medesima operazione che la precedente, & non può essere aggiunto per altro, se non per dar luogo à un nuovo errore, che non poteva capire nel passato cap. quì, stando nella figura precedente, & volendo alle tre proposte linee soggiugnere la quarta proportionale, dice, inquiratur proportio lineae A. ad B. ut aperiatur secundum quantitatem B. in 50. 50. A. cadet in 38. 1/ 2. itaque circino aliquo accipias quantitatem lineae C. hanc punctis 38 1/ 2. per transversum accommodabis, & immoto instrumento accipies distantiam inter puncta 50. 50. quae exhibet lineam E. quartam proportionalem. quod nihil aliud erit quàm resolvere problema Pappi, quo docet, tribus datis rectis lineis quartam invenire, quae sit ad tertiam, ut prima ad secundam. hora quì non hà che far Pappo, nè questo è altro problema che il quarto del sesto ll'Eucl. prop. 12. & non è vero che in questa operazione si trovi una quarta linea, la quale sia alla terza, come la prima alla seconda; mà si trova la quarta, alla quale la terza è come la prima alla seconda. L'operazione decima è, secare datam rectam quamlibet secundum duo extrema ac media ratione. dove quelle parole, secundum duo, le quali non vi hanno che fare, bastano à far conoscere ad una persona della professione, che il Capra non hà mai letto alcuno autore Matematico. Questa operatione è copiata da gli scritti del Fiammengo, & è falsa; perche, posto come dice il Capra, che tutta la linea data sia 100. fà poi che la minor porzione sia 38. & per conseguenza la maggiore 62. mà 100. 62. & 38. non sono altrimenti proporzionali, perche il quadrato di 62. è 3844. & il rettangolo di 100. & 38. è 3800. mà non solamente col rnezo di questi numeri non si segherà la data linea secondo l'estrema, & meza proporzione, mà nè secondo alcuni altri, & siano quali si voglino, essendo tal divisione irrazionale, si che posta tutta la linea come di sopra 100. sariano le sue parti segandola nella proporzione detta una rad. 12500. m. 50. & l'altra 150. m. radice 12500. mà queste cose avanzano di troppo la capacità del Capra. & se bene questa divisione non si può trovare col mezo delle linee delle linee, si può nondimeno fare con altre linee dello Strumento; mà questa è una cognizione molto lontana dall' intelligenza del Cap. benche l' operazione sia facilissima, & non si hà da far altro, che applicar tutta la linea proposta trasversalmente alli punti 6. 6. delle linee, che il Cap. chiama lineae circulorum, pigliando poi senza muover lo Strumento l'intervallo tra li punti 10. 10. delle medesime linee, & questa sarà una delle parti della linea da dividersi. Mà sopra le mie linee Poligrafiche si applicherà tutta la linea alli punti 10. 10. pigliando poi la distanza trà li punti 6. 6. & sarà fatto. Passa nel cap. 11 nelle operazioni delle linee delle superficie dette da me geometriche; & in questo cap. mette sotto pochissime parole tre operazioni tolte à capello dalle 9. 10. & 11. mie; mà incantucciate quì, parendo pure al Cap. furto troppo enormemente spaccato il copiar sempre il tutto à parola à parola. Nel cap. 12. propone, Datum triangulum dividere lineis aequidistantibus in partes aequales. questa operazione è tolta ad unguem da gli scritti del Fiammingo, & non è altro che la mia ottava mascherata; imperò che io insegno quivi crescere, ò diminuire qualunque figura superficiale secondo qual si voglia proporzione; & quì, che altro è il dividere il triangolo proposto in cinque parti eguali, per star nell' essempio del Capra, che trovarne uno che sia la quinta parte di quello, un' altro che sia li 2/5. uno che sia li 3/5. &c? Propone nel cap. 13. Datam aliquam superficiem, dividere secundum datam proportionem. & perche questa non è copiata dal mio libro (se bene è tolta ad verbum dalli scritti del Fiammengo, dove ella è posta con l' essempio medesimo de i tres viri, inter quos dividendus sit campus ABCD.) si mette à esaggerare la eccellenza dello Strumento per questa frivolissima operazione; la quale primieramente hà la proposizione universale come si vede, mà la regola che poi si dà non si applica se non à i parallelogrammi, nè può haver luogo se non in questi, ne i triangoli, & nelle figure mensali; le quali tutte figure seguitando la proporzione delle lor basi, come dalla prima del sesto d' Euclide si fà manifesto, traducono il presente problema al dover dividere una linea nelle date proporzioni, & non altro: la quale operazione è la medesima, giusto che la prima operazione posta dal Capra, ciò è la medesima che la seconda mia; onde io non sò perche il Capra l' habbia replicata quì trà le linee Geometriche, le quali non ci hanno che far niente, nè l'istesso Capra se ne serve punto per questa operazione. Il cap. 14. che segue contiene due operazioni, l' una è per trovar la media proporzionale, copiata ad verbum dalla mia 14. operazione; l'altra è costituire un quadrato eguale à un dato triangolo, copiata di parola in parola dalla seconda parte della mia operazione 31. Nel cap. 15. sono diverse operazioni, & però diverse cose da notarsi. Et prima propone: Datis tribus superficiebus quartam proportionalem adiungere. comincia poi l' operazione cou queste parole: Sint duo circuli A & B. & figura C. cui sit invenienda quarta proportionalis qualem proportionem habet A. ad B. ex linea superficierum quaeratur proportio A ad B. &c. dalla qual frase di dire si può comprendere se il suo autore hà mai letti libri di Matematica. seguita poi l' operazione sino alle parole, Non absimili, & di lì sino à, Eadem fere operatione, insegna, si dentur duae superficies tertiam proportionalem invenire; l' una & l' altra delle quali operazioni è tolta da gli scritti del Fiammingo, & è in questo luogo superflua; imperò che, se di sopra si è insegnato, date tre linee trovar la quarta, e datene due trovar la terza proporzionale; & essendo che, ogni volta che le linee son proporzionali, ancora le lor figure simili son proporzionali, come Euclide dimostra nella 22. del sesto; à che proposito s'introducono hora queste due operazioni solamente per aggrandire il libro? mà quì noto un' altra leggerezza del Cap. ciò è, che quì, dove non era necessario, distingue la considerazion delle proporzioni delle linee da quella delle lor figure; mà di sopra nel cap. 6 dove tal distinzione era sommamente necessaria l'hà prese come se fossero la medesima cosa. In quel che segue poi sino alle parole, Hincque habetur solutio, copia la operazione mia 10. dalla quale depende, anzi è il medesimo à punto, quello in che egli si distende sino à, Haecque proportionum methodus. Entra poi à voler metter non sò che del suo, & s'intriga in una certa anfora, scrivendo così: Illud tamen silentio involvendum non credo, quod si proposita esset amphora continens mensuram, & quaereret aliquis aliam, quae duas, quae tres, vel quatuor contineret, hoc dicto citius poterit absolvi; acceptis enim dimensionibus propositae amphorae, si illas pro libitu applicuerimus aliquibus punctis huius lineae, tum ex immoto instrumento exceperimus duplum, triplum, vel quadruplum habebimus dimensiones amphorae petitae. dove il Capra mostra come egli non solo hà creduto (come di sopra si è dichiarato) che le superficie seguitino le proporzioni de i lati; mà che i solidi parimente seguino quelle delle lor superficie, poiche in questa operazione apertamente si dichiara di credere, che col raddoppiare, ò triplicare le superficie dell' anfora, sia parimente raddoppiato, ò triplicato il suo contenuto, & così nella dottrina del Capra la proporzione, che è trà due linee, si trova l' istessa ancora trà le figure simili, tanto superficiali, quanto solide fatte da quelle; falsità conosciuta da ogni muratore. Nel cap. 16 vuol dichiarare la regola di costituire un rettilineo simile ad uno, & eguale ad un' altro dati; la quale operazione non è posta da me nel mio libro, mà l'hò ben insegnata in voce à molti miei scolari in diversi tempi; & è necessario che da qualcuno sia stata mal referita al Cap. & peggio intesa da lui; il che si fà manifesto dal confusissimo parlare, col quale ei la descrive, & pieno di improprietà, & mancamenti; nel quale, solamente da persone molto intendenti, si può vedere, come per nube la regola buona di operare, mà infelicissimamente descritta. Et acciò che quanto in ciò mi occorre dire meglio s' intenda, è necessario trascriver quì la operaztione, con la sua figura: scrive dunque il Capra così. Datam superficiem immutare in aliam, cuius alia sit aequalis primae datae. Esset equidem haec operatio difficilis, sed omnem difficultatem superat instrumentum hoc nostrum; sit enim triangulus A, cui rombus aequalis triangulo A quo ad aream, sed rumbo B. similis fieri debeat. Primo quaeratur inter basim, & dimidiam perpendicularem trianguli A. media proportionalis, quae sit C. deinde ipsius rombi B. media etiam proportionalis, quae sit D. denique quaeratur quarta proportionalis ipsarum DC. hoc scilicet modo; si latus quadrati quod est D. rumbi B. dat latus falsum rombi B, quid dabit latus quadrati veri C. trianguli A. & proveniet latus veri Rombi. Hoc est videas quam proportionem habeant latera rumbi falsi, ut puta F. C. & proportionalis D, & in hoc exemplo sit, ut 100. ad 53. postea secundum quantitatem lateris C. aperies in linea superfcierum in 100. & excipies distantiam inter puncta 53. 53. pro latere E. indeque habere poteris solutionem probl. 7. prop. 25. lib. 6. Eucl. quo docet, dato rectilineo simile similiterque positum, & alteri dato aequale idem constituere. Hora quì mi bisognano far due cose, prima dichiarare al Cap. quello che ei medesimo hà voluto dire in questo cap. & poi esplicar meglio quello che bisognava che ei dicesse per dir perfettamente: Nel titolo, del quale Edipo non troveria il senso, hà voluto dire: Datis duabus superficiebus quibuscunque tertiam uni quidem datarum aequalem, alteri verò similem, describere. poi nelle parole inettissime: sit enim triangulus A. cui rombus aequalis triangulo A quo ad aream, sed rumbo B similis fieri debeat. doveva dire parlando da Geometra, & stando nella proposizione universale, come fù proposta: sit figura A. cui alia aequalis, sed ipsi figurae B similis constitui debeat; doveva seguitar poi & dire, inveniantur quadrata ipsis A. & B. aequalia; per quello che egli scrive al cap. 40. copiato dalla mia operazione 30. quorum latera sint lineae CD. (perche le medie, delle quali ei parla, non servano ad altro;) & così sfuggiva quello impropriissimo modo di parlare. Deinde ipsius rombi B media etiam proportionalis, il quale, oltre al far la proposizione particolare, dichiarerebbe per ignorante un che havesse più fama d'Archimede; e parimente doveva buttare à monte tutto il resto del ciarpame che egli scrive con non minor confusione, & improprietà, intralasciandolo con lati veri, & lati falsi di falsi quadrati, & rombi veri, & dir solamente così: Deinde ut C ad D. ita fiat linea A. ad aliam E. ex quà describatur figura similis A. quae erit quoque figurae B aequalis; & così veniva à scansare ancora l'altro errore commesso nel dire, quaeratur quarta proportionalis ipsarum DC. proponendo due linee solo per trovargli la quarta proportionale. Nel cap. 17. trasporta le regole per l' estrazion della rad. quadrata, & per le ordinanze di fronte e fianco diseguali con tutti i lor casi, & cauzioni, & modi diversi di operare, copiate ad verbum dalle 12. & 13. mie operazioni. Et benche la prima regola posta dal Cap. per l' estrazion della rad. non sia stampata nel mio libro, ella però si trova in molti manuscritti dati da me alcuni anni adietro à diversi Signori, & trà li altri è ne gli scritti, che detti sei anni sono all' Illustriss. Sig. Iacop' Alvigi Cornaro, essendo quella stata la prima maniera di operare, ridotta poi à maggior facilità, come nelle altre tre regole stampate da me si vede, le quali due regole, benche in apparenza differenti, sono però in essenza l' istessa. Viene dipoi nel cap. 18. à trattar delle linee de i solidi, chiamate da me Stereometriche, & in quello esplica due operazioni, l'una di trovar la proporzione tra due solidi simili proposti, l'altra per costituirne un solo eguale à molti dati; le quali due operazioni sono copiate dalle 16. & 17. mie. Nel cap. 19. vuole insegnare il modo di sottrarre un solido da un' altro simile; operazione pretermessa da me per esser la conversa della precedente, & però manifestissima ad ogni persona. Replica poi nel fine la medesima operazione posta nel capitolo precedente, essendo che il medesimo è trovare la proporzione che hanno in peso due solidi simili, che trovare la proporzione che hanno trà di loro; vedesi questo modo di operare esemplificato nel fine della mia operazione 23. Il cap. 20. è cavato da una parte della mia operazione 15. Nel cap. 21. propone due operazioni non copiate dalle mie, dal che ne sguita, in consequenza necessaria che non manchino di errori. Propone dunque in universale, Datum solidum in partes petitas dividere; & segue il modo del dividerlo, così: Dividantur superficies solidi ea ratione qua in linea superficierum cap. 10. & 11. docuimus dividere superficies, nempe in oppositis partibus, coniungantur parallelis lineis divisiones, dictumque solidum divisum erit in partes petitas. dove io primieramente noto come il cap. 10. & 11. non hanno che fare in questo proposito; mà doveva citare il cap. 13. dico in oltre, che mi maraviglierei se altri che il Capra si fusse persuaso, che di un solido tagliato in diverse parti al modo del Cap. le parti solide havessero trà di loro le medesime proporzioni, che le parti delle sue superficie tagliate; mà del Cap. hormai non è più da meravigliarsene, anzi saria da trasecolare quando egli havesse aperta la bocca senza mandar fuori più sciocchezze che parole. Havevo pensato per salvare il Cap. di dire, che ei non habbia cognizione di altri solidi che de i prismi, & de i cilindri; & che appresso di lui i coni, le piramidi, le sfere, i conoidali, & mille altri solidi non si ritrovassero al mondo; mà hò veduto poi che nè anco questo lo mandava immune da ogni mancamento, perche, per segar quei corpi detti non occorreva dividere altro che le loro altezze; talche non lo posso in modo alcuno aiutare. Aggiugne poi nel fine il modo di trovar solidi proporzionali, dicendo questa operazione proceder come quella delle superficie; mà che in luogo delle linee delle superficie si piglino le linee de i solidi; & io gli dico, che, e queste, e quelle son superflue, perche senza altre superficie, ò altri solidi basta pigliar le proporzionali de i lati; perche quando i lati saranno proporzionali, saranno proporzionali parimente le loro figure simili tanto piane quanto solide. Propone nel cap. 22. Datis duobus solidis duo media proportionalia elicere. dove perche la operazione è particolare de i solidi simili, bisognava nel titolo dire, duobus solidis similibus; perche io non sò quanto il Capra si sapesse distrigare, se alcuno gli proponesse una sfera, & una piramide. la operazione poi è la medesima che l' invenzion delle due medie proporzionali trà due linee proposte, messa da me nella operazione 19. mà lui credendo di mascherarla, & trafugarla l'hà proposta sotto titolo, in apparenza solamente, differente. Mà forse hò torto à farlo così maliziuto, potendo benissimo essere lui in questo, & in tutti gli altri simili luoghi, non per malizia, mà per pura ignoranza haver peccato. Nel cap. 23. propone, Dato parallelepipedo aequale cubum construere. operazione copiata ad verbum dalla mia 20. eccetto però che io non vi metto sì grossa balorderia quanta è quella che il Cap. scrive nell'operazione dicendo, Deinde inter E quadratum basis parallelepipedi, & ipsius altitudinem CD. duae mediae proportionales inveniantur; nè sò ancora tanta Geometria, che io sapessi trovar due medie trà una superficie, & una linea. Insegna poi nel cap. 24. Mutare sphaeram in Cubum; mà già che voleva metter mano à questa parte, doveva seguitar d' insegnare à ridurre in cubo tutti gli altri solidi, si come io hò privatamente à diversi miei scolari insegn~ato à fare; mà essendo le operazioni, che posso far col mio Strumento infinite, non hò voluto stampar se non quelle che all'uso comune son più necessarie, si come nel mio libro hò detto. & la presente operazione hò io insegnata assai più speditamente, ciò è con applicare il diametro della sfera alli punti 42. delle linee Stereometriche, pigliando poi la distanza trà li punti 22. che sarà il lato cercato. imperò che essendo per Archimede il Cubo, & il Cilindro intorno alla sfera, come 42. à 33. & il Cilindro alla sfera come 33. à 22. patet propositum. L'operazione 25. per l' invenzione delle due medie, è copiata dalla mia 13. ad verbum. Nel cap. 26. mette tre regole per l' estrazion della rad. cuba. la prima è tolta da quella che davo ne i miei scritti alcuni anni adietro, la quale si troverà in mano di molti, & quì in Padova in particolare ne gli scritti che detti già sei anni all'Illustriss. Sig. Cornaro; le altre due sono copiate ad verbum dalla mia operazione 18. stampata. Viene poi à trattar delle linee metalliche nel cap. 27. nel quale mette tre operazioni, copiate ad unguem dalle mie 21. & 22. operazioni. La operazione del cap. 28. è la medesima che la seconda delle tre operazioni poste nel cap. precedente, & si risolve nel medesimo modo à capello, nè vi è bisogno di pigliare il lato del cubo AB. ò altra linea, si come ad ogn' uno può esser manifesto per quello che scrivo nella sopracitata mia operazione 22. Propone nel cap. 29. Dato corpore metallico aliud construere aequalis ponderis, sed diversae magnitudinis; mà la parola magnitudinis, deve dire, materiae, altrimente sarebbe uno sproposito. questa operazione è copiata dalla 21. del mio libro; mà notisi quello che è accaduto al Cap. per haver voluto variar l' essempio, & specificare in un cubo, quello che io esemplifico in una palla; che è stato il dichiararsi troppo bruttamente di non intendere ancora che cosa sia cubo, & come egli hà 12. lati tutti eguali, sendo contenuto da 6. quadrati; mà il Capra hà creduto che tutti i lati del cubo sien diseguali. il che è chiaro dalle sue parole, che son queste: Aperiatur in punctis stamni secundum omnia latera cubi, & excipiatur intervallum punctorum argenti, & ex inventis lateribus argenti construatur cubus similis alteri, qui magnitudine erit diversus &c. dove dalle particole, omnia latera, inventis lateribus. & similis alteri. si scorge che egli hà creduto che il cubo sia qualche corpo di lati diseguali; & che possa essere che un cubo sia dissimile da un altro; & per assicurarci ben di questa sua credenza nel fine del cap. havendo esplicata la operazione con l' essempio di un lato solo, conclude, hacque eadem methodo omnia alia latera erunt accipienda denec totus cubus sit constructus. Nel cap. 30 hà cavato il tutto ad unguem dalla mia operazione 24. dove mostro come il mio Strumento ci serva mirabilmente per Calibro da Bombardieri, chiamati dal Cap. Libratores. Il cap. 31. con tutte le sue circostanze è copiato ad verbum dalla mia 25. operazione. Passa poi nel cap. 32. à trattar de gli usi della linea del quadrante, della quale manca il mio Strumento; mà è stata tolta insieme con li suoi usi da gli scritti del Fiammingo. di questa ne pone il Cap. 4. operazioni ne i quattro cap. seguenti, le quali però tutte si riducono in una sola, che è di ritrovar i gradi di un' arco proposto, & questa sola si risolve in farci conoscere, che il Cap. non sà ancora quanto son grandi gli angoli di un triangolo, poiche in questa 32. stampa il triangolo posto di sopra, con angoli, la cui amplitudine è gr. 183. se ben di tutti i triangoli gli angoli non sono nè più nè meno di gr. 180. considerati gli angoli, come fà il Cap. nel presente luogo, come costituiti nel centro del cerchio. l'operazione è ne gli scritti del Fiammingo, mà senza errore, & è esemplificata con un triangolo scaleno, li cui angoli misura uno per 96. l'altro per 53. & il terzo per 31. che in tutto fanno 180. Nel seguente cap. 33. quello che di sopra ci hà insegnato di fare in tre archi suttendenti à gli angoli di un triangolo, ce lo replica quasi cosa differente, in due altri archi misurando la lor quantità nel medesimo modo ad unguem; è vero che ci aggiugne questa leggiadrissima operazione di trasportar ambidue li detti archi, li quali si suppongono esser tolti dal medesimo cerchio, & riunirgli nella medesima circonferenza; si dichiara appresso non intender niente le definitioni, non pur le proporzioni, del terzo d'Eucl. chiamando archi simili clne tagliati da l' istesso cerchio, de i quali uno ne pone esser g. 43. & l'altro 70. ignarus che gli archi si domandano simili quando sottendono ad angoli eguali, & non, come hà creduto lui, quando son tagliati dal medesimo cerchio, & inscius parimente, che gli archi simili del medesimo cerchio sono tra di loro eguali. Ci insegna poi con la medesima insipidezza nell'altro cap. 34. Arcurn datum multiplici proportione augere, col trasferirlo in somma molte volte sopra la circonferenza, della quale egli è parte. Finalmente nell'altro cap. 35. ci insegna à misurar l'angolo del1' apertura dello Strumento, il che si fà come à misurar l' angolo di ogni altro triangolo al modo che insegna nella prima operatione di queste linee, dove insegna à misurar tre angoli, & quì un solo col medesimo modo; & pur questa è operazione tolta dalli scritti del Fiammingo. Passa nel cap. 36. alla dichiarazione della linea de i cerchi, detta da me Poligrafica, della quale ne mette quei due medesimi usi, che ne pongo io alle 26. & 27. mie operazioni, de i quali, perche l' uno è il converso dell' altro, & le divisioni di questa linea messe dal Cap. sono con ordine prepostero di quelle che metto io nel mio Strumento; quindi è, che la regola, che mette il Cap. per dividere il cerchio, è quella, che metto io per descrivere i Poligoni, & per il converso la regola scritta dal Cap. per descrivere i Poligoni è l' istessa con quella che pongo io per dividere il cerchio. Quello poi che mette nel fine di questo cap. di poter risolvere il problema d'Eucl. posto alla proporzione 16. del 12. non può ricevere benefizio alcuno da queste linee, chi non vi segnasse dentro i lati di infiniti Poligoni, il che è impossibile à farsi. Propone poi nel cap. 37. una operazione particolare, cioè, Dato latere Pentagoni invenire suum circulum, la quale era molto meglio che fusse proposta generalmente, & con termini proprii della scienza, ciò è super data recta linea Poligonum regulare describere, che questo è quello che nell' operazione si insegna. nel fine poi dell'operazione scordatosi di quello che in essa hà insegnato mette questi corollarii. Ex quo habes etiam facillimam solutionem probl. 11. 4. Eucl. quo in dato circulo Pentagonum aequilaterum, & aequiangulum inscribere docet, nec non probl. 15. & 16. il che non è vero; mà la soluzione di questi probl. depende, non da questa, mà dalla precedente operazione, anzi è l'istessa; perche insegnandosi à dividere un cerchio, v. g. in cinque parti si viene in conseguenza à inscrivervi un Pentagono; mà in questa operazione si insegna dato il lato del Poligono circonscrivergli il cerchio; veggasi dunque quanto accuratamente habbia il Capra considerate queste cose. Passa ne i due cap. 38. e 39. alli usi della linea quadratrice, detta da me Tetragonica, ne i quali copia ad verbum la mia 28. operazione della quadratura del cerchio, & della trasmutazione de i Poligoni regolari l' uno nell' altro. Il cap. 40. è copiato dalla mia operazione 30. mà per mettervi il Cap. qualche cosa del suo, l' hà adornato di due suoi errori indicanti il suo non intender niente, nè anco il significato delle parole, il che pure hormai si è sin quìcento volte veduto. Prima nel titolo chiama il cerchio & il quadrato figure irregolari, scrivendo così: Data figura quacunque irregulari, hoc est circulo quadrato &c. ipsi aequalem construere; le quali parole mancano ancora di senso, si come ogn' uno che habbia senso può comprendere: mà non intendendo egli nè quello che ei scriveva, nè quello d' onde copiava, hà scritto nel modo detto, in luogo di scrivere: data quacunque figura rectilinea irregulari; circulum, quadratum, &c. ipsi aequale construere. vedesi poi nell'esplicazione dell' operazione; che appresso il Cap. ogni rettilineo è un quadrilatero; perche vuole che si risolva in due triangoli, scrivendo egli così: Hincque si vides manifestissimè pendet solutio probl. 2. prop. 14. lib. 2 Eucl. nam si ex rectilineo constituemus duos triangulos &c. & non sà ancora che un rettilineo può havere & due, & quattro, & dieci, & cento triangoli. Nel cap. 41. insegna à trovar una retta eguale alla circonferenza del dato cerchio, il che fà col mezo di un punto posto da lui (però con l' aiuto del Fiammingo, da gli scritti del quale è presa questa divisione) in queste linee quadratrici; mà tale divisione è totalmente superflua, potendosi, & più speditamente, conseguir l'istesso col mezo delle linee aritmetiche, accommodando transversalmente il diametro del dato cerchio à i punti 70. di quelle, & poi pigliando l'intervallo trà i punti 220. il quale darà la retta eguale alla circonferenza del cerchio conforme à le cose dimostrate da Archimede. Replica in questo cap. 42. molto inutilmente la medesima operazione posta nel cap. 16. & parendogli di non si haver in quella dichiarato à bastanza per persona, che non intenda quello che ei voglia dire, ò fare; ce ne reca in questo luogo altri nuovi testimonii. Propone dunque nel presente cap. di voler constituire una figura simile ad un'altra data & eguale à un dato cerchio, ò Pentagono &c. la quale operazione per il cap. suo 16. ò per dir meglio, per quello che sopra vi hò insegnato io, si spedisce subito; imperò che, trovati due quadrati eguali l'uno al dato cerchio, & l'altro alla data figura, & fatto poi, come il lato del quadrato eguale alla data figura, al lato del quadrato eguale al cerchio; così uno de i lati della data figura ad un'altra linea, & sopra quella come homologa del lato preso della data figura, descrivendone una simile, sarà questa eguale al dato cerchio. Mà il Cap. dopo haver detto che si trovino li due quadrati eguali al cerchio, & alla figura data, seguita così: Quod si quadratum figurae aequale fuerit quadrato circuli iam intentionem consequutus eris; (è vero, perche il cerchio ancora sarà eguale alla figura) sin minus detrahatur minus quadratum ex maiore, & ex residuo fiat figura aequalis dato circulo, & similis datae figurae. hor quì vorrei sapere quali compassi, ò quali computi ci hanno à servire in questa operazione; perche posto v. g. che il cerchio, & per consequenza il suo quadrato fosse 100. & la figura, & perciò il suo quadrato 120. operando secondo il precetto del Cap. bisogna sottrar 100. da 120. resterà 20. & di questo residuo, ciò è di 20. si hà da fare una figura eguale al dato cerchio, ciò è à 100. bisognerà dunque stirarlo più che mai fornaie stirassero lasagne. Segue poi, Si verò minus fuerit, ut in hoc exemplo, differentia addatur minori quadrato, ut aequale fiat quadrato circuli, reliqua fiunt iuxta tradita cap. 16. cauzione posta senza bisogno alcuno, & fatica, & tempo perso à sproposito; perche havendo già il quadrato eguale al cerchio, non occorre che io accresca l'altro quadrato per farlo eguale à questo, mà mi servirò di questo in ogni occorrenza: in somma è una gran cosa il non intender niente. non voglio dissimulare la ingegnosa division trimembre, che il Cap. pone in questo luogo, la quale ristretta insieme suona così: questo quadrato ò è eguale all'altro, ò non è eguale, ò è minore. torninsi à leggere le sue parole. Nel cap. 43. copia la mia 29. operazione à capello. Passa poi, nel cap. 44. alla linea chiamata da lui in questo luogo, Linea quinque solidorum regulatorum; della quale mette quest'uso solo di trovare i lati de i corpi regolari inscrittibili nella medesima sfera, la quale operazione potendosi facilissimamente risolvere con le linee Geometriche, & con le Poligrafiche (come di sopra hò insegnato) fà che queste tali linee siano superfluamente poste in questo Strumento. Speditosi finalmente da gli usi di queste linee, viene ad, usus quadratus, (che tale è il titolo che lui scrive), ciò è, (che così credo che habbia voluto intendere) à gli usi del quadrante, sopra il quale segna quello che segno io sopra 'l mio (eccettuatane però la divisione per misurar le pendenze da lui pretermessa), cioè la squadra da Bombardieri, il quadrante Astronomico, & la divisione rispondente al quadrato Geometrico; mà tralasciando le altre due divisioni, si riduce à trattar solamente delle regole del misurar con la vista col mezo del detto quadrato Geometrico, dicendo, che se bene questa parte à quampluribus aliis diffusè admodum sit tradita, tamen cum ab aliquibus secreti loco hic modus dimetiendi per hoc instrumentum habeatur, la vuole, breviter, dilucidè tamen, ridurre à questo suo Strumento; nelle quali parole se hà voluto (come io credo) intender me per quello che tenga in luogo di segreto questi modi di misurare, hà veramente havuto il torto; perche, se per segreto intende cosa grandissima & miracolosa, qual'è per essempio il segreto di sanare da lontan paese un ferito col medicar solamente l' arme che lo ferì, ò una pezza macchiata del suo sangue; & il segreto di quella mirabile unzione, con la quale toccandosi un ferro benche grossissimo, in poche hore si scavezza, & altri portenti di questo genere; io non solamente non hò stimate queste regole di misurar per cose di questa meraviglia; mà hò sempre stimato, & stimo, che tutte le Matematiche insieme non contenghino cosa di tanto stupore; & se per segreto intende cosa riservata, & tenuta ascosa, hà ancora il torto, & maggiormente; non le havendo io nè celate, nè negate ad alcuno che me l' habbia domandate, che pur sin' hora sono stati centinaia di gentil'huomini; mà se finalmente per segreto vuole intender cosa nuova, & che habbia del peregrino; io credo bene, che molte delle mie regole sien tali, & quelle massime, li cui computi laboriosi sono da me tolti via, & col mezo del solo compasso, & delle mie linee aritmetiche risoluti con modi da niun' altro per addietro pensati; mà quando segreto nissuno trà le mie regole del misurare si contenesse incognito alle altre persone, assai pur ve ne sono segretissimi al Cap. e tanto incogniti, & astrusi per lui, che per ancora non gli hà potuti penetrare, si come nel deciferarglieli più à basso si farà palese; onde ei non doveva così disprezzarli, & avvilirli come cose tanto triviali. Se il Cap. poi secondo la sua promessa habbia dilucidamente trattata questa parte, ò pure se egli nel trasportar le cose scritte da me, & niente assolutamente intese da lui, & nel volerle palliare, & accomodare à sue sciocchissime immaginazioni habbia fatta una confusione, & un intrico inestricabile anco da Apolline, & si sia in fine palesato per tanto nudo di ogni intelligenza, che ei non habbia anco inteso come lo Strumento và tenuto in mano, per far le operazioni del misurar le distanze: col trascriver di parola in parola solamente due ò tre di tali sue operazioni insieme con le proprie figure trasportate à capello, & col glosarvele per vostra minor fatica, vi farò in quest'ultimo, giudiziosi Lettori, toccar con mano. Et pigliando il primo cap. de i 19. che il Cap. pone per le dichiarazioni di tali misure, si legge nel titolo così. Distantiam inter duos terminos in eodem plano (quasi che due termini, e anco tre potessino non esser nel medesimo piano; era dunque meglio dire, in eodem Orizonte) ad quorum alterum tantum accedi possit indagare. Segue poi: Notandum imprimis, quod haec extima circunferentia divisa in 200. partes continet umbram rectam, & umbram versam ipsius quadratus (ha voluto dire ipsius quadrati) Geometrici; ideo ut illos centenarios distinguere valeamus. E. g. dum per brachium CD. cernimus in proximè sequenti figura, qui iuxta mansoris oculum collocatus in superiori parte versus D. secundum, qui autem illi opponitur primum semper nominabimus, primus enim nobis ostendit umbram versam, secundus autem umbram rectam. Sit itaque investiganda distantia AB. ut puta latitudo alicuius fluvii, à centro instrumenti dimittas perpendiculum liberè cadentem, tunc constitutus in puncto A. observabis quodcunque signum C. progressus verò ad locum C. per instrumenti brachium CD. (quod quidem si duo pinnacidia habebit, ad hoc ut visus aberrare non valeat, observatio erit exactior) respicies terminum B. Hor quì mi fermo alquanto, & noto prima come il Cap. piglia il punto C. à caso, il che è grande inavvertenza, non gli potendo servire al suo bisogno, se non quando la linea prodotta da esso al termine A. faccia angolo retto con la linea BA. adunque il punto C è limitato, & non è quodcunque signum, com' egli scrive; noto in oltre come essendo la distanza AB da misurarsi, una linea orizontale, come la larghezza di un fiume, dalle parole del Cap. non si può intendere che la distanza presa AC. sia ancor lei altrimenti che orizontale, perche se havesse voluto intendere, che il termine C. fusse elevato, & à perpendicolo sopra 'l punto A della distanza AB. non haverebbe detto constitutus in A. observabis quodcunque signum C. perche in aria non si può osservar quodcunque signum; mà più presto dal punto sublime C. haveria notato qualche segno nell' orizonte: il dire ancora progressus ad locum C. mostra che si hà da camminare in piano, & non à salire; & finalmente è chiaro che nell' immaginazion del Cap. il punto C. non è in luogo sublime, perche se ciò fusse, questa operazione saria per appunto la medesima nè pur in un sol capello alterata, che quella, la quale egli scrive più à basso nel cap. 5. stanti queste premesse seguita il Cap. & scrive così: & observabis quot partes, & cuiusuam centenarii, an primi, an secundi secentur à perpendiculo; nam primo si secantur aliquot partes primi centenarii, ut puta 18. tunc mensurabis distantiam AC. (non dice, altitudinem, come haveria detto quando havesse voluto che il punto C. fusse stato sublime) & sit, e. g. 12. pedum, sicque institues ratiocinium, si partes abscisse hoc est 18. dant 100. quot dabut 12. facta itaque operatione, vel per regulam trium, vel per illa, quae cap. 5 tradidimus invenies 66 2/ 3 quare inquies distantiam AB. esse pedum 66 2/3. Si autem perpendiculum abscindet partes secundi centenarii, tunc sic proponenda erit quaestio 100. dant partes abscissas quot dabit AC. hoc est 12. pedes. Si tertio & ultimo perpendiculum inter duos centenarios cadet, tunc AB esset aequalis distantiae AC. quod apprimè semper notandum erit. Hor quì manifestamente si vede, sì dalla figura, come da quanto è scritto, che il Cap. stando nel punto C. vuole che lo Strumento si costituisca non parallelo all' orizonte, mà per taglio, ciò è eretto, perche altrimenti il perpendicolo non taglierebbe il quadrante, nè haverebbe uso alcuno; mà se così hà da costituirsi lo Strumento, & il punto C. è nell' orizonte, come taglierà il perpendicolo hor l'uno hor l' altro centinaio, se è impossibile che ne tagli alcuno? Mà quando pure per fare ogni agevolezza al Cap. se li concedesse, che il misurante in C. stesse in piede, si che nel traguardare il punto B. la coa CD. stesse alquanto inclinata, & il perpendicolo in conseguenza tagliasse l'arco del quadrante, i punti tagliati saranno per ordinario pochissimi, & del primo centinaio, & solo taglierà il secondo quando la larghezza del fiume fusse minor che l' altezza di un'huomo; mà quando anco tutti questi diverticoli se li concedessero per salvar pure, e nascondere in qualche modo la sua nulla intelligenza; la distanza CA. & i punti tagliati dal perpendicolo, & il triangolo nell'orizonte CAB. & quello che si forma sopra lo Strumento non hanno che far niente insieme, non possono servirci à cosa immaginabile, nè se risuscitasse Euclide potria trovare scusa, che salvasse questa troppo semplice fanciullezza. Bisognava M. Capra tener lo Strumento equidistante all' orizonte, & non eretto, & proceder conforme alla mia operazione posta nel mio lib. à car. 28. b. la quale voi nelle vostre parole immediatamente seguenti copiate per far piazza alla vostra ignoranza da potermi tassare, e mordere scrivendo così: Potest hoc idem absolvi hac alia ratione, prout aliqui volunt, statuunt enim instrumentum in A. ita ut alter brachiorum recta respiciat B. alter verò E tunc progressi ad punctum E ita disponunt instrumentum ut alter brachiorum recta respiciat A perque centrum instrumenti aspicientes punctum B. animadvertunt partes abscissas à radio visuali, per quas postea ratiocinantur, ut superius dictum fuit: à quo quidem modo, ut pauca de illo subiungam, in maximam ductus sum admirationem, nec enim satis videre possum an isti revera sic credant, an potius homines ad eo crassi cerebri existiment ut pro libitu illis imponere liceat, quae enim qui fieri potest, ut in tanta partium angustia, & multitudine mensoris oculus nulla adhibita dioptra non longe à vero aberret? quod si parvipendunt, re vera nugantur, similiterque parvifieri merentur, & ideo utiliora inquirentes, haec missa faciamus. Hora perch' io son quello che scrivo nel luogo citato del mio libro questo modo di misurare, & io son quello che in esso taccio l'applicare in tanta angustia di parti qualche diottra ò traguardo, & niun' altro autore hà mai scritta questa regola di misurare con questi difetti, fuor che io: però contro di me solo, circonscritto con queste condizioni individuanti, s'indirizzano le parole ingiuriose, & io con pazienza le ricevo; pur che colui che me le manda non recusi di soggiacere alla medesima sentenza, nè si adiri se vedrà osservata ne i demeriti, & nelle pene la nostra istessa geometrica proporzione; che è anco l'anima che informa, tutto questo libro che haviamo per le mani. Hà il Cap. copiato il mio libro, lo hà in molti luoghi lodato, & stimato; & ammirato tanto, che hà procurato di farselo suo, & con lo splendor di quello dar luce alle sue tenebre, & con le sue preziose spoglie vestire, & ricoprir la nuda sua ignoranza; & nel denudar me, venutagli in mano una piccolissima macchia quella sola mi vuol lasciar per mia parte, & per quella, & già del resto denudato, mostrarmi à dito per huomo contennendo. Io non sò trovare con qual diabolica coscienza egli possa amar tanto le cose mie, & odiar tanto me; nè sò vedere qual cosa l' induca à non poter tollerare, che questo Strumento sia creduto, & ricevuto per opera mia; se non forse la di lui troppa eccellenza: ma che? tanto più acerba sarà la sua passione, nel veder, per tanti riscontri reso il mondo più che certo che gli è mio, quanto più egli si troverà haverlo celebrato, & esaltato; si che più sicuro partito era per cibar la sua invidia l'intraprendere à biasimar & condennar l'opera mia (che forse vi haveria trovato qualche attacco) che il mettersi ad una impresa così difficile, anzi impossibile, di volermi usurpare quello che infiniti sanno che è mio; & più persuadersi come cosa riuscibile, di poter far credere al mondo se esserne il vero effettore; non si accorgendo se non altro, della manifesta contradizione, che egli contro di questo suo pensiero in questo medesimo libro apporta; poiche da quanto ei scrive nella dedicatoria apertamente si scorge come non possono esser più di 4. anni, che à questi studii di Matematica si è applicato, deponendo in quel luogo haver fatti i suoi studii di Logica, & Filosofia, & esser già molto avanti ne gli studii di Medicina, quando, persuaso da un luogo d'Ippocrate, si risolvette à volere studiar le Matematiche, & non sendo egli al presente di età più che di 23. anni in circa, è necessario, che pochi anni à dietro si sia applicato alle Matematiche. Mà che occorre andar per conietture, se in quel medesimo luogo ei dice havere havuto per suo primo institutore Simon Mario Gutzenhusano Alemanno, il quale venne in Italia solamente 5. anni sono; mà il mio Strumento è 10. anni che và in volta; adunque se è invenzione del Cap. grandissimo miracolo sarà questo, che egli 6. anni avanti che attendesse à questi studii fusse inventor d'uno Strumento, del quale dopo 4. anni di studio non intende pur un minimo uso. Mà tornando al mio instituto, m'incolpa il Cap. che io creda di potere senza diottra, ò altro traguardo osservar l'incidenza del raggio della vista trà le minute divisioni del quadrante; mà chi gli hà detto che io nel misurare non mi serva di traguardi, ò di diottra; & che nel mostrar queste operazioni à i miei scolari io non gli mostri anco il modo di traguardare? dirà forse haver creduto ciò perche io non ne fò menzione nel mio libro; & perche non riprendermi più presto di haver taciuta tutta la fabrica dello Strumento, della quale questo apparato di traguardi è una minimissima particella? & quando hò io stampato il mio libro per farlo venale, & darlo ad altri che à i miei scolari, insieme con lo Strumento fabricato, & con la prattica insegnatali anco con l' esperienza, & con la viva voce? & non hò io scritto nel mio libro, & mille volte detto in voce, che il libro senza lo Strumento non serve à niente, & che anco il libro con lo Strumento senza impararne gli usi dalla viva voce, & dal vederli mettere in atto, è tedioso, & difficile, & privo delle sue maggiori meraviglie? Se dunque così è, doveva il Capra, prima che venire à tassarmi, intendere da i miei scolari, se io gli proponevo di dover osservar il taglio del raggio senza diottra; & poi sentenziar qual' era maggior balordaggine, ò la mia in voler trovar tale incidenza senza traguardo, ò la sua in creder che io havessi questa opinione. Mà poi che egli hà voluto, lasciando da una banda le mie regole, proporne di più utili, sentiamole nel seguente suo capitolo; & poi, hormai sazii di cose tanto scempie, ponghiamo fine à questa scrittura. Scrive dunque nel secondo capitolo così. Idem interstitium inter ditos terminos eiusdem plani, in quorum nullo observari possit, dum tamen in amborum directo accommodari valeat invenire. Cap. 2. Sint duo termini A. & B. in eodem plano, quorum cognoscenda sit distantia, tam etsi ad neutrum illorum accedi possit ob aliquod obstaculum. Mà prima che andiamo più avanti, avvertiscasi che il Capra nel dar le stampe delle figure allo Stampatore hà (se io non m'inganno) posto nel suo libro in questo luogo una figura per un'altra, & quì deve essere quella, che ei mette al capitolo 10. le quali per la similitudine hà cambiate; mà però quando l'autore volesse pur mantenere in questo luogo la figura postavi da lui, basterà cambiare due lettere, & nell' angolo C. porvi E. & nel punto F. notarvi un C. & nel resto sono l' istessa cosa. Seguita: Converte instrumentum in statione C. ita ut brachium CD. tendatur secundum rectam terminorum A. & B. & per aliud C E. observabis quodcunque signum F. cuius distantia per mensurationem possit à te perdisci, sit autem distantia. E. g. 30. pedum, progressus in F. ita dispones instrumentum, ut per brachium, F.G. primum videas punctum A, deinde terminum B. & in utraque observatione notabis partes abscissas à perpendiculo, quae vel in utroque erunt primi vel secundi centenarij, vel in una primi, in altera secundi. Io non sò in qual genere di arte, ò scienza io deva riporre gli errori commessi in questo luogo dal Capra, & ne i quali in tutto il resto di questo capitolo persiste; perche, si come un contadino nel fabricarsi malamente un capannon di paglia, ò 'l pastore nel piantar male una steccaia per il suo gregge, non acconciamente sariano ripresi da chi accusasse quello di poca intelligenza de gli ordini di Architettura, & questo d' imperfetta perizia di fortificazione, ò castrametazione; così qui dove nè pur ombra, ò vestigio alcuno è di Geometria, ò perspettiva, non posso ragionevolmente biasimare il Capra di havere in tali scienze peccato; non potendo al parer mio cadere errore di Geometria dove niente è di Geometria: costui non è un sonator di Liuto, che erri nell' aria, nella battuta, nel contrappunto; erra nel tener lo Strumento in mano, appoggiandosi le corde al petto, & applicando la man destra alla tastiera. Vuole il Capra in questo luogo, si come nella precedente operazione, & nelle altre tre seguenti, misurar distanze poste nel medesimo piano dell' orizonte; & quì i termini A. B. C. F. sono tutti nell' istessa superficie, & venendo nella stazione F. & tenendo, come dimostra la sua figura, non l'angolo dello Strumento, ò centro del quadrante, verso l'occhio; mà l'estremità d'una delle sue coste; traguarda per essa le note A. B. e vuole osservare le sezzioni del perpendicolo sopra 'l quadrante. Mà non vi accorgete voi M. Capra, che restando l' angolo dello Strumento più basso che l' estremità della costa, appresso la quale voi ponete l'occhio, il perpendicolo non può tagliare altrimenti il quadrante, mà casca fuori dello Strumento? (dato però che voi non vogliate seppellirvi sotto terra, acciò che i termini A. B. fussero più alti dell'occhio vostro.) Bisogna che voi tenghiate l'angolo dello Strumento verso l'occhio quando voi traguardate segni posti nel piano orizontale, se voi volete che il perpendicolo seghi il quadrante. Hor direte voi, che questo non sia un bel segreto? vedete dunque che pur vi sono de i segreti à voi reconditi in queste misurazioni, li quali secondo la mia promessa vi anderò deciferando. Mà quando voi harete stando in F. traguardato i punti AB. & tenuto lo Strumento in modo, che si faccino le sezzioni, utrum se voi harete rimediato all'altro non minor errore commesso pur nel tener solamente lo Strumento in mano? & che cosa volete fare de i numeri tagliati così dal perpendicolo? niente. & che hanno che fare i triangoli AFC. BFC. formati in terra con questi che si fanno sopra lo Strumento? niente. E se non hanno che far niente, quanto benefizio vi apporteranno nel ritrovamento della distanza cercata? niente. adunque, che cosa era meglio che voi faceste prima che venire à perdervi in questi labirinti? niente. √à possibile, che nel cavar questa dalla mia operazione posta à car. 30. non haviate almanco inteso, che lo Strumento per misurar queste distanze orizontali si colloca non per taglio, mà in piano, ciò è, non eretto all' Orizonte, mà parallelo? & che l' angolo si tien verso l' occhio, & non verso l' oggetto? & eccovi il secondo non men bel segreto. Credo che se ci era al mondo un terzo modo di potere errare nell'applicazione di questo Strumento all' uso, il Capra non l' haveria certo lasciato indietro per danari. Seguita poi così: Sint autem primum in utraque observatione secundi centenarij; supponamus itaque quod dum respicimus terminum A. abscindantur 80. partes, dum verò terminum B. 40. sic procedendum erit, partes abscissae dant 100. quot dabit distantia CF. scilicet 30. duces enim 100. in 30. productum erit 3000. hunc numerum primum divides per 80. quotienserit 37 1/2. mox per 40. habebisque 75. subduces 37 1/2. ex 75. residuum erit 37 1/2. quare inquies distantiam AB esse pedum 37 1/2. Gran durezza di destino contra il Cap. poiche nel suo parlare alla ventura (poiche per dottrina non pun pure aprir la bocca) anco ne i dilemmi, che non possono stare in più di due modi, mai non si abbatte à indivinare il vero. Et lasciato per hora di replicar che questi punti tagliati così dal perpendicolo siano totalmente inutili per il suo bisogno; anzi ritenendogli come buoni; veggiamo in qual maniera il Capra se ne serva: & prima non è dubbio alcuno, che trovate che si siano le due lontananze CA. & CB. separatamente, & sottratta l' una dall'altra, resta la distanza BA, & è parimente verissimo, che multiplicando l' intervallo FC. per 100. & dividendo il prodotto per li due numeri de i punti del quadrante, si hanno le dette due lontananze CA. CB. mà questa regola non è vera, se non quando i punti tagliati sono, non del centinaio nominato dal C. mà dell'altro, nel quale i puuti tagliati nel traguardo FA. sono manco che i punti del traguardo FB. & come non s' è accorto il Capra, che ponendo egli esser nel traguardare A. tagliati punti 80. & nel traguardare B. 40. nel venir poi al computo la distanza CA. gli tornava 37 1/2. & CB. 75.? mà così fa chi non intende nulla. havete dunque M. Capra scambiata l'un' ombra dall' altra, & applicato all'una il computo che serve per l'altra; le quali due cose bisogna rimutare, se volete che quel che resta per l' intera operazione di questo primo modo di misurare posto da voi in questo secondo cap. sia medicato, & però intorno ad esso non vi dico altro; mà passo al secondo modo, il quale introducete con qneste parole, & con questa figura à capello rappresentata. Verum enimverò si liceret quidem usque ad terminum B. accedere, non autem esset possibile constituere lineam perpendicularem ad ipsum B. (non sono le linee perpendicolari à i punti, mà all' altre linee, ò alle superficie, & però doveva dire, ad ipsam AB. ex B. & non ad ipsum B.) sed propter loci angustiam necessum esset versus D. procedere, tunc firmato instrumento in puncto B, ita ut recta etiam respiciat punctum D. (& con che? & perche? con niente, & per niente) per brachium instrumenti BC. respiciendo punctum A. (non potrà dunque con alcuna delle sue parti respicere recta punctum D) observabis partes abscissas à perpendiculo, quae sint e. g. 40. progressus verò ad punctum D. per brachium DE. iterum aspiciendo terminum A. denuo notabis partes abscissas, quae sint 20. sit vero distantia DB. pedum 15. In somma non ci è mezo, che il Capra voglia tener lo Strumento altrimenti che à rovescio secondo l' uno, & l' altro verso; & perche? per scriver mostruosità di questa sorte. Quì tenendo lo Strumento con l'angolo verso il termine A. bisogna sotterrarsi due volte, in B. & in D. chi vuol che il perpendicolo tagli il quadrante, & quando poi l'haverà tagliato, potremo buttare in un pozzo i punti segati, insieme col perpendicolo, & con tutto lo Strumento, come cose inutili al nostro proposito; sono quì dunque tutte le medesime esorbitanze circa l'applicare all'uso lo Strumento, che nella operazione precedente, & però non occorre replicarci altro, mà passare à vedere se, dato che i punti fossero ben trovati, sono poi bene applicati alla regola, ò pur secondo l' usanza fuori di proposito. Seguita dunque così. Quoniam haec operatio per numeros est satis laboriosa, primus enim numerus in seipsum ducendus esset, productum esset 1600. cui addendum esset quadratum ipsius BD. scilicet 225. summa esset 1825. huius numeri indaganda esset radix quadrata, nempe 42. haec ducenda esset per 15. productum erit 630. quod dividendum foret per 20. per differentiam scilicet acceptarum partium, productumque ostenderet distantiam AB. In questa regola di computare è copiata ad unguem quella, che io metto nella terza mia operazione per misurar le distanze posta nel mio libro à carte 29. & perche nell'essempio, che io pongo, metto che la distanza trà le stazioni BD. sia 100. passi, & essendo in oltre 100. ancora le divisioni dell' una, & dell' altr' ombra del quadrante, & occorrendo servirsi nel calcolo hora del 100. de i passi, & hora del 100. del quadrante, il buon Capra non intendendo niente, è guidato dalla sua perfida Stella, che non lo lascia indivinare, hà creduto, che io mi prevaglia sempre del 100. come numero de i passi, & hà inserito nella regola mia buona, una solennissima pecoraggine, per la quale hà resa la regola scritta da lui falsissima, & dove dice, che al prodotto del primo numero multiplicato in se, ciò è à 1600. addendum esset quadratum ipsius BD. scilicet 225. non è vero, mà bisogna aggiugnervi sempre 10000. cioè il quadrato dell'intero centinaio dello Strumento, & non il quadrato del numero de i piedi trà le stazioni BD. & così si haverà 11600. della qual somma si deve poi fare il resto, si come lui senza farvi più errori copia da me, ciò è, cavarne prima la radice quadrata, che è 107 2/3. prossimamente, questa poi si deve multiplicare per il numero BD. ciò è per 15. fà 1615. il qual numero si deve finalmente dividere per la differenza delle parti, ciò è per 20. ne viene 80 3/4. per la distanza BA. & non 31 1/2. come la regola depravata dal Capra ci renderebbe: Et si come hà intromesso questo fallo nel computo numerale, così l'ha poi, in consequenza trasferito nella regola, che ei soggiugne per trovar il medesimo col mezo del compasso, & delle linee delle linee solamente, senza altre manifatture di numeri, il qual modo è pure ad verbum copiato da quello, che scrivo io nella mia medesima operazione sopracitata, mà però messo da me senza errore, il quale si lascia alle aggiunte del Capra. Terrete dunque bene à memoria M. Capra, come si hà da aggiugner sempre il quadrato dell'intero centinaio, & non il quadrato de i piedi BD; e questo per voi non è picciol segreto. Torna poi di nuovo pur nell'istesso capitolo à misurare una distanza trà due luoghi; & ne pone la seguente operazione, & figura trascritta puntalmente dalla sua. Insuper si necessum esset observare distantiam AB. nec esset possibile per rectam lineam illos duos terminos AB. aspicere, ut apparet in exemplo, nec enim, ex loco C. nec ex loco D. id fieri potest, ideo sic procedendum erit; constituti in statione D. ita ut per lineam rectam videamus terminum A. (quasi che si potesse veder per linea non retta) & per aliam quodcunque signum C. per brachium instrumenti DE. aspicientes terminum B. notabimus partes abscissas à perpendiculo, sint autem exempli gratia 88. tunc progressi ad stationem C. ita ut linea CD. sit ad angulos rectos cum linea DA. per brachium instrumenti CF. aspicientes terminum A. notabimus partes abscissas à perpendiculo, quae sint 38. ulterius etiam mensurabimus distantiam CD. quae sit pedum 60. Persiste, come si vede, nelle medesime inezzie di ritener pur lo Strumento non con l'angolo verso l'occhio, mà con l'estremità della costa, & non equidistante all' Orizonte, mà eretto; & essendo impossibile, che sia dal perpendicolo tagliata la circonferenza del quadrante, s' immagina pur che ella sia tagliata, & che quei numeri de i punti gli possino servire al suo bisogno, ancor che niente facessero al proposito, quando bene fussero dal perpendicolo segati; & oltre à queste esorbitanze ne introduce alcune altre, come è il por la distanza CD. senza alcuna limitazione, la quale però deve esser tale, e tanta, che li due raggi DA. CB. venghino ad esser trà di loro paralleli, & ad angoli retti sopra la linea DC. il che egli non hà nè detto, nè avvertito, poiche nella scrittura non ce ne è menzione, e nella figura si veggono le linee DA. CB, che non sono equidistanti; adunque la stazione C. si deve con diligenza investigare, & non à caso porre, la qual cosa sin quì stata segreta al Capra. & tutta questa faragine di stravaganze depende dal non haver inteso niente la mia operazione posta à car. 30. b. la quale hà volsuta copiare in questo luogo; io non sò poi perche habbia tralasciata la operazione numerale postavi pur da me assai chiaramente, & solo ci habbia trasferita à parola à parola l'invenzione di questa medesima distanza col mezo del compasso, & delle linee aritmetiche, messa da me nel medesimo luogo. Finalmente per l'ultima operazione di questo capit. mette l'ultima del mio libro, persistendo però nelle medesime esorbitanze circa 'l tenere lo Strumento al contrario; & più pretermette il computo numerale posto da me, forse perche è troppo difficile, se ben per lui tutti sono difficili egualmente, & solamente ne trascrive ad unguem il conto ritrovato col mezo delle linee aritmetiche. Eccovi giudiziosi Lettori dato in questi due primi capitoli un poco di saggio delle cose più utili ritrovate dal Capra, doppo che egli si hà burlato di mè, & chiamatomi degno di disprezzo, & tassato di inavvertenza, per havere tralasciato di parlare del traguardo, col quale io osservo l'incidenza del raggio sopra le divisioni del quadrante. E quì vorrei, che il Capra medesimo per via della regola aurea mi facesse un' altro computo, mà lo vorrei giusto, e retto; e che dicesse: Se al Galilei, vero & legittimo inventore di questo Strumento, e di tante sue mirabili operazioni, descritte, & esplicate da lui senza errore alcuno, per haver solo lasciato in dietro un capello (che altro non è una piccola setoletta, la quale io uso per traguardo) se li conviene di esser notato per inconsiderato, schernitore, e degno di disprezzo; che si perverrà al Capra, il quale usurpandosi quest'opera, e chiamando il suo vero inventore sfacciato usurpatore, & indegno di comparir trà gli uomini ingenui, la imbratta di innumerabili, e gravissimi errori, non in un solo capello manca; mà la totale intelligenza dell' applicazione di questo Strumento alle sue operazioni nè pure un capello intende? Io non saprei fare questo computo, nè sò numerare l' innumerabile, e se bene io sapessi, non voglio; vorrei che il Capra medesimo almanco dentro della sua coscienza lo calcolasse; che io sò bene, che quando ei volesse con giusta libra pesare il suo grave demerito, non mi daria titolo di oblatratore di livido morso, quale egli si era per se stesso pronosticato, che io gli dovessi essere per la publicazione di questa sua opera; mà conoscerebbe come io astretto da estrema necessità, hò procurato quel restauramento, che all'honor mio troppo obbrobriosamente da lui calpestato, era necessario; anzi di più manifestamente scorgeria di quanto più gran giovamento all' honor suo gli sarei stato io nel fargli supprimer, & levar dalla vista del mondo sì gran moltitudine di errori, che nel suo libro si ritrovano; (testimonii irrefragabili del non sapere egli più ciò che in questo Strumento, ò in tutto 'l resto delle Matematiche si contenga, di quello che ei sà di presente ciò che si tratta sotto il Polo Antartico) che le persuasioni de i poco, ò nulla intendenti, che alla publicazione di quelli l' hanno persuaso, & promosso; gli sarei stato, dico, quando l' ardente suo desiderio di sparger pel mondo la mia ignominia, non l'havesse così subitaneamente, & anco contro al divieto della giustizia, sospinto à far volar buon numero de i suoi libri per diverse parti d'Italia, & di tutta Europa, & in particolare in mano di quei Signori, appresso i quali ei sapeva ritrovarsi i miei libri, & Strumenti da me ricevuti; perche quando ciò non fosse seguito; mà che insieme con tutti i suoi libri si fusse potuto il suo vero, & il mio indegno obbrobrio supprimere, io, senz' alcun dubbio, mi sarei parimente astenuto dallo scriver, con tanto mio tedio, la presente necessaria difesa: la quale, si come non può parere agra à chi spogliato di passione, & interesse, la mia giustissima causa considera, così non dover gravare il medesimo Capra, poiche gli porge occasione di avanzarsi nelle scienze Matematiche in questa breve lettura incomparabilmente più di quello, che nello studio di molti anni non si è avanzato. Volevo cortesi Lettori finir quì, nè più tenervi occupati nell' ascoltar gli altri errori, de i quali sono sparsi i rimanenti 17. capitoli posti dal Capra pur del misurar con la vista; li quali volentieri haverei pretermessi, non tanto per liberarmi da questo impaccio, quanto perche non sono intorno à cose tratte dal mio libro (fuor che i computi fatti con lo Strumento, quali son presi da me) mà da i libri dell'Eccellen. Sig. Antonio Magini Matematico di Bologna, benche dal Capra non mai nominato: mà considerando poi quanto il Capra sia bramoso di riprendermi, & biasimarmi; hò dubitato, che quando io questo avanzo di errori havessi dissimulati, egli non à dissimulazione, mà ad inavvertenza, ò ad ignoranza me l'attribuisse; & che per dichiararmi, e poco avveduto, & molto ignorante, à palesargli egli medesimo si riducesse; non curando di cavar, com' è in proverbio, un occhio à sè, per trarne à me due, nella maniera che egli, dopo l'havere io palesato il suo furto, continuando nel voler sostentar nelle menti de gli huomini il sinistro concetto, che egli hà creduto suscitarvi di me, ad alcuni và affermando quello, che egli hà stampato esser' opera del suo Maestro; ad altri predica, che questo Strumento è invenzione di Tico Brae, & per Padova comunemente và dicendo che io hò presa questa invenzione da un libro per avanti stampato, & publicato in Germania in lingua Tedesca, il quale à confusion mia vuol far venire, & farlo vedere à tutti; & non considerando, che quanto ei dice è egualmente pregiudiziale all' honor mio, & al suo (non havendo egli nel suo libro nominato altri che sè per autore di quest' opera) sù la speranza che qualche osso, ò lisca possa attraversarsi in gola à me, si mette à inghiottire bocconi mal masticati, & ossi molto duri da rodere; ò pure vorrem noi credere, che egli alla caduta della sua reputazione, che da troppo alto precipizio rovina nel concetto de gli huomini, vada mettendo sotto, per ritardar la percossa, guanciali di vane speranze, & di giustificazioni da paesi lontani aspettate? si come quelli, che da un' alto edifizio dovendo saltare à basso, per non ricever così dura percossa, con paglia, ò fieno, ò altra materia cedente si fanno stramazzo: verrà dunque il libro stampato in Alemagna, & per quanto intendo il Gromo ne sarà apportatore; mà bisognerà che il Capra sia di questo secondo miglior custode, che dell'altro, il quale già hebbe (ch pur è forza, che egli altra volta l' habbia havuto, poiche sà, come in quello si contiene quanto io hò dato fuori per invenzion mia) per poterlo mostrare à chi non credesse alle sue semplici parole. Per questo rispetto dunque, & oltre à ciò per non mancare à quanto di sopra mi obligai, che fù, se ben mi ricorda, di far constare come nel libro del Capra niente vi era del suo, dagli errori in poi; non posso restar di far palesi i luoghi, onde le cose che restano sono copiate, & gli errori del Capra disseminativi, tenendovi ancora per breve tempo occupati in altre inezzie, Degne di riso, e di compassione. Già di sopra si è parlato intorno al primo, & al 2. cap. quanto bastava. Nel terzo cap. del Capra sono trasportate tre proposizioni del Magini, ciò è la undecima, la decimaquarta, & la decimasettima del primo libro de distantiis; solo vi mette il Capra di suo l'errore che è in quelle parole della prima di queste operazioni: Si verò secuerit primum centenariurn, ut exempli gratia 70. tunc sic procedendum erit, primum debes elicere radicem quadratam ex quadrato perpendiculi ED. dove bisognava dire, debes elicere radicem quadratam ex aggregato quadratorum integri centenarii, & numeri 70. Erra parimente nell'altra operazione, quando dice: Primo autem ponamus, quod in utraque statione perpendiculum intersecet secundum centenarium in F. quidem 93. in A vero 48. la qual cosa è impossibile che avvenga, ciò è, che siano tagliati più punti in F. che in A. mà accade tutto l'opposito. Erra ancora poco più à basso, dove scrive: Quare dices distantiam FB esse pedum 41. dove non è vero, che dalla operazione scritta si trovi la distanza FB. mà la AB. (& avvertiscasi, che niuno di questi errori, nè, per mio parere, alcun altro sono ne i libri del Magini.) copia poi l'altra operazione senza errori, mà à sproposito di questo luogo, trattando di materia differente dalla proposta in questo capitolo, nella quale ei fà passaggio; senza pur dir quello che egli intenda di voler fare. I calcoli poi, che egli e quì, & nelle altre seguenti, & passate operazioni fà col mezo delle linee aritmetiche dello Strumento son tutti cavati dal mio libro, nè sono per lo più altro che la regola aurea posta da me nell' operazione quarta, & il modo dell'estrar la radice quadrata dell' aggregato de i quadrati di due numeri con le medesime linee aritmetiche poste à squadra, il che insegno nel terzo modo del misurar le distanze, à car. 29. Nel quarto cap. copia la proposizione 19. del Magini; mà nel fine vi mette di suo un' errore grandissimo, scrivendo: Tertio & ultimo intersecet in prima statione secundum centenarium, in secunda autem primum, operatio est omnino eadem ac in proximo superiori casu, quare ab exemplo abstinendum credo. questo che ei dice è falsissimo, & chi seguisse questa falsa dottrina troveria la distanza cercata nel sopraposto essempio esser più di 9. La quale secondo il vero, è manco di 6. mà perche il Magini nell' esplicar questo caso hà scritto: Operatio est ferè eadem, seguendo poi di esplicarla bene, il Cap. per abbreviare hà fatto, che operatio sit omnino eadem. La seguente quinta del Capra, è la 22. del Magini. Nella sesta del Capra sono la 24. & la 26. del Magini. La settima del Capra, è la 28. del Magini. L'ottava del Capra, è la terza del Magini, De Altitudinibus. La nona del Capra, è la sesta del Magini, mà con un poco di giunta nel fine; perche chi operasse secondo le parole del Capra, iterumque dicendum, si quartus numerus mox indagatus dat 100. faria una falsissima operazione; mà bisogna ex numero mox invento demere partes abscissas in viciniori statione, deinde dicatur, si hoc residuum dat 100. quot dabit &c. Mà quando da niun' altra cosa havesse il Capra saputo accorgersi dell'errore, doveva pur comprenderlo da questo, ciò è che l'osservazione fatta nella stazione più vicina saria stata superflua non entrando nel computo: onde anco i piedi, ò passi della distanza trà le stazioni erano inutili, & potevano porsi ad arbitrio 10. 20. 100. ò 500. & sempre il conto saria tornato giusto. Et così ponendo per essempio, che i punti della stazione più vicina fossero 80. gli altri della stazione lontana 90. & la distanza trà le stazioni piedi 40. operando secondo il Capra, l'altezza creata si troveria 36. piedi, la quale secondo la retta operazione, & secondo la verità, è più di 129. Mà quelle, che egli scrive nel capitolo decimo, son veramente cose ridicolose: hà in quel luogo voluto trasportar la regola per investigar una parte di un' altezza stando nel piano, & lontano dalla base di quella per una conosciuta distanza; posta dal Magini all' ottava proposizione de Altitudinibus: mà perche il Magini in quel luogo, per non replicar due volte la medesima cosa, si rimette à quello che hà messo innanzi nella sesta proposizione de distantiis, dicendo, che le regole scritte quivi, & accommodate per le misure in piano orizontale, servono ancora quì per quest'altezza; il Capra non havendo saputa far questa applicazione, benche facilissima, hà ripieno questo capitolo di falsità. la prima delle quali è in quelle parole: Abscindat primo in utraque observatione primum centenarium, ita dicendum, si differentia partium abscissarum, in utraque observatione dat 100. quot dabit distantia CE. la qual cosa è falsissima; perche, non ut dicta differentia ad 100. ita est distantia CE ad altitudinem BA. quaesitam; mà è tutto l'opposito, nempe ut centum ad illam differentiam, ita distantia CE. ad quaesitam altitudinem. onde chi operasse secondo la regola del Capra, & l' essempio da lui posto, troveria la detta altezza esser più di 191. la quale, operando conforme al vero modo, è meno di 53. mà perche io son certo, che il Capra non può scrivere una sola parola, la quale egli ò bene, ò male non cavi da altri, mi sono accorto nel vedere il detto luogo del Magini, di dove il Capra habbia cavato il suo errore; imperò che scrivendo il Magini così: Notenturque partes HI. differentiae utriusque intersectionis. Ad has enim eam habet proportionem totum latus (nempe 100) CG. quam habet distantia CE. ad altitudinem AB. dove notandosi dal Magini i primi tre termini de i quattro proporzionali, nel primo luogo vien nominata la detta differenza delle parti, nel secondo tutto il lato, ciò è 100. & nel terzo la distanza CE. il buon Capra non pensando al senso delle parole del Magini, ò (per dir meglio) non le intendendo, & solamente considerando l' ordine di primo, secondo, e terzo, secondo il quale tali termini sono connumerati, non ponendo mente à troppe grammatiche, nè à casi retti, ò obliqui; hà fatto conto che sia scritto; hae enim eam habent proportionem ad totum latus CG. quam habet distantia CE. ad altitudem AB. Passa poi avanti, & (quello che ei non hà fatto in molte delle precedenti operazioni) vuol dichiarar questa con l' essempio, per aggiugnerci, guidato dalla sua Stella, altri mancamenti; & scrive così: Sed lubent hoc loco uti exemplo, ne dum nimiam brevitatem desideramus, obscuritatem consequi videamur. Sit itaque distantia CE per mensurationem nota pedum 86. partes abscissae in prima, ut puta CA. 15. in secunda CB. 60. la qual cosa è impossibile che accaschi, ciò è, che (tagliando il perpendicolo, come egli suppone il primo centinaio,) nel traguardare il punto più alto A. tagli minor numero, & nel traguardar il più basso termine B. tagli numero maggiore di punti; mà è necessario che avvenga tutto l' opposito, come ogn' uno, benche superficialmente intendente, può benissimo vedere: tal che sin' hora il Capra, & nel dar la regola hà scritto il falso, & nello esemplificarla hà posto il contrario del vero; dal qual modo di operare viene à insegnarci, che l' altezza cercata sia 191. piedi, non sendo ella più di 52 1/ 3. Seguita poi: Quod si secundo intersecet in utraque statione secundum centenariurn &c. dove egli dice, che queste operazioni che restano, dependono dal suo cap. 9. il qual capitolo non hà che fare in questo proposito; & però credo, che habbia voluto citare il capit. 2, & se così è, non meno che nel primo caso, viene à pigliare in questo secondo ancora i termini al contrario, dal che l' operazione ne viene esorbitantissima. Mette poi nel fine di questo medesimo capitolo la undecima proposizione del Magini. La undecima del Capra, è la duodecima del Magini. La duodecima del Capra, è la decimaquinta del Magini. Nel capitolo 13. del Capra, sono la 17. & la 19. del Magini. La 14. del Capra, è la 21. del Magini. La 15. del Capra, è la 22. del Magini. La 16. del Capra, è la 24. del Magini. Nel cap. 17 del Capra, si contengono la seconda, & la quarta del Magini, De profunditatibus. La 18. del Capra, è la sesta del Magini; mà con l'aggiunta di un errore del Capra, il quale, volendo mettere un poco di operazioncella fatta sopra le linee aritmetiche, si perde, & dovendo pigliare sopra le dette linee, messe à squadra, l'intervallo della metà del numero della distanza AC. che è la lunghezza della declività del monte, scrive che excipiatur intervallum inter dimidium partium abscissarum, che sono i punti tagliati dal perpendicolo sopra lo Strumento, il che saria error grande, & l' operazione falsa. La decimanona, & ultima del Capra, è la nona del Magini; Et tutte queste regole non solo quanto all'essenza delle operazioni; mà per lo più ancora quanto à le parole stesse son copiate da i luoghi citati: avvertendo però, che mettendo il Magini due regole da misurare, una col quadrante, & l' altra col quadrato Geometrico, & mettendo sempre innanzi le operazioni del quadrante; i titoli di queste operazioni poste dal Capra, si trovano per lo più nelle operazioni del Magini fatte col quadrante, & però nella operazione del Magini, che precede à quella, che quì vien da me citata; mà il modo poi dell'operare, si trova nel Magini nelle proposizioni stesse, citate da me. Hor eccovi Giudiziosi Lettori, tutti i motivi, le concitazioni, le esecuzioni, i progressi, & in fine l'ultima riuscita di questa disonorata Machinazione di Baldessar Capra Milanese contro la riputazion mia; la quale impresa, benche superi ogni nostra immaginazione, non avanza per l' animosità sua, sentendosi egli un cuor di Lione, per far prede ancor più grandi, qualunque volta questa appresso il Mondo havesse havuto spaccio; di che egli per se stesso è chiaro testimonio, concludendo la sua prefazione con queste parole: Interim te compello, & rogo candide Lector, ut has meas lucubrationes boni aequique consulas, quod si facies ut in posterum. Maiora his audeam, non minimam occasionem partes. Et quì sarebbe il luogo, & il tempo di esaminare qual fusse il meritato castigo della sua temerità; mà ciò non farò io; facciane il giudicio la prudenza vostra; anzi pure voglio, che siamo così benigni, & pietosi giudici, che ci contentiamo, che questo reo alla sola sentenza, da se medesimo contro il suo gravissimo delitto pronunziata, soggiaccia; che è: Ut, Qui alterius inventionem impudenter sibi arrogant, patefacto vero, & germano effectore, magno suo cum dedecore erubescant, & coram literatis, & candidis Viris posthac se offerre amplins non audeant. IL FINE. COPIA. Gli Eccell.mi Signori Capi dell' Eccelso Cons. di X infrascritti havuta fede dalli Signori Riformatori del Studio di Padova per relatione delli due à questo deputati, cioè del Reverendo Padre Inquisitor, & del Circonspetto Segretario del Senato Zuane Meraveglia, con giuramento, che nel libro intitolato: Difesa di Galileo Galilei Nobile Fiorentino, Lettore delle Mathematiche nello studio di Padova &c. non si trova cosa contra le leggi, & è degno di Stampa, concedono licentua, che possa essere stampato in questa Città. Datum die 2. Augusti 1607. D. Vicenzo Dandolo D. Tomà Contarini K.r D. Antonio Bragacdin Capi dell'Eccelso Cons. de X. Illustriss. Consilii X. Secretarius Bartholomeus Cominus. 1607. à 4. Agosto. Regist. in lib. à car. 174. Antonius Lauredanus Officij contra Blasph. Coad. FEDE DE GL' ILLUSTRISSIMI SIG. PODEST√Ä ET CAPIT. DI PADOVA. Noi Almorò Zane Podestà, & Zuanne Malipiero Capitano per la Sereniss. Signoria di Venetia &c. Rettori di Padova, facciamo fede publica colle presenti Che le sottonominate fedi, e scritture presentate nella Cancellaria nostra Pretoria sono di nostro ordine ad instanza dell' Eccell. D. Galileo Galilei state da gli Auttori, ò esshibitori d'esse riconosciute per vere, & per incontro fatto nelle parti citate nell' opera presente del medesimo Galilei ritrovate concordi; onde in confermatione della verità à notitia, e requisitione di ciascheduno restano riservati gli originali presso l' ordinario Nodaro Coaiutore dell' istessa Cancellaria nostra. In quorum &c. Di Padova li 23. Giugno 1607. Nota delle fedi, e scritture de le quali sopra. Una fede del Clariss. Sig. Giacom' Alvise Cornaro fatta sotto li 15. Aprile 1607. in Padova, con la contestatione del Sig. Francesco del Clariss. Sign. Tadeo Contarini. Una fede del Sig. Giacomo Badovere fatta in Padova li 13. Maggio 1607. Una fede di Domino Marc' Antonio Mazzoleni sotto li 24. del medesimo in Padova. Una fede del Clariss. Sig. Giacom' Alvise Cornaro sotto li 6. d' Aprile passato in Padova. Una lettera del Clariss. Sig. Giacom' Alvise Cornaro scritta al Sig. Aurelio Capra sotto li 4. del medesimo. Una fede del Clariss. Sig. Giacom' Alvise Cornaro sottoli 14. dell'istesso in Padova con la contestatione del Sig. Pompeo di Conti da Pannighi. Due quesiti di mano lel Clariss. Sig. Giacom' Alvise Cornaro fatti all'Auttore di ordine di Baldessar Capra. Copia d'una lettera di mano del Rever. Do. Antonio Alberti scritta al Clariss. Sig. Gio. Malipiero sotto li 17. Decembre 1604. Alcuni scritti à mano riconosciuti da M. Gasparo Pignani per quell' istessi, c' hebbe già cinque anni sono dal Sig. Michiele Victor Vustroa di Bransvich, il qual Signore disse havergli ricevuti nell' istesso tempo da M. Giovanni Eutel Zieckmeser Fiammingo. Alcuni scritti vecchi sopra l'uso del Compasso Geometrico & Militare dell' Auttore presentatici dal Clariss. Sign. Giacom' Alvise Cornaro, qual disse haverli ricevuti dal detto Auttore sei anni avanti. Una lettera Apologetica di D. Girolamo Spinelli. Almorò Zane. Podestà. Zuanne Malipiero Cap. Giorgio Vecchioni Cancelliero Pret. sottoscrisse, e sigillò. Errori occorsi nello stampare. Errori Correzioni Errori Correzioni Carte 4. nella postilla al. c leggi à carte Car. 22. b. ver. 7. L'uso Le operazioni Car. 5. ver. 7. furno furon C. 23. ver. 18. verissima verissimo Car. 5.b.ver.15. nnova nuova C.24.b.v.6. segnarla.posto sengarla posto C.8.b.ver.14. creare cercare C.27.ver.1. posso passo. C.13.b.ver.17. expeditissimaque expeditissima C.32.ver.16. tronati trovati promptissimaque C.33.ver.25. mansoris mensoris C.14.b.ver.13. havendo havere C.34.ver.9. coa costa C.16.ver.2. possa posso C.34.b.v.18. intrapendere intraprendere. C.16.b.ver.31. posta . Posta C.40.ver.24. creata cercata IN VENETIA, MDCVII. Presso Tomaso Baglioni.